AGGRESSIVITÀ ED IMPULSIVITÀ: UN'INDAGINE SU UN GRUPPO DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIA...

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FACOLTÀ DI MEDICINA E PSICOLOGIA Corso di Laurea in Psicologia Dinamico-Clinica dell'infanzia, dell'adolescenza e della famiglia Cattedra di Valutazione e intervento psicodinamico-clinico nella coppia AGGRESSIVITÀ ED IMPULSIVITÀ: UN'INDAGINE SU UN GRUPPO DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIA PSICHIATRICA Candidato Fulvio Aquino 1226217 Relatore Correlatore Prof. Giulio Cesare Zavattini Prof. Vittorio Lingiardi A/A 2014/2015

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Il seguente lavoro è parte di una ricerca condotta dalla Cattedra del Prof.Giulio Cesare Zavattini presso il Dipartimento di Psicologia Dinamica eClinica della Facoltà di Medicina e Psicologia della Sapienza - Università diRoma, volto ad indagare la relazione tra aggressività, psicopatologia eregolazione delle emozioni, individuando i differenti meccanismi d'innescodei comportamenti violenti.In questo elaborato, in particolare, il lavoro di analisi e confrontazione dei datisi soffermerà sui costrutti di Aggressività e Impulsività.

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  • FACOLT DI MEDICINA E PSICOLOGIA

    Corso di Laurea in Psicologia Dinamico-Clinica dell'infanzia,

    dell'adolescenza e della famiglia

    Cattedra di Valutazione e intervento psicodinamico-clinico nella coppia

    AGGRESSIVIT ED IMPULSIVIT: UN'INDAGINE SU UN

    GRUPPO DI PAZIENTI AFFETTI DA PATOLOGIA PSICHIATRICA

    Candidato

    Fulvio Aquino

    1226217

    Relatore Correlatore

    Prof. Giulio Cesare Zavattini Prof. Vittorio Lingiardi

    A/A 2014/2015

  • Anonimo

    (documento rinvenuto tra i questionari

    somministrati per questa ricerca)

  • INDICE

    CAPITOLO 1:

    1.1 Perch non disponiamo di una definizione condivisa di

    comportamento aggressivo? ................................................... 4

    2.2 Ricerca clinica e comportamento aggressivo ................... 12

    CAPITOLO 2:

    2.1 Impulsivit tra definizione e misurazione ......................... 22

    2.2 Ricerca clinica e impulsivit ............................................. 28

    CAPITOLO 3:

    3.1 La ricerca .......................................................................... 38

    3.2 Obiettivo ........................................................................... 41

    3.3 Ipotesi ................................................................................ 41

    3.4 Metodologia ...................................................................... 42

    3.5 Risultati ............................................................................. 49

    3.6 Distribuzione delle variabili .............................................. 54

    3.7 Correlazioni tra le dimensioni di aggressivit e impulsivit

    ................................................................................................. 55

    3.8 Discussione ....................................................................... 59

    BIBLIOGRAFIA ................................................................... 63

    RINGRAZIAMENTI ............................................................ 91

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    CAPITOLO 1

    1.1 Perch non disponiamo di una definizione condivisa di

    comportamento aggressivo?

    Attualmente non disponiamo di una definizione univoca di comportamento

    aggressivo o ostile: la particolare eterogeneit in funzione della complessit

    tipica del comportamento umano ha diviso e divide tutt'ora la comunit

    scientifica. Si pu intendere per comportamento aggressivo, un

    comportamento che causa o comporta un danno, una sofferenza o la morte di

    un individuo o pi individui (Moyer, 1968). Questa definizione pu

    ovviamente comprendere infinite condizioni associate e correlate all'atto,

    come i costrutti di ostilit e minaccia (Siegel, 2009). Essi, soprattutto a livello

    neuroanatomico presentano molti punti in comune con il comportamento

    aggressivo puro, ma per una definizione psicologica e comportamentale

    dell'aggressione, l'ostilit e la minaccia fisica devono essere necessariamente

    considerati come aspetti separati (Kingsbury, 1997).

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    I primi studi sul caso, come riportato nella rassegna di McEllistrem (2004), si

    concentravano principalmente su modelli animali (Bard et al., 1937)

    attraverso l'osservazione e la categorizzazione del comportamento manifesto

    (Bard, 1928), come le modalit di manifestazione della rabbia predatoria, sui

    correlati neuroanatomici o pi specificatamente sul ruolo dei

    neurotrasmettitori (Cannon et al., 1925).

    interessante sottolineare come da questi modelli animali si giunti a

    definire due modalit differenti di comportamento aggressivo, il primo

    definito dagli autori come attacco affettivo (Bandler et al., 1984), definibile

    come una risposta reattiva violenta volta alla difesa dell'animale, ed un

    comportamento pi specificatamente predatorio (Mirsk et al., 1994), entrambi

    chiariti da differenti correlati neurobiologici di cui la trattazione esula da

    questo elaborato. Cominciano ad emergere le orme di un'approccio

    dicotomico alla definizione di comportamento aggressivo all'argomento che

    guider la ricerca sull'argomento.

    Nel caso del comportamento aggressivo umano la ricerca clinica ha fornito

    un'innumerevole quantit di materiale utile, gi a partire da Freud (1930)

    questo costrutto ha dominato il pensiero psicoanalitico, la connotazione

    pulsionale e innata dell'aggressivit e della sessualit le ha rese i cardini

    centrali dello sviluppo della personalit a partire dai primi anni di vita. In

    ambito psicoanalitico possiamo delineare tre diverse concezioni di

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    aggressivit (Schmidt-Hellerau, 2002): la prima riconducibile a Freud ed

    altri analisti come Melanie Klein (1932) in cui l'aggressivit riconducibile

    ad un'istintualit distruttiva; la seconda invece si concentra sulla natura

    reattiva dell'aggressivit, identificandola come una risposta alla frustrazione o

    come il risultato di un adattamento del S, (Rizzuto, et al. 1993; Fonagy, et

    al. 1993) la terza invece considera l'aggressivit in parte come promotore

    dello sviluppo psichico connesso all'esplorazione, giocando un ruolo chiave

    nell'affermazione e autodelimitazione di s (Winnicott, 1984; Stechler, et al.

    1987).

    Uno studio in ambito psicoanalitico condotta da Glover (1960) ha permesso di

    definire due diverse concezioni di aggressivit: una maggiormente legata alla

    natura reattiva e adattiva del comportamento aggressivo, come risposta tipica

    e condizionata all'ansia, ed una maggiormente strutturale coinvolta in radicali

    cambiamenti nel funzionamento egoioco e superegoico dovuti a meccanismi

    inconsci di identificazione con l'aggressore che sfociano in disturbi di

    personalit come la psicopatia (Yakeley, et al. 2012).

    Attualmente difficile non sostenere la natura istintuale dell'aggressivit, i

    suoi correlati neurobiologici e il ruolo centrale che la genetica svolgono nel

    delineare le diverse caratteristiche del comportamento aggressivo hanno

    indotto molti psicoanalisti a delineare un modello che possa integrare aspetti

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    metapsicologici tipici della psicopatologia dinamica e le caratteristiche

    reattive, contestuali e ambientali.

    In accordo con la posizione di Cartwright (2002) centrale adottare, anche in

    ambito psicoanalitico, un approccio multidimensionale dove il

    comportamento violento mediato da una variet di fattori intrapsichici che

    interagiscono a loro volta con elementi contestuali: il ruolo della perdita, del

    trauma o la rottura della relazione d'attaccamento, ad esempio, si evolvono e

    si modificano in influenza diretta con lo sviluppo delle relazioni oggettuali,

    del S, della capacit di rappresentazione, di simbolizzazione e

    mentalizzazione (Person, 199; Fonagy, et al. 1993).

    Pi recentemente autori come Bandura (1966) hanno invece definito il

    comportamento violento come una capacit appresa dall'ambiente attraverso

    l'esposizione di comportamenti potenzialmente violenti. Studi condotti su

    neonati a termine (Bloom, 2013) dimostrano la natura tribale dei

    comportamenti aggressivi e moralmente negativi, riconoscendo, gi nei primi

    giorni di vita, capacit di riconoscimento gruppale e rudimentali capacit di

    distinzione basata su ingroup/outgroup. Gli stimoli ambientali e la tendenza

    innata alla categorizzazione ingroup/outgroup rappresenteranno quindi i

    fattori centrali nello sviluppo di un senso morale maturo in et avanzata,

    influenzando ad esempio il credo religioso, definito dall'autore come

    socialmente negoziato, soprattutto, negli aspetti di moralit o amoralit

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    (Bloom, 2012). Attualmente, soprattutto nell'ambito della psicologia sociale,

    si giunti ad una definizione dicotomizzata del comportamento violento

    (Kingsbury, et al., 1997). Essa si basa sulla distinzione tra aggressione

    strumentale e aggressione ostile/affettiva. La prima di natura strettamente

    comportamentale nasce dal condizionamento operante di schemi naturali

    appressi e rinforzati nell'ambiente. I comportamenti aggressivi innati

    rimandano ad una concezione del funzionamento umano che esclude

    dimensioni d'intenzionalit, il comportamento violento anche se descritto

    semplicemente come un mezzo per un fine (McEllistrem, 2004), dominato

    necessariamente dal desiderio e dalla volont di rinforzo in un ambiente che

    funge da facilitatore (Aronson, 1992), fattore quest'ultimo, imprescindibile.

    La seconda invece dominata dall'intenzionalit di arrecare danno all'altro, la

    frustrazione, la rabbia e la paura (Berkowitz, 1989) che nascono nel contesto

    interpersonale possono fungere da attivatori per il comportamento aggressivo

    (McEllistrem, 2004). chiaro come, riferendosi al costrutto del

    comportamento aggressivo ostile, le differenze individuali, come le capacit

    di regolazione emotiva, svolgano un ruolo centrale nell'espressione e nella

    gestione della violenza (Konrath, et al. 2012; Di Giovambattista, et al. 2006;

    Roberton, et al. 2012). Nel caso dell'aggressivit strumentale essi sfumano

    lasciando lo spazio ad una maggiore influenza dell'ambiente sia sociale che

    culturale, sul comportamento.

