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Luciana Ferraboschi, Stefano Taddei, Alessandro Sacchella, Carlo Benvenuti e Bastianina Contena AIUTIAMOLI A IMPARARE Sviluppare i processi cognitivi con le neuroscienze SCUOLA DELL’INFANZIA Erickson Strumenti per la didattica, l’educazione, la riabilitazione, il recupero e il sostegno Collana diretta da Dario Ianes

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Luciana Ferraboschi, Stefano Taddei, Alessandro Sacchella, Carlo Benvenuti e Bastianina Contena

AiutiAmoli A impArAre

Sviluppare i processi cognitivi con le neuroscienze

scuola dell’infanzia

Erickson

Strumenti per la didattica, l’educazione, la riabilitazione, il recupero e il sostegno

Collana diretta da Dario Ianes

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7 Premessa (C. Benvenuti, M. Bulla e L. Battagliola)

15 Introduzione (S. Taddei, L. Ferraboschi, A. Sacchella e B. Contena)

39 Bibliografia

43 LE ESPERIENZE

53 Esperienza 1 Le caratteristiche dei liquidi

93 Esperienza 2 Le forze

133 Esperienza 3 La fabbrica sonora

183 Esperienza 4 Un tuffo nei libri

i n d i c e

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PremessaPrevenire le «fragilità» attraverso il potenziamento precoce dei processi cognitivi di base secondo la teoria PASS Il punto di vista dell’équipe di Neuropsichiatria infantile(di Carlo Benvenuti, Monica Bulla e Laura Battagliola)1

Cervello, mente, autoriflessione, rispecchiamento e metacognizione

Lo sviluppo della ricerca, nell’ambito delle neuroscienze e della neuropsi-cologia, sta evidenziando sempre più come il nostro cervello sia in grado di svi-luppare funzioni complesse, come quelle che ci consentono di diventare capaci di apprendere, di comunicare, di entrare in relazione con gli altri, ma anche di regolare le nostre emozioni (autocontrollo) e perfino di effettuare azioni attraverso mecca-nismi basati principalmente sulle capacità di autoriflessione, di rispecchiamento e di tipo metacognitivo.

Bateson, in Verso un’ecologia della mente (1979), afferma: «Non c’è dubbio che la parola apprendimento denoti un cambiamento di qualche tipo; dire quale tipo di cambiamento è una faccenda delicata».

Sicuramente dopo un apprendimento cambia qualcosa nella nostra risposta a una situazione-stimolo, ma cambia qualcosa anche nel nostro cervello. Siegel, in La mente relazionale (2001), cerca di spiegare le basi neurobiologiche di questo cambiamento e sostiene che il cervello rappresenti un sistema complesso, che funziona «in modo dinamico non lineare» e il cui funzionamento è organizzato dai suoi stessi processi, possedendo quindi una «capacità di auto-organizzazione» (Van Pelt et al., 1994). La mente emerge dalle strutture e dalle attività del cer-vello ed è quindi ragionevole dire che anche la mente è complessa e ha proprietà auto-organizzanti (Robertson e Combs, 1995). Lo studio di questa intricata rete di neuroni distribuiti in maniera parallela (Corner, 1994) è stato condotto attra-verso la teoria del connessionismo e la teoria matematica della complessità. Da questi studi è emerso che il cervello non funziona come un «processore seriale» (ad esempio il computer) ma come un «processore parallelo» ed è da questo tipo di funzionamento che dipende la nostra capacità di apprendimento. I modelli

1 Monica Bulla e Laura Battagliola sono psicologhe UONPIA-AOD.

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connessionistici attribuiscono ai collegamenti tra le componenti elementari di un sistema (in questo caso i neuroni) diversi «pesi».

Il «peso» di certe connessioni sinaptiche può essere geneticamente determi-nato: i nostri cervelli possono essere programmati per creare sistemi che tendono a processare in maniera preferenziale alcuni tipi di input (caratteristica innata che è associata a vantaggi evolutivi) (Black, 1998), ma i «pesi sinaptici» possono essere determinati anche dalle esperienze, attraverso processi che sono alla base delle nostre capacità di apprendimento (Hagler e Goda, 1998), cosicché possiamo dire che le esperienze influenzano il cervello inducendo alterazioni a livello delle connessioni sinaptiche (Milner et al., 1998).

Sempre Bateson suddivide l’apprendimento in cinque categorie (tipo 0, 1, 2, ecc.) che definiscono da una parte il fatto che uno stimolo sia o meno fonte di cambiamento nella risposta (nessun cambiamento è un apprendimento 0), dall’al-tra il «livello di apprendimento», in base a una organizzazione gerarchica di tipo metacognitivo. È interessante notare come sia l’aspetto metacognitivo quello che definisce il livello qualitativo dell’apprendimento e la nostra capacità di compren-dere la complessità.

