AICQ - Qualita Magazine · Italo BENEDINI 16 La certificazione delle competenze Giuseppe BARATTO Do...

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>> Editoriale1

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

L’importanza di coltivare gli aspetti intangibilidelle organizzazioni

Sono stati gli Etruschi ad introdurre l’arco (e la cupola, come evoluzione spaziale) come elemento strutturale/archi-tettonico perché, prima e meglio degli altri, hanno interpretato l’«anima» dei materiali; l’arco, infatti, è una strut-tura che, grazie alla forma, riesce a trasformare degli “sforzi di trazione” in tensioni di compressione più conge-gnali per le caratteristiche delle pietre. Nell’affascinante “forma strutturale” si devono bilanciare, in maniera armo-

nica, la “forma” (progetto architettonico) ed i “materiali” impiegati (progetto strutturale). Questa peculiarità ingegneristi-ca viene illustrata mirabilmente da Italo Calvino - nel libro le Città Invisibili - in un dialogo surreale: «Marco Polo descri-ve un ponte, pietra per pietra; “ma qual è la pietra che sostiene il ponte?” chiede Kublai Kan. “Il ponte non è sostenuto da que-sta o quella pietra - risponde Marco - ma dalla linea dell’arco che esse formano”. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo;poi soggiunge: “perché mi parli delle pietre? E’ solo dell’arco che m’importa”. Marco Polo risponde: “senza pietre non c’è arco”».Le parole di Calvino, più di mille volumi, illustrano come sia indispensabile far convivere in modo equilibrato e bilan-ciato le dimensioni intangibili e valoriali con quelle tangibili, sia nelle strutture che - per trasposizione logica - nelleorganizzazioni. Le imprese e le organizzazioni possono vivere e superare le contingenze gestionali solo se riescono adavere - oltre che buone macchine e disponibilità finanziarie - anche persone competenti, motivate e proattivamente inno-vative, nonché processi ben progettati. Al riguardo anche la Dottrina Sociale della Chiesa ricorda che: «l’impresa deve caratterizzarsi per la capacità di servire il bene

comune della società mediante la produzione di beni e servizi utili. Cercando di produrre beni e servizi in una logica di efficienza edi soddisfacimento degli interessi dei diversi soggetti implicati, essa crea ricchezza per tutta la società: non solo per i proprietari, maanche per gli altri soggetti interessati alle sue attività. Oltre a tale funzione tipicamente economica, l’impresa svolge anche una fun-zione sociale, creando opportunità di incontro, di collaborazione, di valorizzazione delle capacità delle persone coinvolte.Nell’impresa, pertanto, la dimensione economica è condizione per il raggiungimento di obiettivi non solo economici, ma anchesociali e morali, da perseguire congiuntamente. L’obiettivo dell’impresa deve essere realizzato in termini e con criteri economici, manon devono essere trascurati gli autentici valori che permettono lo sviluppo concreto della persona e della società. In questa visionepersonalista e comunitaria, l’azienda non può essere considerata solo come una “società di capitali”; essa, al tempo stesso, è una“società di persone”, di cui entrano a far parte in modo diverso e con specifiche responsabilità sia coloro che forniscono il capitalenecessario per la sua attività, sia coloro che vi collaborano col loro lavoro». [CDSC, 338] In quanto “comunità di persone”, l’a-zienda deve possedere, prima di tutto, un’anima ed un sistema relazionale in grado di stimolare l’accumulazione, la con-servazione e lo sviluppo dei propri saperi, delle proprie esperienze, delle proprie storie, delle proprie competenze, non-ché di farsi impregnare di quel collante valoriale chiamato “senso di appartenenza”! Questo numero della Rivista vuole, quindi, fornire un contributo all’intera tematica presentando una nutrita serie diimportanti scritti, che si aprono con l’interessante elzeviro del prof. Giovanni Solimine dedicato a «conoscenza, compe-tenze e orientamento all’innovazione per la “Qualità della vita” e la competitività del Paese». Le tre aree tematiche sonodedicate a: «le persone & le competenze»; «scuola & education» (un inserto con scritti dei colleghi del Settore Education diAICQ; «sicurezze e sicurezza».Posso solo dire che è per me un piacere immenso poter ospitare i contributi scientifici di prestigiosi e stimatissimi colle-ghi che onorano la Rivista ed arricchiscono le nostre conoscenze; ringrazio, quindi, gli illustri autori per il tempo ed isaperi che ci hanno voluto dedicare.Colgo l’occasione per formulare i migliori auguri a Claudio ROSSO che il Consiglio Nazionale della federazione AICQha eletto Presidente nazionale in occasione della riunione del 15 aprile scorso. Auguro buona lettura e “buona Qualità” a tutti e buon lavoro al nuovo Presidente

Sergio Bini

Il Direttore

Editoriale 1 L’importanza di coltivare

gli aspetti intangibili delle organizzazioniSergio BINI

Tema 1 Le Persone & Le Competenze

8 Pratiche riflessive nella ricerca organizzativaDomenico LIPARI

12 I Modelli di Eccellenza e le risorse umaneItalo BENEDINI

16 La certificazione delle competenzeGiuseppe BARATTO

Dossier La Scuola & l’Education

18 il TQM nella scuola? Era ora!Paolo SENNI GUIDOTTI MAGNANI

19 La "peer review" come fattore di cambiamentoVito INFANTE, Simonetta LABANTI

22 Le dimensioni qualitative del RAV Sheila BOMBARDI

24 Autovalutazione come risorsa Nerino ARCANGELI

28 Promuovere e sostenere l’utovalutazioneCatterina PASQUALIN

IN pRIMO pIANO

5 Per la “Qualità della vita”

e la competitività del Paese

Giovanni SOLIMINE

s o m m a r i o

- prof. Alessandro rUGGIErI, Magnifico Rettore dell’Università

degli Studi della Tuscia di Viterbo, presidente;

- prof.ssa Fiammetta mIGNEllA CAlvOSA, professore ordinario

di Sociologia dell’Ambiente e del Territorio presso l’Università

LUMSA di Roma;

- prof. ing. massimo trONCI, professore ordinario di Impianti In-

dustriali Meccanici presso il Dipartimento di Ingegneria Meccani-

ca e Aerospaziale dell’Università di Roma la Sapienza;

- prof. Salvatore lA rOSA, professore ordinario di Statistica

Aziendale e Controllo della qualità presso la Facoltà di Econo-

mia dell’Università degli Studi di Palermo;

- prof. Enrico maria mOSCONI, direttore del Centro per l’Innova-

zione Tecnologica e lo Sviluppo del Territorio presso Diparti-

mento di Economia e Impresa dell’Università degli Studi della

Tuscia di Viterbo;

- prof. ing. Antonio SCIPIONI, direttore del Centro Studi Qualità

Ambiente presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale del-

l’Università degli Studi di Padova;

- prof. arch. maria Antonietta ESPOSItO, professore ordinario

di Tecnologia dell’architettura presso il Dipartimento di Archi-

tetture dell’Università degli Studi di Firenze.

COMITATO TECNICO SCIENTIFICO DELLA RIVISTA

www.qualitaonline.it

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no2

maggio/giugno 2015

30 CAF/RAV - punti di contatto e di opportunità Roberta TOSI

32 i primi passi del DPR 80/2013 Renza Anna GALLO

Tema 2 Sicurezze & Sicurezza

34 Premio "Imprese per la Sicurezza"Rino BERTORELLI, Massimo TRONCI

38 Gestione del rischio nelle attrezzature in pressione Francesco TAURASI, Salvatore PERNA

45 Informazione e partecipazione per tutelare i diritti dei cittadiniTina NAPOLI

47 «AGROMAFIE 2015» di Eurispes & Coldiretti(a cura di Sergio BINI)

Lo scafale di Qualità

52 a cura della REDAZIONE «Rotatore». L’incisione di Annibale Carracci della copertina di

questo numero è dedicata all’arte del «rotatore», diventata nel

tempo il “mestiere” dell’«arrotino». L’artista pone in primo piano

il “marchingegno”, mentre il protagonista viene rappresentato di

spalle, forse per rappresentare collettivamente la categoria.

L’osservazione del capolavoro stimola non poche suggestioni; se

ne evidenziano due:

- il protagonista è rappresentato come un “artista”; quasi a

materializzare l’affermazione attribuita a Francesco d’Assisi: «chi

lavora con le sue mani è un lavoratore; chi lavora con le sue mani

e la sua testa è un artigiano; chi lavora con le sue mani, con la sua

testa e con il suo cuore è un artista»;

- la macchina con la “ruota” (lo strumento che concretizza

dinamicamente il miglioramento continuo delle performance

degli attrezzi) rappresenta la ciclicità delle azioni che si

susseguono nella vita dell’uomo. Fa tornare alla mente il

quadrato esoterico dei maestri costruttori medievali

caratterizzato dal quadruplo-palindromo:

sator/arepo/tenet/opera/rotas; il messaggio ancora non

decifrato univocamente che termina proprio con “opera rotas”

(la Terra: il creato che ciascuno è chiamato a completare con

azioni quotidiane di qualità).

Questo percorso virtuoso sembra essersi interrotto per il ricorso

crescente e progressivo all’“outsourcing” della memoria sempre

più affidata alle moderne tecnologie; tendenza che può generare

un’involuzione cognitiva nella capacità di ricordare.

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L’IMMAGINEDI

COpERTINA

prof. Enrico Maria MOSCONI, coordinatore

dott. Ercole COLONESE

prof. Amalia Lucia FAZZARI

ing. Pier Luigi GUIDA

prof. Alberto PADULA

prof. Cecilia SILVESTRI

ing. Giampaolo STELLA

prof. Simona TOTAFORTI

ing. Sergio BINI

[email protected] - via di San Vito, 17 - 00185 Roma - fax 06.4464145

COMITATO EDITORIALE [email protected]

DIRETTORE RESpONSAbILE

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Il 15 aprIle è stato eletto Il nuovo presIdente nazIonale dI aICQ

Il Consiglio Nazionale di AICQ -in occasione della riunione plenaria del 15 aprile tenutasi a Milano- ha provveduto a ratificare l’elezione

del dott. Claudio ROSSO come nuovo presidente nazionale di AICQ per il triennio 2015-2018; la decisione, che è stata presa con un calo-

roso e corale applauso da parte di tutti i partecipanti, sancisce la conclusione del regolare processo elettorale avviato a conclusione del

mandato dell’ing. Maurizio Conti. La direzione della Rivista QUALITÀ desidera formulare al dott. Claudio ROSSO i più sentiti complimenti

per il prestigioso ed impegnativo incarico ed i migliori auguri di buon lavoro per le delicate scadenze che lo attendono.

E’ una nomina che ha una importante connotazione simbolica in quanto avviene in occasione del sessantesimo anniversario della fonda-

zione della Federazione AICQ [1955 – 2015].

Il Consiglio Nazio-nale di AICQ - As-sociazione ItalianaCultura Qualità - hanominato lo scorso15 aprile 2015 ilDott. Claudio Ros socome Presidente diAICQ Nazionaleper il triennio 2015-2017, subentrandoal Presidente ProTempore, ing. Mau-rizio Conti.

Per il Dr. Claudio Rosso si tratta di un nuovo impegno nel Mondo

della Qualità di cui è parte attiva da numerosi anni avendo matura-

to molteplici competenze in AICQ Nazionale ed in AICQ Sicev.

Nato a Torino il 23 ottobre 1963, è dal 1989 amministratore di alcu-

ne Società di Servizi nell’ambito della Formazione & Consulenza

sui Sistemi di Gestione Qualità, Sicurezza, Ambiente e 231. Nel

2000 diventa Presidente di Gruppo CS, un gruppo imprenditoriale

privato, contraddistinto da varie sedi italiane ed estere (Slovacchia,

Belgio, Tunisia, Egitto e Brasile), che affianca ai servizi di Formazio-

ne e di Consulenza aziendale - a livello nazionale e internazionale -

quelli di Progettazione Europea (Project Management su Progetti Fi-

nanziati dalla UE). È dal 2002 Socio di AICQ e nel triennio 2008-

2010 ha ricoperto il ruolo di Presidente del Comitato Ambiente &

Energia, diventandone poi il Vice Presidente, ricoprendone tutt’ora

tale ruolo. In AICQ Nazionale fa parte, dal 2011 al 2013, della

Giunta Esecutiva, in qualità di Coordinatore del Comitato Tecnico.

Nello stesso anno diventa Membro del Comitato di Certificazione di

AICQ Sicev e Referente di Schema del Registro Auditor 231. Sem-

pre dal 2011 è membro del Consiglio Nazionale di AICQ, con dele-

ga alle Commissioni UNI ed al Controllo di Gestione dell’Associa-

zione.

Dal 2010, infine, è Membro della Commissione UNI CT08 - Attività

Professionali non Regolamentate, dal 2013 Delegato Italiano UNI

alla Commissione International Organization for Standardization

ISO/PC 278 sull’Anticorruzione e dal 2014 Membro di sei Commis-

sioni del CTI Comitati Termotecnico Italiano Energia-Ambiente e

precisamente CT101, CT608, CT606, CTI609, CT611 e CT901, in

ambito RES ed Efficienza Energetica.

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ICQ

Per la Qualità della vita e la competitività del Paesecon la conoscenza, le competenze e l’orientamento all’innovazione

Il termine ‘qualità’ viene utilizzato in tanti contesti e spesso conaccezioni diverse. Vale, ad esempio, per l’espressione ‘qualitàdella vita’, adottata per indicare il benessere degli individui che

vivono in un determinato contesto ambientale. E da un po’ ditempo la misurazione del benessere, dello ‘star bene’ (wellbeing)viene utilizzata come principale strumento per valutare aspettiimmateriali non secondari rispetto a valori macroeconomici co-me il PIL. In molti paesi i poteri pubblici, indipendentemente dal-la collocazione politica e ideologica dei rispettivi leader politici,stanno prendendo in seria considerazione una ampia e articolatavisione del benessere, capace di andare oltre il calcolo della ric-chezza prodotta e del reddito nazionale complessivo.In Gran Bretagna il governo tory di David Cameron ha pensatoall’adozione di un ‘indicatore della felicità’ (general wellbeing),capace di rappresentare il benessere sociale, personale, cultura-le, la gioia di vivere e di divertirsi. A fine 2011 è stato lanciatoun sondaggio fra tutti i cittadini britannici per misurarne l’indicedi felicità, proponendo dieci domande in cui si chiede se gli in-glesi sono soddisfatti della propria vita, del partner, della salutefisica e mentale, del lavoro che svolgono e della retribuzioneche ricevono, della vita che si conduce nel quartiere in cui abi-tano, se si sentono sicuri, se ritengono di aver ricevuto una buo-na istruzione, se si fidano dei politici che li governano a livellonazionale e locale.L’ex presidente francese Sarkozy, allo scopo di rivedere le tradi-zionali classificazioni di ricchezza e benessere, si è avvalso nel2008-2009 della collaborazione di una commissione di cui face-vano parte Amartya Sen, Jean-Paul Fitoussi e Joseph Stiglitz, che

la presiedeva: ne scaturì un set di indicatori riguardanti ambien-te, salute, benessere economico, istruzione, lavoro, relazioni so-ciali, sicurezza1. Con tempi di reazione un po’ più lenti, anche in Italia si è co-minciato a lavorare attorno a queste nuove misure e dal 2013 l’I-STAT e il CNEL pubblicano annualmente il rapporto BES: il be-nessere equo e sostenibile in Italia, che analizza le condizioni diun benessere sociale, non individuale, degli italiani. Le dimen-sioni di questo benessere sono: salute, istruzione e formazione,lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico,relazioni sociali, politica e istituzione, sicurezza, benessere sog-gettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e in-novazione, qualità dei servizi2.Combinando dati statistici e percezioni dei cittadini, l’OCSE haprovato a calcolare per 36 paesi un Better life index, fondato su11 parametri: condizioni abitative, reddito, occupazione, spiritopubblico, istruzione, ambiente, impegno civico, salute, soddisfa-zione personale di vita, sicurezza, equilibrio tra vita privata e la-voro3.Tutti questi tentativi hanno in comune la ricerca di una “dimen-sione ambientale e civica” del benessere, sulla scia dei lavori diAmartya Sen, l’economista/filosofo bengalese insignito nel 1998del Premio Nobel per l’Economia, che ha allargato i confinidell’economia e ha sviluppato un approccio radicalmente nuovoalla valutazione del livello di benessere di una società: una so-cietà i cui membri devono avere la possibilità di condurre la vitadesiderata, di vivere esperienze positive, di sentirsi liberi di sce-gliere. Sen non guarda al benessere o alla felicità percepita, alsubjective wellbeing, a ciò che gli uomini “sentono” come indi-vidui, ma a ciò che essi “fanno” nella comunità. Sen pensa allecapabilities, e cioè alle opportunità concrete, alle “libertà positi-ve” di cui il cittadino dispone4. Ma da cosa dipende questa capacità di partecipare, di essere in-clusi nella società, di star bene? Come e dove è possibile con-quistarla? Come si costruiscono le premesse per cui le personevengano messe in condizione di vivere una “vita di qualità”?Il pensiero corre immediatamente al processo formativo – meglioancora, educativo, come preferisce chiamarlo Goffredo Fofi5 – e

«Un Paese povero di risorse materiali e in ritardo dovrebbe investire

in formazione più degli altri paesi. Invece continua a non avere una

politica della conoscenza, fondamentale per la costruzione del no-

stro futuro: gli investimenti in istruzione e ricerca ci costerebbero

meno di quanto ci costa l’ignoranza. Qursto è il paradosso di un’Ita-

lia senza sapere»

[Giovanni SOLIMINE, SENZA SAPERE - il costo dell’ignoranza in

Italia, Ed. Laterza, 2014]

y In primo piano yIn prim

o piano5

>> di Giovanni SOlImINE

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

sterà solo accennare al fatto che in Italia la percentuale di popo-lazione in età adulta (24-65 anni) che prende parte ad attività diformazione, istruzione o aggiornamento è notevolmente più bas-sa che nel resto d’Europa: nel 2010 solo il 13%, rispetto al 15%medio dell’UE a 27 (la percentuale è del 16,9 in Germania e del24,4 in Gran Bretagna).La qualità del capitale umano ha effetti molto rilevanti, sia a li-vello individuale che sul “sistema Paese”. In più di una occasio-ne lo ha ricordato anche il Governatore della Banca d’ItaliaIgnazio Visco, autore qualche anno fa di un bellissimo volumesu questo tema8, e che, tornando sull’argomento in occasione diuna manifestazione dedicata alla promozione della lettura, hadichiarato che «un paese come l’Italia, povero di risorse materia-li e in ritardo su molti fronti non solo economici, dovrebbe mira-re a investire nella scuola e nella conoscenza non “sotto” o “sul-la” ma “al di sopra” della media degli altri paesi»9.I nuovi lavori che via via si renderanno disponibili con il proce-dere dell’innovazione tecnologica, così come con l’allungamen-to della vita lavorativa, richiederanno alla forza lavoro di affian-care il bagaglio di conoscenze tradizionali e standardizzate conun nuovo “pacchetto” di competenze. L’esercizio del pensierocritico, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la creatività e ladisponibilità positiva nei confronti dell’innovazione, la capacità

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cioè dell’azione mirata a tirar fuori il meglio da ciascuno e adaprire orizzonti nuovi e più ampi.Ci si potrebbe limitare a dire che la scuola non ha solo il compi-to di insegnare a leggere, scrivere e far di conto, ma quello diformare i cittadini, cercando di dare loro quella consapevolezzache dovrebbe consentire a tutti e a ciascuno di leggere la realtà,di orientarsi nelle proprie scelte, di acquisire la libertà di star be-ne; la scuola ha il compito di fornire ai giovani gli strumenti peressere “inclusi” nella società del XXI secolo. C’è un rapporto for-te fra le competenze di base, disciplinari, che la scuola forniscee la formazione complessiva delle persone, intesa sia come cre-scita individuale che come crescita collettiva.Le indagini PISA rilevano periodicamente il livello delle compe-tenze dei nostri adolescenti6 e, anche se con qualche migliora-mento, in particolare per il problem solving, evidenziano ancoraun certo ritardo rispetto ai valori medi dei paesi industrializzati. Per quanto riguarda la popolazione compresa fra i 16 e i 65, poi,disponiamo dei dati ricavati dall’indagine PIAAC nel periodo2011-20127, che conferma un pesante gap dell’Italia rispetto aipaesi OCSE. Le competenze vengono misurate attraverso alcunitest, che danno luogo ad un punteggio: •nelle competenze alfabetiche (literacy: «comprendere, valutare,

usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attiva-mente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per svi-luppare le proprie conoscenze e potenzialità») gli italiani tota-lizzano un punteggio medio pari a 250 (media OCSE 273);

•per le competenze matematiche (numeracy: «accedere, utilizza-re, interpretare e comunicare le informazioni numeriche») siamoa 247 punti (media OCSE 269).

Tali punteggi vengono classificati in 6 livelli di competenze e il li-vello 3 viene considerato il minimo indispensabile «per viverebene e lavorare efficacemente nel XXI secolo», livello che vienepienamente raggiunto in Giappone, Finlandia, Paesi Bassi, Austra-lia, Svezia, Norvegia, Estonia e sfiorato in gran parte dei 24 paesiOCSE analizzati in questa ricerca. Rimane la Spagna a farci com-pagnia nelle posizioni di coda: siamo all’ultimo posto per le com-petenze alfabetiche e al penultimo per quelle matematiche. Soltanto il 29,8% degli italiani si colloca al livello 3 per la lite-racy e il 28,9% per la numeracy: ne possiamo dedurre che piùdel 70% può essere definito “ignorante”. Sono dati che, per il fatto stesso di riguardare le persone in etàlavorativa, la dicono lunga sulla qualificazione o la qualità - ec-co che torna questo termine - dei nostri operai, tecnici e impie-gati e sulle possibili ricadute di questa incompetenza sulla loroproduttività.Dall’insieme degli indicatori sui livelli di istruzione e di compe-tenze scaturisce una fotografia di quello che si può definire il“capitale umano” di una società, racchiudendo in questa espres-sione il patrimonio di abilità, conoscenze e competenze formalie informali - acquisite attraverso un percorso formativo all’inter-no della famiglia e della scuola, proseguito poi nel corso dell’at-tività professionale, ma anche con le esperienze della vita quoti-diana – che facilitano il benessere personale, sociale ed econo-mico. In tale ambito rientra anche il problema della “manuten-zione” nel tempo di questo patrimonio di competenze e qui ba-

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7y Per la Qulità della vita e competitività del Paese y

di comunicare in modo efficace, l’apertura alla collaborazione eal lavoro di gruppo sono indispensabili per far fronte in modo ef-ficace a situazioni spesso inedite e non di routine. Non sono cer-to competenze nuove; è una novità, però, il ruolo decisivo chevanno assumendo nella moderna organizzazione del lavoro.Non dovrebbero essere estranee a un paese come l’Italia, che hafatto di creatività, estro e abilità nel realizzare e inventare cosenuove la propria bandiera10.Quindi possiamo sostenere che il capitale umano è, o dovrebbe es-sere, la vera ricchezza della nostra nazione e che alla qualità delnostro capitale umano è affidata in larga misura la possibilità diuna ripresa del nostro sviluppo e la nostra capacità di innovazione.L’economia knowledge-based, come dice il suo stesso nome, èfondata sul sapere e sul lavoro intellettuale ed è il risultato diuna sintesi fra innovazione industriale e occupazione qualificata.La nostra realtà attuale è molto lontana da questo orizzonte ed ècaratterizzata dalla scarsa incidenza degli occupati nei settori adalta densità di conoscenza: attualmente in Italia solo il 3,3% deilavoratori italiani è impiegato nei settori più innovativi, con unvalore inferiore alla media europea (nell’ambito dell’UE a 15 so-lo Portogallo e Grecia fanno peggio di noi). Queste cifre sonoancora più preoccupanti se si considera che in Italia il dato arre-tra ogni anno dello 0,3% circa, mentre in Europa cresce in me-dia dello 0,9%.Contrariamente a tanti luoghi comuni, di cui sono pieni i nostrigiornali e talvolta perfino il dibattito fra i decisori pubblici, dovesi discetta di titoli di studio inflazionati e di altre amenità del ge-nere, la realtà è assai diversa. Due indicatori balzano immediata-mente all’occhio: la quota di persone di 25-64 anni con almenoil diploma di scuola secondaria superiore (56% in Italia rispetto auna media europea del 73,4%) e la quota di persone di 30-34 an-ni che hanno conseguito un titolo universitario (20,3% rispetto al34,6%). Anche nei rari casi in cui registriamo qualche piccolo mi-glioramento, non è il caso di farsi soverchie illusioni: prendiamoil caso dell’incremento del numero dei laureati, che in Italia è sta-to di due punti e mezzo tra 2008 e 2012. Nello stesso periodo,nei 27 paesi dell’Unione Europea l’incremento è stato di quasi 5punti, col risultato che all’inizio del periodo preso in esame il dif-ferenziale tra noi e la media europea era di -11,8 ed ora è -14,3. Eravamo quartultimi e ora siamo diventati ultimi, essendo statiscavalcati frattanto da cechi, slovacchi e rumeni. Con una quota così bassa di personale qualificato, per un’ovvialegge di mercato i nostri laureati dovrebbero andare a ruba e tro-vare lavoro molto facilmente. Invece non è così: in questo ambi-to si assiste ad una delle più stridenti contraddizioni che a volteil nostro paese ci riserva. L’elevato tasso di disoccupazione o disottoccupazione intellettuale che si riscontra in Italia, pur in pre-senza di un numero di laureati inferiore a quello di altri paesi,sta a dimostrare che il nostro apparato produttivo non richiedepersonale con alti livelli di istruzione. Come avvertono i rapportidel Consorzio Almalaurea11, occorre evitare il rischio di scam-biare le cause con gli effetti, alimentando così l’idea che l’Italiaabbia troppi laureati e per di più mal assortiti. C’è chi ritiene cheil nostro sistema universitario si ostina a sfornare lavoratori nonrichiesti dal mercato e poco preparati; se la causa del mancato

assorbimento dei nostri laureati dipendesse soltanto da una loroinsufficiente preparazione, le aziende si dovrebbero affrettare ainvestire nella formazione e nell’aggiornamento dei propri di-pendenti o potrebbero cercare manodopera qualificata all’estero,cosa che invece non avviene. Se i nostri migliori laureati non trovano lavoro e sono spesso co-stretti a emigrare, ciò è dovuto a un sistema produttivo arretrato,incapace di assorbirli. Il ritardo delle imprese italiane tende ad-dirittura a peggiorare: nel corso di questo primo scorcio di seco-lo, infatti, nelle nostre aziende si è andata costantemente ridu-cendo la percentuale di nuovi assunti con un livello elevato dispecializzazione, in controtendenza rispetto a quanto accadevain tutti gli altri paesi europei. Ciò può essere dovuto alla scarsapropensione all’innovazione di cui soffrono le imprese, anche acausa delle loro piccole dimensioni, e al basso livello di istruzio-ne di gran parte degli imprenditori italiani.Anche i dati sull’effettivo rendimento dei titoli di studio confer-mano questa interpretazione: in Italia i laureati di 25-34 anniguadagnano solo il 22% in più rispetto ai diplomati, mentre neipaesi OCSE il differenziale retributivo è mediamente del 40%.Insomma, emerge chiaramente una concatenazione di fattori so-ciali, culturali ed economici dalle conseguenze preoccupanti.La conoscenza assume più dimensioni: è un fattore di ricchezzae di coesione sociale. La sua diffusione in una comunità e la so-lidità delle infrastrutture attraverso le quali questa conoscenza sicrea e si distribuisce sono una componente importante del tessu-to connettivo di un Paese.È forte il rammarico per un’Italia senza sapere12, che non si rico-nosca in questi valori e non avverte l’esigenza di mobilitarsi inquesta prospettiva.

n NOTE1 <http://www.stiglitz-sen-fitoussi.fr> .

2 <http://www.misuredelbenessere.it>.

3 <http://www.oecdbetterlifeindex.org>.

4 Amartya K. Sen, La diseguaglianza. Un riesame critico, Bologna, il Mulino, 2010.

5 Goffredo Fofi, Salvare gli innocenti. Una pedagogia per i tempi di crisi, Molfetta,

La Meridiana, 2012.

6 Programme for International Student Assessment, <http://www.oecd.org/pisa/>.

7 Programme for the International Assessment of Adult Competencies,

<http://www.oecd.org/site/piaac/>.

8 Ignazio Visco, Investire in conoscenza. Per la crescita economica, Bologna, il

Mulino, 2009.

9 dall’intervento al X Forum del libro Passaparola, Bari 18-19 ottobre 2013

<http://www.forumdellibro.org/news.php?id_news=187>.

10 Ibidem.

11 http://www.almalaurea.it/.

12 mi sono più diffusamente soffermato su questi temi in Senza sapere. Il costo

dell’ignoranza in Italia, Roma-Bari, Laterza, 2014.

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In primo piano

GIOvANNI SOLIMINEProfessore ordinario di “Biblioteconomia” e di “Libro, Editoria, Lettura”

Università di Roma La Sapienza; Presidente del Forum del libro

[[email protected]]

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

PremessaCercherò di svolgere alcune considerazionimetodologiche orientate a segnalare le po-tenzialità riflessive delle etnografie organiz-zative. Muoverò da una mia recente espe-rienza di ricerca di qualche anno fa in unamedia impresa italiana di cui dirò qualcosa,focalizzandomi soprattutto sui metodi d’in-dagine e in particolare sull’approccio etno-grafico allo studio delle organizzazioni.Metterò in evidenza un passaggio metodo-logico cruciale: quello legato alla restitu-zione dei resoconti di ricerca ai membridell’organizzazione oggetto d’indagine iquali, insieme al ricercatore, hanno reso

possibile la raccolta dei dati e la loro inter-pretazione. La discussione dei dati “restitui-ti” nella misura in cui (oltre che costituire ilbanco di prova per eccellenza del valoredella conoscenza prodotta) rappresentaun’esperienza riflessiva di gruppo, proprioper questo, può essere considerata ancheun evento di (auto)valutazione. Da questopunto di vista la ricerca assume la partico-lare configurazione di un intervento al tem-po stesso conoscitivo e pratico grazie alquale è possibile favorire capacità riflessivedegli attori sulle proprie condotte.

La ricercaLa ricerca alla quale farò riferimento è unostudio condotto in una media impresa ita-liana del terziario avanzato (una società diconsulenza con circa 200 dipendenti) inte-ressata ad approfondire i problemi organiz-zativi derivanti dalla rapida crescita che nelvolgere di pochi anni ha visto la moltiplica-zione del fatturato dell’impresa, del numerodei suoi professionisti, oltre che una posi-zione molto rilevante nel mercato di suapertinenza. Il focus di interesse dell’analisi era l’esplo-razione degli stili di lavoro, delle dinamicherelazionali, delle forme locali di coopera-zione professionale a partire dai problemiche più frequentemente gli attori affrontanoe risolvono nel vivo dello svolgimento delleloro pratiche lavorative. Attraverso i dati raccolti e la loro interpreta-zione - il risultato atteso era una conoscen-za approfondita del profilo identitario del-l’azienda (cioè la descrizione di ciò che eradiventata in seguito ad un processo piutto-sto vorticoso di crescita) - il vertice dell’or-ganizzazione avrebbe successivamente ela-borato una strategia di miglioramento orga-

nizzativo basata sull’approccio della “co-munità di pratica” – una scelta questa, checoincide con la ricerca di modalità endo-gene di promozione di stili lavorativi piùefficaci e soddisfacenti (per i singoli e perl’insieme) e capaci di recuperare il sensodell’azione professionale e di rafforzare lacultura e l’identità dell’organizzazione.Proprio in questa prospettiva l’attenzioneprioritaria della ricerca si è concentrata sul-le pratiche professionali degli attori coltenel vivo dell’azione organizzata.

L’approccioTralascio in questa sede i risultati della ri-cerca - per i quali mi permetto di rinviareall’ampia esposizione proposta in un miorecente volume1- per concentrarmi sullasua metodologia.Il particolare tipo di focus dell’indagine e lesuccessive ipotesi di intervento richiedeva-no una strategia che, partendo da una co-noscenza preliminare (sia pure impressiva)della struttura e delle sue modalità pre-ordi-nate di funzionamento, approfondisse gra-dualmente la conoscenza dei dispositivid’azione concreta attraverso un duplicemovimento analitico capace di incrociare: (a) in primo luogo, le interpretazioni e le

percezioni del top management sull’in-sieme organizzato;

(b) in secondo luogo, i vissuti professionalidegli attori che costituiscono il nucleotecnico dell’organizzazione.

Entrambi i livelli di analisi puntavano all’in-dividuazione: (a) dei problemi di funzionamento, tecnici,

relazionali, culturali, ecc.; (b) delle pratiche di successo emergenti nei

contesti locali d’azione; (c) delle dinamiche di comunicazione e di

8y Le persone & Le competenze y

Pratiche riflessivenella ricerca organizzativa

>> Domenico lIPArI

Tem

a

The article proposes some methodologi-

cal considerations that - from a search in

an Italian medium enterprise of "advan-

ced services" - indicate the potential of

reflexive ethnographic approaches to or-

ganizational analysis. The experience of

reflexivity is not a spontaneous pheno-

menon, but it is the intended effect of the

discussion between the actors involved,

in the report produced by the researcher.

It’s possible therefore stimulate the refle-

xivity of the actors through a more or less

structured discussion of the results of an

investigation concerning them. In this

point of view, the induced reflexivity is

in fact a practice of (self)assessment to

the extent that the terms of the display of

outcome of research; it’s symbolise traits

markedly descriptive and narrative, are

able to involve actors and stimulate their

interest and their commitment to reflect

and learn from the discussion on the in-

terpretations of their practices (proposed

by the researcher).

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

circolazione delle esperienze;(d) degli elementi simbolici e valoriali di-

stintivi (più o meno radicati nella tradi-zione) che nel loro “intreccio” delinea-no l’identità culturale e professionaledell’insieme.

