ai seggi nelle ultime elezioni partecipazione...

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36 GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2013 DI A R I O DI REPUBBLICA A iuto: sotto il 50 per cento degli elettori la democrazia, o quel che ne resta, smobilita. Meglio accorgersene tardi che mai. Però quanti allarmi del lunedì riecheggiati a vuoto; quante va- ne geremiadi sull’apatia, la rab- bia e la sfiducia che andavano in- trecciandosi con l’eterno indivi- dualismo italiano, con quell’i- stinto di furba noncuranza e anarcoide “particulare” che già spinsero Guicciardini a scrivere: «E spesso tra ‘l palazzo e la piaz- za è una nebbia sì folta o uno mu- ro sì grosso... «. Spesso, si badi, non sempre. E non solo perché l’esercizio del voto è stato a lungo, per legge, «un obbligo al quale nessun cit- tadino può sottrarsi senza venir meno ad un suo preciso dovere verso il Paese». Una norma pre- vedeva addirittura per gli aste- nuti l’esposizione in una specie di gogna, l’albo comunale, così come la menzione “Non ha vota- to” era da registrarsi nel certifica- to di buona condotta. Nel 1993 la nascente Seconda Repubblica cancellò quella leg- ge e quelle sanzioni, peraltro mai applicate, delegando la questio- ne al dettato costituzionale che all’articolo 48 definisce il voto un “dovere civico”. Per la verità, i Pa- dri costituenti discussero se con- siderarlo un dovere anche “mo- rale”. Chissà cosa penserebbero oggi nell’apprendere che tra le ragioni della scarsa affluenza al primo turno per il Campidoglio c’è chi ha segnalato il derby Ro- ma-Lazio. Era quell’Italia un paese ap- passionato di elezioni, oltre che di partite. Il record della parteci- pazione, 93,8 per cento, fu tocca- to nel 1953; e neanche a farlo ap- posta, proprio al termine di quel- la campagna elettorale Nicola Adelfi scrisse sull’Europeo che oltre al simultaneo svolgersi del Mese mariano, dell’incorona- zione di Elisabetta II d’Inghilter- ra e all’uscita del Millecento Fiat, anche – e proprio! – la sconfitta calcistica dell’Italia da parte del- la selezione ungherese (3 a 0) aveva contribuito ad affollare le urne, galvanizzando gli elettori comunisti e suscitando in quelli di destra il desiderio di una rivin- cita per l’orgoglio nazionale feri- to. Tutto insomma incoraggiava il voto, dopo vent’anni di dittatu- ra. I partiti, è vero, ci mettevano del loro, le foto d’epoca illustra- no uno sforzo organizzativo commovente e capillare, ca- mion, pullman, istituti religiosi, accompagnamento ai seggi di con cui un po’ tutti, compresi i vescovi, hanno finito per demo- ralizzare le scelte dei cittadini. Allo stesso esito devono poi aver contribuito le ricorrenti re- criminazioni sui costi delle ele- zioni e sui presunti brogli, oltre al caos dei sistemi di voto, che in Italia sono sette, record europeo di complicazione. Senza contare la pigrizia e la voglia di non spor- carsi le mani, il ribellismo e l’i- gnoranza, la stanchezza, il me- nefreghismo e la passività. Ma è anche possibile che su un altro piano c’entri una politica ri- dotta ad annunci, consacrazioni e risse da talk-show, certe asprezze maggioritarie, una leg- ge elettorale definita una “porca- ta” dal suo stesso autore, donde le bellone beneficate dal sovra- no, i ladri nominati in Parlamen- to per non finire in galera e quan- to porta il “dovere civico” a esse- re percepito come un inutile rito, un goffo alibi, comunque un’e- spressione ormai lontana dalla vita e dal cuore. E neanche più Grillo riesce a scaldare le urne. E tuttavia nella diserzione di massa può esserci qualcosa di ancora più inconfessabile, tipo il calcolo che nel tempo della casta e dell’antipolitica, gli opposti estremismi della Terza Repub- blica, le elezioni si vincono al ri- basso: quanta meno gente vota, tanto più alta la probabilità di ac- chiappare il successo. Inutile di- re che sopra, sotto e dietro tutte queste patologie s’indovina l’ombra del più inesorabile istin- to di morte. E se la democrazia ha qualche opportunità di rinasce- re, ma in forme davvero nuove, è esattamente con esso che toc- cherà fare i conti. DARIO TUORTO Apatia o protesta? Il Mulino 2006 ELENA POLIDORI La folla sceglie sempre Barabba Aliberti 2013 