Ma torniamo al fatto che l’attività del cervello crea la mente, che tale attività è generata da flussi di attivazioni neuronali attraverso una complessa rete che crea e che trasforma rappresentazioni mentali e come l’elaborazione di queste ultime consenta alla mente di risolvere problemi. Gli «stati della mente» si sviluppano attraverso l’attivazione di un particolare profilo neurale e ad essi sono associate le emozioni, che rivelano la modalità con cui il sistema regola i suoi stati di attivazione nell’elaborazione delle informazioni. In alcuni casi, se la mente perde capacità di auto-organizzazione adattiva e si blocca in rigidi pattern di attivazione, si può sviluppare un’eccessiva continuità di risposte comportamentali ed emozionali.

Plasticità del sistema nervoso centrale

In ogni singolo essere vivente lo sviluppo può essere visto come un movimento dalla semplicità alla complessità. Alla nascita il cervello è in assoluto l’organo meno differenziato e pertanto le esperienze precoci hanno una importanza enorme nel determinare come i neuroni vengono collegati tra loro e nella formazione di circuiti specifici che danno origine ai diversi processi mentali.

Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione ad ambienti particolarmente stimolanti è associata a una maggiore densità delle connessioni sinaptiche a livello cerebrale.

Nei primi anni di vita si formano le strutture cerebrali fondamentali e soprat-tutto quelle responsabili di meccanismi di autoregolazione. Da un punto di vista neurobiologico è difficile dire in che misura il nostro cervello rimanga «plastico» nelle fasi successive della nostra esistenza.

I processi che consentono la riflessione sugli stati della mente propria e altrui prendono origine e sono alimentati da relazioni di attaccamento. Queste prime esperienze di comunicazione interpersonale vengono registrate attraverso varie forme di memoria e letteralmente plasmano lo sviluppo del cervello del bambino.

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Premessa ◆ 9

La teoria PASS

La teoria PASS di Lurija, affermando che alla base di molte nostre abilità cognitivo-adattive vi sono quattro processi base — identificati nella pianifica-zione, simultaneità, attenzione e successione —, ha anticipato l’importanza di un lavoro basato sui processi come promotore dello sviluppo di abilità cognitive più specifiche. Molti studi hanno evidenziato correlazioni tra la capacità di pianificare e abilità logico-matematiche, la capacità di operare in successione (ad esempio ordinare elementi in sequenze non casuali) con abilità linguistiche e numeriche, la capacità attentiva e la simultaneità (o «visione d’insieme» di una Gestalt) con le abilità di apprendimento in generale.

Ma quello che stiamo evidenziando nella clinica, e che ha a che fare con la complessità delle funzioni che esprime il nostro cervello è che debolezze nella pianificazione e nell’attenzione correlano anche con difficoltà di autoregolazione e addirittura relazionali (come nelle sindromi autistiche ad alto funzionamento). Ecco perché riteniamo di poter affermare che un lavoro volto a potenziare i quat-tro «processi base» possa essere utile per prevenire non solo fragilità cognitive, ma anche difficoltà di autoregolazione, di adattamento e relazionali in senso lato. Siamo inoltre convinti che un lavoro proficuo passi sempre attraverso una «buona relazione» (empatica), che si può sviluppare in misura proporzionale alla nostra capacità di «entrare nei panni» di un bambino sia che abbia uno stile di funzionamento tipico che atipico.

Molti eventi che promuovono abilità accadono per fortuna già spontanea-mente, indipendentemente da interventi esterni, di tipo educativo/abilitativo, più o meno «mirati», anche se magari manca un’esatta consapevolezza di ciò che si sta sviluppando attraverso una determinata relazione/azione.

Quando, ad esempio, un nonno porta il nipote a pescare insieme a lui, c’è senza dubbio già una buona relazione in atto tra i due e quando gli dice: «Adesso proviamo a catturare un pesce, guarda attentamente come fa il nonno» e glielo ripete più volte, con pazienza e facendogli vedere ciò che fa, non può sapere che sta utilizzando la relazione affettiva come elemento che veicola lo sviluppo della capacità di «prestare attenzione», ma anche di «pianificare», di «fare le cose secondo una sequenza precisa» e di «mantenere una visione d’insieme».

Tutto ciò accade in modo simultaneo e attiva nel bambino che osserva i neuroni specchio, che riproducono le stesse funzioni che il nonno sta svolgendo. Alla fine quello che si pesca forse è un pesce o magari nulla, ma quello che è successo è davvero tanto. La stessa cosa accade quando una nonna insegna (o meglio insegnava) alla nipotina a «fare la maglia» o in tante altre situazioni. Una mamma che legge una storia a un bimbo vede che il piccolo la segue con attenzione e se ne sta tranquillo. Non può necessariamente sapere che gli sta trasmettendo «teoria della mente», potendo il bambino, attraverso le storie, imparare a «leggere» le emozioni, i pensieri, le intenzioni altrui, attraverso i personaggi della storia e aumentare la sua capacità di immedesimazione negli altri.

Tante cose accadono quindi naturalmente anche nel lavoro quotidiano di un insegnante. Ciò che può variare è il livello di consapevolezza di ciò che accade (o non accade) in una relazione che abbia una finalità di apprendimento e/o educativa.

