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settimanale del sistema agroindustriale 7-13 marzo 2008 15 U na produzione in leg- gera flessione e un saldo commerciale at- tivo che non si vedeva da sei anni. accompagnati da un nuo- vo piccolo aumento dei consu- mi, con una ripresa incorag- giante dei prodotti biologici e di quelli di quarta gamma. So- no i principali indicatori del- l’ortofrutticoltura nazionale, relativi al 2007, illustrati nei giorni scorsi a Milano da Ce- sena Fiera alla presentazione della 25 a edizione del Mac- frut, la rassegna specializzata di settore che si terrà dal 17 al 19 aprile prossimo. L’anno scorso, in base ai dati Istat e Ismea elaborati dall’Osservatorio di Cesena Fiera, i raccolti di frutta e ortaggi nel complesso si sono attestati a 23,88 milioni di tonnellate, con un calo del 2,8% rispetto al 2006. La Pro- duzione lorda vendibile si è fermata a 11,4 miliardi di eu- ro, perdendo uno 0,9% per lo più imputabile a un’analoga flessione del reddito delle im- prese agricole. Mentre il giro d’affari della filiera, che tiene conto dell’indotto, è salito a 22,85 miliardi, segnando +1,1% rispetto all’anno prece- dente. Un aumento riconduci- bile comunque all’incremen- to di alcuni costi, a partire da carburanti, mezzi tecnici e at- trezzature. Buone notizie, nel comples- so, sul fronte dell’interscam- bio con l’estero che ha visto l’Italia chiudere il 2007 con i conti in attivo per 937 milioni, con un bal- zo di quasi il 39% ri- spetto al 2006. Un ri- sultato che non veni- va raggiunto dal 2001, quando la diffe- renza tra export e import raggiunse un picco di oltre 1,1 miliardi. In base alle sti- me elaborate dall’Aneioa (As- sociazione nazionale esporta- tori importatori), l’anno scor- so sono stati venduti oltre frontiera circa 3,7 milioni di tonnellate di prodotti, con un aumento del 5,3% sul 2006. Questo per un importo di 3,26 miliardi, in crescita di quasi l’8 per cento. Intanto le importazioni hanno superato i 2,8 milioni di tonnellate, con un aumento dell’1,4%, ma per una spesa di 2,3 miliardi, in calo dell’1,1 per cento. A fare da traino all’export è stata ancora la frutta fresca con oltre 2,3 milioni di ton- nellate (+6,7%) per 1,9 mi- liardi di euro (+10,6%). Di legumi e ortaggi l’anno scorso sono state esportate 905mila tonnel- late, con un aumento del 7,4%, per 806 milioni (+4%). In netto calo le spedizioni di frutta tropi- cale (-13,4% in quantità e -9,2% in valore). E gli agrumi registrano un nuovo ribasso: l’an- no scorso ne sono stati esportati 200mila ton- nellate, il 6% in meno ri- spetto al 2006, per un introi- to di 115 milioni (+0,6%). Sul fronte dell’import, pro- segue intanto la crescita de- gli ortaggi. L’anno scorso ne sono entrati in Italia oltre un milione di tonnellate, quasi il 2% in più rispetto al 2006, per una spesa di 608 milioni (+3,4%). Certo, il nostro Pae- se nel frattempo ha importa- to meno frutta fresca (-9,1% in quantità e -2,3% in valore) e frutta secca (rispettivamen- te, -4,2% e -15,8%). Ma in compenso sono aumentati gli arrivi di frutta tropicale: 836mila tonnellate (+3,7%) per una spesa di 491 milioni (+4,7%). E di agrumi ne ab- biamo importati 346mila ton- nellate, con un incremento di quasi il 15% in un anno, per 223 milioni (+21,6%). Incoraggianti anche i dati sui consumi domestici, che l’anno scorso sono cresciuti nel complesso dello 0,6% in quantità e del 3,3% in valore. In particolare, i dati Gfk ela- borati dall’Osservatorio dei consumi di Cesena Fiera indi- cano che nel 2007 ogni fami- glia ha acquistato 391 chili di frutta e verdure, pari a uno 0,56% in più rispetto al 2006, per una spesa media di 619 euro (+3,3%). Intanto, torna a cresce l’in- teresse per l’ortofrutta biolo- gica. Dopo il picco raggiun- to nel 2001, quando in Italia queste produzioni interessa- vano oltre 1,2 milioni di etta- ri con 60mila imprese attive lungo la filiera, e la successi- va fase di riflusso, l’anno scorso gli investimenti si so- no assestati a 1,1 milioni di ettari, con poco più di 51mi- la imprese impegnate. L’Ita- lia si conferma comunque il primo esportatore europeo di prodotti ortofrutticoli «bio», con un valore di 800 milio- ni. E Ismea stima che nei primi nove mesi del 2007 gli acquisti in Italia siano au- mentati su base annua del 25 per cento. In crescita anche il merca- to della quarta gamma (frutta e ortaggi lavati, tagliati e con- fezionati, pronti per il consu- mo). L’Italia risulta il secon- do mercato in Europa, dopo la Gran Bretagna, con un giro d’affari di 700 milioni, il 6% in più rispetto al 2006. Massimo Agostini Decreto Mipaaf fissa i premi disaccoppiati per la frutta trasformata: 800 euro alle pesche Ritorna il biologico, aumenta la IV gamma – Intanto il saldo commerciale attivo fa un balzo del 39% Consumi fiacchi, accelera l’export Aiuti Ue, alle pere 2.200 euro per ettaro Alla presentazione del Macfrut di Cesena le stime 2007 sul settore: +0,6% per gli acquisti domestici C on il via libera della Conferen- za Stato-Regioni, il 28 febbra- io scorso, al decreto di attuazione del regime transitorio per pesche, pere e prugne, si è concluso formal- mente l’iter applicativo della nuova Organizzazione comune di mercato (Ocm) per la frutta destinata alla trasformazione. I primi decreti, quelli che hanno ufficializzato la scelta dell’Italia di applicare con gradualità il disaccop- piamento degli aiuti, sono stati pub- blicati sulla Gazzetta Ufficiale a di- cembre. E stabiliscono che per i pros- simi tre anni, per pesche e pere Wil- liams sarà erogato un aiuto a superfi- cie sulla base dei contratti di trasfor- mazione con l’industria. Mentre per le prugne gli anni previsti per la dura- ta del premio sono cinque. Al termi- ne di questo periodo transitorio sarà applicato il disaccoppiamento totale a tutti i settori. Nei decreti viene fissata la modali- tà di attribuzione dei diritti disaccop- piati che avverrà a partire dal 2011. Il metodo scelto per pesche e pe- re, anche in questo caso come in quello della maggior parte degli altri settori, è stato quello cosiddetto «sto- rico aziendale», ossia a ciascuna azienda verrà assegnato un numero di titoli pari al numero di ettari mediamente coltiva- ti durante un periodo di riferimento e un valore dei titoli che dipenderà dalla media delle quantità effettivamente avviate al- la trasformazione e am- messe a premio durante ta- le periodo. Il periodo di riferimento scelto dall’Italia è il trien- nio 2004-06. Anche per le prugne si è scelto il metodo «storico», ma il valore del titolo dipenderà solo dalle superfici coltivate e non dalla quantità destina- ta alla trasformazione. Risulta quin- di chiaro che il valore e il numero dei titoli sarà diverso da azienda ad azienda. Dal 2011 lo sbocco verso la tra- sformazione non sarà più incentivato e gli agricoltori potranno scegliere il mercato più conveniente in base al solo prezzo. Se però le industrie di trasformazione non dovessero più riu- scire a pagare un prezzo simile a quello del mercato del fresco, i pro- duttori saranno incentivati a colloca- re la loro produzione su quest’ulti- mo. Inevitabilmente, ciò comporte- rebbe un appesantimento dell’offerta con conseguente abbattimento dei prezzi. Inoltre, l’applicazione della riforma con il cosiddetto metodo «storico aziendale», farebbe sì che sullo stesso mercato si troverebbero a operare produttori di pere Williams sostenuti da titoli di valore molto elevato (oltre 3mila euro) e produttori sostenuti da diritti di valore molto bas- so, o addirittura nullo, dal momento che nel periodo di riferimento non aveva- no partecipato al regime di trasformazione. La «Stato-Regioni» del 28 febbraio ha approvato dunque il decreto Mipaaf che stabili- sce le modalità di attuazione del regi- me transitorio per la frutta. Tutti i produttori di pesche, pere Williams e prugne associati a un’Op, che abbia- no sottoscritto attraverso quest’ulti- ma un contratto di trasformazione che li impegni a consegnare almeno 24 tonnellate per ettaro di pesche, 25 tonnellate di pere e 1,5 tonnellate di prugne, saranno beneficiari di un aiu- to a ettaro. L’entità del premio sarà stabilita, ogni anno, suddividendo le dotazioni finanziarie di ciascun settore (7,5 mi- lioni per le pere, 1 milione per le pesche e 1,2 milioni per le prugne) per il numero di ettari effettivamente ammessi a premio in Italia sulla base delle rese per ettaro sopra indicate. L’importo definitivo del premio sarà quindi conosciuto solamente a fine campagna. Entro il 15 marzo di ogni anno, allo scopo di fornire un dato pura- mente indicativo, il ministero fissa con decreto un premio indicativo. Nel 2008 è pari a 2.200 euro a ettaro per le pere, 800 euro per le pesche e 2.000 euro per le prugne. Mirco Biondi Contratti con l’industria con soglia minima di fornitura Incentivi anche per le prugne Pomodoro, il Sud senza un accordo È ancora in alto mare al Sud la contratta- zione del pomodoro da in- dustria per il 2008. Dopo l’accordo d’area raggiun- to al Nord, il 19 febbraio scorso, Unioni nazionali dei produttori e Anicav, in rappresentanza delle imprese conserviere del Sud, si sono incontrate il 25 febbraio. Ma la trattati- va è stata sospesa per le distanze ancora notevoli tra le parti, in particolare per quanto riguarda la cer- tezza delle consegne della materia prima e il prezzo del pomodoro. Gli agricoltori hanno chiesto 90 euro a tonnella- ta per il pomodoro tondo e 100 per il lungo (nel 2007 i prezzi di riferimen- to erano, rispettivamente, 55 e 60 euro), con una griglia di oscillazione del + o - 30%, una franchigia sulle consegne del 10% e una penalità per mancata consegna fino a un massi- mo di 20 euro a tonnella- ta. L’industria vorrebbe contenere il livello di prezzo vicino a quello concordato al Nord (79,50 euro), concedendo 5 euro in più per il tondo e 10 per il lungo. Intanto, scaduto il termine di fine febbraio per la contratta- zione, il Mipaaf ha con- cesso per decreto una pro- roga al 15 marzo.