B. LOERA L. RICOLFI S. TESTA Italia al voto Utet 2012 D. FABRIZIO D. FELTRIN Capire i risultati elettorali Carocci 2011 ILVO DIAMANTI Sillabario dei tempi tristi Feltrinelli 2011 GUIDO CRAINZ L’Italia repubblicana Giunti 2007 P. BELLUCCI P. SEGATTI Votare in Italia Il Mulino 2011 R. MANNHEIMER G. SANI La conquista degli astenuti Il Mulino 2001 MARIO AJELLO Storie di voto Donzelli 2006 VINCENZO MARINELLO Analisi dei flussi elettorali Aracne 2010 LIBRI I Diari online TUTTI i numeri del “Diario” di Repub- blica, comprensivi delle fotografie e dei testi completi, sono consultabili su In- ternet in formato pdf all’indirizzo web www.repubblica.it. I lettori potranno accedervi direttamente dalla homepa- ge del sito, cliccando sul menu “Sup- plementi”. Gli autori IL SILLABARIO di José Saramago è tratto da Saggio sulla lucidità (Feltrinelli). L’ultimo libro di Filippo Ceccarelli è Come un gufo tra le rovine (Feltrinelli). Roberto D’Alimonte è professore di Sistema Politico Italiano pres- so l’università Luiss Guido Carli. Elisabetta Gualmini è presidente dell’Istituto Cattaneo. Quando la democrazia funziona al 50 per cento ASTENUTI A ll’impressionante serenità dei votanti nelle stra- de e dentro le sezioni elettorali non corrispon- deva una identica disposizione d’animo nei ga- binetti dei ministri, né nelle sedi dei partiti. La questio- ne che maggiormente preoccupa gli uni e gli altri è a quanto ammonterà questa volta l’astensione, come se solo lì si trovasse la porta per la salvezza dalla difficile si- tuazione sociale e politica in cui il paese è sprofondato. Un’astensione ragionevolmente alta, o addirittura su- periore alla massima verificatasi nelle elezioni prece- denti, purché non esagerata, significherebbe che sa- remmo tornati alla normalità, alla ben nota routine de- gli elettori che non hanno mai creduto all’utilità del vo- to e primeggiano per la contumacia nell’assenza, degli altri che hanno preferito approfittare del bel tempo e an- dare al mare, o di quelli che, senza nessun altro motivo, se non l’invincibile pigrizia, se ne sono rimasti a casa. SILLABARIO ASTENUTI JOSÉ SARAMAGO Il crollo dell’affluenza ai seggi nelle ultime elezioni comunali segna il minimo storico in un Paese dove la partecipazione è sempre stata storicamente alta Quanti allarmi andati a vuoto. Quante vane geremiadi sull’apatia la rabbia e la sfiducia che si intrecciano con l’individualismo Individualismo Al risultato hanno certo contribuito le denunce sui costi e sui brogli oltre al caos sui sistemi e le leggi elettorali Denunce FILIPPO CECCARELLI ammalati e di anziani. Le passio- ni e le tensioni ideologiche, l’esi- stenza di “nemici per la pelle” fa- cevano il resto. Così fino agli albori del “riflus- so”, che corrisponde alle politi- che del 1979, l’astensione non andò oltre il 7-8 per cento. Ma adesso che quella modesta quo- ta si è moltiplicata per sei e che l’assenteismo sta per sfondare il 50 per cento, diventa un’impre- sa anche solo chiedersi cosa dia- volo ha gonfiato a dismisura il partito invisibile della fuga e co- sa c’è dietro l’attrazione del vuo- to, l’energia dell’assenza, il pote- re della collera che si fa estra- neità, disgusto, rifiuto. Altro che “disaffezione”, come pure per anni si è cercato di edulcorare il fenomeno. E certo colpisce la povertà di analisi, di coraggio e fantasia al riguardo. Per cui le spiegazioni sono tante, o meglio sono trop- pe, che poi sarebbe un modo per dire che la faccenda è scivolosa, e quando le cause si confondono con le conseguenze vuol dire tro- varsi nel cuore della crisi demo- cratica. Certo, anche al netto della fine del partito di massa, non ha gio- vato l’inflazione di referendum falliti, né la periodica tiritera «Andate al mare» (Craxi) o «Re- state a casa» (Berlusconi) e nep- pure l’imprevidente scorciatoia «non partecipo quindi vinco» © RIPRODUZIONE RISERVATA INDECISO Nell’immagine grande, “L’elettore indeciso”, caricatura inglese di fine 800 Qui a fianco, propaganda francese per l’astensione nel 1968 In basso, manifesto contro il non voto per le elezioni italiane del 1948 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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GIOVEDÌ 13 GIUGNO 2013

