Affari di Gola - maggio 2011

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Già individuata l’area nel comune di Dossena dove verrà avviata la sperimentazione su input della Comunità montana. L’obiettivo: aprire nuovi scenari per l’agroalimentare Supplemento al n. 19 de “La Rassegna” del 19 maggio 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 maggio 2011 La Valle Brembana gioca la carta dello zafferano VALCALEPIO Un vino in cerca di promozione Tutta la bontà del gelato artigianale LO SPECIALE IL PRODOTTO Lievito madre, difficile da fare unico nel gusto I grandi chef: così si educa il palato dei bimbi TENDENZE

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in rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

Già individuata l’area nel comune di Dossena dove verrà avviata

la sperimentazione su input della Comunità montana.

L’obiettivo: aprire nuovi scenari per l’agroalimentare

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maggio 2011

La Valle Brembana

gioca la cartadello zafferano

VALCALEPIO

Un vino in cerca di promozione

Tutta la bontà del gelato artigianale

LO SPECIALE IL PRODOTTO

Lievito madre,diffi cile da fareunico nel gusto

I grandi chef:così si educa il palato dei bimbi

TENDENZE

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MAGGIO 2011

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PENNA ALL’ARRABBIATAL'arte dell'accoglienza, Bergamonon sprechi talenti e bellezze

FOCUSÈ lo zafferano la nuova scommessa della Val Brembana

DIBATTITIIl Valcalepio e la promozione, tra produttori e Consorzio ognuno deve fare la sua parte

ACCADEMIA DEL GUSTOCrippa: "Fare una cucina di qualitàvuol dire non accontentarsi mai"

TEMPI MODERNIBambini a tavola, che sfi da educare i futuri gourmand!

SPECIALEGelato artigianale, 6mila tonnellate di puro gusto

IL PRODOTTOLievito madre, un piacere "unico"

A TAVOLA CON LO SPORTIVOPinotti: a tutta pasta se devo fare il "pieno"

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamotel. 035/213030 - fax 035/224572 - [email protected]: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara VavassoriImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTIAlfa Term, Arizzi, Arlecchina, Bar Centrale, Brevi due, Il Cipresso, Frigo Gelo, Il Gelato di Ubaldo,

Il Gioppino, In&Out, L'Oasi, La Mimosa, Mercatone della Frutta, Metalfrigor Arredamenti, Ol Formager, Orobica Pesca, Ostifi cio Prealpino, Il Pirata, Point Italy, Puntogel, Solo Delivery.

IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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L’arte dell’accoglienza, Bergamo non sprechi talenti e bellezze

Strana giornata, quella di oggi. Ho appena rac-colto le civili rimostranze di un visitatore stra-niero atterrato al nostro aeroporto: nessuno

gli ha saputo indicare dove prendere un mezzo pub-blico che lo avvicinasse al centro cittadino. E nem-meno la frequenza dei passaggi e dove diavolo si potessero acquistare i biglietti. Probabilmente è sta-to assai sfortunato nella scelta degli interlocutori, lo mettiamo in preventivo, ma abbiamo la sensazione che si potrebbe fare qualcosa di meglio.Restiamo in tema di approccio alla città per segna-lare la storia, perlomeno singolare, dell’ingresso dall’autostrada e dei suoi cartelli che invece di es-sere segnalatori sono ingannatori: come se, passa-teci l’esempio, giocassimo tutti ad una gigantesca caccia al tesoro e, per far fuori gli avversari, inver-tissimo di nascosto tutte le frecce per depistarli igno-bilmente.Il fatto è che, non da po-chissimo, un povero di-sgraziato senza navigatore satellitare che avesse l’in-cauta idea di avvicinarsi alla nostra città, dopo aver pagato il pedaggio, si tro-verebbe difronte a svariate indicazioni per il centro, la prima delle quali lo in-canalerebbe dritto sull’as-se interurbano che, come noto, smista agevolmente verso tutte le parti tranne che in Porta Nuova.La questione davvero curiosa è che di questa fac-cenda noi ci occupiamo da parecchio tempo. Perso-nalmente e senza mai ottenere uno straccio di ri-sposta. Figuriamoci se speriamo nella soddisfazione. Strana giornata, quella di oggi. Ho chiacchierato al telefono col mio amico Marco Perego e l’ho trova-to fuori dalla grazia divina per colpa di un vigile urbano che sarà anche vigile, ma non è urbano di sicuro.Marco gli si avvicina per chiedere un’informazione e, per prima cosa, da persona perbene qual è, lo saluta con un buongiorno. Il rappresentante dell’or-dine cittadino, uno che è al nostro servizio ed è sti-pendiato da noi, oltre a non ricambiare il saluto lo apostrofa con un: “Dica!” che, considerando anche come viene pronunciato, si può facilmente tradurre con “Fammi sapere un po’ alla svelta perché hai scel-