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    Alcuni autori, in ambito clinico, classificano il comportamento aggressivo

    secondo una tripartizione, facendo riferimento alla possibilit di discernere

    tipologie di comportamento aggressivo dalla presenza o meno dell'impulsivit

    come dimensione correlata (Barratt et al. 1991; McEllistrem, 2004), esse

    sono: il comportamento aggressivo premeditato, manifestazioni aggressive

    derivate da condizioni mediche generali e il comportamento aggressivo di

    tipo impulsivo. Nel primo caso il comportamento aggressivo la diretta

    conseguenza di un comportamento appresso dall'ambiente e condizionato dal

    contesto culturale d'appartenenza dell'individuo, l'obbiettivo primario

    infliggere danno all'altro, in modo pi o meno diretto. Per quanto riguarda il

    comportamento aggressivo derivato da condizioni mediche consideriamo

    invece tutte quelle condizioni in cui sono implicate direttamente le condizioni

    psicopatologiche e pi specificatamente i casi correlati con i disturbi di

    personalit (Bellino, et al. 2011; 2003; Frazier, et al. 2014). Consideriamo

    invece come derivati da un'incapacit di controllare e pianificare il proprio

    comportamento le manifestazioni aggressive che rientrano nella modalit

    definita come impulsiva, le persone che manifestano queste tendenze, ad

    esempio, cadono immediatamente in uno stato di agitazione quando provocati

    (Barratt, 1998).

    Le categorizzazioni del comportamento umano, attraverso nosografie pi o

    meno sofisticate (Eichelman, et al. 1990), presentano per loro natura

  • 10

    problematiche legate alla dimensione di labeling che esse racchiudono. Nel

    caso del comportamento aggressivo qui in questione, possiamo evidenziarne

    almeno due: una legata alla prospettiva evolutiva di base a qualsiasi tipo di

    comportamento umano. Ogni definizione pi o meno rigida dovr

    necessariamente adeguarsi allo sviluppo dell'individuo, senza questa

    dimensione, l'utilit clinica e diagnostica della categorizzazione sar

    notevolmente indebolita.

    La seconda ha a che fare con una concezione della personalit, e quindi del

    comportamento, che ricade in un'impostazione di tipo essenzialistico (Dazzi,

    2009). Le teorizzazioni dimensionali della personalit, come il five-factor

    model (Costa, 1992), definiscono la natura dei tratti come acontestuali e

    stabili. La ricerca prima lessicale e poi fattoriale dei cinque fattori di base nata

    per raggiungere una struttura universale della personalit, estrae

    completamente il funzionamento umano, sia normale che patologico, dal suo

    ambiente (Westen, 1997). Nonostante la potenziale utilit in ambito di ricerca,

    tralasciare la natura fattuale e condizionale della personalit, ignorando

    nosograficamente le condizioni attivanti dei diversi tratti, atomizza le funzioni

    ed il comportamento umano, svilendo l'utilit clinica dei modelli teorici.

    Barratt (1998), partendo dalla definizione di comportamento aggressivo

    impulsivo ha proposto un modello euristico della personalit che contribuisca

  • 11

    alla definizione del aggressivit e delle sue manifestazioni comportamentali

    violente.

    Barratt definisce quattro categorie minime per definire la personalit, mentre

    ne propone tre per la sua misurazione (i processi cognitivi, per loro natura

    sono valutati secondo il loro riflesso sul comportamento). Le quattro categorie

    che compongono il costrutto sono i processi cognitivi, quelli biologici, il

    comportamento e l'ambiente (Barrat, 1993). Essi rappresentano le categorie

    minime (Marmor, 1983) di un modello orientato all'integrazione tra

    discipline, che si presenta quindi come neutrale. Le varie categorie che

    compongono il sistema e i loro sottosistemi sono considerati in funzione del

    tempo, quello di vita e di sviluppo, che presenta in ogni fase peculiarit

    specifiche e dominanze diverse. Se nel momento della nascita i domini

    biologici e quindi ereditari sono dominanti, nel progredire dello sviluppo

    sociale, le influenze culturali e sociali dell'ambiente avranno un ruolo

    maggiore; ma entrambi in tutto il corso dello sviluppo contribuiranno alla

    definizione di un sistema che rappresenta l'individuo e la personalit nel suo

    complesso.

    Il modello euristico e le riflessioni sulle definizioni essenzialistiche legate ad

    una concezione per tratti dimensionali della personalit risponde in modo

    chiaro al perch non si dispone di una definizione univoca di comportamento

    aggressivo.

  • 12

    1.2 Ricerca clinica e comportamento aggressivo

    Gli studi sul temperamento infantile permettono di aprire una prima finestra

    di valutazione clinica e di ricerca sul comportamento aggressivo. Alti livelli di

    inflessibilit/reattivit e bassi livelli di ritmicit nella regolazione fisiologica,

    (Gulay, 2012) misurate attraverso il The Short Temperament Scale for

    Children (Prior, 1989) su campioni di bambini di et compresa tra i cinque e i

    sei anni, correlano con comportamenti aggressivi e tendenze asociali (Gulay,

    2012). Il temperamento difficile (Bates, 2000) la fonte primaria di

    esclusione sociale e sofferenza relazionale (in termini di ansia e paura

    percepita) nei bambini di et inferiore ai sei anni, queste dinamiche

    incideranno profondamente sullo sviluppo di adeguate strategie di regolazione

    emotiva e affettiva legate alla risoluzione di problematiche tra pari.

    L'inibizione comportamentale correlata ad alti livelli di ansia (Degan, 2010)

    un fattore centrale nella risposta ti tipo aggressivo alla frustrazione.

    Probabilmente, la teoria dell'attaccamento (Bowlby, 1969) rappresenta uno

    dei modelli pi efficaci per lo studio e la valutazione del comportamento

    infantile. Nella classificazione dei comportamenti d'attaccamento dei bambini

    sottoposti alla Strange Situation, autori come Main (1981; 1988), hanno

    definito come disorganizzati un gruppo di bambini che non rientrava in

    nessuna delle categorizzazioni insicure proposte alla base del modello

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    tripartito di Ainsworth (1978). Se la disorganizzazione comportamentale

    rappresenta il fattore di rischio numero uno nell'insorgenza della

    psicopatologia in et di sviluppo, correlando positivamente con il

    comportamento aggressivo e distruttivo nella seconda infanzia (Lyons-Ruth,

    et al., 1996) e disturbi dissociativi (Liotti, 1999), studi longitudinali su

    ricongiungimenti caregiver-bambino all'et di sei anni hanno permesso di

    delineare due diversi patterns di relazione diadica controllante: d'inversione di

    ruolo e punitiva, quest'ultima correlata positivamente con problematiche

    esternalizzanti (Lecomte, et al. 2014; Moss, 2004). La disorganizzazione della

    relazione d'attaccamento e questi diversi pattern comportamentali sono

    collegati ad uno stile di caring definito dagli autori come frightening, FR,

    (Main, et al., 1990) esso comprende chiari indici di comportamento

    spaventante spaventano chiarendo i fattori di continuit tra esposizione,

    diretta o meno, a comportamenti potenzialmente violenti ed aggressivi,

    relazione d'attaccamento e psicopatologia (Padrn, 2014).

    Il comportamento aggressivo, rappresenta un fattore di rischio centrale nello

    sviluppo, esso correlato con una molteplicit di comportamenti problematici

    che vanno dall'abuso di sostanze, all'abbandono scolastico, passando per gli

    indici di incarcerazione, conflitti coniugali e problematiche psicopatologiche.

    Per la maggior parte di esse le capacit di regolazione emotiva rappresenta il

    mediatore principale.

  • 14

    La regolazione emotiva definita come la capacit individuale di mantenere,

    inibire o aumentare l'esperienza e l'espressione emotiva (Bridges et al., 2004).

    Le capacit disadattive di regolazione emotiva, generalmente definite come

    sotto-regolazione e sovra-regolazione, giocano un ruolo peculiare nella

    gestione della rabbia (Roberton, et al., 2012). Questo costrutto emotivo

    predice con chiarezza l'intensit e le caratteristiche del comportamento

    aggressivo, la rabbia e il comportamento aggressivo condividono le medesime

    strutture neurofisiologiche collocate nella corteccia prefrontale (Harmon-

    Jones, et al. 2001). Pi specificatamente, il vissuto interno rabbioso o derivato

    dalla rabbia permette di attivare le medesime strutture celebrali che hanno lo

    scopo di direzionare l'impulso motorio aggressivo (Berkowitz, 1998). Nel

    caso di una sovraregolazione del vissuto emotivo, sia le condotte di

    evitamento che di soppressione dell'esperienza emotiva giocano un ruolo

    chiave nelle manifestazione aggressive (Greenberg, et al., 2001), attraverso

    l'incremento dei sentimenti negativi, la disinibizione difronte ai

    comportamenti aggressivi, la compromissione dei processi decisioni e delle

    competenze sociali (Roberton, et al., 2012).

    Nell'ambito degli studi sulla personalit sana, il comportamento aggressivo

    ricondotto e correlato a specifiche dimensioni o tratti, il five factor model

    rappresenta forse l'approccio contemporaneo pi condiviso per delineare la

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    personalit: nevroticismo, estroversione, coscienziosit, apertura

    all'esperienza, gradevolezza, sono i domini dimensionali che ne compongono

    la struttura (McCrae, et al. 2004). Nell'applicazione dei modelli di Costa &

    McCrae, bassi livelli di gradevolezza sono associati con il comportamento

    aggressivo, come bassi livelli di coscienziosit ed alto nevroticismo (Jensen &

    Campbell, et al. 2007). Per gradevolezza si intende la tendenza ad aiutare o

    favorire l'altro, bassi livelli comprendono sgradevolezza, antagonismo,

    scetticismo e competitivit (Costa, et al. 1992). Con coscienziosit si intende

    la capacit individuale di gestione degli impulsi, generalmente alti livelli

    determinano scrupolosit e affidabilit opposti ad apatia e mancanza di

    motivazione verso i propri obbiettivi.

    Alti livelli di nevroticismo determinano invece una considerevole instabilit

    emotiva ed elevato distress psicologico, impedendo la messa in atto di

    adeguate strategie di coping per far fronte agli eventi stressogeni.