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s e t t i m a n a l e d e l s i s t e m a a g r o i n d u s t r i a l e

7-13 marzo 2008 15

U na produzione in leg-gera flessione e unsaldo commerciale at-

tivo che non si vedeva da seianni. accompagnati da un nuo-vo piccolo aumento dei consu-mi, con una ripresa incorag-giante dei prodotti biologici edi quelli di quarta gamma. So-no i principali indicatori del-l’ortofrutticoltura nazionale,relativi al 2007, illustrati neigiorni scorsi a Milano da Ce-sena Fiera alla presentazionedella 25a edizione del Mac-frut, la rassegna specializzatadi settore che si terrà dal 17 al19 aprile prossimo.

L’anno scorso, in base aidati Istat e Ismea elaboratidall’Osservatorio di CesenaFiera, i raccolti di frutta eortaggi nel complesso si sonoattestati a 23,88 milioni ditonnellate, con un calo del2,8% rispetto al 2006. La Pro-duzione lorda vendibile si èfermata a 11,4 miliardi di eu-ro, perdendo uno 0,9% per lopiù imputabile a un’analogaflessione del reddito delle im-prese agricole. Mentre il girod’affari della filiera, che tieneconto dell’indotto, è salito a22,85 miliardi, segnando+1,1% rispetto all’anno prece-dente. Un aumento riconduci-bile comunque all’incremen-to di alcuni costi, a partire dacarburanti, mezzi tecnici e at-trezzature.

Buone notizie, nel comples-so, sul fronte dell’interscam-bio con l’estero che ha vistol’Italia chiudere il 2007con i conti in attivo per937 milioni, con un bal-zo di quasi il 39% ri-spetto al 2006. Un ri-sultato che non veni-va raggiunto dal2001, quando la diffe-renza tra export e import

raggiunse un picco di oltre1,1 miliardi. In base alle sti-me elaborate dall’Aneioa (As-sociazione nazionale esporta-tori importatori), l’anno scor-so sono stati venduti oltrefrontiera circa 3,7 milioni ditonnellate di prodotti, con unaumento del 5,3% sul 2006.Questo per un importo di3,26 miliardi, in crescita diquasi l’8 per cento. Intanto leimportazioni hanno superato i2,8 milioni di tonnellate, conun aumento dell’1,4%, maper una spesa di 2,3 miliardi,in calo dell’1,1 per cento.

A fare da traino all’exportè stata ancora la frutta frescacon oltre 2,3 milioni di ton-nellate (+6,7%) per 1,9 mi-liardi di euro (+10,6%).

Di legumi e ortaggil’anno scorso sono stateesportate 905mila tonnel-late, con un aumento del7,4%, per 806 milioni(+4%). In netto calo lespedizioni di frutta tropi-cale (-13,4% in quantitàe -9,2% in valore). E gliagrumi registrano unnuovo ribasso: l’an-no scorso nesono statie s p o r t a t i200mila ton-nellate, il 6%in meno ri-

spetto al 2006, per un introi-to di 115 milioni (+0,6%).

Sul fronte dell’import, pro-segue intanto la crescita de-gli ortaggi. L’anno scorso nesono entrati in Italia oltre unmilione di tonnellate, quasi il2% in più rispetto al 2006,per una spesa di 608 milioni(+3,4%). Certo, il nostro Pae-se nel frattempo ha importa-to meno frutta fresca (-9,1%in quantità e -2,3% in valore)e frutta secca (rispettivamen-te, -4,2% e -15,8%). Ma incompenso sono aumentati gli

arrivi di frutta tropicale:836mila tonnellate (+3,7%)per una spesa di 491 milioni(+4,7%). E di agrumi ne ab-biamo importati 346mila ton-nellate, con un incremento diquasi il 15% in un anno, per223 milioni (+21,6%).

