Affari di Gola - ottobre 2010

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Supplemento al n. 36 de “La Rassegna” del 21 ottobre 2010 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 Pasti al bar, scopriamo chi li prepara GASTRONOMIE Donne chef, la difficile scalata alle “stelle” L’APPROFONDIMENTO RistoFante, qui il territorio è di casa IL LOCALE Bonalumi, i “distinti salumi” L’AZIENDA Barman, creativi per professione Servono passione e alta formazione, ma la figura continua ad avere numerosi sbocchi sul mercato. I consigli dei big ottobre 2010

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In rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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Pasti al bar,scopriamochi li prepara

GASTRONOMIE

Donne chef,la diffi cile scalata alle “stelle”

L’APPROFONDIMENTO

RistoFante, qui il territorio è di casa

IL LOCALE

Bonalumi, i “distintisalumi”

L’AZIENDA

Barman, creativi per professioneServono passione e alta formazione, ma la fi gura continua ad avere numerosi sbocchi sul mercato. I consigli dei big

ottobre 2010

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OTTOBRE 2010

S O M M A R I O5

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PENNA ALL’ARRABBIATAQuelle scelte di vita fondate su passione e sacrifi cio

L’APPROFONDIMENTOLocali stellati, il diffi cile cammino delle chef

TENDENZEBarman, creativo è meglio

L’AZIENDABonalumi, una famiglia “tagliata” per il salame

IL RISTORANTERistoFante, qui il territorio è di casa

NEWSWiMu, quando il vino si racconta

DIETRO LE QUINTE“I pasti al bar? Ve li prepariamo così”

IL PREZZO FISSODa Gianni, il sapore di una storia lunga quattro generazioni

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] - www.affaridigola.itDirettore responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: S.P.M. srl - viale Papa Giovanni XXIII, 120/12224121 Bergamo - tel. 035 358 888 fax 035 358 753Abbonamenti: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 185 del 20 Febbraio 1950Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergama-schi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara VavassoriImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

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Quelle scelte di vita fondate su passione e sacrifi cio

Saranno gli anni che passano via così veloci, ma, ultimamente, mi sorprendo a farci più attenzione del solito. Alle notizie di chi sceglie

di cambiare radicalmente il proprio stile di vita, fuggire via dalla pazza città e rifugiarsi in campa-gna mettendo a disposizione del prossimo la pro-pria ospitalità. Non c’è “Linea Verde” o “Costume & Società” che pos-sa ritenersi immune da una notizia del genere a settimane alterne: qualcuno, nel profondo, ci vede principalmente la furbizia di una coppia ancora giovane o di una famigliola che si sta formando e che, per questione di mero interesse, cambia indi-rizzo e si rifugia in cam-pagna per cercare di lu-crare di più.Non siamo d’accordo. Il primo approccio ad un’e-sperienza del genere è di qualche anno fa quando, con mio fi glio, decidemmo di spendere la nostra va-canza nella Maremma to-scana, vicino alle Terme di Saturnia: è da quelle parti, a Manciano, che conoscem-mo Milly e Roberto Mau-relli, una coppia che aveva deciso di lasciarsi alle spalle un’attività imprenditoriale e di ristrutturare un’antica e diroccata casa rurale, trasformandola in un agriturismo per pochi eletti.Milly e Roberto, per come li abbiamo conosciuti, non ci sono sembrati tipi da fare calcoli: pensate che a cena (allora, s’intende) tutti gli ospiti si ritro-vavano intorno allo stesso tavolo, alla stessa ora, con i padroni di casa seduti immancabilmente a capotavola ad alimentare la conversazione e a fa-vorire le reciproche conoscenze.Dopo la seconda sera, e al pensiero che si trattava di un’operazione partita da chissà dove e destinata a proseguire per chissà quanto, ci accorgemmo di nutrire per quella coppia un’ammirazione sconfi -nata. E anche un po’ di affetto. Ricambiato, perché un pomeriggio ci portarono a spasso nei boschi coi loro bellissimi cani, giusto per condividere il pae-saggio.

Mi tornano sempre in mente quando vedo intervi-ste ad altre coppie che hanno fatto la stessa scelta. Ma non mi fossilizzo sulle colline toscane, umbre o romagnole.Perché penso a quelle giovani coppie (le grandi famiglie, quelle unite, nascono sempre così, fateci caso) che hanno deciso di trasformare la cascina per farne nascere un agriturismo vero, e capita an-che nelle valli bergamasche. Così come c’è sempre un briciolo di incoscienza e una valanga di buona volontà per avviare, insieme, un’attività imprendi-toriale nel settore dell’ospitalità e della ristorazione.

Ma è un patrimonio che non deve essere dilapidato, specialmente in questi mo-menti di economia a tinte fosche, dove il coraggio di una famigliola che si met-te in gioco dev’essere inco-raggiato da chi può farlo e premiato poi da un desti-no favorevole.Una bella pagina del “Cor-riere della Sera” di mar-tedì l’altro sottolineava come, mentre in Francia gli chef pluridecorati sono

sempre quei tre (Ducasse, Bocuse e Robuchon, più che i moschettieri, ci ricordano Aldo, Giovanni e Giacomo) da noi si registrava una trionfale ascesa di giovani e giovanissimi cuochi con una carica positiva e innovativa da farci davvero ben sperare in un futuro sgombro da fasulle sudditanze.E tutto questo, credo, passa forzatamente attraver-so i sacrifi ci (perché quello dell’ospitalità e della ristorazione è un lavoro di privazioni, nessuno lo dimentichi, a cominciare dagli avventori) che coin-volgono sempre più l’ambiente di famiglia.Sembra paradossale eppure non lo è: c’è un sottile fi lo conduttore che unisce Milly e Roberto e il loro casale di charme alla giovane coppia che pagherà il mutuo della stalla ristrutturata, lo chef rampante e la moglie che lo aiuta tutte le domeniche a chi ha deciso di restare, in coppia, su in malga a fare il for-maggio. Secondo noi non è calcolo. È amore. Per l’al-tra metà e per un mestiere affascinante e diffi cile.

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Che sia l’apertura di un agriturismo (dopo una sterzata alla propria esistenza) o la scommessa nella ristorazione, quel che conta è l’amore verso le proprie sfide

Affari di Gola ottobre 2010

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Locali stellati, il difficile cammino delle chef

L’APPROFONDIMENTOdi Giordana Talamona

6 Affari di Gola ottobre 2010

A parte i grandi nomi - da Santini a Valazza e Feolde - il “gentil sesso” fatica ad affermarsi nell’alta cucina. Le cause sono diverse, ma per comprenderle meglio abbiamo voluto parlarne con due cuoche di livello e con la preside di una scuola alberghiera. Ecco cosa ci hanno raccontato

Per una donna fare la chef in un grande ristorante è una scelta di vita, su questo Loredana Vescovi non

ha alcun dubbio. Lei che con il marito Camillo Rota e Fernanda, la suocera, gestisce l’Antica Osteria dei Ca-melì ad Ambivene (1 stella Michelin), questa scelta l’ha fatta fino in fondo. “Il nostro ristorante è la nostra casa. Negli anni il locale è diventato quasi come un figlio, per noi che non ne abbiamo, a cui diamo tutto il nostro tempo e la nostra passione - afferma orgogliosa -. Ho iniziato a lavorare tra i fornelli nel 1986, quando mi sono sposata. Allora non sapevo niente di ricette e piatti, fa-cevo l’impiegata per uno studio com-mercialista e venivo da una famiglia in

cui aveva sempre cucinato solo mia madre. Così, tro-vandomi in cucina con mia suocera, ho dovuto impa-rare, poco per volta, tutto dall’inizio”. Nelle sue paro-le il senso di una vita spesa nella ristorazione che l’ha

portata, con passione e tenacia, ad a-vere più di un riconoscimento tra cui l’agognata stella Michelin, arrivata nel 2006, proprio nel 150° dell’apertura del locale di famiglia. La sua cucina, semplice e di qualità, cambia col suc-cedersi delle stagioni, con piatti clas-sici arricchiti da rivisitazioni sul tema come i “Foglioni di scamorza e zucchi-ne”, piatto che più di altri rappresenta il suo stile. “In cucina siamo tutte don-ne - racconta - così talvolta penso al sa-

Vescovi (Camelì): “Fare la cuoca è una scelta di vita su cui pesa la maternità”

LA RISTORATRICE

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Il “gentil sesso” fatica ad affermarsi ai fornelli d’al-ta cucina. Se è pur vero, infatti, che dei sei risto-ranti italiani che, nel 2010, si sono aggiudicati le

tre stelle Michelin, la metà vanta in cucina la creati-vità al femminile, è altrettanto vero che, se si guarda nel mare magnum dell’alta ristorazione d’autore, la presenza delle donne scende drasticamente. Nadia Santini “Dal pescatore” di Canneto sull’Oglio, Luisa Marelli Valazza “Al Sorriso” di Soriso e Annie Feolde dell’Enoteca “Pinchiorri” di Firenze sono le cuoche d’elezione che, secondo la nota guida rossa francese, hanno meritato il massimo riconoscimen-to possibile, ma rappresentano, purtroppo, ancora un’eccezione ad una regola che non si spiega facil-mente. Scendendo di stelle, infatti, le donne diventano per-centualmente uno sparuto gruppetto che lascia il po-sto ad una consolidata presenza maschile affermata, da anni, nella ristorazione che conta. Viene da chie-dersi come mai le donne, legate ai fornelli domestici da un passato culturale che sta cambiando, tardino a fare carriera nei grandi ristoranti blasonati italiani ed esteri. Dei 24 nuovi locali insigniti quest’anno dalla Miche-lin ritroviamo, per esempio, una sola donna, Cristina Bowerman di Glass Hostaria in Trastevere, una stella, altra eccezione alla regola. Allora cerchiamo di capirla assieme questa “regola” parlando con chi vive in prima persona tra i fornel-

li, come le stellate chef Luisa Marelli Valazza e Loredana Vescovi, e con chi, come Sil-vana Nespoli dirigente dell’I-stituto Alberghiero di San Pel-legrino, lavora accanto a dei giovani che, tra i fornelli, vorreb-bero fare carriera.

7Affari di Gola ottobre 2010

li, come le stellate chef Luisa Marelli Valazza e a Loredana Vescovi, e con chi, come Sil-vana Nespoli dirigente dell’I-istituto Alberghiero di San Pel-legrino, lavora accanto a deigiovani che, tra i fornelli, vorreb-bero fare carriera.

crificio che fanno molte di loro perdendo quotidiana-mente i pranzi e le cene coi figli. Per questo dico che fare la chef dev’essere una scelta di vita, perché certi momenti famigliari non possono inevitabilmente tor-nare più e credo che questo, per una donna, sia difficile da accettare.” Ecco una delle motivazioni, secondo lei, per cui le “signore dei fornelli” tardano ad affermarsi nell’alta cucina sfavorite anche da una legge sulla ma-ternità che, paradossalmente come capita in altri set-tori, si rivela un’arma a doppio taglio limitando le as-sunzioni e le carriere al femminile. “Purtroppo, è triste dirlo, ma per chi ha un’impresa è un problema serio sostituire una donna che va in maternità e la ristora-zione non fa eccezioni - spiega Loredana Vescovi -. Oc-correrebbe, forse, una maggiore flessibilità e coscien-za da entrambe le parti perché, in questo modo, molte donne pagano errori ed abusi commessi da altre. Nel mio caso ho avuto ragazze che, al contrario, si sono ri-velate molto responsabili che, finché hanno potuto, so-no rimaste al posto di lavoro e sono rientrate dalla ma-ternità in breve tempo”. Un problema annoso, questo,

nel quale datore di lavoro da una parte e neo-mamma dall’altra, si ritrovano a fare in conti con questioni con-tingenti acuite, talvolta, da mancanze strutturali, come la scarsità di asili nido che, se migliorate, potrebbero a-gevolare il celere ritorno della donna al posto di lavo-ro. Se come dice Loredana, infatti, “cucinare è amore e sentimento”, è auspicabile che un giorno la maternità diventi, in questa società che viaggia veloce, un valore aggiunto per la donna e non un peso alla sua realizza-zione, nell’alta ristorazione come altrove. Un consiglio, a chi voglia fare carriera e diventare una chef stellata, Loredana lo dà in ultima battuta: “La selezione delle ma-terie prime, rispettando la loro stagionalità, è di fonda-mentale importanza per fare grandi piatti. A quella oc-corre aggiungere la propria personalità ed un pizzico di fantasia che permetta creazioni interessanti e mai banali. Infine, grande costanza nel lavoro: mai scorag-giarsi se un nuovo piatto non riesce al primo tentati-vo, talvolta possono volerci lunghe giornate di prove e valutazione del gusto, prima di poterlo inserire nel menù.”

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8 Affari di Gola ottobre 2010

All’Alberghiero di San Pellegrino sono 945 gli alunni dalla prima alla quinta, di cui 451 ragazze (il 47,7%).L’indirizzo di specializzazione in “Tec-nico dei servizi di ristorazione” (dopo il triennio comune) viene scelto da 123 a-lunni di cui 36 ragazze. Ogni anno l’Istituto alberghiero diplo-ma circa 100 alunni che hanno scelto

la specializzazione in “Tecnico dei ser-vizi di ristorazione” di cui il 47% ragaz-ze. Questo significa che le ragazze, nono-stante all’inizio del quarto anno siano in minor numero, reg-gono meglio rispet-to ai compagni gli anni della specializ-zazione.