Bisognava insomma approfondire la cono-scenza dell’organizzazione ed individuarele sue modalità di funzionamento sia dalpunto di vista delle percezioni del gruppodirigente, sia secondo la prospettiva degliattori del nucleo tecnico. Ben si comprende come questi oggetti diconoscenza richiedano strumenti d’indagi-ne di tipo eminentemente qualitativo capa-ci di conseguire risultati conoscitivi e altempo stesso riflessivi.Proprio per questa ragione, l’approccio et-nografico, da qualche anno al centro degliinteressi dei ricercatori e studiosi di orga-nizzazione, mi è sembrato, da questo pun-to di vista, quello più indicato alle esigenzedi un’esplorazione dettagliata, approfonditae densa dei temi centrali della ricerca. L’etnografia organizzativa «… consistenell’osservare, descrivere e interpretare iprocessi quotidiani dell’organizzare. [Daquesto punto di vista] l’etnografia organiz-zativa è al tempo stesso una metodologia diricerca (basata sull’osservazione e la descri-zione) e una prospettiva (di stampo inter-pretativo) sullo studio delle organizzazioni.O meglio dell’attività dell’organizzare, poi-ché per molti etnografi le organizzazioni inquanto tali non esistono. Per gli etnografi“organizzazione” è qualunque forma diazione organizzata. L’organizzazione è unartefatto sociale, un’invenzione collettivamantenuta in vita attraverso l’azione, il lin-guaggio, i simboli e i rituali condivisi, lemodalità di controllo, le tecnologie e glioggetti materiali. […] … da un punto di vi-sta etnografico, le organizzazioni sono fe-nomeni processuali mai conclusi, arene diun (dis)ordine negoziato: il fatto che ap-paiano e si presentino in un determinatomodo non vuol dire che non possano cam-biare o essere pensate diversamente»2. La prospettiva dell’etnografia organizzativa,come è intuibile, richiede un lavoro sulcampo intenso e prolungato oltre che basa-to su tecniche di raccolta dei dati tipichedella ricerca qualitativa: osservazione parte-cipante, attività di shadowing, interviste inprofondità, sessioni strutturate di ascolto,

focus group, analisi di testi e documenti. Ma richiede un lavoro non meno impegna-tivo di interpretazione della grande massadi informazioni che emergono dall’indagi-ne e, soprattutto, richiede modalità di espo-sizione dei dati difficilmente riconducibiliai resoconti scientifici tradizionali. L’etnografia organizzativa in genere produ-ce resoconti di tipo narrativo nei quali lascrittura è parte integrante del modo in cuisono stati raccolti ed interpretati i dati: sitratta di racconti a tutti gli effetti il cui sco-po è quello di rendere con una certa effica-cia evocativa le descrizioni degli eventi,delle dinamiche e, più in generale, dei fe-nomeni organizzativi osservati.La ricchezza e la densità delle descrizioni (eil loro appeal) costituiscono - tra l’altro -uno dei tratti su cui fa leva l’altra compo-nente metodologica della mia strategia di ri-cerca: mi riferisco alla restituzione dei reso-conti delle indagini agli attori organizzativi. Lo scopo della restituzione (e della succes-siva discussione) da un lato ha carattere re-sponsive, vuole essere cioè una risposta delricercatore a quanti gli hanno consentitocon la loro disponibilità di lavorare (reperi-re i dati, ossia la materia prima della sua ri-cerca) e da questo punto di vista evoca larestituzione di un dono (il dono-dato: infrancese donné è sia il dono, sia il dato)mediante un altro dono che assume la for-ma tangibile di un testo scritto. Ma da un altro lato, lo scopo della restitu-zione, nella misura in cui è associata alladiscussione, è legato alla creazione per gliattori di uno spazio, di un’opportunità ri-flessiva su ciò che la ricerca dice su di loro.

Riflessività organizzativaL’esperienza della riflessività - che nel casospecifico ha un tratto collettivo perché co-involge tutti attori dell’organizzazione - co-stituisce l’effetto voluto della restituzioneprima e della discussione poi del resocontoprodotto dal ricercatore. Da questo punto di vista la restituzione as-sume le caratteristiche di un’”azione-pon-te” - potremmo dire - tra le analisi e le inter-pretazioni proposte dalla ricerca da un lato,e, dall’altro, la successiva costruzione dellestrategie di sviluppo previste dal commit-tente. Sorvolando sui dettagli riferiti agli effetticoncreti della scelta metodologica adottata

(restituzione e discussione dei risultati co-me induzione di un esercizio riflessivo),vorrei provare a svolgere qualche conside-razione sulla riflessività assumendo comepostulato la strettissima connessione dellariflessività con forme di (auto)valutazioneorganizzativa in un’ottica in cui i modi diproduzione dei risultati della ricerca (chesono il prerequisito dell’attivazione di rifles-sività) assumano caratteristiche espositivecoinvolgenti che, rispettando il rigore argo-mentativo e dell’analisi, siano marcatamen-te descrittivi e narrativi. Se questo approccio è un dispositivo intel-lettuale che favorisce i processi di appren-dimento organizzativo nella misura in cui èimplicante e includente, e se l’apprendi-mento organizzativo è in larga misura“sfondamento”, ovvero rottura e ristruttura-zione delle routine consolidate, allora èagevole (e plausibile) concepire l’apprendi-mento nei termini stessi di riflessività. Da questo punto di vista, inoltre, la riflessi-vità, nella misura in cui ha come oggetto ilriconoscimento del valore intrinseco alleazioni, di fatto coincide con forme specifi-che di apprendimento.La riflessività, in quanto capacità di inter-rompere il flusso ordinario e spontaneo del-le condotte di routine per averne consape-volezza, osservarne i tratti, interrogarsi su diesse ed orientarne il senso, diventa effettiva-mente l’elemento cruciale a partire dal qua-le è possibile ritematizzare le pratiche diautovalutazione organizzativa. Da questo punto di vista, l’autovalutazione,se concepita come esercizio di consapevo-lezza e se praticata con spirito aperto allascoperta, diventa un formidabile veicolo diinnovazione delle pratiche e di cambia-mento organizzativo.Al di là di ciò che è effettivamente avvenutonell’azienda che ho studiato dopo la resti-tuzione-discussione dei risultati, non può,in ogni caso, sfuggire il significato che oc-casioni di questo tipo possono rappresenta-re per lo sviluppo di capacità di interrogarsisui problemi e per l’elaborazione di formespecifiche di autoconsapevolezza. Ma, al tempo stesso, esse evocano unaquestione di più ampia portata che riguardala difficoltà dell’esercizio della riflessivitàcome pratica organizzativa. Su questo ter-reno occorre chiarire il senso della riflessi-vità nelle organizzazioni.

y Pratiche riflessive nella ricerca organizzativa yTem

a9

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

Mentre il singolo attore - per sua natura, sipotrebbe dire - è dotato di capacità riflessi-va e dunque non può non riflettere, la ri-flessività organizzativa riguarda una plurali-tà di attori in relazione tra loro. Da questo punto di vista non solo non puòessere considerata come la somma delle ri-flessività soggettive (cioè dell’esperienza diriflessività di cui sono protagonisti i singoliattori), ma richiede un «trattamento» anali-tico del tutto particolare. Essa, in quanto le-gata alla sfera dell’intersoggettività, ha ilsuo fondamento unico nelle relazioni tragli attori e, soprattutto, negli scambi che necaratterizzano la dinamica.Inoltre, la consapevolezza, in quanto esitodella riflessività, non può prescindere dal-l’attivazione di interrogazioni più o menoprofonde sul senso e sulle poste in giocodelle azioni in corso di svolgimento. Ma so-prattutto non può prescindere dal disvela-mento delle particolari dinamiche di potereche caratterizzano le relazioni, in particola-re quelle che si svolgono sul territorio pro-tetto dell’«informale», al riparo cioè daogni forma di prescrizione dell’ufficialità edelle regole dell’organizzazione. Proprioper questa ragione bisogna riconoscere chela riflessività organizzativa è rischiosa.E lo è non tanto per il semplice (ma non ir-rilevante) fatto che sottrae tempo alla pro-duzione, ma soprattutto perché implica ilriconoscimento, l’«illuminazione» di prati-che informali per loro natura opache e perdi più bisognose di opacità. La riflessività può contribuire a scoperchia-re il vaso di Pandora che ogni organizzazio-ne da qualche parte custodisce anche sen-za saperlo e rendere noto a tutti ciò chenon si deve sapere. Ecco perché, se si vuole stimolare la riflessi-vità nelle organizzazioni, bisogna sapereche cosa c’è in gioco. E bisogna sapere an-che che si può andare incontro a forme dielusione da parte degli attori: non tutti sonodisponibili a praticarla su input di chi inten-zionalmente la promuovesse come politicadell’organizzazione. Su questo c’è da fare i conti con varie for-me di recalcitrance, riottosità, elusione: lagente tende a sottrarsi alle pratiche di «ri-flessività collettiva» se non sono chiari i ter-mini del gioco e se non sono ben definite leposte in gioco. E’ dunque difficile (oltre che rischioso) pro-

muovere la riflessività. E’ difficile per ragioni «politiche» e al tem-po stesso «metodologiche»: a) le ragioni politiche rinviano alla consa-

pevolezza dei problemi ai quali si va in-contro e soprattutto al fatto che, in unmodo o in un altro, ci si deve confronta-re con dinamiche relazionali (di potere)che non sopportano il disvelamento senon a determinate condizioni (riconosci-mento, ufficializzazione, formalizzazio-ne, ecc.);

b) le ragioni metodologiche rinviano al pro-blema del «come» promuovere iniziativedi riflessività in ambito organizzativo.

Queste difficoltà, tuttavia, non ci mettonoal riparo dalla necessità di chiederci comesia possibile promuoverla in special modoin quelle organizzazioni che per la loroesposizione al confronto continuo con inproblema dell’innovazione hanno un inte-resse irrinunciabile alla riflessività.Per quello che posso dire alla luce dellamia esperienza di ricercatore, quando la ri-flessività è indotta, veicolata, ecc., si rischiail blocco (a prescindere dalla qualità delmetodo utilizzato) o comunque, nella mi-gliore delle ipotesi, «le cose» vanno avantia fatica... Viceversa, nei casi in cui la gentepratica la riflessività spontaneamente (cioè:senza alcun interven to/sti molo esterno e,nella gran parte dei casi, senza saperlo), glieffetti sono significativi, importanti e in uncerto senso apprezzabili - semmai il pro-blema è quello di come scoprire le formespontanee di riflessività. In effetti c’è un problema con la riflessivitàspontanea: nella misura in cui si producenelle periferie dell’organizzazione e al ripa-ro dai dispositivi formali, rischia di essereun fenomeno ineffabile: sappiamo dellasua esistenza ma non ne possiamo parlareperché empiricamente non siamo in gradodi identificarlo. Un caso esemplare di riflessività spontaneamolto produttiva è l’esperienza dei tecniciaddetti alla riparazione delle fotocopiatricidescritta da J. Orr3 i quali trovavano nellenarrazioni reciproche di pratiche in cui era-no venuti a capo di situazioni altamenteproblematiche un punto di riferimento cru-ciale per la riflessività organizzativa crean-do in tal modo le condizioni per l’appren-dimento collettivo, per l’accrescimento del-le conoscenze disponibili nel gruppo e infi-

ne per lo sviluppo di forme particolari disolidarietà organizzativa fondate appuntosull’interesse a scambiarsi conoscenze utilie utilizzabili. Ma la conoscenza di questospecifico caso di riflessività spontanea è sta-ta possibile perché la ricerca di Orr ne hadisvelato e descritto le dinamiche di fondo.Questo punto di vista induce ad istituireuna dicotomia tra riflessività indotta e rifles-sività spontanea4. Posto che quella sponta-nea rischia di essere ineffabile e il proble-ma in questo caso è proprio quello di indi-viduarla prima ancora di poter fare qualco-sa per valorizzarla, ci si deve interrogare suquella indotta. Vale la pena attivare ed indurre la riflessio-ne collettiva nelle organizzazioni? Vale lapena, bisogna dire, se i vertici che la pro-muovono sono disponibili a correre i rischidi disvelamento e di riconoscimento anchein termini «politici» delle pratiche informaliche si sviluppano spontaneamente nell’or-ganizzazione. Un altro interrogativo è il seguente: la rifles-sività può essere anche valutata (cioè: èpossibile «cogliere» ed apprezzare il valoredi questo esercizio riflessivo)? La risposta,nei termini dell’esperienza di ricerca di cuiho qui sommariamente dato conto, è affer-mativa, ma anche in questo caso contamolto la disponibilità del vertice dell’orga-nizzazione ad investire in riflessività conconvinzione. Quali che siano le risposte a questi interro-gativi, bisogna fare i conti con gli attori econ la loro soggettività. Da questo punto di vista e su un piano ge-nerale, è possibile ipotizzare che la dispo-nibilità degli attori a coinvolgersi in espe-rienze riflessive indotte sia direttamenteproporzionale all’interesse che riescono ascorgere in esse. Se le poste in gioco e gli obiettivi sono suf-ficientemente chiari e in larga misura nego-ziati e condivisi, è altamente probabile cheeventuali proposte di partecipazione a pra-tiche strutturate di riflessività siano accettatecon un elevato grado di consenso. (Semmai in questo caso il problema è quel-lo di assicurare un minimo di continuitàall’esperienza riflessiva contrastando le de-rive che spingono gli attori a preferire l’as-sorbimento nelle pratiche consolidate equesta tendenza è ben descritta dal modoin cui la gente, anche dopo una riunione ri-

y Le persone & Le competenze yTe

ma

10

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

flessiva intensa e non banale, ma ricca discambi e di energia, non dà seguito ai buo-ni propositi di continuità, si rituffa nelle suepratiche facendosi sommergere da esse edimenticando l’esperienza riflessiva …)Viceversa, si può ipotizzare che quanto piùambigue e quanto più unilateralmente in-dotte dal vertice saranno le stesse proposte,tanto maggiori saranno le resistenze e il dis-interesse a partecipare. In quest’ultimo ca-so, si può immaginare che le risposte degliattori siano caratterizzate da strategie di ti-po difensivo, in parte elusive, in parte ipo-crite («sì, va bene, sarebbe utile farlo, fac-ciamolo …»: adesione formale, ma poi almomento buono, di fatto, ci si sottrae). Inaltri termini, la metaforica proposta di«mettersi attorno a un tavolo», di «guardareciò che stiamo facendo», ecc., già difficile

da governare in condizioni di partecipazio-ne più o meno esplicitamente negoziata, segestita come disegno di vertice, rischia diprodurre adesione apparente (che non sa-prei se definire come una forma di cinismoorganizzativo o come la legittima quantospontanea difesa da parte di ciascuno deipropri spazi). Sembrerebbe dunque plausi-bile assumere che la riflessività collettivanon è un fenomeno neutrale, né scontato. Essa è altamente problematica, difficile daattivare e da mantener viva e da questopunto di vista, occorrerebbe interrogarsi piùa fondo su quale tipo di energia la genera el’alimenta. Ma questo è un altro tema.

n NOTE1 Domenico Lipari, Dinamiche di vertice. Frammenti

di un discorso organizzativo, Guerini e Ass., Milano,

2007.

2 Attila Bruni, Lo studio etnografico delle organizzazio-

ni, Carocci, Roma, 2003 (pp. 7-8).

3 cfr.: J. Orr, “Condividere le conoscenze, celebrare l'i-

dentità: la memoria di comunità in una cultura di ser-

vizio”, in Pontecorvo C., Ajello A. M. Zucchermaglio

C. (a cura di), I contesti sociali dell'apprendimento,

Led, Milano, 1995.

4 per approfondimenti su tale dicotomia, rinvio alla par-

te conclusiva del volume già citato: Domenico Lipari,

Dinamiche di vertice. Frammenti di un discorso orga-

nizzativo, Guerini e Associati, Milano 2007.

y Pratiche riflessive nella ricerca organizzativa yTem

a11

DOMENICO LIPARI Sociologo, ricercatore indipendente, docente

presso il Dipartimento di Scienze della

Formazione dell’Università di Roma Tre

[email protected]

«nutrIre le Competenze, energIa per le professIonalItà»semInarIo aICQ sICev, mIlano 22 maggIo 2015

In occasione di EXPO MILANO 2015, AICQ SICEV organizza per le ore 14 del prossimo 22 maggio a Milano (presso il Ramada – Plaza, via Sta-

mira d’Ancona, n. 27) un importante evento sul tema «Nutrire le competenze, energia per le professionalità». I lavori del Seminario saranno

aperti dal saluto di benvenuto del Direttore di AICQ-SICEV Roberto DE PARI al quale faranno seguito le seguenti interessanti relazioni tenute da

prestigiosi relatori:

•I principi etici nell’esercizio delle professioni, Felice LOPRESTO, dirigente affari giuridici e nor-

mativi della Direzione Generale per la lotta alla contraffazione – U.I.B.M. Ministero dello Svi-

luppo Economico

•Le competenze, l’energia e l’alimentazione: un trinomio imprescindibile, Anna MORENO,

project Manager ENEA-TUEE e Coordinatore Progetto BRICKS

•La formazione nelle side per il pianeta. Sostenibilità e sicurezza agroalimentare, Ruggero LEN-

SI, Direttore Relazioni Esterne, Sviluppo e Innovazione UNI

•Le competenze italiane sulle fonte energetiche rinnovabili come best-practices per i Paesi

emergenti, Luca GNALI, Responsabile Sviluppo Fonti Rinnovabili del Gruppo INBRE spa

•La responsabilità sociale e l’eco-sostenibilità nel settore agroalimentare, Loris PEDON, direttore Generale del Gruppo Pedon spa

I lavori saranno presieduti da Filippo TRIFILETTI, Direttore Generale di ACCREDIA.

Il Seminario si inserisce nella storica tradizione del sistema AICQ finalizzata sia alla diffusione della cultura sia al mantenimento ed alla crescita del-

le competenze delle professionalità che operano per i sistemi di gestione delle organizzazioni. L’importanza del Seminario è fornita sostanzialmen-

te da due indicatori: il livello prestigioso dei relatori ed il “peso” delle organizzazione che hanno assicurato il patrocinio dell’evento: l’Ente Italiano

di Accreditamento ACCREDIA; l’Ente Nazionale di Normazione UNI; l’Azienda nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo econo-

mico sostenibile ENEA; l’Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul Lavoro AIFOS; IL Coordinamento Libere Associazioni Professionali

COLAP; l’Associazione Organismi Certificazione Ispezione Prove Taratura CONFORMA; il Politecnico di Milano Graduate School of Business

MIP; l’Associazione Italiana Responsabili ed Esperti di Gestione Progetto ASSIREP; l’Associazione Italiana Cultura Qualità AICQ, sia nazionale che

CentroNord. La partecipazione al seminario garantisce anche l’ottenimento di tre crediti di aggiornamento AIFOS per “formatore - area tematica

normativa” (come previsto dal Decreto Interministeriale 6 marzo 2013). Il rilascio dell’attestato formativo e dei conseguenti crediti avverrà solo

nei confronti di chi ne avrà fatto richiesta al momento dell’iscrizione, indicando il credito sulla scheda di iscrizione). La partecipazione al Semina-

rio è gratuita ed aperta a tutti, previa iscrizione che dovrà avvenire mediante compilazione dell’apposita “scheda di iscrizione” che potrà essere

scaricata dal sito: www.aicqsicev.it; eventuali ulteriori informazioni potranno essere richieste via mail all’indirizzo di posta elettronica:

[email protected] o telefonicamente al numero 02.66713425.

Al termine del Seminario verrà sorteggiata una percentuale di biglietti di ingresso all’EXPO 2015 in proporzione al numero dei presenti.

Spigolatu

re

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

Il personale dell’organizzazione - quelloche solitamente indicato come “Risorse

Umane” -, è considerato come elemento diprimaria importanza per il successo da tuttii Modelli d’Eccellenza. Sia il Modello d’Ec-cellenza EFQM (European Foundation forQuality Management) che il derivato CAF(Common Assessment Framework, desti-nato alla Pubblica Amministrazione), indi-cano l’attenzione alle Risorse Umane comeuno dei «concetti fondamentali» alla basedell’Eccellenza. Secondo la definizione EFQM, l’organizza-zione eccellente deve «ottenere il successoattraverso il talento del personale». Entrambi i Modelli dedicano al Personale duedei nove criteri in cui si articola il modello:•il primo dei due comprendente la descri-

zione di esempi e buone pratiche di gestionedel personale,

•il secondo per misurare il rapporto tra l’or-ganizzazione ed il personale in termini disoddisfazione, coinvolgimento e risultati ot-tenuti.

Ma, anche al di là del “Concetto Fondamen-tale” e dei due “Criteri” relativi al personale,tutti i Modelli, nel loro dettaglio, contengonoriferimenti, indicazioni e buone pratiche per

una gestione efficace del personale. Nello schema [figura n. 1] relativo al model-lo EFQM risulta chiaro come praticamente intutta la struttura del modello, in tutti i criteri,si trovino elementi relativi alle Risorse Uma-ne.Ad esempio, i Leader devono impegnarsi nel-la comunicazione di Vision e Mission e Valoriverso tutto il personale, stimolandone la con-divisione anche attraverso la verifica dei com-

portamenti e il proprio esempio, devono crea-re una cultura di coinvolgimento e di delegadel personale, devono promuoverne lo svi-luppo, sostenerlo nelle loro attività e verso larealizzazione degli obiettivi personali e azien-dali, devono assicurare un rapporto equili-brato tra organizzazione e persone, anche at-traverso la promozione delle pari opportuni-tà. Allo stesso modo, ognuno degli altri criteridei fattori considera il personale come com-ponente fondamentale dell’organizzazione,come elemento su cui costruire la strategia,rispetto al quale ottimizzare le risorse, comecomponente dell’organizzazione da coin-volgere nello sviluppo di processi, prodotti eservizi. Per quanto riguarda i Criteri dei Ri-sultati, oltre a misurare elementi relativi a sod-disfazione, coinvolgimento, partecipazione,contributo del personale, si può trovare comela capacità e l’impegno del personale sia fon-damentale in tutte le dimensioni dei risultatidel Modello: verso i Clienti, verso la Società

12y Le persone & Le competenze y

I Modelli d’Eccellenzae le risorse umane

>> Italo BENEDINI

Tem

a

For all the International TQM Models, the personnel is the key of the success for any or-

ganization. In particular, for the EFQM Model, one of the eight Fundamental Concepts of

the Excellence says “Succeeding through the Talent of People”; moreover, two of the 9

Criteria are related to the personnel: the criterion 3 “People” in the Enablers and the Cri-

terion 7 “People Results”. But, in addition to that, the maturity level of one organization

for each criterion is a consequence of an effective relation between the organization and

its personnel.

A specific EFQM document “Process Analysis – Human resources Management” gives an

example of a possible Personnel Management Process, derived from good practices of

Excellent Organizations, and indicates the activities to perform to evaluate the current

maturity and what to do to reach a defined maturity target.

> Figura 1 - Modello EFMQ - LeRisorse Umane nei diversi Criteri del Modello

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

e per l’ottenimento dei Risultati di Business(in senso lato) dell’organizzazione.Si può ben dire di conseguenza che il mo-dello EFQM, e in modo simile il modello CAF,considerano le Risorse Umane come l’ele-mento fondamentale su cui costruire il suc-cesso dell’organizzazione; come viene det-to nei Concetti Fondamentali dell’Eccellen-za EFQM: «ottenere il successo attraverso iltalento del personale».Sia nel modello EFQM che nel modello CAF,come già accennato, due dei nove criteri trat-tano direttamente la Gestione del Personalee i Risultati relativi al Personale.In particolare, se facciamo riferimento al mo-dello EFQM, la trattazione si sviluppa in: •un criterio nella parte Fattori Abilitanti, ar-

ticolato a sua volta in 5 sottocriteri, che det-tagliano in sintesi:- la pianificazione del personale, in linea

con gli obiettivi e le strategie dell’orga-nizzazione. In particolare, la definizionedegli obiettivi di prestazione attesi, l’or-ganizzazione del personale, la gestionedelle assunzioni, degli sviluppi di carrie-ra e della mobilità, il feedback dal perso-nale per il miglioramento;

- lo sviluppo delle conoscenze e delle ca-pacità. In particolare, la definizione dellecompetenze necessarie e lo sviluppo del-le competenze in linea con le necessità,la formazione del personale perché nonsolo sia in grado di rispondere a quantoserve all’organizzazione, ma anche si rea-lizzi la sua crescita professionale in mo-do da renderlo “reimpiegabile”, infine laricerca e la gestione dei talenti;

- il coinvolgimento e la responsabilizza-zione del personale. In particolare, la de-finizione di obiettivi personali e di teamin linea con gli obiettivi aziendali, lo sti-molo alla creatività e all’innovazione, lo sti-

molo alla partecipazio-ne alla società in sensolato e a farsi ambascia-tori dell’immagine azien-dale;- la comunica-zione organizzazione-personale. In particola-re, lo sviluppo di una co-municazione multidire-zionale, la comunica-zione di strategie edobiettivi, la condivisione

di informazioni, conoscenze e buone pra-tiche, lo sviluppo della collaborazione e dellavoro di team;

- l’attenzione verso il personale ed i rico-noscimenti. In particolare, la gestione del-le retribuzioni e dei riconoscimenti per gliobiettivi raggiunti e il contributo al mi-glioramento, lo stimolo verso il rispetto re-ciproco e la collaborazione, il bilancia-mento tra vita lavorativa e vita privata, ilrispetto delle diversità;

•un criterio nella parte Risultati, articolato asua volta in 2 sottocriteri, che definiscono insintesi:- la misura della percezione del personale,

relativamente a coinvolgimento, respon-sabilizzazione, rapporto con la leaders-hip, gestione delle competenze, sviluppoprofessionale e di carriera, comunicazio-ne interna e ambiente lavorativo;

- la misura delle prestazioni nel rapporto or-ganizzazione - personale, relativamente acoinvolgimento e impegno, competenzee prestazioni, comunicazione interna.

Attraverso la Logica RADAR (il “sistema dimisura” del Modello EFQM; RADAR signifi-ca Results, Approach, Deployment, Asses-sment & Review), che sviluppa l’approccioPDCA di Deming, l’organizzazione è in gra-do misurare il proprio livello di maturità ri-spetto alle indicazioni del Modello e di im-postare le azioni per migliorare il sistema del

rapporto organizzazione – personale.

Il Processo di Gestione delle Risorse UmaneIl Modello EFQM, come sopra indicato, for-nisce elementi, esempi e buone pratiche peruna eccellente gestione delle Risorse Uma-ne. Ma quale potrebbe essere un esempio diprocesso efficace per questa gestione?Anche in questo senso, EFQM fornisce unaiuto, tratto da quanto messo in atto da al-cune organizzazioni che hanno dimostrato,tramite i risultati raggiunti, di aver strutturatoun processo efficace. Quanto sotto riportatoè tratto dalla Pubblicazione EFQM ”Strumentodi Analisi dei Processi – Gestione delle ri-sorse umane”, in cui viene anche indicatoun metodo per la misura della maturità delProcesso Risorse Umane e per stimolare pro-grammi di miglioramento continuo secondolo schema PDCA. Il processo si sviluppa in 10 Elementi e si col-lega direttamente alla strategia di Businessdell’organizzazione:a) si parte dalla definizione della strategia

complessiva delle risorse umane, diretta-mente collegata alla strategia di business;

b) il fattore guida deve essere lo sviluppo del-le potenzialità della organizzazione (Ele-mento 2),

c) attraverso gli Elementi Gestione delle as-sunzioni e degli sviluppi di carriera (Ele-mento 3, Staffing),

d) Sviluppo del Personale tramite formazio-ne ed esperienze lavorative (Elemento 4),

e) Gestione dei talenti (elemento 5), f) Gestione delle performance (Elemento 6), g) Premi e riconoscimenti al personale (Ele-

mento 7),h) Fattori fondamentali per una buona ge-

stione delle risorse umane sono poi unaattenta gestione della salute e sicurezzanell’ambiente di lavoro (Elemento 8) e l’at-tenzione a creare attive ed efficaci rela-zioni all’interno dell’organizzazione e ver-

y I Modelli d’Eccellenza e le risorse umane yTem

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> Figura 3 - La struttura del Processo della Strategia delle Risorse Umane

> Figura 2 - La struttura del Processo delle Risorse Umane - Un esempio EFMQ

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so l’esterno, compreso un positivo impat-to verso l’ambiente sociale (Elemento 9).

i) Secondo la logica del Modello EFQM, unsistema non può funzionare in modo effi-cace se non viene misurato: quindi l’ulti-mo Elemento, la raccolta, gestione ed ana-lisi dei dati sul personale rappresenta lostrumento fondamentale per la regolazio-ne e il miglioramento dei sistema.

Una volta definiti gli elementi che costitui-scono il processo di gestione delle RisorseUmane, è essenziale individuare quali sonoi processi, le pratiche in atto nell’organizza-zione e valutarne il livello di maturità. L’approccio seguito da EFQM è quello defi-nire degli attributi che rappresentano livellicrescenti di maturità. Quest’ultima viene clas-sificata in tre fasce: Fascia Iniziale, Fascia diRealizzazione e Fascia di Maturità. Le tre fa-sce si articolano in un totale di 10 Livelli; il tut-to assume il seguente significato:•fascia 1 (livelli da 1 a 3): corrispondente a

una situazione di approcci destrutturati onon sistematici, focalizzazione su attivitàprevalentemente amministrative;

•fascia 2 (livelli da 4 a 7): corrispondente auna situazione di focalizzazione su processi

una situazione di approccio strategico allerisorse umane e completa integrazione constrategie di business.

y Le persone & Le competenze yTe

ma

14

> Fig. 4. I 10 livelli della Strategia delle Risorse Umane

e primi approcci di gestione strategica del-le risorse umane;

•fascia 3 (livelli da 8 a 10): corrispondente a

Liv Elementi caratterizzanti

0 •Gli aspetti relativi alle RU non fanno parte della strategia di business;

•La Funzione RU ha scarsa conoscenza della strategia di business;

•Le attività relative alle RU sono per lo più transazionali e orientate Individualmente;

•A livello RU ci si focalizza soprattutto su processi e pratiche di base;

•Si effettua una scarsa pianificazione delle risorse umane.

1 •La funzione RU si occupa di obiettivi relativi a pochi elementi (ad esempio assumere persone);

•Si raccolgono solo alcuni dati di base relativi alle risorse umane.

2 Le RU allertano l’organizzazione solo relativamente a questioni specifiche ed estemporanee.

3 •La funzione RU considera, su richiesta del management, le implicazioni di alcuni aspetti relativi al business plan e le traducono in azioni;

•Focalizzazione sulla pianificazione del business. Le RU sono considerate una questione accessoria.

4 • …………………………

5 • …………………………

6 • ………………………..

7 •Integrazione della pianificazione del Business e quelle delle RU;

•I manager di linea e la funzione RU lavorano assieme per assicurare l’integrazione dei processi della strategia e delle risorse umane;

•La strategia di RU pone in luce obiettivi e attività di supporto prioritari per i risultati di business; sono indicati i risultati attesi e la strategia

delle RU è integrata della strategia di business;

•Gli indicatori chiave di performance relativi alle attività di RU fanno parte integrante del ciclo di verifica di business (ad es. tramite BSC).

8 •Il benchmarking interno ed esterno è una componete del processo della strategia delle RU.

9 •Viene sistematicamente effettuata la pianificazione di scenario delle RU sulla base della strategia interna e degli sviluppi esterni (mercato

del lavoro, andamento demografico); gli scenari svolgono un ruolo cruciale nel processi di pianificazione strategica del business.

10 •Viene chiaramente definita la strategia delle RU a medio e lungo termine per salvaguardare nel futuro il vantaggio competitivo;

•La strategia delle RU è un benchmark di riferimento nel settore.

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Attraverso un’opportuna analisi della propriasituazione rispetto ai contenuti dei singoli stepe livelli, l’organizzazione può valutare il pro-prio grado di maturità; inoltre, se l’organiz-zazione si pone l’obiettivo di accrescere lapropria maturità, ad esempio portandola dal-la fascia iniziale livello 3 alla fascia di rea-lizzazione livello 7, la tabella fornisce anchele indicazioni degli elementi su cui agire, equindi delle azioni da sviluppare. Prendiamo come esempio lo step 1 (proces-so della Strategia delle Risorse Umane), de-scritto sinteticamente nello schema di figuran. 3.Il processo della Strategia delle Risorse Uma-ne collega la strategia di business con i pro-cessi, gli obiettivi e le azioni per le RU. Tra-mite il processo, si identificano le esigenzein termini di RU per il conseguimento degliobiettivi di business e si identificano le azio-ni da svolgere. Lo schema di figura n. 3 rap-presenta questo collegamento tra la strategiadi business e quella delle risorse umane.

L’analisi dell’organizzazione, con il suppor-to della tabella di figura n. 4, potrebbe adesempio indicare che l’organizzazione si tro-va al “livello 3”, perché manca una vera at-tenzione e focalizzazione sulle RU. Se l’o-biettivo che il management definisce è quel-lo di raggiungere ad esempio il “livello 7”nella fascia di Realizzazione, troverà nella ta-bella (nei livelli 4, 5, 6 e 7) le indicazioni damettere in atto per poterlo ottenere, in un ar-co di tempo definito, ad esempio 18-24 me-si. In particolare, dovranno essere curati l’in-tegrazione della strategia e della pianifica-zione delle RU nella strategia e pianificazio-ne di business, dovranno essere definiti obiet-tivi per le RU, inseriti nel ciclo di verifica delBusiness e così via.Per ognuno dei 10 elementi che compongo-no l’intero processo, l’organizzazione dovràanalizzare la propria situazione attuale, defi-nire il livello obiettivo nell’arco di tempo de-finito e, sulla base di questo. le specificheazioni richieste per raggiungerlo.

In questo modo è possibile quindi disegnareun proprio “profilo” attuale, progettare il “pro-filo” obiettivo, individuare gli elementi ca-ratterizzanti da realizzare e definire di con-seguenze le azioni necessarie con i relativitempi e responsabilità. Ovviamente, lo strumento proposto da EFQMfornisce soprattutto un’indicazione di meto-do, ed ogni organizzazione può trarne spun-to specializzandone i contenuti in funzionedella propria realtà, dimensione e contesto.

La situazione attuale.ConclusioniNelle analisi effettuate sulla situazione attualedelle organizzazioni (ad esempio nell’ambi-to della partecipazione al “Premio QualitàItalia”), i Criteri relativi alle gestione delle Ri-sorse Umane sono costantemente quelli cheriportano le valutazioni più basse. Si veda adesempio la figura n. 6, in cui i Criteri 3 (Ge-stione del Personale) e 7 (Risultati relativi alpersonale) sono quelli con punteggi peggio-ri rispettivamente nella parte Fattori e nellaparte Risultati su un campione di 272 impresepartecipanti al Premio Qualità Italia. Ciò evidenzia l’importanza di attuare una ef-ficace Politica del Personale che guardi allacrescita professionale, favorisca la responsa-bilizzazione, sia supportata da una comuni-cazione multidirezionale, mostri attenzioneverso il personale e riconosca le sue presta-zioni. Attraverso di essa, non solo si potràcreare un ambiente più motivante e un mi-gliore clima aziendale, ma si creeranno ef-fetti positivi, su tutto l’assieme dei processiaziendali e sul raggiungimento degli obiet-tivi. Nell’ottica “olistica” del Modello, ogni ele-mento si collega con tutti gli altri e ne deter-mina i risultati; questo è tanto più vero per leRisorse Umane di ogni organizzazione, il ve-ro “elemento motore” del Sistema.

y I Modelli d’Eccellenza e le risorse umane yTem

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ITALO BENEDINIingegnere; dopo una lunga esperienza in una

grande azienda ad alta tecnologia è stato

direttore di DCQ srl (in ambito AICQ) con

responsabilità per la gestione delle attività sui

Modelli d’Eccellenza; per il modello EFQM:

licenza di docente e qualifica di valutatore per

i Livelli “Committed to Excellence” e

“Recognized for Excellence”.

