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Ag-Ab

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Ag-Ab

Reazione Antigene-Anticorpo

Immunocomplesso: reazione dell’antigene con il corrispondente anticorpo con

formazione di un complesso tenuto insieme da legame chimico , non covalente che

si forma tra i residui amminoacidici dell’Ag (antigene) e quelli del sito combinato

dell’anticorpo.Tipi di legame :

o Legame idrogeno : atomo di idrogeno è condiviso da due atomi

elettronegativi

o Legame elettrostatici : attrazione di carice elettriche di segno

opposto

o Forze di Van der Waals : movimento degli elettroni di una

molecola che la inducono a comportarsi in maniera temporanea

come un dipolo , attraendole molecole vicine

o Legami idrofobici : determinati quando una molecola idrofobica si

trova in acqua. Le molecole idrofobiche si aggregano per evitare il

solvente.

Reazione Antigene-Anticorpo

Affinita : somma algebrica delle forze attrattive e repulsive tra antigene ed anticorpo

Avidità : insieme delle forze d’interazione tra i singoli siti combinatori

dell’anticorpo e l’antigene

Immunoprecipitazione

Rappresenta la formazione di un complesso tridimensionale detto lattice che

determina un precipitato visibile. Può essere utilizzata sia in modo qualitativo che

quantitativo

Precipitazione quantitativaSi ottiene facendo reagire quantità costanti di anticorpo con quantità crescenti

d’antigene. La precipitazione è dovuta alla formazione di un reticolo di molecole

antigene-anticorpo.

Reazione di precipitazione

Le reazioni di precipitazione sono utilizzate per evidenziare la presenza

dell’antigene oppure dell’anticorpo. Vengono utilizzati reazioni in mezzi

semisolidi (agar) :

Immunodiffusione doppia

Immunodiffusione doppia

• Se gli antigeni sono

identici : si forma una linea

continua del precipitato

• Se gli antigeni sono diversi :

si hanno due linee di

precipitato che si incrociano

• Se l’antigene A possiede degli

epitopi in comune con l’antigene B

: si forma una linea di precipitato

non continua

Immunodiffusione radialeViene detto anche metodo di Mancini . Usato per la determinazione quantitativa

dei livelli delle immunoglobuline e dei componenti del complemento presenti sia

nel siero che in altri liquidi.

Il metodo consiste :

• Stratificare l’agar in cui è stato aggiunto un

antisiero specifico in piastre di petri

• Si effettuano dei pozzetti

• Si aggiunge l’antigene

• L’antigene diffondendo dà origine ad un

alone di precipitazione

• Il diametro dell’alone è proporzionale alla

concentrazione dell’antigene

Immunoelettroforesi

Metodo utilizzato per l’analisi delle proteine del siero . Essa si basa su una

reazione di precipitazione preceduta da una migrazione elettroforetica del siero.

Il metodo si basa :

• Si stratifica l’agar su un vetrino porta oggetto

• Si crea un pozzetto in cui si pone il siero da esaminare

• Si applica un campo elettrico

• Le proteine migreranno secondo la loro carica elettrica e la loro mobilità

• Separate le proteine si pratica un altro pozzetto parallelo al senso di migrazione

e vi si aggiunge l’antisiero

• Si lascia diffondere l’antisiero

• Nella zona di incontro tra antigene ed anticorpo si forma la banda di

precipitazione

Western Blot ( Immunoblot )

Questo metodo viene utilizzato per identificare e caratterizzare gli Ag sia nella

ricerca sia nella clinica.

Il metodo consiste nel :

• Separare gli antigeni attraverso l’utilizzo di un gel di poliacrilammide

• Trasferire il gel su una membrana di nitrocellulosa

• Aggiungere un anticorpo specifico per l’Ag ricercato marcato con un marcatore

enzimatico

• L’anticorpo si collocherà solo dove la reazione sarà avvenuta permettendo di

analizzare con facilità la quantità e la presenza dell’Ag

• In alternativa può essere utilizzato un anticorpo marcato con un tracciante

radioattivo.

Western Blot ( Immunoblot )

Agglutinazione

L’interazione tra un anticorpo e un antigene corpuscolato ( presente su batteri,

eritrociti, leucociti, ecc) determina la formazione di aggregati visibili, definita

agglutinazione. L’anticorpi in questo caso prenderanno il nome di agglutinine.