I l diploma dell’Istituto alberghiero di San Pellegrino è facilmen-te spendibile ed offre buone opportunità di inserimento nel

mondo del lavoro. A confermarcelo è la professoressa Silvana Ne-spoli, dirigente scolastico dell’Ipssar di San Pellegrino, Istituto professionale di Stato per i Servizi alberghieri e della Ristorazione. I dati sono piuttosto incoraggianti e confermano un trend che è sempre stato proprio degli Istituti professionali, con diplomi che consentono, in breve tempo, un collocamento nella ristorazione privata, nelle mense, nei comparti della grande distribuzione e nel settore dei catering. Da qui, è quasi d’obbligo, la domanda se le brave studentesse diplomate in “Tecnico dei servizi di ristora-zione” riescano o meno ad entrare nella ristorazione che conta: “L’impressione che ho è che la facilità di inserimento nel mondo

IL QUADRO DEGLI ISCRITTI

Chef stellata dell’alta ristorazio-ne italiana, Luisa Marelli Valaz-

za, è una di quelle donne che è sa-lita agli onori della critica aggiudi-candosi, per 13 anni consecutivi, le tre stelle Michelin, massimo ricono-scimento della nota guida francese, con una cucina semplice, ma di gu-sto, legata alla tradizione e al territo-rio. Lei che gestisce con il marito An-gelo Valazza, il locale “Al Sorriso” di Soriso (Novara), ha iniziato a lavora-re tra i fornelli quasi per caso, per u-no strano gioco del destino che l’ha obbligata a diventare chef dall’oggi al domani. Costretta a sostituire un cuoco che aveva lasciato il locale, Luisa Marelli Valazza, laureata in let-tere, senza aver mai frequentato cor-si o stage, ha fatto di necessità virtù e negli anni Ottanta ha cominciato a lavorare in cucina. Così da “chef per caso”, studiando ricette e libri, si

è trasformata negli anni in una del-le donne più stimate dell’alta risto-razione italiana, dimostrazione che quando ci sono talento e determina-zione il proprio lavoro può diventa-re come un abito sartoriale fatto su misura. Chiediamo a lei, che di espe-rienza ne ha da vendere, qualcosa di più sulle donne e l’alta cucina. Come mai ci sono poche donne nell’alta ristorazione? “Perché questo è un lavoro che ti assorbe completamente, dove con-ciliare lavoro e famiglia non è asso-lutamente facile. Il nostro ristorante ci occupa tutta la giornata e buona parte della notte, con un impegno costante che toglie tempo a tutto il resto, famiglia in testa”. È riuscita comunque a concilia-re lavoro e vita privata? “Ho dovuto farcela, ma è evidente che non sono potuta arrivare dap-

pertutto. Nel mio caso ho fatto una scelta, cioè quella di trascurare un po’ la famiglia. Credo, per esempio, di aver dedicato minor tempo a mia figlia rispetto a quello che ha fatto u-na qualsiasi altra donna che lavora”. La maternità sfavorisce le car-riere delle chef? “Molto probabilmente sì, soprattut-to in questa professione. Vede, quan-do sei uno chef, uomo o donna che sia, non sei facilmente sostituibile, tutt’altro. La tua impronta in cucina, soprattutto nell’alta ristorazione, è differente da quella di un altro ed è

LA RISTORATRICE 2 / LUISA MARELLI VALAZZA (AL SORRISO)

Nespoli: “Ragazze più restie ad a“Il percorso per poter diventare grandi chef è faticoso. E questo spiega perché la maggior parte delle diplomate preferiscano luoghi di lavoro come agriturismo, mense e bar, piuttosto che fare il grande salto nell’alta cucina”

PARLA LA DIRIGENTE DELL’ALBERGHIERO DI SAN P

L’APPROFONDIMENTO

“Difficile conciliare fornelli e famigliaIo ho dovuto pagare il mio prezzo”

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9Affari di Gola ottobre 2010

del lavoro, per maschi e femmine, sia la stessa, ma che le ragazze siano più restie ad allontanarsi da casa per fare carriera. La nostra zona infatti, a parte qualche eccezio-ne, è fatta di realtà diverse da quelle dell’alta ristorazio-ne. - ha spiegato il dirigente Silvana Nespoli -. Il percorso per poter diventare grandi chef è faticoso, fatto di una lunga gavetta in ristoranti italiani ed esteri che, inevita-bilmente, condiziona la vita futura di un giovane”. Da quì spiegato perché le ragazze diplomate sembrano preferi-re un più facile inserimento in luoghi di lavoro come a-griturismo, mense e bar, piuttosto che fare il grande salto nell’alta cucina. Al contrario i ragazzi sembrano buttarsi più a cuor leggero nella carriera, spendendosi nella ri-storazione d’élite molto richiesta sullo stivale come all’e-stero. “Credo che conti molto la motivazione che uno si dà al termine del percorso di studi e l’ambizione perso-nale. Da San Pellegrino, per esempio, sono usciti grandi chef - ha proseguito -. Uno dei nostri ex studenti lavora, oggi, a Dubai nel noto Hotel sette stelle “La vela” ed un altro presso il “Gualtiero Marchesi” di Erbusco, in Fran-

ciacorta. Non ultimo anche Fa-brizio Ferrari, chef dello stel-lato Ristorante Roof Garden che si trova all’ottavo piano dell’Hotel San Marco di Ber-gamo, è stato un nostro stu-dente.” Se poi esista una cer-ta resistenza, da parte degli chef accreditati, a favorire le carriere delle nuove leve, donne in testa, il dirigente scolastico rimane sul vago. “Dipende dallo chef, Fabrizio Ferrari, per esempio, è disponibile con i giovani e dedica loro molto tempo durante gli stage, altri cuochi meno. La mancanza di protocolli di riferimento per gli stage è, in-fatti, un problema, in parte ancora irrisolto della scuola italiana, che non paga solo il settore alberghiero”. All’e-stero, al contrario, esistono dei protocolli condivisi con le Istituzioni che definiscono i percorsi formativi che gli studenti devono raggiungere durante il loro apprendi-stato e che si integrano con le ore formative scolastiche.

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riconoscibile”. Anche se la preparazione è la stessa? “Certamente, anche se ci sono dei validi aiutanti in cucina, è tua la firma di un piatto, i clienti vengono al tuo ristorante perché sanno che in cuci-na ci sei tu, con quel tocco particola-re che ti distingue dagli altri. Quando arrivi a certi livelli, come nel nostro caso con le tre stelle Michelin, man-tenere uno standard regolare è an-cor più importante e significa esse-re sempre presente. Ecco che quindi devi fare una scelta, come donna, co-me madre, e capire cosa vuoi davve-ro dalla vita”. Crede che i critici abbiano un pregiudizio culturale nei con-fronti della cucina delle donne? “Forse in parte sì, ma in passato. Par-tiamo dal presupposto che tutti i giornalisti hanno pregiudizi quando provano un piatto. È evidente, infat-ti, che la critica venga filtrata dal gu-sto personale e da valutazioni sog-gettive. Detto questo, credo che in

passato una parte della critica abbia privilegiato gli uomini. Oggi le cose stanno cambiando, abbiamo molte più donne enogastronome che stan-no facendo riscoprire, in cucina, l’im-pronta al femminile”. Esiste quindi una sensibilità fem-minile ai fornelli che è diversa da quella degli uomini? “Oh, certamente e mi auguro che questa sensibilità sia stata capita ed apprezzata negli anni. Vede, la donna ha una cucina di cuore, l’uomo di te-sta. Mi spiego meglio: nel suo Dna la donna ha l’istinto di accudire la pro-pria famiglia, di prendersi cura degli altri e tutto questo si esprime mas-simamente nei suoi piatti. L’uomo essendo più razionale, studia, pensa al piatto e, direi, ci lavora troppo su; la donna al contrario usa l’istinto, il sentimento, cerca di esaltare il gu-sto mettendoci un trasporto che è di panca più che di testa”. Quale piatto rappresenta meglio la sua cucina? “Sicuramente i “Ravioloni verdi della

tradizione con formaggio Bettelmatt al burro d’alpe aromatizzato alle er-be di montagna”, quello è un piatto che teniamo tutto l’anno. La mia è u-na cucina semplice ma di gusto, nel-la quale utilizzo tre o quattro ingre-dienti per piatto, senza troppi arzigo-goli, cercando di far sentire il sapore delle materie prime”.Rispetto all’estero come si difen-dono le donne chef in Italia? “Direi bene, in Italia siamo in tre ad avere avuto, quest’anno, il massimo riconoscimento Michelin, mentre in Spagna due e in Francia c’è una sola donna. Ma anche scendendo di stelle, in Italia, ci sono molte signore al comando di cucine illustri. Dicia-mo che c’è ancora molto da fare, ma qualcosa sta fortunatamente cam-biando”.Un esempio emblematico di quanto le donne debbano anco-ra imporsi all’estero? “Viene proprio dai francesi che so-lo tre anni fa hanno assegnato le tre stelle ad Anne Sophie Pic, cosa che non accadeva dagli anni Sessanta. Come vede il nostro Paese non è co-sì indietro come si pensa”.

“La sensibilità femminile in cucina è diversa da quella degli uomini. Mi auguro che sia stata capita ed apprezzata negli anni”

d allontanarsi da casa per la carriera”

N PELLEGRINO

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10 Affari di Gola ottobre 2010

Vi eravate appuntati un locale da visitare ma poi la rivista è fi nita chissà dove? Volete segnalare

un approfondimento o una notizia a qualcuno che ama come voi la buona tavola? O state cercando on line qualche appuntamento goloso? Quando si par-la di cibi, vini, ristorazione e territorio il piacere di assaporare con calma testi e immagini resta proba-

bilmente unico. Affari di Gola non poteva però ri-nunciare alle ulteriori op-portunità offerte dalla re-te ed ha voluto affi anca-re all’edizione cartacea - dal dicembre 2001 pre-sente nelle edicole della Bergamasca e in abbona-mento - il proprio sito rinno-vato ed un gruppo sul social net-work Fecebook. All’indirizzo www.affaridigola.it è possibile sfo-gliare ogni mese il nuovo numero della rivista e so-prattutto accedere all’archivio delle edizioni prece-denti, dove poter comodamente rintracciare, con-servare o spedire le pagine in formato pdf. Se poi c’è qualche argomento particolarmente stuzzicante sul quale si vuole dare la propria opinione o si vuole en-trare in contatto con una community di golosi ci si può iscrivere al gruppo “Affari di Gola” su Facebo-ok, cliccando sull’icona dal sito stesso. Aspettiamo amici con cui condividere la passione per le cose buone e un po’ di sana critica su quello che non va nel mondo dell’enogastronomia.

L’anima virtuale di Affari di Gola

Dopo il sito, la nostra rivista sbarca su Facebook con un gruppo dedicato agli appassionati

della buona tavola e al dibattito sui temi dell’enogastronomia

In occasione della prima Giorna-ta dell’Ascom, galà del commer-

cio svoltosi domenica 10 ottobre al-lo Studio Zeta di Caravaggio, i risto-ranti della Bassa hanno promosso la loro cucina a prezzi scontati e le ec-cellenze del territorio. Al Ristorante La Lepre di Treviglio immancabili il salame nostrano e i casoncelli al-la bergamasca per il menù di terra, mentre carpaccio di spada alle er-be, tagliolini con cappesante e pe-peroni e zuppetta di vongole e coz-ze erano alcuni dei piatti del menù di mare. La Trattoria dei Possen-ti di Casirate d’Adda ha proposto la sera un menù della tradizione, con

degustazione di salumi tipici berga-maschi, risotto al radicchio e formai de mut, seguito da arrosto di vitello alle erbe con polenta e per chiude-re in bellezza la tipica turta de Treì con crema allo zabaione mentre per una cena più veloce si poteva scegliere il piatto unico: stracotto di guanciale di manzo al Valcalepio e funghi accompagnato da polenta, con a seguire l’irrinunciabile des-sert della casa. La Terrazza Man-zotti di Canonica d’Adda ha propo-sto un menù della tradizione, con affettato nostrano, casoncelli e stra-cotto con polenta, ed uno di mare, con carpaccio di piovra, crespella

ai gamberi e porcini e bauletto di pesce spada. The Shilling Bar & Restaurant di Romano di Lombar-dia ha ideato due menù particolari: tagliere di salumi con carpaccio di verdure croccanti, cotechino no-strano e arista alla toscana con len-ticchie di Colfi orito e polenta, ta-gliatelle della casa al tartufo, brasa-to al rosso di Calepino con polenta e carotine e dessert della casa. La Trattoria Teresina di Fornovo San Giovanni ha proposto un antipasto di salumi con verdure, ravioli di car-ne o di magro, spinacino ripieno o a scelta arrosto di vitello e crostata della casa.

Ecco i ristoranti della Bassache hanno “insaporito” la Giornata dell’Ascom

di ri-p-e-a-a e-ana-rinno-social net-

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La formula di pubblico esercizio più pre-sente in Italia è il classico bar-caffetteria. Si calcola che ce n’è uno ogni 400 abitan-ti. In questo settore le nuove tendenze a Milano sono quelle dei “coffee-shop”, bar più specializzati che all’espresso abbina-no ad esempio la vendita di miscele di caffè speciali e selezioni pregiate di tè in foglie da tutto il mondo oppure i “pan-caf-fetterie”, formule comparse negli ultimi tempi anche a Bergamo e Brescia che u-niscono al panifi cio un angolo caffetteria. Nel locale serale la varietà è infi nita. La tendenza è verso la specializzazione. Sull’onda della passione per vini & c., continuano ad avere successo wine bar e barman sommelier così come riscuotono conferme i locali che abbinano alla pro-posta di cocktail musica dal vivo. La ten-denza diffusa tra i locali serali è di stare a-perti tutto il giorno per catturare l’intera clientela. La moda dell’happy hour è in calo (a Mila-no, città che anticipa le mode per il nord Italia, sembra aver raggiunto il suo perio-do di maturità) mentre cresce la tendenza salutistica. Per ora si tratta ancora di una proposta di nicchia ma in futuro è desti-nata a diffondersi complice anche il nuo-vo e rigido codice stradale con le sue li-mitazioni all’alcol. In quanto ai prezzi, per un buon cocktail si spendono in media dai 6 agli 8 euro.

IL SETTORE E I NUOVI TREND

TENDENZEdi Roberta Martinelli

Barman, creativo è meglio

Il mondo della notte da sempre esercita grande fascino. Bar e locali serali sono tra i luoghi d’incontro preferiti e teatro di mode e tendenze che segnano i tempi e cambiano le abitudini

alimentari di tutti noi. In questo periodo non facile sono anche il comparto che offre maggiori opportunità occupazionali. Il barman è un professionista molto richiesto da bar, hotel, pub, di-scoteche, navi da crociera e villaggi vacanze. Ai tradizionali baristi e barman da qualche tempo si è aggiunta una nuova fi gura, sem-pre più ricercata, soprattutto nei locali “in”: il bartender, una sorta di barman acrobatico che oltre a preparare ottimi cocktail allieta e diverte le serate dei clienti con un tocco di spettacolo.Sia che si voglia diventare semplici baristi o specializzarsi come bartender, occorre una buona preparazione. Non si tratta solo di saper fare un buon caffè o di conoscere perfettamente i cocktail classici. Bisogna anche essere creativi, conoscere i drink del mo-mento; occorrono simpatia e carisma perché il compito di un bar-man oggi non è solo quello di preparare bevande e servirle, ma anche quello di intrattenere le persone che frequentano il banco-ne. La voglia di divertirsi e di divertire è insomma fondamentale. Ed è fondamentale anche essere disposti a sacrifi care la propria vita privata perché il lavoro è impegnativo: “si lavora quando gli altri si divertono”.In cambio la professione è creativa, piacevole, stimolante, dinami-ca, permette di stare a contatto con la gente, di conoscere persone e luoghi nuovi, di viaggiare e di migliorare la propria comunica-zione. Senza contare che si acquisisce un’aura di gran-de fascino e che le remunerazioni sono buone: «Le fi gure più qualifi cate possono prendere an-che 2.500-3.000 euro al mese - afferma Pierluigi Cucchi, consigliere nazionale Fipe, la Federazione dei pubblici esercizi -. Per chi diventa imprendito-re vale un discorso diverso, il guadagno dipende molto dal locale, dall’affl uenza, dalla location, dal target di clientela e da quanto si è conosciuti». «Oggi viene richiesta una formazione di alto livel-lo, più ampia che in passato - spiega Cucchi -. Ol-tre a una buona tecnica di esecuzione, è richiesta