[email protected]

> Fig 5 - L’analisi della situazione corrente e la definizione dell’obiettivo

> Fig 6. Risultati di 272 aziende partecipanti al Premio Qualità Italia

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In questi ultimi anni la maggiore com-plessità della competizione ha spinto le

nostre imprese a dover ripensare le pro-prie strategie. I sistemi di valutazione della competitivitàutilizzano indicatori per la stabilità del si-stema politico, la burocrazia, le infrastrut-ture, la innovazione, la capacità di ricerca,la produttività, il welfare sociale, la stabili-tà economica, la imprenditorialità, l’occu-pazione; tutti insieme gli indicatori con-vergono nei “Big data” che mostrano il no-stro Paese in continuo regresso. La debolezza del nostro sistema, così rap-portata, ha generato un profondo cambia-mento del mercato del lavoro. Il rapportodi lavoro, con particolare riferimento a quel-lo professionale e manageriale, è diventatoprevalentemente a tempo determinato e,data la dimensione medio piccola delle im-prese ha richiesto maggiore flessibilità e dis-

continuità.La caratteristica più evidente del sistema èla dimensione piccola e media [PMI] dellamaggior parte delle imprese per le quali,proprio la discontinuità e la impossibilitàeconomica di far ricorso a consolidate espe-rienze manageriali in maniera continuati-va, ne limita il campo di azione, per cui l’i-niezione di competenze specialistiche siutilizza a tempo e per progetti. La reazione in corso, oltre che alla flessibi-lità e discontinuità, ha inciso anche sullecaratteristiche prevalenti delle competenzenecessarie per realizzare un cambiamentodi rotta. Quindi ruolo e competenze han-no fatto emergere nuove figure quali:•il «Temporary Manager», •l’export manager per l’internazionalizza-

zione per aumentare le quote di export amigliorare la bilancia dei pagamenti,

•il manager di rete per lo sviluppo di retidi imprese nelle quali i singoli possonomantenere la propria dimensione e anda-re sul mercato con le potenzialità di tuttii componenti della rete.

In un mercato così diverso anche la ricerca,la valutazione e contrattualizzazione deinuovi Manager può essere accelerata ri-correndo alla Certificazione delle nuovecompetenze.Certificazione, ogni volta che un imprendi-tore, o un utente sente il suono di questa pa-rola, sente un brivido percorrere la schiena. Gli specialisti, quelli che devono procede-re a certificare, si trovano difronte ad uncompito difficile, poco amato e svalutato.Un paese il nostro, che tra promesse nonmantenute e inganni perpetrati, da quandonegli anni 70 si è spinto al massimo l’ac-celeratore sulla necessità di certificare laqualità, risulta avere il maggior numero di

imprese certificate e un livello di qualitàpercepito dal mercato mediamente più bas-so di allora.A quel tempo la DGIII della U.E. incitavaalla massima trasparenza e indicava la Qua-lità come obiettivo principale da consegui-re e nel TQM la strada da percorrere se-guendo attentamente le normative ISO chene regolano la valutazione di prodotto, pro-cesso, organizzazione, sistemi. Di fronte alla necessità di competere nel mer-cato globale sono state sviluppate procedu-re, metodi strutture di certificazione, spessoburocratizzando in modo eccessivo il ricor-so alla certificazione, per cui le norme di ri-ferimento si connotano più come un obbli-go che come linee guida per aiutare le im-prese a raggiungere le opportunità offerte dalvantaggio competitivo della Qualità.Federmanager in questo profondo cambia-mento è stata coinvolta su entrambi i suoipilastri: la parte contrattuale e quella del-la difesa e sviluppo del valore delle com-petenze Manageriali. La parte contrattuale è sempre meno orien-tata alla continuità del rapporto, ma deveconsiderare tutte le condizioni iniziali e fi-nali per aumentare le garanzie iniziali di af-fidabilità reciproca e ridurre l’impatto eco-nomico e sociale delle uscite. Dall’altra parte si sta affrontando il pro-blema della difesa del valore managerialecon attenzione alle dovute misure per af-frontare la dinamica della flessibilità, ve-nute meno le scuole manageriali delle gran-di aziende, si sono dovuti sviluppare tuttigli strumenti per indirizzare e migliorarel’alta formazione continua. Il mercato del-la competenza si è trovato improvvisamenteuna disponibilità di risorse sempre più gio-vani e di conseguenza corre l’obbligo di

16y Le persone & Le competenze y

La certificazione delle competenze

>> Giuseppe BArAttO

Tem

a

FEDERMANAGER ha di recente «definito

e messo a punto operativamente un pro-

prio progetto di Certificazione delle com-

petenze dei propri rappresentati per poter

conseguire soprattutto due obiettivi:

•offrire ai dirigenti usciti non volontaria-

mente dal mercato del lavoro (o in solu-

zioni disagio) uno strumento/servizio in

grado di di valorizzare le loro professio-

nalità ed esperienze, validarle e rafforzare

la loro “spendibilità” su un mercato del la-

voro sempre più selettivo;

•offrire al variegato mondo delle imprese –

in particolare le PMI – un “serbatoio” di

profili manageriali effettivamente portato-

ri di competenze ed esperienze manage-

riali rispondenti alle loro attese».

[Federmanager, 09.2014]

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

consolidarne il valore con la loro certifica-zione. Ma come si può definire quali sono le com-petenze professionali e manageriali? Nel frattempo la «legge 14 gennaio 2013n. 4», ha definito la «professione non orga-nizzata in ordini o collegi» come «l’attivi-tà economica, anche organizzata, volta al-la prestazione di servizi o di opere a favo-re di terzi, esercitata abitualmente e preva-lentemente mediante lavoro intellettuale ocomunque con il concorso di questo”. La legge n. 4/2013 all’articolo 2 comma 1riafferma che la tutela del consumatore puòpassare attraverso le associazioni a caratte-re professionale di natura privatistica fon-date su base volontaria, senza alcun vin-colo di rappresentanza esclusiva, con il fi-ne di valorizzare le competenze degli as-sociati e garantire il rispetto delle regoledeontologiche agevolando la scelta e la tu-tela degli utenti nel rispetto delle regole sul-la concorrenzaQuale il ruolo per la Certificazione di FE-DERMANAGER che potenzialmente seguel’andamento della reale esigenza dell’utentee studia anche l’evoluzione del mercato glo-bale? FEDERMANAGER con Fondirigenti fi-nanzia e indirizza l’alta formazione conti-nua dei manager in funzione delle neces-sità di crescita delle imprese, ha sviluppa-to strumenti di valutazione per il bilanciodelle competenze, il passo successivo nonpuò che essere lo sviluppo di un sistema dicertificazione delle competenze che possasalvaguardare le PMI nella ricerca di ma-

nager con particolari requisiti.Se tutto questo è vero, FEDERMANAGER èla fonte primaria per la definizione di undisciplinare che consenta di utilizzare i cri-teri pe la identificazione e riconoscimentodelle competenze dei manager che si sot-topongono alla certificazione. La normativa in materia è ampia per aiuta-re a definire il sistema delle competenze :•UNI 11369:2010 - Guida per la classifi-

cazione dei consulenti di direzione in ba-se al sistema di competenze richiamatedalla stessa;

•UNI 10771:2003 - terminologia, classifi-cazione e requisiti minimi del servizio diconsulenza di direzione;

•UNI 11067:2003 - criteri, metodologie ecomportamenti per la realizzazione delservizio di consulenza di direzione (Ma-nagement Consulting);

•UNI 11166:2005 - linee guida per la scel-ta del consulente di direzione.

Il secondo elemento necessario è un Or-ganismo di Certificazione che, relativamentealla Certificazione delle persone, operi inconformità alla norma. L’Organismo di ter-za parte indipendente deve operare nel ri-spetto dei requisiti definiti dalle seguentinorme :•ISO/IEC 17021- Requisiti per gli organi-

smi che forniscono audit e certificazionedi sistemi di gestione;

•ISO/IEC 17024 - Requisiti generali per Or-ganismi che operano nella Certificazionedelle Persone.

E’ necessario inoltre che sia accreditato da

ACCREDIA (Ente Italiano di Accreditamen-to) per la Certificazione delle Persone se-condo la stessa norma ISO/IEC.L'accreditamento è una attestazione di ter-za parte (ACCREDIA) relativa ad un Orga-nismo di Certificazione che comporta la di-mostrazione formale della sua competen-za ad eseguire compiti specifici di valuta-zione della conformità.L’Organismo di Accreditamento fornisce su-pervisione degli Organismi di Certificazio-ne valutandoli secondo norme volontarieinternazionali quali ISO/IEC 17021, ISO/IES10724.Una volta definite tutte le regole del giocooccorre elaborare un processo che per lasua natura deve essere forte e affidabile inogni sua parte. Le fasi del processo con relative proceduresono: •la richiesta da parte del candidato;•il riesame della richiesta;•le fasi della valutazione;•la decisione relativa alla certificazione;•il mantenimento ed il rinnovo della certi-

ficazione;l’utilizzo di certificati e loghi/marchi è re-golato mediante ISO/IEC 17065 “Requisitiper organismi che certificano prodotti, pro-cessi e servizi”.E evidente che in un processo di questacomplessità FEDERMANAGER non si limi-ta a preparare questionari, griglie di valu-tazione, a individuare mediante l’esperien-za, la conoscenza e la competenza dei suoimanager il valore di ogni elemento, ma oc-corre predisporre con l’ente certificatoreuna scuola per gli assessor come avvienein APQI e in EFQM. Bisogna fare aggiorna-menti continui degli assessor e dei mana-ger con simulazioni di valutazione e cali-bratura della fase giudicante, con verifica econfronto dello stato dell’arte negli alti Pae-si e nelle best practices. Solo così il percorso della Certificazione,mettendo in campo esperti e competenti,potrà generare una spirale virtuosa per ri-durre il Gap competitivo generato soprat-tutto negli ultimi 20 anni.

y La certificazione delle competenze yTem

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GIuSEPPE BARATTOVice Presidente FEDERMANAGER SICDAI

probiviro AICQ-ci

[email protected]

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

IL TQM NELLASCUOLA? ERA ORA!

Il «dossier Education 2015» segue e cer-ca di supportare le importanti innova-

zioni che interessano la scuola italiana.Dopo il DPR 80 del 2013 (Regolamentoper il Sistema Nazionale di Valutazionedella scuola) - già ampiamente illustratonegli inserti Education della rivista Quali-tà del 2013 e 2014 - la direttiva 11 del 19settembre e la CM 47 dell’ottobre 2014

hanno delineato un percorso che dopo laprima triennalità (2014-2015, 2015-2016e 2016-2017) andrà a regime con le fasidi autovalutazione, miglioramento e ren-dicontazione sociale integrate in nuovomodus operandi.1

Non è mio compito illustrare nei dettagli ilmeccanismo con cui MIUR e INVALSI stan-no attuando l’importante riforma delineatacon i primi documenti operativi pubblicatinel sito del MIUR il 27 novembre 2014: ilformat per il RAV (Rapporto di autovaluta-zione), la Mappa degli indicatori e l’Inqua-dramento teorico del RAV. Lo faranno i bre-vi contributi che seguono.Da persone e associazione convinte che glistrumenti messi in campo dal Ministero me-ritino attenzione e sostegno il Settore na-

zionale “Education” di AICQ si è dato e si stadando da fare per affiancare le scuole con:•l’istituzione del GLSNV (Gruppo di lavo-

ro sistema nazionale di valutazione);•il manuale a cura del Settore nazionale

“Education” di AICQ, AUTOVALUTA-ZIONE MIGLIORAMENTO RENDICON-TAZIONE SOCIALE - UN MANUALE PERLE SCUOLE, PER I DOCENTI E PER I DI-RIGENTI, Maggioli Editore, aprile 2015;

•la costruzione del sito www.valutazione-scuole.it;

•non ultimo il convegno nazionale AICQ“Education” tenutosi a Torino il 20 feb-braio scorso2.

Il nostro consenso all’impresa della scuolaitaliana non può però essere privo di alcu-ne forti raccomandazioni e auspici:

>> Paolo SENNI GUIDOttI mAGNANI

dossier

EDUCATION 2015a cura del Settore AICQ - Education

y La Scuola & l’Education yD

ossi

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UCA

TIO

N 2

015

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

•che i tempi strettì previsti dalle circolarivengano rispettati (le scuole devono ap-prontare il primo RAV a giugno 2015);

•che le scuole ricevano i mezzi economi-ci e la formazione necessari perrealizza-re le innovazioni;

•che lo sviluppo scientifico e sperimenta-le del percorso sia trasparente e cultural-mente aperto a tutte le istanze della valu-tazione, autovalutazione, qualità e rendi-contazione presenti nel panorama italia-no e europeo;

•che la burocrazia non divori l’innovazio-ne e, come previsto dall’articolo 6 del DPR80, venga facilitato il contributo delle as-sociazioni professionali, dell’Università edelle reti di scuole.

I contributi del dossier descrivono la situa-zione, gli strumenti del processo innovati-vo in atto nell’ottica delle diffusione dellacultura della qualità che sa andare oltre isistemi canonici delle certificazioni. Vito In-fante e Simonetta Labanti inquadrano conprecisione e rigore la situazione del nuovoiter autovalutativo e di miglioramento e, congli strumenti provenienti dalle elaborazio-ni e ricerche della rete di scuole SIRQ diTorino, offrono spunti strategici per il mi-glioramento organizzativo e professionalein chiave TQM.Sheila Bombardi sottolinea un elemento che

tende a passare inosservato nella nuova pro-cedura auto valutativa MIUR-INVALSi peril RAV in atto nelle scuole: l’importanza eil peso dell’elemento qualitativo e narrativo-testuale.Nerino Arcangeli e Caterina Pasqualin bat-tono la strada dei fondamentali dell’auto-valutazione, il primo aprendo lo squarciodella scuola come comunità di comunità ela seconda individuandone gli elementi stra-tegici.Conclude l’inserto una nota di Roberta To-

si docente impegnata nell’applicazione diCAF-Education nella sua scuola - l’IIS su-periore Sabin di Bologna -, con un lavorogiunto alla terza annualità nell’ambito del-la rete di scuole AMICO di Bologna, sup-portata da AICQ Education Emilia Roma-gna, in cui si confrontano format RAV MIUR-INVALSI e CAF- Education indicandone ana-logie, differenze e punti in cui è possibilemigliorare il format MIUR-INVALSI per ilRAV.

n NOTE1 Occorre precisare che le innovazioni di cui si sta par-

lando non coincidono di per sé col disegno di legge in

discussione in Parlamento nell’ambito della cosiddetta

«Buona Scuola». Si tratta di un percorso di ammoder-

namento della scuola italiana per portarla a livelli eu-

ropei culminato nel citato DPR 80.

2 Il resoconto del convegno è a pagina 32 di questo nu-

mero della Rivista.

y La Scuola & l’Education yD

ossierED

UCA

TION

2015

19

PAOLO SENNI GuIDOTTI MAGNANIpresidente Settore “Education” di AICQ;

coordinatore GLSNV (Gruppo di lavoro sistema

nazionale di valutazione AICQ); collaboratore

USR ER; pubblicista in ambito pedagogico e

organizztivo, già dirigente scolastico e

ricercatore IRRE ER.

[email protected]

«PEER REVIEW»COME FATTORE DELCAMBIAMENTO

Un nuovo vento attraversa le aule dellescuole italiane: entro luglio di que-

st’anno ogni istituto dovrà effettuare un'au-tovalutazione secondo un modello (format)fornito dall’INVALSI (Istituto Nazionale perla Valutazione del servizio scolastico) unita-mente a un piano di miglioramento degliesiti e dei processi maggiormente carenti. A partire dall'anno prossimo nel 10% di es-se, di cui il 7% delle scuole scelto tra quellecon punteggio più basso e il restante cam-pione scelto in modo casuale, arriverà unteam di valutatori coordinati da un dirigente

tecnico. A questo processo di autovalutazio-ne e miglioramento sarà in qualche modo le-gata la retribuzione del dirigente scolasticoe, in prospettiva, di tutto il personale. Si tratta di una rivoluzione copernicana in unsistema di circa 8000 istituti che in alcuni ca-si hanno subito, a partire dal 2000, in segui-to alla concessione dell'autonomia, un’ ulte-riore deriva verso una sempre maggiore au-toreferenzialità. La realizzazione del ServizioNazionale di Valutazione (SNV) è partito damolto lontano: in particolare, dalle prime rac-comandazioni OCSE del 1998 sulla necessi-tà di mettere sotto controllo il sistema di istru-zione istituendo un sistema di valutazionenazionale indipendente e di mettere i risultatidelle verifiche a disposizione dei genitori edella comunità.Intorno al SNV si è sviluppato un ampio di-battito in particolare sulla coerenza tra que-sto sistema nazionale di valutazione, che sem-bra rimandare a un’impostazione centralisti-

ca, e la scuola dell’autonomia (DPR275/1999). Il tema è al centro dell’attenzio-ne delle politiche dell’istruzione, tanto che ilpercorso formativo dei nuovi dirigenti scola-stici è focalizzato sui temi della autovaluta-zione-valutazione.Qual è il cammino che devono percorrere lescuole?Partendo dall'analisi del contesto interno edesterno in cui operano, devono analizzare ipropri esiti (sulla base di indicatori e dati for-niti dal MIUR e dall'INVALSI, oltre che diquelli elaborati al proprio interno) avendo co-me riferimento criteri di qualità stringenti ri-spetto ai quali valutare gli scostamenti conuna scala da 1 a 7. In breve, la scuola devegarantire a tutti gli studenti il successo for-mativo e l'acquisizione delle competenze te-state nelle prove INVALSI, assicurare il rag-giungimento delle competenze di base e di cit-tadinanza e contribuire alla riuscita scolasti-ca e lavorativa degli allievi.

>> vito INFANtE, Simonetta lABANtI

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

Nel rapporto di autovalutazione (RAV) si usa-no per i criteri i verbi “garantire” e “assicu-rare”, che nel linguaggio della qualità han-no un significato chiaro e univoco. Ma garantire il successo di tutti e contempo-raneamente assicurare a tutti l'acquisizionedi competenze chiave e di cittadinanza so-no obiettivi alti e qualificanti che implicanotrasformazioni profonde nella cultura profes-sionale e nelle metodologie, e l'assunzionedei principi della qualità come riferimentoper l’azione. Oltre alla valutazione degli esi-ti è prevista anche quella dei corrispondentiprocessi, suddivisi in due gruppi: le pratichedidattiche ed educative e le pratiche orga-nizzativo gestionali. Nella prima area sono compresi i processirelativi alla definizione del curriculo, la pro-grammazione e la valutazione, l'ambiente dilavoro in classe e le metodologie, le attività diinclusione e l'orientamento. Nella seconda,i processi relativi alla gestione, alla leaders-hip, alla valorizzazione e formazione dellerisorse umane, le attività di orientamento e irapporti con le famiglie e il territorio.Ovviamente tutti questi processi sono colle-gati tra loro e con gli esiti. Da qui le triango-lazioni, i confronti e le letture incrociate deidati, per giungere a una visione globale del-lo stato di salute dell’istituto.A seconda della vicinanza alla situazione

ideale descritta dai criteri di qualità si attri-buisce un punteggio da 1 (situazione moltocritica) a 7 (situazione ottimale). Si ottiene intal modo un profilo come quello di figura 1,da cui è facile trarre una visione d'insiemesull’andamento dell’istituto.Una volta analizzati esiti e processi e indivi-duate le cause delle criticità, la scuola devestilare un piano di miglioramento da pubbli-care sul sito e inviare all'USR competente. Al termine del terzo anno, realizzato il pianodi miglioramento, il processo deve conclu-dersi con una rendicontazione sociale.Non è semplice passare dall’autovalutazio-ne al miglioramento! Nell’individuare il percorso di miglioramen-to una modalità comune a molte scuole èquella di passare direttamente e velocemen-te alla pianificazione del miglioramento, sen-za un’approfondita valutazione delle causee dei fattori in gioco.Occorre individuare ed analizzare l’incidenzadelle cause e non fermarsi ai ragionamenti piùsemplici. Vediamo un esempio da evitare:

1. Il Consiglio di classe rileva risultati in-soddisfacenti.

2. L’unica causa individuata è: l’allievo nonstudia.

3. La soluzione: deve essere stimolato a stu-diare di più.

Spesso le cause sono molto più complesse erichiedono uno studio molto attento con rac-colta di dati, verifica di ipotesi e applicazio-ne degli strumenti della qualità per l’analisi eil miglioramento. Nella ricerca delle causepossono venire in aiuto strumenti caratteri-stici della qualità: raccolta dati, statistiche, al-bero delle cause, diagramma CEDAC1. Nella scelta degli interventi risulta utilissimoanche per le scuole il criterio di Paretodell’80/20; come metodologia efficace per ilmiglioramento il ciclo PDCA. Per allargarel’area del consenso sulle azioni di migliora-mento da parte dei docenti e dei genitori ri-sultano fondamentali i principi generali delTQM: la centralità del cliente e delle perso-ne, il coinvolgimento delle persone...2

Il miglioramento non è una conseguenza im-mediata dell’autovalutazione: occorre vin-cere l’inerzia innata di ogni organizzazione. Per capire come le scuole cambiano e mi-gliorano la rete SIRQ ha organizzato i forumdi Stresa, coinvolgendo studiosi da ogni par-te d’Italia. La ricerca ha coinvolto anche 80scuole ed ha evidenziato una serie di fattoriinterni ed esterni necessari per promuovereil cambiamento. Ecco una sintesi3:1. Un input interno o esterno (da parte di

leader, stakeholder, Enti Locali, reti…);2. Un funzionigramma ad hoc;3. Il clima e la condivisione interna; 4. La formazione, la ricerca, l’aggiornamen-

to;5. Le risorse necessarie e i supporti;6. Un sistema di riconoscimenti e incentivi;7. Un uso di appropriate strategie;8. Un sistema di monitoraggio e controllo;9. Esperienze di «peer review» in rete.E infine…le persone!Le strategie più condivise sono risultate: «da-re il senso di urgenza; scegliere obiettivi rag-giungibili; raggiungere i primi risultati nel bre-ve periodo; ragionare per evidenze e dati difatto».

La «peer review» come fattoredel cambiamentoAnche la «valutazione tra pari» è risultata unimportante fattore di cambiamento. Sono or-

mai un centinaio le istituzioni scolastiche chein molte regioni d’Italia4 stanno sperimen-tando in modo sistematico la metodologiadella «peer review»5, nell’ambito delle atti-vità di certificazione del Marchio SAPERI, eil loro numero è in continuo aumento. Dagli auditor esterni (peer) le scuole ricevo-no come feedback una valutazione indipen-dente, qualificata, con suggerimenti sui pos-sibili miglioramenti. Il processo condotto con la metodologia del-la «peer review» è complesso e si articola indiverse fasi: analisi dei documenti, valuta-zione della relazione dell’istituto, audit sulposto. E’ inoltre previsto lo svolgimento di in-terviste ai responsabili della scuola, secondoun piano di audit concordato, l’esame degliesiti interni e dei risultati delle prove INVALSI,la continuità verticale e orizzontale all’inter-no e con le altre scuole6. L’audit esterno mette le componenti scolasti-che in contatto con esperti che conoscono afondo la scuola e la qualità, possono fornireuno stimolo e una motivazione forti verso ilmiglioramento (benchlearning) e favorire for-me di comparazione positiva tra le scuole chesono messe nelle condizioni di confrontarsie migliorare insieme.Il compito degli auditor (i pari) è quello dicontribuire ad avviare all’interno degli istitu-ti cicli virtuosi di controllo, pianificazione emiglioramento (ciclo di Deming, PDCA). Laverifica esterna porta a un confronto sul rap-porto tra il dichiarato e l’agito e tra servizierogati e percezione esterna. La «peer review» presenta aspetti positivi ge-nerali:•promuove un riesame interno dei processi

didattici e amministrativi di una scuola;•permette un confronto esterno con pari op-

portunamente formati;•garantisce un percorso di autovalutazione

non autoreferenziale;•può coinvolgere gli stakeholder in una nuo-

va forma di governance della scuola; •ha costi accessibili con tariffe da CCNL, ta-

rati sulle risorse della scuola.All’interno delle scuole la «peer review»:•contribuisce allo sviluppo delle attività di

auto-valutazione;•sostiene le iniziative di miglioramento e ren-

dicontazione sociale; •porta alla formazione di figure professiona-

li di supporto (esperti in autovalutazione,auditor interni ed esterni, tutor);

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•motiva le scuole e produce un riconosci-mento del lavoro svolto;

•contribuisce a far conoscere e a diffonderele buone pratiche esistenti;

•promuove la formazione del personale, lasperimentazione e la ricerca finalizzata.

Per il coordinamento delle attività relative al-la diffusione della qualità nelle scuole, l’USRPiemonte ha istituito un Centro di Docu-mentazione per la Qualità e l’Eccellenza dis-taccando un docente per il suo funziona-mento. Il Centro coordina a livello naziona-le, esperienze di «peer review» nell’ambitodelle certificazioni SAPERI. Nel progetto ècoinvolta anche AICQ Piemontese come part-ner e componente del Comitato interistitu-zionale di controllo7.«Peer review» e valutazione formativa deidocentiVisto il successo della metodologia «peer re-view» sperimentata sull'intero istituto, ungruppo di esperti SIRQ sta studiando gli stru-menti per migliorare l’insegnamento sia at-traverso un processo di autovalutazione for-mativo finalizzato al miglioramento, sia at-traverso audit tra pari («peer review»). Il grup-po di ricerca confida che la metodologia SA-PERI («peer review») applicata alla docen-za, possa ottenere lo stesso consenso che haricevuto da parte degli istituti. Il progetto è in fase avanzata ed è in corso lavalidazione degli strumenti elaborati, con ilcoinvolgimento di 40 docenti di scuole di or-dine diverso.Cambiamento e miglioramentoIl cambiamento e il miglioramento sono spes-so assimilati e confusi ma non sono la stessacosa: il miglioramento è solo una parte di tut-ti i cambiamenti possibili. I tempi e le modalità dl cambiamento sonouna caratteristica specifica di ogni organiz-zazione. Nel caso di una scuola l’innovazio-

ne prima coinvolge poche persone o pocheclassi e solo in seguito si registra l’azione didiffusione a tutto il sistema. Fondamentali sono la valutazione esterna e larendicontazione alle parti coinvolte. Il processo di diffusione dell’innovazione spe-rimentato in molte scuole si può rappresen-tare con una curva a “S”, come quella cheregola la moltiplicazione dei girini in uno sta-gno: dapprima sono in pochi ad aderire, poisi mette in moto un processo tumultuoso dicrescita e infine si ha un ulteriore rallenta-mento, nell’attesa di un successivo cambia-mento. Ma occorre tenere conto dei fattoriindividuali. Le nostre esperienze ci hanno in-segnato che ogni scuola ha una propria sto-ria e una propria dinamica evolutiva. Inter-venti simili su scuole diverse ottengono spes-so risultati diversi. Il cambiamento di una scuola può essere in-terpretato come quello di un organismo vi-vente che si muove su una curva che rap-presenta il suo ciclo di vita! Può attraversarepiù stadi evolutivi e le strategie di interventoper il miglioramento dipendono dallo statoin cui si trova il sistema in quel particolaremomento. Cambiamento e conflittiNei processi di cambiamento nascono spes-so conflitti, ma la cultura e i principi dellaqualità possono contribuire a creare le con-dizioni per coinvolgere le persone nel pro-cesso di miglioramento del sistema. L’esperienza nazionale del Marchio SAPERI edella valutazione tra pari, svolta avendo AICQPiemontese tra i partner del Comitato interi-stituzionale di controllo, ha dimostrato l’im-portanza degli stakeholder per l’avvio di iti-nerari innovativi di valutazione e migliora-mento. Il percorso oggi avviato dal SNV può diven-tare un'opportunità di crescita professionale

permettendo alle scuole di uscire dall’auto-referenzialità. L’auspicio è che non si trasfor-mi in un’occasione persa e in un puro e sem-plice adempimento burocratico,Per questo motivo l’audit esterno previsto dalSNV (solo) per il 10% delle scuole all’annopuò essere integrato efficacemente, a livellodelle diverse regioni, con esperienze di au-dit formativi con la metodologia della «peerreview». In ogni caso, il contributo di AICQ, deposi-taria dei valori e della cultura della Qualità,può essere molto importante.

n NOTE1 CEDAC è l’acronimo di Cause Effect Diagram with Ad-

ditional Cards (Diagramma causa-effetto con aggiunta

di cartellini)

2 A questo proposito è utile consultare il volume: Settore

Nazionale AICQ Education (a cura di), AUTOVALUTA-

ZIONE MIGLIORAMENTO RENDICONTAZIONE SO-

CIALE - UN MANUALE PER LE SCUOLE, PER I DOCEN-

TI E PER I DIRIGENTI, Maggioli Editore, aprile 2015.

3 V. pubblicazione SIRQ “Le scuole come cambiano,

come migliorano” di V. Infante, G. Ansaldi Fresia, A.

Di Costanzo, R. Discanno, V. Vergnano – ed Tecnodid

– inserto a Notizie della scuola n 5/6 ottobre 2014.

4 Le scuole appartengono alle regioni: Piemonte, Lom-

bardia, Trentino, Emilia Romagna, Lazio, Abruzzo,

Marche, Puglia, Campania, Sardegna.

5 «peer review»: metodologia che prevede la valutazio-

ne esterna dell’organizzazione realizzata con l’inter-

vento di team di valutatori costituiti con dirigenti, do-

centi e ata di altre scuole opportunamente formati.

6 Vedi il “disciplinare SAPERI” in www.marchiosaperi.it.

7 Il Comitato Interistituzionale di controllo del Marchio

SAPERI è stato nominato nel 2007 dal Direttore Gene-

rale dell’USR Piemonte. Ha il compito di vigilare sulle

procedure e sugli esiti delle verifiche per la concessio-

ne del Marchio SAPERI sulle scuole (metodologia

«peer review»).

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vITO INFANTEResponsabile Centro Documentazione Qualità,

Eccellenza, Marchio SAPERI dell’USR Piemonte

Presidente SIRQ - Rete di scuole per la qualità

[email protected]

SIMONETTA LABANTIComitato Tecnico Scientifico

Centro Documentazione Qualità, Eccellenza,

Marchio SAPERI USR Piemonte

V. Presidente SIRQ - Rete di scuole per

la qualità

[email protected]

Esiti e processi 1 2 3 4 5 6 7

Risultati scolastici

Risultati INVALSI

Competenze chiave e di cittadinanza

Risultati a distanza

Curriculo, progettazione e valutazione

Ambiente di apprendimento

Inclusione e differenziazione

Continuità e orientamento

Strategia e organizzazione

Sviluppo e valorizzazione delle risorse umane

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LE DIMENSIONEQUALITATIVEDEL RAV

Dimensioni inscindibiliNel format MIUR-INVALSI del RAV coesisto-no e si contemperano due dimensioni, defi-nibili quantitativa e qualitativa: •quella dei dati - la fotografia dei fatti, con

l’inquadratura decisa da un soggetto esternoche deve, per forza di cose, standardizzaree semplificare - e

•quella identitaria, con la narrazione, ancheimplicita, di valori e di storia, con la descri-zione e l’analisi delle situazioni, con l’argo-mentazione di diagnosi, collegamenti, in-terrogativi, con l’espressione di giudizi, conla comunicazione della propria imposta-zione etica e deontologica.

Tale seconda dimensione esplicativa testualeè fondamentale. Pur essendo saldamente de-rivata e ancorata all’oggettività delle eviden-ze (dimensione statistico-quantitativa), è que-sto lo spazio di vera riflessione e di interpre-tazione autentica e, per questo motivo, spet-ta interamente e esclusivamente alla scuola,unico soggetto in grado di fornire senso e si-gnificato a tutta l’attività valutativa.Il RAV si sviluppa in una sequenza prefissatadi sezioni e aree, la cui successione è tesa aindirizzare e uniformare in tutte le scuole ilfilo del ragionamento autodiagnostico (se-condo un modello di riferimento aggiornatonegli anni da INVALSI attraverso successivesperimentazioni e consultazioni1), provvistedi elementi quantitativi2. Nell’ambito delle indicazioni e delle strettoiedel format, la scuola ha il “diritto-dovere” discegliere il proprio soggettivo punto di equili-brio tra l’attenzione alla dimensione quantita-tiva/informativa e a quella narrativa3. Il risul-tato atteso è la produzione di una settantina dibrevi testi, collegabili e intrecciabili tra loro;sono bloccati - al massimo 1.500 caratteri, peri singoli punti di forza e di debolezza, e a 2.000per le argomentazioni dei giudizi che le scuo-le si assegnano nelle varie sezioni - non soloper un’esigenza di sintesi, quanto e soprattut-to per indurre a fare delle scelte.

Campi aperti nel format: gli spazi della di-mensione qualitativa testualeNel RAV gli spazi per esplicitare specificità,situazioni, analisi, commenti e giudizi sono: 1. le opportunità e i vincoli derivanti dalle

condizioni di contesto in cui si opera;2. i punti di forza e di debolezza nelle se-

zioni «esiti» [2] e «processi» [3] (parte pre-valutativa), con un più ampio ambito didiscrezionalità per le competenze chiave edi cittadinanza [sezione 2, area 3];

3. le motivazioni del giudizio assegnato inogni rubrica di valutazione delle sezioni«esiti» e «processi»;

4. la valorizzazione delle proprie eventualiesperienze pregresse e il giudizio sull’au-

tovalutazione in corso [sezione 4];5. la motivazione delle priorità: decisioni di

fondo e processi sui quali si deve interve-nire [sezione 5].