Incoraggianti anche i datisui consumi domestici, chel’anno scorso sono cresciutinel complesso dello 0,6% inquantità e del 3,3% in valore.In particolare, i dati Gfk ela-borati dall’Osservatorio deiconsumi di Cesena Fiera indi-

cano che nel 2007 ogni fami-glia ha acquistato 391 chilidi frutta e verdure, pari a uno0,56% in più rispetto al2006, per una spesa media di619 euro (+3,3%).

Intanto, torna a cresce l’in-teresse per l’ortofrutta biolo-gica. Dopo il picco raggiun-to nel 2001, quando in Italiaqueste produzioni interessa-vano oltre 1,2 milioni di etta-ri con 60mila imprese attivelungo la filiera, e la successi-va fase di riflusso, l’annoscorso gli investimenti si so-no assestati a 1,1 milioni diettari, con poco più di 51mi-la imprese impegnate. L’Ita-lia si conferma comunque ilprimo esportatore europeo diprodotti ortofrutticoli «bio»,con un valore di 800 milio-ni. E Ismea stima che neiprimi nove mesi del 2007 gliacquisti in Italia siano au-mentati su base annua del 25per cento.

In crescita anche il merca-to della quarta gamma (fruttae ortaggi lavati, tagliati e con-fezionati, pronti per il consu-mo). L’Italia risulta il secon-do mercato in Europa, dopo

la Gran Bretagna, conun giro d’affari di700 milioni, il 6% inpiù rispetto al 2006.

Massimo Agostini

Decreto Mipaaf fissa i premi disaccoppiati per la frutta trasformata: 800 euro alle pesche

Ritorna il biologico, aumenta la IV gamma – Intanto il saldo commerciale attivo fa un balzo del 39%

Consumi fiacchi, accelera l’export

Aiuti Ue, alle pere 2.200 euro per ettaro

Alla presentazione del Macfrut di Cesena le stime 2007 sul settore: +0,6% per gli acquisti domestici

C on il via libera della Conferen-za Stato-Regioni, il 28 febbra-

io scorso, al decreto di attuazionedel regime transitorio per pesche,pere e prugne, si è concluso formal-mente l’iter applicativo della nuovaOrganizzazione comune di mercato(Ocm) per la frutta destinata allatrasformazione.

I primi decreti, quelli che hannoufficializzato la scelta dell’Italia diapplicare con gradualità il disaccop-piamento degli aiuti, sono stati pub-blicati sulla Gazzetta Ufficiale a di-cembre. E stabiliscono che per i pros-simi tre anni, per pesche e pere Wil-liams sarà erogato un aiuto a superfi-cie sulla base dei contratti di trasfor-mazione con l’industria. Mentre perle prugne gli anni previsti per la dura-ta del premio sono cinque. Al termi-ne di questo periodo transitorio saràapplicato il disaccoppiamento totalea tutti i settori.

Nei decreti viene fissata la modali-

tà di attribuzione dei diritti disaccop-piati che avverrà a partire dal 2011.

Il metodo scelto per pesche e pe-re, anche in questo caso come inquello della maggior parte degli altrisettori, è stato quello cosiddetto «sto-rico aziendale», ossia a ciascunaazienda verrà assegnato un numerodi titoli pari al numero diettari mediamente coltiva-ti durante un periodo diriferimento e un valoredei titoli che dipenderàdalla media delle quantitàeffettivamente avviate al-la trasformazione e am-messe a premio durante ta-le periodo. Il periodo diriferimento scelto dall’Italia è il trien-nio 2004-06.

Anche per le prugne si è scelto ilmetodo «storico», ma il valore deltitolo dipenderà solo dalle superficicoltivate e non dalla quantità destina-

ta alla trasformazione. Risulta quin-di chiaro che il valore e il numerodei titoli sarà diverso da azienda adazienda.

Dal 2011 lo sbocco verso la tra-sformazione non sarà più incentivatoe gli agricoltori potranno scegliere ilmercato più conveniente in base al

solo prezzo. Se però le industrie ditrasformazione non dovessero più riu-scire a pagare un prezzo simile aquello del mercato del fresco, i pro-duttori saranno incentivati a colloca-re la loro produzione su quest’ulti-mo. Inevitabilmente, ciò comporte-

rebbe un appesantimento dell’offertacon conseguente abbattimento deiprezzi. Inoltre, l’applicazione dellariforma con il cosiddetto metodo«storico aziendale», farebbe sì chesullo stesso mercato si troverebberoa operare produttori di pere Williamssostenuti da titoli di valore molto

elevato (oltre 3mila euro)e produttori sostenuti dadiritti di valore molto bas-so, o addirittura nullo, dalmomento che nel periododi riferimento non aveva-no partecipato al regimedi trasformazione.

La «Stato-Regioni» del28 febbraio ha approvato

dunque il decreto Mipaaf che stabili-sce le modalità di attuazione del regi-me transitorio per la frutta. Tutti iproduttori di pesche, pere Williams eprugne associati a un’Op, che abbia-no sottoscritto attraverso quest’ulti-

ma un contratto di trasformazioneche li impegni a consegnare almeno24 tonnellate per ettaro di pesche, 25tonnellate di pere e 1,5 tonnellate diprugne, saranno beneficiari di un aiu-to a ettaro.

L’entità del premio sarà stabilita,ogni anno, suddividendo le dotazionifinanziarie di ciascun settore (7,5 mi-lioni per le pere, 1 milione per lepesche e 1,2 milioni per le prugne)per il numero di ettari effettivamenteammessi a premio in Italia sulla basedelle rese per ettaro sopra indicate.L’importo definitivo del premio saràquindi conosciuto solamente a finecampagna.

Entro il 15 marzo di ogni anno,allo scopo di fornire un dato pura-mente indicativo, il ministero fissacon decreto un premio indicativo.Nel 2008 è pari a 2.200 euro a ettaroper le pere, 800 euro per le pesche e2.000 euro per le prugne.

Mirco Biondi

Contratti con l’industria consoglia minima di fornitura

Incentivi anche per le prugne

Pomodoro,il Sud senzaun accordoÈ ancora in alto mare

al Sud la contratta-zione del pomodoro da in-dustria per il 2008. Dopol’accordo d’area raggiun-to al Nord, il 19 febbraioscorso, Unioni nazionalidei produttori e Anicav,in rappresentanza delleimprese conserviere delSud, si sono incontrate il25 febbraio. Ma la trattati-va è stata sospesa per ledistanze ancora notevolitra le parti, in particolareper quanto riguarda la cer-tezza delle consegne dellamateria prima e il prezzodel pomodoro.

Gli agricoltori hannochiesto 90 euro a tonnella-ta per il pomodoro tondoe 100 per il lungo (nel2007 i prezzi di riferimen-to erano, rispettivamente,55 e 60 euro), con unagriglia di oscillazione del+ o - 30%, una franchigiasulle consegne del 10% euna penalità per mancataconsegna fino a un massi-mo di 20 euro a tonnella-ta. L’industria vorrebbecontenere il livello diprezzo vicino a quelloconcordato al Nord(79,50 euro), concedendo5 euro in più per il tondoe 10 per il lungo. Intanto,scaduto il termine di finefebbraio per la contratta-zione, il Mipaaf ha con-cesso per decreto una pro-roga al 15 marzo.