È una fi gura sempre richiesta, ma oggi più di ieri servono passione e una formazione di alto livello. Cucchi: “I clienti sono più esigenti e sanno chiedere anche cocktail specifi ci”

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la conoscenza dei prodotti e la corretta manipolazione dell’alcol in modo da dare emozioni senza far uscire dai limiti». «Si-curamente il settore offre più opportuni-tà di molti altri - conferma Luca Ramoni, presidente dell’Aicaf (Accademia italiana maestri del caffè), barman affermato e consulente-formatore in tutta Italia per la società Cefus -. In questo momento si fa fatica a trovare barman esperti, capaci. Per chi ha voglia di fare e possiede le compe-tenze ci sono ottime opportunità».Nel nostro Paese c’è un bar ogni 400 abi-

tanti, un numero ele-vato fatto però anche di molti esercizi im-provvisati, tanto che ogni tre-quattro anni in media un locale cambia gestione.«Chi fa bene i cocktail e sa stare tra la gente - afferma Luca Ramo-ni - sa fare meglio di molti altri. Per avere successo serve la ca-pacità di proporsi con un’offerta dinamica

che sappia diversifi carsi dal resto dei loca-li. Si possono fare anche cocktail classici, l’importante è farli al meglio»..Rispetto al passato i clienti sono diventati più esigenti, hanno gusti nuovi e richieste sempre diverse anche perché il mercato stimola continuamente nuove modalità di consumo. I classici - Cocktail Martini, Gin Tonic e Bellini in prima linea - rimangono i più gettonati ma al posto dei Negroni e Alexander di un tempo, ora vanno i carai-bici Mojito, Cuba Libre, Caipiroska, i pe-stati di frutta fresca abbinati ai distillati e alcune proposte di tendenza come i drink etnici a base di spezie, ma anche polvere d’oro e distillati pregiati o gli smartdrink, cocktail energetici di grande successo ne-gli Stati Uniti. «C’è una maggior sensibilità all’aspetto salutistico - evidenzia Cucchi - i clienti chiedono cose più specifi che e desidera-no qualcosa in più di un buon cocktail. In generale, si rivolgono ai bar che mostrano di dare risposta a ciò che desiderano». Per fare un ritratto in presa diretta di que-sto appassionante mondo abbiamo chie-sto la testimonianza di tre professionisti affermati che rivelano segreti e attrattive del mestiere e danno alcuni consigli ai barman del futuro.

Talent scout del settore, Gianluca Orsi è una sorta di agenzia interinale per i gestori di Cagliari e dintorni. Titolare di uno staff di cinquanta barman dal nome “Mix&Shake”, ha collabo-rato con alcune tra i più noti locali della Sardegna. Perché ha scelto questa professione?«È un mestiere che si può fare solo per passione e che dà gran-di soddisfazioni. L’aspetto più bello è il rapporto che si crea con il pubblico. Quando prepariamo un cocktail e lo servia-mo al bancone abbiamo un riscontro immediato da parte del cliente. Dalla sua espressione capiamo subito se gli piace o no».Come sceglie i suoi collaboratori?«Verifico la loro preparazione, le loro capacità tecniche, ovvio. Non solo l’istruzione e la formazione ma anche le loro espe-rienze sul campo. E poi gli aspetti caratteriali. Che siano umili, elastici, che sappiano ascoltare e accettare i consigli di chi ha più esperienza e che riescano a simpatizzare con i clienti. La simpatia è fondamentale. Ai ragazzi che lavorano con me dico sempre che sorridere è gratis. Chi esce lo fa per rilassarsi e di-vertirsi e si aspetta di trovare un barman allegro. Se i cocktail sono buoni ma l’atmosfera non è piacevole, da bar dell’angolo, uno cambia locale».Come deve essere un ottimo cocktail?«È importante che venga preparato in modo corretto e servito bene, con decorazioni accurate e belle da vedere. In generale, il drink può anche non essere il migliore in assoluto ma deve a-vere un buon rapporto qualità-prezzo. I clienti sono intelligen-tissimi nello spendere il loro denaro. E poi vale il loro giudizio. Se non piace significa che non è un buon cocktail».La ricetta per un locale di successo?«Avere uno staff forte ed equilibrato, compo-sto da persone diverse tra loro. La qualità del personale unita alla bontà dei coc-ktail fanno da cassa di risonanza».Un consiglio ai futuri barman?«Di non montarsi la testa. Si è al centro dell’attenzione e si viene subito messi sul piedistallo. Invece bisogna essere u-mili e lavorare con professionalità. Chi vuole fare questo mestiere deve studiare molto, fare più espe-rienze possibili. È molto u-tile cominciare nel settore alberghiero, dove si impara bene la gerarchia, e cono-scere almeno una lingua straniera».

GIANLUCA ORSI, TITOLARE DEL “MIX&SHAKE”

“Attenzione a non montarsi la testa. Bisogna sempre lavorare con umiltà”

ilibrato, compo-ro. La qualitàtà dei coc-nza».man?

al centrobito messi na essere u-nalità. Chi eve

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Momo Harzallah è un barman rimi-nese, di origini tunisine. È Food and beverage manager di prestigiosi ho-tel, da qualche anno di stanza a Vil-lasimiusQuali soddisfazioni ci sono per un barman?«L’aggregazione e la convivialità. È un lavoro che permette di conoscere gente, di divertirsi e di arricchirsi la-vorando. Certo deve piacere perché è un mestiere impegnativo, si lavora quando tutti si divertono. E poi biso-gna avere talento».Che tipo di talento?«La capacità di stare insieme con le persone. È inutile avere un barman che sa fare cento cocktail ma non sa stare in mezzo alla gente. È un me-stiere complesso, oggi il barman è un artista sul palcoscenico che deve an-

che intrattenere. Bisogna avere il sor-riso sulle labbra, essere un animatore non un portapiatto». Cosa fa di un bravo barman un ottimo barman?«La capacità di capire le esigenze del-la clientela. Di intuire chi vuole stare in pace a godersi il suo cocktail e chi invece ha voglia di scambiare due chiacchiere. È un’arma importante del nostro servizio». Come si fa a creare un locale di successo?«Innanzitutto bisogna scegliere un personale che sappia stare in mezzo alla gente e abbia una preparazione corretta. In più ci vogliono una loca-tion giusta, una illuminazione e un gioco di luci studiato. Fondamentale è anche avere un arredamento ade-guato ai nostri tempi: oggi quasi tutti

i locali sono etnici o minimali, ma bi-sogna dare un tocco personale. Infi-ne serve un equipe di pr che lavora, posto che il primo pr di un locale è il barman stesso».Cosa chiede oggi il cliente?«Vanno molto le serate a tema, in partnership con altre aziende, con invitati famosi del settore, ad esem-pio, il maestro dello champagne o dei cocktail, oppure con degustazio-ni o abbinate a eventi musicali o ar-tistici. Il connubio tra food, beverage e arte è vincente, un’ottima arma per catturare clienti. Chi entra in un loca-le vuole aggregazione e convivialità. Il bar deve essere un momento di so-cializzazione».

Cosa le piace di più dell’essere barman?«Il contatto con le persone, la possibilità di far assaggiare le proprie creazioni, di stupire il cliente e di farsi cono-scere mettendo il proprio estro e la propria creatività nel preparare il drink o anche nel presentarlo in un bicchie-re diverso - risponde Ursula Chioma, barlady del “Cristal-lo Palace” di Cortina, premiata con diversi riconoscimen-ti tra cui il premio nazionale Aibes come miglior barman 2008 -. Il bello del mestiere è la possibilità di esprimere cose diverse, di lavorare molto sull’esposizione e la ven-dita. Nel mondo alberghiero poi si ha la possibilità di co-noscere persone sempre diverse, di tutto il mondo».Cosa rende un cocktail un ottimo cocktail?«La semplicità, il seguire le regole di costruzione del drink. Il cocktail deve essere ben bilanciato, equilibrato. Si devono riuscire a percepire in successione tutti gli a-romi». E un ottimo barman?«Il carisma, la professionalità, la conoscenza merceologi-ca. Il modo di porsi. Dobbiamo essere un punto di riferi-mento per il cliente nel momento in cui entra nel bar. Un bravo barman deve essere totalmente riconoscibile. E la

riconoscibilità la danno la perso-nalità, il carisma».Quali sono invece i segreti per creare un locale di successo?«È una domanda complessa. Potrei parlare anche per un’ora e mez-za. Più di tutto dietro a un locale di successo c’è l’atmosfera; la capacità di coinvolgere il cliente, di farlo sentire a proprio agio. Inoltre è importan-te il rapporto tra il personale. Ogni giorno nascono locali nuovi. Io li chiamo funghi. Durano sei mesi, un anno poi chiudono. Cercano di fare cose innovative, di stupire, poi tornano alla normalità».Quali consigli dà a un ragazzo che vuole fare que-sta professione?«Essere molto flessibili, studiare tantissimo e aggiornar-si. Informarsi è il punto di partenza. Poi occorre avere voglia di essere a contatto con le persone e sacrificarsi a livello personale. È un lavoro impegnativo, va messo in conto che si devono fare delle rinunce. Quando gli altri sono in vacanza noi lavoriamo e questo influisce tantissi-mo sulla nostra vita privata».

MOMO HARZALLAH, BARMAN A VILLASIMIUS

LA BARLADY DEL “CRISTALLO PALACE” DI CORTINA

“Siamo artisti su un palcoscenico, per questo bisogna aver talento”

Ursula Chioma: “Carisma e riconoscibilità i segreti di un buon professionista”

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Il Moscato di Scanzo “progetta” il futuro

Il prossimo 10 novembre, Palazzo Maestri, a Cenate Sopra, ospiterà una giornata interamente dedicata

al Moscato di Scanzo, un prodotto di nicchia che trova la sua collocazione nella ristorazione stellata e nelle enoteche di alto profi lo. La giornata sarà l’occasione per raccontare la storia di uno dei vini più antichi d’I-talia e sottolineare l’importanza della Denominazione di Origine Controllata e Garantita, ottenuta nel 2009. Grazie a questa etichetta, il Moscato di Scanzo ha il primato della Docg più piccola in Italia e la sola nella sua provincia. Il territorio e la produzione del Mosca-to hanno sviluppato un legame sempre più stretto ed è volontà del nuovo presidente del Consorzio di Tute-la, Giacomo De Toma, valorizzare anche le potenzialità turistiche della zona.“Il Consorzio - precisa De Toma - ha voluto organiz-zare questo convegno per presentarsi al territorio dopo l’ottenimento della denominazione di origine controllata e garantita e ha deciso di farlo con il sup-porto delle maggiori istituzioni territoriali, a sotto-lineare l’importanza di partnership per lo sviluppo del me-desimo. Il vaore di questo convegno sta nel messaggio che il Consorzio vuole dare, cioè la volontà da parte di tutti i produttori di perseguire un per-corso rivolto all’ec-cellenza del nostro prodotto e alla tute-la del marchio come massima espressio-

ne di qualità e garanzia nel panorama dei più presti-giosi vini italiani”. “Il Consorzio - aggiunge il presi-dente - guarda verso un futuro fatto di promozione, forte della coesione da parte di tutti i produttori nel cercare nuove aree di mercato, senza tralasciare gli aspetti tecnici agronomici dove numerose aree di ricerca sono già state avvicinate. Seguiranno quindi per il futuro altre occasioni/eventi dove si parlerà del nostro Moscato di Scanzo e dove la gente potrà apprezzare sempre di più questo vino passito rosso prodotto da quelle vigne che per esposizione e mor-fologia defi nirei eroiche”.Tornando al convegno, i lavori avranno inizio alle 15,30. All’evento, aperto al pubblico, interverranno esperti e personaggi politici che introdurranno nel mondo eno-logico presentando il Moscato di Scanzo. Si parlerà della storia, di come sono stati selezionati i vitigni, della ricer-ca genetica che l’Università di Milano e la Provincia di Bergamo stanno sviluppando sulla mappatura del Dna di questo vino, della conformazione del territorio e del-

la volontà da parte del-le autorità di sostenere la produzione e l’in-cremento del Moscato di Scanzo sul mercato italiano ed estero. L’e-vento è organizzato dal Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo e promosso dalla Regio-ne Lombardia, dall’as-sessorato provinciale al Turismo, dalla Banca Popolare di Bergamo e dal Comune di Scanzo-rosciate.

Il 10 novembre, a Cenate Sopra, giornata di studio sulla Docg bergamasca. De Toma: “Un evento per confermarela volontà dei produttori di perseguire un percorso verso l’eccellenza e la tutela del marchio”

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Giacomo De Toma

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Garda Classico, Bonomo confermato presidente del Consorzio Tutela

Sante Bonomo (nella foto) è sta-to riconfermato presidente del

Consorzio Tutela Vini Garda Classico e, ad affiancarlo nel ruolo di vicepre-sidenti, sono stati eletti due perso-naggi estremamente rappresentativi come Mattia Vezzola, fra gli uomini simbolo del vino italiano grazie al suo lavoro in Franciacorta da Bel-lavista (e che non aveva ricoperto prima d’ora incarichi di rappresen-tanza nel Garda Classico dove pure è produttore storico con l’azienda Costaripa), e Fabio Contato, che rico-pre contemporaneamente la carica di vicepresidente del Consorzio del Lugana. L’intera squadra consortile esce rinnovata e rafforzata da questa tornata di rinnovo delle cariche, che vede rientrare in consiglio produt-

tori storici del territorio come Ales-sandro Redaelli De Zinis e Alberto Pancera coinvolgendo al tempo stes-so volti nuovi per il Consorzio come Antonio Lorenzi e Giovanna Prandi-ni. “Il Garda Classico si rafforza nel segno della continuità ed il nuovo Cda è sicuramente destinato a dare impulso alla strategia consortile – è stato il commento del presidente Bo-nomo -. L’impegno in prima persona di uomini conosciuti e di grande prestigio come Vezzola e Contato di-mostra quanto sia ormai consolidata la consapevolezza della grande chan-ce che il nostro territorio si sta gio-cando con il varo della nuova Doc Valtènesi, previsto per la vendemmia del 2011”.La nuova compagine del Garda Classico si è compattata su un

programma che punta a portare a compimento il progetto di riposizio-namento strategico dei vini del Gar-da intrapreso con Bonomo all’ini-zio del suo precedente mandato. “Il programma per il prossimo triennio punta a confermare e rafforzare l’at-tività di ricerca e sperimentazione sul vitigno autoctono Groppello per meglio precisare e definire il futuro del Valtènesi – conclude Bonomo -. Continueranno naturalmente anche le attività sul Chiaretto, verranno im-plementate le azioni di comunicazio-ne rivolte ai soci e le iniziative pro-mozionali sia all’estero che a livello nazionale. E fra i progetti anche quel-lo di varare in via definitiva la sede autonoma del Consorzio sul territo-rio, già disponibile a Padenghe”. p.s.