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Un altro elemento che va considerato è che ciò che può accadere (o non acca-dere) è in relazione anche all’età e al livello di sviluppo di un bambino. Lavorare con un bambino piccolo (in età di scuola dell’infanzia) vuol dire considerare che le sue funzioni sono meno differenziate, le sue abilità meno specializzate, ma proprio per questo la plasticità del suo sistema nervoso centrale (SNC) è molto maggiore. Mettere in moto da subito processi cognitivi di base, in modo consapevole, vuol dire quindi promuovere l’attivazione di connessioni o reti neuronali che sono alla base dell’acquisizione di una miriade di abilità. Sottolineiamo ancora una volta l’importanza della relazione come vehicle (e non solo).

Ci preoccupa infatti il concomitante aumento di frequenza dei disturbi dell’interazione sociale e comunicativi con la riduzione degli spazi dedicati alle relazioni interpersonali e il sempre più massiccio e precoce utilizzo di strumenti di gioco informatizzati. Non intendiamo con questo demonizzare alcuno strumento, che per definizione non è né buono né cattivo, è l’uso che ne facciamo che può eventualmente essere qualificato. Evidenziamo solo una possibile correlazione tra nuove abitudini/stili di vita e nuove emergenze di problematiche legate al funzio-namento sociale dei bambini.

Valutazione dei processi cognitivi di base

Il test Cognitive Assessment System CAS di Das-Naglieri è già da diversi anni in uso nella nostra Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia Adolescenza di Desenzano (BS). Essendo un test di valutazione del «livello intellettivo», inizial-mente lo abbiamo introdotto come complemento dei test già in uso e di maggior diffusione, come ad esempio la Scala Wechsler, per l’infanzia-fanciullezza. Ab-biamo ritenuto opportuno affiancare un test non verbale e maggiormente culture free (e quindi «transculturale») a un test intellettivo culturalmente più orientato, in particolare nella valutazione di bambini figli di migranti.

Lo scopo era di avere una valutazione più attendibile delle effettive capacità intellettive di quel bambino. Inoltre il test CAS è basato su una «teoria dell’intelli-genza» che, secondo il neuropsicologo russo Lurija, si estrinseca a partire da quattro processi base: pianificazione, simultaneità, attenzione, successione (teoria PASS).

La pianificazione è la capacità di elaborare un piano (e quindi una strategia) per raggiungere un obiettivo nel modo più rapido ed economico possibile. Pre-suppone anche la valutazione del feedback e la conseguente messa a punto di un piano sempre più efficace (tale processo è alla base di diverse abilità, in particolare di tipo logico-matematico).

La simultaneità è la capacità di avere una visione d’insieme delle informazioni raccolte (è esattamente l’opposto di quanto avviene quando vi è una «dispersione nel dettaglio»).

L’attenzione è un processo la cui natura è facilmente intuibile, ma che ha diverse modalità di espressione (può essere selettiva, sostenuta, recettiva, ecc.).

La successione è infine la capacità di organizzare le informazioni in una sequenza non casuale (tale processo è alla base di diverse abilità, in particolare di tipo linguistico e/o cognitivo-linguistico).

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Premessa ◆ 11

Si tratta di quattro processi cognitivi complessi dalla cui efficienza dipende la nostra capacità di organizzare risposte efficaci alle problematiche di tipo adattivo ed in questo senso correlano con un’idea di intelligenza maggiormente culture-free (vale a dire più libera da influenze culturali di quanto non avvenga per altre abilità cognitive). Anche intuitivamente è facile comprendere che più sono attivi ed efficienti questi quattro processi più un soggetto è in grado di risolvere i problemi che nascono nell’adattamento all’ambiente (che si trovi nella giungla piuttosto che in un’aula scolastica). La valutazione dei singoli processi e della loro efficienza consente inoltre la definizione di un «profilo cognitivo PASS».

Il test CAS ha una versione per bambini più piccoli (dai 5 ai 7 anni) e valuta l’efficienza dei quattro processi base, sulla base di punteggi ottenuti nei diversi item, che vengono convertiti in un punteggio globale per ciascun processo e com-plessivamente in un «quoziente intellettivo».

Quando abbiamo iniziato a somministrare il test, ci siamo resi immediatamente conto del fatto che non si trattava unicamente di estrapolare punteggi corrispon-denti a un «quoziente di funzionamento» nei quattro processi analizzati. Grazie alla supervisione di colui che ha consentito l’adattamento italiano del test, il dottor Taddei dell’Università di Firenze, abbiamo compreso che l’interpretazione del test può essere molto più complessa. In aggiunta alla codifica dei punteggi ottenuti e all’analisi del comportamento del bambino durante il test, occorre valutare infatti anche le strategie che ha utilizzato (che vanno annotate), fare una «valutazione ipsativa» (relativa ai punteggi interni ad ogni singolo processo) e arrivare infine a un’analisi comparativa con i dati clinici e con i risultati di altre eventuali prove strumentali somministrate, per identificare correlazioni/discordanze.