Alle scuole oggi è dunque richiesto di attivar-si, nell’arco di un breve periodo4, in un nuo-vo percorso analitico e diagnostico (un vero esostanziale processo sovra-organizzativo), maè altresì richiesto di curarne allo stesso tempola registrazione nel RAV, che da documento dilavoro a uso interno diviene anche un docu-mento comunicativo formale che, anche nel-l’ottica della sua possibile pubblicazione ecomparazione, richiede una specifica cura re-dazionale. Le fasi di lavorazione sono in unasequenza non invertibile; fatta eccezione perquella parte di scuole che, avendo già espe-rienza e informazioni da pregressi progetti au-to-valutativi, hanno già chiare le traiettorie delmiglioramento atteso, per tutte le altre scuo-le la dimensione esplicativa/testuale può essereaffrontata solo in seguito all’analisi delle evi-denze (indicatori SNV, statistiche interne, com-parazione relativa con altri istituti simili, ecc.),in una forte circolarità tra il dato, la sua inter-pretazione e le decisioni conseguenti. Tra lemolte indicazioni possibili5, ecco alcuni pas-saggi da tenere presente per affrontare con-cretamente la redazione del Rapporto.Fare delle scelteIn un lasso di tempo a disposizione relativa-mente limitato, e dopo aver individuato le mo-dalità di organizzazione e distribuzione in-terna del lavoro auto-valutativo, sarebbe im-portante focalizzare l’impegno dell’Unità diautovalutazione solo sugli ambiti consideratifondamentali e maggiormente rilevanti. Il format, risultato delle scelte teoriche pro-gressivamente emerse a livello centrale6, ri-

chiama – dovendo essere unitario e uniforme- tutte le moltissime variabili osservabili7; ma,siccome ogni scuola è una realtà ed è quellala realtà che deve imporsi e risaltare, è ne-cessario stabilire in ogni scuola il perimetroidentitario dei temi di interesse, che non pos-sono essere tutti o molti. E’ necessario faredelle scelte. Ponendo attenzione sia alla co-erenza intrinseca che il documento deve ave-re, sia alla comprensibilità all’esterno, il ri-sultato da perseguire sarebbe un rapporto diricerca capace di indirizzare con chiarezzagli sforzi di miglioramento e di innovazione. Le rilevanze delle parti qualitative (narrativee testuali)Sezione 1: le opportunità e i vincoli derivan-ti dalle condizioni di contesto in cui si opera. Nel modello si parte dalle risorse che, in ac-cezione ampia, comprendono tutti i fattoriche influiscono sull’attività e sugli esiti dellascuola: struttura sociale e economica del ter-ritorio, capitale sociale e relazionale dellascuola (in collegamento alla sezione 3 “Pro-cessi”, B “Pratiche gestionali e organizzative”,area 7 “Integrazione con il territorio e rap-porto con le famiglie”), opportunità educati-ve e formative, risorse economiche e mate-riali e la risorsa fornita dalla professionalitàdelle persone che “fanno” la scuola. Rilevanza nell’autovalutazioneLa sezione, che potrebbe apparire semplice-mente descrittiva, contempla due aspetti par-ticolarmente rilevanti: nell’area1.4 “Risorseprofessionali” la qualità del personale, in ter-mini di profilo, esperienza e conoscenze/com-petenze, pur non comportando alcuna valu-tazione, richiede uno sforzo esplicativo perdare conto della fisionomia e del valore del-la comunità professionalee delle sue oppor-tunità/potenzialità (in collegamento con l’a-rea 3.6 “Sviluppo e valorizzazione delle ri-sorse umane”); le aree 1.2 e 1.3 aprono lapossibilità di spiegare se e quanto le parti in-teressate - decisori politici, amministrazionescolastica, enti locali e regioni, istituzioni, fa-miglie, organismi sussidiari - offrano oppor-tunità di crescita o rappresentino un vincoloagli obiettivi della scuola (in collegamento aipunti di forza e debolezza negli esiti nella se-zione 2). Tutti gli attori in gioco potranno sen-tirsi qui coinvolti rispetto agli esiti - siano es-si positivi, siano essi deboli - per ciò che han-no fatto o per quanto avrebbero potuto farediversamente.Sezioni 2 e 3: l’esplicitazione dei punti di for-

>> Sheila BOmBArDI

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za e debolezza degli esiti [sezione 2] e deiprocessi educativi e organizzativi [sezione 3].Al centro della prospettiva teorica del formatsono posti gli «esiti» di apprendimento, cioèlo spettro dei risultati corrispondenti alle atte-se costituzionali e alle responsabilità primariedella scuola, sul livello dei quali le scuole sidevono interrogare; gli indicatori - più o me-no congruenti rispetto alla specificità di ogniscuola - non danno di per sé risposte, anzi in-terrogano: richiedono analisi, interpretazioni,spiegazioni. Si parte dalla misurazione perelaborare una analisi del processo che spieghii risultati (in diversa scala di aggregazione).Redigere i testi nelle sezioni 2 (dalle aree 2.1a 2.4) e 3 (dalle aree 3.1 a 3.7) implica entra-re nel vivo della ricerca, con un lavoro - nonfacile - di sintesi di riflessioni complesse (levariabili in campo e in interconnessione sonomolte e non lineari) e di traduzione in termi-ni comprensibili e, almeno a tendere, acces-sibili a tutta la comunità scolastica. Le domande guida per i punti di forza e de-bolezza (utili anche per reperire gli indicato-ri elaborati dalle singole scuole) sono pensa-te e offerte dal format per orientare le comu-nità scolastiche e le unità di valutazione, mapossono non essere utilizzate - molte scuoleitaliane hanno già proprie capacità di pen-siero problematico, logico, ipotetico - e sosti-tuite con altri interrogativi.Rilevanza nell’autovalutazione Si tratta del nucleo della ricerca autovalutati-va, che ha una rilevanza sostanziale anchesuperiore alla conseguente assegnazione diun livello nella scala delle rubriche8. Tra i di-versi possibili punti di debolezza identifica-bili, è proprio in queste parti argomentativeche si vedranno via via emergere le relazionitra i processi, le priorità (e traguardi di lungoperiodo nella sezione 5 “Individuazione del-le priorità”), che non potranno che scaturiredalle argomentazioni in queste due sezioniesposte. Ovviamente i testi esplicativi do-vranno riferirsi, oltre ai criteri di qualità, aiprincipi trasversali di equità, qualità, parteci-pazione e differenziazione, individuati comecardini del processo formativo.Sezioni 2 e 3: l’esplicitazione delle motiva-zioni del giudizio nelle 11 rubriche relative agliesiti e ai processi educativi e organizzativi, afronte della scelta di collocarsi in uno dei 7livelli (4 descritti e 3 intermedi, puntualiz-zando le eventuali difficoltà di attribuzione).A supporto delle Unità di autovalutazione, so-

no indicati alcuni criteri volti a definire la qua-lità dell’argomentazione (nonché la qualitàdocumentale complessiva del rapporto stes-so e, quindi, la qualità sostanziale del pro-cesso auto-valutativo sottostante, di cui il rap-porto è solo una sintesi formale):•completezza, in relazione al maggiore o mi-

nore ricorso ai dati quantitativi; •accuratezza, livello di comparazione con i

valori di riferimento (se disponibili9);•analiticità, desumibile dal livello di appro-

fondimento nell’argomentare il livello di giu-dizio attribuito (dalla mera elencazione dievidenze e fatti, alla descrizione di proces-si, all’interpretazione e indicazione delle re-lazioni e degli elementi di complessità).

Rilevanza nell’autovalutazione

La compilazione di questo campo è legata ecoerente con i punti di forza e debolezza espo-sti e chiarisce le ragioni della collocazione inun livello. In una valutazione che intende es-sere formativa e volta all’apprendimento or-ganizzativo, non si tratta di simulare un voto- non ci sono verdetti, sanzioni e graduatorie- bensì di utilizzare termini di misurazione re-lativa, univoci e chiari da comprendere, dacondividere e da comparare all’interno dellacomunità professionale. Sezione 4: il giudizio sull’autovalutazione incorso da esprimere nelle aree 4.2 e 4.3 e la va-lorizzazione delle proprie eventuali «prati-che» e esperienze pregresse nell’area 4.5.Rilevanza nell’autovalutazione

In un’ottica costruttiva per il sistema, dichia-rare problemi e difficoltà (di vario genere) èutile per chi coordina il SNV per correggere eassestare la propria azione futura (rispetto acontenuti, modalità, tempi del processo di au-tovalutazione). L’area 4.5 consente di far com-prendere all’esterno (anche ai ricercatori e ainuclei esterni) quanto la singola istituzionescolastica abbia già saputo autonomamenteinterrogarsi e rafforzarsi in passato con altreforme valutative volontarie, precorrendo lenorme.Sezione 5: la motivazione delle priorità iden-tificate nell’ambito degli esiti.In questa sezione finale si riporta la sintesi co-erente e concludente di tutte le riflessioni espo-ste nelle sezioni precedenti. Rilevanza nell’autovalutazione

Questa parte costituisce il fondamento es-senziale del piano di lavoro per gli anni suc-cessivi ed è la prima mossa verso il migliora-mento (il documento analitico formale deno-

minato “Piano di miglioramento” sarà defini-to successivamente, nell’anno scolastico2016/2017, ma l’azione di miglioramento vaintesa come tempestiva e continuativa).In particolare: disegna la prospettiva a mediotermine, condiziona e dà forma al piano trien-nale10, orienta pertanto i fabbisogni e le scel-te di formazione continua in servizio dei do-centi11 (coerenti con le mete perseguite), inol-tre è una base per i risultati attesi dal DS nel-la prossima valutazione dirigenziale.

n NOTE1 Inquadramento teorico del RAv, Invalsi, 2014, pag. 5

e nota 7.

2 Indicatori e descrittori sono individuati a monte e forni-

ti da SNV attraverso la piattaforma (vedi “Mappa degli

indicatori per il RAV” e “Scuola in chiaro”).

3 Il termine “narrativo” è qui è usato in senso ampio; i

testi saranno argomentativi, descrittivi, espositivi, ecc.

4 Di fatto, una decina di settimane, da fine aprile – quan-

do disponibili i benchmark - a luglio.

5 “Guida all’autovalutazione”, MIUR–Invalsi 2014;

“Orientamenti per l’elaborazione del Rapporto di Au-

tovalutazione”, MIUR, Prot. 1738/2015

6 Il D.Lgs. n. 213/2009 assegna a Invalsi il compito di

studiare modelli e metodologie per la valutazione delle

istituzioni scolastiche e formative.

7 Nel RAV sono richiamati 49 indicatori (oltre a quelli fa-

coltativi) e circa 100 relativi descrittori.

8 Per ogni area le scuole devono esprimere un giudizio

corrispondente a una situazione. La scala va da “situa-

zione molto critica” [1] a “situazione eccellente” [7]. Le

situazioni 1, 3, 5 e 7 sono descritte analiticamente. Le

situazioni 2, 4 e 6 possono utilizzare elementi delle si-

tuazioni che precedono e che seguono.

9 E’ possibile che non tutti gli indicatori siano disponibili

e quantificati nella piattaforma SNV o che per alcuni

non sia possibile la comparazione.

10Triennalità del ciclo SNV e dell’eventuale piano trien-

nale di cui all’articolo 2 del disegno di legge di riforma

del sistema nazionale di istruzione e formazione.

11La formazione continua è prossima a diventare obbli-

gatoria, permanente e strutturale.

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ShEILA BOMBARDI auditor Marchio SAPERI e ISO; valutatore

esterno VM; consulente istituzioni scolastiche

su organizzazione e valutazione; componente

Comitato di valutazione sistema educativo

Provincia Trento; consigliere Fondazione per la

Scuola Torino; AICQ Education Piemontese,

componente GL-SNV.

[email protected]

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AUTOVALUTAzIONECOME RISORSA

Il contributo degli studi sulla “Scuola-Comunità”

The self-assessment process, that eachautonomous educational institution iscalled to do on the basis of the RAV (Re-port Self-Assessment), involves the who-le school community and the area inwhich the school lives. Self-assessmentis a stimulus to continued reflection ofthe "school - community" on the "qua-lity" of the service provided, and thusbecomes a "resource" for all the people,living in the "school - community" andin the territory. The study emphasizes thesignificance of the self-assessment pro-cess, aimed at continuously improvingthe "welfare" and "identity" of the"school-community", and so are the fol-lowing:1. the model of "Thomas Sergiovanni":

the school as a "community of com-munities";

2. the "quality" of the school: term in-tegrated vision of individual and com-munity;

3.self-evaluation: a resource for perso-nal well-being and community;

4. the first step in promoting the well-being: construction of shared mea-nings;

5. the model of "William Glasser": "qua-lity of the school" = "quality of rela-tionships";

6. the school: principle institution of "re-lationships" and "caring".

Il processo di autovalutazione, che ogni isti-tuzione scolastica autonoma è oggi chia-mata a compiere sulla base del RAv (Rap-porto di Auto-Valutazione)1, interpella e co-involge tutta la comunità scolastica ed il ter-ritorio, in cui la scuola stessa vive, in cui sialimenta e con cui interagisce come “risor-sa”. L’autovalutazione si configura comeuno stimolo alla riflessione continua della“scuola - comunità” sulla “qualità” del pro-

prio servizio erogato e si sviluppa nelle quat-tro dimensioni di una attenta analisi del pro-prio “dichiarato” (POF), del proprio “per-cepito” (Costumer Satisfaction), del proprio“pensato” (rappresentazioni personali e dicomunità) e del proprio “agito” (esiti e da-ti di realtà). La molteplice ripetitività delprecedente aggettivo “proprio” intende sot-tolineare il significato unico, esclusivo edoriginale del processo di autovalutazioneper quella determinata “scuola-comunità”,la sola che può trarre beneficio ed utilità inquesto processo, finalizzandolo al miglio-ramento continuo di sé, come “comunità”,del proprio “benessere” e, quindi, della pro-pria “identità”. In tal senso l’autovalutazione diventa e simanifesta come una “risorsa” per tutte lepersone, che vivono direttamente e quoti-dianamente nella “scuola - comunità” e perquelle vivono nel territorio servito dallascuola.Questo saggio, che si propone di intercet-tare e di focalizzare il bisogno degli opera-tori scolastici, degli utenti (famiglie e stu-denti) e degli stakeholder (persone interes-sate) di scoprire e di vivere pienamente ilsignificato della autovalutazione come una“risorsa” personale e di comunità, all’inter-no della “scuola-comunità”, si articola inqueste specifiche prospettive:1. Il modello di “Thomas Sergiovanni”: la

scuola come “comunità di comunità”;2. La “qualità” della scuola: espressione in-

tegrata delle vision individuali e di co-munità;

3. L’autovalutazione: una risorsa per il be-nessere personale e di comunità;

4. Il primo passo per promuovere il benes-sere: costruzione di significati condivi-si;

5. Il modello di “Wiliam Glasser”: “quali-tà della scuola” = “qualità delle rela-zioni”

6. La scuola: istituzione principe delle “re-lazioni” e del “prendersi cura”;

1. Il modello di “Thomas Sergiovanni”: lascuola come “comunità di comunità”

La concezione di “scuola-comunità”, in par-ticolare il modello di Thomas Sergiovanni2,valorizza ed enfatizza le diverse “comuni-tà” che la costituiscono. La “scuola-comu-nità”, infatti, è contemporaneamente (sem-pre) ed integralmente (in ogni sua dimen-

sione) una comunità di apprendimento, disviluppo professionale, di cura, di inclu-sione, di ricerca, di relazione e di creativi-tà. Tutti i soggetti presenti nella “scuola-co-munità” contribuiscono direttamente conla qualità della loro partecipazione e delleloro relazioni a costruirla di giorno in gior-no, nelle azioni della quotidianità, e, me-diante una progettualità condivisa ed unagestione cooperativa, la orientano e la gui-dano nel suo evolversi ed innovarsi nel tem-po. L’“esperienza quotidiana del tem-po”3,vissuto insieme nella “scuola-comu-nità” si configura, quindi, come la “condi-zione della possibilità” della istituzione sco-lastica autonoma di divenire costantemen-te e progressivamente una “scuola-comu-nità”.

2. La “qualità” della scuola: espressioneintegrata delle vision individuali e di co-munità

Nel momento stesso, quindi, in cui la “scuo-la-comunità” attiva intenzionalmente deiprocessi di autovalutazione e/o di valuta-zione esterna, attinge più o meno consa-pevolmente alla “risorsa” essenziale e prio-ritaria, che può permettere agli operatori edagli utenti di vivere meglio. L’essenza del-la qualità della vita di una “scuola-comu-nità” e la realizzazione di un clima di be-nessere, ecologicamente (per l’armonia del-l’essere di ogni persona) ed eticamente (perl’assunzione delle responsabilità individuali)sostenibili, vengono promossi, costruiti evissuti quotidianamente da studenti, famiglieed operatori mediante le loro rappresenta-zioni sociali ed i loro comportamenti. Ogniscuola, così, co-costruisce, nel tempo del-la “quotidianità” e nella concretezza prag-matica della “necessità” contingente, unaeffettiva integrazione delle vision (visioni –rappresentazioni mentali e sociali) indivi-duali e della intera comunità. Tale integra-zione delle vision e dei comportamenti in-dividuali, per alcuni tratti chiaramente espli-cita ed in larga parte implicita, orienta, in-vera e governa la “qualità” del servizio ero-gato dalla scuola, andando oltre, superan-do l’esistenza di un Sistema di Gestione perla Qualità (SGQ) e/o di un Manuale dellaQualità e/o di un obbligo istituzionale dielaborazione di un RAV (Rapporto di Auto-Valutazione).Il processo di autovalutazione, quindi, an-

>> Nerino ArCANGElI

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che se non viene formalmente codificatoall’interno di Sistemi di Gestione per laQualità (SGQ), ha tuttavia un respiro vita-le di condivisione di rappresentazioni e im-mette nel sistema-scuola l’energia coope-rativa di comportamenti comuni che lo col-loca, comunque, all’interno di una culturadella “qualità totale”. La “qualità totale”non è, infatti, data automaticamente dallaimplementazione di un determinato SGQe/o dalla elaborazione di un RAV, ma è sem-pre e solo direttamente corrispondente al-la “qualità reale delle relazioni” e del “be-nessere” personalmente sperimentata al-l’interno di una organizzazione. Lo “starebene” nella “scuola-comunità”4 si vive e sirealizza nella quotidianità delle aule, dellesale insegnanti, degli ingressi, della biblio-teca, dei laboratori, dei corridoi, dei corti-li e di ogni altro luogo dell’edificio scola-stico, quando la partecipazione reale e mo-tivata di tutti i soggetti interessati diventa in-tegrale e pervasiva, quando gli studenti so-no aiutati a condividere le molteplici espe-rienze culturali di provenienza, valorizzandole diversità, e quando l’oggi viene letto edelaborato nell’analisi comparata tra i datidella propria scuola e quelli delle scuole si-mili, con un confronto critico tra passato efuturo, tra memoria e progetto. Nella “scuo-la-comunità” che si autovaluta non si enun-ciano, ma si vivono, momenti, modelli, azio-ni ed interventi significativi di cittadinanzaattiva e di coinvolgimento diretto delle per-sone, per cui l’autovalutazione promuove

concretamente lo “stare bene” ed il “vive-re meglio” a scuola.

3. L’autovalutazione: una risorsa per il be-nessere personale e di comunità

Il processo di autovalutazione si focalizzasulle concrete modalità di vita e di gestio-ne della “scuola-comunità”, sulle pratichedi elaborazione del POF, del Curricolo diIstituto e del Patto Educativo di Correspon-sabilità ed in tal senso questo processo su-scita indubbiamente interesse.La storia di ogni “scuola-comunità” può di-ventare decisamente avvincente, se, duranteil processo di autovalutazione, nuove e sti-molanti motivazioni animano e incorag-giano le persone ad abbracciare e vivere ilmodello partecipativo della cooperazionenei loro luoghi di vita e di lavoro, quindianche nella comunità scolastica. Il processo di autovalutazione è motivatoe si alimenta con la naturale ed ecologicainterdipendenza positiva delle persone, chevivono un senso comune e solidaristico di“appartenenza” ad una “comunità”. Le per-sone potranno, così, sperimentare la sco-perta di aspetti della propria scuola mai inprecedenza percepiti, potranno individua-re ulteriori significati ed inattese energie,immergendosi con autenticità nella quoti-dianità delle relazioni e potranno iniziarea scrivere la loro nuova storia personale divita e di lavoro. Ma come concretizzare questa sensibilitàpro-sociale?

4. Il primo passo per promuovere il be-nessere: costruzione di significati con-divisi

E’ questo l’aspetto più delicato in ordine al-la promozione del proprio benessere e del-la propria salute psico-sociale. Il primo pas-so è costituito dalla costruzione di allean-ze di sensibilità di piccolissimo e/o di pic-colo gruppo, in cui condividere, elaboraree maturare idee, convinzioni e valori, perpoi esprimere azioni, anche minime, ma dialta qualità sotto il profilo del significato edel simbolo. La comunità scolastica è es-senzialmente luogo di relazioni, per cui sipresenta assai sensibile ai cambiamenti me-diante eventi e processi simbolici. Diviene“vincente” nella “scuola-comunità” il mo-dello operativo di “penetrazione e diffusio-ne educativa”, modello che si compie, siavvera e si genera, quando le persone pro-cedono in piccolo e/o piccolissimo grup-po, condividono e focalizzano piccoli cam-biamenti simbolici, ma carichi di significa-to, inoltrandosi nella quotidianità scolasti-ca a piccoli passi di miglioramento della“qualità”, gustandosi e facendo assaporarel’utilità dei nuovi traguardi raggiunti, of-frendo così senso di “sicurezza” a se stessie “motivazione intrinseca” nel voler incen-tivare in sé e nella comunità il processo dilimitati, ma determinanti, decisivi ed inar-restabili cambiamenti.Alcuni segnali ben definiti, chiaramente per-cepibili, correttamente mirati e ripetuti neltempo, anche se apparentemente di minu-scola entità, possono orientare e guidare lacreazione di quei microclimi di pro-socia-lità, innovativi, di qualità e di eccellenza,capaci poi di diffondersi a macchia d’olionel condividere vision, nel realizzare mis-sion, nel rappresentare modelli operativi diazioni che, a loro volta, si implementanonella intera comunità scolastica e raggiun-gono anche tutti i soggetti con essa in rete.Questa rappresentazione, per alcuni aspet-ti molto operativa, può offrire sicurezza eprotezione alle persone, per comprenderecome praticare efficacemente il passaggiodalle parole ai fatti, può infondere fiducia,suscitando e stimolando le energie e le ri-sorse personali … per vivere il piacere dicominciare ... per vivere il piacere di va-lorizzare l’autovalutazione come risorsa ecome opportunità per vivere meglio a scuo-la. Si intende, in questo senso, puntualiz-

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Autovalutazione nella ”scuola-comunità”

una risorsa per promuovere il benessere

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zare l’investimento che l’autovalutazionepuò produrre sul quotidiano (personale eprofessionale) di tutti i soggetti della “scuo-la-comunità”, in relazione ai propri processidi consapevolezza, di motivazione intrin-seca, di creatività e di pro-socialità, pro-cessi che qualificano la dimensione dellacostruzione cooperativa della “scuola – co-munità”.

5. Il modello di “Wiliam Glasser”: “qua-lità della scuola” = “qualità delle rela-zioni”

La concezione di “scuola-comunità” vienequotidianamente praticata e vissuta da tut-te le istituzioni scolastiche e si è conqui-stata un suo spazio nel grande universo del-le teorie della organizzazione, anche se inmodo non uniforme e non sempre ugual-mente intenso.Secondo William Glasser5, ideatore e pa-dre della “terapia della realtà”, la qualitàdella scuola si può implementare unica-mente mediante il miglioramento costante,progressivo e mai concluso delle “relazio-ni” tra tutti i soggetti della comunità scola-stica stessa e tra questi ed il contesto terri-toriale, di cui è espressione, ovvero tra que-sti e gli stakeholders di prima e/o di altraistanza. Per Glasser la “qualità delle rela-zioni” si configura come l’essenza dell’es-sere scuola e può realizzarsi, consolidarsie potenziarsi mediante la concretizzazionecondivisa di quattro principi6, che permet-tono alle persone di essere agenti attivi econsapevoli dei propri cambiamenti, di-ventando così costruttori efficaci nei con-fronti delle realtà, su cui hanno potere, sa-pendo rispettare l’alterità di colui (soggettie/o contesti), con cui si entra in relazione,e non lasciandosi determinare da alteritàesterne a sé, come eventi e/o persone, rap-presentazioni sociali e/o culturali.L’epistemologia di Glasser, quindi, intercettaed integra il modello di Thomas Sergiovan-ni, i molteplici modelli dei SGQ e/o il mo-dello RAV, in quanto tutte queste istanze sifondono sulla possibilità di intervenire ef-ficacemente sulla realtà, e quindi anche sul-la “scuola-comunità”, migliorando la “qua-lità delle relazioni” interne ed esterne al si-stema organizzativo ed assumendo comecodici ideali e comportamentali di riferi-mento quattro principi di funzionamentodei rapporti con se stessi (processi intrapsi-

chici) e con gli altri (processi interpersona-li). In particolare i quattro principi sottoli-neano il valore attribuito al soggetto, inquanto protagonista intenzionale dei pro-pri comportamenti, rappresentati ed agiti infunzione della interazione del sé con l’al-terità, per cui la determinante dell’identitàpersonale si sviluppa sempre e solo in fun-zione delle relazioni e stabilisce la tipolo-gia ed il livello della loro qualità. Mentre ilsoggetto effettua un processo di autovalu-tazione7 di se stesso (come persona e/o co-me professionista) e/o di elementi del pro-prio contesto di vita personale e/o profes-sionale è guidato e “costretto”, anche in-consapevolmente, a confrontarsi con que-sti quattro principi, per cui è intrinsecamenteorientato ad attivare in sé e nel contesto deiprocessi di miglioramento. La “scuola-comunità” vive, mediante il pro-cesso di autovalutazione, il prendersi cura,il caring, di tutti e di ogni persona, come lamodalità propria dell’agire nella quotidia-nità. Il prendersi cura dei bisogni formativie professionali dell’altro invera l’attenzio-ne alla alterità ed alla costruzione della com-petenza del comportamento interpersona-le proattivo. La scuola, infatti, è il luogo, incui i membri si dedicano totalmente gli uniagli altri e in cui le caratteristiche, che de-finiscono le loro relazioni sono di caratte-re morale8. Si tratta di un prendersi cura del-l’altro, ovviamente con modalità molto di-versificate, ma con un carattere morale, cioèsulla base di principi deontologici, che in-dicano precisi comportamenti professiona-li nelle relazioni (docenti–studenti, docen-ti–docenti, docenti-genitori), orientati e fi-nalizzati in linea prioritaria al bene comu-ne.

6. La scuola: istituzione principe delle “re-lazioni” e del “prendersi cura”

La scuola, in quanto comunità di “cura”, èl’istituzione principe delle “relazioni”, del“sapere prendersi di sé” e del “sapere pren-dersi cura degli altri”, per cui l’autovaluta-zione si configura come la “risorsa” più in-dicata, più incisiva e più potente per pro-muovere il miglioramento del benessere,della salute psico-fisica, della motivazione,della pro-socialità e della creatività dellepersone. Saper orientare e saper finalizza-re intenzionalmente l’autovalutazione nel-la “scuola-comunità” significa operare con-

cretamente ed esplicitamente nella pro-spettiva sopra indicata per:•creare un ambiente accogliente, sicuro e

di supporto, costruendo un clima socialeche incoraggia relazioni aperte ed auten-tiche all’interno della comunità scolasti-ca;

•affrontare questioni relative alla salute eal benessere di tutto il personale scolasti-co;

•sviluppare nel personale scolastico, neglistudenti e nei genitori un senso di appar-tenenza alla vita della scuola;

•offrire ad ogni studente una attenzionepersonalizzata, affinché egli sappia fruiredi molteplici opportunità educative, di be-nessere personale e di successo nell’ap-prendere;

•incoraggiare stili di vita sani, proponen-do risorse e modalità di lavoro piacevolie motivanti sia per gli studenti sia per ilpersonale della scuola sia per i genitori;

•potenziare l’autostima degli studenti, met-tendoli in grado di raggiungere il succes-so formativo e realizzare le loro poten-zialità originali e creative.

Mediante l’autovalutazione ogni personadella “scuola-comunità” può sentirsi più omeno “felice” per essere riuscita a dare unsignificato al proprio esistere quotidiano,quindi a se stessa, a ciò che pensa, a ciòche sente, a ciò che fa, alle relazioni conl’altro, al fluire degli eventi del mondo. Ta-le “felicità” di riuscire a rinvenire e a rin-tracciare “significati” al proprio esistere,non viene automaticamente generata dalprocesso di autovalutazione, ma va inten-zionalmente perseguita mediante obiettivi,metodi, azioni e simboli. L’autovalutazione è una effettiva opportu-nità, una reale risorsa, un vero alimento pernutrire il miglioramento continuo del sé edella comunità, è una ricchezza di cui la“scuola-comunità” è eticamente responsa-bile.

n NOTE1 MIUR - CM 47 del 21.10.2014 e Nota Prot. 1738

del 02.03.2015.

2 Sergiovanni T. J. (2000), Costruire comunità nelle

scuole, Roma, LAS;

Sergiovanni T. J. (2002), Dirigere la scuola comuni-

tà che apprende, Roma, LAS.;

Sergiovanni T. J. e Starratt R. J. (2003), Valutare l’in-

segnamento, Roma, LAS.

3 «L’interpretazione temporale della quotidianità e

della storicità radicalizza la comprensione del tem-

po originario per quanto è indispensabile per sco-

prirlo come condizione della possibilità e della ne-

cessità dell’esperienza quotidiana del tempo … la

Cura è un prendersi cura preveggente ambiental-

mente … il prendersi cura preveggente ambiental-

mente e calcolante scopre in primo luogo il tempo

ed elabora il calcolo del tempo… fare i conti con il

tempo è costitutivo dell’essere-nel-mondo». Martin

Heidegger (“Essere e tempo” (1927), sezione 2a,

capitolo 3, paragrafo 66).

4 «In quanto comunità educante, la scuola genera

una diffusa convivialità relazionale, intessuta di lin-

guaggi affettivi ed emotivi, e è anche in grado di

promuovere la condivisione di quei valori che fanno

sentire i membri della società come parte di una co-

munità vera e propria. La scuola affianca al compito

“dell’insegnare ad apprendere” quello “dell’inse-

gnare a essere”». (“Indicazioni nazionali per il Cur-

ricolo”, 2012).

5 Glasser W. e Wubbolding R. E. (2007), Quality

School, (Center for Reality Therapy, Cincinnati,

Ohio); Group Dynamics: Theory, Research, and

Practice, Vol. 11, N. 4, 253–261.

6 In particolare i quattro principi sono:

«1) La motivazione umana è interna e tende a sod-

disfare cinque bisogni universali, che diventano

unici per ogni individuo, se legati al contesto

personale: appartenenza, potere o controllo in-

terno (locus of control), libertà o indipendenza,

divertimento o godimento, sopravvivenza o au-

to-conservazione. In base a come le persone in-

teragiscono con il mondo intorno a loro, questi

bisogni assumono specifiche forme.

2) La differenza tra ciò che una persona vuole e

quello che ha è la motivazione delle scelte com-

portamentali.

3) Azioni, pensieri, emozioni e fisiologia sono ele-

menti costitutivi del "comportamento globale".

Questi elementi funzionano come una unità e

hanno uno scopo.

4) Gli esseri umani vedono il mondo attraverso un

sistema percettivo, simile a una macchina foto-

grafica con due lenti. Il comportamento umano

è l'output generato al fine di soddisfare i bisogni.

Le informazioni in entrata vengono filtrate attra-

verso la prima lente che le etichetta, senza giudi-

zio. La seconda lente, o percezione di alto livel-

lo, attribuisce un valore agli stimoli in arrivo. Per

esempio, un insegnante vede un bambino e at-

traverso la prima lente vede soltanto un bambi-

no che espleta un’azione; con la seconda lente

etichetta il bambino come "buono" oppure co-

me "incapace" o in altro modo. Pertanto, orga-

nizza la percezione dell’input ricevuto da mon-

do esterno».

7 Viale D. e De Villa D (2008), Una nuova qualità del-

la scuola, in “Psicologia, psicoterapia e salute”,

IFREP, volume 14, pagine 402 e 403.

8 Viale D. e De Villa D (2008), Una visione democra-

tica del sistema scolastico, in “Psicologia, psicotera-

pia e salute”, IFREP, volume 14, pagine 390 e 391.

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NERINO ARCANGELI Psicologo e Psicoterapeuta

già Dirigente Tecnico USR – ER

[email protected]

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IL FORMAT MIUR-INVALSI

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PROMUOVERE ESOSTENEREL’AUTOVALUTAzIONE

tutte le scuole, a partire da quest’anno,sono tenute ad attuare l’autovalutazio-

ne, primo step del processo previsto dalSNV (Sistema Nazionale di Valutazione)finalizzato al miglioramento della qualitàdell’offerta formativa e degli apprendi-menti che finalmente offre un linguaggiocomune, modalità standardizzate, unquadro di riferimento unico1. In base alla personale esperienza ed al con-fronto con scuole con risultati importantinell’utilizzo di modelli di autovalutazionecercherò di porre in evidenza alcuni ele-menti strategici, ritenuti utili e motivanti per-ché questa importante fase per la scuola ita-liana venga vissuta come un’opportunità enon come un ulteriore fastidioso adempi-mento amministrativo2.Innanzitutto ritengo opportuno sottolinea-re che la scelta ministeriale di partire dal-l’autovalutazione ha in sé un significatopositivo profondo: dà fiducia alle scuole,non enfatizza sul controllo ma lascia allesingole realtà fotografare ed analizzare, at-traverso dati ed evidenze, la propria situa-zione, individuare i punti di forza e di de-bolezza, stabilire le priorità e gli obiettiviai fini del miglioramento. La messa a dis-posizione di un format standard corredatoda linee guida, di un sistema di indicatori (al-tri se ne possono aggiungere a livello loca-le) e di valori di riferimento trasversali (equi-tà, partecipazione, qualità e differenziazio-ne) garantiscono un valido supporto allescuole e, nel contempo, con la restituzio-ne al Sistema dei dati e delle informazionie il relativo confronto, permettono di rico-noscere le eccellenze come pure le situa-zioni di criticità per intervenire ai fini delmiglioramento3.Elementi strategici utili che supportano lamotivazione all’autovalutazione:•ripensare al ruolo del Dirigente scolasti-

co. L’approccio del DS è particolarmente

importante per il buon esito dell’autova-lutazione. Appare ora non solo manager,non solo esecutore di norme e di proce-dure; non basta “essere a posto con la con-tabilità”, ma leader che sostiene, delega,promuove opportunità, motiva, indica lalinea, la direzione per implementare lecompetenze degli studenti e il “valore ag-giunto” di mission e vision. Egli stesso de-ve dimostrare di essere motivato ed im-pegnato nell’orientare produttivamente lerisorse e le azioni di ognuno ai fini del mi-glioramento. Per primo deve dimostrare diessere in grado di governare i processi, dibilanciare gli interessi dei diversi soggettinon sempre coincidenti;

•coinvolgere nell’autovalutazione tutto ilpersonale. Ciò può avvenire se il DS pro-muove adeguati e diversificati incontri diapprofondimento per far comprendere econdividere l’importanza del SNV sia peril singolo Istituto che per il Paese. L’auto-valutazione non va affidata esclusivamenteall’UAV (unità di autovalutazione)4 checurerà la regìa, darà gli input, sosterrà ilprocesso, farà sintesi, ma va costruita conil contributo di tutto il personale seppurin forme e con apporti diversificati. In que-sto modo si pongono le condizioni per-ché l’autovalutazione si trasformi in unprocesso costante, partecipato e proficuoa tutti i livelli sia nel micro: nella quoti-dianità e in classe, sia nel macro: nel si-stema-Istituto e nel sistema-Paese;

•dare vita ad una leadership diffusa e aduna rete di supporto significa pianificareed implementare un sistema di gestionedelle responsabilità a diversi livelli valo-rizzando e potenziando le competenze(sistema premiante intrinseco), facendo le-va sulle persone motivate, sugli opinionleader per diffondere e sostenere il pro-cesso autovalutativo. Non un solo leaderma tanti leader in grado di informare, diintessere relazioni fra lo staff e la line e vi-ceversa, in grado di favorire il supporto alpersonale per la soluzione dei problemiquindi essere apprezzati anziché essereriduttivamente e a volte negativamentepercepiti come “braccio operativo del di-rigente”. Per questo è importante puntaresulla formazione delle figure di sistema inparticolare nella conduzione di gruppi,nell’organizzazione del lavoro, nella rea-lizzazione di progetti, nel raggiungimen-

to dei risultati. Si può pervenire così: aduna progressiva diminuzione del numerodi interventi “impropri”di supporto da par-te del Dirigente scolastico per aspetti dicompetenza dei docenti e del personaleATA- amministrativo tecnico ed ausiliarioe quindi ad una progressiva maggior con-sapevolezza delle specifiche funzioni diognuno all’interno del proprio Istituto equindi ad una maggiore autonomia. Perottenere tali stili di vita nell’istituto e nel-l’organizzazione pare importante porre inessere e migliorare nel tempo un sistemache faciliti la condivisione, l'assunzionee la revisione di decisioni e scelte attra-verso chiari punti e persone di riferimen-to (occorre che tutti sappiano come, do-ve, quando, perché, chi debba fare le co-se). Ciò significa che ogni persona per-tanto, singolarmente ed insieme alle al-tre, può contribuire a realizzare l’autova-lutazione ed il miglioramento (ogni gior-no tanti piccoli progressi ovunque sia pos-sibile);

•curare la comunicazione e le relazioniinterne favorendo e creando opportunitàdi dialogo pianificato, rendendo produt-tivi al massimo gli incontri collegiali, lecommissioni ed i gruppi di lavoro ai di-versi livelli, in particolare quelli finaliz-zati al miglioramento delle competenzedegli studenti, principale obiettivo dellascuola, aspetto su cui enfatizza il proces-so di autovalutazione posto in essere dalSNV. Superare la solitudine professionaledella singola persona, della singola clas-se permette di scoprire nuovi punti di vi-sta e stimoli, evitare gli errori ricorrenti e,quando questi si presentano, trasformarliin opportunità5: il gruppo può aiutare adindividuarne le cause (e non le colpe) cheli hanno prodotti, a delineare le propostedi miglioramento per favorire il passaggioalle azioni ed alla verifica dei risultati. Ciòpotrebbe essere di aiuto per superare il ti-more del giudizio ricevuto dalla personasingola, rendere più veritiero il confron-to, quindi reale la possibilità di corregge-re gli errori e migliorare;

•scoprire i tesori nascosti interni e ester-ni. L’atteggiamento mentale che sta die-tro la risorsa autovalutativa consiste nelfar emergere e valorizzare le positive espe-rienze presenti in ogni realtà, coerenti conle esigenze di miglioramento per orien-

>> Catterina PASQUAlIN

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tarle in un quadro d’insieme. Il DS e laUAV devono evitare quindi di dare l’ideache ogni volta si debba partire da zero eporgere attenzione a tutte le competenzeinterne e alle opportunità esterne quali lapartecipazione a Reti di scuole e la ricer-ca di rapporti con enti e associazioni delterritorio di riferimento;

•apprezzare le opportunità della misura-zione e del confronto. Non c’è migliora-mento se non c’è misurazione. Una gran-de opportunità per superare l’autorefe-renzialità viene offerta da INVALSI in undecennio di attività di valutazione ester-na dei risultati di apprendimento, una mo-dalità continuamente rivista e comunqueulteriormente migliorabile. Dalle rileva-zioni rese note dall’INVALSI6 risulta chesolo il 50% degli Istituti accede ad inter-net per conoscere e valorizzare i propriesiti, un patrimonio di informazioni, undifficile e prezioso lavoro inutilizzato. Ri-flettendo ad esempio sulla considerevoledifferenza dei risultati INVALSI sia in ita-liano che in matematica di due classi se-conde parallele di una stessa scuola pri-maria, differenza prima dei risultati delleprove standardizzate non oggettivamenteevidente, ne è scaturita la revisione deicriteri di formazione delle classi, consi-derata la causa del divario, un progettomirato ad attenuare il problema e nellospecifico al recupero delle competenzeper la classe in difficoltà comprensivo diattività per classi aperte per valorizzareanche il diversificato potenziale degli alun-ni. L’INVALSI fornisce inoltre altri confrontia livello nazionale alcuni dei quali a dis-posizione già da quest’anno (Questiona-rio scuola) ed altri ancora in via di riela-borazione dopo le fasi sperimentali (Que-stionario studenti docenti, genitori). Im-portante è la possibilità che ogni singoloistituto confronti i propri risultati di ap-prendimento con quelli di altri 200 istitu-ti ad esso equivalenti nelle caratteristicheterritoriali e ambientali.