to di scocciare proprio me e togliti poi dalla visuale con altrettanta rapidità”.Marco ci rimane male e non glielo manda a dire, assicurandosi un’arrabbiatura gratis e rischiando le manette. Mi mancava solo di leggere che Gigi Parma, altro amico, appena dimesso dall’ospedale, dopo più di un’ora di attesa per un taxi, ha dovuto pregare per averne uno (dall’aeroporto!) che lo riportasse a casa.Ho usato storie personali e di gente cara per far capire che abbiamo ancora tanta strada da fare, nell’accoglienza del prossimo (sia indigeno che stra-niero) e nel rendere la vita meno diffi cile di quella che normalmente è già.Il mese scorso ci compiacevamo degli sforzi degli

operatori per rendere la no-stra provincia una meta sempre più allettante anche per l’offerta enogastronomi-ca. Ma è perfettamente inu-tile organizzare eventi go-losi, specializzarsi in ricette per valorizzare il territorio, promuovere vini, salumi, formaggi, inventarsi nuovi dolci e alambiccare distil-lati se poi non abbiamo taxi a suffi cienza, non riu-sciamo ad indicare con pre-cisione il centro cittadino,

non ce la facciamo ad ottimizzare il servizio bus dall’aeroporto e, invece di avere gente in divisa di cui andar fi eri (che sono, per inciso, la stragrande maggioranza), caschiamo a volte preda di qualche vigile frustrato che non conosce nemmeno la buo-na creanza del saluto.Così, amici miei, non andremo molto lontano e non è davvero il caso di fare progetti mirabolanti sull’Expo del 2015 se siamo ancora mentalmente fermi a Italia ’90. Come già ribadito, non è concepibile sprecare le tra-dizioni a tavola e le bellezze naturali e artistiche, che abbiamo ereditato, sull’altare di un pressappo-chismo e una sciatteria che ci ricacciano indietro nel tempo.Se vogliamo diventare davvero una città e una pro-vincia accoglienti dobbiamo ripartire da uno sfor-zo comune di tutti. Non conosciamo un’altra via.E se ci fosse, state attenti a chi la chiedete.

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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Coltivare zafferano in Berga-masca, perché no? L’idea da tempo affascina alcuni

contadini e amanti di questa colti-vazione, capace in cucina di cam-biare le sorti (e le fortune) di un piatto (non solo il tradizionale ri-

sotto, le variabili sono infinite), con il suo aroma irresistibile. Da qual-che mese però c’è chi si è messo in testa di trasformare questo sogno in realtà: è la Comunità Montana Valle Brembana, su input del presi-dente Alberto Mazzoleni e con un

progetto seguito passo dopo passo dall’assessore all’Agricoltura Orfeo Damiani.“Qualche esperimento isolato c’è già stato in qualche campo a Zo-gno - spiega Damiani - ma ora in-tendiamo procedere con rigore

FOCUSdi Alex Gabbi

È lo zafferano la nuova scommessa della Val Brembana

La Valle Brembana è uno scrigno di prodotti tipici, con una concentrazione unica di formaggi Dop,

il tartufo di Bracca, le erbe officinali, le piccole pro-duzioni di nicchia come le mele di Moio de’Calvi, gli esempi virtuosi di produzioni biologiche e biodina-miche di frutta e verdura e ora perfino lo zafferano. Dalla passione e la valorizzazione delle castagne è na-ta una nuova associazione di castanicoltori. Molto si sta facendo per ricercare il sapore della polenta di un tempo: nella piccola località montana di Baresi a Ron-cobello, nel mulino Gervasoni del XVII secolo ristrut-turato dal Fondo Ambientale Italiano, si sta cercando di recuperare una varietà di mais tipico. Qui fino agli anni Sessanta arrivavano sacchi di mais e castagne da