    Secondo i due manuali diagnostici pi diffusi, il DSM e ICD-10, la

    personalit e i suoi tratti costituenti sono modi stabili di percepire comportarsi

    e rapportarsi con il mondo esterno, ovviamente essi possono divenire rigidi e

    non adattivi causando una compromissione del funzionamento personale,

    costituendo i disturbi di personalit (American Psychiatric Association,

    1994). Essi sono tendenzialmente contraddistinti da un esordio precoce, lunga

    durata e un modello di condotta disadattiva, ovviamente il complesso dei

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    sintomi caratteristici di una malattia rappresenta un modo di operare e di

    essere nel mondo che non limitata ad episodi singoli di patologia, come le

    sindromi psicopatologiche tipiche (Fargnoli, 2010).

    In ambito forense gli studi sui disturbi di personalit si basano quindi

    principalmente sull'utilizzo dei due manuali diagnostici pi diffusi, il DSM-

    IV e ICD-10, entrambi hanno permesso una valida, ma superficiale,

    discriminazione tra i principali disturbi riferibili alla popolazione di offenders.

    Nel caso di questa specifica popolazione clinica il Disturbo Antisociale di

    Personalit (ASPD) attualmente ha raccolto e raccoglie tra il 40% e il 60%

    delle diagnosi di disturbi di personalit in ambito carcerario (Moran, 1999;

    Hare, 1991) e intorno al 3% in ambito clinico. I criteri diagnostici per la

    quarta versione del DSM, nei riguardi della manifestazione sintomatologica

    sono: l'incapacit di conformarsi alle norme sociali per ci che concerne il

    comportamento legale, l'impulsivit o l'incapacit di pianificare il

    comportamento, tendenze alla disonest profitto personale ed inganno,

    irritabilit e aggressivit, ed infine mancanza di rimorso o indifferenza

    (American Psychiatric Association, 1994).

    Questi criteri diagnostici rappresentano al meglio l'approccio categoriale e

    ateoretico dei due diffusi manuali diagnostici, presentando al clinico categorie

    diagnostiche prototipiche e iper-inclusive che portano con se ovvie

    problematiche nello studio dei modelli sui disturbi di personalit. Tra questi,

  • 17

    alcuni autori hanno sottolineato: lo stigma collegato al concetto di labeling o

    etichettatura della personalit e delle varie sindromi cliniche, gi accennato

    precedentemente in questo elaborato, l'alta comorbidit tra i diversi disturbi e

    la sovradiagnosi di disturbi non altrimenti specificati. La comorbidit risulta

    essere una problematica specificatamente artefatta nata sulla base di una

    massimizzazione della validit interna delle categorie diagnostiche e

    dall'eliminazione, dai criteri diagnostici, di tutti i costrutti psicologici correlati

    e centrali nel funzionamento personologico, sostituiti poi da criteri

    comportamentali il pi possibile ateorici e oggettivizabili. La problematica

    legata alla diagnosi DAS invece enuclea perfettamente lo scollamento enorme

    tra diagnosi ed esperienza clinica (Tyrer, 2013). Ad esempio nel caso

    specifico dell'ICD-10, il disturbo borderline di personalit e i disturbi misti di

    personalit (l'equivalente dei NAS nel DSM) sono solo loro responsabili di

    circa il 95% delle diagnosi di disturbo di personalit. Sembra possibile

    dunque che le modalit diagnostiche non vengano del tutto incontro alle

    manifestazioni cliniche dei disturbi, per almeno due motivi: il primo legato

    alla inalterabilit delle categorie diagnostiche, derivate da modelli di

    definizione basati sulla speculazione teorica peccando di forti basi empiriche

    e validate dalla ricerca; il secondo collegato alla natura categoriale dei

    disturbi che si scontra con i recenti approcci teorici che prediligono una

    definizione per tratti e dimensioni della personalit (Matthews, et al., 2003).

  • 18

    Un vasto corpo di studi, condotti negli ultimi venti anni, ha permesso di

    individuare in popolazione con diagnosi di disturbo antisociale di personalit

    caratteristiche che vanno oltre alla mera descrizione comportamentale del

    disturbo, esse sono direttamente implicate sia nella clinica dei disturbi di

    personalit, sia nell'intervento legale volto alla prevenzione del rischio e del

    trattamento; attraverso l'uso del costrutto della psicopatia possibile

    discernere tra tipologie di offenders e delinearne le caratteristiche di

    personalit sottese al comportamento aggressivo e antisociale.

    La psicopatia legata al comportamento criminale cronico, condotte

    antisociali e tendenze alla recidiva in et adulta (Leistico, et al. 2008).

    caratterizzata da bassa affettivit, egocentrismo e mancanza di rimorso ed

    empatia, inoltre presenta alti livelli di impulsivit e manipolazione. Una delle

    problematiche pi gravi legate alla psicopatia la predisposizione alla

    aggressivit interpersonale, fredda e premeditata definita proactive aggression

    da Blair et al. (2008).

    Nel caso della psicopatia interessante citare il modello evolutivo triadico

    proposto da Patrick (2009). Secondo il modello triadico la psicopatia

    comprende tre costrutti fenotipicamente distinti: disinibizione, intesa come

    difficolt nel controllare gli impulsi; audacia, definibile come il punto di

    connessione tra dominanza sociale, resilienza emotiva e spericolatezza; ed

    infine meschinit, soprattutto nello sfruttare gli altri a proprio vantaggio.

  • 19

    Secondo Hare (2009), invece, la psicopatia una sindrome composta

    prevalentemente da: loquacit e superficialit, egocentrismo, assenza di

    rimorso, mancanza di empatia, falsit emotiva e manipolazione intenzionale,

    inoltre ad essi sono correlati l'impulsivit, deficit del controllo

    comportamentale, bisogno di eccitazione e mancanza di responsabilit. Il

    modello di Hare cerca di dare enfasi sia a tratti interpersonali/psicodinamici

    (Gabbard, 2007) che a comportamenti antisociali, sebbene entrambe le

    polarit, anche se correlati, possono presentarsi separatamente (Livesley,

    2003).

    In ottica psicodinamica la psicopatia delineata da una seria incapacit di

    introiezione e conseguente investimento oggettuale dovuta ad una grave

    deficienza nello svilluppo del Super-Io. L'assenza di morale e l'esercizio di un

    unico potere aggressivo il risultato dell'introiezione di un Super-Io sadico

    che si manifesta nel comportamento aggressivo (Kernberg, 1984). Alcuni

    autori hanno ricondotto la psicopatia a manifestazioni narcisistiche di

    personalit o alla mancanza di sforzo teso a giustificare moralmente i propri

    comportamenti antisociali (Meloy, 1988). Rispetto alla classificazione

    strutturale dei disturbi di personalit ideata da Kernberg, il comportamento

    antisociale o psicopatico definito come una variante nel continuum del

    disturbo narcisitico di personalit (Kernberg, 1984; Gabbard, 2007; Meloy,

    1988). Ad un estremo troviamo l'incapacit totale di investimenti relazionali

  • 20

    che non siano caratterizzati da sfruttamento e dominio, proseguendo troviamo

    un narcisismo maligno, caratterizzato da sadismo egosintonico e orientamento

    paranoide e via proseguendo con pazienti che presentano disturbi narcisistici

    con elementi antisociali, per poi arrivare all'estremo caratterizzato da elementi

    nevrotici con presenza o assenza di tratti antisociali.

    chiaro come la personalit e le sue manifestazioni siano un fattore chiave

    nelle manifestazioni aggressive, l'importanza data al contesto sociale e

    all'apprendimento ambientale della violenza (Bandura, 1973) e studi sulla

    personalit sia normale che patologica hanno permesso di delineare

    interessanti correlazioni tra le caratteristiche prototipiche del comportamento

    aggressivo, definite da Buss (1992) attraverso l Aggression Questionnaire e

    costrutti individuali raccolta da Caprara et al. (1996) in una triade composta

    da irritabilit, ruminazione ostile e tolleranza verso la violenza. L'irritabilit

    definita come la tendenza a rispondere in modo impulsivo e rude quando

    provocati o contraddetti, deriva direttamente dall'ipotesi della

    frustrazione/aggressivit di Dollard (1967) e costituisce la componente

    motivazionale centrale dell'atto violento quando sono in gioco alti livelli

    d'impulsivit. La ruminazione ostile, definita come l'inclinazione verso una

    ruminazione crescente, prolungata e tesa al desiderio di reagire in qualche

    modo a seguito di una istigazione, delinea invece la componente cognitiva

    centrale dove le problematiche legate alla memoria, attribuzione e

  • 21

    pianificazione svolgono il ruolo centrale. La tolleranza verso la violenza

    definita come l'attitudine positiva verso la giustificazione di varie forme di

    violenza (Caprara, et al. 1989) collegato al comportamento aggressivo

    (Caprara, et al. 1990).

    I modelli presentati, anche se provenienti da approcci teorici differenti,

    tentano di delineare con maggiore complessit le caratteristiche di personalit

    dietro al comportamento violento, cercando di ricondurlo oltre gli steccati

    definiti dal concetto di antisocialit in ambito legale.

  • 22

    CAPITOLO 2

    2.1 Impulsivit tra definizione e misurazione

    L'impulsivit definibile come un costrutto complesso e sfaccettato, che ha

    raccolto raccoglie tutt'ora un grande interesse in tutta la comunit

    scientifica. La vastit del costrutto non permette di delineare una linea

    comune di ricerca e con essa una sua definizione. Alcuni autori ad esempio

    definiscono l'impulsivit riferendosi ad una tipologia di comportamento che si

    verifica prima di una completa e soddisfacente valutazione della situazione,

    oppure come l'incapacit di inibire una risposta in caso di stimolo o la

    preferenza per un'immediata gratificazione (Evenden, 1999; Tomko, 2014).

    L'abilit di controllare gli impulsi un'abilit fondamentale per l'individuo e

    per il suo funzionamento sociale, in ambito clinico e di ricerca tocca ambiti

    che comprendono la psicopatologia, la psicologia cognitiva, la psicologia

    dello sviluppo, la neurogenetica, la psicofarmacologia ed infine la psicologia

    sociale (Stahl, et al. 2013; Heaterton, 2013; Hasher, 2007).

    L'impulsivit, intesa come l'incapacit di resistere ad uno stimolo o impulso,

  • 23

    rappresenta la caratteristica centrale di vari disturbi clinici come il disturbo

    da deficit di attenzione/iperattivit, il disturbo borderline di personalit, la

    depressione, il disturbo ossessivo compulsivo, l'abuso di sostanze e il gioco

    d'azzardo problematico (Nigg, 2010; Nigg, et al. 2005; Carver, et al. 2008;

    Fineberg, et al. 2010; Dick, et al. 2010).