la Repubblica

DIARIODI REPUBBLICA

Aiuto: sotto il 50 percento degli elettorila democrazia, oquel che ne resta,smobilita. Meglio

accorgersene tardi che mai.Però quanti allarmi del lunedì

riecheggiati a vuoto; quante va-ne geremiadi sull’apatia, la rab-bia e la sfiducia che andavano in-trecciandosi con l’eterno indivi-dualismo italiano, con quell’i-stinto di furba noncuranza eanarcoide “particulare” che giàspinsero Guicciardini a scrivere:«E spesso tra ‘l palazzo e la piaz-za è una nebbia sì folta o uno mu-ro sì grosso... «.

Spesso, si badi, non sempre. Enon solo perché l’esercizio delvoto è stato a lungo, per legge,«un obbligo al quale nessun cit-tadino può sottrarsi senza venirmeno ad un suo preciso dovereverso il Paese». Una norma pre-vedeva addirittura per gli aste-nuti l’esposizione in una speciedi gogna, l’albo comunale, cosìcome la menzione “Non ha vota-to” era da registrarsi nel certifica-to di buona condotta.

Nel 1993 la nascente SecondaRepubblica cancellò quella leg-ge e quelle sanzioni, peraltro maiapplicate, delegando la questio-ne al dettato costituzionale cheall’articolo 48 definisce il voto un“dovere civico”. Per la verità, i Pa-dri costituenti discussero se con-siderarlo un dovere anche “mo-rale”. Chissà cosa penserebberooggi nell’apprendere che tra leragioni della scarsa affluenza alprimo turno per il Campidoglioc’è chi ha segnalato il derby Ro-ma-Lazio.

Era quell’Italia un paese ap-passionato di elezioni, oltre chedi partite. Il record della parteci-pazione, 93,8 per cento, fu tocca-to nel 1953; e neanche a farlo ap-posta, proprio al termine di quel-la campagna elettorale NicolaAdelfi scrisse sull’Europeo cheoltre al simultaneo svolgersi delMese mariano, dell’incorona-zione di Elisabetta II d’Inghilter-ra e all’uscita del Millecento Fiat,anche – e proprio! – la sconfittacalcistica dell’Italia da parte del-la selezione ungherese (3 a 0)aveva contribuito ad affollare leurne, galvanizzando gli elettoricomunisti e suscitando in quellidi destra il desiderio di una rivin-cita per l’orgoglio nazionale feri-to.

Tutto insomma incoraggiavail voto, dopo vent’anni di dittatu-ra. I partiti, è vero, ci mettevanodel loro, le foto d’epoca illustra-no uno sforzo organizzativocommovente e capillare, ca-mion, pullman, istituti religiosi,accompagnamento ai seggi di

con cui un po’ tutti, compresi ivescovi, hanno finito per demo-ralizzare le scelte dei cittadini.