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Gentile direttore, le propongo alcune riflessioni scaturite dalla re-

cente lettura di un articolo comparso sulla stampa na-zionale che rassicurava il consumatore sulla bontà del-le insalate in busta, peraltro basato su studi su prodotti americani e non italiani, insistendo in particolare sul contenuto di antiossidanti. Anch’io sono una consuma-trice più che occasionale di questi prodotti, indubbia-mente molto comodi. Quindi questo articolo mi ha da un lato rassicurato, ma dall’altro fatto riflettere un po’ sullo “strapotere” delle insalate in busta rispetto alle in-salate tradizionali. Nei supermercati quello che prima era considerato un prodotto un po’ di ripiego ha via via mangiato spazio all’altro, tanto che oggi c’è molta più varietà di verdure in busta che tradizionali. Ormai c’è da essere fortunati quando sui banconi si trovano più di due varietà di insalate fresche. Per contro compaiono almeno una ventina di insalate già pronte, nei più va-ri mix. Tutto questo mi sembra un po’ discutibile. Giusto offrire più scelte al consumatore, tenendo conto di esi-genze che possono essere molto diverse, ma addirittura

andare a comprimere pesante-mente il consumo più classi-co mi sembra una forzatura. Non va dimenticato che se u-na busta o due non incidono più di tanto sul bilancio fami-

liare, l’acquisto massiccio di questi prodotti non è pro-prio indolore, visto che mentre una lattuga fresca può costare 0,90 al chilo le insalate già pronte non vanno sotto gli 8 euro al chilo, con punte molto superiori. Nes-suno mette in discussione questi prezzi, che saranno to-talmente giustificati, ma sarei contenta se venisse man-tenuta una bella varietà anche fresca in modo da non costringere il consumatore a scelte forzate in altre dire-zioni. Qualche dubbio, per la verità, me lo suscita anche la presentazione dello studio, perché mettere in eviden-za solo un aspetto, quello degli antiossidanti, mi sembra per lo meno riduttivo. Quando alla freschezza, se è vero che le buste chiuse si conservano meglio, è anche vero che una volta aperte il deperimento è maggiore, come sperimenta chiunque ne faccia uso. La data di scaden-za, ovviamente, vale solo per il prodotto integro. Oltre-tutto le buste che acquisto di solito sono “vecchie” di un paio di giorni rispetto alla data di confezionamento. In-fine una notazione. Nell’articolo si conferma che non è necessario lavare le verdure in busta e in effetti questa operazione sembrerebbe un po’ una contraddizione. Ma allora perché in molte confezioni si “consiglia” comun-que questo procedimento? In definitiva, se continuerà lo “strapotere” delle buste al supermercato forse bisognerà mettere in conto qualche puntata in più al fruttivendolo sotto casa, per chi ha la fortuna di averlo.

Lettera firmata, Grassobbio

LA LETTERA

Lo strapotere delle insalate in busta

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L’AZIENDA

«Non ci sono raccomandazioni salutistiche né nuove tendenze della tavola che ten-gano: il salame è un prodotto che piace

sempre». Notazione effi cace quella di Livio Bonalumi, alla guida con il fratello Giuseppe dell’omonimo sa-lumifi cio di Mozzo, ed esemplifi cativa della fi losofi a dell’azienda, che parte da una consolidata esperienza nella norcineria bergamasca e punta a valorizzare at-traverso materie prime di qualità e processi produttivi al passo con i tempi preparazioni che la tradizione ha già consacrato. Sono poche, quindi, le concessioni alle innovazioni del gusto («abbiamo lavorato anche su pro-poste di nicchia»), ma si fa spazio a tutto quanto può fare più buoni i classici salumi. È così che nasce l’ultima creazione di casa Bonalumi, il salame “Extra Bon”, dove l’abbreviazione del cognome è anche promessa di piacere. «La particolarità – spie-ga Livio Bonalumi – è data dall’aggiunta all’impasto di una percentuale di carne bovina scelta, che non è al-tro che il recupero di un’usanza bergamasca un po’ di-menticata. Sta ottenendo continui apprezzamenti dalla clientela e questo ci dice che la strada è quella giusta».

“Extra Bon” si aggiunge al salame puro suino e a quello prodotto secondo il disciplinare della Camera di Com-mercio “Bergamo Città dei Mille… sapori”, tutti realiz-zati con carni nazionali selezionate e fi ore all’occhiello dell’azienda. Il resto della produzione si suddivide, in parti più o meno equivalenti, nei cosiddetti “freschi”, la cui richiesta è in costante crescita (salsicce, salamelle, in stagione musetti e zamponi, o meglio ZamBon), e in coppe e pancette, queste ultime salate ancora a secco, massaggiate a mano e lasciate a riposo due settimane per consentire al sale e agli aromi di penetrare lenta-mente e in modo ottimale. La mano e la sensibilità nel trattamento dei prodotti dei fratelli Bonalumi vengono dalla piccola macelleria di papà Aristide, oggi 92 anni, aperta in quel di Valbrembo nel 1948. La svolta avviene invece nel ’90 con lo stabi-limento di Mozzo, 2.000 metri quadrati e una capacità produttiva di circa 300 quintali a settimana oggi quasi completamente raggiunta, per un fatturato attorno ai 5 milioni. Un complesso moderno ed effi ciente, che dà lavoro a 14 dipendenti e che dall’inizio di quest’anno può contare anche su una fonte di energia pulita grazie

Bonalumi, una famiglia “tagliata”

per il salame

Dalla macelleria di papà Aristide al moderno impianto di Mozzo l’obiettivo non è cambiato: valorizzare

i buoni prodotti che la tradizione ha già consacrato. L’ultima creazione è il salame Extra Bon

che ha nell’impasto una percentuale di carne bovina

L’AZIENDA

Da

c

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all’investimento nell’impianto fotovoltaico con poten-za nominale complessiva di 70Kw. Il salumifi cio è dunque una realtà che guarda con at-tenzione alle sfi de del futuro, forte anche dell’inseri-mento nell’organico organizzativo e produttivo della terza generazione, Marianna e Francesca, fi glie di Li-vio, Valentina e Cristian, fi gli di Giuseppe. La clientela di riferimento è costituita da grossisti, ambulanti, ma-cellerie, salumerie e dal settore della ristorazione, nei mercati di Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige ed Emilia Romagna. L’azienda è anche produttrice per conto terzi e, per completare il servizio alla clientela, commercializza altri prodotti della salumeria, a comin-ciare da prosciutti crudi e cotti fi no a bresaole, speck e arrosti.«Abbiamo le strutture e le tecnologie – conclude Livio Bonalumi -, ma la differenza la fanno senz’altro la pas-sione, l’esperienza e la cura dei dettagli. “Io al salame ci parlo” è un’immagine che dà bene l’idea di quello che facciamo. Signifi ca che basta un’occhiata o un pic-colo tocco per capire di cosa ha bisogno, se di caldo, di freddo, di più o meno umidità. La qualità del prodot-to fi nale è fatta anche di questi aspetti». Per dirla con le parole di una poesia che Livio ha composto per ol salàm del Bonalòm: «i g’ha dedicat tat de chel tep e passiù che per forsa al ga de es bu».

SALUMIFICIO BONALUMIvia del Chiosco, 4 – Mozzo

tel. 035 461626 - www.bonalumi.it

I fratelli Livio (a sinistra) e Giuseppe Bonalumi con i fi gli Marianna, Francesca, Cristian e Valentina

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IL SOTTOVUOTO COME TECNICA DI COTTURA: CORSO BASECorso teorico-pratico di nove ore per l’u-tilizzo del sottovuoto, tenuto da Fabri-zio Ferrari. Permette di apprendere le regole della conservazione, del-la cottura, dello stoccaggio e del-la rigenerazione degli alimenti. Con particolare attenzione al risparmio in fase di acquisto delle merci. Per professionistiDal 3 al 17 novembremercoledì ore 15-18

I RISOTTIUn viaggio nel mondo dei risotti per conoscerne le varie-tà, apprenderne i metodi di cottura e preparare i condi-menti più adatti. In cattedra lo chef Roberto Carcangiu.Per appassionatiMartedì 16 novembre - dalle 20 alle 23

MENÙ A TRE PORTATE CON FOOD COST A 5 EUROSeminario di sei ore con ricette low cost. Federico Coria illustra menù a tre portate con food cost a cinque euro.per professionisti9 e 16 novembre – martedì dalle 15 alle 18

LE COTTURE SECONDO ENRICO BARTOLINILo chef affronta le principali tecniche di cottura mostran-do come sia possibile applicarle per rendere ogni piatto unico. L’incontro prevede anche la degustazione.

I CORSI DELL’ACCADEMIA DEL GUSTO

Seconda tappa per “Con-vivium di stelle”, il ciclo

di visite gastronomiche ai ristoranti stellati italiani, promosso dall’Accademia del Gusto in collabora-zione con l’Ente Bilatera-le alberghiero e pubblici esercizi.Dopo l’incontro al risto-rante bergamasco “Da Vittorio”, la scuola di Cu-

cina dell’Ascom propone una visita con pranzo-de-

gustazione al “Devero Risto-

rante” di Cavenago Brianza. L’ini-ziativa è in programma mercoledì 24 novembre ed è aperta a risto-ratori, chef e collaboratori. Si par-te alle 11 dall’Accademia a Osio Sotto con il pullman e lo staff del-la scuola. Giunti al ristorante si a-vrà l’opportunità di apprezzare la cucina del cuoco toscano Enrico Bartolini, tra i migliori chef emer-genti d’Italia, assaggiando alcuni dei suoi piatti più rappresentativi, conoscendone segreti e curiosità attraverso le parole dello stesso Bartolini.

Il Convivium fa tappa al Devero RistorantePranzo degustazione alla tavola dello chef stellato Enrico Bartolini

Oltre due mila visitatori per la terza edizione della sagra “Sapori d’ottobre” messa in scena

sul Lungolago di Lovere dalla Nuova Pro Loco cit-tadina a metà ottobre. La kermesse gastronomica sebina ha visto all’opera un team di chef che ha proposto ricette locali e piatti storici unici ritrova-ti in antiche pubblicazioni e un po’ reinterpretati come i «casonsei de Loer», le tagliatelle al ragù di brasato e ricette locali come il brasato di Beppe con polenta e lo storico manzo alla moda di Love-re. Evento clou, la presenza del celebre macellaio Sergio Motta, che ha cucinato ben 250 chilogram-mi di bue piemontese alla brace.

Lovere, boom di presenzeai “Sapori d’ottobre”

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aggio e del-alimenti.

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GUSTO

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19Affari di Gola ottobre 2010

Per professionistiLunedì 15 novembre – dalle 10 alle 17

TAPAS & FINGER FOOD Seminario per imparare a realizzare ricette sfi ziose e

creative e così rinnovare e dare un tocco in più al pro-prio locale. A cura di Francesco Gotti. Per professionistiGiovedì 18 novembredalle 14 alle 18

LE PASTE FRESCHE Laboratorio pratico per scopri-re tutti i segreti delle paste fre-sche. Con la guida dello chef Francesco Gotti si imparano tre ricette di paste fresche e ripie-ne, realizzandole direttamente in aula.Per appassionatiMartedì 9 novembredalle 20 alle 23

LA CAFFETTERIA AL BAR: DALLA TRADIZIONE DEL CAFFÈ ALLE DECORAZIONILaboratorio teorico-pratico di 20 ore condotto da Boris An-dreoletti per conoscere la sto-ria e la divulgazione del caffè e apprendere le tecniche di pre-parazione di espresso, cappuc-

cino e bevande a base di caffè.Da lunedì 22 a giovedì 25 novembre – dalle 14 alle 19

IL BUFFET A TEMASeminario fi rmato da Emanuele Poli che offre, anche at-traverso supporti video, esempi pratici di buffet a tema, dai più eleganti, con l’argento, il vetro, gli specchi a quel-

li di nuova generazione.Martedì 23 novembredalle 14.30 alle 18.30

IL MENÙ DI NATALELaboratorio pratico in due in-contri tenuto da Roberto Car-cangiu per chi vuole festeg-giare il giorno più importante dell’anno con ricette nuove e speciali. Si realizzano le ricet-te in aula.30 novembre e 7 dicembremartedì dalle 20 alle 23

Per informazioni e iscrizioni: Ascom Formazione tel. 035 4120180/183 o 035 4185706/707 [email protected] – www.ascomformazione.it

I piatti tradizionali della cucina i-taliana, quelli noti in tutto il mon-

do e che così pochi sanno cucinare secondo la ricetta originale. Dalle lasagne alle tagliatelle alla bologne-se, dalle melanzane alla parmigiana all’ossobuco alla milanese. Sergio Mei, executive chef del Four Sea-sons Hotel Milano e maestro ricono-sciuto, si è assunto l’onere e onore di formalizzare un compendio della cucina italiana tradizionale e lo ha fatto usando il suo stile e la sua co-noscenza. Ne è nato il volume “La Cucina Italiana all’italiana” (edito da Reed Gourmet) di oltre trecento ri-

cette, tutte illustrate, strutturato per sezioni: paste (secche, senza uovo, con uovo, con uovo farcite), ravioli, gnocchi, risotti, fregola, zuppe, ricet-te alternative, secondi di carne, se-condi di pesce, uova e verdure, dolci, ricette base. Di molti piatti sono pro-poste anche le possibili varianti. E le ricette? Dettagliate come è nello sti-le dello chef. La cucina di Sergio Mei è mediterranea nel senso più com-pleto del termine, lo è nei colori, nei sapori, negli ingredienti, negli abbi-namenti. Un volume unico nel suo genere per completezza e per l’au-torevolezza dell’autore.

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RistoFante, qui il territorio è di casa

Forte attenzione al mercato e valorizzazione dei prodotti in via d’estinzione: la cucina di Titta Manzini, ad Alzano, è tanto ricercata quanto curata.