    Mai come nel caso dell'impulsivit misurare un costrutto equivale a definirlo.

    La concettualizzazione che vede l'impulsivit come un azione senza pensiero,

    volta alla ricerca d'eccitazione e dominata dall'incapacit di inibire e

    pianificare presente in maniera diversa, talvolta attraverso sovrapposizioni o

    complete divergenze tra le due modalit tipiche di misurazione, quella self-

    report e quella comportamentale attraverso compiti sperimentali in laboratorio

    (Cyders, et al. 2011).

    La concettualizzazione self-report dell'impulsivit maggiormente utilizzata

    per la valutazione dei tratti stabili di personalit che contribuiscono al

    comportamento impulsivo.

    Barratt (1993), attraverso la Barratt Impulsivity Scale ha distinto l'atto

    impulsivo in fattori di primo e di secondo ordine: l'impulsivit attentiva,

    motoria e di non pianificazione, derivati dai costrutti di base quali:

    l'attenzione, la motricit, il controllo del s, la complessit, l'instabilit

    cognitiva e la perseveranza (Patton, et al. 1995). Buss e Plomin (1975) hanno

  • 24

    misurato l'impulsivit attraverso varie sottoscale contenute nello Emotionality

    Activity Sociability Impulsivity Temperament Survey, (EASI-III), esse sono:

    controllo inibitorio, ricerca di sensazioni, tempi di decisione e persistenza,

    Zuckerman (1994) invece si concentrato su due: la ricerca di sensazione e la

    suscettibilit alla noia, delineando le caratteristiche adattive e disadattive

    dell'impulsivit. Nel caso del NEO Personality Inventory sono presenti invece

    varie sottoscale specifiche per l'impulsivit, la ricerca di eccitazione,

    risoluzione e controllo di s (Costa, et al. 1992). Nel caso specifico dei Five

    Factor Model, alcuni autori si sono posti l'obbiettivo di creare uno strumento

    di valutazione della personalit che potesse rappresentare e delineare le varie

    sfaccettature dell'impulsivit (Whiteside, et al. 2001). Utilizzando una

    versione ad hoc del NEO-PI-R stato possibile isolare le dimensioni

    dell'impulsivit contenute in tre domini della personalit: nevroticismo, l'auto-

    regolazione appartenente al dominio della coscienziosit e la ricerca di

    sensazioni nel dominio dell'estroversione. Dall'analisi fattoriale effettuata

    sono emerse quattro diverse caratteristiche di personalit associate al

    comportamento impulsivo: la negativit e la tendenza ad agire

    avventatamente in situazioni di disagio, l'incapacit di pianificare il

    comportamento agendo senza considerare le conseguenze, l'incapacit di

    concentrarsi su di un compito collegato all'auto-regolazione e la ricerca di

    nuove sensazioni ed apertura alle esperienze eccitanti. I risultati hanno

  • 25

    permesso la creazione dello UPPS Impulsive Behavior Scale (Whiteside, et al.

    2001), aprendo la strada alla definizione delle cinque disposizioni dietro la

    messa in atto di azioni avventate: un'urgenza negativa ed una positiva basate

    sul vissuto e la regolazione emotiva, due basata sui deficit di coscienziosit,

    mancanza di pianificazione e di perseveranza o autocontrollo, ed una basata e

    dominata dalla ricerca di sensazioni (Cyders, et al. 2007; 2007b; 2008).

    In contrasto con l'attenzione ai tratti tipica dell'impulsivit nel contesto dei

    self-report, la valutazione in laboratorio si concentra sulla misurazione nel

    momento degli stati associati al comportamento impulsivo, orientandosi

    intorno a cinque tipi di processi cognitivi (Cyders, et al. 2011): la capacit di

    sopprimere le risposte automatiche e dominanti, l'abilit di annullare

    l'interferenza da stimoli provenienti dall'ambiente irrilevanti per il compito, la

    capacit di resistere alla memorizzazione di stimoli intrusivi, l'incapacit di

    ritardare la risposta difronte ad una gratificazione e la distorsione del giudizio

    a causa del tempo trascorso (Dougherty, et al. 2005). Per la misurazione dei

    processi cognitivi di tipo inibitori sono utilizzati generalmente il Go/no-task

    (Marczinski, et al. 2003), lo Stop-signal task di Logan (1994), il Continuous

    performance task (Conners, et al. 2000) e lo Antisaccade task (Friedman, et

    al. 2004), per la misurazione della resistenza alle distrazioni lo Eriksen

    Flanker task (Eriksen, et al. 1974) il BrownPeterson task (Kane, et al. 2000)

    e lo Cued recall task (Tolan, et al. 1999).

  • 26

    Le differenti modalit di misurazione e quindi di definizione dell'impulsivit

    hanno ovviamente delle ripercussioni, anche evidenti, nella clinica e nella

    diagnosi, un esempio prototipico il disturbo borderline di personalit (Stahl,

    et al. 2014). In esso l'impulsivit, misurata attraverso la BIS-11 (Patton, et al.

    1995), rappresenta il criterio diagnostico centrale e gioca un ruolo specifico

    nei modelli psicopatologici che vedo come correlati i livelli di impulsivit alla

    disregolazione emotiva e la disforia affettiva tipica di questi pazienti (Links,

    et al. 1999). I studi effettuati in laboratorio invece non coincidono con queste

    ipotesi psicopatologiche, e i risultati sulle performance sono ambigui e

    contraddittori (Rentrop, et al. 2008; Jacob et al. 2010) almeno nel caso dei

    compiti di misurazione delle capacit di inibizione, esse risultano alterate solo

    in caso di comorbidit con altri disturbi (Sebastian, et al. 2013). Il

    comportamento impulsivo nel disturbo borderline di personalit pu quindi,

    sia appartenere al sottodominio del controllo degli impulsi, rappresentare un

    comportamento secondario dovuto alla comorbidit con altri sindromi come

    ADHD o ancora essere la diretta conseguenza della disregolazione emotiva

    tipica di questi pazienti.

    L'impulsivit un costrutto non unitario, quindi un non costrutto che sottende

    differenti aspetti nel controllo delle interferenze, non delineabile attraverso

    un'unica base neurobiologica, e fortemente dipendente dai processi

    motivazioni e decisionali, gli aspetti che emergono nelle modalit self-report

  • 27

    ne rappresentano quindi una parte. Un ruolo importante quindi ricoperto

    dalla ricerca clinica nella psicopatologia e nei disturbi psichiatrici il cui scopo

    delineare un modello euristico del funzionamento mentale in grado di

    coniugare efficacia clinica e coerenza teorica (Moeller, et al. 2001).

    In ambito psicoanalitico e psicodinamico possibile ricondurre il

    comportamento impulsivo in una pi complessa organizzazione strutturale di

    personalit definita da Kernberg (2004) come borderline. In essa l'esame di

    realt risulta integro, sono predominanti l'uso di difese primitive e la

    diffusione dell'io. Questa categoria racchiude gravi disturbi di personalit

    come il disturbo borderline, schizoide, schizotipico, paranoide, ipomaniaco,

    ipocondriaco, antisociale e il disturbo narcisistico nella sua declinazione

    maligna (Kernberg, 1992), quest'ultimi nello specifico, sono caratterizzati da

    un grave deterioramento dell'organizzazione superegoica con la presenza di

    precursori di un Super-io sadico (Kernberg, 1984). Nello specifico

    l'impulsivit da ricercare nella mancanza di consapevolezza del proprio

    stato emotivo, dovuta da un'assenza di simbolizzazione nella regolazione

    affettiva. Alla base dell'organizzazione del S e della regolazione affettiva

    situata la mentalizzazione definita come la capacit di comprendere il

    comportamento interpersonale in termini di stati mentali (Fonagy, et al.

    2001). Essa acquisita attraverso le esperienze oggettuali, in una relazione

    d'attaccamento in cui il rispecchiamento empatico da parte del caregiver e lo

  • 28

    sviluppo del modulo di rilevamento della contingenza (Watson, 1985) nel

    bambino permettono, per prima cosa, di associare le manifestazioni di

    rispecchiamento dei genitori al miglioramento del suo stato emotivo, inoltre

    lo stabilirsi di una regolazione affettiva mediata e di secondo ordine crea le

    basi per il controllo degli impulsi; gli affetti possono essere scaricati con il

    comportamento o esperiti come qualcosa di riconoscibile e condivisibile

    (Fonagy, et al. 1991). La presenza di espressioni affettive non direttamente

    dipendenti dall'affetto del bambino possono mettere a rischio la classificazioni

    degli stati interni, la loro simbolizzazione e quindi la loro regolazione

    (Fonagy, et al. 2005; Tambelli, 2012).

    2.2 Ricerca clinica e impulsivit

    In ambito evolutivo, l'impulsivit come tratto stabile, tendenzialmente

    correlato con il disturbo da deficit d'attenzione e iperattivit, esso uno dei

    pi comuni disturbi diagnosticati in ambito infantile ed raccolto intorno ad

    una triade sintomatologica composta da disattenzione, iperattivit e

    impulsivit (Ammaniti, 2001). La prevalenza del disturbo nei bambini in et

    scolare oscilla tra il 4% e il 12%, con una prevalenza tre volte pi alta nei

    maschi rispetto alle femmine (dati Istituto Superiore di Sanit). La ricerca

  • 29

    condotta sui sottotipi diagnostici del ADHD considera la disattenzione come

    un sottotipo della dimensione impulsiva del disturbo (Adams, et al. 2008),

    mentre il deficit di disinibizione comportamentale alla base dell'iperattivit

    rappresenta il criterio pi robusto su cui basare la diagnosi e la definizione del

    disturbo (Nigg, 2005). Rispetto alla sottocategoria mista del disturbo, la

    dimensione dell'impulsivit permette di arricchire la diagnosi meramente

    comportamentale del ADHD introducendo le caratteristiche cognitive della

    personalit alla comprensione di questo disturbo. I bambini caratterizzati da

    questa diagnosi incontrano spesso difficolt nelle aree dell'apprendimento, del

    controllo dell'aggressivit e delle relazioni sociali (Hinshaw, 1994; Ammaniti,

    2001), la comorbidit con il disturbo della condotta e con il disturbo

    oppositivo provocatorio ad esempio oscilla tra il 30% e il 50% (Biederman, et

    al. 1993), costituendo un fattore di rischio per l'insorgenza di comportamenti

    disfunzionali nell'et adulta.