Titolo anticorpale del siero

Inibizione dell’agglutinazione

E’ un saggio altamente sensibile per evidenziare piccole quantità di Ag (

es. droghe) oppure per determinare se un soggetto è stato esposto ad

alcuni virus che causano l’agglutinazione dei globuli rossi ( es. rosolia ,

influenza, ecc)

In pratica se nel siero del paziente sono presenti Ab contro un virus , essi

reagiranno con questo, quindi il virus non sarà più in grado di agglutinare i

globuli rossi aggiunti in un secondo momento

Le reazioni d’agglutinazione sono utilizzate anche per determinare i gruppi

sanguigni di un paziente (emoagglutinazione) oppure per ricercare un

anticorpo legato ad un antigene ( test di Coombs).

Emoagglutinazione

Viene utilizzata per determinare il gruppo sanguigno utilizzando anticorpi anti-A, anti-

B, anti-AB

Test di Coombs

Test di Coombs diretto

• I globuli rossi del paziente vengono lavati per allontanare le IgG non legate alla

membrana

• I globuli rossi vengono posti direttamente a contatto con il siero di Coombs

• Si stabilisce cosi se i globuli rossi sono stati ricoperti in vivo da IgG , come

accade nelle malattie emolitiche autoimmuni

• Test positivo : le emazie agglutinano , significa che gli Ab del coniglio si sono

legati agli Ab adesi sulla membrana degli eritrociti .

Test di Coombs indiretto

• Gli eritrociti vengono lavati per rimuovere le IgG non legate alle membrane .

• Si incubano i globuli rossi del paziente o degli eritrociti compatibili con il siero del

paziente e successivamente con il siero di Coombs.

• Il test viene detto indiretto perche il siero del paziente è incubato con eritrociti

normali per far aderire gli eventuali anticorpi anti-eritrocitari.

• Test positivo : i globuli rossi agglutinano , quindi nel siero testato vi è la presenza

di Ab.

ImmunoflorescenzaPermette di legare ad alcuni anticorpi delle sostanze fluorescenti , senza alterarne la

capacità di legarsi agli antigeni

Le sostanze fluorescenti in questione sono :

• La fluorosceina

• La rodamina

Le sostanze fluorescenti coniugate agli anticorpi possono evidenziare al microscopio

a fluorescenza la presenza di :

• Antigeni di superficie di cellule viventi in sospensione

• Antigeni presenti nel citoplasma

• Antigeni presenti nei nuclei

Il metodo viene utilizzato per identificare :

• fenotipi cellulari

• i componenti del complemento

• antigeni tissutali

• antigeni tumorali

• batterici

• virali

Immunoflorescenza diretta ed indiretta

Esistono due metodi :

• Metodo diretto : l’anticorpo specifico coniugato al fluorocromo si fa

direttamente aderire agli antigeni cellulari

• Metodo indiretto : l’anticorpo specifico ( anticorpo primario) non

coniugato si fa aderire agli antigeni cellulari , in una seconda fase , si

aggiunge un anticorpo anti- anticorpo primario, coniugato con il

fluorocromo.

FACS ( fluorescence- activated cell sorter )

Si basa sul principio della citometria a flusso . Viene utilizzato un raggio laser e un

rivelatore di luce per contare le cellule

FACS ( fluorescence- activated cell sorter )

La citometria a flusso si basa sul seguente principio:

• Un campione, contenente le cellule,è incubato con un Ab monoclonale

marcato con un fluorocromo

• Le cellule che hanno legato ai loro antigeni di membrana l’Ab

fluorescinato vengono eccitati dal raggio laser ed emettono la luce

• Il rilevatore della luce misura sia la grandezza sia il numero delle cellule

che hanno legato l’Ab marcato

• Un computer analizza questi parametri e crea un diagramma in cui sono

riportate il numero delle cellule e la loro tipologia

RIA ( saggio radioimmunologico)

E’ una tecnica molto sensibile che può rivelare la presenza di un antigene o di

un anticorpo a concentrazioni inferiori a 0,001 pg/ml.

Il test RIA si basa sulla competizione tra un antigene radio marcato ed uno non

marcato per un anticorpo specifico ad alta affinità.

L’antigene è marcato generalmente con piccole quantità di un isotopo radioattivo

( per es. I251 ) che emette raggi gamma ( γ )

RIA ( saggio radioimmunologico)

• Se si vuole determinare la concentrazione di un antigene X , presente nel

siero , lo si purifica e lo si marca con I 251

• Si allestiscono una serie di provette contenenti una quantità costante

d’antigene X radiomarcato e di anticorpi anti-antigene X

• Si aggiunge una quantità crescente del siero in esame , in cui è presente

l’antigene da testare.