Un’altra importante risorsa di dati è offertadal Fascicolo “Scuola in chiaro” con i datidella propria scuola messi a disposizionedal Ministero con un elaborato ma funzio-nante giro di dati: la scuola trasmette datial Ministero che li restituisce codificati e or-dinati in tabella;•autovalutare l’Istituto ma anche la clas-

se, la direzione, le funzioni strumentali ele commissioni perché è in classe il luo-go in cui l’attività di formazione-appren-dimento si esplica. L’analisi della situa-zione di partenza della classe e dei sin-goli studenti, l’individuazione dei punti diforza e di debolezza rappresenta una ne-cessità imprescindibile per effettuare i feed-back più efficaci e misurarne periodica-mente gli esiti. Autovalutazione quindi an-che dell’efficacia del mio operato comedocente o come referente o dirigente.Non ci possono essere pianificazione, rea-lizzazione, verifica dei risultati, azioni peril miglioramento, secondo la logica delPDCA, senza analisi della situazione dipartenza. Un processo ricorsivo, da at-tuare quindi ai diversi livelli: studente, do-cente, team di docenti, istituto, livello re-gionale e nazionale;

•coinvolgere le parti interessate. Il 20%delle competenze degli alunni viene ac-quisito a scuola che si deve perciò gio-care tutte le sue chances. Ma il restante80 % dipende dal contesto per cui è ne-cessario con i portatori d’interesse, in pri-

mo luogo con i genitori7 ma anche con laComunità. Ciò significa non solo esseretrasparenti, ma anche costruire relazioni,accreditarsi nel senso di essere credibili,condividere gli obiettivi, i punti di forza edi debolezza, informare e riflettere sui ri-sultati8, valutarsi, valutare e farsi valutare,coinvolgere nel processo di co-produzio-ne di formazione-apprendimento. In que-sto modo, ognuno per la propria parte,può dare il suo contributo.

n NOTE1 DPR 28 marzo 2013, n. 80. Regolamento sul siste-

ma nazionale di valutazione.

2 Vedere: C. Pasqualin, Sostenere la motivazione al-

l’autovalutazione in Paolo Senni Guidotti Magnani,

Sheila Bombardi, Marina Battistin, Caterina Pasqua-

lin (a cura di), Rapporto di autovalutazione (RAV) e

miglioramento - Un manuale per le scuole, per i

docenti e per i dirigenti, Maggioli, marzo 2015.

3 http://www.istruzione.it/sistema_valutazione/do-

cumenti.html - Orientamenti per l’elaborazione del

RAV in MIUR Direzione generale per gli ordinamen-

ti scolastici e la valutazione del SNV prot 1738, 2

marzo 2015.

4 UAV Unità di Autovalutazione composta dal Diri-

gente scolastico stesso, dal responsabile dell’autova-

lutazione e da uno o più docenti individuati dal Col-

legio.

5 Secondo il sistema Toyota esistono delle specifiche

tecniche per l’individuazione dell’errore, le fasi, le

prospettive di miglioramento. A tal proposito si veda

“Il training basato sull’errore”, in G. Negro, L’orga-

nizzazione snella nella Pubblica Amministrazione,

Franco Angeli, Milano, 2005.

6 Convegno per il decennale delle prove INVALSI a

Roma il 4 e 5 dicembre 2014

7 Dal Rapporto Questionario scuola INVALSI a.s.

2012/13 il livello di coinvolgimento dei genitori nel-

le attività della scuola risulta essere, nel 72 % dei

casi, medio-basso .

8 Fin da quest’anno le scuole dovranno pubblicare il

Rapporto di autovalutazione (RAV) e alla fine del

triennio, effettuare la rendicontazione sociale attra-

verso la pubblicazione e la diffusione dei risultati.

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CATTERINA PASQuALIN Coordinatrice AICQ Education di AICQ-

Triveneto; già direttore di servizi socio-sanitari

in ULSS Veneto e dirigente scolastica;

valutatrice esterna INVALSI in progetto VALES e

VM

[email protected]

ELEMENTI STRATEGICI ChE SuPPORTANO LA MOTIvAZIONE

ALL’AuTOvALuTAZIONE: APPROCCI DI QuALITÀ

- ripensare al ruolo del dirigente scolastico;

- coinvolgere nell’autovalutazione tutto il

personale;

- dare vita ad una leadership diffusa e ad

una rete di supporto;

- curare la comunicazione e le relazioni

esterne;

- scoprire i tesori nascosti interni e esterni;

- apprezzare le opportunità della misurazio-

ne e del confronto;

- auto valutare l’Istituto ma anche la classe,

la direzione, le funzioni strumentali e le

commissioni;

- coinvolgere le parti interessate.

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CAF/RAV: PUNTI DICONTATTO E DIOPPORTUNITà

Nell'operare un confronto fra il formatINVALSI per il RAV e CAF EDUCA-

TION si evidenziano molteplici punti dicontatto: in primo luogo l'intento di av-viare un'autovalutazione utile a eviden-ziare punti di forza e di debolezza diun'Istituzione per promuovere azioni dimiglioramento, ma anche gli ambiti dianalisi e i contenuti sono spesso condivi-si dai due modelli.Tuttavia le diverse impostazioni teoricheimplicano un'interpretazione ed un usodei dati che porta a conclusioni ed a prati-che diverse rispetto all’efficacia e alla pos-sibilità di agire i miglioramenti: il formatMIUR-INVALSI per il RAV ci aiuta ad ana-lizzare una realtà scomponendola in seg-menti, in un'ottica per così dire enumera-tiva o tematica, mentre il CAF evidenzia lerelazioni fra le sue componenti, ci aiuta afocalizzare le interconnessioni e i collega-menti fra le parti e a descrivere una realtàcomplessa, sistemica, in cui ogni azioneintesa a produrre effetti su una parte, si ri-percuote anche su molte altre. Un'altra differenza metodologica fonda-mentale è la chiara distinzione a fini ana-litici che si opera nel CAF fra “fattori abili-tanti” e “risultati”. Analizzando i primi“fattori abilitanti” si raccolgono informa-zioni per ricercare cause e per evidenzia-re quello che la scuola sta facendo in undato ambito: l'assenza di informazionipuò essere sintomo di un difetto nella co-municazione fra le varie componenti del-la scuola e quindi di una scarsa condivi-sione degli obiettivi; l'assenza di azioni odi evidenze in tale ambito indica un'areadi possibile intervento per il miglioramen-to. Analizzare i secondi “risultati” permet-te di operare confronti fra risultati e obiet-tivi o fra risultati e altri risultati analoghi(benchmarking) nella stessa scuola a di-stanza di tempo o fra scuole diverse.

Nel format INVALSI per il RAV tale di-stinzione non compare se non in due no-te: -nell’area 2.3 “competenze di cittadinan-za” si esplicita la necessità di distinguerefra risultati relativi alle competenze ac-quisite (vedi i “Risultati” del CAF) e azio-ni promosse dalla scuola (vedi “Fattoriabilitanti” del CAF); •nell’area 3.2 “ambiente di apprendimen-

to - dimensione relazionale – definizio-ne e rispetto di regole di comportamentoa scuola e in classe, gestione dei conflit-ti con gli studenti” si precisa che in que-sto caso: «la riflessione della scuola do-vrebbe focalizzarsi sulle azioni promos-se per promuovere le competenze socia-li e civiche degli studenti».

Estendere tali indicazioni metodologichea tutte le aree delle due sezioni degli«esiti» e dei «processi» potrebbe evitareconfusioni, comprendere l'importanza divedere lo stesso fenomeno da due puntidi vista diversi (cosa si fa e con quali ri-sultati), evidenziare le relazioni e le con-nessioni fra ambiti diversi.Alcune osservazioni costruttive Sezione 2 - «ESITI»Alla seconda sezione del RAV relativaagli «esiti» viene attribuita notevole im-portanza in quanto il miglioramento deirisultati scolastici è indicato nella Diretti-va 11 del 19 settembre 2014 sia come fi-nalità (miglioramento dell'offerta formati-va e degli apprendimenti), sia come prio-rità strategica (riduzione della dispersionescolastica, rafforzamento delle compe-tenze di base, valorizzazione degli esiti adistanza). L'intento pare essere quello di operare unconfronto interno (ad esempio: esiti sco-lastici di sezioni dello stesso indirizzo, disezioni di indirizzo diverso, risultati pro-ve INVALSI nelle diverse classi, e cosìvia) o con altre realtà scolastiche (adesempio: esiti scolastici e risultati a di-stanza in altre scuole con gli stessi indi-rizzi, risultati prove INVALSI). Tale con-fronto porta a individuare punti di forza edi debolezza nelle 4 aree (“risultati scola-stici”, “risultati nelle prove standardizza-te”, “competenze chiave e di cittadinan-za”, “risultati a distanza”), ma soprattuttoindica i settori nei quali alla scuola man-cano evidenze o esiti misurabili (ad

esempi: competenze di cittadinanza, ri-sultati a distanza) che permettano unconfronto con altre realtà. Questa dimensione del format per il RAVcorrisponde al Criterio 9 del CAF Educa-

tion nel quale si misurano e si valutano i«risultati relativi alle performance chia-ve».Per quanto riguarda le quattro aree dellasezione 2 (2.1 risultati scolastici; 2.2 ri-sultati nelle prove standardizzate; 2.3competenze chiave e di cittadinanza; 2.4risultati a distanza) si segnalano i seguen-ti spunti di riflessione:•area 2.1.: spesso nelle domande guida si

richiede non solo un confronto fra risul-tati, ma anche un'analisi delle cause (es.2.1: quanti e quali studenti abbandonanola scuola e perché?) o un giudizio (2.1: icriteri di valutazione adottati dalla scuo-la sono adeguati a garantire il successoformativo degli studenti?) che non sem-pre sono di facile individuazione nella fa-se del confronto dei risultati;

•area 2.2.: non tutte le scuole sono auto-nome nell'analisi dei risultati (ad esempio:concetto di varianza). Per quel che riguar-da i risultati si potrebbe analizzare nonsolo in quali classi o indirizzi, ma anche inquali tipologie di esercizi si evidenzianomaggiori difficoltà, definire poi le compe-tenze/conoscenze che, per la scuola, sonoda rafforzare (ad esempio: capacità logi-co-matematiche, comprensione testuale,e così via) e cercare di promuovere azio-ni di miglioramento su di esse;

•area 2.3.: le scuole realizzano molte azio-ni tese a sviluppare le competenze di cit-tadinanza (ad esempio: rispetto delle re-gole e delle persone, democrazia a scuo-la, partecipazione, progetti di educazio-ne alla cittadinanza) e le presentano neiPOF. Inoltre si lavora all'acquisizione dialtre competenze chiave (autonomia, col-laborazione fra pari, spirito di iniziativa,capacità di orientarsi, e così via), ma mol-to spesso non si adottano strumenti con-divisi per la valutazione di tali compe-tenze a livello del singolo studente (uni-co indicatore potrebbe risultare il voto dicomportamento assegnato con criteri con-divisi che prevedano la valutazione delrispetto delle regole, la partecipazione aldialogo educativo e la collaborazione coni compagni). Riflettere sui risultati in que-

>> roberta tOSI

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sta area (o sulla loro mancanza) potrebbesignificare proporre un cambiamento te-so a dare maggior peso alla valutazione ditali competenze e preparare docenti estudenti in tal senso. Tale cambiamentopotrebbe richiedere una riflessione di si-stema sulla mission e sulla vision dellascuola;

•area 2.4.: anche in questo caso i dati po-trebbero presentare difficoltà di reperi-mento e/o di interpretazione (dati MIUR)o, per le scuole secondarie di secondogrado, non essere sempre reperibili. Sievidenzia la necessità di un maggior rac-cordo fra i vari ordini di scuola e di un si-stema di monitoraggio efficace comunea tutte le scuole che permetta di racco-gliere in modo sistematico i dati relativiai percorsi di studio o lavorativi post-di-ploma.

Corrispondenze tra format INvALSI eCAF EDuCATIONSezione 3 - «PROCESSI»A. PRATIChE EDuCATIvE E DIDATTI-ChE In questa sezione non si indicano i risul-tati, ma le azioni promosse dalla scuolarelativamente alle pratiche educative edidattiche: curricolo, progettazione e va-lutazione; ambiente di apprendimento;inclusione e differenziazione; continuitàe orientamento. Si tratta di attività edazioni che sono fondamentali in quantorealizzano la mission della scuola. Nelformat non viene immediatamente espli-citato tale collegamento fondamentale framission e azione educativa e didatticache invece inaugura il Criterio 5° del CAF(Sottocriterio CAF 5.1 - Identificare, de-scrivere, documentare sistematicamente iprocessi chiave assicurando che supporti-no gli obiettivi strategici), ma si descri-vono nel dettaglio le singole pratiche.All'area format per il RAv 3.1 Curricolo,progettazione e valutazione corrispondo-no i Sottocriteri CAF 5.1 Identificare, de-scrivere, documentare sistematicamente iprocessi chiave assicurando che supporti-no gli obiettivi strategici e CAF 5.2 Svi-luppare ed erogare servizi orientati a di-scenti e famiglieAll’area del format per il RAv 3.1.a Curri-colo e offerta formativa corrispondono iSottocriteri CAF 2.2. Sviluppare, rivederee aggiornare politiche e strategie tenendo

in considerazione i bisogni dei portatoridi interesse e le risorse disponibili; CAF

2.3 Implementare le strategie e le politi-che nell’intera organizzazione di interes-se e le risorse disponibili e CAF 2.4 Pia-nificare, attuare e rivedere le attività perl’innovazione.Quest'area di attività, ben analizzata neldettaglio dal format, è senz’altro presentenelle scuole, ma sarebbe di maggior aiu-to e efficacia a fianco di ogni domandaguida proporre di individuare un'eviden-za, sia nella fase di progettazione, sia inquella di controllo (ad esempio: come edove verifico che i docenti utilizzino ilcurricolo definito dalla scuola? Come edove verifico il raggiungimento dellecompetenze previste dai progetti di am-pliamento dell'offerta formativa?).All'area 3.2 Ambiente di apprendimentocorrispondono i Sottocriteri CAF 4.1. Svi-luppare e implementare relazioni con ipartner chiave; CAF 4.4. Gestire le infor-mazioni e la conoscenza; CAF 4.6. Gesti-re le infrastrutture; CAF 5.2. Sviluppareed erogare servizi e prodotti orientati adiscenti/famiglie/ cittadini/clienti; CAF

5.3. Innovare i processi coinvolgendo icittadini/clienti.Sezione 3 - «PROCESSI» B. PRATIChE GESTIONALI E ORGANIZ-ZATIvEIn questa sezione non si indicano i risul-tati, ma le azioni promosse dalla scuolarelativamente alle pratiche gestionali eorganizzative. Missione e obiettivi priori-tari sono inseriti in quest'area, al terminedell'analisi proposta dal format, mentrenel CAF costituiscono la premessa chegiustifica e spiega ogni attività della scuo-la. Inoltre il controllo dei processi parequi inteso come un'operazione di moni-toraggio finale, mentre nella visione delCAF è una delle fasi del PDCA, da consi-derare, in un'ottica circolare di valutazio-ne e miglioramento continuo, come unafase finale di controllo (check) che è in-sieme avvio di nuove azioni e aggiusta-menti (act) e di pianificazione (plan).All'area RAV 3.5 Orientamento strategicoe organizzazione della scuola corrispon-dono i Sottocriteri CAF relativi al Crite-rio1 LEADERSHIP (CAF 1.1. Orientare l’i-stituzione attraverso lo sviluppo di unamission, una vision e dei valori; CAF 1.2.

Sviluppare e implementare un sistema digestione dell’istituzione, delle sue perfor-mance e del cambiamento) al Criterio 2POLITICHE E STRATEGIE (CAF 2.4. Piani-ficare, attuare e rivedere le attività perl’innovazione) al Criterio 4 PARTNERS-HIP E RISORSE (CAF 4.3. Gestire le risor-se finanziarie) All'area RAV 3.6 Sviluppo e valorizza-zione delle risorse umane corrispondonoi Sottocriteri CAF relativi al Criterio1 Lea-dership (CAF 1.3. Motivare e supportareil personale dell’istituzione e agire comemodello di ruolo), al Criterio 3 Personale(CAF 3.1. Pianificare, gestire e potenziarele risorse umane in modo trasparente ecoerente con le politiche e le strategie;CAF 3.2 Identificare, sviluppare ed utiliz-zare le competenze del personale alli-neando gli obiettivi individuali a quellidell'istituzione; CAF 3.3 Coinvolgere ilpersonale attraverso lo sviluppo del dia-logo e dell’empowerment)All'area 3.7 Integrazione con il territorioe rapporti con le famiglie corrispondonoi Sottocriteri CAF relativi al Criterio1 Lea-dership (CAF 1.4. Gestire i rapporti con ipolitici e gli altri portatori di interesse alfine di assicurare la condivisione delleresponsabilità), al Criterio 4 PartnershipE Risorse (CAF 4.1. Sviluppare e imple-mentare relazioni con i partner chiave;CAF 4.2 Sviluppare e implementare rela-zioni con i discenti/le famiglie), al Crite-rio 5 PROCESSI (CAF 5.2. Sviluppare ederogare servizi e prodotti orientati a di-scenti/famiglie/ cittadini/clienti; CAF 5.3.Innovare i processi coinvolgendo i citta-dini/clienti)Per le scuole potrebbe essere utile intro-durre, anche nella fase in cui si chiedeloro di rispondere alle domande guida,alcuni elementi non presenti o non espli-citati nel format INVALSI, ma che posso-no portare all'acquisizione graduale dellacultura della qualità

ROBERTA TOSI docente di spagnolo e collaboratrice della DS

dell’IIS Sabin Bologna; referente qualità della

scuola e componente della rete di scuole

AMICO [AICQ miglioramento continuo] di

Bologna

[email protected]

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I PRIMI PASSIDEL DPR 80/2013

Il 20 febbraio 2015 si è svolto a Torino ilConvegno Nazionale del settore Education

di AICQ, sul tema “Autovalutazione-Valuta-zione Esterna-Miglioramento e Rendiconta-zione Sociale”, argomenti di fondamentaleimportanza per le istituzioni scolastiche, vi-sto l’avvio del Sistema di Valutazione Na-zionale (SNV), secondo quanto stabilito dalDPR n. 80/2013 .Come è noto, infatti, secondo la CM47/2014,a partire dal corrente anno scolasti-co, tutte le scuole, statali e paritarie, sonocoinvolte in un percorso di durata triennaleche parte da una prima fase di autovaluta-zione (2014/15) con la compilazione delformat messo a disposizione dell’INvALSIper redigere il rapporto di autovalutazione(RAv). Nel 2015/16 si prosegue con la fase di mi-glioramento, durante la quale le scuole pia-nificheranno ed avvieranno le azioni di mi-glioramento relative agli obiettivi individuatinel RAV stesso. Nel luglio 2017 il percorsosi concluderà con la stesura e la pubblica-zione di un documento di rendicontazionesociale.Nel corso della seconda annualità prende-ranno contemporaneamente il via le visitedei nuclei di valutazione esterna alle scuole,che coinvolgerà il 10 % delle istituzioniscolastiche.È risaputo che il SNv ha suscitato non pochitimori, perplessità e disappunto, legati siaalle scarse risorse economiche messe a dis-posizione dei dirigenti scolastici su questavoce di spesa, sia alla mancanza di informa-zione e formazione adeguate. Questa ca-renza ha portato talvolta alla errata convin-zione che il Sistema di Valutazione prevedaaddirittura una classifica finale delle scuole,mentre, in realtà, il suo scopo è quello di in-durle a riflettere su se stesse, capire i propripunti di forza e di debolezza, e a porsiobiettivi di miglioramento, finalizzati sem-pre alla propria missione fondamentale, ov-vero quella educativa.

A questo proposito le direttive ministerialihanno previsto l’organizzazione di gruppi dilavoro regionali e provinciali, guidati dai di-rigenti tecnici (ispettori ministeriali), a dispo-sizione dei dirigenti scolastici e dei docenti,proprio per supportarli nella redazione delRAv, quale esito di un processo che preve-de raccolte e analisi di dati nel quadro diuna profonda riflessione nell’ambito dell’in-tero istituto scolastico per l’identificazionedi eventuali criticità e l’individuazione deirelativi obiettivi di miglioramento.Questi gruppi di lavoro rischiano purtroppodi essere numericamente insufficienti per farfronte ad un lavoro articolato di formazionea tutte le scuole ma, come previsto dall’arti-colo 6 del DPR 80 per la realizzazione delleazioni di miglioramento, queste potrannocontare anche sul supporto dell'Indire e dialtri soggetti esterni quali università, enti diricerca, associazioni professionali e cultura-li.Proprio in virtù di tale articolo 6 del DPR 80AICQ Education ha strutturato il convegnonazionale sia per presentare alle scuole in-terventi mirati ad illustrare le linee generalidel programma triennale di valutazione for-nendo, al contempo, molti spunti di rifles-sione, sia per offrire loro il proprio affianca-mento, con lo scopo di contribuire a crearele condizioni per affrontare tutto quanto vie-ne oggi richiesto dal SNV in modo consa-pevole e formativo.Dopo i saluti dei presidenti Maurizio Conti(AICQ Nazionale), Paolo Senni GuidottiMagnani (AICQ Education), Benito ScrivaBarreca (AICQ Education Piemonte) e del-l’ispettore Alessandro Militerno, in rappre-sentanza dell’USR Piemonte, si sono susse-guiti gli interventi dei relatori:•dott. Giancarlo Cerini, Dirigente Tecnico

USR Emilia Romagna e partecipante al Grup-po di Lavoro INVALSI Start-Up, con l’inter-vento La valutazione, una mossa riflessiva:ovvero… come trasformare il RAV in unaoccasione di crescita della comunità pro-fessionale,

•prof. Roberto Trinchero dell’Università diTorino, con l’intervento Valutare la scuolache apprende: usi sensati delle prove In-valsi,

•prof. Fabrizio Ferrari (OBISS), Bilancio So-ciale nella Scuola: dialogo, autonomia, re-sponsabilità.

Molti sono stati gli spunti di riflessione offer-

ti, prima fra tutti quello della condivisionefra gli operatori dell’istituto scolastico delprocesso autovalutativo in tutte le varie fasi,dalla raccolta dei dati alla riflessione e allascelta degli obiettivi. Altri spunti si sintetiz-zano nelle seguenti citazioni provenientidalle presentazioni e dalle relazioni sopra-ricordate: •è stato fornito da Cerini lo slogan: «adotta un

indicatore-aggiungi un indicatore» con ilquale l’ispettore invita gruppi di insegnantidell’istituto ad «adottare un’area da appro-fondire in modo particolare.Del resto è pro-prio la direttiva 11/2014 che chiede di pro-muovere strategie di miglioramento a parti-re da scelte interne condivise, da un’ eticadella rendicontazione, dalla partecipazionee responsabilizzazione di tutti i soggetti del-la scuola e dal consolidamento dell’identi-tà e del senso di appartenenza» [Cerini];

-«costruire comunità, ricercando il consen-so degli interlocutori, la partecipazione, farei conti con il contesto» [Ferrari];•«risulta fondamentale anche capire lo stret-

to legame fra autovalutazione e migliora-mento,in quanto la prima trova il suo com-pletamento e il suo senso soltanto se segui-ta da una profonda riflessione sui risultati edalla volontà di attivare il necessario pro-cesso successivo» [Senni Guidotti Magna-ni];

•«dopo la diagnosi (rapporto di autovaluta-zione) viene il miglioramento, anzi mentresi fa autoanalisi già si intravvede in embrio-ne dove e come cambiare. Il miglioramen-to è un atto creativo che richiede la capaci-tà di scegliere alcuni aspetti importanti delfunzionamento della scuola su cui concen-trare gli sforzi» [Cerini];

•«separare nel progetto di miglioramento diun’organizzazione l’autovalutazione dal mi-glioramento lascia perplessi non tanto dalpunto di vista epistemologico, ma da quel-lo pratico dell’aiuto al fare e al cambiare(esempio del fabbro che modella un pezzo:la forgiatura avviene quando il pezzo è cal-do)» [Senni Guidotti Magnani].

Con stretto rifermento al RAv è stata messain luce dal prof. Trinchero l’importanza del-le prove INVALSI e dell’analisi dei risultatidi apprendimento, in quanto dato stretta-mente correlato al modo di intendere l’orga-nizzazione dei curricoli, finalizzata all’ac-quisizione delle competenze. Procedendonel collegamento fra risultati di apprendi-

>> renza Anna GAllO

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mento e organizzazione didattica, sono sta-te fornite indicazioni su cosa significhi e co-me si possa «promuovere l’agire con com-petenza», intendendo quest’ultima come lacomprovata capacità di usare conoscenze,abilità e capacità personali, sociali e/o me-todologiche, in situazioni di lavoro o di stu-dio e nello sviluppo professionale e/o perso-nale.Tutto questo per insegnare agli allievi arisolvere problemi mai visti prima, fornendoloro informazioni, sviluppando capacità dibase e atteggiamenti, insegnando loro a leg-gere la realtà, fornendogli strumenti per ave-re un impatto sulla realtà e, infine metten-doli in grado di riflettere sulle proprie inter-pretazioni ed azioni. A questo proposito ilprof. Trinchero ha ripreso una citazione diAndreas Schleicher (coordinatore del pro-getto OCSE-PISA)(2012): «con gli Ocse-Pisa[…] abbiamo trovato un punto di vista mol-to particolare: eravamo meno interessati allacapacità degli studenti di riprodurre quelloche avevano imparato a scuola ma voleva-mo verificare se erano in grado di estrapola-re da quello che sanno e applicare la loroconoscenza in situazioni diverse […]».La riflessione documentata e operativa pareessere pertanto il filo conduttore del ciclotriennale proposto alle istituzioni scolasticheed è così anche per l’ultima fase che preve-de nel luglio 2017 la pubblicazione del do-cumento di rendicontazione sociale. Pro-prio attraverso questo documento la scuolapuò rendere conto ai propri interlocutoridelle proprie scelte, delle attività, dei propririsultati, dell’impiego delle risorse economi-che ed umane, sempre in riferimento allecaratteristiche e all’evoluzione del contestoin cui opera, permettendo loro di formulareun giudizio su come la scuola stia realiz-zando la propria missione istituzionale.Sebbene purtroppo spaventi ancora, sonomolti i vantaggi di una rendicontazione so-ciale, primo fra tutti quello di far emergere,come del resto già col RAV, la grande quan-tità di lavoro nascosto che le scuole agisco-no, dando valore e senso ad una notevolequantità di informazioni prima sparse e po-co utilizzate e, secondo, presentare in modochiaro, trasparente e comprensibile ai diver-si interlocutori il proprio operato ed i propririsultati, legati ovviamente alle risorse a dis-posizione, contribuendo così a intensificarequel rapporto di fiducia nato già con la con-divisione del RAV.

Come indicato dal prof. Ferrari nel suo inter-vento, il bilancio sociale, è un documentoin continua evoluzione con le scuole, cheva condiviso con tutte le parti interessate eche, per la sua stessa natura, poggia sui con-cetti di dialogo, autonomia, intesa come ungran lavoro di riflessione sui processi, sul-l’efficacia, sui costi, sulla trasparenza, ed in-fine sulla responsabilità, intesa in tutte lesue dimensioni, da quella strategico-orga-nizzativaa quella contabile del «dove ho in-vestito e perché?», legata cioè alla pianifica-zione degli obiettivi e al controllo dei risul-tati raggiunti, passando attraverso a quellarelativa alla valorizzazione della professio-nalità e delle competenze.Un ultimo spunto offerto nel convegno ri-guarda la tanto temuta “valutazione ester-na”: il nucleo esterno di valutazione, nellalogica del SNv, deve essere inteso come“l’amico critico”, quello che offre un puntodi vista diverso, con il quale la scuola puòconfrontarsi uscendo da quell’alone di auto-referenzialità in cui troppo spesso vive e dicui si nutre. «Non è previsto dalle norme at-tuali neppure un punteggio di sintesi sullascuola: queste riceveranno informazionicon cui verificare come si collocano rispettoagli standard correnti, i benchmark». [G.Cerini]Nel proseguo dei lavori il Presidente AICQEducation Paolo Senni Guidotti Magnani haquindi presentato il gruppo di lavoro sul si-stema nazionale di valutazione (GL-SNV),costituito nel 2014 da AICQ Education e giàoperativo con programmi di formazione,adattabili in base alle singole esigenze, pertutti gli operatori della scuola. Il gruppo, ol-tre ad aver trasferito i principi chiave dellaqualità e i relativi strumenti all’interno delSNV, offre alle scuole l’affiancamento nonsolo sui concetti base del TQM e per l’ela-borazione dei documenti (esempio il RAV),ma anche come sostegno nella motivazio-ne: “l’analisi produce conoscenza cheorienta le decisioni e il coinvolgimento ditutte le componenti genera un clima nuo-vo”, così come “l’autovalutazione comportanuovi oneri e nuovi compiti (investimento)che producono decisioni di risparmio e ra-zionalizzazione” (Senni Guidotti Magnani).In questo ambito è stato presentato al pub-blico il manuale RAPPORTO DI AUTOVA-

LUTAZIONE (RAV) E MIGLIORAMENTO -Un manuale per le scuole, i docenti e i di-

rigenti, redatto dal GL-SNV ed in uscitapresso Maggioli Editore, testo che, oltre adessere uno strumento di formazione sulTQM, ricco di molti esempi esplicativi, ri-sulta essere anche un valido supporto nell’e-laborazione del RAV e del successivo pianodi miglioramento.Ha concluso il convegno una tavola roton-da, condotta dal DS vito Infante (responsa-bile Rete Sirq di Torino), alla quale hannopartecipato, oltre ai precedenti relatori, i co-ordinatori delle territoriali AICQ Education:Pasqualin (AICQ Triveneto), Pelli (AICQ To-sco-ligure), Scriva (AICQ Piemonte) e ladott.ssa Trovò in qualità di rappresentantedel Forum Genitori torinese, interlocutoriprimari con i quali le scuole sono chiamatea confrontarsi (proprio a tale scopo già alcu-ne di esse hanno invitato genitori ed allievia far parte proprio dei gruppi di lavoro sulSNV). Anche la dott.ssa Trovò, nel suo inter-vento, ha auspicato che le scuole affrontinoquesto percorso triennale in modo serenoma costruttivo, affinché tutto questo non sitrasformi solamente in un mero adempi-mento burocratico ma le spinga a lavorareverso il miglioramento coinvolgendo tutte lecomponenti della scuola.I presenti hanno infine risposto ad alcunedomande del pubblico, legate essenzial-mente alla grande difficoltà dei dirigentiscolastici, nel richiedere un grande impegnoai propri docenti a fronte di scarse risorseeconomiche messe a disposizione.I vari rappresentanti delle associazioni terri-toriali della Federazione AICQ, tutti facentiparte del GLSNV, hanno presentano allaplatea esempi di “buone pratiche” utilizzatenelle scuole durante tutta la loro lunga espe-rienza sia come capi di istituto sia come tu-tor e formatori. Molti di questi lavori sonoreperibili sul sito in allestimento del GL-SNV: www.valutazionescuole.it.Gli atti del convegno sono stati inseriti sulportale di AICQ [www.aicqna.com].

RENZA ANNA GALLOdocente e responsabile Accreditamento I.I.S.