Allo stesso esito devono poiaver contribuito le ricorrenti re-criminazioni sui costi delle ele-zioni e sui presunti brogli, oltre alcaos dei sistemi di voto, che inItalia sono sette, record europeodi complicazione. Senza contarela pigrizia e la voglia di non spor-carsi le mani, il ribellismo e l’i-gnoranza, la stanchezza, il me-nefreghismo e la passività.

Ma è anche possibile che su unaltro piano c’entri una politica ri-dotta ad annunci, consacrazionie risse da talk-show, certeasprezze maggioritarie, una leg-ge elettorale definita una “porca-ta” dal suo stesso autore, dondele bellone beneficate dal sovra-no, i ladri nominati in Parlamen-to per non finire in galera e quan-to porta il “dovere civico” a esse-re percepito come un inutile rito,un goffo alibi, comunque un’e-spressione ormai lontana dallavita e dal cuore. E neanche piùGrillo riesce a scaldare le urne.

E tuttavia nella diserzione dimassa può esserci qualcosa diancora più inconfessabile, tipo ilcalcolo che nel tempo della castae dell’antipolitica, gli oppostiestremismi della Terza Repub-blica, le elezioni si vincono al ri-basso: quanta meno gente vota,tanto più alta la probabilità di ac-chiappare il successo. Inutile di-re che sopra, sotto e dietro tuttequeste patologie s’indovinal’ombra del più inesorabile istin-to di morte. E se la democrazia haqualche opportunità di rinasce-re, ma in forme davvero nuove, èesattamente con esso che toc-cherà fare i conti.

DARIOTUORTOApatia o protesta?Il Mulino2006

ELENAPOLIDORILa follascegliesempreBarabbaAliberti 2013

B. LOERA L. RICOLFI S. TESTAItalia al votoUtet 2012

D. FABRIZIOD. FELTRINCapire i risultatielettoraliCarocci 2011

ILVODIAMANTISillabario deitempi tristiFeltrinelli2011

GUIDOCRAINZL’ItaliarepubblicanaGiunti2007

P. BELLUCCIP. SEGATTIVotare in ItaliaIl Mulino 2011

R. MANNHEIMERG. SANILa conquistadegli astenutiIl Mulino2001

MARIOAJELLOStorie di votoDonzelli2006

VINCENZOMARINELLOAnalisi dei flussielettoraliAracne2010

LIBRI

I Diari onlineTUTTI i numeri del “Diario” di Repub-blica, comprensivi delle fotografie e deitesti completi, sono consultabili su In-ternet in formato pdf all’indirizzo webwww.repubblica.it. I lettori potrannoaccedervi direttamente dalla homepa-ge del sito, cliccando sul menu “Sup-plementi”.

Gli autoriIL SILLABARIO di José Saramago è trattoda Saggio sulla lucidità (Feltrinelli). L’ultimolibro di Filippo Ceccarelliè Come un gufo trale rovine (Feltrinelli). Roberto D’Alimonte èprofessore di Sistema Politico Italiano pres-so l’università Luiss Guido Carli. ElisabettaGualminiè presidente dell’Istituto Cattaneo.

Quando la democraziafunziona al 50 per cento

ASTENUTI

All’impressionante serenità dei votanti nelle stra-de e dentro le sezioni elettorali non corrispon-deva una identica disposizione d’animo nei ga-

binetti dei ministri, né nelle sedi dei partiti. La questio-ne che maggiormente preoccupa gli uni e gli altri è aquanto ammonterà questa volta l’astensione, come sesolo lì si trovasse la porta per la salvezza dalla difficile si-tuazione sociale e politica in cui il paese è sprofondato.Un’astensione ragionevolmente alta, o addirittura su-periore alla massima verificatasi nelle elezioni prece-denti, purché non esagerata, significherebbe che sa-remmo tornati alla normalità, alla ben nota routine de-gli elettori che non hanno mai creduto all’utilità del vo-to e primeggiano per la contumacia nell’assenza, deglialtri che hanno preferito approfittare del bel tempo e an-dare al mare, o di quelli che, senza nessun altro motivo,se non l’invincibile pigrizia, se ne sono rimasti a casa.