“La nostra valle è ricca di prodotti e opportunità, ma s

L’INTERVISTA - di Laura Bernardi Locatelli

Parla Alberto Mazzoleni, presidente della Comunità Montana. “L’enogastronomia è una grande risorsa che va sfruttata, ma occorre mantener viva l’economia montana”. "C’è un progetto per il rilancio delle baite a fini turistici, purtroppo frenato dalle normative regionali”

L’idea è della Comunità Montana. Già individuata l’area nel comune di Dossena dove verrà avviata la sperimentazione. L’obiettivo è arrivare a una produzione

di qualità, preziosa per il territorio, che apra ulteriori possibilità all’agroalimentare

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avendo già individuato un’area nel comune di Dossena dove compie-re la sperimentazione. L’idea è di capire se il clima e il tipo di terreno consentono questo tipo di coltiva-zione anche in Valle Brembana: se il riscontro sarà positivo ricerchere-mo la migliore qualità possibile di zafferano che potrebbe diventare una spezia preziosa per il nostro territorio, da abbinare ad esempio agli altri prodotti tipici”. E tra i pro-dotti brembani spiccano natural-mente i formaggi: se la coltivazio-ne riuscisse, potrebbe addirittura nascere qualche prodotto nuovo a base di zafferano, come è avvenuto nel Bresciano, a Bagolino, dove lo zafferano è uno degli ingredienti decisivi per il grande Bagoss.Una produzione rara e per questo costosa (lo definiscono l’oro ros-so) quella dello zafferano in Italia: esistono piccoli presidi in Abruzzo, nell'Altipiano di Navelli, ma anche in Sardegna, in Sicilia, in Toscana nella zona del Senese e anche in Umbria. Spesso, per sopperire alla modesta produzione italiana e alla grande richiesta, lo si reperisce all’estero, ma difficilmente si ottie-ne la stessa qualità. Le analisi dimo-strano nello zafferano un'altissima percentuale di Carotenoidi che, contenendo Crocina, sono formi-dabili antiossidanti naturali, di vi-tamine B1 e B2 che contribuendo alla metabolizzazione dei grassi, al di là del gusto gradevole, lo ren-

dono anche un ottimo digestivo. E per chi resta scettico viste le tem-perature rigide che si raggiungono in inverno in montagna, gli esperti ribadiscono che la pianta di zaffera-no ha un’ottima resistenza al fred-do e viene inoltre coltivata anche in appezzamenti di modesta super-ficie, modalità interessante per il recupero di terreni montani mar-ginali, spesso a rischio abbandono. Proprio su questo aspetto punta la Comunità Montana Valle Brem-bana per cercare di sviluppare un ulteriore risorsa “che in futuro po-trebbe diventare fonte di reddito per singoli coltivatori, seppur su terreni parcellizzati - puntualizza Damiani -. Abbiamo messo a bilan-cio risorse mirate: è una prova per vedere la qualità del prodotto, po-tremmo poi allargare la produzio-ne in Val Brembana”. Coinvolti nel progetto il Comune di Dossena e la Coldiretti, direttamente con il suo delegato ai giovani Fabio Bonzi, as-sessore all’Agricoltura del Comune di Dossena, che si dice entusiasta dell’idea: “Trovo stimolante - spiega Bonzi - l’avvio di questa sperimen-tazione che potrebbe aprire nuove possibilità per l’agroalimentare in Valle Brembana: lo zafferano infatti si presta a numerose applicazioni, ma ora la cosa più importante è ri-uscire ad ottenere una coltivazione ottimale, aspetto che necessiterà sicuramente di tempo e di qualche aggiustamento in corso d’opera”.