Andriano – Castelnuovo Don Bosco (AT),

componente nucleo AICQ Education Piemonte

e membro consiglio direttivo AICQ Education,

consulente INDIRE nell’ambito del progetto

Vales

[email protected]

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

La gestione per la sicurezzaLe attività per la sicurezza richiedono unapproccio sistematico, quantitativo e ogget-tivo, tanto nella fase di progettazione,quanto in quella di esercizio e di gestione.Ciò porta a considerare l’ambito di una di-sciplina, l’Ingegneria della Sicurezza, il cuicampo di applicazione, anche alla lucedelle nuove norme di legge e dei dati stati-stici sugli infortuni, è destinato ad ampliarsiconsiderevolmente, andando al di là del-l’attenzione alle attività produttive caratte-rizzate da rischi particolari e/o rilevanti, ovegià rappresenta un’area di attività consoli-data.Ciò appare particolarmente vero nel nostroPaese, nel quale l’attività imprenditoriale dipiccola e media dimensione e artigiana,come è ben noto, è particolarmente svilup-pata attività di servizio a fronte di quelleindustriali classiche (trasformazione, assem-blaggio, e così via), generalmente conside-rate più rischiose.Le informazioni statistiche relative all’anda-mento delle attività produttive, al numerodi occupati e al numero di infortuni che siverificano risultano significative ai fini delleconsiderazioni che si fanno: a fronte di unaproduzione interna stagnante e di un decre-mento nel numero di occupati, si osserva,

infatti, come il numero complessivo degliinfortuni, pur diminuendo, continua ad es-sere di entità tale da rappresentare ancoraoggi «una emergenza da gestire».Le conseguenze di questa “emergenza”, siasul piano sociale, sia sul piano economico,spingono inevitabilmente a cercare soluzio-ni caratterizzate da un nuovo approccio si-stemico che sia comunque metodologica-mente corretto e sostenibile nelle differentisituazioni che si possono presentare. Lo svi-luppo cioè di una disciplina che non si limi-ti a descrivere gli elementi antinfortunistici ele situazioni tipiche in cui questi possonotrovare applicazione, bensì fornisca gli stru-menti concettuali, i modelli e le metodolo-gie per affrontare in termini sistemici unagestione per la sicurezza a 360°, che coin-volga cioè tutti gli ambiti dell’organizzazio-ne e che sia valutata anche sotto il profiloeconomico. Una disciplina quindi che nonpuò non dare rilievo a due aspetti speculari,quello della gestione della sicurezza dei si-stemi complessi e quello della gestione del-la complessità che si prospetta nell’affronta-re i problemi tipici della sicurezza.L’emanazione - già da qualche anno - distandard internazionali sul tema della ge-stione per la sicurezza (OHSAS 18001 e inun futuro ormai prossimo l’ISO 45001), ol-

tre che l’orientamento assunto dal Legisla-tore a proposito delle attività industriali par-ticolarmente pericolose, fanno sì che il te-ma della gestione per la sicurezza goda og-gi di una certa attenzione, anche se ancoralontana da quella di cui godono i ben piùdiffusi sistemi di gestione per la qualità e isistemi di gestione per l’ambiente. La spiegazione di ciò è probabilmente lega-ta al carattere cogente che la sicurezza rive-ste, oltre che all’orientamento ancora pre-valente che porta spesso gli imprenditori aconsiderare come stakeholder solamentequelli esterni dell’azienda e non, anche, glistessi lavoratori. Un’ulteriore spiegazione èforse riconducibile alla resistenza sponta-nea offerta alla eventualità di conformare iprocessi della propria azienda ai requisitidella gestione per la sicurezza fissati nellanormativa internazionale, che possono ap-parire talvolta eccessivi, in special modoper piccole realtà produttive.

Il Premio «Imprese per la Sicurezza»Con l‘obiettivo di far crescere il “Sistema Si-curezza Italia”, Confindustria, INAIL, Ac-credia e APQI (il cui fine statutario è quellodi sviluppare e diffondere strumenti per lavalutazione e il miglioramento delle orga-nizzazioni pubbliche e private), si sono im-pegnate a promuovere iniziative ad ampiospettro per sensibilizzare tutti gli stakehol-der verso la ricerca di un nuovo modellomanageriale per la gestione della sicurezzae la diffusione di best practice settoriali. Ilpunto di arrivo più importante di questanuova collaborazione è stato il lancio, nel2011, del “Premio Imprese per la sicurez-za” giunto nel 2014 alla sua terza edizione,che ha come riferimento un Framework per

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Premio «Imprese per la Sicurezza»

>> rino BErtOrEllI, massimo trONCI

Tem

a

Enhancing the “Safety System” of Italy. "Total Safety Management" is a subject on which

we can and must play an important role to empower the issue of safety in our country

and face in a systemic manner the improvement of safety management.

With this goal Confindustria, INAIL, Accredia, and APQI have undertaken initiatives to

promote a broad spectrum of initiatives to sensitize all stakeholders towards the search

for new management models for safety management and dissemination of best practices.

The paper explains the model, the assessment process and the results of the three years of

"Premio Imprese per la Sicurezza" which is offering a significant contribution to the pro-

cess of diffusion of a safety culture that involves the entire Italian production system.

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la Salute e Sicurezza sul Lavoro (FSSL) chein pratica è un vero e proprio modello diTotal Safety Management (TSM), sviluppa-to al fine di offrire un significativo contribu-to al processo di diffusione della culturadella sicurezza che coinvolge tutto il siste-ma produttivo italiano.Gli obiettivi del Premio possono così esseresintetizzati:•creare cultura di impresa sul Total Safety Ma-

nagement fornendo un quadro di riferimentointegrato per l’eccellenza nella gestione del-la sicurezza nelle organizzazioni;

•fornire strumenti di gestione per la sicurez-za e, soprattutto, di misura delle prestazio-ni organizzative (tramite appropriati indi-catori) basati su modelli riconosciuti a li-vello internazionale;

•migliorare le prestazioni aziendali attraver-so uno strumento di auto-diagnosi che per-metta di identificare le opportunità di cre-scita della propria capacità di gestione e diinnovazione nell’ambito della sicurezza;

•premiare le imprese che si contraddistin-guono per l’eccellenza del processo di ge-stione e, in particolare, dei risultati per lasicurezza conseguiti, attraverso un’iniziati-va di ampia visibilità a livello nazionale.

I riferimenti per lo sviluppo e la realizzazio-ne del Premio sono i modelli internazional-mente riconosciuti per il Total Quality Ma-nagement (TQM) e per i sistemi di gestioneper la sicurezza in una logica propria delTotal Safety Management: il Modello EFQM2013 dell’European Foundation for QualityManagement come base di riferimento perl’impianto generale del Premio e lo standardOHSAS 18001 e le linee guida UNI-INAILper i Sistemi di Gestione per la Sicurezza.

Il Premio vuole in sostanza misurare il livel-lo di innovazione a 360° per la sicurezza edil grado di consapevolezza cui l’impresa èpervenuta, facendone emergere i profili piùrimarchevoli, assegnando un riconoscimen-to alle migliori aziende, capaci di mantene-re e accrescere il proprio vantaggio compe-titivo attraverso la sicurezza e offrire allostesso tempo a tutte le aziende partecipantil’opportunità di effettuare, attraverso la com-pilazione del questionario on-line, uncheck-up approfondito sulla loro situazionein materia di gestione per la sicurezza.Il premio, che ha ottenuto l'alto patronatodel Presidente della Repubblica, è rivolto atutte le imprese, anche non aderenti al si-stema Confindustria, e viene assegnato asei categorie di aziende distinte per tipolo-gia di rischio (alto o medio-basso) e per di-mensione (imprese con un numero di di-pendenti minore o uguale a 50, compresotra 51 e 250, oltre 250).I premi sono assegnati alle aziende in fun-zione della fascia di punteggio ottenuto aseguito delle valutazioni: alla fascia più altasono assegnati gli Award, a seguire i Prize.Sono conferite menzioni per le aziende chehanno sviluppato iniziati -ve/progetti speci-fici ad esempio in tema di formazione/infor-mazione dei lavoratori, gestione degli ap-palti/subappalti, o progetti innovativi in ma-teria di salute e sicurezza sul lavoro.

Il Modello di Total SafetyManagement e il processo divalutazioneLa valutazione fa riferimento al frameworkche definisce le linee guida e metrica perconsentire alle organizzazioni di valutarsi

al fine di individuare i punti di forza e learee da migliorare in tema di gestione perla salute e sicurezza allo scopo di consenti-re azioni di miglioramento e sviluppo, sullabase di risultati di analisi delle reali situa-zioni effettuate a fronte di modelli di consi-stenza e valenza sia sul piano scientificoche di riconoscimento e adozione interna-zionale.La metodologia adottata per la valutazionedelle imprese partecipanti fa riferimento,come già ricordato, a un modello di TotalSafety Management mutuato dalle espe-rienze maturate nell’ambito del TQM - e inparticolare al Modello di Eccellenza del-l’EFQM - e al Modello per la valutazionedell’innovazione utilizzato per il PremioImprese per l’Innovazione.Il modello di riferimento del Premio Impre-se per la Sicurezza è riportato in figura n. 1. II Premio si svolge in due fasi; nella primale imprese compilano tre questionari on-li-ne presenti nella homepage del sito Confin-dustria. Sulla base dei risultati di questa au-tovalutazione il Comitato Tecnico Scientifi-co (composto da esperti di Confindustria,INAIL, APQI ed Accredia) predispone unagraduatoria delle migliori aziende perognuna delle classi dimensionali individua-te e differenziate per tipologia di rischio. Le aziende selezionate, in base al punteg-gio più alto, sono successivamente coinvol-te in un approfondito processo di valutazio-ne a integrazione della precedente compi-lazione dei questionari, con visite in sededa parte di un team di valutatori esperticomposto da Inail, APQI e Accredia.La valutazione sul campo delle aziendeviene sviluppata sulla base di una check list(tratta dal modello TSM) che definisce unset di 146 aree da valutare suddivise perciascuno dei 28 sottocriteri riferiti agli 8 cri-teri del modello secondo lo schema riporta-to in tabella n. 1.

I numeri del Premio Imprese perla Sicurezza I numeri delle prime tre edizioni del PremioImprese per la Sicurezza (2012, 2013 e2014) sono di seguito riportati:•600 imprese si sono registrate per la com-

pilazione;•406 imprese hanno compilato il questiona-

rio on line;•144 imprese sono state invitate a scrivere

y Premio «Imprese per la Sicurezza» yTem

a35

> Figura 1 - Il Modello del Premio Imprese per la Sicurezza

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

una Application (solo per le edizioni 2013e 2014);

•112 hanno inviato l’Application (solo perle edizioni 2013 e 2014);

•62 sono state ammesse alla visita sul posto;•6 si sono ritirate;•56 hanno ricevuto la visita.I punteggi complessivi degli award sono di

seguito riportati con riferimento alle mediedelle 56 imprese ammesse alla fase finalerelativamente ai 28 sottocriteri della checklist per i quali si articola la valutazione.

y Sicurezze & Sicurezza yTe

ma

36

1. Leadership per la salute e sicurezza sul lavoro

1.1 I leader promuovono il TSM e una cultura per la salute e la sicurezza sul lavoro a tutti i livelli dell’organizzazione e si comportano come modelli

di ruolo?

1.2 I leader sono coinvolti in prima persona nel definire, monitorare, riesaminare e migliorare il sistema di gestione dell’organizzazione per la salute

e sicurezza unitamente ad appropriati modi di lavorare a favore della sicurezza?

1.3 I leader interagiscono con gli stakeholder esterni per identificare opportunità e promuovere la gestione per la salute e sicurezza sul lavoro?

1.4 I leader lavorano fianco a fianco con il personale per identificare opportunità e promuovere la gestione per la salute e sicurezza sul lavoro?

1.5 I leader assicurano che l’organizzazione sia flessibile e in grado di gestire con efficacia il cambiamento per la salute e sicurezza sul lavoro?

2. Politiche e Strategie per la salute e sicurezza sul lavoro

2.1 La strategia per la salute e sicurezza sul lavoro si basa sulla capacità dell’organizzazione di esplorare e individuare, su base continuativa, nuove

opportunità, nuovi modelli organizzativi, nuovi processi, nuove tecnologie e nuovi obiettivi?

2.2 La strategia per la salute e sicurezza sul lavoro si basa sulla capacità dell’organizzazione di conoscere e comprendere le prestazioni e le capacità

interne?

2.3 L’organizzazione definisce, riesamina e aggiorna la politica e le strategie per la salute e sicurezza sul lavoro, definisce una struttura organizzativa

e un sistema di management coerenti con la politica per la salute e sicurezza?

2.4 L’organizzazione comunica le strategie per la salute e la sicurezza sul lavoro, le attua attraverso piani e programmi coerenti con le strategie del-

l’organizzazione, le monitora e le riesamina?

3. Personale e la salute e sicurezza sul lavoro

3.1 L’organizzazione sviluppa approcci e iniziative per lo sviluppo delle risorse umane a supporto della salute e sicurezza sul lavoro?

3.2 Il personale è formato per contribuire attivamente alla salute e sicurezza sul lavoro?

3.3 I ruoli, le responsabilità e gli obiettivi individuali e di gruppo sono assegnati coerentemente con gli obiettivi di salute e sicurezza sul lavoro del-

l’organizzazione?

3.4 Comunicazione, partecipazione e consultazione?

4. Partnership e risorse per la salute e sicurezza sul lavoro

4.1 L’organizzazione instaura e gestisce partnership per la salute e sicurezza sul lavoro con particolare riferimento alla gestione dei fornitori e al con-

trollo dei contractor?

4.2 La salute e sicurezza sul lavoro viene finanziata?

4.3 Gli asset immobiliari e tecnologici vengono gestiti coerentemente con gli obiettivi per la salute e sicurezza sul lavoro?

4.4 Le tecnologie per la salute e sicurezza sul lavoro vengono acquisite e gestite?

4.5 Le risorse informative e le conoscenze per la salute e sicurezza sul lavoro vengono gestite?

5. Processi per la salute e sicurezza sul lavoro

5.1 I processi per la salute e sicurezza sul lavoro vengono progettati e gestiti?

5.2 La salute e la sicurezza sul lavoro nelle attività operative viene gestita?

5.3 La gestione per la salute e sicurezza sul lavoro viene sistematicamente monitorata?

5.4 La gestione per la salute e sicurezza sul lavoro viene sistematicamente riesaminata e migliorata con il contributo del personale, dei contractor e

dei partner?

6. L’organizzazione può dimostrare, tramite risultati quantitativi documentati, che sta ottenendo prestazioni di rilievo nella gestione per la salute

e sicurezza sul lavoro?

6.1 Misure della percezione da parte dei “clienti della salute e sicurezza” dell’organizzazione

6.2 Indicatori di prestazione per monitorare, analizzare, comprendere, prevedere e migliorare le prestazioni dell’organizzazione nella gestione per la

salute e sicurezza

7. L’organizzazione può dimostrare, tramite risultati quantitativi documentati, quanto la gestione del personale, a livello individuale e/o di team,

contribuisce alla gestione per la salute e sicurezza sul lavoro?

7.1 Misure della percezione del personale nei riguardi degli aspetti di salute e sicurezza nell’organizzazione

7.2 Indicatori di prestazione per monitorare, analizzare, comprendere, prevedere e migliorare le

8. L’organizzazione può dimostrare, tramite risultati quantitativi documentati, che attraverso la gestione per la salute e sicurezza sul lavoro sta

ottenendo risultati economici di rilievo?

8.1 Risultati chiave di prestazione che dimostrano il successo dello sviluppo delle strategie per la salute e sicurezza dell’organizzazione

8.2 Indicatori chiave di prestazione per misurare i risultati operativi in termini di salute e sicurezza dell’organizzazione

n BIBLIOGRAFIA• AA.VV., (2009), Linee Guida e Buone Prassi per l’Inno-

vazione, APQI, Confindustria, Consorzio QUINN, 2009.

• Bertorelli G., Tronci M., (2012), Il Framework per la Sa-

lute e Sicurezza, ACCREDIA, APQI, Confindustria, INAIL,

2012.

• BSI, OHSAS 18001 Sistemi di gestione per la salute e si-

curezza sul lavoro. Requisiti, 2007.

• EFQM, (2013), Il Modello EFQM per l’Eccellenza 2013.

• UNI, INAIL, Linee Guida per un sistema di gestione del-

la salute e sicurezza sul lavoro (SGSL), 2001.

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

y Premio «Imprese per la Sicurezza» yTem

a37

> Figura 2 - I risultati delle prime tre edizioni del Premio Imprese per la Sicurezza

aICQ & ConsultazIone anaC sulla prevenzIone della CorruzIone nelle parteCIpate dalla pa

Sul sito del Comitato “Qualità del software e dei servizi IT” di AICQ vengono fornite informazioni relativa al contributo assicurato dallo stesso

alla consultazione ANAC sulla prevenzione della corruzione nelle partecipate dalla Pubblica Amministrazione.

[http://softwareict.aicqna.com/2015/04/24/aicq-e-la-consultazione-anac-sulla-prevenzione-della-corruzione-nelle-partecipate-dalla-pa/]

Il Comitato Qualità del Software e Servizi IT di AICQ, in collaborazione con l’associazione interdisciplinare senza finalità di lucro Centro Studi di

Informatica Giuridica di Ivrea-Torino [www.csigivreatorino.it], ha partecipato alla consultazione indetta dall’ANAC [Autorità Nazionale Anticor-

ruzione] sullo schema di delibera «Linee guida per l’attuazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da par-

te delle società e degli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici economici».

La direttiva costituisce un prezioso strumento finalizzato a rafforzare i presidi di controllo e contrasto a fenomeni lesivi dell’interesse pubblico

e della corretta gestione delle risorse nelle società e negli enti di diritto privato controllati e partecipati dalle pubbliche amminisrazioni.

In ottica migliorativa, sono state proposte note e modifiche nelle sezioni rubricate:

•2.1.1. “Piano triennale di prevenzione della corruzione”: viene suggerito di approfondire la prevista individuazione nel «Codice di comportamento»

delle figure di consulenza chiamate a dirimere incertezze interpretative;

•2.1.2 “Responsabile della prevenzione della corruzione”: viene suggerito

a)di non prevedere la modifica dello statuto (nell’ottica di snellimento, economicità e semplificazione) se non quando questa sia prevista per al-

tri motivi, perché costituisce un onere e un costo per le società. Viene suggerito, invece, di provvedere con una semplice delibera del C. di A.;

b)di far prevedere l’assegnazione di adeguare risorse per lo svolgimento del delicato ruolo (al fine di assicurargli l’autonomia), insieme con la

costituzione di una rete di figure interne e di uno staff di supporto al responsabile, nonché l’obbligo di formazione, informazione ed aggiorna-

mento professionale;

c)di evidenziare che la vigilanza periodica dovrebbe essere esercitata in ogni caso da un professionista qualificato nella verifica dell’esistenza di

metodiche e di strumenti adeguati al controllo. Il professionista dovrebbe essere iscritto in un apposito elenco;

d)di approfondire meglio le sinergie fra il modello del D Lgs n 231 e il piano anticorruzione per adottare una visione più flessibile che contempli

anche la possibilità di assegnarne la responsabilità ad un soggetto esterno;

•2.1.3. “La trasparenza”: si è suggerito di rafforzare il profilo della pubblicazione dei dati [i cosiddetti “open data”] con modalità standard comu-

ni relativamente ad una stessa tipologia di dati, in modo che siano facilmente accessibili, comparabili ed elaborabili anche da semplici cittadini;

•Allegato 1) 6) “Bilancio (art. 29, d.lgs. 33/2013)”: viene proposto di depennare il riferimento alle “Informazioni strategiche”.

Il testo integrale del contributo - elaborato da Mauro ALOVISIO (presidente del Centro Studi Informatica Giuridica di Ivrea Torino) e da

Antonio RASSU (vicepresidente del Comitato AICQ “Qualità del software e dei servizi ICT”) - è consultabile sul sito www.softwareict.aicq-

na.com.

Spigolatu

re

RINO BERTORELLIAssociazione Premio Qualità Italia (APQI)

[email protected]

MASSIMO TRONCIUniversità di Roma “La Sapienza”,

Associazione Premio Qualità Italia

[email protected]

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

PremessaPer la corretta gestione delle attrezzaturea pressione è necessario eseguire regolar-mente tutta una serie di controlli che evi-denziano situazioni di danno e/o deterio-ramento delle caratteristiche meccanichedelle membrature. In particolare, la corro-sione è un fenomeno diffuso che interessatutti i tipi di materiali, in un metallo la su-perficie in contatto con l'ambiente diven-ta suscettibile di corrosione, che manife-sta in sé aspetti molto diversi. Le tecniche non distruttive “CND” (Control-li Non Distruttivi: liquidi penetranti, raggi X,ultrasuoni, e così via) possono essere utiliper esaminare: qualità e condizione deimateriali durante la vita operativa, in mododa poter intervenire in tempo utile per evi-tare delle conseguenze disastrose. Per im-postare il fattore corrosione, si sono analiz-zate alcune distribuzioni di affidabilità tracui quella di Weibull. Tale approccio èmolto importante, in quanto aiuta a preve-dere il momento della fase critica della cor-rosione cioè il guasto che in questo conte-sto può considerarsi il raggiungimento dicondizioni critiche sui materiali. Disposizioni legislative

Gli apparecchi a pressione sono stati sem-pre oggetto di specifica legislazione ine-

rente alla loro sicurezza. Il Decreto Legis-lativo n. 81/2008, di fatto perfettamentein linea con le disposizioni di cui al D.M.329/2004, prevede gli obblighi per gli uti-lizzatori che possono essere i seguenti:•verifica messa in servizio [articolo 4];•denuncia di messa in servizio [articolo 6];•verifiche di riqualificazione periodica [ar-

ticolo 10];•riparazioni e modifiche [ articolo14].Inoltre, il D.M. 11 aprile 2011 disciplinale procedure di denuncia e le modalità dieffettuazione delle verifiche periodiche cuisono sottoposte le attrezzature di lavorodefinite all'allegato VII del D.Lgs. n.81/2008. Per verifiche di riqualificazionesono state individuate, dal legislatore, siale verifiche di funzionamento, che le veri-fiche di integrità. Inoltre, nel rispetto delleprescrizioni indicate al comma 5 dell’arti-colo 10 del D.M. 329/04, è possibile effet-tuare ispezioni alternative e con periodi-cità differenti da quelle elencate nelle ta-belle di cui agli allegati A e B, ma tali dagarantire un livello di sicurezza equivalen-te. L’approccio RBI sta diventando semprepiù un'alternativa interessante e vantaggio-sa rispetto alle ispezioni tradizionali, taleda portare un valore aggiunto.Analisi di rischio

Da un punto di vista strategico il rischio èsempre descrivibile come opzione tra dif-ferenti tecniche di intervento e ciò con-sente di assegnare le priorità, individuan-do le attività più a rischio e pianificare lagestione delle criticità. La stima del ri-schio associato ad un qualsiasi evento,cioè, l'analisi di rischio, sono sempre ca-ratterizzate da un certo grado di incertez-za, che può essere più o meno elevato aseconda del livello della conoscenza dei

fenomeni in gioco. Ne deriva un’incertez-za sul valore dei parametri del modello esulle ipotesi che ne formano la struttura.

Valutazione del rischiocorrosioneLa conoscenza dei meccanismi di deterio-ramento, insieme con i risultati delle ispe-zioni, permette di concentrare l’attenzio-ne sulle aree critiche soggette a fenomenidi corrosione. La durata di vita previstaper ciascuna entità può essere determina-ta estrapolando i dati dei controlli effet-tuati ove possibile oppure con metodiprobabilistici, dove non abbiamo suffi-ciente informazioni. Sulla base dei valoriassociati desumibili dalla suddetta analisi,è possibile determinare il tempo all’ispe-zione, le caratteristiche del tipo di corro-sione, la sua velocità e l'entità dei danni.Lo svantaggio del metodo è che i mecca-nismi di deterioramento su parte nonispezionabili, come quelli che danno in-dicazioni di corrosione poco prima delfallimento, sono molto difficili da preve-dere. Data la carenza di modelli di previ-sione della corrosione, diverse tecnichestatistiche sono state proposte e ognunasegue un proprio algoritmo di cui si pre-vede la stima della velocità di corrosione.

MetodologiaLa determinazione del rischio è legata allaprobabilità che un dato evento dannosopossa accadere e alle conseguenze chequesto può causare. Negli ultimi anni l'ap-proccio ingegneristico RBI (Risk Based In-

spection) viene utilizzato per garantirel'integrità e il funzionamento dell'impian-to in modo da garantire il regolare funzio-namento in sicurezza. L’approccio deno-

38y Sicurezze & Sicurezza y

Gestione del rischio nelleattrezzature a pressione

>>

Tem

a

The use of statistical models, for the study

of local corrosion, is characterized by the

results of the probabilistic type, and these

considerations are essential for preventive

maintenance. Then optimize resources in-

spections and maintenance has as its ob-

jective the development of strategies and

plans for control and management that

can give results more acceptable.

Francesco tAUrASI, Salvatore PErNA

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

minato Risk Based Inspection è ormai am-piamente consolidato in ambito petrolchi-mico, contesto nel quale risulta codificatodalle Practice API RP 580 e 581. La meto-dologia RBI permette di concentrarsi supochi elementi critici che potranno dare ilmassimo ritorno sulle spese di gestione.L’analisi delle apparecchiature a pressionefatta con il metodo RBI (Risk Based In-

spection) prevede un programma di ispe-zioni con l'obiettivo di ridurre i rischi allasalute, alla sicurezza e all’ambiente, amassimizzare l’utilizzo delle risorse. Leispezioni “Basate sul Rischio” consentonodi: definire la criticità per ogni singolocomponente, creare una priorità per leispezioni basandosi sulle criticità e foca-lizzare l’attenzione sui danneggiamentiprevisti. Le probabilità di danneggiamentoe le conseguenze sono definite sulla basedi fattori qualitativi di probabilità “LoF” edi conseguenza “CoF” che combinati for-niscono la criticità “RoF” così come rap-presentato in figura n. 1. Determinazione della probabilità di dan-no (LoF)

Ai fini della valutazione degli effetti dispecifici meccanismi di danno sulla pro-babilità di guasto, l’API 581 riporta ap-pendici in cui sono presenti metodi siste-matici denominati Moduli Tecnici (Tech-

nical Modules) che si prefiggono i se-guenti obiettivi: I. monitorare i meccanismi di danno per

normali e anormali condizioni operative;

II. stabilire la velocità del danno nell’am-biente;

III. quantificare l’efficienza del program-ma di ispezioni;

IV. calcolare il fattore di modifica che de-ve essere applicato ad una “generica”frequenza di danno.

I Moduli Tecnici, specifici per ogni tipo dimeccanismo di danno, valutano due di-verse categorie di informazioni: a. velocità di deterioramento del materia-

le di costruzione dell’oggetto dell’ap-parecchiatura, dovuta al suo specificoambiente operativo;

b. efficacia del programma del piano diispezioni al fine di identificare e moni-torare i meccanismi di danno operativiprioritari.

Inoltre, questi Moduli prendono in consi-derazione, andando a modificare la pro-babilità di danno, tutte quelle condizio-

ni operative “straordinarie” che posso-no comportare una velocità del danno digran lunga superiore a quella standard,come ad esempio le fasi di start-up e/o difermata dell’impianto. Determinazione della conseguenze di

rottura (CoF)

L’analisi delle conseguenze del dannoall’attrezzatura deve essere focalizzatasulla capacità del danno e conseguentieventi che possono inficiare su importantitemi come: “Salute e Sicurezza”, “Am-biente” ed “Economia”. Al fine di valutare gli effetti causati da uneventuale rilascio di fluido da sistemi apressione, o che contengono prodotti pe-ricolosi, è necessario conoscere: •la composizione del fluido contenuto e le

sue caratteristiche fisico chimiche;•la potenziale area di rilascio considera-

to il modo di guasto ed il tipo di appa-recchiatura;

•la pressione, la temperatura ed il rate concui potrebbe avvenire il rilascio;

•la quantità totale di fluido coinvolto nel-l’eventuale rilascio;

•le misure per il rilevamento della rottura operdita;

•la fase finale del fluido una volta che vie-ne a contatto con l’atmosfera;

•i sistemi di mitigazione delle conseguen-ze del rilascio.

Lo scopo dello studio RBI è di ridurre il ri-schio RoF (Livello di rischio) ad un livelloche sia il più basso possibile (ALARP - As

Low As Reasonably Praticable). Questoprincipio implica che occorre mettere inatto tutte le modifiche possibili al fine diridurre il RoF di una entità, tenendo inconsiderazione anche i costi, tempi edimpegno necessario per raggiungere tale

y Gestione del rischio nelle attrezzature a pressione yTem

a39

> Figura 1 - Fasi della metodologia RBI

Raccolta informazioni

Calcolo del RoF - Criticità

Pianificazione Ispezioni

Individuazione Meccanismi di Danno

Revisione Piano Ispezione

Probabilità di Danno - LoF Conseguenza del Danno - CoF

COF - Consequence Category

A B C D E

LOF

- L

ikel

ihoo

d C

ateg

ory 5

4

3

2

1

RISCHIO

ALTA

MEDIO-ALTA

MEDIA

BASSA

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

scopo, occorre bilanciare i benefici e icosti necessari per raggiungere lo scopo.

Quantificazione delle probabilitàdi accadimentoL’analisi del rischio porta con sé due concet-ti base: il concetto di evento incidentale equello di danno. E’ importante stabilire laprobabilità con cui un fenomeno possa ac-cadere e cosa succede se questo accade.Per ottenere queste informazioni viene inaiuto la teoria dell’affidabilità. L’affidabilità èl’abilità di un oggetto a compiere corretta-mente, in un intervallo di tempo, la funzio-ne assegnata date le condizioni ambientali edi sollecitazione in cui opera. Questa defini-zione di affidabilità mette in relazione quat-tro elementi:•probabilità; •requisiti di funzionamento; •tempo; •condizioni di funzionamento.Uno strumento per combinare le probabilitàcon le conseguenze e di dare una risposta alprocesso decisionale è la matrice di rischio.In un piano cartesiano ortogonale X-Y, ven-gono rappresentate in ascisse la severitàdelle conseguenze e in ordinate le frequen-ze di accadimento. Il passo successivo dellostudio è lo sviluppo di un piano di ispezio-ne basandosi sui meccanismi di danno indi-viduati per ogni singolo apparecchio/entità.Il piano di ispezione considera gli intervallidi ispezione, lo scopo dell’ispezione, i me-todi e i dati storici di precedenti ispezioni,controlli e manutenzioni effettuate. Il pianodi ispezione deve essere tale da assicurareche il rischio residuo dell’entità/ap parecchiosia in accordo con il principio ALARP.

Degrado dei componentiLe varie tipologie di corrosione sono tuttelegate all'aspetto che assume il metallo sot-

toposto a corrosione. Le forme di decadi-mento dei materiali metallici possono esse-re riunite in quattro gruppi:•corrosione generalizzata;•vaiolatura (o pitting) e corrosione in fessu-

ra;•corrosione sotto sforzo;•corrosione intergranulare o attacco seletti-

vo.La corrosione generalizzata, è la corrosioneche interessa tutta la superficie, o ampiaparte di essa, di un metallo esposto ad unambiente aggressivo. Si distingue tra corro-sione generalizzata uniforme o disunifor-me: nel primo caso la corrosione è la stessasu tutta la superficie, mentre nel secondocaso segue un profilo più o meno regolare.In relazione al meccanismo, la corrosionegeneralizzata comporta la sostanziale coin-cidenza e sovrapposizione tra aree anodi-che e aree catodiche.La corrosione per vaiolatura (altrimenti dal-l'inglese detta pitting) provoca la formazio-ne localizzata di buchi che si presentanocome attacchi estremamente localizzati,detti pit, che dalla superficie penetrano at-traverso lo spessore del metallo a velocitàspesso molto elevata. Le vaiolature o pit, lecui dimensioni variano da poche decine dimicron sino ad alcuni millimetri, si inne-scano e si propagano in punti singolari,mentre la gran parte della superficie metal-lica esposta all’ambiente resta inalterata.Sono ardue da scoprire in quanto sonomolto piccole e possono essere coperte daprodotti di corrosione; il numero può varia-re e risulta difficile in certi casi effettuareuna stima precisa dei danni procurati. Nel meccanismo si distinguono due stadi:l’innesco e la propagazione. Gli interventi preventivi, del pitting, sonoorientati alla fase di innesco, piuttosto chealla propagazione. Infatti, una volta inne-

scato un pit, è molto difficile arrestarne lapropagazione.La corrosione in fessura o interstiziale (altri-menti detta dall'inglese crevice corrosion) èuna tipologia di corrosione localizzata chesi può presentare nelle fessure o al di sottodi superfici schermate in cui ci possono es-sere soluzioni stagnanti. La corrosione sotto sforzo (altrimenti dal-l'inglese detta SCC ovvero Stress Corrosion

Cracking) è provocata dalla presenza dicricche nel metallo dovuta all'azione com-binata di una sollecitazione a trazione edalla presenza di un determinato ambientecorrosivo. Una volta che la cricca è inne-scata, la sua propagazione ha luogo perazione combinata dell’ambiente corrosivoe degli sforzi applicati. Accade, nella fatti-specie, che la superficie del metallo vengacorrosa poco, mentre l'interno del metalloè sede di cricche fortemente localizzateche vi si propagano. L’innesco è favorito ol-tre che dall’ambiente, dalla presenza di sitidi concentrazione degli sforzi: intagli o fori,saldature e rugosità superficiali. Se l’am-biente non è in grado di promuovere laSCC lo può divenire in seguito ad attacchilocalizzati (pitting o intestiziali). Tale tipo dicorrosione si manifesta con la comparsa dicricche, giacenti in piani perpendicolari al-la direzione della sollecitazione. La corrosione intergranulare, rilevabile sol-tanto al microscopio, è caratterizzata dauna soluzione localizzata dei soli bordi deigrani senza interessare praticamente la ma-trice dei grani stessi e senza che il fenome-no si possa notare superficialmente. L’attac-co può avvenire sia a bordo grano, sia nellamatrice. Possono essere causati da tratta-menti di sensibilizzazione o da saldature.L’attacco selettivo porta in soluzione l’ele-mento più reattivo, mentre rimane in legaquello più nobile.Infragilimento da idrogeno, questo tipo dicedimento ha origine dall’ingresso di idroge-no atomico in un metallo. L’atomo di idroge-no ha un diametro piccolo rispetto a quellodi altri atomi e questo gli consente di occu-pare facilmente gli spazi vuoti all’interno delreticolo metallico. L'idrogeno nei metalli nealtera le caratteristiche meccaniche:•un aumento della fragilità;•diminuzione del modulo di elasticità;•aumento della durezza.I materiali utilizzati per le attrezzature a

y Sicurezze & Sicurezza yTe

ma

40

> Tabella 1 - Matrice per la determinazione dei rischi

1 2 3 4 5

>10-2

10-3 a 10-2

10-4 a 10-3

10-4 a 10-5

< 10-2

PoFCoF

pressione devono rispondere ai requisiti disicurezza previsti nella direttiva PED, lavo-rando nelle condizioni previste per un tem-po definito. Occorre quindi tenere conto,nella progettazione e nell’analisi dei rischi,dei possibili meccanismi di danno. Ognunodi questi meccanismi può provocare una opiù tipologie di danno, che vanno conside-rati sia all’atto della progettazione che nellaloro evoluzione nel tempo (analisi dei ri-schi, RES, mantenimento dei RES). L'analisi del degrado del materiale com-prende: la misurazione ed estrapolazionedei dati di degradazione che possono esse-re direttamente connessi ai presunti guasti,un livello di degradazione il quale ci diceche un guasto si verificherà. Il periodo di funzionamento di un dispositi-vo si conclude quando un qualsiasi fenome-no fisico-chimico prodottosi in una o piùdelle sue parti determina una variazionedelle prestazioni nominali tali da ritenereinaccettabile il comportamento del disposi-tivo stesso. Il dispositivo passa dallo stato difunzionamento a quello di avaria o guasto.