Primeggia il pesce, ma stupiscono i dolci

IL RISTORANTEdi Lelia Parisi

L’ha tanto entusiasticamente cercato, che alla fi ne l’ha trovato. Il legame “forte” con il territo-rio. Ha convertito al suo credo pure uno degli

ultimi orticoltori dei colli di città alta - Pierino - che ancora si affanna a mantenere in vita colture in via d’e-stinzione. Se si parla di Titta Manzini e del suo RistoFan-te di Alzano, non si può prescindere dal mais rostrato rosso, su cui si incardina il suo pensiero e la sua cucina. L’ha persino messo nel sushi, inventando nel 2008 il sushi bergamasco. Il rostrato rosso di Cerete è uno dei mais più antichi della Bergamasca, e qualche anno fa la sua coltura volgeva al declino. La cocciutaggine di Manzini, patron, insieme a Silvia Valoti del RistoFante, lo sta facendo prosperare sui colli di Città alta, affi dato alle esperte cure di Pierino, appunto. Uno scrigno di sostanze nutritive interdette (anche per lavorazione e molitura a pietra) ai mais delle colture industriali. E anche se il pesce signoreggia la tavola di questo chef di origini lecchesi, il territorio è lì nel suo prodotto più rappresentativo. Titta è un fi ume in piena di rifl essioni e argomentazioni. La sua storia personale è tutt’uno con la sua storia gastronomica. La grande lezione della cucina classica francese, assimilata negli anni della sua

formazione al Griso di Malgrate (due stelle Michelin) tra l’82 e l’87, e poi il passaggio cruciale alla “cucina nuo-va”, la nouvelle cuisine, appresa condividendo i fornelli con un altro gigante, Ezio Santin. Cucina nuova, che per Titta è di fatto la cucina della leggerezza e della digeri-bilità, ma anche la “cucina del mercato”, inteso come luogo di incontro vis-à-vis con il prodotto, momento imprescindibile per qualsiasi cuciniere (così si defi ni-sce) che si ritenga tale. Solo avvicinando il prodotto sul banco del mercato, studiandolo a fondo, si può capire come lavorarlo e trarne il meglio, valorizzandolo non solo dal punto di vista del gusto, ma anche nutrizionale. Sì, perché il cervello di Titta è come uno scanner che legge i prodotti in termini di Omega 3, proteine, sostan-ze anti-ossidanti. “Il cibo deve offrire il giusto apporto di nutrienti, senza eccedere nei grassi saturi o in proteine animali, non soltanto soddisfare il palato. Le proprie-tà nutritive vanno salvaguardate nella lavorazione e cottura. Ci guadagnano il sapore e la salute”. Capiamo, così, perché usa il granoturco integro, non privato della parte oleosa ricca di acidi grassi insaturi e che rende particolarmente morbida la polenta. E perché acquista - sempre da Pierino - ortaggi dei colli e lui stesso coltiva

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F t tt i l t

di Lelia Parisi

Silvia Valoti e Titta Manzini

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erbe aromatiche, come timo selvatico, borragine, peperoncino e fi nocchietto. E allora, tornando al sushi bergamasco, inserito in un crudo corposo, traffi cato da scampi, gamberi, ostriche, carpaccio di seppia e quant’altro, via l’alga nori, via il riso. Al loro posto, foglia di verza nostrana e polenta di mais rostrato integrale privato del solo amido, corretto in agrodolce in stile giapponese. Sono tante le qualità di pesce a menù, selezionato da Titta sui banchi di Orobica Pesca, e variegate le lavorazioni, tutte attente alla riconoscibilità dei sapori e all’aspetto salutistico. Spiccano, negli antipasti, il succulento guazzetto di gamberi con carciofi , ortaggio prediletto da Titta, protagonista di un piatto ormai cult, l’astice in cuore di car-ciofi , e presente, nei secondi, nella versione con capesante. Altro pezzo forte il carpione di pesce azzurro deliscato. Sapori decisi riservano invece lo sformato di melanzane con cozze, vongole e peperoncino fresco così come la scaloppa di branzino con guazzetto di vongole. Gradevoli i tagliolini di pasta fresca con julienne di totani, uvetta e pinoli al profumo di aneto, malgrado la presenza un po’ invadente del peperoncino e di altri aromi, da riequilibrare. Inedito, ma con-vincente, l’abbinamento tra zucca e astice nel risotto vialone nano. Presenti, anche se non citati in carta, un’ottima frittura di pesce con verdure in tempura e la tagliata di tonno con capperi, tag-giasche e scalogno. Tra i piatti di terra, si segnala-no il piccione disossato al vino rosso con polenta di rostrato rosso, il foiolo alla parmigiana sempre con polenta e il musetto di maiale con lenticchie. Stratosferici i dolci, e di voluttuosa consistenza: creme corpose, sfoglie croccanti, frutti sodi e sa-poriti sprigionano, al primo approccio col palato, lampi intensi di piacere rafforzati dalle sensuali sfumature di un sospetto d’erbe aromatiche. Cor-retto il conto, sui 50 euro per un pasto completo, vini esclusi.

AMBIENTE 8/10Il RistoFante, come lo vediamo oggi, nasce nel 1999, all’interno di una villa del ‘600 sapientemente ristrutturata, anche se Titta si mette per con-to proprio, inizialmente a Ponteranica, già nel 1992, a soli 27 anni, stabi-lendo un profi cuo sodalizio con Silvia Valoti. L’attuale sede è un locale di pregio, arredato con gusto e con alcuni vecchi mobili, tra cui la cas-sapanca della nonna di Titta con gli scomparti per la farina gialla e per quella bianca. Elegante e curato, il locale serve 40 coperti. Accogliente il giardino, che pare una piccola rigogliosa serra, da godersi in estate.

CUCINA 23/30La cucina di Titta Manzini, 45enne lecchese, naturalizzato bergamasco, è una sintesi ben riuscita di territorio, tradizione locale e mediterranea. Armonia di sapori, assenza di contrasti netti e leggerezza sono le sue parole chiave “la digeribilità è la cartina di tornasole di una buona cucina”, ma anche rico-noscibilità del prodotto “si deve vedere ciò che si mangia” e grande rispetto per la materia prima “la regola aurea è non contaminare il prodotto”. E poi, l’utilizzo, per quanto possibile, di materie prime della propria terra. “Ren-dere moderno ciò che è tradizione” riassume la sua missione, ispirata agli insegnamenti di Veronelli. Forte è infi ne l’attenzione all’aspetto salutistico del cibo. E infatti in qualche piatto Titta ha già iniziato a sostituire il cloruro di sodio con il gomasio, condimento macrobiotico decisamente più salutare rispetto al sale. E nella varietà di pane (delizioso) che lui stesso produce, ne propone uno preparato con lievito madre, come quello dei tempi passati.

CANTINA 13/20Non molto corposa la cantina, un centinaio le etichette presenti, ben selezionate, equamente ripartite tra bianchi e rossi, con un piccolo as-sortimento di champagne e vini fermi francesi. Ricarichi medio-alti.

COMPETENZA 8/10Leggera e al tempo stesso di sostanza, la cucina di Titta è tale grazie alla sua solida formazione tecnica, “la mia fortuna è di essermi formato alla scuola della vera cucina classica, acquisendone i concetti basilari, passando poi a una cucina di grande struttura come la nouvelle cui-sine, che mi ha insegnato il valore del prodotto”. Anche l’esperienza al Miramonti L’Altro di Concesio, che ottiene la prima stella con lui responsabile di cucina, e il passaggio da Frosio, hanno arricchito il suo percorso umano e professionale. Una cucina, la sua, dove i cibi con-servano la loro consistenza anche grazie all’uso dei metodi della cuci-na classica. Niente o quasi delle moderne tecnologie, cotture lente a basse temperature, sì, ma senza uso del sottovuoto, irrorando invece a più riprese le carni con il fondo. In apparenza semplice, ma com-plessa nel sapere che la sottende, vi si avverte la maturità tecnica del suo chef. “La semplicità è una conquista dell’età matura, quando si ha la padronanza della tecnica e ce ne si può “dimenticare”. Ora che ho superato i 40 mi sento davvero libero di esprimermi come desidero. E se prima aggiungevo ingredienti, ora faccio il percorso inverso. Limo, tolgo tutto ciò che è superfl uo lasciando che il prodotto si sorregga da solo. Due o tre ingredienti, due o tre consistenze, non di più”.

SERVIZIO 8/10Effi ciente e scattante il servizio, svolto da Silvia Valoti, socia storica di Manzini, responsabile di sala e sommelier, tipa tosta e determinata, an-corché graziosa, e dal piglio deciso. Una fortuna per gli eterni indecisi, che saranno spronati a scegliere prontamente i loro piatti affi dandosi ai suoi consigli ben ammanniti.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO 7,5/10Buono il rapporto qualità/prezzo in tutto il menù. Presente in carta an-che un menù degustazione a 55 euro, vini esclusi.

p.s.

IL GIUDIZIO

RISTOFANTEvia G. Mazzini, 41Alzano Lombardo

tel. 035 511213Chiuso la domenica sera

e il lunedì. Chiuso a pranzo da martedì a sabato

21Affari di Gola ottobre 2010

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APPUNTAMENTI

Fino al 5 dicembre la Rassegna gastronomica del Lodigiano fa sposare le tipicità agroalimentari

con la fantasia dei ristoratori. Giunta alla 22esima edizione, l’iniziativa coinvolge 24 locali del capo-luogo e della provincia che hanno creato speciali menù degustazione dedicati alle produzioni del ter-ritorio a marchio “Lodigiano Terra Buona”, in primis riso, salumi, carne e formaggi. Le proposte vanno dai 30 ai 40 euro e comprendono sempre il ben-venuto a base di Raspadüra di Granone lodigiano (sottilissime foglie di formaggio molto giovane ra-schiate sulla superficie della forma con un partico-lare coltello in modo da ottenere dei nastri lunghi e soffici che si arricciano su se stessi), una bottiglia di vino San Colombano e una di acqua. Sotto il titolo di “Antichi sapori” le stesse insegne offrono inoltre menù più “snelli”, di due o tre portate sempre all’in-segna della tradizione, al prezzo di 20 euro, compre-si vino acqua e caffè. Per solleticare l’appetito e la curiosità ecco qualche piatto catturato qua e là nei menù: Risotto con salsiccia lodigiana, Gnocchetti di patate con fonduta di Pannerone e pere, Trippa di San Bassan con fagioli borlotti, Brasato al Rovero-ne, “Strachin gelad” con salsa di cioccolato, Mascar-ponata con biscotto Codogno. L’elenco dei locali, il dettaglio dei menù ed il calendario si possono trovare sul sito www.rassegnagastromonica.it. Alla rassegna è abbinato anche il concor-so a premi “Il Golosone”. Compi-lando una scheda di valutazione del ristorante gli ospiti par-tecipano all’estrazione, il 16 dicembre, di cinque cesti ga-stronomici.

FINO AL 5 DICEMBRE

I prodotti del Lodigiano protagonisti in 24 ristoranti

Gli appassionati di whisky, ma anche chi vuole saperne di più su questo distillato, hanno la possibilità di tuf-farsi in un evento, l’unico in Italia, tutto dedicato al Single Malt scozzese. È Milano Whisky Festival, la cui

quinta edizione è in programma sabato 6 e domenica 7 novembre all’Hotel Marriott (via Washington 66). I visi-tatori potranno degustare (con costi a partire da 2 euro) oltre 2.000 differenti tipi di whisky, grazie alla presen-za di quasi tutte le distillerie scozzesi, oltre ad imbottigliatori indipendenti, collezionisti, club ed associazioni, ma anche partecipare a percorsi tematici guidati da esperti, acquistare bottiglie da meditazione e mignon da collezione, provare accostamenti tra cibo e single malt. Nel prezzo d’ingresso di 7 euro sono inclusi un bicchie-re da degustazione, un porta bicchiere ed un assaggio di Single Malt Scotch Whisky. Info: www.whiskyfestival.it

IL 6 E 7 NOVEMBRE

Whisky, a Milano il meglio della Scozia

22 Affari di Gola ottobre 2010

Mette in mostra le novità delle aziende senza di-menticare il gusto la Fiera Campionaria di Berga-

mo, classico appuntamento d’autunno per i bergama-schi attestato sulle oltre 130mila presenze. La 32esima edizione è in programma, con regia della Promoberg, al polo fieristico di via Lunga da sabato 23 ottobre al pri-mo novembre e propone ai visitatori alcune occasioni, concentrate nel padiglione C, per conoscere prodotti e assaggiare specialità alimentari. A profumare l’atmo-sfera ci penserà lo stand dell’Aspan che vedrà i fornai bergamaschi impegnati a realizzare in diretta pane e al-tre golosità da forno che saranno proposte al pubblico in cambio di un’offerta a sostegno di due progetti mis-sionari: “Un pane oltre le sbarre”, laboratorio di pani-ficazione in una casa di accoglienza per ex detenuti in Malawi, con la partecipazione del Centro Missionario Diocesano, e il panificio della missione di Allipalli in India. La Campionaria sarà anche l’occasione per fare assaggiare nuovi prodotti come il pane Garibalda, che proprio in Fiera lo scorso anno fece il suo debutto do-po aver vinto il concorso promosso dalla Camera di Commercio, e la Torta di Sant’Alessandro, realizzata in collaborazione con il Consorzio pasticcieri in occasio-ne delle celebrazioni del patrono. Altra presenza gusto-sa quella dei prodotti del marchio camerale “Bergamo città dei Mille... sapori”, nel cui spazio si terranno, nei fine settimana e festivi, dei veri e propri show di cucina. Cuochi professionisti mostreranno infatti al pubblico come si possono realizzare con le specialità tradiziona-li, al di là delle interpretazioni più classiche, anche piat-ti “moderni”. Negli altri giorni spazio agli assaggi e gli aperitivi a base di vini e sapori del territorio. L’ingresso alla fiera è gratuito, nei feriali l’orario è dalle 16.30 alle 22.30, la domenica e i festivi dalle 10.30 alle 20.30.

Alla Campionaria c’è spazio anche per il gusto

DAL 23 OTTOBRE AL PRIMO NOVEMBRE

www.rassegnagastromonica.it. Alla nato anche il concor-Golosone”. Compi-da di valutazioneli ospiti par-

razione, di

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23Affari di Gola ottobre 2010

Torna nel fi ne settimana dal 19 al 21 novembre la Festa del Torrone di Cremona che accanto ad

appuntamenti tradizionali come la celebre rievoca-zione storica del matrimonio tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti, occasione in cui si dice abbia fatto per la prima volta la propria comparsa in tavola il dolce, affi anca alcune novità. “Alta Cucina al torro-ne”, ad esempio, è un evento-degustazione con lo chef Marco Olivieri che presenterà al pubblico creazioni a base di torrone per una cucina un po’ insolita, mentre “Violino in barrique” è un incontro-degustazione nel-la cornice di una suggestiva liuteria, dove un maestro liutaio e un esperto sommelier illustreranno il sugge-stivo percorso parallelo tra il processo di produzione di alcuni vini e la creazione degli strumenti della fa-miglia del violino. La musica e il violino sono infatti il tema conduttore dell’edizione 2010, protagonisti di eventi che vanno dal teatro, al cinema, all’arte, fi no al talk show ViolinViolino “Tutto quello del violino che avete sempre voluto sapere e non avete mai osato chiedere”. In programma anche degustazioni, labora-tori per bambini, bancarelle piene di golosità fi no al clou dello spettacolo di chiusura nella piazza del Co-mune. (Info: www.festadeltorronecremona.it)Altro omaggio alle tipicità locali è “Il Gran Bollito Cre-monese in Piazza – Il Piacere della Carne”, organizzata

la domenica successiva (28 novembre) dalla Strada del Gusto Cremonese nella terra di Stradivari. Come ogni anno, per tutta la giornata, sarà possibile degu-stare tutti i tagli del classico Gran Bollito Cremonese, accompagnato dalla Mostarda di Cremona. Il piatto ti-pico sarà preparato dai macellai del Gruppo Ascom. A completare l’evento saranno presenti stand di azien-de associate alla Strada del Gusto con degustazione e vendita di prodotti. (Info: Strada del Gusto Cremonese tel. 0372 23233).