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16 FILIERA ORTOFRUTTA 7-13 marzo 2008s e t t i m a n a l e d e l s i s t e m a a g r o i n d u s t r i a l e

I n un anno, il 2007, in cuil’industria alimentare ita-liana ha registrato una

forte stagnazione produttiva,il settore delle conserve vege-tali ha dato segni di dinami-smo. La produzione alimenta-re, nel complesso, è rimastainfatti sugli stessi livelli del2006 in termini grezzi, accu-sando un -0,6% a parità digiornate lavorative. Stagnazio-ne assoluta, quindi, e bilanciodeludente: il peggiore dal2000. Mentre il settore conser-viero è cresciuto del 3,8% sudati grezzi e del 3,1% a paritàdi giornate lavorative. Unadifferenza significativa.

Certo, l’anno scorso le con-serve di frutta e verdure (conl’esclusione dei succhi di frut-ta che hanno evidenziato dina-miche diverse e complessiva-mente inferiori) sono stateaiutate dall’effetto-rimbalzodopo la flessione marcata del2006 (-6,8%). Ma sul «passolungo», strutturalmente, la

produzione del comparto si ècomportata in modo lusin-ghiero. Tra il 2000 e il 2007,ad esempio, ha registrato un+16,3%, rispetto al +9,5%del totale industria alimenta-re. È un’altra differenza signi-ficativa: in barba al concettosecondo cui i comparti «matu-ri» non aiutano il Paese, perscarsa spinta innovativa ecompetitiva.

In realtà, le conserve vege-tali negli ultimi anni hannotirato non solo più della me-dia alimentare, ma molto piùdell’industria del Paese nelsuo complesso, che nel 2007è rimasta ancora sotto la quo-ta raggiunta nel 2000(-1,5%). Un tetto, questo, chesembra inarrivabile, a confer-ma della lunga crisi attraver-sata dal settore manifatturie-ro del Paese.

Il settore quindi si espan-de, e questo essenzialmentegrazie alla sua forte proiezio-ne «export oriented» e alla

sua capacità di compensare lastagnazione del mercato inter-no con la penetrazione cre-scente sui mercati esteri. Ep-pure il mercato alimentare na-zionale nel 2007 è stato delu-dente, sul piano quantitativo esu quello della remunerazionespecifica. L’anno scorso, ineffetti, ha portato in generalegrosse novità sul fronte dei

prezzi. Quelli alimentari allaproduzione, e in misura mino-re al consumo, sono stati ca-ratterizzati da crescite costan-temente inferiori all’inflazio-ne. E non a caso si è parlatoinfatti di funzione «calmiera-trice» dell’alimentare.

Ma la seconda parte del-l’anno ha visto accelerazioniimprovvise e lo sforamento

del tasso d’inflazione da partedi entrambi i trend. La pres-sione dei maggiori costi diproduzione, legata all’impen-nata delle quotazioni di alcu-ne commodity agricole (cerea-li e latte in primis), è stataincontenibile.

Al consumo i prezzi del-l’alimentare trasformato han-no segnato così un +4,1% nelconfronto dicembre2007/2006, mentre i prezzi al-la produzione hanno registra-to, in parallelo, un tasso piùche doppio, pari al +9 percento. Per l’Istat, in particola-re, i prezzi alla produzionedel segmento «frutta e ortaggiconservati» sono saliti del4,5% nel periodo dicembre2006-07. E di questa crescitala maggior parte è stata messaa segno negli ultimi sei mesi,con una salita del 3,3% nelperiodo giugno-dicembre2007. Nel frattempo, gli «or-taggi e legumi secchi e conser-vati» negli ultimi 12 mesi han-

no registrato una crescita del2,7 per cento.

Il 2008 risentirà inevitabil-mente dei recenti aumenticoncessi alla produzione delpomodoro. Comunque, al dilà dei trend specifici dei singo-li settori, la crescita più altadei prezzi nel momento pro-duttivo, rispetto a quello di-stributivo, inverte la tendenzadegli anni precedenti e dimo-stra, al di là degli slittamentitemporali che avvengono neipassaggi di filiera, la difficol-tà di assorbimento del merca-to alimentare del Paese.

In questo contesto, i prezzidegli ortaggi lavorati hannocomunque fatto meglio dellamedia dei prodotti della tra-sformazione alimentare, siaalla produzione che al consu-mo. Come dire che, in unafase difficile, le conserve ve-getali si sono defilate dalfronte caldo dei prezzi, men-tre hanno camminato in mo-do premiante sul fronte pro-duttivo.

L e vendite alimentari nel2007 sono state molto

deludenti. Come tutto il mer-cato dei prodotti di largo con-sumo, del resto. Il settore ali-mentare ha segnato, secondol’Istat, un aumento in valoredello 0,8%, cui ha fatto riscon-tro un +0,3% sul fronte nonalimentare. Crisi orizzontale,quindi, a testimonianza dellagrave carenza di capacità diacquisto delle famiglie.

Anche in base ai datiIsmea Ac Nielsen le cose so-no andate male, seppure me-no peggio (ma di poco) rispet-to all’Istat. Questa fonte, lega-ta a un campione di ricerca di8mila famiglie, indica che gliacquisti alimentari 2007 sonocresciuti in valore dell’1,2 percento. Si tratta, in ogni caso,di percentuali di crescita appa-rente, che non riescono a com-

pensare il tasso di inflazione,e che indicano inesorabilmen-te delle contrazioni in volumedell’ordine di uno due puntipercentuali in media d’anno.

Se poi si considera l’accele-razione dei prezzi alimentarial consumo fin oltre il 4%(innescata dalla clamorosa im-pennata dei costi di approvvi-gionamento di alcune commo-dity agricole) verificatasi inchiusura del 2007, è facile in-tuire che negli ultimi due-tremesi dell’anno la contrazionein volume degli acquisti si èavvicinata a tre punti percen-tuali. Un calo senza preceden-ti negli ultimi anni.

La capacità di acquisto deiconsumatori rimane scarsa,mentre i prezzi al consumosalgono e deprimono ancorpiù il mercato. Il settore ali-mentare si trova, insomma, in

una stretta che dovrebbe pro-lungarsi almeno per tutta laprima metà del 2008. In que-sto quadro, gli «ortaggi in sca-tola» (pelati e conserve) nonsono riusciti a smarcarsi e afare eccezione. Secondo i datiIsmea Ac Nielsen, anzi, han-no fatto peggio della media,

con una variazione in valoredel +0,6% (la metà della me-dia dell’agroalimentare com-plessivo) che corrisponde aun calo in volume dell’1,6%,rispetto al -0,7% medio delmacrosettore alimentare.

In realtà, è tutto il settoreortofrutticolo che soffre in

modo particolare, con un-2,8% in volume su media an-nua, che rappresenta il calopiù forte, tra i nove macro-comparti alimentari considera-ti. Esso è affiancato solo da-gli «oli e grassi vegetali», an-ch’essi gravati da un -2,8%, esuperato in negativo dalla ve-ra e propria caduta delle «be-vande alcoliche», che segna-no un -5,1 per cento.