Modelli probabilistici I guasti inattesi dovuti alla corrosione av-vengono con maggiore probabilità a cau-sa di attacchi localizzati piuttosto che perattacchi uniformi (che possono essere fa-

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

cilmente rilevati); i componenti critici de-vono essere sottoposti a dei controlli perverificarne la durata in condizioni che ri-producano il più vicino possibile le con-dizioni di esercizio. Al fine di quantificarel’attitudine di un componente del sistemaad espletare il proprio compito si utilizzal’affidabilità (Reliability), R, definita comela probabilità che il sistema, messo in ser-vizio al tempo t=0, sia ancora funzionan-te al tempo t=T, vale a dire: R(t) = P(t >T);è una funzione monotona non crescentedel tempo e, in pratica, diminuisce pro-gressivamente nel tempo. L’affidabilità, R,è esprimibile a partire dalla distribuzionedi probabilità dei tempi al guasto (time tofailure), F(t), come R(t)=1-F(t). In genereun sistema complesso difficilmente è pos-sibile ricondurlo ad un generico sistemacon delle semplice tipologie: serie, paral-lelo e stand-by. Una scomposizione più sofisticata dei si-stemi si ottiene tramite l’utilizzo del teore-ma di Bayes: «l’affidabilità di un sistemacomplesso può essere ricavato da unasomma di affidabilità condizionate». Adesso focalizziamo l’attenzione sui ten-tativi di modellizzazione matematica del-le grandezze che caratterizzano i processidi corrosione per vaiolatura e interstiziale(pitting e crevice). L’uso di modelli di tipo

statistico per lo studio della corrosione lo-calizzata è suggerito dalla considerazioneche questi processi sono caratterizzati dauna variabilità esprimibile solo in terminiprobabilistici. Come riportato in letteratu-ra, questa osservazione è stata fatta giànel 1933 da Evans, uno dei primi scien-ziati che pose le basi razionali dello stu-dio dei fenomeni di corrosione.

Andamento caratteristico del tasso di guasto I valori di corrosione misurati su di uncomponente sono uno degli strumenti perl'analisi di affidabilità. Ci sono alcuni mo-delli di distribuzioni che coprono l’interavita e che sono stati utilizzati con succes-so per avere informazioni sui guasti, pos-siamo utilizzare l'estrapolazione usandouno dei seguenti modelli:•modello lineare y = ax + b•modello esponenziale y = beax

•la funzione a potenza y = bxa

•modello logaritmico y = ln(x)+ bdove:•y rappresenta la degradazione,•t rappresenta il tempo•b è un parametro del modello da calcolare. Il problema con cui abbiamo a che fareadesso consiste nel determinare con buo-na approssimazione una curva (funzione)che descriva il fenomeno a cui i dati ap-partengono. Lo scopo è quello di conosce-re l’andamento del fenomeno di osserva-zione. Consideriamo due tipi fondamenta-li di approssimazione (figura n. 2 e n. 3):•interpolazione;•approssimazione ai minimi quadrati. Tutte le informazioni necessarie a questoscopo vengono ricavate dai dati speri-mentali. Si supponga di voler stabilire se ivalori assunti da una certa variabile y e icorrispondenti valori assunti da un’altravariabile x siano in qualche modo corre-lati o del tutto indipendenti. La velocità di corrosione misurata su unatubazione è mostrata in figura 4; i dati so-no stati censurati da destra in quanto non èosservato il tempo in cui si verifica l’eventoatteso ma si sa solo che si verifica dopo untempo noto. Una valutazione sulla bontàd’adattamento dei dati sperimentali all’ipo-tesi statistica è fornita dal coefficiente dicorrelazione lineare R2 che consente didefinire la variabilità dei dati e la correttez-

y Gestione del rischio nelle attrezzature a pressione yTem

a41

> Figura 2 - Interpolazione > Figura 3 - Minimi quadrati

> Figura 4 - Calcolo della velocità di corrosione

Vel

ocit

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cor

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one

(mm

/ann

o)

Anno

0,3450,34

0,3350,33

0,3250,32

0,3150,31

0,3050,3

0 2 4 6 8 10 12 14 16

y = 0,0023x + 0,3048 - R2 = 0,8927

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

za del modello statistico utilizzato.Le previsioni circa la vita di un sistema ini-zia con l'analisi statistica dei risultati diprove di vita accelerate o dei valori ottenu-ti direttamente sul campo, è indispensabileper ottenere i valori dei parametri di unmodello di vita, poiché alla vita di un com-ponente ovvero di una attrezzatura a pres-sione occorre sempre associare la corri-spondente probabilità di guasto. Alcuni ri-cercatori hanno preso in considerazionegrandezze come la distribuzione dellamassima profondità delle fosse della corro-sione per vaiolatura (Gumbel, Weibull,ecc.). Individuare la legge di distribuzionedi probabilità che meglio si adatta ad uncampione di dati vuol dire individuare, trale tante leggi teoriche, quella il cui anda-mento alla curva di frequenza empirica delcampione si adatta meglio. La distribuzio-ne Weibull è molto usata in ambito inge-

gneristico ed è anche la più adatta per ladescrizione della corrosione dei materiali.

ConclusioniLe attrezzature a pressione operano in unampio range di pressioni e temperature esono in contatto con una grande varietà diambienti, pertanto è sempre molto aleato-rio poter prevedere, in generale, il com-portamento nel tempo del materiale. Leincertezze in un’analisi di rischio derivanodalla complessità dei sistemi e dei feno-meni presenti, dalla conseguente difficol-tà di modellazione, dalla carenza di datirelativi a guasti ed incidenti e dalla limita-tezza dei metodi utilizzati. L'obiettivo è larealizzazione di uno strumento statistico,basato sul concetto importante di affidabi-lità, per monitorare l'andamento nel tem-po dei fenomeni di corrosione delle attrez-zature a pressione, fornendoci uno stru-

mento utile per poter impostare un'ade-guata manutenzione preventiva.

n BIBLIOGRAFIA[1]Salek, M. Benhamou, M. Chahid, Scaling approach to

corrosion: comparison to experiment. International Jour-

nal of Academic Research, Vol. 3. No. 2. March, 2011.

[2]Yehuda Kleiner and Balvant Rajani, Characterization of

external corrosion pits in ductile iron pipes.

[3]F. Taurasi, Applicazione di una metodologia statistica

per l'analisi di rischio di apparecchi e tubazioni a pres-

sione. Convegno “SAFAP 2012”.

y Gestione del rischio nelle attrezzature a pressione yTe

ma

42

FRANCESCO TAuRASI, INAIL, settore ricerca, certificazione e verifica -

Dipartimento di Avellino

[email protected]

SALvATORE PERNAingegnere, esperto di settore

[email protected]

«vIvere la sICurezza: l’evoluzIone del personale da spettatore ad attore del Contesto organIzzatIvo»

Convegno nazionale aICQ - salute e sicurezza, firenze, 10 giugno 2015

Il Comitato AICQ Salute e Sicurezza ha organizzato per il prossimo 10 giugno a Firenze (presso il Centro di Formazione “il Fuligno” – Via Faen-

za, n. 48) un importante convegno nazionale sul tema «vivere la sicurezza: l’evoluzione del personale da spettatore ad attore del contesto or-

ganizzativo», con la presentazione di best practices e testimonianze. I lavori saranno focalizzati sulla gestione del personale; troppo spesso il

comportamento umano viene riconosciuta come la principale causa di malattie professionali, infortuni e incidenti. La cultura dei sistemi di ge-

stione concentra l’attenzione su questa tematica, mentre la vigente normativa (e la conseguente connessa attività giudiziaria) privilegiano gli

aspetti sanzionatori. Con il Convegno si vuole promuovere l’incontro/ confronto tra le differenti “visioni” di tutte le tipologie di addetti ai lavori;

attraverso le testimonianze, si vogliono affrontare coinvolgimento, sensibilizzazione, sistemi premianti per i comportamenti virtuosi.

Il Convegno è strutturato su tre sessioni: una plenaria (8.45 – 13) e due pomeridiane (14-18); i lavori saranno aperti da Claudio ROSSO presi-

dente nazionale di AICQ, da Marco MASI della Regione Toscana e da Diego CERRA presidente del Comitato “Salute e Sicurezza”;

•la sessione “plenaria” proseguirà con le relazioni: Sostenere crescita e competitività delle imprese promuovendo salute e sicurezza sul lavoro, Fa-

brizio BENEDETTI (CONTARP INAIL); salute e sicurezza e Risorse umane: debito giuridico, onere nel conto economico o un elemento di com-

petitività?, Riccardo BIANCONI (ACCREDIA); incentivi INAIL per la sicurezza sul lavoro, Fernando RENZETTI (CONTARP INAIL Toscana); Regi-

stri professionali secondo L. 4/2013. Evoluzione dei Registri AICQ-SICEv con riferimento alla salute e sicurezza, Roberto DE PARI (AICE SICEV);

valutare e premiare il Total Safety Management: il Premio Imprese per la Sicurezza, Massimo TRONCI (APQI; Sapienza Università di Roma).

•Nella sessione pomeridiana A – il coinvolgimento: Daily Safety Meeting, Franco MODEO (GETRAG); organizzazione dei soccorsi nei grandi can-

tieri dell’Av: esperienza della BO-FI e del valico dei Giovi, Carmine DAURIA (COCIV); coinvolgimento del personale e imprese appaltatrici nei

cantieri temporanei mobili, Claudio CENEDA e Claudia FORTUNA (ITALFERR); “minuto sicurezza” come strumento di coinvolgimento: caso

Saint Gobain vetri, Orestes DE SALVADOR (Verailia Saint Gobain Vetri); B-BS: coinvolgimento dei lavoratori per ottenere risultati misurabili di

sicurezza, Maria GATTI (AARBA).

•Nella sessione pomeridiana B – i rischi e le opportunità: gestione sicurezza nei laboratori universitari, Carosena MEOLA, Dipartimento di Inge-

gneria Industriale dell’Università Federico II di Napoli; Stress lavoro correlato: sperimentazione di un modello c/o struttura pubblica, Paolo CIT-

TI e Chiara PARRETTI, Università Guglielmo Marconi; gestione rischi nel lavoro all’estero, Alfredo TOMMASSONE (Ansaldo STS); profilo san-

zionatorio nel D.Lgs 231/2001 e nel D.Lgs. 81/2008: la recente giurisprudenza, Mario DUSI (avvocato, Milano e Monaco di Baviera); da pre-

venzione infortuni a benessere organizzativo: valori delle procedure, valore della persona, Carlo STROSCIA (SIPLO).

Ai primi 30 iscritti per sessione verrà rilasciato un attestato formativo RSPP e ASPP.

Maggiori informazioni di dettaglio si potranno avere sul sito www.aicqna.com ; via mail a [email protected]; telefonicamente a 02.66712484.

Spig

olat

ure

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

L’individuazione delle prescrizionilegislative ambientali applicabiliè premessa indispensabile peraderire ai modelli gestionali di-segnati dalla norma UNI EN ISO14001 e dal Regolamento EMAS.Lo sviluppo di un sistema di ge-stione ambientale presuppone, in-fatti, il rispetto degli adempimen-ti vigenti. Tale constatazione as-sume, in un paese quale l’Italia,caratterizzato da una legislazio-ne ambientale vasta, complessae frequentemente aggiornata, iconnotati di un’attività partico-larmente gravosa.La Matrice Legale di ConsulDarnasce con l’obiettivo di rispon-dere alle esigenze di tutti coloroche hanno la necessità di identi-ficare, selezionare e consultare lalegislazione ambientale (Consu-lenti, Auditors, RSGA).Il progetto ConsulDar nasce in Ar-gentina, grazie all’intuizione del-l’imprenditore Egidio Palermo,fondatore nel 1990 di un gruppoeditoriale, divenuto leader nel set-tore dell’aggiornamento legislati-vo. Il Sistema ConsulDar vede laluce nel 2010 e nel corso deglianni si è sviluppato, oltre che inArgentina, anche in Italia e daqualche mese in Uruguay.

ConsulDar è un innovativo siste-ma di aggiornamento legislativointeramente web based, caricatosu una piattaforma tecnologica-mente avanzata, caratterizzata daun’interfaccia intuitiva ed userfriendly. È consultabile esclusiva-mente online, mediante accesso,in Italia, all’area riservata del por-tale www.consuldar.it.L’architettura del sistema prevededue livelli. Il primo è costituito dauna Banca Dati Ambiente di oltre3.000 norme (Leggi, Decreti, Re-golamenti, Direttive, Circolari, Or-dinanze, Delibere, Comunica-ti…), suddivise in differenti ma-terie (acqua, aria, rifiuti, suolo…)selezionate quotidianamente, seigiorni alla settimana, direttamen-te dalla Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica Italiana.Il secondo livello è rappresentatodalla Matrice Legale, il prodottodi punta del Sistema ConsulDar,generata estraendo dalla BancaDati Ambiente le norme di inte-resse. La Matrice è strutturata in13 colonne, contenenti, oltre al-l’elenco delle norme inserite, an-che una serie di informazioni adesse collegate, quali, ad esempio,gli estremi delle norme cosiddet-te modificanti, le norme che han-

no, cioè, modificato, nel tempo,il testo in oggetto.La Matrice, in tal modo, permet-te di mappare l’intero percorsoevolutivo di ogni singola norma.I vantaggi collegati all’utilizzo del-la Matrice Legale si possono ri-assumere in:- elevato grado di personalizza-zione delle informazioni gestite- aggiornamento quotidiano del-la Banca Dati sottostante- accessibilità online.La Matrice Legale è la persona-lizzazione della Banca Dati Am-biente ConsulDar alla realtà spe-cifica del sito produttivo. Essa pre-senta la completezza di informa-zioni di una Banca Dati, senzaincorrere nel relativo limite, la ri-dondanza: contiene, infatti, solole norme di interesse.Il meccanismo di estrapolazionedalla Banca Dati Ambiente, ali-mentata a sua volta quotidiana-mente, grazie all’analisi giorna-liera delle Gazzette Ufficiali pub-blicate, garantisce agli abbonatila consultazione del testo sempreaggiornato delle norme.La Matrice può vantare, quindi,la stessa tempestività di update diun servizio di mailing quotidiano,requisito impensabile per una nor-male Banca Dati.L’accesso online alla Matrice Le-gale da qualunque device con-nesso ad internet (pc, notebook,tablet, smartphone, smart TV…)consente la disponibilità dellostrumento di lavoro in qualunqueluogo ed in ogni momento e, con-seguentemente, l’indipendenzafisica dall’ufficio.Le funzionalità della Matrice Le-gale sono, infine, arricchite datools che la trasformano in un ve-ro e proprio sistema di gestione:- il Sistema di Valutazione dellaGestione della Conformità Legis-lativa, che esprime in termini per-centuali il grado di conformità delsito produttivo alle norme inseri-te nella Matrice- la Sezione Memo, con editor di

testo incorporato, utilizzabile dal-l’organizzazione come sistema dimessaggistica interno- il Calendario delle Scadenze de-gli adempimenti legislativi.L’esportabilità dei dati in formatopdf consente, infine, di generare“Registrazioni”, ovvero quei do-cumenti che forniscono eviden-za oggettiva della corretta ed ef-ficace applicazione del Sistemadi Gestione Ambientale.In definitiva, la Matrice Legale siconfigura come uno strumento dilavoro versatile, che abbina lacompletezza di informazioni pro-pria di una Banca Dati alla tem-pestività di un servizio di mailing.

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elfino43

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

la presentazione del Rapporto PiT Servi-zi - il servizio di tutela di Cittadinanzatti-

va -, quest’anno articolato in quattro rappor-ti ed altrettanti workshop tematici, è giuntaalla sua quattordicesima edizione. Proprionelle ultime settimane del 2014 in cui l’Ita-lia ha ospitato la presidenza del SemestreEuropeo, merita di essere ricordato che èstato possibile realizzare il servizio di assi-stenza e consulenza ai cittadini-consumato-ri, Progetto Integrato di Tutela proprio gra-zie all’Europa, così come molte delle politi-che dei consumatori nazionali.«Più Europa, più tutela del consumatore».Basti ricordare che l’articolo 38 della Cartadei diritti fondamentali dell’Unione Euro-pea, approvata a Nizza nel 2000 recitava :“nelle politiche dell’Unione è garantito unlivello elevato di protezione dei consumato-ri”, confermando e rafforzando la volontà dimettere al centro di tutte le politiche euro-pee il consumatore. Soltanto da pochi mesi,con il recente recepimento della Direttivaeuropea 83/2011/UE, il consumatore hamaggiori tutele riguardo contratti a distanza,stipulati via internet, un freno alle pratichecommerciali scorrette.

Nelle quasi diecimila segnalazioni ricevutedai cittadini in un anno (2013) per denun-ciare disservizi e lamentele (e chiedere aiu-to: 68% di casi risolti) nei servizi di pubbli-ca utilità quali Telecomunicazioni, trasporti,energia, servizi bancari, assicurativi, postalicontinuano ad emergere necessità di mag-giore tutela e di maggior informazione alconsumatore.Due aspetti sono importanti! Il primo è lo spostamento dell’asse del con-tenuto delle richieste: dalla denuncia sul te-ma della qualità dei servizi ci si è spostati altema dell’accessibilità dei servizi stessi edancor di più al tema della sostenibilità eco-nomica degli stessi. Non è un caso che unodei temi critici è quello del sovraindebita-mento e dell'usura, come le lamentele sca-turite dal credito al consumo. Senza trala-sciare le segnalazioni sulle morosità delleutenze e sulle fatturazioni di costumi stimati(per fare l’esempio nel settore energetico) o

la doppia fatturazione o la contestazionedella fatture (nel settore delle telecomunica-zioni).Il secondo riguarda la natura stessa delle as-sociazioni dei consumatori e della cittadi-nanza attiva, che sono in qualche modosollecitate a cambiare la propria azione po-litica: non più privilegiare l’intervento nellagestione del contenzioso, ma (a monte) en-trare nel merito della gestione del serviziostesso, fin dalla fase della sua definizione esuccessivamente dell’erogazione. Molte as-sociazioni - tra le quali Cittadinanzattiva -investendo nella ricerca e proponendo lavalutazione dei servizi e/o l’informazione alconsumatore, sollecitano da anni istituzionied aziende, ritengono che adesso sia giuntoil momento di raccogliere queste sollecita-zioni e di metterle a sistema.Alcune delle proposte presentate vanno inquesta direzione, qualche esempio. Nel-l’ambito dei trasporti e più in generale, deiservizi pubblici locali, non si può più riman-dare l’attuazione del comma 461, introdottodalla legge finanziaria del 2008, che preve-de il coinvolgimento dei cittadini nella defi-nizione del servizio. In questi anni gli italiani stanno mutando leproprie abitudini di mobilità -con un utiliz-zo sempre maggiore del car sharing - eduna riorganizzazione del servizio non puònon tenere conto di questi cambiamenti.Come non si può rimandare l’appuntamen-to con la digitalizzazione nel nostro Paese,che significa, solo per fare qualche esempio,investire nell’efficacia dell’e-governmentdelle amministrazioni pubbliche o come nelvalorizzare le aree rurali. La digitalizzazioneè imprescindibile per la progettazione dellenostre “città intelligenti”: la pianificazioneurbanistica e l’ottimizzazione e l'innovazio-

45y Sicurezze & Sicurezza y

Informazione e partecipazione per tutelare i diritti dei cittadini

>> tina NAPOlI

Tema

I 5 consigli-base per “essere” cittadini:

1) ATTIVARSI informarsi senza delegare

2) PARTECIPARE AL CAMBIAMENTO

nell’organizzazione e fruizione dei servi-

zi pubblici

3) CONTROLLARE e valutare la qualità dei

servizi pubblici è un dovere

4) RECLAMARE: il cittadino deve farsi sen-

tire per evitare che si ripetano i disservizi

5) AGIRE E FARE RETE è interesse di tutti il

buon funzionamento dei servizi pubblici

[Cittadinanzattiva]

maggio/giugno 2015 www.qualitaonline.it

ne dei servizi pubblici saranno difficili damettere insieme senza l'impiego diffusodelle nuove tecnologie.Nell’ambito dell’energia, senza un adeguatoinvestimento in formazione ed informazio-ne al consumatore non sarà sufficiente il la-voro delle associazioni sul rafforzamento dimisure come il bonus sociale o come ilcontenimento degli oneri generali di sistemapresenti in bolletta. La trasparenza delle of-ferte commerciali necessitano di un consu-matore capace di orientarsi e di scegliere ilproprio profilo di consumo.Definire e promuovere una strategia istitu-zionale di educazione finanziaria ha l’obiet-tivo di far crescere la conoscenza, la consa-pevolezza, la competenza, la cultura degliitaliani in materia economico-finanziaria e il

nostro paese è da troppo tempo che aspettaun salto di qualità. Trasformare i consumato-ri in cittadini che esercitano la propria citta-dinanza economica, con un patrimonio diinformazioni adeguato per poter affrontare,senza asimmetrie a priori, scelte importantinella propria vita, come l’acquisto di unacasa o la stipula di una polizza per la vita. E’ sul raggiungimento di questi obiettivi chebisogna aprire un confronto senza alcunosconto, nel rafforzamento degli spazi (effetti-vi) di partecipazione dei cittadini-consuma-tori e nella conoscenza come valore princi-pale (non solo per imprese e lavoratori) perpoter esprimere la propria soggettività di cit-tadini e poter sì, allora, esercitare in manieraefficace la tutela dei propri diritti.Di recente, Cittadinanzattiva, tramite il pro-

getto “Consumatori in rete” (finanziato dalMinistero dello Sviluppo Economico utiliz-zando le multe dell’Antitrust) ha realizzatomolteplici iniziative di formazione sui servi-zi pubblici locali in tutto il territorio nazio-nale, chiedendo ai singoli cittadini di farsicoinvolgere nella partecipazione al cambia-mento. Tra i molti materiali predisposti è stata pre-sentata un’importante ed utile guida: “5Consigli per fare i cittadini”.

y Informazione e partecipazione per tutelare i diritti dei cittadini yTe

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TINA NAPOLIResponsabile politiche dei consumatori

Associazione CITTADINANZA ATTIVA

[email protected]

www.cittadinanzattiva.it

dal 1° gIugno la “nuova” ClassIfICazIone deI rIfIutI e frasI dI perIColo Hp.

Produttori, miscelatori e utilizzatori dovranno adeguarsi alle nuove classificazioni di sostanze chimiche e miscele: il Regolamento (CE)

1272/2008 relativo alla classificazione, etichettatura ed imballaggio [CLP - Classification, labelling and packaging] sarà la sola normativa vigente

(era obbligatoria dal 1°.12.2012 per le sostanze). Terminerà la fase transitoria (dal 20.01.2009) che ha consentito l’uso delle disposizioni della

precedente legislazione (Direttiva 67/548/CEE per le sostanze pericolose, e Direttiva 1999/45/CE sui preparati pericolosi). Il CLP richiede di

classificare, etichettare e imballare le sostanze chimiche pericolose in modo appropriato prima di essere immesse sul mercato per garantire la si-

curezza di lavoratori e consumatori. Moltissimi prodotti andranno ri-etichettati per renderli conformi al CLP, compresi oggetti di consumo come

vernici, detergenti e miscele industriali. Il Regolamento si applica a tutte le sostanze o miscele compresi i principi attivi dei prodotti fitosanitari e

biocidi.

A partire dal 1°.06.2015, quindi, il sistema CLP diventa obbligatorio in ogni sua parte e sostituirà integralmente le Direttive 67/548/CEE e

1999/45/CE, abrogate.

Il Regolamento CLP introduce obblighi generalmente simili; in alcuni casi introduce delle nuove disposizioni. Il metodo di classificazione e di

etichettatura delle sostanze chimiche farà riferimento al sistema mondiale armonizzato GhS dell'ONU. Le novità introdotte non riguardano solo

un restyling estetico dei pittogrammi e una traduzione dalle vecchie frasi R alle nuove frasi h, ma diversi criteri di valutazione della pericolosità

delle sostanze e delle miscele. Negli ultimi anni molte sostanze hanno modificato la loro classificazione; ad esempio con il Regolamento Euro-

peo 605/2014, dal 1° aprile:

•la FORMALDEIDE è classificata cancerogena accertata (Carc. 1B; H350);

•lo STIRENE è classificato anche H361d (sospettato di nuocere al feto);

•l’ETILBENZENE è classificato anche H304 (letale in caso di ingestione e penetrazione nelle vie respiratorie).

Aggiornamento della vALuTAZIONE DEI RISChI derivanti dalla presenza di agenti chimici pericolosi sui luoghi di lavoro. Il Datore di Lavoro

dovrà chiedere ai fornitori e disporre delle nuove Schede di Sicurezza conformi alla nuova classificazione per tutti gli agenti chimici presenti nei

propri impianti. L'art. 223 del D.Lgs. 81/2008 prevede, tra l’altro, come primi elementi in ingresso per la valutazione del rischio chimico (Titolo

IX, Capo I): 1) le proprietà pericolose degli agenti chimici; 2) le informazioni sulla salute e sicurezza comunicate dal responsabile dell'immissio-

ne sul mercato tramite la relativa scheda di sicurezza. Nel D.V.R. occorre prevedere la valutazione del rischio chimico per la salute e per la sicu-

rezza dei lavoratori, in relazione a tipo/quantità di agente chimico pericoloso e modalità/frequenza di esposizione nei luoghi di lavoro; da ag-

giornare se: cambia la classificazione della miscela [potrebbe rendersi necessaria la valutazione del rischio cancerogeno/mutageno (Titolo IX,

Capo II)]; si rilevano difformità tra uso identificato e/o scenario di esposizione comunicato dal produttore e quello dell'utilizzatore; l'eventuale

algoritmo utilizzato per la valutazione del rischio ha cambiato i criteri di attribuzione dei punteggi di pericolo;sono modificate condizioni di uti-

lizzo delle miscele. Le informazioni contenute nelle schede di sicurezza andranno utilizzate anche per l’aggiornamento della classificazione dei

rifiuti e per l’adeguamento della segnaletica di sicurezza. Si rinvia al sito dell’EChA [www.echa.europa.eu/it/regulations/clp?] e/o all’assistenza

dell’«helpdesk nazionale CLP» dell’Istituto Superiore di Sanità [www.iss.it/hclp/index.php?lang=1?]. [pdn]

Spig

olat

ure

maggio/giugno 2015www.qualitaonline.it

PremesseIl 15 gennaio 2015 mattina, nella presti-giosa sede della Coldiretti di Palazzo Ro-spigliosi di Roma, Roberto Moncalvo,Presidente nazionale di Coldiretti, GianCarlo Caselli, Presidente del ComitatoScientifico dell’Osservatorio sulla Crimi-nalità di EURISPES, Gian Maria Fara, Pre-sidente dell’Istituto EurispesIn occasione della presentazione del terzorapporto “Agromafie” sui crimini agroali-mentari in Italia elaborato da Eurispes,Coldiretti e Osservatorio sulla «criminalitànell’agricoltura e sul sistema agroalimen-tare». L’agroalimentare rappresenta un terrenoprivilegiato per gli investimenti della ma-lavita in tempi di crisi come dimostrano leindagini più recenti che sono per la primavolta oggetto del Rapporto. Una ineditaanalisi sulla dimensione crescente del fe-nomeno e sulle sue evoluzioni più recentie più pericolose come l’affidamento dicapitali puliti a circuiti illegali, sulle nuo-ve forme emergenti di criminalità, sugliinteressi dei colletti bianchi, sulle infiltra-zione malavitose dalle campagne alla ri-storazione e sul business della sofistica-

zione e della contraffazione, tutti temi dispeciale attenzione ed interesse alla lucedel prossimo appuntamento dell’Expo. Uno speciale focus è dedicato ai rischidella rete dove sono in forte crescita gliacquisti di alimentari ma anche gli ingan-ni, le sofisticazioni e “offerte indecenti”.La stesura del Rapporto è stata resa possi-bile anche grazie al contributo documen-tale proveniente dalle Forze dell’ordine,dalla Magistratura, dalle Istituzioni e dagliEnti che operano sul territorio a salvaguar-dia del comparto agroalimentare.

Le “agromafie” sono diventateun business importante!In controtendenza rispetto alla fase di re-cessione dell’economia italiana, vola ilbusiness dell’agromafia che con un au-mento del 10 per cento in un anno rag-giunge i 15,4 miliardi di Euro nel 2014. E’quanto emerge dal terzo Rapporto Agro-mafie elaborato da Coldiretti, Eurispes, eOsservatorio sulla criminalità nell’agricol-tura e sul sistema agroalimentare. Produ-zione, distribuzione, vendita sono semprepiù penetrate e condizionate dal poterecriminale, esercitato ormai in forme raffi-nate attraverso la finanza, gli incroci e gliintrecci societari, la conquista di marchiprestigiosi, il condizionamento del merca-to, l’imposizione degli stessi modelli diconsumo e l’orientamento delle attività diricerca scientifica. Non vi sono zone “franche” rispetto a talifenomeni. Mentre è certo che le Mafiecontinuano ad agire sui territori d’origine,perché è attraverso il controllo del territo-rio che si producono ricchezza, alleanze,consenso: specialmente nel Mezzogiorno,costretto ad aggiungere alla tradizionale

povertà gli effetti di una crisi economicapesante e profonda, aggravata dalla Il ter-zo rapporto “Agromafie” sui criminiagroalimentari in Italia elaborato da Euri-spes, Coldiretti e Osservatorio sulla crimi-nalità nell’agricoltura e sul sistema agroa-limentare.L’agroalimentare rappresenta un terrenoprivilegiato di investimento della malavitain tempi di crisi come dimostrano le inda-gini più recenti che sono per la prima vol-ta oggetto del Rapporto. Un’inedita anali-si sulla dimensione crescente del fenome-no e sulle sue evoluzioni più recenti e piùpericolose come l’affidamento di capitalipuliti a circuiti illegali, sulle nuove formeemergenti di criminalità, sugli interessidei colletti bianchi, sulle infiltrazione ma-lavitose dalle campagne alla ristorazionee sul business della sofisticazione e dellacontraffazione, tutti temi di speciale atten-zione ed interesse alla luce del prossimoappuntamento dell’Expo. Uno speciale fo-cus è stato dedicato ai rischi della rete do-ve sono in forte crescita gli acquisti di ali-mentari ma anche gli inganni, le sofistica-zioni e “offerte indecenti”. La stesura delRapporto è stata resa possibile anche gra-zie al contributo documentale provenien-te dalle Forze dell’ordine, dalla Magistra-tura, dalle Istituzioni e dagli Enti che ope-rano sul territorio a salvaguardia del com-parto agroalimentare. I capitali accumulati sul territorio dagliagromafiosi attraverso le mille forme disfruttamento e di illegalità hanno bisognodi sbocchi, devono essere messi a frutto eperciò raggiungono le città (in Italia eall’estero) dove è più facile renderne ano-nima la presenza e dove possono confon-dersi infettando pezzi interi di buona eco-

47

Il 3° Rapporto sui criminiagroalimentari in Italia

y Sicurezze & Sicurezza y

Agromafie 2015 di Eurispes & Coldiretti

>> Sergio BINI

Tema

Parallelism between the European model

for the excellence and quality of service -

CAF EDUCATION - and reforms and

transformations of school in Italy in re-

cent decades. The brief summary seeks to

dispel the negative prejudices that circu-

late at the expense of educational institu-

tions.

“Who works and teaches the Quality

must try to be the person and group of

quality ...”

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nomia. Vengono rilevati, attraverso prestanome eintermediari compiacenti, imprese, alber-ghi, pubblici esercizi, attività commercialisoprattutto nel settore della distribuzionedella filiera agroalimentare, creando, difatto, un “circuito vizioso”: produco, tra-sporto, distribuisco, vendo, realizzandoappieno lo slogan “dal produttore al con-sumatore”. Coldiretti, Eurispes ed Osservatorio sullacriminalità nell’agroalimentare sottolinea-no che l’incremento è stato determinatoda diversi fattori tra i quali questi alcuninon prevedibili, come quelli climatici,che hanno colpito pesantemente la pro-duzione, non più in grado di soddisfare ladomanda, ciò che apre le porte a fenome-ni di ulteriore falsificazione e sfruttamentoillegale dei nostri brand; altri, dovuti allerestrizioni nell’erogazione del credito alleimprese che hanno portato o alla chiusuradi numerosissime aziende o alla necessitàper molti imprenditori di approvvigionarsifinanziariamente mediante il ricorso adoperatori non istituzionali. Il fenomeno delle “agromafie” investeambiti complessi e articolati, dove il siste-ma mafioso originato nelle radici antichedelle mafie del latifondo, dei gabellieri edell’abigeato si è da tempo rigenerato informe di vera e propria criminalità econo-mica, ad opera di ben strutturati ed invasi-vi gruppi di interesse con ramificazionidiffuse anche sul piano transnazionale. È attraverso queste forme di imprendito-rialità criminale che viene assicurato in-nanzitutto il riciclaggio degli illeciti patri-moni che provengono dal traffico di stu-pefacenti, dal racket e dall’usura, ma ven-gono anche consolidate le nuove forme dicontrollo del territorio in cui i soggetti cri-minali sono veri e propri soggetti econo-mici che operano con i metodi del condi-zionamento dei mercati e degli appalti,della corruzione dei pubblici funzionari,dello sfruttamento della manodoperaclandestina e dell’accesso illecito ai fi-nanziamenti europei e alle altre pubbli-che sovvenzioni. Gli interessi criminali sono rivolti anchealle forme di investimento nelle catenecommerciali della grande distribuzione,nella ristorazione e nelle aree agro-turisti-che, nella gestione dei circuiti illegali del-

le importazioni/esportazioni di prodottiagroalimentari sottratti alle indicazionisull’origine e sulla tracciabilità, della ma-cellazione e della panificazione clandesti-ne, dello sfruttamento animale e del do-ping nelle corse dei cavalli, e lucrano an-che sul ciclo dei rifiuti, non curandosidelle gravi conseguenze per la catenaagroalimentare, per l’ambiente e la salutedi tutti e delle future generazioni. Singolare in questi contesti è anche il li-vello delle intese trasversali raggiunte, ve-re e proprie joint venture realizzate da fa-miglie mafiose, ’ndranghetiste e camorri-ste per definire i loro ambiti di influenzasu prodotti alimentari specifici, sulla ma-nodopera, sui trasporti e sulle fornituredel packaging. Il rafforzamento del profiloeconomico e finanziario dei gruppi “cri-minali storici” vede un continuo inseri-mento di elementi contigui ai sodalizinella gestione e/o nella struttura societariadi imprese che riguardano sempre più fre-quentemente il comparto agroalimentare,specie con riferimento ai circuiti dellacommercializzazione e della logistica deitrasporti. Il ciclo illegale dei rifiuti, dellacementificazione e delle “energie alterna-tive”. Il settore ambientale vede anche altre ini-ziative che hanno sottratto vaste aree agri-cole con la cementificazione selvaggia econ manovre speculative sulle cosiddette“energie rinnovabili” legate all’agricoltu-ra, quali i sistemi fotovoltaico, eolico edelle biomasse per i rilevanti incentivieconomici previsti per il settore. Con rife-rimento alla estensione territoriale del fe-nomeno delle agromafie è altrettanto notocome i sodalizi criminali “storici”, che sisono evoluti nei termini indicati di crimi-nalità economica anche nel settore agroa-limentare, ormai non interessano solo iterritori meridionali, ma riguardano anchele aree del Centro e del Nord Italia dovele consorterie mafiose si sono da tempoinsinuate nel tessuto economico attraver-so un fitto intreccio di interessi tra comita-ti d’affari locali e famiglie mafiose sicilia-ne, clan camorristici e ’Ndrangheta cala-brese. Il “modello economico-criminale”è stato dunque replicato come ben deli-neato in diversi riscontri investigativi: an-che in questi casi si va dall’accaparramen-to dei terreni e della manodopera agricola

al controllo della produzione, dal traspor-to su gomma allo stoccaggio della merce,dall’intermediazione commerciale alla fis-sazione dei prezzi, fino ad arrivare agliingenti investimenti destinati all’acquistodi supermercati o centri commerciali incui possono trovare àmbito privilegiato diimpiego i proventi illeciti, anche in termi-ni di riciclaggio.