SILLABARIOASTENUTI

JOSÉ SARAMAGO

Il crollo dell’affluenzaai seggi nelle ultime elezionicomunali segna il minimo storico in un Paese dovela partecipazioneè sempre stata storicamente alta

Quanti allarmi andatia vuoto. Quante vanegeremiadi sull’apatiala rabbia e la sfiduciache si intreccianocon l’individualismo

Individualismo

Al risultato hannocerto contribuitole denunce sui costie sui brogli oltreal caos sui sistemie le leggi elettorali

Denunce

FILIPPO CECCARELLI

ammalati e di anziani. Le passio-ni e le tensioni ideologiche, l’esi-stenza di “nemici per la pelle” fa-cevano il resto.

Così fino agli albori del “riflus-so”, che corrisponde alle politi-che del 1979, l’astensione nonandò oltre il 7-8 per cento. Maadesso che quella modesta quo-ta si è moltiplicata per sei e chel’assenteismo sta per sfondare il50 per cento, diventa un’impre-sa anche solo chiedersi cosa dia-volo ha gonfiato a dismisura ilpartito invisibile della fuga e co-sa c’è dietro l’attrazione del vuo-to, l’energia dell’assenza, il pote-re della collera che si fa estra-neità, disgusto, rifiuto. Altro che“disaffezione”, come pure per

anni si è cercato di edulcorare ilfenomeno.

E certo colpisce la povertà dianalisi, di coraggio e fantasia alriguardo. Per cui le spiegazionisono tante, o meglio sono trop-pe, che poi sarebbe un modo perdire che la faccenda è scivolosa, equando le cause si confondonocon le conseguenze vuol dire tro-varsi nel cuore della crisi demo-cratica.

Certo, anche al netto della finedel partito di massa, non ha gio-vato l’inflazione di referendumfalliti, né la periodica tiritera«Andate al mare» (Craxi) o «Re-state a casa» (Berlusconi) e nep-pure l’imprevidente scorciatoia«non partecipo quindi vinco»

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INDECISONell’immagine

grande,“L’elettoreindeciso”,caricatura

inglesedi fine 800

Qui a fianco,propagandafrancese perl’astensione

nel 1968In basso,

manifestocontro

il non votoper le elezioni

italianedel 1948

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IL DOPOGUERRALe prime elezioni liberenell’Italia postfascista si tengono nel 1946 perl’Assemblea CostituenteI votanti sono l’89%

Nell’immensità del mondo dellospirito non possiamo predicarel’astensione per nessuna formaLa nostra fede, 1919

Piero Gobetti

È difficile scegliere tra imbecilliche vogliono cambiare tutto emascalzoni che vogliono l’oppostoIl malpensante, 1987

Gesualdo Bufalino

Anche i nostri partiti fingonodi essere preoccupatidel crescente astensionismoIl futuro della democrazia, 1984

Norberto Bobbio

Le tappe

OGGIL’affluenza va a piccoAgli ultimi ballottaggidelle elezioniamministrative vota meno del 50%

IL NUOVO MILLENNIODopo Tangentopoli, alle elezioni politichedel 1996 non vota quasi il 18%. Nel 2008 circa il 20%. Nel 2013 il 25%

DOPO BERLINGUERCon la questionemorale di Berlinguerl’astensionismocomincia a crescereNel 1983 è già all’11%

LA PARTECIPAZIONEFino alla metà degli anni70 in Italia l’astensioneè spesso molto bassaNel 1976 è ancora ferma al 6,6%

DONATELLACAMPUSL’elettorepigroIl Mulino 2000

PIETROSCOPPOLALa repubblicadei partitiIl Mulino1997

DOMENICOFRUNCILLOUrna delsilenzioEdiesse 2004

GIOVANNISARTORIMalatemporaLaterza 2004

P. L. BALLINIM. RIDOLFI Storia dellecampagneelettorali in ItaliaBrunoMondadori2002

V. CUTURIR.SAMPUGNAROV.TOMASELLIL’elettoreinstabileFranco Angeli2000

M. SERENAPIRETTIFabbrica del votoLaterza 1998

MAURIZIORIDOLFINel segno del votoCarocci2000

SIMONACOLARIZIStoria politica dellaRepubblicaLaterza2007

LIBRI

L’intervista / 1 Elisabetta Gualmini

“DA MARGINALIA PROTAGONISTI”

Non sono rinunciatari, votano non votando. Non so-no muti spettatori, ma attori politici decisivi. Gliastenuti sono diventati astensionisti, figure ineditema determinanti dello scenario politico italiano.