Sarà coinvolto anche l’Istituto Tec-nico Agrario di Bergamo di via Bor-go Palazzo, con i ragazzi e docenti che forniranno uno studio ad hoc sulla sperimentazione. Ma nel panorama caseario ber-gamasco c’è già chi utilizza con successo lo zafferano: è Valentina Canò della Via Lattea di Brignano che tra le sue creazioni più indo-vinate propone da oltre tre anni il celeberrimo caprino allo zafferano: “Se davvero partirà la coltivazione in Val Brembana - spiega Valentina Canò - per noi sarà un’ottima no-tizia. Spesso per reperire zafferano di qualità occorre fare centinaia di chilometri, averlo in casa sarà sicu-ramente un vantaggio per i nostri prodotti e per chi ama come noi coniugare qualità ed eccellenze del territorio”.

macinare per ottenere farine, base della polenta e del pane, per anni assieme a latte, formaggi e uova prin-cipale fonte di sostentamento in montagna. Alberto Mazzoleni, presidente della Comunità montana Valle Brembana dal 2009 e sindaco di Taleggio fa il punto su tutti i progetti in campo per valorizzare il patrimo-nio enogastronomico della valle e la tradizione agri-cola, vera e propria leva per il rilancio delle nostre lo-calità montane.“A fondovalle, a Villa d’Almè e Petosino - dice - abbia-mo due aziende vitivinicole interessanti. La Val Brem-bana è l’unica valle italiana a poter vantare numerose Dop nei formaggi, di cui due - Formai de Mut e Stra-chitunt - solo in Valle. Il riconoscimento dello Strachi-

tunt è stato un processo lungo, iniziato 6 anni fa: non è mancato poi il ricorso di alcune aziende che lo pro-ducevano in altre zone della provincia, ma l’intento è quello di circoscrivere l’area. Siamo già rimasti abba-stanza scottati dal Taleggio, che ormai si produce dap-pertutto ed ha perso per molti versi il legame con la nostra omonima valle”. • La valle Brembana è la patria dei formaggi.

Come si sta promuovendo questo patrimo-nio?

“La nostra tradizione casearia rappresenta un patri-monio di grandissimo valore, come recita il detto po-polare “La boca l’è mia straca se la sa mia de aca”: impossibile terminare un pasto senza formaggio, an-che se in realtà in montagna si mangiava “formai” pri-ma, durante e dopo. La nostra arte di fare il formaggio è un modello portato in tutto il mondo. La lavorazio-

a soffre di troppi vincoli”

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ne del formaggio è un patrimonio della gente di mon-tagna, che ha basato per secoli la sua alimentazione su pochi e semplici alimenti. In Valle si usa ancora portare le vacche in alpeggio come tradizione impo-ne. Prodotti come il Formai de Mut e il Bitto stanno dando grandi esempi di questa tradizione millenaria: è cresciuto l’interesse e l’orgoglio per queste produ-zioni. I produttori hanno scelto di fare sistema ben 20 anni fa: sono esempi virtuosi le Cooperative agri-cole in Val Taleggio e a Valtorta e Branzi, che rappre-sentano un modello autentico di lavoro coeso. Inol-tre stanno nascendo varie iniziative come la casa del Bergamino, in Valle Imagna, che offre la possibilità di rivivere a tutto tondo l'esperienza di vita dell'alleva-tore di vacche da latte: un esempio per valorizzare tutta la filiera”.• L'enogastronomia è un comparto che può da-

re slancio economico alla Valle?“Assolutamente sì, ma è tutt'altro che un'impresa fa-cile. Il problema è che i vincoli dell’Ue e della Regio-

ne frenano lo sviluppo. Ci aspettiamo che chi pone vincoli dia anche supporto alle imprese. Il Piano di Sviluppo Rurale non è sufficiente per sviluppare l’e-conomia in montagna. Sull’enogastronomia si sta fa-cendo da anni un gran lavoro. Riuscire a mantenere l’economia in montagna è possibile se riusciamo a far diventare gli agricoltori imprenditori. Dobbiamo anche fare molta cultura per promuovere lo svilup-po di imprenditorialità in grado di dare slancio alla montagna anche tra i giovani. Il Marchio Prodotti Val Brembana creato 15 anni fa dà un grande contributo allo sviluppo e alla visibilità delle nostre eccellenze e poi non mancano fiere come quella di San Matteo, a settembre, ed altri appuntamenti, dalla Fiera del Ta-leggio, a luglio, alla Sagra dello Strachitunt, a ottobre. Stanno nascendo nuove associazioni e ci sono produ-zioni di nicchia che ormai si stanno affermando, co-me le mele di Moio de' Calvi, e non mancano piccole produzioni interessanti dalle erbe officinali allo zaffe-rano, da esempi di agricoltura biologica e biodinami-