• L’anticorpo si può legare sia all’antigene marcato sia all’antigene non

marcato, quindi i due tipi d’antigene competono per legare l’anticorpo.

• Si misura con un contatore gamma la quantità d’antigene marcato rimasto in

soluzione e quindi per differenza si può determinare la concentrazione di

antigene non marcato.

ELISA ( enzyme-linked immunosorbent assay)

E’ una tecnica simile al RIA ma è più sicuro è meno costoso

Viene utilizzata per evidenziare la reazione antigene -anticorpo

Si utilizza un marcatore enzimatico contrariamente al RIA in cui si utilizza un

marcatore radioattivo

Sono impiegati vari enzimi tra cui :

• la β-galattosidasi

•La fosfatasi alcalina

•La perossidasi di rafano

Il test si basa sul fatto che un enzima coniugato ad un anticorpo reagisce con un

substrato incolore, detto substarto cromatogenico, e dà origine a un prodotto di

reazione colorato.

L’intensità del colore è proporzionale alla quantità d’anticorpo marcato che si lega

all’antigene.

ELISA (metodo indiretto)

Viene utilizzato per determinare la quantità di

anticorpi. Si basa sul seguente procedimento:

• In un micropozzetto ricoperto d’antigene si

aggiunge il campione da analizzare ( siero o

un altro campione , in cui è presente

l’anticorpo da testare, detto Ab primario e lo si

lascia reagire con l’antigene.

• Si aggiunge un anticorpo secondario anti-Ab

primario, coniugato ad un enzima.

• Si lava via l’Ab secondario libero e si

aggiunge il substrato per l’enzima.

• La quantità di prodotto di reazione colorato,

che si forma , viene valutata mediante speciali

lettori spettrofotometrici

• I lettori spettrofotometrici possono misurare

l’assorbanza di una piastra a 96 pozzetti .

ELISA (metodo indiretto)

Il test ELISA è utilizzato anche per determinare la presenza di anticorpi

sierici diretti contro il virus dell’immunodeficienza umana ( HIV), antigene

eziologico dell’ AIDS.

In questo caso le proteine ricombinanti dell’involucro e del core dell’HIV (Ag)

vengono adsorbite nei micropozzetti.

E’ possibile evidenziare la presenza di anticorpi sierici diretti contro l’HIV,

mediante l’ELISA indiretto , entro 6 settimane dall’infezione

ELISA (a sandwich)

Viene utilizzato per determinare la quantità

dell’antigene.

ELISA sandwich :

• il micropozzetto è ricoperto con l’anticorpo

primario

• Viene aggiunto il campione contenente

l’antigene da misurare

• Dopo un periodo di incubazione si aggiunge

un anticorpo specifico per l’antigene coniugato

con un enzima.

• Si lava via l’Ab secondario libero e si

aggiunge il substrato dell’enzima.

• L’intensità del colore è proporzionale alla

quantità di anticorpo secondario marcato che si

lega all’antigene, e quindi alla concentrazione

dell’Ag.

ELISA competitivo :

• E’ un test di inibizione la concentrazione dell’Ag

è inversamente proporzionale al colore

sviluppato.

• Si incuba l’anticorpo primario con il campione

contenente l’Ag da misurare

• Si aggiunge la miscela Ag-Ab formatasi ai

micropozzetti contenenti l’Ag.

• Maggiore è la quantità di Ag, presente nel

campione , minore sarà la quantità di anticorpo

primario libero.

• Si aggiunge l’anticorpo secondario, specifico

per l’Ab primario, coniugato con un enzima.

• Dopo aver lavato via l’Ab secondario si

aggiunge il relativo substrato e si misura il

prodotto di reazione colorato

ELISA (competitivo)

Complemento• E’ formato da un complesso sistema multifattoriale, costituito da oltre 20 proteine sieriche

, che ha la funzione di distruggere i batteri tramite la lisi o la fagocitosi.

• Soggetti affetti da deficit quantitativo o funzionale del complemento pur avendo livelli

normali di Ig, sono particolarmente esposti a ripetute infezioni.

• Le molecole del complemento si trovano nel sangue o nei liquidi biologici, in forma inattiva

finche non sono attivati da microrganismi o altri fattori.