Per Elisabetta Gualmini, presidente dell’Istituto Cattaneo diBologna, quando un italiano su due non va alle urne non è piùil caso di parlare di “non scelta”.

Come è cambiato il non votante, professoressa?«L’astenuto tradizionale, l’elettore stanco, malato, pigro o

indifferente, esiste ancora. Ma accanto a lui è cresciuto l’a-stensionista razionale, analitico, sofisticato: il cittadino criti-co che considera il non voto come una opzione politica».

Da dove viene l’“astensionismo attivo”?«Il votante tradizionale tendeva a scegliere, nel menù elet-

torale, il partito più vicino ai propri ideali e interessi, salvo de-lusione. Ma la velocità e l’abbondanza dei canali di informa-zione, oggi, stringe i tempi e approfondisce il “pentimento”post-elettorale. La domanda politica si fa sempre meno ela-stica, più esigente. Se sul menù della scheda l’elettore non tro-va il “suo” candidato congruo, decisivo, ficcante, tende a pre-figurarsi la delusione, e a scegliere l’astensione».

L’astensionista può tornare a votare in qualsiasi momen-to?

«In molte democrazie è così: c’è rimescolamento costante

fra elettori attivi e astenuti. Da noi c’è più inerzia: l’astensio-nismo tende a diventare cronico, chi non vota una volta ten-de a non votare più. Paradossalmente, è l’elettorato più fede-le... I dati storici lo dimostrano. Il picco della partecipazionefurono le politiche del ’76, quando la paura del “sorpasso” delPci sulla Dc riempì i seggi. Dal ’79 in poi, però è calata costan-temente, senza altalene. Ma è possibile che un populismo piùaggressivo di quelli che conosciamo possa riuscire a inverti-re la tendenza».

Chi è l’astensionista medio?«L’astenuto era tradizionalmente anziano, donna e giova-

ne. A partire dagli anni Novanta, la quota dei giovani è cre-sciuta più delle altre componenti. Il movimento Cinquestel-le è riuscito solo a rallentare la tendenza fra i giovani, ma inmodo non permanente, tant’è che alle amministrative, chesono elezioni meno “potenti” delle politiche, lo scivolamen-to nel non voto è ripartito».

Tuttavia, secondo lei, anche questo non-voto sta diven-tando politicamente consapevole di se stesso.

«Gli astensionisti, a differenza degli astenuti, vogliono “di-re” la loro scelta. Lanciano messaggi e si attendono di leggererisposte, se non altro per confermare di avere avuto ragione.Sono cittadini sempre meno marginali e socialmente deboli,il baricentro geografico dell’astensione emigra al centro-nord, quello anagrafico verso i giovani, quello sociale verso leclassi colte e benestanti. L’astensione è uno degli elementidella fluidità politica, accanto a un elettorato attivo che alleultime politiche ha cambiato scelta in quattro casi su dieci».

Proporrebbe allora di sostituire, nei risultati elettorali, lepercentuali sui votanti con quelle sugli elettori?

«Le percentuali descrivono solo i rapporti di forza. Do-vremmo cominciare a parlare di cifre assolute, è questa la mi-sura del consenso reale dei partiti».

Non è più vero che “chi non vota non conta”?«L’astensionismo conta eccome. Dal suo apparente silen-

zio minaccia i partiti, li spaventa, li domina. Sono gli asten-sionisti, ormai, che decidono chi vince e chi perde. Sono loroche dettano l’agenda, sono i nuovi protagonisti della scenapolitica».