    Rispetto all'adolescenza, molti studi sottolinea come la maggior parte dei

    comportamenti e delle condotte messi in atto durante questo periodo della vita

    possono essere classificate come impulsive, il motivo da ricercare nei

    processi neuroevolutivi tipici di questa fase. L'aumento dei comportamenti a

    rischio e la reattivit emotiva sono associate con differenti traiettorie di

    sviluppo che riguardano la zona limbica e la corteccia prefrontale (Cassey, et

    al. 2008). Nei meccanismi che concorrono allo sviluppo dei sintomi

  • 30

    psicopatologici i processi decisionali giocano ovviamente un ruolo

    importante, ad esempio i deficit nel controllo degli impulsi sono correlati con

    la tendenza, in adolescenza, a mostrare bassa tolleranza verso la dilazione

    della gratificazione (Piko, et al. 2014). Essi, soprattutto nella pubert, sono

    collegati alle dimensioni di ricerca della novit o ricerca del rischio

    (Steinberg, 2007). Studi sulla depressione in adolescenza hanno sottolineato il

    ruolo dell'impulsivit come mediatore nei processi cognitivi coinvolti nel

    disturbo: essi sono i pensieri automatici negativi come definiti da Beck

    (1963) che insieme alla triade cognitiva e le distorsioni cognitive

    rappresentano il nucleo del modello psicopatologico della depressione, pi

    specificamente sembra che l'impulsivit giochi un ruolo centrale nella

    presenza delle distorsioni cognitive e nella pianificazione comportamentale in

    termini di strategie di coping disadattive, aumentando il rischio di

    comportamenti suicidari (Cyders, et al. 2011a; Piko, et al. 2014).

    Anche nel caso della bulimia nervosa, l'impulsivit, rappresenta un fattore

    chiave associato alla sintomatologia depressiva (Vaz-Leal, et al. 2014). La

    bulimia nervosa un disturbo del comportamento alimentare dominato da

    episodi ricorrenti di abbuffate compulsive, in cui la quantit di cibo

    indiscutibilmente superiore alla media e durante il quale viene esperito un

    senso di mancanza di controllo, essa generalmente definita in base a due

    sottocategorie mediate dalla presenza o meno di condotte di svuotamento a

  • 31

    seguito dell'atto (APA, 1994). L'anoressia nervosa una complessa sindrome

    e condizione in cui convivono disfunzioni del comportamento alimentare e

    sintomi psicopatologici di tipo compulsivo e impulsivo, essa pu essere

    delineata intorno a cinque dimensioni: comportamenti alimentari restrittivi

    (tranne che durante le abbuffate), comportamenti bulimici, anomalie

    dell'umore e della personalit, insoddisfazione verso il proprio corpo e

    pratiche autolesionistiche (Gleaves, et al. 1993). L'impulsivit insieme ai

    sintomi depressivi, possibili aree borderline della personalit (Steiger, et al.

    2000) e i tratti autolesionistici concorrono all'instabilit emotiva tipica dei

    pazienti bulimici, queste dimensioni concorrono in modo differente

    all'instaurarsi di pratiche alimentari disfunzionali quali le abbuffate (Vaz-

    Leal, et al. 2014): nel caso specifico i tratti d'impulsivit (Welch, et al. 1996)

    concorrono con la gravit delle abbuffate e alla sensazione di perdita di

    controllo associata ad esse, mentre la sintomatologia depressiva (Kennedy, et

    al. 1994) sembra rappresentare un fattore di prognosi negativa. La presenza di

    una sintomatologia depressiva ed elementi impulsivi della personalit in un

    funzionamento deficitario trae origine da studi neurobiologici che vedono il

    sistema serotoninergico come tramite neurochimico tra i due costrutti (Carver,

    et al. 2008). Bassi livelli di serotonina sono collegati ad un deficit del

    controllo dei processi esecutivi, esso si traduce in una risposta affettiva,

    impulsiva e correlata con disturbi definibili come esternalizzanti. Nello stesso

  • 32

    modo, in pazienti depressi e con bassi livelli di serotonina lo stesso deficit del

    controllo esecutivo si tradurr in una paradossale inattivazione

    comportamentale, dovuta all'assorbimento completo di quest'ultimi nelle

    emozioni negative tipiche del disturbo depressivo (Carver, et al. 2008; Caspi,

    et al. 2003; Dalgleish, et al. 2007). La simultanea presenza di tendenze

    compulsive, quali le abbuffate, e dimensioni di personalit di tipo impulsivo

    nei disturbi alimentari, come la bulimia e il BED, ha radici nel circuito

    cortico-striatale e nei vari neuromodulatori implicati in esso (Fineberg, et al.

    2010). Nello specifico possiamo delineare due sistemi distinti ma paralleli: il

    circuito della compulsione in cui il nucleo caudato, componente del sistema

    striatale genera i comportamenti compulsivi inibiti dalla corteccia prefrontale

    orbitofrontale e dall'altra parte il circuito impulsivo in cui lo striato ventrale

    ed il nucleo dell'accumbens, sempre facente parte del sistema striatale,

    generano i comportamenti impulsivi che a loro volta vengono inibiti dalla

    corteccia prefrontale ventromediale. Si delineano quindi due sistemi

    interdipendenti nella condivisione di diverse parti del sistema striatale e della

    corteccia prefrontale (Hollander, et al. 1995; 2007). In questo modello, il

    disturbo da rabbia incontrollata e il disturbo ossessivo compulsivo, il disturbo

    da dismorfismo corporeo, la sindrome di Tourette e la tricotillomania, senza

    tralasciare l'ADHD e il gioco d'azzardo patologico possono essere lette come

    sindromi cliniche implicate in un deficit nel circuito cortico-striatale, in modo

  • 33

    da poter coniugare una visione bottom-up dei disturbi mentali tipica delle

    neuroscienze e una valutazione top-down basata sulla ricerca empirica

    psicologica e sulla pratica clinica.

    Anche per le dipendenze da sostanze, l'impulsivit ne rappresenta il nucleo

    patogenetico e fisiopatologico (Verdejo-Garcia, et al. 2008). I modelli

    neurocognitivi attuali postulano l'impulsivit e la dipendenza come il risultato

    di uno squilibrio nell'influenza di due sistemi neurali in competizione: uno

    evolutivamente pi antico di tipo bottom-up ed un altro pi recente di tipo

    top-down (Bechara, 2005; Stevens, et al. 2014). Il sistema bottom-up, definito

    anche come il sistema impulsivo o reattivo, coinvolge le aree subcorticali

    promuovendo la ricerca della gratificazione attraverso comportamenti

    abituali, utilizzando meccanismi associativi automatici e senza considerare gli

    obbiettivi a lungo termine (Heatherton, et al. 2011). Al contrario, il sistema

    top-down, coinvolge le aree corticali prefrontali il cui compito la gestione

    delle funzioni esecutive e riflessive (Cohen, et al. 2010).

    Nella norma lo scopo del sistema top-down quello di ridirezionare e

    sopprime gli stimoli provenienti dal sistema bottom-up, come il cravings.

    Nelle addiction questo sistema salta, portando alla luce quelle azioni o scelte

    impulsive che derivano direttamente dal crollo delle capacit inibitorie

    (Winstanley, et al. 2010). L'impulsivit oltre a rappresentare una conseguenza

  • 34

    sintomatologica delle addiction risulta essere anche un fattore di autcome

    negativo per le terapie sulla dipendenza, correlando con fenomeni di dropout

    e periodo d'astinenza dalla sostanza durante e dopo il trattamento (Stevens, et

    al. 2014).

    Riferendosi sempre alla ricerca clinica nelle addiction, molti studi hanno

    evidenziato una forte correlazione tra il costrutto dell'impulsivit l'abuso di

    alcool (Verdejo-Garcia, et al. 2008; Whiteside, et al. 2008; Dick, et al. 2010).

    L'impulsivit un fattore predittivo per l'uso e l'abuso di alcool inoltre una

    probabile vulnerabilit genetica incentrata su di essa ne media la trasmissione

    generazionale (Tarter, et al. 2004) correlando con la dipendenza da sostanze,

    disturbi relazionali nelle pratiche genitoriali e comportamenti antisociali in

    et adulta. Questi fattori rappresentano gli indici di rischio maggiore per lo

    sviluppo di una dipendenza da alcool (Kendler, et al. 2003). Ovviamente la

    complessit eziopatogenetica delle addiction non permette di adottare un

    approccio riduzionista, l'impulsivit come fattore di vulnerabilit genetica va

    necessariamente ricondotto al funzionamento personologico e al

    funzionamento cognitivo. Questo approccio suggerito dall'evidenza

    empirica che vede l'impulsivit come costrutto chiave nello sviluppo dello

    spettro sintomatologico definito come esternalizzante: spettro che raccoglie da

    un lato il deficit nei processi inibitori e dall'altro l'influenza sulle dimensioni

    di personalit implicate nella pianificazione comportamentale (Krueger, et al.

  • 35

    2002). In altri termini la vulnerabilit genetica, mediando con i processi

    inibitori e i costrutti di personalit, si manifesta nel comportamento impulsivo

    aprendo la strada alle condotte dipendenti (Dick, et al. 2010).

    Lo scopo di questa breve disamina sulle implicazioni cliniche del

    comportamento impulsivo di delineare l'interdipendenza sempre costante tra

    i costrutti di personalit collegati al comportamento impulsivo e i processi

    cognitivi sottostanti la regolazione degli impulsi. Per poter sintetizzare al

    meglio l'implicazione di questo costrutto con le manifestazioni

    sintomatologiche riferibili allo spettro esternalizzante, risulta proficuo

    accennare all'indice comportamentale DRD (delay reward discounting)

    proposta da Madden et al. (2003; 2009), esso ha il vantaggio di unire

    empiricamente differenti sindromi attraverso una definizione d'impulsivit

    facilmente correlabile perch connessa a manifestazioni comportamentali

    disfunzionali e sintomatologiche. Il DRD indicizza la riduzione del valore

    della gratificazione rispetto al ritardo di essa, o in altre parole quanto

    velocemente la gratificazione perde il suo valore rispetto al tempo trascorso.