Allarme “money dirtyng”: i capitali sani si mescolano con quelli illegali.Oggi viene osservata un’ulteriore e anco-ra più pericolosa evoluzione del fenome-no criminale con il money dirtying che èesattamente speculare al riciclaggio nelquale i capitali sporchi affluiscono nell’e-conomia sana; per contro, nel money dirt-ying sono i capitali puliti ad indirizzarsiverso l’economia sporca. Dal terzo Rap-porto Agromafie elaborato da Coldiretti,Eurispes, e Osservatorio sulla criminalitànell’agricoltura e sul sistema agroalimen-tare dal quale si evidenzia che attraversomeccanismi di money dirtying, almenoun miliardo e mezzo di euro transitanosotto forma di investimento dall’economiasana a quella illegale ovvero circa 120milioni di euro al mese, 4 milioni di euroal giorno. La crisi economica; le regole imposte daBasilea 2 e 3 che limitano fortemente l’e-rogazione del credito; l’incertezza e,spesso, la paura che spingono i privati atenere immobilizzate presso le banchequote sempre più consistenti di risparmiosottratte, di fatto, all’investimento; la pos-sibilità per le stesse banche di approvvi-gionarsi presso la BCE a tassi vicini allozero, con la conseguenza che diminuiscesempre più l’interesse alla raccolta, cheviene ormai remunerata in maniera sim-bolica. Sono questi gli ingredienti che de-finiscono la condizione all’interno dellaquale vanno ricercate le origini del mo-ney dirtying. In buona sostanza, molti tra coloro chedispongono di liquidità prodotta all’inter-no dei settori attivi nonostante la crisi, tro-vano convenienti e pertanto decidono diperseguire forme di investimento non or-todosso, con l’obiettivo del massimo van-taggio possibile affidandosi a soggetti bor-derline o ad organizzazioni in grado di

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operare sul territorio nazionale e all’este-ro in condizioni di relativa sicurezza. Il settore agroalimentare, che ha dimostra-to in questi anni non solo di poter resiste-re alla crisi ma di poter crescere e raffor-zarsi anche in un quadro congiunturalecomplessivamente difficile, è diventato –di conseguenza – ancor più appetibile sulpiano dell’investimento. Ora, dal punto divista strettamente logico, le organizzazio-ni criminali, che già dispongono di ingen-ti risorse proprie da ripulire sul mercatolegale, non dovrebbero essere interessatea prendere in carico altro denaro, questavolta pulito, da investire nelle loro attivitàapparentemente lecite o illecite. E, inve-ce, esse considerano particolarmente inte-ressante e vantaggioso questo tipo di ope-razioni per alcuni fondamentali motivi. Ilprimo è quello “relazionale”: che consistenella possibilità di entrare in contatto conquello che, parafrasando la recente in-chiesta che ha riguardato la Capitale, sipotrebbe definire “il mondo di sopra”,cioè imprenditori rispettabili, uomini d’af-fari, esponenti della politica e del mondoistituzionale centrale e locale, operatoridel sistema creditizio. Insomma, la possi-

bilità di entrare in contatto e frequentaresalotti e ambienti più o meno buoni. Il se-condo è di “natura estetica”: l’afflusso dimoneta buona migliora l’aspetto e coprel’odore di quella cattiva. Le due monete finiscono per confondersie ibridarsi, rendendo sempre più sfumatied incerti, fino a cancellarli, i confini tral’economia sana e quella malata. E l’ope-ratore al servizio delle consorterie mafio-se ne ricava, almeno sul piano esteriore,la rispettabilità e la credibilità necessarieper poter operare in taluni, qualificatiambienti economici e sociali. Il terzo è di“natura strumentale”: essere utili, garanti-re guadagni e assicurare nello stesso tem-po protezione, stabilire in sostanza unpatto di complicità con operatori rispetta-bili e con aziende e società anche rino-mate può risultare molto proficuo e van-taggioso. In effetti, una volta abbattuto ilmuro di separazione tra i due mondi,niente impedisce di sviluppare nuove ini-ziative di interesse comune, nuovi busi-ness. Finché l’uomo d’affari, l’imprendi-tore che ha cercato o accettato il contattoe ha affidato ad organizzazioni illegali omafiose propri capitali, diventa esso stes-

so oggetto e soggetto del riciclaggio, e –da finanziatore – complice. Allora, ilprocesso di infezione, come emerge dalRapporto di Coldiretti, Eurispes e Osserva-torio sulla criminalità agroalimentare.

EXPO e «made in Italy»: c’è il timore di un effettoboomerang per via dei falsi!Fino ad ora delle infiltrazioni criminali diExpo 2015 dedicato a «nutrire il pianeta,energia per la vita» si è parlato in buonaparte solo in termini di “appalti truccati”,“tangenti” e “intollerabili ritardi” ma ilnostro Paese è sotto tiro da parte di orga-nizzazioni criminali nazionali e transna-zionali in grado di movimentare nel girodi pochi secondi ingentissime risorse fi-nanziarie derivanti da traffici illeciti pla-netari di ogni tipo e natura, e tra questianche traffici illegali di alimenti. E’ quan-to emerge dal terzo Rapporto Agromafieelaborato da Coldiretti, Eurispes, e Osser-vatorio sulla criminalità nell’agricoltura esul sistema agroalimentare dal quale vie-ne l’allarme che da questa straordinariaoccasione di visibilità per il «made inItaly» derivi il rischio di una invasione di

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migliaia di tonnellate di prodotti e generialimentari che, attraverso sofisticati mec-canismi di alterazione, sofisticazione econtraffazione, sono commercializzatisenza esserlo come prodotti tipici italianio come eccellenze italiane per un valoreche potrebbe superare i 60 miliardi di Eu-ro. Un pericolo che va affrontato con strin-genti misure di rafforzamento dell’attivitàdi controllo sui flussi commerciali e dauna maggiore trasparenza sulle informa-zioni in etichetta sulla reale origine deglialimenti. Una conferma viene dalle deci-ne di inchieste giudiziarie. Ad esempio; i limoni sudamericani chesono commercializzati come limoni dellapenisola sorrentina; gli agrumi nordafrica-ni si trasformano in agrumi siciliani e ca-labresi; con cagliate del Nord Europa siproduce la mozzarella italiana spacciataper originale mozzarella di bufala; con ilgrano proveniente dal Canada che entraattraverso i porti pugliesi facendolo diven-tare puro grano della Murgia, si produceil pane di Altamura. Per non parlare poi diquello che succede con l’olio e con il po-modoro. Tonnellate e tonnellate di olio provenientida Tunisia, Marocco, Grecia e Spagna en-trano nel nostro Paese per produrre unolio comunitario che viene miscelato conlo straordinario olio extravergine d’olivaitaliano al fine di poter raddoppiare ille-galmente i profitti e collocare sul mercatomilioni di bottiglie di apparente olio ita-liano (perché così riportato fraudolente-mente sulle etichette) con illeciti profitti avantaggio di speculatori e contraffattori.Ma incredibili sono state le cronache giu-diziarie dell’ultimissimo periodo in temadi olio: su richiesta delle autorità italiane,le autorità inglesi hanno sequestrato edeliminato dalla catena di supermercati in-glesi Harrod’s migliaia di bottiglie di unolio denominato “Tuscan Extravirgin Oli-ve oil”, un prodotto che di italiano e to-scano non aveva assolutamente nulla. Ancora più incredibile ed inquietante èquanto accade in tema di mercato illegaledel pomodoro. Si legge negli atti dellaCommissione parlamentare d’inchiestasulla contraffazione (della scorsa legisla-tura) che arrivano nel nostro Paese dallaCina milioni di tonnellate di pomodori

che diventano strumento di un’imponenteopera di contraffazione ai danni del con-sumatore, il quale si trova sugli scaffalidei supermercati conserve e barattoli dipomodori riportanti il tricolore italiano,ma contenenti in realtà pomodori prove-nienti dalla Cina. Ed è bene che si sappia– come sottolineano con forza nel Rap-porto Coldiretti, Eurispes e OsservatorioCriminalità nell’agroalimentare - che que-sti pomodori cinesi sono coltivati e pro-dotti nei “laogai” che sono veri e propricampi di concentramento nei quali sonoammassati decine di migliaia di detenutipolitici, dissidenti, piccoli criminali, sog-getti ostili al regime, i quali (come neicampi di concentramento nazisti) sonocostretti a lavorare fino a diciotto ore algiorno.

Grazie alla crisi, 5.000 ristorantinelle mani della criminalità!Le organizzazioni criminali stanno inquesti anni approfittando della crisi eco-nomica per penetrare in modo sempre piùmassiccio e capillare nell’economia lega-le. Quello della ristorazione è uno dei set-tori maggiormente appetibili. In alcuni ca-si la mafia possiede addirittura franchi-sing, forti dei capitali assicurati dai trafficiilleciti collaterali, queste attività aprono inbreve tempo decine di filiali in diversipaesi del mondo. Nel 3° Rapporto Agro-mafie - elaborato da Coldiretti, Eurispes, eOsservatorio sulla criminalità nell’agricol-tura e sul sistema agroalimentare - vieneevidenziato che sono almeno 5.000 i lo-cali della ristorazione nelle mani dellacriminalità organizzata nel nostro Paese. Attività “pulite” che si affiancano a quelle“sporche”, avvalendosi degli introiti delleseconde, assicurandosi così la possibilitàdi sopravvivere anche agli incerti del mer-cato ed alle congiunture economiche sfa-vorevoli, ma anche di contare su un van-taggio rispetto alla concorrenza, la dispo-nibilità di liquidità, e di espandere gli af-fari. La frequenza con cui si verificanoquesti fatti si accompagna ad un cambia-mento culturale: fare affari con esponentidelle organizzazioni mafiose viene spessoconsiderato “normale”, inevitabile se sivuole sopravvivere. Viene considerato inevitabile non rispet-tare regole percepite come ingiuste, soffo-

canti per chi gestisce un’azienda, a co-minciare dalla pressione fiscale. Acqui-sendo e gestendo direttamente o indiretta-mente gli esercizi ristorativi le organizza-zioni criminali anche la possibilità di ri-spondere facilmente ad una delle necessi-tà più pressanti: riciclare il denaro fruttodelle attività illecite. Cosa Nostra manifesta un particolare inte-resse nei confronti dell’acquisizione edella costituzione di aziende agricole, maanche della grande distribuzione alimen-tare (centri commerciali e supermercati).La Camorra mira a tutto il settore agroali-mentare ed alla ristorazione in modo spe-cifico. La ’Ndrangheta, per infiltrarsi nelcomparto agroalimentare, sfrutta in parti-colar modo le connivenze all’interno del-la Pubblica Amministrazione. Le attivitàristorative sono dunque molto spesso tragli schermi “legali” dietro i quali si celaun’espansione mafiosa sempre più aggres-siva e sempre più integrata nell’economiaregolare. La politica imprenditoriale della mafiamoderna si caratterizza per una vocazio-ne colonizzatrice ed una struttura tenta-colare, di crescente complessità. Grazie ad una collaudata politica dellamimetizzazione, le organizzazioni riesco-no a tutelare i patrimoni finanziari accu-mulati con le attività illecite. Si muovonoormai come articolate holding finanziarie,all’interno delle quali gli esercizi ristorati-vi rappresentano efficienti coperture, conuna facciata di legalità dietro la quale èdifficile risalire ai veri proprietari ed all’o-rigine dei capitali. Le operazioni delleForze dell’ordine - come si evince dalRapporto - indicano con chiarezza gli in-teressi di tutte le organizzazioni criminalinel settore agroalimentare, ma anche inmodo specifico nella ristorazione nellesue diverse forme, dai franchising ai localiesclusivi, da bar e trattorie ai ristoranti dilusso e aperibar alla moda.

Il web è un porto franco della contraffazione: pericoli per i consumi! Dalla Daniele mortadella prodotta negliUsa dove si vende addirittura il kit perpreparare il Parmigiano ma anche ilChianti bianco svedese o il vino in polve-

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re per ottenere in poche settimane il Baro-lo confezionato in Canada sono alcunidegli orrori che si possono in rete e acqui-stati con il commercio on line. Nel 3°Rapporto Agromafie viene evidenziatoche nel 2014 l’incremento dell’e-com-merce nel nostro Paese è stato del 17% ri-spetto all’anno precedente, per un volu-me economico pari a 13,2 miliardi di eu-ro, con il settore agroalimentare che sicolloca, forse a sorpresa, al secondo po-sto, tra quelli che pesano maggiormentesulle vendite online con una quota del12%. Accanto ad esperienze positive di succes-so con la crescita si registra la rete, vieneusata spesso come porto franco e divieneuno dei canali ideali per la diffusione del-l’Italian sounding. Ecco allora in venditasu Internet il kit per il vino liofilizzato “faida te” con false etichette dei migliori vinimade in Italy, ma anche il kit per il falsoParmigiano Reggiano, il falso PecorinoRomano ed altri celebri formaggi nostranicome la mozzarella, la ricotta e l’asiago. Le confezioni di questi “Cheese kit” con-tengono polveri, recipienti, termometri,colini ed altri oggetti, con le istruzioni perla preparazione. Agli acquirenti viene ga-rantito di ottenere i diversi formaggi tipiciitaliani in tempi brevi che variano dai 30minuti ai due mesi. Diffusi in Nuova Zelanda, Australia e Ca-nada, questi kit presentano etichette cherichiamano il tricolore ed utilizzano ladenominazione “Italian Cheese”. Si trattasolo dei casi più clamorosi ed evidenti dicondotta commerciale fraudolenta nel-l’ambito della vendita online di prodottialimentari. In altri casi, le irregolarità ri-guardano le scadenze, le informazioni suiprodotti, l’etichettatura. Tra gli alimenti per i quali si riscontranofrodi più frequenti ci sono i prodotti tipicidella tradizione locale e regionale (32%),i prodotti DOP e IGP (16%) ed i semilavo-rati (insaccati, sughi, conserve, e cosìvia,12%). Tra le categorie contraffatte ilprimato negativo spetta ai formaggi DOP;seguono le creme spalmabili e i salumi. I Nuclei Antifrodi dei Carabinieri hannoindividuato 70 diverse tipologie di prodot-ti alimentari contraffatti in vendita sullaRete dove non mancano scandalose ope-razioni di business che fanno leva sugli

episodi, i personaggi e le forme di crimi-nalità organizzata più dolorose ed odioseche danneggiano l’immagine ell’Italia nelmondo, dalla vendita del caffè “Mafioz-zo” stile italiano prodotto in Bulgaria alsugo piccante rosso sangue “Wicked CosaNostra” prodotto in Usa e addirittura lespezie “Palermo Mafia shooting” e il Fer-net Mafiosi dalla Germania senza dimen-ticare i consigli culinari di mamamafiosasul sito www.mamamafiosa.com, con sot-tofondo musicale a tema.

Torna la borsa nera, grazie alla crisi ed alla carestia nel “made in Italy”Ruberie e saccheggi di olive nei campima anche forme di accaparramento e dicommercio clandestino dell’extraverginesono solo la punta dell’iceberg dei feno-meni di illegalità che rischiano di scop-piare sul mercato del made in Italy ali-mentare colpito quest’anno da una vera epropria carestia nei suoi prodotti simbolo;è la situazione fotografata nel 3° RapportoAgromafie. Nel 2015 sugli scaffali dei supermercati cisarà il 35 per cento in meno di olio di oli-va italiano, ma anche un calo del 25 percento per gli agrumi, del 15 per cento peril vino fino al 50 per cento per il miele,mentre il raccolto di castagne è stato daminimo storico, con il rischio concreto diun aumento delle frodi a tavola. A rischiosono soprattutto i cibi low-cost dietro iquali spesso si nascondono, infatti, ricettemodificate, l’uso di ingredienti di minorequalità o metodi di produzione alternativima possono a volte mascherare anche ve-re e proprie illegalità, come è confermatodall’escalation dei sequestri. È ormai un dato di fatto ad esempio che iconsumatori vedranno sulle loro tavole olinon del tutto italiani, quando non com-pletamente provenienti da paesi esteri.Vero è che la quota di importazioni diolio proveniente da paesi come Spagna,Turchia e Grecia era già altissima, almenol’80%, anche prima della crisi dei raccol-ti. Secondo Coldiretti il mercato europeodell’olio di oliva, con consumi stimati at-torno a 1,85 milioni di tonnellate, rischiadi essere invaso dalle produzioni prove-nienti dal Nord Africa e dal Medio Orien-

te che non sempre hanno gli stessi requi-siti qualitativi e di sicurezza. Un allarme che riguarda soprattutto l’Ita-lia, che è il principale importatore mon-diale di olio per un quantitativo pari a460mila tonnellate. Betacarotene, clorofilla, oli di semi e oliodi sansa, sono i veri nemici dell’extraver-gine d’oliva. Il rischio infatti è che entrinonel circuito della distribuzione alimentareprodotti fortemente adulterati, manipolatiattraverso l’aggiunta di additivi o imbotti-gliati in maniera fraudolenta. Che il calo della produzione registratoquest’anno esponga ad un incrementodelle frodi lungo tutta la filiera dell’olio èdimostrato dalla recente operazione “Oliodi carta” condotta dall’Ispettorato centraledella tutela della qualità e della repressio-ne frodi dei prodotti agroalimentari. Le indagini coordinate dalla Procura diTrani, con la collaborazione della Guar-dia di Finanza, hanno fatto emergere unsistema complesso di frode agroalimenta-re in Puglia e Calabria, che si estendevain regioni “non sospette” come Toscana eLiguria. Un giro di false fatture per oltre 10 milioni di euro relativo al commer-cio di più di 500.000 litri di extravergine,per un valore commerciale complessivodi 3 milioni di euro. I controlli degli Uffici dell’Agenzia sulleaziende attive nel commercio internazio-nale di prodotti agroalimentari nell’ambi-to dei flussi esteri di olio di oliva hannorilevato prezzi di transazione medi di-chiarati su valori di 2,50 e 3 euro per kgdi prodotto con la Tunisia che nel 2013 siconferma ancora il principale fornitoreextracomunitario di “olio di oliva”, pur ri-ducendo il quantitativo di prodotto espor-tato dalle 76mila tonnellate del 2012 alle62mila tonnellate del 2013. La quota liberata nel 2013 appare, tutta-via, coperta dall’incremento delle impor-tazioni provenienti dalla Turchia, attestatesu “valori medi” sensibilmente inferiori ri-spetto a quelli del Paese nordafricano.

n NOTEPer ulteriori informazioni ed approfondimenti

rivolgersi alla responsabile dell’Ufficio Stampa

del’Istituto EURISPES:

[email protected]; susanna.fara@euri-

spes.eu [www.eurispes.eu]

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y Lo scaffale di Qualità y

NON PER PROFITTO

Autore: Martha C. NUSSBAUMAEdizione: 2011Editore: il Mulino, BolognaPagine: 170Prezzo: € 14,00

E’ la traduzione di «Not for Profit. Why De-mocracy Needs the Humanities» - PrincetonUniversity Press, 2010. Il testo si apre conun’importante introduzione di Tullio DeMauro: «un sistema scolastico .. oggi nonpuò badare soltanto a far crescere il PIL, po-sto che ci riesca. Non può concentrarsi solosu quelle materie che paiono in più direttorapporto con la crescita economica. Un si-stema scolastico oggi più di ieri deve educa-re persone capaci di vivere la vita di societàdemocratiche … deve educare al mondo».L’autrice - docente di Law and Ethics nellaUniversità di Chicago – nella sua accorata epuntuale trattazione si lamenta, in manieraargomentata, sull’impoverimento dei pro-grammi scolastici: «alle prese con la crisieconomica e le sue spending reviews moltipaesi infliggono pesanti tagli agli studi uma-nistici ed artistici a favore di abilità tecnichee conoscenze pratico-scientifiche. E cosìmentre il mondo si fa più grande e comples-so, gli strumenti per capirlo si fanno più po-veri e rudimentali; mentre l’innovazione ri-chiede intelligenze flessibili, aperte e creati-ve, l’istruzione ripiega su poche nozioni ste-reotipate… si tratta di mantenere l’accesso auna conoscenza che nutra la libertà di pen-siero e di parola, l’autonomia del giudizio, laforza dell’immaginazione, come altrettanteprecondizioni per una umanità matura e re-sponsabile …». Un libro semplicemente dastudiare e da spiegare ai “decision making”!

TIPI PSICOLOGICI AL LAVORO

Autore: Ercole COLONESEEdizione: 2013Editore: Edizioni Nuova Cultura, RomaPagine: 277Prezzo: € 21,00

L’autore - attento e studioso professionistacon una lunga e importante storia manage-riale alle spalle - descrive il Modello Myers-Briggs Type Indicator (MBTI) messo a puntoda Isabel Briggs Meyers e da sua madre Ca-tharine Cook Briggs partendo dalla teoria diCarl G. Jung sui “tipi psicologici”. E’ unostrumento di grande utilità per capire se stes-si e gli altri, gli orientamenti e le preferenze,le attitudini e le peculiarità.Viene descritto il modello e la sua applica-zione negli ambiti del mondo del lavoro, al-le relazioni e dinamiche dei gruppi, facendoriferimento alle competenze relazionali (soft

skill); è fornita un’ampia descrizione dei 16TIPI del Modello MBTI visti nei differentiaspetti della quotidianità lavorativa all’inter-no dei gruppi: comunicazione, leadership,negoziazione, collaborazione, problem sol-

ving. Il testo costituisce uno strumento utileper potersi districare in modo efficace nellavita quotidiana migliorando le relazioni congli altri e l’efficacia dei gruppi di lavoro. Il libro è strutturato in tre parti:I) teoria dei tipi psicologici: introduzione;

l’origine; il modello MBTI; il test MBTI; lepreferenze MBTI; conoscere e capire i tipi.

II) tipi psicologici nel lavoro: gruppi di lavo-ro e competenze relazionali; MBTI neigruppi di lavoro; MBTI, leadership e co-municazione; MBTI e problem solving.

III)descrizione dei tipi psicologici: introversial lavoro; estroversi al lavoro.

UN PAESE NON è UN’AzIENDA

Autore: Paul KRUGMAN Edizione: 2015Editore: Garzant, MilanoPagine: 64Prezzo: € 9,00

Molti sono convinti che un bravo managero imprenditore, in virtù dei successi ottenutidalle sue aziende, sia automaticamente unattendibile consigliere economico o addirit-tura un ottimo politico a cui affidare senzaindugio le sorti di una nazione. E’ una falsi-tà continuamente alimentata. Con stile bril-lante e con logica serrata, il Nobel per l’e-conomia (2008) Paul Krugman riesce asmontare in maniera chiara questo grandemito contemporaneo, divenuto una leggen-da metropolitana globale; con esempi prati-ci e chiari dimostra le enormi differenze trail mondo aperto e aggressivo delle strategieimprenditoriale e quello chiuso delle grandipolitiche nazionali. In un periodo in cui lafiducia negli economisti, nelle loro analisi enelle loro previsioni precipita ogni giorno dipiù, l’A. ripercorre la lezione di Keynes e ri-vendica con forza la dignità di una discipli-na tecnica e difficile, ancora in grado di of-frire risposte convincenti per interpretare emigliorare il mondo; è importante il consi-glio finale: «la prossima volta che sentiretedei manager esprimere delle opinioni sull’e-conomia, domandatevi: “si sono presi iltempo che occorre per studiare a fondoquesto argomento? Hanno letto quello chescrivono gli esperti?”. Se non lo hanno fatto,non tenete conto del successo che hannoavuto negli affari. Ignorateli, perché proba-bilmente non sanno nemmeno di cosa stan-no parlando».

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Agenzia di Comunicazione

UNA SCELTA DI VALORE.

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Il prossimo aggiornamento dell’I-SO/TS 16949:2009, la SpecificaTecnica relativa allo schema dicertificazione che fa da riferimentomondiale per la gestione dei si-stemi qualità automotive - la cuipubblicazione è prevista, infatti,entro fine 2016 - ha prodotto, ne-gli ultimi tempi, una proliferazio-ne di informazioni al riguardo. Invista del cambiamento in arrivo,si leggono articoli e analisi di va-rio genere, non sempre precise equalche volta addirittura fuor-vianti. Per amor di chiarezza, ri-percorriamone allora brevemen-te la storia e le caratteristiche.L’ISO/TS 16949 nasce nel 1999dall’esigenza di uniformare i si-stemi di valutazione e certifica-zione nella catena di fornitura delmondo auto. Intorno alla metà de-gli anni ’90, infatti, i maggiori Co-struttori europei e le Associazio-ni nazionali dell’automotive svi-lupparono, in maniera indipen-dente tra le varie nazioni, i primischemi di certificazione per i for-nitori del mondo auto. Prima diquesta fase, esistevano già dei do-cumenti per la valutazione dei for-nitori, realizzati nell’ambito dispecifici programmi per lo svi-luppo della Qualità nel settore au-toveicolistico, e utilizzati per levalutazioni di parte seconda. Inparticolare, guardando all’Euro-pa: la Guida francese EAQF ’94,la Guida tedesca VDA 6.1 e laGuida ANFIA AVSQ ‘94 “Valuta-

zione Sistemi Qualità” che, ela-borata attraverso il lavoro comu-ne dei Costruttori e dei compo-nentisti, una volta ottenuto il mu-tuo riconoscimento con le corri-spondenti altre due guide, diven-tò il riferimento nazionale in ma-teria. Sempre in quegli anni, ven-ne introdotto anche lo standarddi Qualità QS9000, nato dallosforzo comune dei tre Costrutto-ri americani General Motors,Chrysler e Ford.A fronte di una crescente inter-nazionalizzazione dei fornitori edelle fonti di acquisto, si poneva,in quegli anni, il problema delladoppia certificazione: una se-condo uno qualunque degli sche-mi europei, l’altra secondo loschema QS9000.I Costruttori, quindi, si resero benpresto conto della necessità di ar-rivare a un documento comune.L’intento di armonizzare i diversisistemi a livello internazionale haportato alla stesuradell’ISO/TS 16949, un documen-to che era e rimane innovativograzie ad uno spiccato orienta-mento al cliente, con l’inseri-mento di requisiti specifici, e an-che perché ha avuto il merito diintrodurre un set comune di par-ticolari tecniche e metodologieimpiegate nell’ambito dello svi-luppo prodotto/processo, in pro-duzione e per effettuare analisidei dati. Costruttori e Associazio-ni di settore hanno quindi poi rea-

lizzato, nel tempo, una serie dipubblicazioni tecniche di sup-porto alle aziende per lo sviluppodi una cultura comune su moltemetodologie.Il documento è dunque il fruttodi un lavoro di sintesi e armoniz-zazione, e non una costola o unaggiornamento di un qualche sin-golo documento preesistente.Occorre, inoltre, sfatare un altrofalso mito, con buona pace deicultori di questo o quel docu-mento. Pur essendo vero, infatti,che nell’ISO/TS 16949 si fa rife-rimento ad alcune metodologie,ciò non significa che vengano in-dicati metodologie o documentinazionali specifici. I fornitori, inaltre parole, sono liberi di sce-gliere un documento proprio, svi-luppato internamente, per l’ap-plicazione di metodologie comeSPC o FMEA, oppure di seguireuno qualunque dei manuali svi-luppati dalle maggiori associa-zioni di settore (VDA, ANFIA,etc.). Nella versione del 1999, l’I-SO/TS richiamava un numero re-lativamente ampio di metodolo-gie – sempre in maniera generi-ca e senza riferimento a docu-menti specifici – ma, a partire dal-la revisione del 2002, è stato scel-to di mantenere solo tre metodo-logie fondamentali, rendendoleobbligatorie: FMEA, SPC ed MSA.Dev’essere chiarito, dunque, chenessun’altra metodologia è pre-scritta come obbligatoria, così co-me in nessun punto della normacompare un qualche riferimentoo richiamo, implicito o esplicito,a determinati manuali nazionali,né si fa riferimento ad alcunacheck list ufficiale dell’IATF (In-

ternational Automotive Task For-ce).Oggi, le tre metodologie citate, dicui i Costruttori ritengono neces-saria l’applicazione, rappresen-tano il cuore della norma. Per su-perare piccole differenze, non co-sì sostanziali, è maturata l’ipote-si di elaborare un unico corpus didocumentazione tecnica per tut-ti coloro che rientrano nel mon-do ISO/TS. I lavori sono iniziatida poco, ma si presume che ilnuovo documento verrà pubbli-cato a distanza di circa un annodall’uscita della nuova ISO 9001,prevista per il 2015.

n NOTE1 ANFIA Service nasce nel 1996

come Società di Servizi di ANFIA

(Associazione Nazionale Filiera In-

dustria Automobilistica); è certifica-

ta ISO 9001:2008. Opera in diversi

settori di attività, tra cui i principali

sono la consulenza, la formazione,

i convegni e le pubblicazioni tecni-

che in ambito, Qualità, Ambiente,

Sicurezza ed Etica.

ANFIA, in qualità di membro IATF

(International Automotive Task For-

ce) in rappresentanza dell’industria

nazionale, ha contribuito allo svi-

luppo della Specifica Tecnica ISO/TS

16949: 2009 e ne monitora costan-

temente l’applicazione dello sche-

ma di certificazione in Italia. È dun-

que anche alla luce delle ultime e

originali indicazioni fornite da IATF

che ANFIA Service progetta e ag-

giorna tempestivamente l’offerta for-

mativa di in area Qualità.

Tutte le informazioni dettagliate e gli

ultimi aggiornamenti sulle attività di

ANFIA Service sono disponibili sul

portale www.anfia.it

marco mantoanAmministratore Delegato di ANFIA Service

1

Responsabile italiano dell’IATF Oversight Office

>>

A PROPOSITO E A SPROPOSITO DI ISO-TS 16949

y Anfia yA

nfia55

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ASSOCIAzIOnE ITALIAnA CuLTuRA QuALITàFEDERAzIONE NAzIONALEPresidente: Claudio ROSSOvicepresidenti: da designareAssemblea: Federica GALLEANO, GiovanniMATTANA, Antonio SCIPIONI, AndreaMINARINI, Ettore LA VOLPE, Sergio BINI, Alessandro MANZONI,Salvatore LA ROSAGiunta esecutiva: Maurizio CONTI, ErnestoSCURATI, Alberto BOBBO, Sergio BINI, Vittorio CECCONI, Claudio ROSSO, Santino PATERNÒ,Domenico GAISegretario Generale: Giacomo CASARINOSegreteria Nazionale: Annalisa ROSSI

ASSOCIAzIONI TERRITORIALIDELLA FEDERAzIONEAICQ - Associazione Italia Centronord20124 Milano - via M. Macchi, 42tel. 02 67382158fax 02 67382177 [email protected]: Giovanni MATTANAAICQ - Associazione Piemontese10128 Torino - via Genovesi, 19tel. 011 5183220fax 011 537964 - [email protected]: Federica GALLEANOAICQ - Associazione Triveneta30038 Spinea (VE) - Via E. De Filippo, 80/1tel. 351 0800386 - [email protected]: Antonio SCIPIONIAICQ - Associazione Emilia Romagna40129 Bologna - via Bassanelli, 9/11tel. 3355745309fax 051 [email protected]: Andrea MINARINI

AICQ - Associazione Tosco Ligurec/o CIPAT Via dei Pilastri n°1/3 50121 FirenzeTel. e fax 055 481524 - [email protected]: Ettore LA VOLPEAICQ - Associazione Centro Insulare00185 Roma - via di San Vito, 17tel. 06 4464132fax 06 4464145 - [email protected]: Sergio BINIAICQ - Associazione Meridionale80126 Napoli - Via Cinthia, 39tel. 081 2396503cell 392 [email protected]: Alessandro MANZONIAICQ - Associazione Sicilia90139 Palermo - via F. Crispi 108-120,c/o Ordine degli Ingegneri della Provinciadi Palermocell. 320 4376481 - fax [email protected]: Salvatore LA ROSA

FEDERATA DI SCOPO DELLA FEDERAzIONEAICQ - SICEV20124 Milano - via Cornalia 19tel. 02 [email protected]

SETTORI TECNOLOGICISettore AlimentarePresidente: Claudio MARIANISettore AutoveicoliPresidente: Federico RIVOLOSettore CostruzioniPresidente: Antonino SANTONOCITO

Settore Elettronico ed ElettrotecnicoPresidente: Giovanni MATTANASettore Servizi per i TrasportiPresidente: Luigi ZANNISettore TurismoPresidente: Dianella MANCINSettore Trasporto su RotaiaPresidente: Gianfranco SACCIONESettore EducationPresidente: Paolo SENNI GUIDOTTIMAGNANISettore SanitàPresidente: Mauro TONIOLOSettore Reti di ImpresePresidente: Luciano CONSOLATI

COMITATI TECNICIComitato Ambiente e EnergiaPresidente: Antonio SCIPIONIComitato Salute e SicurezzaPresidente: Diego CERRAComitato Metodi StatisticiPresidente: Egidio CASCINIComitato Metodologie di Assicurazione della QualitàPresidente: Francesco CARROZZINIComitato Normativa e Certificazionedei Sistemi Gestione QualitàPresidente: Cecilia DE PALMAComitato Qualità del Software e dei servizi ITPresidente: Valerio TETAComitato Risorse umane e Qualità del LavoroPresidente: Piero DETTINComitato Laboratori di Prova e TaraturaPresidente: Massimo PRADELLAComitato Responsabilità SocialePresidente: Sergio BINI

Per l’attività formativa, ove non indicata, fare riferimento al sito internet delle Federate AICQ

n. 3 maggio/giugno 2015Edizione Nazionale AICQ

Autorizzazione del Trib. di Torino n. 783

del Registro del 28/11/52

ISSN 2037-4186

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27/2/2004 n. 46) art. 1 comma 1 - DCB Mi. Per l’I-

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