In entrambi questi ultimi due casi (correlazione/discordanza) le informazioni raccolte risultano utili alla diagnosi sul funzionamento di quel bambino. È infatti l’analisi accurata di tutte le variabili e delle correlazioni possibili tra queste ul-time che rende il test veramente interessante sul piano della diagnostica clinica. Nel tempo siamo quindi passati da un utilizzo del test più circoscritto (come test di complemento di una «valutazione intellettiva transculturale») a un uso più estensivo, in senso diagnostico. L’esperienza ci ha consentito di valorizzare, da quest’ultimo punto di vista, le correlazioni tra «profili PASS ricorrenti» e dati clinici.

Ci sono infatti profili che correlano con i disturbi dell’attenzione, ma anche con disturbi nello spettro autistico ad alto funzionamento, del linguaggio e disturbi specifici di apprendimento.

Verificate queste correlazioni c’è da chiedersi quanto l’attivazione precoce dei quattro processi base dell’intelligenza secondo Lurija possa prevenire non solo la fragilità cognitiva, ma anche quella attentiva e di pianificazione motoria, quella relativa a disturbi di tipo cognitivo-linguistico, se non addirittura problematiche legate a scarsa autoregolazione/autocontrollo.

Come già detto, abbiamo preferito parlare di interventi di «prevenzione delle fragilità», anziché limitarci a individuare unicamente la «fragilità cognitiva».

Naturalmente per poter intervenire gli insegnanti devono poter disporre di strumenti di tipo pedagogico orientati sui quattro processi base e questo è stato l’obiettivo principale del progetto di ricerca-azione denominato «Progetto PASS».

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LE ESpEriEnzE

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1 Le caratteristiche dei liquidi

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2 Le forze

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3 La fabbrica sonora

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4 Un tuffo nei libri

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Struttura del volume e presentazione delle esperienze(di Luciana Ferraboschi)

Le esperienze che vengono presentate in questo volume sono offerte ai docenti già organizzate secondo un modello di programmazione che può essere assunto direttamente, e inserito nel proprio percorso di documentazione scolastica, senza ulteriori rimaneggiamenti.

Esse costituiscono 4 esperienze di approccio al pensiero scientifico ripropo-nibili ai bambini e alle bambine della scuola dell’infanzia di 4 e di 5 anni.

Ogni progettazione è suddivisa nelle diverse fasi del processo di apprendi-mento e separate nelle azioni proposte dall’insegnante e le possibili azioni attese da parte degli alunni. In quanto programmazioni didattiche correttamente impostate, possono essere direttamente inserite nel giornale dell’insegnante.

Esse costituiscono esperienze di carattere trasversale, come richiesto oggi anche dalle Indicazioni Nazionali per il Curricolo (2012), collocabili all’interno dei diversi campi di esperienza i quali si incontrano sull’attivazione dei processi cognitivi che vanno a stimolare.

Per ogni fase di lavoro sono state inserite le proposte dell’insegnante per «pro-vocare» l’iniziativa degli alunni e le azioni che i bambini e le bambine dovrebbero mettere in atto per rispondere alle «provocazioni» dell’insegnante.

A ogni fase di lavoro corrispondono degli Strumenti di lavoro che vengono forniti all’insegnante a conclusione dello schema di programmazione. Tali strumenti sono stati pensati per aiutare il pensiero del soggetto in apprendimento a organizzare le conoscenze e a far emergere le nuove domande che portano avanti la ricerca.

Le esperienze qui presentate costituiscono dei percorsi esemplificativi di mediazione didattica per i docenti che vogliono collocarsi all’interno di proposte didattiche basate sull’attivazione e sull’uso dei processi cognitivi. Tutte intro-ducono anche momenti di riflessione metacognitiva (preceduti dalle domande o guidati dal pensiero ad alta voce dell’insegnante) che aiutano l’alunno a ricostruire l’esperienza eseguita e a coglierne i passaggi cruciali. Infine, tutte le esperienze utilizzano la rappresentazione simbolica, concordata e condivisa, per descrivere e raccontare i fenomeni analizzati. È un avviamento al linguaggio specifico dove il Significante coincide con il Significato e costituisce il ponte verso forme più raffinate di codifica.

Ogni esperienza viene descritta nel percorso di Progettazione didattica che dà all’insegnante le indicazioni di lavoro.

Quasi tutte le fasi sono corredate del Diario di bordo, verbalizzazione dell’ac-caduto che le insegnanti della scuola dell’infanzia solitamente riconoscono come feedback di quanto avvenuto in possibile funzione di regolazione.

Seguono poi gli Strumenti di lavoro: schede esemplificative che servono a sviluppare le esperienze. Esse possono essere ricostruite con i simboli e le modalità individuate dai bambini e dalle bambine oppure possono costituire dei riferimenti-guida per l’insegnante nella raccolta delle sperimentazioni realizzate. Sono strumenti flessibili, adattabili al contesto, modificabili e trasferibili in diverse situazioni e per diversi contenuti che attivino i 4 processi PASS sottesi.