I prodotti

Davide Calvi, sindaco di Moio de’ Calvi, presidente dell’Associazio-ne frutticoltori agricoltori valle brembana Afavb ha deciso di salva-re dall'estinzione la tipica mela del paese. Da 50 anni in amministra-zione, per 40 anni sindaco, tran-ne che per il mandato dal 2005-2009, appassionato di agricoltura

da sempre, ha promosso la nascita di un progetto

che ha fatto di Moio, paese di 220 anime,

la patria del-le mele.

"Siamo riusciti a preservare l'an-tica mela di Moio, una mela par-ticolare, verde con venature bian-che. Un prodotto che appartiene alla nostra tradizione, ereditata dai nostri vecchi che da sempre la coltivano in paese - spiega Davi-de Calvi -. La produzione è ancora di nicchia e non è ancora entrata a regime, ma grazie alla Provincia di Bergamo che ha partecipato all'acquisto di meli di altre varietà, in questi anni sono state piantate 130mila piante di mele trentine. La produzione dell'anno scorso è stata di 1.500 - 1.600 quintali e Moio ormai è conosciuta come pa-

tria bergamasca delle mele". Un percorso iniziato nel

2003 con l'analisi del terreno, che ha rileva-to la vocazione per la coltura delle mele: "Quelle prodotte qui hanno ben il 13.5% di quantità zuccheri-na. Il progetto ha con-tribuito a recuperare

terreni in disuso, da U-biale Clanezzo a Foppolo.

L’associazione conta oggi ben

300 associati: la vendita è princi-palmente diretta. dal produttore al consumatore, ma con l'Afavb in-tendiamo mettere in campo nuove iniziative di promozione ". Per far conoscere da vicino il mondo agri-colo montano, l'associazione sta facendo scuola: "Affezionarsi ai no-stri meli equivale ad amare la mon-tagna. Per questo stiamo creando un campo scuola per far conosce-re ai bambini la storia delle nostre mele, portandoli nei nostri frutteti. Un progetto iniziato l'anno scor-so con le scuole di Zogno, San gio-vanni Bianco, Serina e Oltre il Col-le che sta riscuotendo particolare successo".

Moio de' Calvi “patria” delle mele

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nascita di un progetto che ha fatto di Moio, paese di 220 anime,

la patria del-le mele.

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FOCUS

Davide Calvi

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ca ad esempi di agriturismo inno-vativi, come Ferdy”.• Quali altri progetti sono sta-

ti avviati nel territorio?“Stanno nascendo progetti im-portanti: a Corna Imagna le Co-munità della Valle Imagna e della Val Brembana e Slow Food con il Presidio per lo stracchino all’an-tica hanno dato vita alla realizza-zione del progetto della Casa del Bergamino. L’Ecomuseo della Val-le Imagna e della Val Taleggio sta investendo molto per recuperare le case tipiche montane con i tetti ne-ri in pietra, i famosi “tetti in piola” per dare vita ad un importante progetto; l’obiettivo è la creazione di un Atlante delle Baite con i tetti in piola, che sarebbero più di 100, e la loro omogeneizzazione, cui stiamo la-vorando con il Politecnico di Milano per un progetto di recupero in grado di dare un’immagine unitaria a-

gli edifici simbolo delle nostre Val-li; anche il Centro Studi per il Turi-smo e l’interpretazione del Terri-torio-Cestit dell’Università di Ber-gamo sta mettendo in campo un progetto per la loro valorizzazio-ne in chiave turistica e ricettiva. Ma anche qui la normativa ci met-te i bastoni tra le ruote: volevamo creare una nuova forma ricettiva, la "baita&breakfast", ma il proget-to di legge regionale sull'ospitalità

diffusa è stato stravolto. Nel 2008 la nuova formula di ricettività venne proposta da Frosio ed altri consiglie-ri regionali unitamente all'albergo e alla baita diffusa, ma venne approvato solo l'albergo diffuso, di cui ab-biamo un esempio eccellente a Ornica. Abbiamo più di mille baite sul territorio: il nostro obiettivo è realiz-zare un modello di baita diffusa e di baita&breakfast per portare tutto l'anno il turismo sugli alpeggi”.