• Il meccanismo di attivazione è un meccanismo a cascata, in cui il primo elemento agisce

sul successivo , rendendolo attivo e quindi capace di agire sull’elemento successivo.

• L’attività è localizzata nella zona d’innesco con una emivita degli elementi di un millesimo

di secondo.

• Le molecole del complemento sono indicate con una numerazione , che va da C1 al C9 ,

oppure con le lettere maiuscole (B,D,P).

• I frammenti derivati dalla molecola che ha subito l’azione enzimatica dell’elemento che lo

precede nella cascata, sono indicati con le lettere minuscole (es. C5a, C5b) .

• Il meccanismo terminale dell’azione del complemento è la formazione di un “complesso

litico”, detto complesso d’attacco alla membrana (MAC), costituito dai fattori che vanno dal

C5 al C9.

Complemento

Complemento

Via classica

• Il primo fattore attivato è C1 .

• Il fattore C1 è costituito da un complesso tri-molecolare di 750 kDa legato in

maniera non covalente , C1q, C1r, C1s , in un rapporto molare di 1/2/2

(C1qr2s2).

• C1q è una proteina complessa, ricca in idrossiprolina, idrossilisina e glicina che

per le sue caratteristiche elettroforetiche presenta delle analogie con le Ig,

mentre per la sua struttura amminoacidica ricorda le proteine del collagene.

• La molecola C1q è costituita da 6 unità ognuna costituita da tre distinte

subunità A,B,C

• E’ possibile distinguere una parte centrale compatta , che lega C1r e C1 s , ed

una struttura più esterna che termina con una forma a calice.

• La struttura a calice svolge la funzione di riconoscere e legare particolari siti

presenti nelle Ig, i quali si evidenziano durante la formazione

dell’immunocomplesso.

• La sub-unità C1q si deve legare ai domini CH2 di almeno due anticorpi IgG

adiacenti .

• La sub-unità C1q si può legare ad un solo anticorpo IgM perche dotato di molti

domini CH3.

• Esistono 4 sottoclassi di IgG nell’uomo ciascuna delle quali ha una differente

affinità per C1q. La più affine è IgG3 , seguita dall’IgG1 e IgG2 mentre l’IgG4

non attiva il complemento.

Via classica

•C1s inattivo ha un peso molecolare intorno a 90 kDa ed è costituito da una sola

catena polipeptidica

•L’attivazione di C1s comporta la formazione di due catene una più grande (a) ed una

più piccola (b) , in cui si trova il sito enzimatico necessario per l’attivazione dei

componenti successivi .

• L’attività enzimatica è di tipo serino-esterasi, ed agisce su due substrati C4 e C2

che vengono scissi rispettivamente in C4a e C4b , e in C2a e C2b dando origine al

complesso C4b2a, denominato C3 convertasi che ha la capacità di attivare il fattore

C3.

Via classica meccanismi di controllo

Le reazioni che caratterizzano la via classica sono soggette al controllo di diverse

proteine solubili quali :

• C1 inibitore ( C1 INH ) : questo fattore agisce su C1, bloccando

l’attività enzimatica di C1s ( edema angioneurotico , dipende

dall’assenza di questo fattore)

• C4bp ( C4 binding protein) : questo fattore si lega al C4b,

bloccando la formazione del complesso C4b2a e permettendo ,

cosi, il legame del fattore H, capace a sua volta di inattivare ,

oltre che il C3b, anche il C4b.

• Fattore I : questo fattore inattiva il C3b, formando il C3b inattivo

(iC3b).

Questi meccanismi sono necessari per mantenere gli effetti dell’innesco della

cascata del complemento solamente a livello del sito d’attivazione.

Via alternativa

Via alternativa

Via lectinica

•Viene attivata in assenza di Ab .

•E’ un meccanismo di difesa aspecifico

•Viene indicata come MBL , ossia la via della lectina legante il mannosio

•La sua attivazione dipende dal riconoscimento non specifico di sostanze estranee

(carboidrati).

•Presenta analogie strutturali alla via classica.

•La MBL è simile al C1q, infatti dopo che si è legata ad un microrganismo si unisce,

per formare un complesso attivo , ad un enzima , detto MASP (MBL-associated

serine-protease) , che è simile al C1r e al C1s della via classica.

•Il complesso MBL-MASP cliva il C4 e il C2 e porta alla formazione di una C3

convertasi che ha come conseguenza la formazione della C5 convertasi.