Tutti i percorsi presentati sono seguiti dalle Schede di sviluppo, ovvero ulteriori esercizi di espansione o di approfondimento che l’insegnante potrà uti-

Le esperienze ◆ 45

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lizzare per ampliare le varie fasi dell’esperienza, per specificarla in alcuni aspetti o per personalizzarla in relazione ai bisogni educativi speciali dei singoli alunni. Le schede sono costruite per ragionare su quanto accaduto ma servono anche ad ampliare l’uso dei processi, a trasferirli in altri contesti o ad applicare le regole per affrontare, e magari risolvere cognitivamente, altre situazioni.

Suggerimenti metodologici per la conduzione dell’intervista(di Alessandro Sacchella)

L’intervista è una modalità di ascolto che mira a far emergere le concezioni spontanee dei bambini, ovvero i concetti che essi hanno elaborato in base alle loro esperienze.

Permette agli insegnanti di cogliere ciò che i bambini già sanno, in base ad esperienze, credenze, vissuti emotivi, racconti di altri, informazioni precedenti, sul concetto che si vuole proporre per l’apprendimento e come i bambini hanno organizzato le loro conoscenze.

Fase preliminare

In questa fase sono previsti due aspetti che l’insegnante deve avere chiari:

– il tema su cui sviluppare l’intervista sulla base dell’argomento su cui si è deciso di costruire il percorso educativo;

– i concetti (o gli aspetti del concetto) che si vuole che i bambini acquisiscano durante all’esperienza.

Fasi di svolgimento dell’intervista

Predisposto il contesto e condivise le modalità di lavoro, l’insegnante pro-pone la domanda-stimolo formulata con lo scopo di trovare la chiave di accesso all’argomento, mettendo ognuno nella condizione di comunicare le proprie idee sull’argomento senza interferenze, interpretazioni o costruzioni mentali tipiche del mondo dell’adulto per riuscire così ad indagare in profondità le conoscenze spontanee del bambino, i suoi misconcetti.

L’insegnante nel porre le domande tiene conto della mappa degli apprendi-menti che intende proporre con l’esperienza e indaga intorno a quelle conoscenze/competenze che possono essere considerate come fondanti per gli apprendimenti da sviluppare.

Nella conduzione dell’intervista possono essere utilizzate diverse tipologie di interventi:

– interventi di specificazione (chi, che cosa, quando, dove, come) che l’insegnante introduce quando ritiene di dover stimolare la comunicazione e ampliarla sulle basi dell’esperienza concreta degli allievi;

– interventi di riformulazione, durante i quali l’insegnante riprende il contenuto delle risposte fornite e lo riformula chiedendo comunque sempre conferma della corretta interpretazione ai bambini che hanno espresso tali idee;

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– interventi di rispecchiamento, nei quali l’insegnante ripete la frase (o parti di essa) espressa dal bambino e rilancia per permettergli di chiarirla ulteriormente sia al conduttore del colloquio sia al gruppo (questa modalità viene applicata per avviare i bambini a riflettere sul proprio «pensiero»);

– interventi per approfondire, nei quali l’insegnante promuove il confronto e at-traverso i quali il conduttore recupera e valorizza i contributi emersi, fa notare la presenza di pareri diversi, sollecita alla discussione più approfondita rispetto alle idee che risultano più condivise ma anche su quelle divergenti, favorisce la problematizzazione anche offrendo alcuni stimoli;

– interventi di sintesi, che possono essere utilizzati sia nelle fasi intermedie dell’intervista per fare il punto della discussione e rilanciare il dibattito, sia nella fase finale, quando l’insegnante ritiene utile sintetizzare con i bambini la complessità dei contributi emersi.

Effettuata l’intervista, l’insegnante costruisce la mappa delle conoscenze del gruppo (matrice cognitiva) rispetto alle idee emerse. In questa fase è fonda-mentale analizzare i risultati emersi, evidenziare le idee non previste, cercare di individuare gli elementi che possono averle prodotte, valutare se tenerne conto nella progettazione.

Il confronto tra la mappa concettuale emersa dal gruppo con la matrice co-gnitiva permette di definire quali concetti debbano essere affrontati per costruire nei bambini una conoscenza più sistematica e scientifica, partendo da ciò che è già stato da loro elaborato ma che necessita di maggiori approfondimenti o modificazioni.

Attraverso il confronto tra le due mappe realizzato dopo l’intervista, l’inse-gnante va a costituire la rete concettuale, ovvero la revisione della progettazione iniziale per rendere più significativo il percorso di insegnamento/apprendimento.

Esempio di intervista sul concetto di liquido

Stimoli dell’insegnante Possibili risposte degli alunni

Che cosa è un liquido? L’avete vista ancora una cosa liquida?Provate a pensare quando avete sentito parlare di liquidi.

–Potrebbeessereillatteliquido.– Sì, ma anche un detersivo, io l’ho visto.–Maancheilgelatosesiscioglieèliquido.– ah sì, anche la neve.

Dove lo avete visto un liquido? – a casa mia o dalla nonna.–Iol’hovistoalbarquandovadoaberel’aranciataconla

mia mamma.– Io l’aranciata la vedo sul tavolo.–Invecemiopapàatavolabevelabirracheèancheliquida.

Secondo voi l’acqua è un liquido? Non è liquida l’acqua?