    L'impulsivit in questo caso definibile come la tendenza ad accettare

    gratificazioni immediate e di basso valore perch si incapaci di mantenerne

    il valore dilazionato nel tempo, un indice alto di DRD si traduce quindi in una

    sottoregolazione degli stimoli, al contrario, alti livelli di DRD si traducono in

  • 36

    una sovraregolazione, delineando rigidit o eccessiva autoregolazione. La

    maggior parte degli studi raccolti intorno al modello DRD hanno ricondotto la

    sottoregolazione ai comportamenti di dipendenza (MacKillop et al. 2011), al

    disturbo d'alimentazione incontrollata e all'obesit (Weller, et al. 2008; Davis,

    et al. 2010), nello specifico la riduzione del valore della gratificazione in

    seguito al ritardo connesso all'immagine corporea e al peso, obbiettivi futuri

    poco stimolanti rispetto all'immediata gratificazione portata dall'assunzione di

    cibo.

    Per quel che concerne il seguente lavoro doveroso riportare come centrale,

    nelle correlazioni che legano il costrutto dell'impulsivit con il

    comportamento violento, il costrutto dell'aggressione impulsiva come definito

    da Barratt e Slaughter (1998), esso ha acquisito nell'ultima decade

    un'importanza clinica notevole grazie alla sua trasversalit nelle diagnosi

    psichiatriche, come nel caso del disturbo borderline di personalit, il disturbo

    antisociale di personalit e del disturbo esplosivo intermittente (Coccaro, et

    al. 1998), da poco introdotto nella quinta versione aggiornata del DSM (APA,

    2014). La distinzione del comportamento aggressivo premeditato

    dall'aggressione impulsiva ha generato un enorme quantitativo di materiale di

    ricerca, ma i diversi approcci metodologici e teorici hanno creato molta

    confusione ed incertezza allontanando sempre di pi una possibile definizione

    univoca del costrutto. Riferendosi alla definizione data da Coccaro (1992),

  • 37

    possibile definire e considerare il comportamento aggressivo di tipo

    impulsivo come un singolo tratto distinto e distinguibile dall'aggressivit e

    dall'impulsivit, nello specifico l'autore ha ricondotto quest'ultimo

    all'esistenza di un'interdipendenza tra funzionamento cerebrale e

    comportamento, esso dovuto alla riduzione del funzionamento del sistema

    serotoninergico in pazienti affetti da disturbi gravi della personalit e

    dell'umore. In essi l'associazione con la disregolazione degli impulsi favorisce

    la probabilit di comportamenti aggressivi verso se e gli altri dati appropriati

    fattori ambientali (Coccaro, 1992). Le implicazioni nella clinica hanno poi

    permesso di affermare la possibilit che elementi impulsivi ed aggressivi

    possano presentarsi simultaneamente a livello fenotipico, giustificando quindi

    l'unitariet del costrutto dell'aggressione impulsiva (Critchfield, et al. 2004).

    La scoperta di un marker biologico e neurochimico del comportamento

    aggressivo di tipo impulsivo non deve, e non dovr necessariamente

    legittimare un-approccio alla psicopatologia e al disagio psichico di tipo

    riduzionista. chiaro come la distinzione effettuata da Rapaport (1959) su i

    comportamenti e i costrutti, molari e molecolari, risulta ancora estremamente

    attuale, essa suggerisce la centralit di nuove pratiche di ricerca clinica che

    siano in grado di coniugare le evidenze biologiche con le peculiarit del

    paziente e della sua sofferenza o disagio, rifiutando l'idea di un paziente

    impulsivo tout court.

  • 38

    CAPITOLO 3

    3.1 La ricerca

    Il seguente lavoro parte di una ricerca condotta dalla Cattedra del Prof.

    Giulio Cesare Zavattini presso il Dipartimento di Psicologia Dinamica e

    Clinica della Facolt di Medicina e Psicologia della Sapienza - Universit di

    Roma, volto ad indagare la relazione tra aggressivit, psicopatologia e

    regolazione delle emozioni, individuando i differenti meccanismi d'innesco

    dei comportamenti violenti.

    In questo elaborato, in particolare, il lavoro di analisi e confrontazione dei dati

    si soffermer sui costrutti di Aggressivit e Impulsivit.

    In letteratura vi un comune accordo nel considerare l'aggressivit come

    significativamente associata all'impulsivit (Barratt, et al. 1991; 1998;

    Critchfield, et al. 2004; Garca-Forero, et al. 2009), entrambi i costrutti anche

    se distinti condividono le medesime strutture cognitive (Coccaro, 1992;

    Antonucci, et al. 2006), il risultato una forte compartecipazione di entrambi

  • 39

    i costrutti nelle manifestazioni cliniche e sintomatologiche in ambito

    psichiatrico. Il costrutto dell'aggressione impulsiva come definito da Barratt e

    Slaughter (1998), risulta tuttora centrale nella comprensione clinica di

    pazienti in cui la disregolazione degli impulsi favorisce la probabilit di

    comportamenti aggressivi verso se e gli altri (Coccaro, 1992), delineando

    nello specifico laggressione impulsiva (Critchfield, et al. 2004).

    La finalit di questo lavoro consiste nel fornire dei dati evidence based,

    mutuati dalla ricerca scientifica, ai protocolli di prevenzione, gestione e

    trattamento dell'aggressivit, individuando specifici fattori di rischio che

    favoriscono l'insorgenza ed il consolidamento dei comportamenti aggressivi.

    La ricerca si colloca all'interno di una cornice teorica psicodinamica e fa

    riferimento ad un modello euristico della personalit come definito da Barratt

    (2001): per l'autore la personalit definibile a partire da quattro categorie

    minime, i processi cognitivi, affettivi i processi biologici, il comportamento e

    l'influenza dell'ambiente. Esse rappresentano le categorie minime di un

    modello orientato all'integrazione tra discipline.

    In esso possibile definire il comportamento aggressivo come un

    comportamento che causa o comporta un danno, una sofferenza o la morte di

    un individuo o pi individui (Moyer, 1968). Attualmente si giunti ad una

    suddivisione tripartita del comportamento violento (Barratt et al. 1991;

  • 40

    McEllistrem, 2004): il comportamento aggressivo premeditato, quello

    derivato da derivate da condizioni mediche generali e il comportamento

    aggressivo di tipo impulsivo. Nel primo caso il comportamento aggressivo

    la diretta conseguenza di un comportamento appresso dall'ambiente e

    condizionato dal contesto culturale d'appartenenza dell'individuo, l'obbiettivo

    primario quindi infliggere danno all'altro, in modo pi o meno diretto. Nel

    caso del comportamento aggressivo di tipo impulsivo (Barratt, 1991)

    possibile osservare una diffusa incapacit nella pianificazione e gestione

    dell'atto comportamentale, esso ha radici in un deficit nel sistema

    serotoninergico con conseguente disregolazione degli impulsi (Coccaro,

    1992), una condizione relativamente comune nei disturbi di personalit e nei

    disturbi dell'umore.

    Per quanto riguarda l'impulsivit come costrutto, essa definibile come

    l'incapacit di resistere ad uno stimolo o impulso. L'abilit di controllare gli

    impulsi un'abilit fondamentale per l'individuo, Barratt (1993) attraverso la

    Barratt Impulsivity Scale ha distinto l'atto impulsivo in fattori di primo e di

    secondo ordine: l'Impulsivit Attentiva, Motoria e di Non Pianificazione che

    derivano da costrutti base quali: l'Attenzione, la Motricit, il Controllo del s,

    la Complessit, l'Instabilit Cognitiva e la Perseveranza (Patton, et al. 1995).

  • 41

    3.2 Obiettivo

    Considerando gli studi presenti in letteratura, il focus principale della ricerca

    pertanto lo studio delle connessioni tra aggressivit e impulsivit,

    confrontando un campione clinico con un campione di controllo.

    Un primo obiettivo quello di rilevare come il campione di soggetti si

    distribuisca nelle dimensioni di Aggressione Fisica, Aggressione Verbale,

    Rabbia e Ostilit misurate attraverso Aggression Questionnaire (Buss- Perry,

    1992). Il secondo quello di osservarne la distribuzione nelle dimensioni

    dImpulsivit Motoria, Non-Pianificata e Cognitiva come definite da BIS-11,

    (Patton et al., 1995). Si interessanti, inoltre, ad osservare i livelli di

    correlazione tra i due costrutti nel campione.

    3.3 Ipotesi

    Si intende offrire un contributo allanalisi della relazione tra i diversi livelli di

    impulsivit e di aggressivit in un campione clinico con diagnosi psichiatrica,

    confrontandolo con un gruppo di controllo.

    Si ipotizza che

    H1: il campione sperimentale mostri pi alti livelli di impulsivit

  • 42

    rispetto al gruppo di controllo.

    H2: il campione sperimentale mostri livelli pi alti di aggressivit

    rispetto al gruppo di controllo.

    H3: che esista una relazione positiva tra i diversi livelli di impulsivit

    (BIS-11) e aggressivit (AQ).

    3.4 Metodologia

    Campione

    La ricerca ha raggiunto un campione di 309 soggetti, di cui 126 reclutato in

    comunit terapeutiche e case di cura nel territorio laziale, stato selezionato

    secondo le seguenti caratteristiche:

    Sufficiente conoscenza della lingua italiana, sia in forma scritta che in

    forma orale.

    Et compresa tra i 18 e 75 anni.

    Esclusione di Disturbo psicotico in atto, o fase di acuzie psichiatrica

    Assenza di intossicazione da alcool o sostanze psicotrope negli ultimi 3

    mesi.

  • 43

    Il campione costituito da soggetti con diagnosi psichiatrica (come riportato

    in seguito), in regime di trattamento volontario o obbligatorio.

    Strumenti

    Gli strumenti utilizzati al fine di verificare le ipotesi sopra esposte sono due:

    un primo questionario, il Barratt Impulsiveness Scale BIS-11 (Patton et

    al., 1995) per la misurazione dell'impulsivit.

    Buss-Perry Aggression Questionnaire AQ, (Buss e Perry, 1992) per la

    misurazione dimensionale dell'aggressivit.