A dicembre, un gruppo di appassionati, dopo la parte-cipazione ad un convegno internazionale di castanicol-tura a Cuneo, ha deciso di fondare un'associazione per replicare il modello piemontese in Bergamasca, valoriz-zando il patrimonio castanicolo diffuso nella nostra pro-vincia, dalla castagna-pesta ai biligòcc di Casale di Albino e Zogno. "La produzione castanicola bergamasca deve ri-qualificarsi e può rappresentare una risorsa da sfruttare per valorizzare un prodotto che è stato alla base dell'ali-mentazione dei nostri nonni in montagna e per recupe-rare boschi e terreni - spiega Lorenzo Lego, presidente dell'Associazione castanicoltori Bergamo -. In pochi me-si l'associazione, fondata da 11 soci, ha già raccolto 40 a-desioni: abbiamo coltivatori di castagno dalla Val Brem-bana e Val Seriana a Torre de' Busi, al confine con Lecco. Abbiamo partecipato a diverse manifestazioni, in primis alla Sagra dei Biligòcc a Zogno e stiamo portando avanti una politica di formazione e aggiornamento". A febbraio si è svolta presso la sala civica del Comune di Almenno San Bartolomeo un percorso di informazione teorico, seguito da una giornata sul campo, sul castagno e sulle pratiche di innesto, con esperti che hanno illustrato in un castagneto a Ubiale Clanezzo le principali tecniche di coltura. Al momento l'associazione non ha ancora una sede al di fuori di quella legale: "Da anni ci ritroviamo in un bar a Poscante ed è proprio lì che è nato il progetto. Ma abbiamo proposto all'Ersaf, l'Ente Regionale Foresta-le, di condividere il progetto e siamo in cerca di una se-de per poter promuovere al meglio questo prodotto, or-goglio della tradizione montana e collinare bergamasca".

La tradizione bergama-sca dei "biligòcc" nasce dalla ne-cessità della co-munità contadi-na di sostener-si con i frutti della sua terra. Soprat-tutto in tempo di guerra erano molte le fami-glie che ricava-vano dalla vendita delle gustose castagne, affu-micate e bollite, i mezzi per sfamarsi. A recuperare questa tradizione è stato Angelo Curnis, assessore alla cultu-ra di Zogno: "Un tempo a Santa Lucia i bambini aspetta-vano fuori dalla chiesa con impazienza la consegna di un misurino di biligòcc: un contenitore di metallo con 7-8 castagne per premiare chi si era comportato bene. Da sei anni proponiamo la Sagra dei biligòcc per non perdere i momenti di festa che hanno scandito da sem-pre la nostra storia. La distribuzione dei doni avviene a Santa Lucia e nel giorno della Madonna di Candelo-ra si svolge la seconda parte della festa per recuperare la tradizione dei mercanti della neve, che partivano da Zogno per scambiare in tutta la provincia, fino a Mila-no a San Siro, i biligocc con altri prodotti e venderli du-rante le fiere".