C. dice che l’acqua è un liquido perché è liquida. Secondo voi l’acqua è liquida?

–No,no,l’acquaèun’altracosa.–Sì,l’acquaèunliquidoperchéèliquida.

–Nonmolto!–Unpo’liquidamaquandosighiaccianonèpiùliquida.– allora un po’ e un po’.–Sì,comequandobevoillatteconibiscotticheèunliquidomapocoliquido.

Le esperienze ◆ 47

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Presentazione dell’esperienza

Progettazione del percorso didattico sulle caratteristiche dei liquidi

Fasi del processo

Fase 1 – Predisposizione della situazione di apprendimento

Fase 2 – Rilevazione dei saperi spontanei

Fase 3 – Sviluppo/applicazione attraverso esperienze, giochi, esercizi

Fase 4 – Ricostruzione metacognitiva dell’esperienza

Fase 5 – Generalizzazione

STRUMENTI DI L AVORO

– Griglia di osservazione– Intervista– Matrice cognitiva delle conoscenze del gruppo– Carta d’identità del liquido– Cartellone finale sul confronto dei liquidi– Libretto di ricostruzione dell’esperienza– Il pensiero scientifico

S CH EDE D I SVI L U PP O

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1 Le caratteristiche dei liquidi

Esperimento1

2 3

Esperimento1

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Esperienza 1 – Le caratteristiche dei liquidi ◆ 55

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e caratteristiche dei liquidi

Presentazione dell’esperienza

Il percorso, eseguito nella scuola dell’infanzia statale G. Marzotto di Maner-bio (BS) durante l’anno scolastico 2011/12 (insegnanti: Stefania Biatta e Paola Farina), voleva portare l’attenzione dei bambini e delle bambine sul concetto di «liquido» rispondendo alle numerose domande che spesso gli alunni avevano posto giocando e manipolando i materiali messi a disposizione nel giardino della scuola per giocare con l’acqua. Così è nata l’esigenza di allestire un laboratorio specifico, il laboratorio di Gocciolino, per estendere le esperienze dall’acqua a tutta una serie di altri liquidi. Il posto scelto (l’antibagno dei servizi delle insegnanti o comunque una stanza con facile accesso al rubinetto dell’acqua) consente di fare travasi e manipolazioni, di mescolare e colorare, di immergere e di far galleggiare oggetti diversi, senza la preoccupazione di bagnare per terra o di bagnarsi. Per questo motivo, fuori dal laboratorio, viene attrezzato uno spazio del cambio. Alla maniera dei panni stesi, sulla parete adiacente il laboratorio, vengono predisposti fili e mollette da bucato per accogliere gli indumenti dei bambini e offrire in cambio costumi, grembiuli impermeabili e stivaletti di gomma.

Per entrare e uscire dal laboratorio si esegue un rito speciale (la vestizione appunto), con regole precise (l’ordine degli indumenti) che costituisce la condizione per entrare «in un altro mondo». Ed è davvero «un altro mondo» quello che acco-glie i bambini e le bambine alle prese con mestoli e liquidi, bottiglie e cannucce, polverine colorate e imbuti, tubi di plastica e contagocce!

La programmazione del lavoro non viene predisposta dall’inizio; dopo una prima fase di manipolazione e di approccio ludico, cominciano a emergere le domande sulle quali poi le insegnanti veicoleranno l’intervista e le direzioni dell’apprendimento.

Alcune domande dovranno trovare risposte in altri contesti e in altri momenti; ad esempio, per capire il concetto di «densità», non è sufficiente confrontare i diversi liquidi diversamente densi (molti bambini non conoscono neppure la parola), ma è necessario realizzare l’esperienza: dal latte e cacao alla cioccolata densa, calda e fumante (bevendo la quale sicuramente interiorizzano il concetto di densità).

Ci sono orari precisi per l’accesso al laboratorio nel quale è sempre presente l’insegnante con funzione di «provocatore»; l’insegnante non ha un copione preciso da seguire, né esperimenti da far vedere o proporre, ma si limita a fare domande riprendendo le osservazioni dei bambini («Le gocce escono rotonde; allora l’acqua ha la forma rotonda?») e facendo evolvere gli episodi che rischiano di ripetersi e di non svilupparsi oltre.

Naturalmente l’insegnante osserva secondo criteri precisi (questi sì già codi-ficati) e annota i comportamenti e gli eventi che possono essere ripresi e diventare oggetto di ulteriore problematizzazione, non tralasciando di fotografare i diversi momenti che serviranno, a conclusione del percorso, per la ricostruzione di quanto vissuto e per la costruzione del libretto personale con alto valore metacognitivo.

Al termine del percorso l’attenzione viene rivolta ai processi attivati e a come si sono maggiormente strutturati nei comportamenti degli alunni. La griglia di os-servazione, utilizzata all’inizio del percorso, viene riproposta anche a conclusione del lavoro per osservarne le differenze sui singoli bambini. I risultati, in termini di generalizzazione del concetto, sicuramente non sono disgiunti dai processi.

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Progettazione del percorso didattico sulle caratteristiche dei liquidi

Titolo

«Il laboratorio di Gocciolino».