All’interno dell’ortofrutti-colo, soffrono in modo parti-colare gli «ortaggi freschi»,con un -4,2% in volume, se-guiti dalla «frutta fresca» col-2,5%, e poi proprio dagli «or-taggi in scatola», col menzio-nato -1,6 per cento. In contro-tendenza, invece, i prodotti inqualche modo innovativi, co-me gli «ortaggi di IV e Vgamma», con un aumento inquantità del 2,2%, e gli «or-

taggi surgelati», con un +1,7per cento.

Sono dati, questi ultimi,che devono far riflettere sullemodifiche che stanno suben-do i consumi alimentari, a di-spetto della crisi di capacitàdi acquisto in atto e del prez-zo più elevato che caratteriz-za per lo più questi prodotti.Significa che il consumatore,malgrado tutto, rimane alla ri-cerca di nuovi contenuti diservizio e rimane disposto aspendere per essi. Lo dimo-stra anche il buon andamentodelle vendite di prodotti, se sivuole, «tradizionali evoluti»,come i «sostituti del pane»,gli «yogurt e dessert», che se-gnano aumenti in volume del3,8 per cento.

Pagina a cura diLuigi Pelliccia

Il trend produttivo delle conserve(Indici 2000=100 su dati grezzi)

L’ export 2007 dell’industriaalimentare ha evidenziato

un bilancio confortante. In chiusu-ra d’anno le esportazioni del setto-re dovrebbero toccare la quota di17,9 miliardi, con un aumento del7,5% circa sul 2006. Ne esceun’accelerazione superiore alle va-riazioni del quadriennio preceden-te. Ma anche in quantità il 2007 siè mosso bene, con un aumentoprossimo al 5 per cento.

L’anno porta pertanto un ulterio-re fenomeno positivo: l’apprezza-mento del valore medio unitariodei prodotti alimentari esportati,che dovrebbe superare il 3 per cen-to. E in questo quadro, l’exportdelle conserve vegetali è riuscito adistinguersi con qualche spunto ag-giuntivo, mettendo a segno infattiun tasso di espansione a due cifre(+10,2%), dopo il +4% del 2006.

In effetti, l’export 2006 aveva ri-sentito del calo della produzioneconserviera ed era cresciuto un po’meno della media dell’industria ali-mentare. Ma il 2007 ha poi regi-strato un netto recupero del com-parto.

Ed è facile prevedere il rafforza-mento della sua leadership sul fron-te della vocazione export-oriented,ovvero dell’incidenza export/fattu-rato dei comparti alimentari nazio-nali. È probabile, cioè, che questasalirà oltre la soglia del 61,7% toc-cata nel 2006, a fronte di una inci-denza media dell’industria alimen-tare del 15,1 per cento.

All’interno delle conserve vege-tali, la voce più importante si con-ferma quella del pomodoro. Conuna quota export stimata a fine2007 di 967 milioni di euro, leconserve di pomodoro hanno se-gnato infatti un’accelerazione del

10,7%, leggermente superiore allastessa media del settore vegetaleaggregato. A fronte di questo au-mento in valuta, l’export in quanti-tà è salito del 3,6 per cento. Signifi-ca che il prodotto si è decisamenteapprezzato sui mercati esteri. Os-sia, che il prezzo medio unitariodelle conserve di pomodoro vendu-te all’estero è cresciuto di circa il7%, molto più di quanto ha conces-so il mercato interno.

Va pure detto che la ecceziona-le vocazione esportativa del setto-re rende più difficile la ricerca dinuovi spazi sui mercati esteri. Nelperiodo 2000-07, l’export del setto-re evidenzia così un’apparente, mi-nore brillantezza nei confronti del-l’industria alimentare nazionalenel suo complesso. Il primo scosta-mento è la maggiore discontinuitàdell’export conserviero, rispetto alsolido trend espansivo del totale

alimentare del Paese. Nel triennio2003-05, infatti, l’export del setto-re ha mostrato flessioni fra il 3 e il5% l’anno, che non hanno riguar-dato il macrosettore alimentare.

La ragione è chiara: la stagiona-lità influenza pesantemente i trenddell’export. Il secondo scostamen-to è frutto del primo e della stessaformidabile vocazione esportati-va, e si traduce in una crescitadell’export del 29% nel periodo2000-07: comunque interessante,ma inferiore di circa cinque punti

al passo tenuto dall’export dell’in-dustria alimentare nel suo com-plesso.

Il mercato principale delle con-serve di pomodoro nazionali è sta-to ancora una volta la Germania,con una quota 2007 pari al 17,5%dell’export complessivo del setto-re. Ma il Regno Unito (ed è unanovità) è arrivato a ridosso conuna quota del 16,7 per cento. Men-tre la Germania è apparsa staziona-ria (+0,5%), il Regno Unito hafatto un balzo del 15,2% che po-trebbe significare, a breve, il sor-passo e il raggiungimento del ruo-lo di leader.

Dietro questo tandem, la Fran-cia si pone al terzo posto con unaquota del 9,3%, seguita da un«tris» di sbocchi di mercato, comequello dei Paesi africani, del Giap-pone e degli Stati Uniti, con per-centuali attorno al 5 per cento.

L’export di pomodoro(Milioni di euro)

Nel 2007 trend positivo per il settore nonostante la fase di stagnazione produttiva dell’industria

Il mercato interno ha raggiunto la maturità: lo sviluppo affidato alla capacità di penetrazione all’estero

In discesa i consumi di ortaggi in scatolaGli acquisti domestici di ortofrutta

(Var. % 2007/2006)

Prodotti Quantità Valore

Ortofrutta -2,8 -1,0

– frutta fresca -2,5 -1,0

– ortaggi freschi -4,2 -3,7

– ortaggi IV e V gamma +2,2 +,29

– ortaggi surgelati +1,7 +1,6

– ortaggi in scatola -1,6 +0,6(Fonte: Ismea/AcNielsen Homescan)

Conserve vegetali, crescita del 3,8%

Pomodoro, l’export accelerae chiude in progresso del 7,5%

Secondo Ac Nielsen Ismea il caro-prezzo ha contribuito a frenare gli acquisti dell’1,6%

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s e t t i m a n a l e d e l s i s t e m a a g r o i n d u s t r i a l e

7-13 marzo 2008 FILIERA ORTOFRUTTA 17

L a Sicilia rimette in moto i Di-stretti produttivi che sembrava-no finiti nel limbo delle cose

volute ma poi dimenticate. La scorsasettimana i rappresentanti legali dei Pat-ti di sviluppo distrettuali hanno ricevu-to i decreti regionali di riconoscimento,che andranno pubblicati per estratto sul-la Gazzetta ufficiale della Regione Sici-liana (Gurs). Su 23 Patti di sviluppodistrettuali riconosciuti ammissibili, 11riguardano il settore agro-alimentarecon oltre 2.700 imprese, più di 20.500addetti e un fatturato che supera i 2miliardi di euro. «La Sicilia – spiegal’assessore alla Cooperazione, Beninati– considera i nascenti Distretti come isoggetti di riferimento per le politichedi programmazione dello sviluppo delsistema produttivo e costituiscono un“modello” alternativo rispetto a quelli

rurali e agricoli la cui istituzione è stataprevista dalla Legge 228/2001».