Formazione del complesso d’attacco alla membrana

( MAC )

La C5 convertasi provoca la scissione del C5 in C5a e C5b.

La C5a liberato contribuisce con le sue capacità anafilattiche e chemiotattiche alla

risposta infiammatoria locale

La C5b si lega al C6 e al C7 per formare il complesso C5b-7, che presentano la

capacità di legarsi alle membrane biologiche.

Il complesso C5b-7 lega una molecola del fattore C8 e circa 10 molecole di C9,

formando il complesso d’attacco alla membrana (MAC), il C5b-9.

Il complesso d’attacco alla membrana (MAC) ha attività litica sulle membrane,

causando la formazione di pori di circa 10 nm di diametro

Attraverso i pori avviene il passaggio d’acqua e di Sali che portano alla lisi

osmotica della cellula o del microrganismo.

La proteina S si lega al complesso C5b-9, la quale blocca l’attività di lisi e quindi

regola l’attività biologica del MAC.

Fattori regolatori

Esistono molecole di membrana ad attività regolatoria tra cui:

• fattore accellerante il decadimento ( DAF) e la proteina cofattore di

membrana (MCP), che agiscono sulla C3 convertasi della via classia e

della via alternativa.

• fattore di restrizione omologa (HRF) e l’ inibitore di membrana della

reazione di lisi (MIRL/CD59), che lega il complesso C5b-8 e blocca il

legame del C9 alle cellule autologhe.

Anticorpi Monoclonali

Struttura e funzione degli anticorpi

Quando un antigene entra nell'organismo, esso stimola una risposta

immunitaria. Il principale elemento di questa risposta comprende

l'attivazione di linfociti B selezionati per produrre anticorpi capaci di legare

l'antigene (immunità umorale).

Il legame con l'anticorpo può ridurre/inattivare l'attività biologica

dell'antigene (specialmente se si tratta di una tossina), ed inoltre "marca"

l'antigene per la distruzione da parte di altri elementi del sistema

immunitario.

Un dato anticorpo si legherà solo ad una specifica regione dell'antigene,

detta epitopo . La maggior parte degli antigeni che si trovano in natura

(proteine, virus, batteri) contengono centinaia, se non migliaia di differenti

epitopi. Un tipico epitopo sulla superficie di una proteina comprende da

cinque a sette residui amminoacidici.

Una molecola di anticorpo (immunoglobulina) è costituita da due catene proteiche

"leggere" (L) identiche e da due, anch'esse identiche, catene proteiche "pesanti"

(H), tenute insieme tutte sia da legami a idrogeno sia da ponti bisolfuro

esattamente localizzati.

Le regioni N-terminali delle catene L e H formano in ciascun anticorpo il sito di

riconoscimento dell'antigene.

I siti che riconoscono e fissano gli antigeni sono costituiti da tre regioni

determinanti la complementarietà (CDR) collocate nell'ambito delle regioni variabili

(VH e VL) alle estremità N delle due catene H e delle due catene L.

Le CDR costituiscono la parte della molecola anticorpale che presenta la massima

variabilità della sequenza amminoacidica.

Oltre alle regioni variabili (VH e VL), ogni catena L contiene una regione, o

dominio, costante (CL), e ogni catena H ha tre regioni, o domini, costanti (CH1,

CH2, CH3). Digerendo gli anticorpi con l'enzima papaina, si liberano tre frammenti:

due identici (Fab)-ognuno dei quali contiene una catena L intatta congiunta da

ponte bisolfuro alle regioni CL e CH1 della catena H- e uno diverso (Fc), il quale

consta di due frammenti di catena H, ognuno contenente i domini CH2 e CH3,

congiunti da un legame bisolfuro. Il frammento Fab conserva l'attività legante

l'antigene.

Struttura e funzione degli anticorpi

Struttura e funzione degli anticorpi

Una volta avvenuto il legame antigene-anticorpo, in una molecola anticorpale

intatta la porzione Fc suscita parecchie risposte immunitarie:

• Si attiva la cascata del complemento. I componenti di questo sistema

disgregano le membrane cellulari, attivano i fagociti e generano segnali per

mobilizzare altri componenti del sistema di risposta immunitaria.

• Prende corpo la citotossicità cellulo-mediata anticorpo-dipendente (ADCC)

provocata dal legame tra la porzione Fc dell'anticorpo e il recettore Fc di una

cellula ADCC effettrice.