NOVEMBRE

Dal torrone al bollito in piazza, Cremona celebra le sue specialità

La prestigiosa cornice del palazzo del Kurhaus di Merano ospiterà dal 5 all’8 novembre la 19esima e-dizione del Merano International Wine Festival, evento dedicato all’eccellenza enologica italiana e in-

ternazionale. E non solo. Accanto alla sezione “Wine” (forte della presenza di 486 aziende vitivinicole) e “bio&dynamica” (52 produttori) ci sono infatti “Culinaria”, con 90 espositori di specialità artigianali, 15 distil-latori (nell’area Aquavitae&Liquores), 10 birrifici artigianali (BeerPassion) e 13 “Wine Resorts”, ossia aziende enoturistiche che oltre ad offrire camere di charme e gastronomia di spicco sono anche produttrici di vino

di alta qualità. Senza dimenticare la GourmetArena, lo spa-zio dedicato agli eventi culinari e gastronomici, all’interno del quale la Regione Campania offrirà le eccellenze del ter-ritorio elaborate dai Jeunes Restaurateurs d’Europe nel cor-so di gustosi showcooking.Tra le chicche di quest’anno le degustazioni del vino pro-veniente dal vigneto più alto del mondo (oltre 3mila metri), quello dal vigneto più ripido d’Europa, quello di un’azien-da indiana, oltre alla possibilità di assaggiare 35 Châteaux dell’Union des Grands Crus de Bordeaux e molti Champa-gne. Info: www.meranowinefestival.com

DAL 5 ALL’8 NOVEMBRE

Vino, al Festival di Merano quello del vigneto più alto del mondo

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uelle vigne inerpicate sulla Langa più selvag-gia e l’inebriante profumo del mosto maturo sono il segnale inequivocabile che la meta dell’Eldorado è vicina. A Barolo il vino (tutto

il vino, non solo il gioiello locale) ha fi nalmente tro-vato la sua casa e la sua consacrazione con il “WiMu”, il nuovo museo interattivo di respiro internazionale, inaugurato il mese scorso, nato per la felicità degli eno-turisti di mezzo mondo e pronto a sorprendere con un percorso di grande suggestione, lungo i cinque piani dello storico Castello Falletti, secolare dimora dei mar-chesi di Barolo. I tanti appassionati lombardi pronti ad invadere le terre di Pavese anche in occasione della Fiera Internazionale del Tartufo bianco d’Alba (è l’edi-zione numero 80, inaugurata il 9 ottobre, terminerà il 9 novembre) si troveranno però davanti un allestimento molto diverso da quelli tradizionali: non a caso a capo del progetto c’è la magia visionaria dell’architetto elve-tico François Confi no che in passato aveva già rivoltato come un guanto la Mole Antoneliana di Torino, inven-tandosi l’inedito e gettonatissimo Museo nazionale del Cinema. Anche a Barolo l’idea è stata quella di rompere con le linee classiche, proponendo un percorso di 25 sale ricche di spunti e di intuizioni mai banali sull’arte di Bacco, un viaggio emozionale senza cimeli e botti-glie annerite dal tempo, ma una storia viva, che si di-pana tra luci e ombre, suoni e colori, mescolando al

rigore didascalico, l’ironia di alcune rappresentazioni e immergendo il visitatore in una multimedialità armoni-ca e piacevole, con pulsanti e ingranaggi da azionare di persona che ci fanno sentire un po’ tutti protagonisti. In questo spicchio di Piemonte è concentrato un im-pressionante numero di materie prime: dalla carne che celebra il suo trionfo a Carrù ai superbi formaggi Dop, dai funghi e ai tartufi , fi no ai peperoni quadrati e al car-do “gobbo”, re della bagna cauda. E poi le uve, talmente radiose da rendere questa terra la Food Valley italiana, dove non a caso è nato il movimento Slow Food di Carlin Petrini e dove stare a tavola per conversare e mangiare cibo genuino continua ad essere un piacere da dilatare il più possibile nel tempo. Così si spiega l’annuale “transumanza” di svizzeri, tedeschi, francesi e americani, che ogni autunno capitano qui, e in tanti adocchiano pure rustici diroccati per poi ristrutturarli e farne il loro buen retiro. “Un paese ci vuole - cantava Cesare Pavese ne “La Luna e i falò” -: vuol dire non esse-re soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. In questi versi si rifl ette anche il ciclo del vino che il museo racconta: alla sapienza del contadino vengono in soccorso elementi ancestrali come il sole, la luna, il tempo che porta a compimento tutto. Poi, scendendo al penultimo piano, il “nettare degli dei” vie-ne calato in ogni campo della vita: dall’arte alla lettera-

Q

NEWSdi Leo Bartoli

WiMu, quando il vino si raccontaA Barolo, nello storico Castello Falletti, inaugurato il museo interattivo dedicato al mondo enoico delle Langhe. Un’esperienza multisensoriale imperdibile,fi rmata dall’architetto svizzero François Confi no

24 Affari di Gola ottobre 2010

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25Affari di Gola ottobre 2010

tura, dal cinema alla musica, passando dai piatti poveri della tradizione contadina alle moderne intuizioni dei grandi chef contemporanei. Al piano nobile del castel-lo viene evocato il profondo legame che da sempre unisce il vino, e in particolare il Re Barolo, alla famiglia Falletti e al territorio, raccontato dalla viva suggestione degli abitanti del borgo, “resuscitati” come per incanto da vecchie fotografi e e riprodotti in sagome a grandez-za naturale. L’omaggio ai personaggi illustri che hanno abitato il castello continua con l’eroe del Risorgimento Silvio Pellico, che qui fu bibliotecario dopo la terribi-le esperienza dello Spielberg e del quale si conserva intatta la camera-studio, e soprattutto con la contes-sa Giulia Colbert, dal grande slancio fi lantropico e in grado, con una leggendaria spedizione di Barolo a Re Carlo Alberto, di far lievitare l’immagine e il prestigio del “re dei vini” a livello planetario. L’enoturista trove-rà, come degna conclusione del percorso, l’Enoteca Regionale del Barolo, con il grande spettacolo delle etichette storiche e uno “store” per quelle moderne: qui ognuno potrà portarsi a casa il suo piccolo grande “tesoro”.

Il sito Internet è www.wimubarolo.it. Qui sarà possibile effettuare la visita virtuale al museo, prenotare on line le visite e acquistare il proprio biglietto. [email protected].

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26 Affari di Gola ottobre 2010

DIETRO LE QUINTEdi Laura Bernardi Locatelli

È al bar che nascono e mutano le mode e gli stili alimentari, a partire dalla pausa pranzo con i minuti contati. La sosta al bar all’angolo dell’uf-

fi cio, della scuola o della palestra è ormai diventato per molti un rituale quotidiano: con pochi euro si risolvono code chilometriche per far ritorno a casa, spese dell’ultimo minuto per comprare quanto meno il pane ed un buon quarto d’ora da passare ai fornelli. La Federazione italiana pubblici esercizi ha fotografa-to la crescita del fenomeno del pranzo fuori casa: è stato un vero e proprio boom dagli anni Novanta fi no ai primi anni del nuovo Millennio. Poi, prima per l’in-troduzione della moneta unica, poi per l’avvicinarsi e il concretizzarsi della crisi economica, la crescita dei consumi fuori casa ha subito una battuta d’arresto, mantenendo un livello piuttosto costante e smenten-do le previsioni di ulteriori aumenti. Nel 2009 ben nove milioni sono state le persone che per necessità - in primis per lavoro - hanno consumato abitualmente il pranzo fuori casa. Sempre nello scorso anno sono stati serviti circa un miliardo e ottocentomila pasti che hanno generato un fatturato complessivo pari a

12 miliardi e mezzo di euro. Ben 1.173.000 italiani ha scelto il bar. Da anni a fi anco dell’offerta di piatti freddi e panini, i locali propongono menù comple-ti realizzati esternamente, per le diffi coltà che per molti esercizi comporterebbe l’inserimento di una cucina. Ogni giorno all’alba le gastronomie iniziano i loro turni di lavoro per consegnare a ritmo serrato in tutta la provincia piatti pronti, dal primo al secon-do al dolce. Un lavoro di sacrifi cio destinato a resta-re un po’ all’ombra delle varie insegne dei pubblici esercizi, ma che dà grandi soddisfazioni. Dal 1995 ad oggi, il settore alimentare ha infatti messo a segno un aumento di oltre il 13%: nonostante le frequenti fl essioni registrate nei consumi negli ultimi 7 anni, è riuscito a mantenersi sempre in attivo. Per dare luce al lavoro dietro alle quinte di chef e gastronomi che realizzano i piatti che ogni giorno migliaia di berga-maschi consumano fuori casa, siamo andati a vedere come si svolge una giornata tipo tra ettolitri di salse e quintali di pasta, carne e pesce, forni da controllare, confezioni da sigillare e consegnare in lungo e in lar-go direttamente nei locali.

Viaggio tra le gastronomie bergamasche che riforniscono i pubblici esercizi con piatti pronti per la pausa pranzo. Un lavoro “nell’ombra” ma prezioso per i locali che devono soddisfare i clienti ogni giorno

“I pasti al bar? Ve li prepariamo così”

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27Affari di Gola ottobre 2010

Le aziende

Da oltre vent’anni rappresen-ta un punto di riferimento

per piatti pronti, dall’antipasto al dessert. “Mille e una pasta” è una gastronomia tradizionale che alla vendita diretta in negozio ha af-fiancato da oltre dieci anni la forni-tura di piatti pronti a pubblici eser-cizi ed effettua anche servizi cate-ring su richiesta. Il menù proposto a bar e locali varia di giorno in gior-no, ogni settimana e conta su una proposta quotidiana di almeno dieci piatti a scelta. L’offerta spazia dai primi, rigorosamente fatti in ca-

sa - tagliatelle, ravioli (alla zucca, ricotta e spinaci, di car-ne), casoncelli e gnocchi vengono interamente pro-dotti all’interno

del laboratorio - ai piatti da forno - dalle lasagne pro-poste in 5 varianti al-le crespel-le declina-te in dieci

r icet te ad altre specialità gratinate - e ri-sotti ai secon-

di di terra (dagli arrosti alle scalop-pine) a quelli di mare, proposti o-gni venerdì (il filetto di platessa è il più gettonato). Non mancano piat-ti freddi, dalle insalate di mare al vi-tello tonnato, per accompagnare il rituale della pausa pranzo nei mesi più caldi e verdure cotte, grigliate e gratinate per un pranzo più legge-ro e zuppe per i mesi più gelidi. “I piatti vengono realizzati ogni mat-tina e consegnati ai nostri clienti in confezioni monoporzione o per due coperti, con tempi di cottura rigorosamente calcolati in funzio-ne del passaggio al microonde nel locale, per servire pasta al dente e risotti perfetti e secondi di carne e pesce dalla cottura uniforme, pro-grammata con l’ausilio di forni tec-nologicamente avanzati con son-da al cuore - spiega Claudio Crotti, che con l’aiuto della moglie Susan-na gestisce l’attività con passione, in parte ereditata dalla famiglia di ristoratori. “La specializzazione nella fornitura a pubblici esercizi è stata una mia scommessa, porta-ta avanti più di dieci anni fa, senza quasi crederci inizialmente più di tanto. La scelta si è rivelata subito vincente e - abbinata all’attività di vendita diretta in negozio, che con-ferma la nostra scelta di continuare ad essere una gastronomia artigia-

nale tradizionale - non smette for-tunatamente di darci soddisfazio-ni. Ogni giorno consegniamo un centinaio di piatti pronti ai locali - spiega Crotti -. Mi occupo perso-nalmente della scelta delle mate-rie prime, affidandomi a fornitori che ci accompagnano da vent’an-ni nel nostro lavoro, specialmen-te per carne e pesce. Acquistiamo direttamente al mercato le verdu-re”. Quanto alle tendenze, a pran-zo nei bar i primi piatti e i piatti da forno restano i preferiti, come del resto recita l’insegna: “Sono i più apprezzati: difficilmente a pranzo ci si concede un menù completo, in parte per contenere i costi, ma anche per una questione di gusto, abitudine e tradizione”.

L’attività, inaugurata nel 2003, è frutto dell’esperienza dei

soci nel settore alimentare, nella gestione di una società storica di famiglia, specializzata nella ven-dita e distribuzione di generi a-limentari fin dagli anni Sessanta. Oggi la “Gastronomia Moderna” è una realtà affermata nel Nord Italia, specializzata nella fornitu-

ra a pubblici esercizi, ma anche a catene della grande distribuzio-ne organizzata e, dal 2008, ha tra i suoi punti di forza lo studio e lo sviluppo di ravioli e pasta fresca, tutti prodotti artigianalmente. Da qualche anno i prodotti della Ga-stronomia Moderna hanno con-quistato anche l’Inghilterra: so-no infatti presenti nei mercatini

“Italia in Piazza” nel Regno Unito. Dotata di attrezzature d’ultima ge-nerazione, la “Gastronomia Mo-derna” offre un servizio di produ-zione e consegna di piatti pronti (con furgoni a temperatura con-trollata), con un’ampia possibili-tà di scelta tra primi e secondi. Il menù settimanale viene costan-temente aggiornato e varia ogni

MILLE E UNA PASTA, QUI VINCE LA TRADIZIONE

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dai primi, rigorosamente fasa - tagliatelle

(alla zucca,e spinaci,ne), casongnocchi vinteramendotti all’i

del labo- ai pfornolasagposvarle le te

r icealtre spgratinatsotti a

viaClaudio Crotti

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28 Affari di Gola ottobre 2010

giorno a rotazione. La proposta spazia dai classici della tradizio-ne a piatti più particolari per sod-disfare anche i palati più esigenti:

dai casoncelli alla bergamasca agli gnocchi alla romana, dagli spato-le ai pizzoccheri, dalle tagliatelle ai funghi o ragù alle lasagne con scamorza e trevisana, ai bocconci-ni d’asino, ai brasati ed arrosti con polenta, per citarne alcuni. Com-pletano l’offerta zuppe d’ogni ge-nere, verdure lesse, alla griglia o da gratinare per un pasto leggero e soddisfano i più golosi i dessert della casa: tiramisù, panna cotta e torta di mele. Non mancano piat-ti per assecondare le esigenze di vegetariani, come le zuppe - in li-sta anche la pasta e fagioli - e le in-

salate ai cinque cereali. “In futuro vorremmo anche offrire una linea dietetica per rispondere alla cre-scente domanda di piatti leggeri o dai contenuti nutrizionali partico-lari - sottolinea Vittorio Bergama-schi, titolare della Gastronomia Moderna -. La passione per il no-stro lavoro ci ha portato ad una ra-pida crescita: nel 2003 eravamo in 2, oggi siamo in 13. Ora intendia-mo consolidare la nostra presen-za sul mercato e guardare al futu-ro con ottimismo, continuando ad investire in innovazione, qualità e sicurezza alimentare”.