L’ufficio Distretti produttivi dellaRegione Siciliana è impegnato a mette-re a bando le risorse finanziarie per 6milioni di euro stanziati nel Bilanciopreventivo 2008 della Sicilia. Niente dipiù di una piccola «dote» che sarebbedovuta servire per la prima fase di av-viamento dei Distretti produttivi, e cheora verosimilmente dovrebbe essere de-stinata a finanziare quattro azioni speci-fiche: ricerca industriale; realizzazionedi banche dati e informatica; marchi didistretti; laboratori tecnici e centri pro-ve, in sostanza gli ambiti operativi neiquali i Distretti costituiti tra molte diffi-coltà e con qualche diffidenza dovran-no dimostrare di che pasta sono fatti.Ma le risorse finanziarie non finisconoqui. Altri 160 milioni di euro (83 impu-tabili alla quota Feasr e il resto di cofi-

nanziamento) sono resi disponibili sul-l’Obiettivo operativo 5.1.1 dell’Asse Vdel Por Sicilia 2007-13.

«Riconosciamo che i Distretti pro-duttivi stanno partendo con ritardo –ammette Dario Tornabene, responsabi-le dell’ufficio Distretti produttivi del-l’assessorato alla Cooperazione –. Ilnostro impegno prioritario è ridare fidu-cia alle imprese aderenti ai patti distret-tuali. A questo sono serviti i workshopdi animazione sul territorio mirati al-l’internazionalizzazione, alla ricerca, al-le innovazioni e alle reti corte realizzatidal Dipartimento e dal Formez nell’am-bito del programma Empowerment perle amministrazioni pubbliche del Mez-zogiorno. Adesso stiamo predisponen-do i bandi per consentire ai distretti diaccedere alla risorse comunitarie delPor e a quelle regionali». «Il camminoavviato è una rivoluzione nelle politi-

che che promuovono lo sviluppo eco-nomico perché impone una logica diaggregazione delle imprese su progettidi innovazione e internazionalizzazio-ne senza della quale non possono com-petere e aprirsi spazi sui mercati», diceGiovanni Tumbiolo, presidente del Di-stretto produttivo della pesca industria-le. «È uno strumento per crescere –aggiunge Giuseppe Tumino, rappresen-tante legale del Distretto orticolo delSud-Est Sicilia, con 510 imprese, oltre5.600 addetti e un fatturato di 528 mi-lioni di euro –. L’obiettivo non è solorilanciare l’area produttiva specializza-ta negli ortaggi, ma far sì che essapossa fungere da area di contrattazionee scambio intercettando anche produ-zioni dei Paesi rivieraschi dell’Africa edel Vicino e Medio Oriente che assie-me ai Paesi Ue daranno vita nel 2010all’Area di libero scambio».

I distretti in cifre(Numero di imprese e addetti)

Uva di Mazzarrone, prove di sistema

P er aumentare la competiti-vità delle imprese della fi-

liera dell’arancia rossa sui mer-cati occorre fare sistema. «Eper fare sistema è necessariostimolare i produttori a svilup-pare sinergie che favoriscano ilmiglioramento del prodotto e ilgrado di penetrazione commer-ciale». Federica Argentati, rap-presentante legale del Patto perlo sviluppo distrettuale del-l’arancia rossa indica l’obietti-vo da raggiungere con il na-scente Distretto. Uno strumen-to per far fronte alla crisi strut-turale che trova una delle suecause remote nella disgregazio-ne delle diversi fasi della filie-ra, il che fa sì che ciascun ope-ratore si muova non all’internodi una logica di sistema, bensìisolatamente.

Pur non intercettando la tota-lità degli operatori privati epubblici, il Patto di sviluppodistrettuale è stato sottoscrittoda 235 imprese, di cui 157 aprevalente indirizzo agrumico-lo e, in particolare di arancepigmentate, e 11 Op, con oltre2.800 addetti, e un fatturato dicirca 260 milioni di euro. AlPatto hanno aderito anche leorganizzazioni agricole (Cia,Coldiretti e Confagricoltura),unioni di produttori, enti di ri-cerca scientifica e il consorziodi tutela Arancia rossa di Sici-lia Igp. Tutti, chi più chi meno,sono consapevoli ormai che oc-corre far «sistema» diventandoun soggetto capace di program-mare e coordinare le attività diorganizzazione e gestione del

comparto agrumicolo e in parti-colare di uno dei suoi segmentimerceologici più emblematici,quello della arance pigmentate:Tarocco, Sanguinello e Moro(42mila ettari e oltre 845milatonnellate). «È una scelta gio-co-forza obbligata – aggiungeArgentati – se vogliamo restaresul mercato domestico, vistoche ormai quelli esteri sono ap-pannaggio di altri Paesi, Spa-gna in testa. Dobbiamo aggre-gare, qualificare e promuovereil prodotto, realizzando econo-mie di scala e fornendo agli

operatori i servizi per esserepiù competitivi».

Nel piano di sviluppo formu-lato dal Patto distrettuale sonostate previste diverse azioni tra-sversali che interessano l’interafiliera dell’arancia rossa. Traqueste il miglioramento, la valo-rizzazione e l’adeguamento del-la qualità del prodotto fresco etrasformato; l’aumento e il mi-glioramento della conoscenza edell’informazione da parte delconsumatore e dei responsabiliacquisto della Gdo dell’aranciarossa e dei suoi derivati.

I l Distretto orticolo delSud-Est Sicilia nasce nel

«cuore» della fascia trasforma-ta, che coincide con la partemeridionale della provincia diRagusa che con 8mila ettari dipieno campo e 5mila di serree il 50% della Produzione lor-da vendibile orticola regiona-le, si colloca al secondo postoin Italia, dietro Foggia. «Sia-mo la realtà che dal punto divista agricolo non deve teme-re la concorrenza per omoge-neità geografica, per forte au-tonomia e identità del settore

orticolo e per la presenza dioperatori e strutture produtti-ve, di condizionamento, ecommercializzazione di note-vole capacità ed esperienza»spiega Giuseppe Tumino, rap-presentante legale del Patto disviluppo distrettuale orticolodel Sud-Est Sicilia. La situa-zione in realtà è molto diversada quella descritta da Tuminoperché la concorrenza di pro-duzioni a basso costo prove-nienti dai Paesi dell’AfricaMediterranea (Marocco, Tuni-sia, Egitto), ed extra europei

come Sud Africa, Cile, Argen-tina, la crescita dei costi diproduzione per le imprese sici-liane, in un contesto di bassiconsumi nazionali, non hamancato di ripercuotersi an-che su queste aree erodendole certezze di lavoro e redditodel recente passato.

Per superare i momenti didifficoltà, il Sud Est della Sici-lia oltre ad affidarsi sulla pro-fessionalità e l’esperienza del-le imprese, sui finanziamenticomunitari (si pensi a quellidel nuovo Psr 2007-2013) esulla qualità delle produzioni(orticole di pregio come pomo-doro, zucchini, peperoni, me-lanzane, carciofi, patate, melo-ni, altri ortaggi) anche su nuo-vi strumenti di aggregazionedelle imprese, che favoriscanola realizzazione di investimen-ti sulla formazione, sulle infra-strutture, sulla promozione eil marketing.