• In seguito al legame tra la regione Fab e un antigene solubile la porzione Fc

di un anticorpo si può fissare sui recettori Fc delle cellule fagocitiche, che

inglobano e distruggono il complesso anticorpo-antigene.

Struttura e funzione degli anticorpi

Principi alla base della produzione di Anticorpi

monoclonali

Ogni specifico anticorpo, che riconosce uno specifico epitopo, è prodotto da uno

specifico linfocita B. L'isolamento e la coltura in vitro di una cellula capace di

produrre un singolo anticorpo rappresenta una fonte di anticorpi monoclonali

(monospecifici).

Tuttavia i linfociti B, quando sono coltivati in vitro, muoiono dopo brevissimo

tempo, e quindi non possono essere una fonte per la produzione a lungo termine

di anticorpi.

La tecnologia dell'anticorpo monoclonale comprende l'isolamento di questi

linfociti B, e la loro successiva fusione con cellule trasformate (cellule

mielomatose). Molte delle risultanti cellule ibride manterranno l'immortalità, oltre

a produrre grandi quantità dell'anticorpo monospecifico.

Principi alla base della produzione di Anticorpi

monoclonali

La tecnica degli ibridomi può servire quindi a mantenere una scorta continua di

anticorpo monospecifico puro, e l'obiettivo attuale consiste nel progettare e produrre

anticorpi monoclinali umani dotati tanto di specifiche proprietà immunoterapiche

quanto di bassa immunogenicità potenziale.

PREPARATI DI ANTICORPI POLICLONALI

I preparati di anticorpi policlonali sono stati usati per decine di anni per indurre

immunizzazione passiva contro malattie infettive e altri agenti dannosi, in

particolare tossine (es.antisiero equino contro l'infezione da Corynebacterium

diphteriae).

I preparati di anticorpi sono generalmente somministrati per iniezione

endovenosa. Mentre questo fornisce un'immediata protezione immunitaria,

l'effetto è transitorio, e di solito persiste per sole due o tre settimane (per

esempio finché gli anticorpi non sono escreti).

L'immunizzazione passiva può essere usata come profilassi (es.

somministrazione di anticorpi diretti contro tossine di serpenti a persone che

debbano viaggiare in luoghi dove tali serpenti si trovino comunemente) o come

terapia (es. somministrazione di anticorpi antiveleno immediatamente dopo il

morso di un serpente).

Preparazione di un antisiero

I preparati di anticorpi usati per indurre immunità passiva possono essere ottenuti

da fonti animali o umane. I preparati di origine animale sono in genere chiamati

"antisieri", mentre quelli di origine umana sono detti "immunoglobuline". In entrambi i

casi gli anticorpi predominanti sono le IgG. Gli antisieri sono generalmente prodotti

per mezzo dell'immunizzazione di animali sani con appropriati antigeni. Piccoli

campioni di sangue sono successivamente prelevati dall'animale e su questi si fa

un'analisi quantitativa della presenza degli anticorpi desiderati (enzyme-linked

immunosorbent assay - ELISA). Il sangue viene raccolto usando una tecnica

aseptica all'interno di contenitori sterili (in presenza di eparina o altro

anticoagulante).

La frazione anticorpale viene quindi purificata dal siero per mezzo di successive

precipitazioni (etanolo e ammonio solfato) o di cromatografia ad alta risoluzione.

Dopo questa purificazione si determina il titolo degli anticorpi, solitamente per

mezzo di saggi biologici o immunologici. Spesso si aggiungono stabilizzanti come

NaCl (0.9% w/v) o glicina (2- 3% w/v).

Preparati di anticorpi policlonali di origine umana o animale usati per indurre

immunità passiva contro specifici agenti biologici

Preparazione di un antisiero

Preparazione di un antisiero

Gli antisieri si sono dimostrati preziosi nel trattamento di molte patologie, ma

possono anche indurre particolari effetti indesiderati, tra cui è particolarmente

degna di nota la loro capacità di indurre reazioni di ipersensibilità, le quali

possono arrivare fino allo shock anafilattico con la morte del paziente.

I preparati di anticorpi policlonali in uso terapeutico possono essere

raggruppati secondo il loro target in:

• Anticorpi diretti contro specifici patogeni microbici o virali

• Anticorpi diretti contro tossine microbiche

• Anticorpi diretti contro il veleno di ragni e serpenti (antiveleno)

ANTICORPI MONOCLONALI

La tecnologia degli anticorpi monoclonali si è sviluppata negli anni '70, quando

Kohler e Milstein riuscirono a fondere cellule mielomatose immortali con

linfociti B produttrici di anticorpi. Una parte degli ibridi ottenuti risultava essere

stabile, con caratteristiche cancerose e capace di produrre anticorpi. Queste

cellule, dette ibridomi, rappresentavano dunque una inesauribile fonte di

anticorpi monospecifici (monoclonali).