Ora anche la castagna ha la sua Associazione

E Zogno recupera la tradizione dei biligòcc

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DIBATTITI

Egregio direttore, formuliamo la presente in

ordine al commento apparso a pagina 12-13 della rivista “Affa-ri di Gola” di aprile 2011. Non le nascondiamo che il tono e l’allu-sione sono assolutamente fuori luogo nel caso di specie. La mani-festazione del Vinitaly è, per tutte le aziende, le associazioni e i Con-sorzi, un impegno di tempo e di denaro notevole, ma che consente

un approccio al grande pubbli-co dell’utenza vinicola. La nostra Azienda e quella di Savoldi aveva-no ben illustrato al Consorzio di Tutela Moscato di Scanzo le esi-genze per il proprio stand, gli spa-zi necessari e quant’altro; poiché il Consorzio aveva fatto una scelta di spazio comune e a rotazione, è divenuta scelta obbligata per l’A-zienda reperire uno spazio esclusi-vo proprio. Per di più, sempre con

l’Azienda Agricola Savoldi, veniva presentato il nuovo prodotto “Ver-miglio di Roxia”. Pertanto, non vi è stato alcun problema o diatriba tra la nostra Azienda e il Consor-zio, date le differenti esigenze ed impostazioni.La nostra Azienda, così come l’A-zienda Savoldi, fa parte del Con-sorzio Tutela Moscato di Scanzo, apportando la propria esperienza per una crescita collettiva di un prodotto che sempre più si affer-ma per la sua unicità, sia sul mer-cato italiano, che quello straniero. Ringraziando sin d’ora per l’ospi-talità e la doverosa precisazione, porgiamo i migliori saluti.

Frida TironiResponsabile Marketing La Brugherata s.a.s

Marcello Savoldi Azienda agricola Savoldi

Al Vinitaly “separati” per esigenze di stand

10 Affari di Gola maggio 2011

Nel leggere la vostra lettera scopro di aver usato un tono ritenuto “fuori luogo”. Immagino vi

riferiate a quanto da me evidenziato circa il fatto che tre aziende bergamasche non si sono presenta-te negli spazi dei loro Consorzi di appartenenza e, successivamente, al tentativo di capire perché non si sia voluta rafforzare ulteriormente la coesione dei Consorzi stessi. Ebbene, non trovo di aver usato un tono fuori luogo nell’evidenziare questo dato oggettivo. Anzi, nel leggere che “poiché il Consorzio aveva fatto una scelta di spazio comune e a rota-zione, è divenuta scelta obbligata per l’Azienda re-perire uno spazio esclusivo proprio”, si evince una conferma al mio pensiero circa il mancato raffor-zamento di una maggiore coesione. Quanto poi alla presenza di vini diversi dal Moscato di Scanzo,

esposti da parte di alcuni produttori, non si capisce come la presentazione di un nuovo prodotto possa essere stata una importante causa di “separazione”. Non mi pare siano emerse problematiche tra i produttori orobici nel far convivere realtà diverse, cantine da 800mila bottiglie accanto a produtto-ri da 15mila. Comunque, non ho mai parlato di problema o diatriba tra voi e il Consorzio, né fatto allusione in questa direzione. Volevo, e lo ribadisco, formulare un ulteriore appello all’unità e sottoline-are - ed è una mia opinione - che abbiamo perso un’occasione per rafforzare entrambi i nostri Con-sorzi che cercano di sviluppare una promozione, fortemente intrecciata al territorio, con protagoni-sti principali i propri associati.

Enrico Rota

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La promozione legata al nostro Valcalepio è tor-nata ad essere un argomento sensibile e quanto mai strategico. È utile continuare ad analizzare

questa situazione così centrale per il nostro ter-ritorio e per tutto l’indotto generato. Partendo da quanto è emerso durante la rassegna inter-nazionale del Vinitaly e arrivando all’intervista del consigliere nazionale Ais, Luca Castelletti, apparso su queste pagine nel numero di aprile, sono emerse situazioni e proposte che sarebbe sbagliato non cogliere e sviluppare. Quando gli input hanno valide basi di discussio-ne è bene approfi ttarne, visto che troppo spesso si registrano considerazioni inappropriate e di basso profi lo da parte di opinionisti che, nel pensare di sancire tendenze di mer-cato, criticano - senza, per fortuna, aver gran seguito - l’operato di seri produttori solo per poter salire in cattedra. Per non parlare delle sviste clamorose, come una recente guida che ha recensito sull’edi-zione 2011 la Perletti Spumanti, azienda da tempo non più attiva. Tornando alla promozione, è bene evi-denziare che per i bergamaschi è più complicato effettuare una promozione economica collettiva rispetto ad altre re-altà vicine. Il Franciacorta e il Lugana, per esempio, sono vini che possono vantare una produzione che supera i 9 milioni di bottiglie all’anno. Facile comprendere che, a parità d’investimento per bottiglia, abbiano a disposizione cifre diverse ri-spetto al comparto enoico bergamasco. Il quale, unendo le due denominazioni oggi presenti, non raggiunge, nelle annate pro-pizie, il milione e mezzo di bottiglie. Osservando poi chi produce, vale anche la pena ricordare che la promozione è