È quanto si propone il Di-stretto orticolo del Sud-Est Si-cilia, che coinvolge 510 impre-se, 5.600 addetti con un fattu-rato di 528 milioni di euro.«Crediamo possibile – diceTumino – creare un sistemaeconomico che metta in retegli imprenditori, le istituzionie le associazioni realizzandoazioni di sistema per lo svilup-po della filiera attraverso lavalorizzazione delle produzio-ni, la concentrazione dell’of-ferta, il sostegno dell’innova-zione, l’agevolazione degli in-vestimenti, la creazione di in-frastrutture e la promozionedei prodotti sui mercati».

Arrivano in Gazzetta ufficiale i decreti regionali di riconoscimento per 23 «patti» di sviluppo

M azzarrone, centro a prevalente eco-nomia agricola a 70 chilometri da

Catania, è il cuore pulsante di un compren-sorio agricolo altamente specializzato nellaproduzione di uva da tavola che racchiudegli agri di Caltagirone, Licodia Eubea (Cata-nia), Acate, Comiso e Chiaramonte Gulfi(Ragusa) con 12mila ettari, 6.500 imprese,un fatturato dopo la lavorazione e la com-mercializzazione di 260 milioni, e occupanelle attività agricole e dell’indotto il67,7% della popolazione attiva.

È naturale che con questi «numeri» pren-desse le mosse da qui il Distretto dell’uvada tavola siciliana Igp Mazzarrone, evolu-zione di un modello di sviluppo sostenibileche affonda le sue radici in una realtà conuna forte aspirazione autonomistica, dallosviluppo omogeneo e con un marcato carat-

tere di identità. «Il nostro obiettivo – spiegaBiagio Consoli, rappresentante legale delPatto di sviluppo distrettuale uva da tavolasiciliana Igp Mazzarrone – è far nascere unsistema frutticolo che coinvolga in mododurevole gli operatori della filiera dell’uvada tavola in modo da esaltarne i punti diforza e favorire il superamento dei fattori dicriticità». Le condizioni (territoriali, econo-miche e il know how produttivo e commer-ciale delle imprese) perché lo scopo possaessere raggiunto sembrano sussistere, mabisognerà ugualmente rimboccarsi le mani-che e stimolare le imprese a sostenere fatti-vamente il progetto distrettuale.

Al Patto di sviluppo distrettuale hannofinora aderito 189 imprese con circa 950addetti e un fatturato alla produzione di37,2 milioni di euro, che al momento rap-presentano solo una parte, per altro ancora

piccola, dell’universo delle imprese e delgiro d’affari che l’uva da tavola è in gradodi generare lungo l’arco della filiera: daicampi ai banconi di vendita. «Noi crediamoche sia un primo passo, adesso dovremopredisporre gli atti per dar vita alla societàdel distretto, prepararci per concorrere aibandi che saranno emanati dalla Regioneper accedere alle risorse e predisporre ilpiano di sviluppo strategico» aggiunge Con-soli. In attesa di questi adempimenti, i pro-motori dell’iniziativa hanno già individuatopolitiche e azioni da mettere in campo pervalorizzare le produzioni agricole, favorirela concentrazione dell’offerta, predisporrecondizioni infrastrutturali di servizio alleesigenze delle produzioni, sostenere la pro-tezione sui mercati delle imprese, agevolaregli investimenti, sostenere l’occupazione eagevolare il trasferimento tecnologico.

L’agroalimentare coinvolto con 11 progetti, 2.700 imprese, 20.500 addetti e un fatturato di 2 miliardi

L’arancia rossa ora giocala carta dell’aggregazione

L’orticoltura del Sud-Estlancia la sfida al mercato

Sono 189 le aziende con un fatturato alla produzione di 37,2 milioni

I l Distretto ortofrutticolo di qualitàdel Val di Noto (Doqvn) si inseri-

sce nell’ambito della fascia agricolatrasformata del Sud-Est della Sicilia,che deve la sua notorietà alle produzio-ni ortofrutticole d’eccellenza ottenutein pieno campo e nelle serre (dal po-modoro alla melanzana, dal peperoneallo zucchino, dall’uva alle insalatevarie) presenti nei mercati italiani edesteri. Negli ultimi anni, però, compli-ci la stagnazione dei consumi, l’au-mento dei costi di produzione, l’ingres-so sui mercati domestici di prodotti

provenienti dai Paesi terzi del Mediter-raneo e non solo, i prodotti di questiterritori hanno conosciuto momentinon facili sul fronte della commercia-lizzazione. Il distretto, se decollerà,potrebbe essere una risposta organicaalla crisi della fascia trasformata e tra-sformarsi in una leva per il rilancio. IlDoqvn è stato sottoscritto da 68 impre-se, di cui 13 Op, con 1.300 addetti eun fatturato che sfiora i 144 milioni dieuro. Al Patto, inoltre, hanno aderito23 tra enti locali, università, centri diricerca, organizzazioni di categoria,

istituti di credito e quattro consorzi ditutela (Pomodoro di Pachino Igp, Li-mone di Siracusa Igp, Carota novelladi Ispica Igp e della Patata novella).

«Oggi più che mai – dice Salvato-re Lupo, rappresentante legale del Do-qvn – dobbiamo favorire la nascita diuna rete di imprese fra di loro integra-te da un sistema di relazioni produtti-ve, commerciali e di servizio capacidi favorirne lo sviluppo. È una condi-zione indispensabile per valorizzare iprodotti dei nostri territori e accresce-re la competitività degli imprenditori

considerate le dimensioni minime del-le unità produttive, la lievitazione in-cessante dei costi e l’ampiezza degliorizzonti dei mercati».

Per raggiungere questo obiettivoil Doqvn ha elaborato un programmaintegrato di cinque assi di intervento:sostegno alle politiche di filiera;marketing e supporto, opere e dota-zioni infrastrutturali; ricerca, forma-zione e innovazione; assistenza tecni-ca e servizi di supporto alla realizza-zione del distretto.

Imprese e responsabili del distret-

to sono pronti a rimboccarsi le mani-che ma chiedono alla Regione di farefino in fondo la propria parte. «Dopola partenza sprint la Regione è anda-ta in letargo. Adesso si è ridestata econ i decreti di riconoscimento hainteso accelerare – dice Lupo –.Adesso ci vogliono i bandi e le linee- guida sulla costituzione delle socie-tà di distretto e sulla loro concretaoperatività».