Obiettivi

Portare i bambini a:

– interrogarsi sul perché delle cose e dei fenomeni;– formulare ipotesi e fare previsioni sui fenomeni osservati;– interpretare e correlare i fenomeni in base a ciò che si osserva e a ciò che già si

conosce.

Compiti

– Costruire la carta di identità dei liquidi.– Confrontare: trovare uguaglianze e differenze dei liquidi.– Scoprire la specificità dei liquidi.

Competenze

– Rapportarsi con la realtà attraverso un ragionamento di tipo deduttivo che includa l’emotività, l’irrazionalità e la casualità e consenta di assumere comportamenti metodologici complessi.

– Ricostruire metacognitivamente l’esperienza scientifica vissuta.

Descrittori delle competenze

– Conosce la realtà e la interpreta nella sua complessità.– Mette in atto strategie di ricerca: osserva, formula ipotesi, sperimenta, confer-

ma/modifica/confronta le proprie ipotesi, propone possibili soluzioni e/o nuove strategie.

– Elabora spiegazioni, risposte e/o soluzioni pertinenti riferiti ai processi di ricerca. – Utilizza strumenti simbolici di codifica dell’esperienza.– Coglie l’errore come funzionale all’aspetto scientifico dell’esperienza.– Racconta, descrive e documenta i nessi logici di causa-effetto e i processi attuati

nell’esperienza vissuta (narrazione scientifica).– Autovaluta il proprio percorso in base a ciò che ha imparato e a ciò che sa fare.

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Esperienza 1 – Le caratteristiche dei liquidi ◆ 57

Mappa della programmazione per raggiungere le competenze

Forma

ACQUA

......

...

Colore,odore,sapore

CARATTERISTICHE

•CoSTRUzIoNEDELLACARTADIIDENTITàDEILIQUIDI

•CoNFRoNTARE:TRovAREUgUAgLIANzEEDIFFERENzE

CHECoSAÈUNLIQUIDo

LIQUIDIDIvERSI

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58 ◆ Aiutiamoli a imparare – Scuola dell’infanzia

Fasi del processo

L’insegnante predispone il contesto di gioco

Sceglie una stanza con facile accesso all’acqua

Sceglie arredi sobri: – una mensola da parete (per i materiali di non

facile accesso)– due tavolini piccoli per i materiali di libero ac-

cesso – tappeti antiscivolo – una vasca da pavimento – un tavolo con vasca centrale

Ricerca oggetti: – bottiglie di plastica di varie misure e con chiu-

sure/aperture diverse – brocche di vetro di diverse misure – brocche di plastica graduate con diversa capienza– decalitri di vetro di diversa capienza – terrine da cucina grandi e piccole – ciotoline di vetro – secchielli da spiaggia– innaffiatoi da giardinaggio – imbuti di diversa grandezza – colini di varie misure – tubi a serpentina e lisci – cannucce – mescoli di diversa misura – cucchiai, piccoli (manico lungo)– cucchiai grandi, giganti (da insalata)– oliera di vetro con dosatore – bottigliette con contagocce – provette– contenitori di piccole dimensioni – superfici varie: plastica da lucido, plexiglas,

piccoli specchi, ecc.

Predispone lo spogliatoio con costumi, grem-biuli e stivali

Sceglie il nome e il simbolo della stanza per caratterizzarne l’utilizzo: «Gocciolino»

L’insegnante propone le routine di ingresso (e di uscita)

Il bambino scopre il contesto di gioco

Toglie i vestiti e li riordina con cura (SU) :– scarpe appaiate con dentro le calze (allineate

alla parete)– i vestiti raddrizzati e piegati a «pacchetto»

(pantaloni, felpa/maglietta, canotta, mutan-dina)

Indossa rivestendosi autonomamente (P) :– il costume – il grembiulino «anti-acqua» – gli stivali

Esplora l’ambiente muovendosi con curiosità

Conversa con i compagni consultandosi sul da farsi (P)

Il bambino svolge il gioco

Sceglie oggetti e/o contenitori

Decide se giocare con l’acqua nella vasca da pa-vimento o l’acqua nella vasca al centro del tavolo

Gioca con l’acqua contenuta nelle vasche sce-gliendo vari oggetti e/o contenitori

Cerca di capire come funzionano (P) gli ogget-ti scelti (SI)

Si accorge di essere bagnato e ne coglie il di-sagio

Mantiene l’interesse e l’attenzione sul gioco ricercando anche nuovi stimoli (A)

Collabora a livello operativo con altri bambini

Riflette e conversa con pertinenza rispetto all’agito

Organizza il proprio gioco in modalità di ricerca (tentativi ed errori per selezione)

Organizza il proprio gioco anche in modalità progettuale

Gioca in modo tranquillo e sereno

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno

Fase 1 – Predisposizione della situazione di apprendimento

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Esperienza 1 – Le caratteristiche dei liquidi ◆ 59