MICHELE SMARGIASSI

“Sono loro ormai che contano, più degli altriSpaventano i partiti, li minacciano. Dettanol’agenda, decidono chi vince e chi perdeSono i nuovi primi attori sulla scena elettorale”

Decisioni

L’intervista / 2 Roberto D’Alimonte

“URNE VUOTE?NON È UN MALE”

Professor D’Alimonte, lei sostiene che il calo dei vo-tanti non è per forza un male.«Un alto livello di partecipazione non è necessaria-mente sinonimo di buona democrazia. Prenda il sin-

daco di Londra, Johnson: è stato eletto con un’affluenza del 38per cento, quello di New York, Bloomberg, per tre volte conuna percentuale di votanti al di sotto del 40 per cento. Da noialle ultime politiche ha votato il 75 per cento, 15 punti in me-no rispetto al 1979, quando è iniziata la parabola discenden-te della partecipazione al voto, ma ancora 5 punti in più ri-spetto alle ultime politiche in Germania, dieci in più rispettoall’elezione di Cameron in Inghilterra e sedici in più rispettoalle politiche del 2012 in Giappone».

Ma da noi l’astensione è sempre stata vista come un feno-meno negativo.

«Il voto era obbligatorio. C’è questo imprinting che risale al’48, quando la Dc, preoccupata della possibile affermazionedei comunisti, enfatizzò il dovere delle urne, specie tra i cetipopolari e i contadini, con la minaccia che il mancato voto sa-rebbe stato registrato sul certificato di buona condotta. Neipiccoli paesi meridionali i nomi dei non votanti finivano ad-dirittura esposti negli albi comunali».

Quali sono gli altri motivi del calo della partecipazione?

«La fine delle ideologie, con la scomparsa dei partiti di mas-sa; l’invecchiamento della popolazione, i vecchi non vanno avotare; la crisi economica, che ha alimentato rabbia e protesta,ma allo stesso tempo ha privato la classe politica delle risorseper alimentare il voto di scambio. Le chiedo: la partecipazionefrutto del voto di scambio era buona o cattiva? Alle ultime re-gionali solo il 13% dei lombardi ha espresso una preferenza,contro l’84% dei calabresi. Ora non mi pare che la qualità del-la democrazia in Lombardia sia minore che in Calabria».

Quindi oggi va a votare chi è davvero motivato?«È motivato diversamente. Ad esempio a livello locale conta

molto la spinta di votare i candidati che si conoscono, che dan-no affidamento. Il che spiega perché Grillo non sfondi nelle am-ministrative. Siamo diventati più laici, il che comporta che il vo-to è diventato più fluido, più volatile, e questo non riguarda so-lo gli spostamenti tra i partiti, ma anche l’astensionismo, che èdeterminato dal ciclo economico e politico, ma anche dallepersone in campo. La personalizzazione è un dato di fatto concui bisogna fare i conti. Ci dobbiamo abituare ad un astensio-nismo che salirà e scenderà a seconda delle circostanze».

Quindi quel 45 per cento di votanti a Roma sta indicare cheAlemanno e Marino siano stati percepiti come candidati de-boli?

«La mia sensazione è che né Alemanno né Marino eranosufficientemente appealing. Del resto su Alemanno c’eranosondaggi che testimoniavano uno scarso gradimento per ilsuo operato».

Ma c’è una soglia sotto la quale l’astensionismo diventaallarmante?

«Beh, se andasse a votare solo il 10% bisognerebbe porsidelle domande, ma un sindaco eletto con il 45% dei voti da unpunto di vista funzionale è pienamente legittimato, e lo di-mostrano gli esempi stranieri che le ho fatto».

Grillo ha ballato una sola stagione?«È presto per dirlo. Dopo le politiche, in cui ha toccato l’api-

ce, grazie agli errori fatti dagli altri partiti, in particolare dal Pd,a cui ha sottratto tanti voti insieme alla Lega, è cominciata ladiscesa, ma non sappiamo ancora dove si fermerà».

CONCETTO VECCHIO

“Un sindaco eletto con il 45% dei votanti è legittimatopienamente. A Londra Boris Johnson è stato sceltoda una platea del 38%. E a New York Bloombergper tre volte con una percentuale sotto il 40”

Legittimo

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