Formazione e selezione delle cellule ibride

Il primo passo della produzione di una linea cellulare ibrida che produca un unico

anticorpo è l'inoculazione, nel topo o nel ratto, dell'antigene contro il quale si

desidera venga prodotto l'anticorpo. Dopo parecchie inoculazioni e in capo ad un

periodo di alcune settimane, si saggiano gli animali per stabilire se hanno o meno

sviluppato la risposta immunitaria. In caso affermativo essi vengono uccisi e se ne

asporta la milza (che ospita i linfociti, le cellule che producono gli anticorpi), la si

lava e trita, e si agita poi dolcemente per liberare le singole cellule, alcune delle

quali saranno cellule B produttrici di anticorpi.

Si mescola la sospensione di cellule spleniche con una sospensione di cellule di

cellule mielomatose geneticamente prive dell'enzima ipoxantina-guanina-

fosforibosil-transferasi (HGPRT -). La miscela delle sospensioni cellulari viene

mescolata con glicole polietilenico al 35% per alcuni minuti e successivamente

trasferita a un mezzo di coltura contenente ipoxantina, amminopterina e timidina

(mezzo HAT).

Formazione e selezione delle cellule ibride

Il trattamento con polietilenglicole facilita la fusione tra le cellule, ma anche così gli

eventi di fusione sono rari e casuali. Nella miscela esisteranno alla fine:

•cellule mielomatose

•cellule spleniche

•cellule di fusione mieloma-milza

•cellule di fusione mieloma-mieloma

•cellule di fusione milza-milza.

Il mezzo HAT, invece, permette la crescita delle sole cellule di fusione mieloma-milza,

perché nessun'altra è in grado di proliferarvi.

Le cellule spleniche e quelle di fusione milza-milza non sono in grado di crescere in

alcun mezzo.

Le cellule mielomatose e quelle di fusione mieloma-mieloma, del tipo HGPRT - non

sono in grado di utilizzare l'ipoxantina come precursore per la biosintesi delle purine

guanina e adenina, che sono, naturalmente, essenziali alla sintesi degli acidi nucleici.

Esse dispongono però di un percorso alternativo, naturale, per sintetizzare le purine,

che si serve dell'enzima diidrofolato-riduttasi. E' per questo che si comprende nel

mezzo l'amminopterina, che inibisce appunto l'attività della diidrofolato-riduttasi.

In definitiva le cellule HGPRT - mielomatose e di fusione mieloma-mieloma non sono

capaci di sintetizzare nel mezzo HAT le purine e, di conseguenza, periscono.

Quanto alle cellule di fusione milza-mieloma, esse sopravvivono nel mezzo HAT

perché le cellule di milza contribuiscono con l'HGPRT funzionale, che può utilizzare

l'ipoxantina esogena del mezzo anche quando la produzione di purine affidata alla

diidrofolato-riduttasi sia bloccata dall'amminopterina, e perché, inoltre, sono attive le

funzioni della divisione cellulare delle cellule mielomatose.

Si fornisce la timidina per superare il blocco della produzione di pirimidine causato

dall'inibizione della diidrofolato-riduttasi ad opera dell'amminopterina.

Da 10 a 14 giorni circa dopo il trattamento di fusione nel mezzo HAT saranno

sopravvissute solamente, crescendovi, le cellule di fusione milza-mieloma.

Tali cellule vengono allora distribuite nei pozzetti delle piastre da microdosaggio e fatte

crescere in mezzo di coltura completo senza HAT.

Formazione e selezione delle cellule ibride

Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi

Il compito successivo consiste nell'identificare le cellule ibride che producono

anticorpi contro l'antigene immunizzante. Uno dei procedimenti comuni di selezione

utilizza il mezzo di coltura, che contiene gli anticorpi secreti.

Lo si raccoglie dai pozzetti che contengono cellule in crescita e lo si aggiunge nel

pozzetto di un'altra piastra da microdosaggio preliminarmente rivestita con

l'antigene bersaglio.