Pagina a cura diGiambattista Pepi

In Sicilia colpo d’ali sui distretti

Nella Val di Noto le serre vocate all’export

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18 FILIERA ORTOFRUTTA 7-13 marzo 2008s e t t i m a n a l e d e l s i s t e m a a g r o i n d u s t r i a l e

Il Consorzio veronese non può avere l’Igp per la varietà «rosso», già esclusiva di un’azienda olandese

Per ottenere la tutela Ue ora si lavora a una nuova proposta che faccia riferimento alla zona d’origine

S ono intenzionati a partirecon il piede giusto i quin-

dici produttori di frutti di bo-sco dell’alta montagna trentinae della pianura veronese che sisono associati in un Consorzioche commercializzerà con ilmarchio Aurorafruit. Infatti ilconsorzio – una Srl con sedelegale e amministrativa a Poz-zo (Verona) – ha già un poten-ziale produttivo pari al 20% diquello nazionale di lamponi emore, ribes, mirtilli e fragoline.E questo facendo leva su alcu-ni fattori vincenti, come l’ac-corciamento della filiera dallaproduzione al consumo, la trac-

ciabilità completa dal campo albanco di vendita (tutte le azien-de associate sono certificateGlobalgap) e la freschezza.

L’innovazione più importan-te introdotta in Italia da questiproduttori di trentennale espe-rienza nella coltivazione dellafrutta di bosco è la cosiddetta«packing house» aziendale.Ogni produttore si avvale nellasua azienda di un centro di re-frigerazione immediato e diconfezionamento del prodotto

raccolto. Il prodotto, poi, conmezzi frigoriferi, raggiunge ilcentro logistico e distributivoveronese da dove partono quoti-dianamente le consegne diretteai 25 maggiori mercati ortofrut-ticoli d’Italia.

Rispetto ai sistemi tradizio-nali di distribuzione dei piccolifrutti attualmente in uso in Ita-lia, che prevedono lo stoccag-gio e la lavorazione della fruttain grossi stabilimenti, questonuovo sistema distributivo per-

mette di guadagnare almeno ungiorno di tempo tra la raccoltae il consumo. E per prodottiche hanno tre quattro giorni diself-life il vantaggio è subitoquantificato. «All’estero – spie-ga il direttore commerciale,Pierpaolo Mengoli – pensere-mo dopo aver consolidato lapresenza commerciale in Italia,dove puntiamo alla fascia altadei consumi, quindi, oltre aigrossisti, ai ristoratori e alle pa-sticcerie». E ogni piccola confe-

zione, richiudibile, conterrà an-che note informative riguardan-ti le proprietà salutistiche lega-te ai singoli frutti e al lorocolore. Infatti il marchio sarà«Aurora Fruit – i colori dellasalute», proprio per sintetizza-re così gli effetti salutistici pro-pri dei frutti colorati, come di-mostrano da sempre le ricerchescientifiche. I vantaggi dell’ab-binamento tra le produzionid’alta montagna e quelle dellapianura sono notevoli, perché

il prodotto veronese garantiscela miglior qualità nelle mezzestagioni, mentre quello trentinosi esalta durante la stagioneestiva. Le fragole saranno quin-di prodotte e vendute ininterrot-tamente da aprile a dicembre, ilamponi da maggio a dicem-bre, così come il ribes. Per lemore il periodo si riduce damaggio a novembre, per i mir-tilli da maggio a ottobre. Iquantitativi previsti sono note-voli. Si va da 1.200 tonnellatedi fragole, a 200 tonnellate dilamponi e more, a 100 tonnella-te di mirtilli.

Franco Ruffo

Radicchio, brevetto contro marchio

Frutti di bosco, è targata Trento-Veronal’attività del maxiconsorzio Aurorafruit

C on ogni probabilità, dopo untira e molla a suon di cartebollate, esposti, relazioni e

ricorsi, durato sette anni, il radicchiorosso prodotto in oltre 50 comuni frale province di Verona, Padova e Vi-cenza, potrà chiamarsi solo «radic-chio di Verona». Nonostante questavarietà di ortaggio, selezionata dalungimiranti orticoltori del Basso Ve-ronese, punteggi da oltre due secoli,con il suo rosso brillante, le campa-gne della pianura veronese, ai finidell’etichetta Igp (Indicazione geo-grafica protetta), l’aggettivo «rosso»non potrà essere utilizzato.

La storia, dal sapore pirandellia-no, nasce attorno al 2003, quandoun’azienda sementiera olandese, al-l’insaputa dei produttori associati nel

già costituito consorzio di tutela del«radicchio rosso di Verona», presen-tò, agli uffici Ue di Bruxelles, larichiesta di brevetto del seme di unortaggio denominato «radicchio ros-so di Verona». Il brevetto fu conces-so e, a quel punto, i produttori di 32comuni in provincia di Verona (nellapianura fra Nogara, Legnago e Rove-redo di Guà), 12 in provincia di Vi-cenza (da Asigliano Veneto a SanGermano dei Berici) e 12 nel Padova-no (nel comprensorio della cittadinamedioevale di Montagnana), dovette-ro rassegnarsi e mettere nel cassettola carezzata idea di commerciare ilproprio prodotto con marchio «radic-chio rosso di Verona Igp».

Cosa fare allora? «Dopo la vicen-da “olandese” – risponde Alberto

Rossini, il presidente del consorziodi tutela – abbiamo proposto a Bru-xelles un nome alternativo,“Radicchio di Verona Veneto”. Tutta-via, la Ue ha ritenuto questo nometroppo generico, e ci ha invitato asceglierne un altro ancora». Intanto,fra una scartoffia e l’altra, il tempopassava e occorreva studiare un nuo-vo appellativo per un prodotto cherimaneva sempre lo stesso, lo storicoecotipo delle Composite, genere Ci-chorium, chiamato radicchio rosso diVerona, pianta con foglie sessili, inte-re, con margine privo di frastagliatu-re e piegate a doccia verso l’alto, daltipico colore rosso brillante, che, ad-dossandosi le une sulle altre, dannoal cespo la forma tipica a grumolocompatto. Nessun dubbio, dunque. Il

tipico radicchio veronese, noto per laricchezza di sali minerali e per laversatilità degli utilizzi gastronomi-ci, continua a essere quello di sem-pre, i produttori locali riproducono ilseme in assoluta autonomia, ma, pa-radossalmente, dopo che il copyrightè finito nei Paesi Bassi, è costretto acambiare nome, per riappropriarsidella sua identità, e ottenere il conse-guente riconoscimento istituzionale.L’ultimo nome proposto, ai fini del-l’Igp, è «radicchio di Verona» e, se-condo le ultime notizie diffuse dalpresidente Rossini, «questa dovrebbeessere la volta buona, e nel giro diqualche mese, finalmente, il nostroprodotto, potrà fregiarsi della certifi-cazione ufficiale di provenienza».Per i produttori, dopo tutto l’amaro

in bocca sopportato, sarebbe un meri-tato riconoscimento, che servirebbeanche a rafforzare l’export. «Dal-l’estero provengono parecchie richie-ste del nostro prodotto – spiega Ros-sini, un commerciante di San Pietrodi Morubio (Verona) – ma con ilmarchio Igp». Potenzialmente, riferi-sce il consorzio di tutela, che raggrup-pa 10 aziende, circa 700 ettari diradicchio rosso di Verona, ossia65mila quintali, potrebbero esserecommercializzati, in futuro, conl’Igp, con giro d’affari all’origine sui3 milioni di euro. Secondo stime diVeneto agricoltura, tuttavia, la colti-vazione del radicchio rosso di Vero-na interessa 1.600 ettari, con una pro-duzione annua di 270mila quintali.

Roberto Faben