L’insegnante propone il gioco

Predispone l’acqua nelle 2 vasche

Invita i bambini a giocare con tutto ciò che vedono nella stanza

L’insegnante conclude il gioco

Invita i bambini a riordinare

Invita i bambini a rivestirsi

Invita i bambini a riporre a posto costume, grem-biule, stivali

A livello verbale emergono: – le sue conoscenze – le sue fantasie rispetto all’agito– le «associazioni» di idee– i ricordi di esperienze vissute analoghe e non – le spiegazioni di utilizzo degli oggetti

Il bambino conclude il gioco

Accoglie la comunicazione dell’insegnante di fine gioco

Partecipa al riordino di tutti i giochi riponen-doli sui piani d’appoggio dove erano sistemati prima dell’inizio del gioco

Si riveste seguendo l’ordine dei vestiti

Riordina il costume, il grembiule e gli stivali riponendoli con cura al loro posto

L’insegnante individua domande-stimolo e intervista i bambini

Il bambino risponde alle domande dell’inse-gnante

Cosa fa l’insegnante Cosa fa l’alunno

Cosa è unliquido?

esempio

Strumenti di lavoro • Griglia di osservazione

Strumenti di lavoro • Intervista

Che forma ha l’acqua? (SI)

esempio

Strumenti di lavoro • Matrice cognitiva delle

conoscenze del gruppo

Fase 2 – Rilevazione dei saperi spontanei

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RU

MEN

TI D

I LAV

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O

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L’insegnante osserva i bambini nel contesto di gioco del laboratorio.

QUANDO SVOLgE L’ATTIVITà, IL BAMBINO Sempre Spesso A volte Mai

Pianificazione (P)

Segue un piano d’azione

Utilizza delle strategie

Cambia le strategie se si accorge che non funzionano

Attenzione (A)

Si concentra sulle cose importanti

Riesce a non distrarsi per un tempo ragionevole

Riesce a cambiare il focus della sua attenzione, quando necessario

Simultaneità (SI)

Riesce a capire perché alcune cose stanno insieme

È in grado di collocare le cose in categorie di significato più ampie

Spiega cosa hanno in comune esperienze diverse

Successione (SU)

Riesce a disporre avvenimenti in ordine cronologico

Distingue le quantità in più/meno

Dispone gli oggetti secondo un ordine seriale

PROCESSI COGNITIVI PASS IMPIEGATIL’utilizzo della Griglia di osservazione dei processi cognitivi riportata potrà consentire all’osservatore di rile-vare la frequenza e l’efficienza dei processi osservati. Per quanto concerne l’Attenzione sarà importante chiedersi se il bambino esplora gli oggetti dedicando del tempo ai molteplici stimoli presenti o se dedica tutto il tempo a un oggetto o, viceversa, li prova tutti passando dall’uno all’altro molto velocemente. L’esplorazione efficace dell’ambiente richiede infatti che il bambino sia in grado di focalizzare la sua attenzione su uno stimolo per un tempo ragionevole passando poi a concentrarsi su altri stimoli presenti nell’ambiente. Per quanto riguarda la Pianificazione, l’insegnante potrà interrogarsi su come il bambino manipola i diversi oggetti ed esplora l’ambiente chiedendosi se la manipolazioni appaia sistematica e rimandi a una strategia diretta verso la comprensione dell’utilizzo di quello specifico oggetto. Le verbalizzazioni che il bambino ope-rerà durante l’esplorazione potranno aiutare l’insegnante a comprendere come il bambino stia interpretando l’esplorazione dell’ambiente e quali problemi si stia ponendo sull’utilizzo degli oggetti presentati. Per la Simultaneità, invece, l’insegnante potrà interrogarsi su quali relazioni tra i diversi oggetti il bambino sembri scoprire grazie all’osservazione. In questo caso di particolare utilità potranno dimostrarsi le conversa-zioni tra i piccoli esploratori e la gestione condivisa dei materiali.

Griglia di osservazione

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76 ◆ ©2015,L.Ferraboschietal.,Aiutiamoli a imparare – Scuola dell’infanzia, Trento, erickson

Stimolo dell’insegnante

L’insegnante discute con i bambini e li «intervista» sul concetto scientifico di liquido.

possibili risposte dell’alunno

L’acqua è liquida?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

Il latte è liquido?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

Lo shampoo è liquido?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

La sabbia è liquida?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

La pittura è liquida?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

Il gelato è liquido?Sì No

Perché? ....................................................................................................

.....................................................................................................................

.....................................................................................................................

Pianificazione (P) Attenzione (A) Successione (SU) ✔ Simultaneità (SI)

Scheda di sviluppo 1.1 Contesto: discussione sul concetto di liquido

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88 ◆ ©2015,L.Ferraboschietal.,Aiutiamoli a imparare – Scuola dell’infanzia, Trento, erickson

Cerchia i contenitori che

possono contenere i liquidi

Cerchia gli oggetti che puoi

usare per spostare i liquidi

L’insegnante riflette con i bambini sull’esperienza eseguita attraverso i raggruppamenti.

Pianificazione (P) Attenzione (A) Successione (SU) ✔ Simultaneità (SI)

Scheda di sviluppo 1.12 Contesto: riflessione sull’esperienza eseguita