Se il mezzo di coltura contiene un anticorpo (anticorpo primario) che riconosce un

epitopo dell'antigene vi si legherà, e i successivi lavaggi non lo allontaneranno. Ai

pozzetti della piastra si aggiunge un secondo anticorpo (anticorpo secondario)

specifico degli anticorpi murini (di topo): si legherà a qualsiasi anticorpo primario

fissato sull'antigene.

Prima di adoperarlo nell'immunodosaggio si coniuga il secondo anticorpo con un

enzima che trasforma un substrato incolore in un composto colorato. La presenza di

colorazione in uno dei pozzetti dimostrerà che il mezzo di coltura conteneva un

anticorpo specifico per l'antigene.

I pozzetti della piastra da microdosaggio originale il cui mezzo fornisce

all'immunodosaggio risposta positiva (colorazione) possono contenere una

miscela di cellule di fusione. Tali cellule perciò vengono diluite con mezzo di

coltura e inoculate in pozzetti vergini, onde impiantare linee cellulari da cellule

individuali (cloni).

Dopo avere coltivato i cloni se ne saggia il mezzo nuovamente per stabilire quali

linee cellulari (ibridomi) producano molecole di anticorpi monoclonali atte a

riconoscere l'antigene bersaglio.

Se si isola più di un ibridoma specifico si effettuano ulteriori saggi per stabilire se

i diversi cloni producano anticorpi contro il medesimo determinante antigenico.

Ciascun clone produttore di anticorpi monoclonali può essere mantenuto in

coltura più o meno indefinitamente, inoltre si possono congelare i campioni in

azoto liquido per potere disporre in seguito di una fonte di cellule.

Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi

Produzione di un anticorpo monoclonale (Mab)

La produzione degli anticorpi monoclonali può essere anche condotta mediante

iniezione degli ibridomi nella cavità peritoneale di ratti, che servono dunque da

camera di fermentazione vivente.

Crescendo, le cellule di ibridoma trapiantate producono anticorpi.

Molti dei primi preparati di anticorpi monoclonali venivano prodotti in questo

modo, tra questi OKT-3, il primo anticorpo monoclonale approvato per l'uso

terapeutico dalla Food and Drug Administration.

Questo metodo presenta però degli svantaggi quali l'alto costo e il fatto che il

prodotto sia contaminato da significativi livelli di varie proteine murine.

La rimozione delle cellule dal mezzo contenente gli anticorpi è portata a termine

mediante centrifugazione o filtrazione, e normalmente si fa anche una

ultrafiltrazione per concentrare il filtrato, che viene poi sottoposto a diverse

purificazioni di tipo cromatografico

A seconda dell'utilizzo previsto, l'anticorpo può poi essere coniugato a

specifiche molecole "segnale" (es. radionuclidi o tossine). Alla fine vengono

aggiunti al prodotto degli agenti stabilizzanti come tamponi, glicina o anche

albumina. Il prodotto viene poi liofilizzato e venduto confezionato in atmosfera di

gas inerte.

Identificazione di specifiche linee cellulari ibride produttrici di anticorpi

Produzione di anticorpi monoclonali mediante coltura di cellule animali

Applicazioni terapeutiche degli anticorpi monoclonali

L'incomparabile specificità degli anticorpi monoclonali, unita alla loro

relativamente facile produzione e alla possibilità di averne scorte pressoché

inesauribili, li rende interessanti strumenti in campo biochimico.

In campo terapeutico essi rappresentano di gran lunga la più grande categoria

di sostanze biofarmaceutiche attualmente in studio, e centinaia di queste

preparazioni si trovano correntemente sotto sperimentazione pre-clinica e

clinica.

Negli anni '80 si è focalizzata l'attenzione sul loro uso sia come agenti traccianti

(diagnostica per immagini) o come diretti agenti terapeutici.

I primi studi sono stati concentrati sul cancro, ma i preparati di anticorpi

monoclonali vengono oggi usati in una gran varietà di campi della medicina.

• Immunizzazione passiva

• Diagnostica per immagini (es. cancro, malattie infettive, patologie

cardiovascolari)

• Terapia del cancro e delle patologie cardiovascolari

• Prevenzione della reazione immunitaria di rigetto nei trapianti di organi

• Diagnosi di gravidanza e di malattie a trasmissione sessuale

• Purificazione di prodotti industriali

• Rilevazione di molecole in tracce nei prodotti alimentari, agricoli e

industriali

Applicazioni cliniche degli anticorpi monoclonali in commercio