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via XXV Aprile, 21/23Grassobbiotel. 035 19901806

Nel 1990 Roberto Gotti, forte dell’esperienza nella gestione

della “Vineria Cozzi” in Città Alta, scommette sulla fornitura ai pub-blici esercizi di piatti pronti e fonda l’€urog@stronomia, che oggi serve tutti i giorni 400 pubblici esercizi, con tanto di riconoscimento euro-peo di tutta la filiera (bollino Cee). Dal 2000 inizia la produzione di piatti surgelati d’alta gamma, cre-ando ricette originali ed innovati-ve per differenziarsi dalle aziende dai grandi numeri che operano nel settore. Ogni giorno effettua conse-gne di pasti pronti espressi: primi, secondi, contorni, ma anche panini imbottiti e tramezzini, piadine arti-gianali, basi pizza ed altre linee per agevolare il servizio bar, dagli aperi-tivi alle farciture. La proposta varia ogni giorno, a rotazione settimana-le, con una scelta tra quattro primi e tre secondi, oltre alla possibilità di ordinare 20 primi e 15 secon-di sempre a disposizione. L’offerta spazia dai piatti più semplici, come lasagne e casoncelli (le paste ripie-

ne vengono tutte fatte a mano), a piatti più ricercati, dalle pappardel-le ai funghi ai pizzoccheri alla val-tellinese, dal risotto con porcini e mele a quello al Branzi, alle penne con gamberi e zucchine e a molte altre ricette ancora. “Rispondiamo all’esigenza di bar e locali di offrire a pranzo un servizio di tavola cal-da, con una proposta interessante di piatti e soprattutto varia - spie-ga Gotti -. Vent’anni fa erano pochi i bar ad intuire le potenzialità di un servizio che oggi si rivela pratica-mente indispensabile per venire

incontro alle esigenze della cliente-la, stanca di mangiare tutti i giorni un panino o una piadina al bar sot-to l’ufficio. Il nostro è un servizio totalmente espresso e studiato per agevolare la vita di chi sta dietro al bancone: riceviamo ordini alle 7 del mattino e entro mezzogiorno serviamo i piatti pronti, con tempi di cottura calcolati per mantener-ne intatte le caratteristiche quando vengono riscaldati al microonde, in porzioni singole o da 10. Ogni gior-no consegniamo circa mille porzio-ni ai nostri clienti”.

€UROG@STRONOMIA, OGNI GIORNO SERVITI 400 LOCALI

Page 29: Affari di Gola - ottobre 2010

LA GUIDAdi Giordana Talamona

Viniplus, tempo di degustazioni per i sommelier lombardi

Settanta gli esperti chiamati a valutare, per la nuova edizione, circa 700 vini di 220 cantine. Detti: «Obiettivo coinvolgere sempre più i ristoratori per far conoscere le eccellenze della nostra regione»

Sono partite le degustazioni per la guida Viniplus 2011 ideata dall’Associazione Ita-

liana Sommelier della Lombardia, promossa da As.co.vi.lo (Asso-ciazione consorzi vini lombardi) e dall’assessorato all’Agricoltura della Regione. Settanta i somme-lier che fanno parte dei gruppi di degustazione e che si alterne-ranno, durante il mese di ottobre, nell’importante compito di valu-tare 700 vini circa, di 220 canti-ne lombarde. La guida nasce con l’intento di coinvolgere anche i ristoratori lombardi nella promo-zione dei vini del territorio. «Desi-deriamo che diventi un punto di riferimento forte per il professio-nista della ristorazione – spiega Fiorenzo Detti, presidente di Ais Lombardia –. Il nostro obiettivo è che sia lui a far conoscere, ad una clientela sempre più attenta ed esigente, le eccellenze della nostra regione».Un ruolo quindi non facile, quel-lo che deve interpretare il degu-statore Ais, mettendo al servizio i propri sensi, con competenza e tecnica, e traducendo in un pun-teggio le sensazioni del vino va-lutato alla cieca (del quale cioè conosce solo la tipologia ma non l’azienda), che sulla guida sarà

sintetizzato in “Rose Camune”, da una a quattro. «Ogni panel, formato da sette per-sone, è chiamato a valutare qua-ranta campioni di vino per giorna-ta, numero minimo e non eccessi-vo per un degustatore esperto ed allenato», spiega Luigi Bortolotti responsabile dei degustatori di Ais Lombardia. Ogni degustatore, seduto al tavolo con altri colleghi, entra a far parte di panel diversi e non assaggia gli stessi campioni dei vicini, proprio per scongiurare ogni possibile in-volontaria infl uenza. Oltre a que-sto, per evitare che i sensi tenda-no ad una progressiva assuefazio-ne, vengono serviti dapprima vini spumanti o bianchi delicati fi no a giungere, via, via a campioni più complessi e strutturati. «Sono pre-viste delle brevi pause tra le varie batterie di campioni e un’interru-zione per il pranzo nel quale ven-gono serviti piatti leggeri e poco intensi in modo che i sensi non

vengano alterati», aggiunge Bor-tolotti. Anche quest’anno, quindi, come veri atleti, i degustatori uf-fi ciali Ais sono stati preparati per affrontare questa prova che, per la sesta edizione, ha l’obiettivo di promuovere e valorizzare i vini lombardi. «La fi losofi a che muove Ais e che permette ogni anno la nascita di questa guida - spiega Bortolotti – non è quella di dare un giudizio assoluto su un vino, ma è piutto-sto quella di fare un lavoro di sin-tesi del gusto di mercato. La Vini-plus è diversa da qualunque altra guida perché esprime il giudizio di esperti del settore, degustatori uffi ciali appunto, che sono media-tori tra i produttori e il gusto del consumatore esperto. Gli stessi degustatori sono acquirenti del vino, sono coloro che nelle cene con amici sanno consigliare un prodotto e sono coloro che san-no capire le scelte produttive di un viticoltore».

29Affari di Gola ottobre 2010

Nella foio in alto:il presidente di Ais Lombardia, Fiorenzo Detti, e il responsabile dei degustatori, Luigi Bortolotti

Page 30: Affari di Gola - ottobre 2010

Numeri importanti per la quinta edizione del-la rassegna birrogastronomica fi rmata dalla 4R di Torre de’ Roveri. Ottocento persone,

in rappresentanza di 250 operatori, il 27 e il 28 set-tembre scorsi hanno partecipato alla manifestazione dedicata al mondo della birra, confermando l’atten-zione nei confronti di un prodotto versatile sia come ingrediente sia come abbinamento con i piatti della grande cucina, formaggi inclusi. I quattro incontri programmati, condotti e gestiti da Bobo Cerea, chef tristellato, e da Lorenzo Dabove, giudice brassicolo internazionale, hanno registrato il pieno assoluto, ribadendo la grande sensibilità e la voglia di approfondimento da parte degli operatori del settore su un prodotto che è sempre più prota-gonista sulle nostre tavole. “L’obbiettivo, pienamente raggiunto - sottolineano i quattro fratelli Rota, titolari dell’azienda - era quello di confermare la birra quale

promotrice di nuovi modi di bere e mangiare. Come sappiamo, in questi anni si è modifi cato il modo di vivere il tempo libero e si sono create nuove oppor-tunità di business da cogliere e da concretizzare. Co-noscere quindi in modo approfondito non solo i si-stemi di mescita delle birre, ma anche la loro naturale identità, vuol dire poter esaminare i criteri di scelta e, soprattutto, essere in grado di valutare le scelte ne-cessarie per valorizzare al massimo il servizio della birra”. Durante la rassegna ha registrato conferme anche il mondo dei miscelati, realizzati con la birra. Sebastiano Garbellini, il barman giornalista a cui è sta-ta affi data questa proposta, ha condotto la due gior-ni in modo innovativo. Cesare Assolari, ambasciatore culturale delle birre belghe in Italia, e Luca Ricupero, supervisore aziendale nonché responsabile dell’area birra del Centro formazione 4R, hanno completato la presentazione dei prodotti in degustazione relativa-

In concomitanza con la quinta rassegna birrogastronomica, che ha registrato oltre 800 partecipanti, è stato inaugurato il nuovo centro di qualifi cazione professionale. Giampietro Rota: “Oltre a valorizzare la qualità dei prodotti,

vogliamo contribuire ad accrescere le competenze degli operatori”

30 Affari di Gola ottobre 2010

L’EVENTO

4R, la formazione prende il largo

Page 31: Affari di Gola - ottobre 2010

mente alle specialità delle birre in bottiglia sia dell’a-rea belga che di quella tedesca. In concomitanza con la con la Gastronobirra, i fratelli Rota hanno poi inaugurato il nuovo Centro forma-zione dell’azienda. Nell’elegante struttura, realizzata nei pressi della sede storica di Torre de’ Roveri e che aspetta solo di essere riempita di appuntamenti, si trasferiranno i corsi e gli incontri dedicati alla birra (che già da tempo la Quattroerre proponeva nella sede di Seriate), ai quali saranno ora affi ancate nuove proposte nel campo del vino, dei distillati e del bere miscelato. Crescono, quindi, e si concentrano in un solo spazio polivalente, a pochi passi dagli uffi ci dire-zionali, le proposte di aggiornamento professionale. Il tutto in linea con la fi losofi a aziendale, che punta a consolidare l’attività di informazione, consulenza e assistenza agli operatori della ristorazione e dei pub-blici esercizi. Giampietro Rota, presidente della socie-tà, durante il discorso di benvenuto agli ospiti inter-venuti per l’inaugurazione, il 27 settembre scorso, ha voluto precisare il senso di questa nuova scommessa: “La nostra fi losofi a mira a valorizzare la qualità dei

prodotti e vuole contribuire ad accrescere le com-petenze degli operatori del nostro settore. Da diversi anni, attraverso i nostri uomini e le nostre strutture, ci adoperiamo per favorire e diffondere la cultura del prodotto birra. Da questa forte convinzione abbiamo organizzato la quinta edizione di una rassegna de-dicata al mondo brassicolo strettamente legato alla gastronomia, arricchita ancor di più da argomenti di ampio interesse per i professionisti grazie alla parte-cipazione di uomini di grande valore ed esperienza. Gli investimenti attuali, in modo particolare questo nuovo centro formazione - che rispetto al preceden-te sarà anche dedicato al settore vino e a quello dei distillati e miscelati - sono la testimonianza di come la nostra famiglia intenda affrontare il proprio futu-ro in un mercato in continuo mutamento e sicura-mente più selettivo”. Al termine del benvenuto, Paolo Malvestiti (presidente della Camera di Commercio e dell’Ascom di Bergamo), Ezio Siniscalchi (presidente del Tribunale di Bergamo) e Roberto Marchesi (sinda-co di Torre de’ Roveri), hanno provveduto al taglio inaugurale del nastro.

31Affari di Gola ottobre 2010

Davide, Maurizio, Dino, Giampietro, Luca e Enrico Rota

Page 32: Affari di Gola - ottobre 2010

“Un tempo le mappe dei viandanti segnavano solo Villa, Monticelli era di là da venire. Villa non esisterebbe se un imprenditore di Pro-

vaglio, Alessandro Bianchi, non ne avesse fatto la realizza-zione di un sogno: la sua Sabbioneta agreste”. Così scrive-va lo storico giornalista Danilo Tamagnini su un quotidia-no agli inizi degli anni Ottanta. In effetti, la storia di Villa è la storia di una famiglia cresciuta a stretto contatto con la terra ed il territorio che la ospita, unita da una pro-fonda passione per il mondo del vino, il rispetto per la natura ed i ritmi che la governano. In occasione del 50° anniversario dalla sua fondazione, l’Azienda agricola Villa ha festeggiato, il 9 ottobre scorso, con una serata di gala. L’evento ha ripercorso il mezzo secolo di passioni, emo-zioni, scommesse e soddisfazioni attraverso racconti, me-morie, foto e scorci di uno storico borgo che dal 1960 ha ripreso a vivere e a riappropriarsi dell’antico splendore. Villa rappresenta un nome che ha contribuito da sempre alla creazione del mito Franciacorta, essendo una delle 29 fondatrici del Consorzio nel 1990. Ma questa è spe-cialmente la storia di un uomo, Alessandro Bianchi, che in 50 anni di lavoro ha sempre anteposto la qualità del prodotto al guadagno immediato. Nel 1960, anno in cui la famiglia Bianchi rilevò il bor-go medievale Villa ed il centinaio di ettari di pertinenza,

Villa Franciacorta fsecolo all’insegna d

A Perugia, in occasione del 44esimo Congresso nazionale dell’Associazio-ne Italiana Sommeliers, è stato elet-to il miglior sommelier d’Italia. Ben 16 i semifinalisti aspiranti al titolo. Tra questi ad aggiudicarsi il premio è stato Nicola Bonera, che ha prece-duto sul podio Gabriele Del Carlo e Niccolò Baù. Il trofeo gli è stato con-segnato da Maurizio Zanella, presi-dente del Consorzio per la Tutela del Franciacorta, al termine della finale. Nicola Bonera succede così al tosca-

no Luca Martini e raccoglie il testi-mone da un altro lombardo, Ivano Antonini, che si era aggiudicato il ti-tolo nel 2008.Il vincitore ha ricevuto come premio un assegno da 7mila euro e 6 ma-gnum di Franciacorta. Trentunenne, bresciano, Bonera lavora attualmen-te come wine consultant per diver-si ristoranti ed enoteche. Non è solo un sommelier di lunga esperienza e indiscussa preparazione, ma è anche relatore Ais e formatore di elevata

professionalità e competenza.Già vincitore del Master del San-giovese nel 2006 e Miglior somme-lier della Lombardia nel 2002 a soli 23 anni, Bonera ricopre da anni un ruolo molto importante all’interno dell’Ais Lombardia e della sua dele-gazione di appartenenza a Brescia.“Il risultato ottenuto da Nicola Bone-ra ci rende particolarmente orgoglio-si - afferma il presidente Ais Lombar-dia, Fiorenzo Detti -. Non è la prima volta che la sommellerie lombarda

Un bresciano il miglior sommelier d’Italia

Lanciato il progetto “Una bollicina per un sorriso” per aiutare i bambini di Haiti

32 Affari di Gola ottobre 2010

La Riserva Extra Brut Millesimato 2004 Francia-corta è una Docg prodotta dall’assemblaggio di u-ve Chardonnay (78%) e Pinot Nero (22%). La ven-demmia è effettuata il 2 settembre con valori anali-tici ottimali, buona acidità e giusto grado alcolico.

Maturazione: Rifermentazione e presa di spuma in bottiglia con l’aggiunta di ceppi di lievito sele-zionati. Successiva maturazione sugli stessi per 5 anni, intervallati a distanza di 24 mesi da due scatastamenti con agitazione per diffondere meglio nel vino gli aromi sprigionati dai lieviti durante la fase di lisi.

Note di degustazione: Perlage finissimo e persistente, colore cristallino e vivace dai ri-flessi dorati, RNA è il frutto di una selezione delle migliori basi Franciacorta del 2004. Il bouquet ricco, fragrante, intenso dal qua-le si sprigionano ampie e profumate note floreali, di crosta di pane e nocciola tosta-ta colpisce sin dal primo istante. In bocca, grazie all’esiguo grado zuccherino, risulta asciutto e pulito. Il gusto è pieno, equili-brato e persistente.