    BISS-11, Barratt Impulsiveness Scale

    Barratt Impulsiveness Scale (BIS) elaborata da Barratt (1995) uno strumento

    self-report creato per la valutazione dell'impulsivit come costrutto di

    personalit e comportamentale. attualmente utilizzato nella ricerca

    psicologica, sociologica ed educativa. Nella sua forma attuale (BIS-11; Patton

    et al., 1995) lo strumento composto da 30 items espressi su scala Likert a 4

    punti. Oltre a fornire un punteggio complessivo di impulsivit, il BIS-11,

  • 44

    fornisce punteggi su tre fattori identificati come Impulsivit Attentiva,

    Impulsivit Motoria, Impulsivit non pianificata.

    Il soggetto nella compilazione del BISS-11, deve esprimere il grado di

    accordo alle affermazioni secondo una scala Lickert a 4 livelli che va da 1=

    raramente/mai; 2= occasionalmente; 3= spesso; 4=Quasi Sempre/Sempre.

    La codifica dello strumento permette la valutazione di 6 fattori di primo

    ordine (Attenzione, Motricit, Controllo del s, Complessit, Instabilit

    cognitiva e Perseveranza) e tre fattori di secondo ordine (Impulsivit

    Attentiva, Impulsivit Motoria e Impulsivit non pianificata).

    Il punteggio totale ottenuto sommando i fattori di primo o di secondo

    ordine, nello specifico:

    Attentiva: riflette la scarsa concentrazione, la presenza di pensiero

    intrusivo e la tendenza a prendere decisioni in maniera rapida.

    Motoria: tendenza allagito, allacting out e alla traduzione immediata

    del pensiero in comportamento.

    Non pianificata: riflette la tendenza ad agire senza considerare

    convenzioni, norme o regole. Inoltre evidenzia una tendenza a

    focalizzarsi sul presente in assenza di pensiero sul futuro.

    Numerosi studi e revisioni sono stati condotti per testarne la validit e

    laffidabilit (Vincenzi et al., 2006; Derefinko et al., 20011; Bellino, 2011),

  • 45

    gli obbiettivi psicometrici principali si concentrano sulla possibilit di definire

    un insieme di items in grado di misurare l'impulsivit in maniera indipendente

    da fattori limitrofi come l'ansia di tratto e il nevroticismo (Barratt, et al. 1983)

    o ancora, definire misurazioni indipendenti dalle dimensioni orientate

    all'azione, come sensation-seeking (Fossati, et al. 2001). La scala di

    misurazione stata revisionata da Fossati e collaboratori (2001), per

    mantenere inalterate le propriet della scala stata prima tradotta dall'inglese

    all'italiano da psicologi clinici bilingui e successivamente stata riportata in

    lingua originale da un traduttore professionista. L'attendibilit stata testata

    su un campione di 763 studenti universitari di Urbino (273 maschi e 490 le

    femmine; et media 22.96 anni; DS = 64.11) La consistenza interna, stimata

    con l'alpha di Cronbach corrisponde a = .79. La stabilit stata misurata

    tramite la procedura test-retest, a due mesi di distanza, tramite il calcolo del

    coefficiente r di Spearman e del coefficiente r di Pearson con r = 0.89.

    AQ, Buss-Perry Aggression Questionnaire

    Aggression Questionnaire AQ (Buus & Perry, 1992) un questionario self-

    report su scala Likert. Inizialmente composta da 52 items in grado di misurare

    6 dimensioni del comportamento aggressivo: Aggressivit Verbale,

    Aggressivit Fisica, Rabbia, Aggressivit indiretta, Risentimento e Sospetto.

  • 46

    L'analisi fattoriale ha poi permesso di isolare i 4 aspetti che tutt'ora

    definiscono lo strumento: Aggressivit fisica, Verbale, Rabbia e Ostilit.

    Il soggetto nella compilazione del AQ, deve esprimere il grado di accordo

    alle affermazioni secondo una scala Lickert a 5 livelli: 1= non per niente

    caratteristico; 2= molto poco caratteristico; 3= poco caratteristico; 4=

    alquanto caratteristico; 5= proprio caratteristico. Il punteggio degli item

    assegnato in base ad una scala a punti. Punteggi alti esprimono una maggiore

    aggressivit.

    Le sotto scale sono:

    Aggressivit fisica: rappresenta un comportamento messo in atto allo

    scopo di ferire o danneggiare qualcuno in modo fisico (es. ho

    minacciato persone che conosco, penso non ci siano buone ragioni

    per picchiare qualcuno).

    Aggressivit verbale: si riferisce al ferire o danneggiare verbalmente

    qualcuno e rappresenta, insieme all'Aggressivit fisica, la componente

    strumentale del comportamento aggressivo.

    Rabbia: rappresenta la componente emozionale e affettiva e comprende

    l'attivazione psicologica e la preparazione all'aggressione.

    Ostilit: rappresenta la componente cognitiva e comprende i sentimenti

    di malanimo e ingiustizia.

  • 47

    I numerosi studi che sono stati condotti per testare la validit e laffidabilit

    del test (Smith, et al. 1998; Coccaro, et al. 2003; Gerevich, et al. 2007), n

    hanno verificato le buone caratteristiche psicometriche.

    Harris (1997) ha analizzato la consistenza interna dello strumento ottenendo

    coefficienti alpha di Cronbach superiori a .80 sia per la scala Ostilit che per

    la scala Rabbia; coefficenti alpha di .70 per Aggressivit Verbale e di = .75

    per Aggressivit Fisica. Lattendibilit test-retest ha mostrato una

    correlazione superiore di r= .80 in un intervallo di 9 settimane.

    Fossati e collaboratori (2003) hanno tradotto e validato l'AQ in Italia, la

    traduzione stata effettuata da due traduttori indipendenti attraverso la back-

    translation una procedura che prevede traduzioni dalla lingua originale alla

    nuova, in questo caso dallinglese allitaliano.

    Lattendibilit stata testata su un campione di 392 soggetti universitari del

    campus dell'Universit di Urbino (155 maschi e 237 le femmine; et media

    23,41 anni; DS = 2,91) e su un campione di 563 studenti di scuola media

    superiore (209 maschi e 354 le femmine; et media 16,37 anni; DS = 1,52).

    La consistenza interna, tramite alpha di Cronbach stimata a = .81 per

    Aggressivit Fisica, = .53 per Aggressivit Verbale, = .72 per Rabbia = .68

    per Ostilit.

  • 48

    Procedura

    Per il reclutamento del campione ci siamo rivolti a comunit terapeutiche e

    case di cura nel territorio laziale. Insieme ai questionari stata consegnata una

    lettera di presentazione finalizzata ad illustrare gli obiettivi, la metodologia.

    Nel presentare la ricerca e nello spiegare la procedura di compilazione si

    esortava i soggetti a svolgere il lavoro individualmente.

    Analisi statistica

    Lelaborazione dei dati stata effettuata con luso del pacchetto statistico

    SPSS - versione 22.0 per Windows.

    Lanalisi stata effettuata sullintero campione attraverso il calcolo delle

    medie, delle deviazioni standard e delle frequenze dei punteggi ottenuti dai

    303 soggetti.

    Al fine di analizzare una possibile differenza significativa tra le medie dei

    maschi e delle femmine stato utilizzato il T-Test. Per analizzare la

    correlazione tra le dimensioni di Aggressivit Fisica, Verbale, Ostilit,

    Rabbia e Impulsivit Motoria, Non Pianificata e Attentiva, con le scale

    dell'Aggressivit (AQ) e dell'Impulsivit (BIS-11), stato utilizzata la

    correlazione di Pearson.

  • 49

    3.5 Risultati

    Caratteristiche campione

    Al termine della raccolta dei dati relativi alla prima fase della ricerca, il

    campione consta di un totale di 309 soggetti, di cui 126 appartenenti al

    campione clinico e 183 soggetti appartenenti al gruppo di controllo.

    Dati scheda informativa: campione sperimentale e campione di controllo

    Al termine della raccolta dei dati relativi alla prima fase della ricerca, il

    campione presenta unet media dei soggetti di 45,89 (DS= 13.63 ) per il

    campione clinico e di 42,57 (DS= 11.76) anni per il campione di controllo,

    attraverso lanalisi con il t-test emergono differenze significative t (301) = -

    2.25; (p = .025) tra i gruppi.

    Rispetto al sesso il campione distribuito in N= 108 maschi e N= 75 femmine

    per il campione di controllo e N= 51 maschi e N= 75 femmine per il

    campione clinico. Attraverso l'analisi chi-quadrato di Pearson emergono

    differenze significative x = 10.26; (p = .001) tra i gruppi.

  • 50

    Campione Clinico

    Distribuzione percentuale della diagnosi psichiatrica nel campione

    Analizzando la distribuzione delle diagnosi psichiatriche, secondo la quarta

    edizione del DSM, nel campione possibile osservare che: il 24% dei pazienti

    ha ricevuto una diagnosi di disturbo Depressivo Maggiore, il 14% una

    diagnosi di Disturbo Bipolare I, il 12% una diagnosi di Psicosi in fase

    d'esordio, l'8% una diagnosi di Disturbo di Personalit, un altro 8% una

    diagnosi da Abuso di Sostanze, il 5% una Doppia diagnosi, il 4% una

    diagnosi di Schizofrenia. Per il 24% del campione la diagnosi non era ancora

    stata formulata dalla struttura stessa.

    24%

    7%

    12%

    14% 5%

    8%

    4%

    26% Depressione Maggiore

    Disturbo di Personalit

    Esordio Psicotico

    Disturbo Bipolare I

    Doppia diagnosi

    Abuso di sostanze

    Schizofrenia

    Non formulate

  • 51

    Distribuzione percentuale del campione rispetto l'uso o meno di sostanze stupefacenti.

    Analizzando la distribuzione del campione rispetto all'uso di sostanze

    stupefacenti osserviamo invece che: il 53% dei pazienti dichiara di non aver

    mai fatto uso di sostanze stupefacenti, il 14% dichiara di averne fatto uso

    meno di due volte nell'ultimo anno, il 17% di averne fatto uso meno di sei

    volte nell'anno e il 16% pi di sei volte nell'anno.

    Distribuzione percentuale degli episodi di violenza

    Episodi di violenza Protagonista Segnalato alle

    autorit

    Mai 60% 86%

    Da 1 a 3 episodi 26% 14%

    Da 4 a 6 episodi 8% -

    Pi di 6 episodi 6% -

  • 52

    Rispetto agli episodi di violenza, riguardanti ad esempio omicidio, lesioni

    personali, violenza privata, percosse, rissa, mutilazioni, violenza o abuso

    sessuale, pedofilia o maltrattamenti sia giunti che non giunti all'attenzione

    clinica o dell'autorit giudiziaria possiamo osservare che: il 60% dei pazienti

    dichiara di non essere mai stato protagonista di episodi di violenza, il 26%

    dichiara di esserne stato in un intervallo che va da uno ad almeno tre episodi

    di violenza, l'8% in un intervallo da quattro a sei episodi e il 6% dichiara

    invece di esserne stato protagonista pi di sei volte nell'arco della sua vita.