LA SCHEDA

RNA, la Riserva nobile

ndere ieviti

mo e ai ri-one 4. Il a-te a-a, ta li-

Ermes Vianelli, Roberta e Alessandro Bianchi

Page 33: Affari di Gola - ottobre 2010

a festeggia mezzo a della soli darietà

esprime dei campioni ita-liani; più volte in passato la Lombardia si è distinta a livello nazionale vedendo sul podio più alto grandi professionisti; tra gli ultimi campioni italiani, i lombar-di Michele Garbuio, Luisi-to Perazzo e Ivano Antoni-ni. “È stata una rincorsa du-rata sei anni - commenta il vincitore - dopo due piaz-ze d’onore ai concorso del 2004 e del 2007”.

gli ambienti erano ormai in rovina e con essi anche i mezzadri che vi abitavano. Da subito Alessandro intuì le potenzialità di questa terra, investì nella ricerca geope-dologica ed enologica arrivando in poco tempo a risul-tati incoraggianti. Oggi la maison produce oltre 310mila bottiglie, delle quali 260mila sono rappresentate da Franciacorta Docg e le restanti 50mila da Curtefranca Doc e Sebino Igt. La cantina, che da sempre ha rappre-sentato il fulcro dell’attenzione aziendale, ha raggiunto quest’anno gli oltre 2700 mq. L’attenzione alla qualità (in primis del terreno e delle uve), la scelta di vinifi care solo le uve provenienti dai 37 ettari vitati di proprietà e di millesimare ogni prodotto, fanno di Villa una com-ponente signifi cativa del territorio. Oggi l’antico borgo, oltre alla cantina, ospita l’agriturismo Villa Gradoni, un ristorante ed un centro benessere. In occasione della ce-lebrazione, è stata allestita una mostra fotografi ca all’in-terno dell’antico fi enile dell’azienda (per ripercorrere le tappe salienti) ed è stato anche presentato il progetto “Una bollicina per un sorriso” a sostegno della Fonda-zione Francesca Rava N.P.H. Italia Onlus a favore dei bambini di Haiti. Protagonista del progetto è RNA, la “Ri-serva Nobile Alessandro Bianchi” (ma anche RNA come patrimonio genetico di un terroir messaggero di qualità, di eccellenza) presentato proprio per i festeggiamenti del cinquantesimo anniversario. Attraverso la vendita di mille bottiglie di questa Docg, si punta a sostenere il Progetto di ricostruzione delle Scuole di Strada, con la donazione di un’aula scolastica. “A mio padre - ha detto durate la serata Roberta Bianchi - che intuì le potenzia-lità di questi terreni dedico questa riserva e lo ringrazio per avermi tramandato l’amore per la terra, per ciò che ogni giorno sa trasmetterci con il suo agire e che è en-trato a far parte del nostro Dna”.

33Affari di Gola ottobre 2010

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Page 34: Affari di Gola - ottobre 2010

34 Affari di Gola ottobre 2010

IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

“Da Gianni” a Zogno: una storia che viene da lontano, nel tempo, e che sembra essere destinata ad andare ancora lontano. Par-

liamo di generazioni che si susseguono nella gestione e nella tradizione, non mancando però di innovare e di adeguarsi alle esigenze dei consumi che cambiano.«Mio nonno – racconta Gianfranco Bertinotti che con la moglie Brunella Bettinelli, il fi glio Andrea e i collaborato-ri manda avanti l’attività – era chef al Grand Hotel di San Pellegrino dove mia nonna faceva la dispensiera. Anche mio papà ha lavorato al Grand Hotel e poi ha gestito l’Hotel Como, un quattro stelle. Era uno chef che prove-niva dalla gavetta, aveva lavorato anche al Cappello d’O-

ro. Insieme a mia mamma Annamaria nel ’56 ha aperto il primo locale poco più a monte rispetto a quello attuale e dal ’64 siamo qui in questa struttura». Ristorante e hotel con dieci camere, Da Gianni è un indirizzo consolidato, che si mantiene al passo con i tempi e non disdegna le novità. Da tre anni ha introdotto la pizzeria e da cinque nel periodo estivo apre una “dependance” all’aperto sul fi ume: un chiosco nel parco del Brembo proprio di fron-te al ristorante, dove fermarsi per una bibita, un aperitivo o una grigliata. «Mio padre, Gianni, diceva che lavorando bene – prosegue Bertinotti - i clienti si sarebbero fermati anche a Zogno, senza arrivare a San Pellegrino ed aveva ragione».

Da Gianni, il sapore di una storia lunga quattro generazioni

«Dieci euro tutto compreso per un menù così a mezzogiorno? Di cer-to non guadagniamo molto, proba-bilmente cambiamo i soldi, come si dice in gergo, ma va bene. Si trat-ta di una specie di promozione che ha sempre dato i suoi frutti: la gen-te torna e la clientela è costante». Così Gianfranco Bertinotti, patron del locale, defi nisce un servizio, il pranzo a prezzo fi sso di mezzogior-no, che in realtà è riduttivo defi nire menù fi sso. In pratica, infatti, si trat-ta di un menù alla carta ridotto ma con diverse alternative e con piatti curati e di qualità. Del resto la clien-tela che si ferma a mezzogiorno Da Gianni è abbastanza composita e sono diversi i clienti che scelgono i menù tradizionali. A parte i piatti – ovviamente - non cambia perciò

molto per chi opta per la versione “da lavoro”: le mise en place sono le stesse così come è lo stesso il ricco buffet di contorni.La lista è diversa, s’è detto, ma che lista. Canederli al burro e salvia, ca-soncelli alla bergamasca, spaghet-ti alla cozze o alle vongole, penne all’amatriciana e alla boscaiola, o-recchiette alla boscaiola le propo-ste per i primi. Casoeula (costine e verze), pollo alla cacciatora, carpac-cio di manzo, pesce spada alla pia-stra, calamari fritti e fi letto di trota alla piastra costituivano invece la lista dei secondi piatti. Ci siamo o-rientati sul pesce: spaghetti alle coz-ze e fritto di calamari oltre a pomo-dori e peperoni gratinati, cavalfi ore ed erbette dal buffet dei contorni. Grande pranzo, con ottimo rappor-

to tra qualità e prezzo (per questo aspetto non a caso Da Gianni è se-gnalato anche su una versione della guida Michelin edita solo in Francia e dedicata al rapporto prezzo/qua-lità). Vino, acqua e caffè sono com-presi nei dieci euro, nel segno della più sana tradizione del prezzo fi sso.

LA PROVA

«Il menù di mezzogiorno? La nostra pubblicità»

Cominciata nelle cucine dal Gran Hotel di San Pellegrino, l’esperienza della famiglia Bertinotti ai fornelli prosegue a Zogno. Tra proposte irrinunciabili come polenta taragna, funghi e selvaggina e novità come la pizza, il pesce e il chiosco estivo sul fi ume

Page 35: Affari di Gola - ottobre 2010

35Affari di Gola ottobre 2010

DA GIANNI via Tiolo, 37 – Zogno - tel. 0345 91093chiuso il lunedì

In effetti il discorso va contestualizzato. Quando è sor-to “Da Gianni”, San Pellegrino era una meta turistica di grande rilevanza ed in un certo senso poteva contare an-che sul bacino costituito dalle località montane di Piaz-zatore e Foppolo. Aprire a Zogno era quindi una sfi da. Che è stata vinta. «Beh, è evidente che i tempi sono cam-biati – rileva il patron -. La clientela è diversa, a San Pelle-grino non si girano più fi lm e non ci sono più convegni, ma noi continuiamo a lavorare con soddisfazione. Certo dobbiamo sempre inventarci qualcosa». Non recentissi-ma ma una delle ultime “invenzioni” di Gianfranco Berti-notti e del fi glio Andrea, quinto anno di alberghiero, che collabora in cucina (da qui l’affermazione che la storia è destinata ad andare avanti) è stata l’inserimento nel-la carta del pesce, un’iniziativa rivolta prevalentemente alla clientela locale visto che per il resto il menù, col suo storico appeal, è molto legato a piatti della tradizione.«La nostra è una cucina tradizionale rivisitata e ci dia-mo da fare anche col pesce con proposte che non sono banali – spiega Bertinotti -. Ma per il resto i punti forti rimangono i funghi e la selvaggina, la taragna col tartufo nero, i brasati, il coniglio. Sono i piatti che hanno fatto la nostra storia, la nostra fortuna vorrei dire, e per i quali i clienti tornano anche dalle province che hanno sempre gravitato su San Pellegrino per la villeggiatura, come Mi-lano, soprattutto, e Como»Se sono i secondi a farla da padrone, non si scherza nem-meno con le altre portate. L’antipasto tradizionale della casa, ad esempio, è un piatto da non lasciarsi sfuggire sia per la qualità degli affettati sia per il delizioso patè di fegatini sia per il fi letto di trota in carpione. Tra i primi piatti il richiamo alla territorialità è ancora più accentua-to con i ravioli della casa al formaggio di monte con tar-tufo nero oppure con le foiade alla saracena con funghi porcini. E quando Gianfranco Bertinotti parlava di piatti non banali per quanto riguarda il pesce probabilmente pensava agli spaghetti alle sarde fresche con olive e po-modori di Pachino. La buona mano in cucina, del resto, è garantita dalla storia ed è pronta a scrivere anche quella futura.

Gianfranco Bertinotti, a destra,

con la moglie Brunella e il fi glio Andrea

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Page 36: Affari di Gola - ottobre 2010

Il wurstel è un salsicciotto che si ottiene unendo in-sieme una miscela di carne suina, bovina, grasso su-ino, sale, spezie ed acqua, che viene prima macinata minuziosamente e poi insaccata e cotta in forni a va-pore. È un alimento goloso, che piace a tutti, grandi e piccini, ma che, ahimè, viene annoverato tra i me-no salutari. Infatti i tagli di carne utilizzati sono ge-neralmente poco pregiati (solitamente vengono im-piegate parti diffi cilmente vendibili in macelleria) e non sono molte le aziende che producono wurstel di qualità. In aggiunta, poi, le confezioni con lunghe scadenze contengono consistenti dosi di conservan-ti come i nitriti e i nitrati e in particolare il nitrito di sodio e il nitrato di potassio, sostanze dannose, ban-dite da sempre dall’etica dell’alimentazione. È impor-tante allora scegliere wurstel di ottima qualità, cioè non costituiti da scarti ed interiora, ma da parti scel-te, come accade quando si acquista una bistecca. In alternativa, si possono provare quelli vegetali, al to-fu o al seitan. In commercio non c’è che l’imbarazzo della scelta e quelli che noi prediligiamo sono com-posti da acqua, glutine di frumento, olio di girasole, estratto di lievito, cipolla, spezie, sale e farina di semi di carruba. Hanno un sapore un po’ diverso dal clas-

sico wurstel, ma sono buoni e soprattutto più sani. Il peperoncino rosso è invece una spezia dalle mille risorse, ampiamente usata per preparare primi e se-condi piatti, che non solo risultano gustosi, ma anche sani; infatti fornisce all’organismo vitamine e nume-rose altre sostanze preziose tra cui la capsaicina, un principio attivo che infl uisce sulla circolazione pe-riferica del sangue e sui ricettori periferici nervosi, stimolando la circolazione sanguigna. Studi recenti hanno poi scoperto che il peperoncino rosso sem-bra avere un ruolo importante nella prevenzione del tumore alla prostata e il suo uso regolare, grazie alle proprietà antiossidanti, aiuta ad inibire lo sviluppo di manifestazioni cancerose a livello dello stomaco. In ultimo, il peperoncino è ricco di vitamina C, impor-tante nella difesa contro le infezioni e di vitamina E, conosciuta anche come la vitamina della fecondità e della potenza sessuale. A tal riguardo, già nell’antichi-tà gli erboristi preparavano, a dir loro con ottimi ri-sultati, creme e pozioni in grado di aumentare la qua-lità delle prestazioni di nobili, sodati e persone comu-ni. Non esistono però studi che confermano o meno la teoria e il quesito “sarà poi vero o era solo sugge-stione?” continua a rimanere aperto.

LA CURIOSITÀ

Ingredienti per 1 persona2 wurstel1 cipolla rossa piccola1 cucchiaio di olio d’oliva extra vergineolio di oliva extravergine a piacere1 pezzetto di peperoncino rosso piccantesale a piacere

PreparazioneTagliate la cipolla a cubetti e mettetela in una padella con l’olio e un po’ di sale. Fatela rosolare per qualche mi-nuto. Unite i pomodorini tagliati in quattro, il peperoncino, ancora un po’ di sale e fateli cuocere a fuoco vivo mescolando di tanto in tanto per 5-7 minuti, fi no a quando il tutto sarà ben rosolato. Unite i wurstel tagliati a tocchetti e fate rosolare anche loro a fuoco vivo mescolando continuamente per altri 4 minuti.Servite il tutto con delle fette di pane integrale

L’A

NG

OLO

Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinun-cia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o ri-lassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

mo

DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Wurstel piccanti, spazio alla fantasia

36 Affari di Gola ottobre 2010

Page 37: Affari di Gola - ottobre 2010

Sono stati festeggiati con un menù all’altezza della ri-correnza i 25 anni di associazione del ristorante Da

Pino di San Michele all’Adige (Tn) al gruppo Ristoranti Regionali - Cucina Doc (www.ristorantiregionali.it), co-stituito in provincia di Bergamo all’inizio degli anni 70, per la salvaguardia della cucina regionale e guidato da Marinella Argentieri. Un brindisi con due prodotti Doc - Pisoni Brut millesimato Metodo Classico accompagnato da una degustazione di Trentingrana - ha aperto il convi-vio. Al brindisi, offerto nell’enoteca del locale, è seguito il pranzo preparato dallo chef executive Giuseppe Pren-cipe e dalla sua brigata, che è stato servito nella ristruttu-rata prima sala del ristorante, inaugurata per l’occasione.

Con la consegna della targa per i 25 anni di associazione, il gruppo Ri-storanti Regionali - Cucina Doc ha voluto riconoscere ai titolari (Lu-ciana e Danilo Moresco)il merito di aver svolto con impegno e capacità il loro lavoro che ha saputo valo-rizzare la cucina del territorio. Al Gruppo è associato anche l’Hotel Relais San Giusto di Campitello di Fassa, piccolo e accogliente esem-

pio di ospitalità trentina guidato da Pancrazio Scola che si distingue per l’attenzione del suo ristorante alla buona tavola, con specialità e vini di nicchia, scelti anche tra le migliori produzioni trentine. Recentemente la segreteria del Gruppo ha invitato una selezione di giornalisti eno-gastronomici presentando loro le specialità del San Giu-sto. Come la povera “supa rostida” una minestra di farina abbrustolita o il “fi letto di baccalà alla San Giusto con po-lenta morbida di Storo”. Non solo neve, quindi, in Val di Fassa, ma la possibilità per sportivi e non di trascorrere tutto l’anno vacanze rigeneranti in un contesto naturale ineguagliabile, arricchito dai buoni sapori della tavola.

“Ristoranti RegionaliCucina Doc”,alla scoperta dei sapori trentini

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37Affari di Gola ottobre 2010

Page 38: Affari di Gola - ottobre 2010

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

luglio 2010

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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ottobre 2010

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

giugno 2010

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