    Per quanto l'analisi dei dati anagrafici, quali stato civile, figli, titolo di studio

    e distribuzione geografica, il campione stato raccolto prevalentemente nella

    regione Lazio e raccoglie per il 97% cittadini di nazionalit italiana. Rispetto

    alla distribuzione geografica abbia il 92% residente nel centro Italia, il 1% nel

    sud Italia, mentre nessun campione stato raccolto nel nord Italia, il restante

    7% si riferisce a cittadini stranieri provenienti complessivamente dal

    continente europeo.

    Campione di controllo

    Il campione di controllo composto da 183 soggetti di et media di 42,57,

    composto da 108 maschi e 75 femmine. stato raccolto prevalentemente

    nella regione Lazio e raccoglie per il 97% cittadini di nazionalit italiana.

  • 53

    Rispetto alla distribuzione geografica il 98% residente nel centro Italia, il

    2% nel sud Italia, mentre nessun campione stato raccolto nel nord Italia. Per

    quanto riguarda invece gli episodi di violenza, riguardanti ad esempio

    omicidio, lesioni personali, violenza privata, percosse, rissa, mutilazioni,

    violenza o abuso sessuale, pedofilia o maltrattamenti; sia giunti che non giunti

    all'attenzione clinica o dell'autorit giudiziaria possiamo osservare che: il 92%

    dei soggetti dichiara di non essere mai stato protagonista di episodi di

    violenza, il 2% dichiara di esserne stato almeno una volta, il 6% invece pi di

    una volta. Rispetto alle segnalazione presso l'autorit giudiziaria o clinica il

    98% dei soggetti dichiara di non aver mai avuto segnalazioni riguardanti

    episodi di violenza, il 2% invece almeno una volta nella vita.

    Distribuzione percentuale episodi di violenza

    Episodi di violenza Protagonista Segnalato alle autorit

    Mai 92% 98%

    Almeno una volta 2% 2%

    Pi di una volta 6% -

  • 54

    3.6 Distribuzione delle variabili

    Aggressivit

    AQ CONTROLLO SPERIMENTALE a

    Agg. Fisica 16.5 6.16 19.43 7.18 p.05

    Rabbia 15.6 5.37 18.76 5.99 p

  • 55

    Impulsivit

    BISS-11 CONTROLLO SPERIMENTALE a

    Attentiva 14.39 3.37 17.32 4.7 p

  • 56

    BIS-11 stata effettuata tramite l'indice di correlazione di Bravais-Pearson.

    CAMPIONE

    CONTROLLO

    Totale

    Impu.

    Attentiva Motoria Non

    pianificazione

    Totale Agg. Correlazione

    di Pearson

    .390 .398 .396 .165

    Sign. (a due

    code)

    p

  • 57

    Osservando il campione di controllo: la dimensione di Aggressivit totale

    correla positivamente con la dimensione di Impulsivit totale.

    Rispetto alle sottoscale dellaggressivit, la dimensione di Aggressivit fisica

    correla positivamente con la sottodimensione Attentiva,, Motoria e di Non

    pianificazione dellimpulsivit. La dimensione di Aggressivit verbale correla

    positivamente con la dimensione Attentiva e Motoria mentre risulta non

    correlare con quella di Non pianificazione. La dimensione della Rabbia

    correla positivamente con limpulsivit Attentiva, Motoria e Non

    pianificazione. Infine la dimensione dellOstilit correla positivamente con la

    sola dimensione Attentiva, mentre non risulta correlare n con la dimensione

    Motoria n con quella di Non pianificazione.

  • 58

    CAMPIONE

    CLINICO

    Totale

    Impu.

    Attentiva Motoria Non

    pianificazione

    Totale Agg. Correlazione

    di Pearson

    .431 .439 .358 .289

    Sign. (a due

    code)

    p

  • 59

    Osservando il campione clinico: la dimensione di Aggressivit totale correla

    positivamente con la dimensione di Impulsivit totale.

    Rispetto alle sottodimensioni dellaggressivit, la dimensione di Aggressivit

    fisica correla positivamente con la sottodimensione Attentiva, Motoria e di

    Non pianificazione dellimpulsivit. La dimensione di Aggressivit verbale

    correla positivamente con la dimensione Attentiva e Motoria mentre risulta

    non correlare con quella di Non pianificazione. La dimensione della Rabbia

    correla positivamente con limpulsivit Attentiva, Motoria e Non

    pianificazione. Infine la dimensione dellOstilit correla positivamente sia

    con la dimensione Attentiva, che con la dimensione Motoria e Non

    pianificazione.

    3.8 Discussione

    Rispetto alle ipotesi sopra proposte, l'analisi dei dati permette di evidenziare

    come il gruppo clinico, formato da pazienti con diagnosi psichiatrica, presenti

    punteggi maggiori rispetto al gruppo di controllo in tutte le dimensioni

    dell'aggressivit, eccetto nell'Aggressivit Verbale, misurate attraverso

    Aggression Questionnaire, coerentemente con i dati anamnestici riguardanti

    gli episodi di violenza. Nello specifico il campione sperimentale presenta

  • 60

    punteggi maggiori nelle dimensioni di Aggressivit fisica, Rabbia e Ostilit,

    sottodimensioni nucleari per l'acting violento. importante sottolineare come

    i punteggi medi del gruppo clinico risultino pi alti anche con una presenza in

    percentuale maggiore di soggetti di sesso femminile, 60% per il gruppo

    clinico a confronto con il 41% del gruppo di controllo, come confermato dai

    risultati in letteratura (Volavka, 2002) che vedono nel genere femminile

    punteggi inferiori rispetto ai maschi nelle dimensioni di aggressivit in

    campioni non clinici (Gerevich, et al. 2007). I punteggi uniformemente pi

    alti del gruppo clinico, le differenze significative di genere e d'et tra i gruppi,

    suggeriscono una buona validit interna dello strumento, in cui tutte le

    sottodimensioni del comportamento aggressivo, nello specifico le dimensioni

    comportamentali, cognitive ed affettive, sono ugualmente coinvolte nella

    disforia del paziente traducendosi parimenti in comportamento aggressivo,

    escludendo fattori legati al sesso ed al genere.

    Nello stesso modo, rispetto ai punteggi raccolti attraverso Barratt

    Impulsiveness Scale, il campione clinico presenta valori pi alti in tutte e tre

    le sottoscale dello strumento, rispetto al gruppo di controllo. I risultati

    mettono in luce la compresenza, evidenziata con forza nella letteratura

    scientifica, di disturbi psichiatrici ed alti punteggi d'impulsivit: in essa

    l'impulsivit rappresentata come un costrutto multidimensionale, legato al

    funzionamento personologico e cognitivo e non ad una specifica sindrome o

  • 61

    manifestazione psicopatologica di base (Whiteside, et al. 2001; Moeller, et al.

    2001; Madden, et al. 2009).

    Rispetto allo studio sulle correlazioni tra i costrutti risulta evidente come le

    dimensioni di Aggressivit e Impulsivit siano legate tra loro: i risultati

    complessivamente non presentano correlazioni negative tra le sottoscale

    facendo emergere elementi sufficienti per la descrizione di un comportamento

    impulsivo aggressivo. Nello specifico le sottoscale di Aggressivit verbale e

    Aggressivit fisica correlano positivamente e significativamente con le

    dimensioni espresse dalla BIS-11, come le componenti cognitive ed affettive

    del comportamento aggressivo e violento, sia nel campione clinico che in

    quello normativo, ad eccezione delle dimensioni di Aggressivit verbale e

    Impulsivit di non pianificazione, sia nel campione clinico che di controllo.

    Rispetto alle relazioni tra le sottoscale, la correlazioni pi forte osservabile

    tra le dimensioni d'Impulsivit Attentiva e Ostilit coerente con la letteratura

    che vede nelle capacit attentive un elemento chiave per la memoria e la

    regolazione affettiva (Chan, et al. 2009; Glass, et al., 2009). Nonostante vari

    autori (Anderson, et al., 2004; 2002) siano critici rispetto alla stretta

    distinzione e categorizzazione dei comportamenti violenti, come nel concetto

    di aggressivit premeditata/ostile e strumentale (Bushman, et al. 2001), la

    sostanziale coerenza dietro alle correlazioni emerse rafforza empiricamente il

    costrutto di impulsivit aggressiva (Barratt, et al. 1991; Garca-Forero, et al.

  • 62

    2009) e fa ben sperare per una sua applicazione puntuale nella clinica dei

    disturbi violenti, sia in ambito psichiatrico che forense (Meloy, 2006). Per

    quanto riguarda i disturbi psichiatrici non direttamente coinvolti nel

    comportamento violento, essenziale sottolineare come l'impulsivit

    rappresenti un fattore chiave in una pluralit di disturbi influenzandone

    direttamente la risposta ai trattamenti (Moeller, et al. 2001).

    Attualmente i criteri diagnostici proposti in ambito psicopatologico e

    psichiatrico non favoriscono una diagnosi sufficientemente accurata e

    clinicamente utile che permetta di distinguere tra pazienti impulsivi o meno,

    questo limite rappresentato anche dalla presenza di tecniche unicamente

    self-report per la misurazione dell'impulsivit. Al fine di individuare

    trattamenti ed interventi efficaci per il paziente psichiatrico sar utile portare

    avanti studi che approfondiscano le correlazioni tra l'impulsivit e le

    dimensioni sottese ai disturbi, come ad esempio la regolazione affettiva, gli

    indici di somatizzazione o le caratteristiche di personalit. Questo sar

    possibile solo coniugando tutti gli approcci che hanno raccolto e raccolgono

    tutt'ora importanti risultati nella clinica dell'impulsivit, e ci si riferisce agli

    studi comportamentali, biologici, psicofarmacologici, neuroscientifici e

    psicologici. Istituire quindi un modello dellimpulsivit che sia neutro,

    perch teoricamente laico e aperto ad integrazioni e congiunzione del sapere

    clinico.

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