nelle mani “anche” dei produttori stessi: più vino si vende, più se ne parla, più il marchio si afferma. Una differenza importante a livello numerico è stata evi-

denziata tra gli espositori presenti al Vinitaly: 81 erano della Franciacorta e 75 del Lugana con-tro i 26 (di 2 denominazioni) bergamaschi. Di conseguenza, come abbiamo già sottolineato, la comunicazione di un vino non può essere un’esclusiva di un Consorzio, ma deve essere compito anche di tutti gli operatori del setto-re. Sono i produttori che danno vita al Consor-zio, che deve poi sviluppare buona parte del-la promozione. Quindi è un gioco di squadra,

che presuppone unità di intenti e coesione nell’azione. Una nuova e grande opportu-nità ci viene data dalla nuova Doc “Ter-re del Colleoni” che, oltre a permetterci di incrementare i numeri, “sdoganerà” i nostri spumanti e i vini aromatici. Ri-tornando agli argomenti propositivi, Ca-stelletti propone un lavoro sinergico tra produttori e Ais, coinvolgendo in modo deciso anche tutti i ristoratori. È una proposta coscienziosa e lungimirante. Auguriamoci che abbia seguito. Cantine, sommelier e ristoratori però si devono mettere in discussione e lavorare assie-me in un’unica direzione: diffi cilmente qualcuno si potrà opporre a questa “fan-tastica squadra”. Per chiudere, un’ultima considerazione: per rilanciare e svilup-pare un prodotto sono indispensabili anche supporti pubblicitari e la difesa ad oltranza della zona (e non del viti-gno), due armi necessarie per valorizza-re sino in fondo i nostri vini. Dimenti-carsi di questo, sarebbe come far svani-re sforzi e sogni che, in tutta onestà, ci meritiamo.

Il Valcalepio e la promozione,tra produttori e Consorzio ognuno deve fare la sua parte

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di Enrico Rotaconsigliere delegato

e responsabilevendite Italia della QUATTROERRE

di Torre de’ Roveri (Bg)Per ulteriori informazioni

scrivere [email protected]

Dopo l’intervista a Luca Castelletti (Ais)

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ACCADEMIA DEL GUSTOdi Roberta Martinelli

• Le creazioni estive di Ezio GrittiUn incontro tematico in cui il cuoco bergamasco seguendo la logica della stagionalità dei prodotti, esprime la propria personale fi losofi a di cucina attraverso accostamenti insoliti, volti alla continua ricerca dell’equilibrio perfetto. Come i tortellini al ripie-no di marmellata di arance, melone e capesanta.Martedì 7, dalle ore 10 alle 17

•Convivium di stelle con Cannavacciuolo Pranzo degustazione al ristorante Vil-la Crespi (Orta San Giulio - No) per conoscere i segreti dello chef Anto-nino Cannavacciuolo. Si parte dalla scuola di Osio Sotto alle 10.30. La giornata è aperta a cuochi e operato-ri della ristorazione. Mercoledì 1° giugno dalle 10.30 alle 17 circa

• Il dessertUn maestro pasticcere realizza ricet-te di facile preparazione per chiude-re al meglio una cena o un pranzo e rendere speciale ogni avvenimento.Lunedì 30 maggiodalle 20 alle 23A cura di Adriano Anastasio

www.ascomformazione.it

I CORSI

Se si domanda ad Enrico Crippa quali sono i suoi obiettivi, risponde semplicemente: «La felicità dei miei ospiti e, di conseguenza, la mia».

Nato a Carate Brianza nel 1971, Crippa ha da sempre la passione per la cucina. Da quando con il nonno paterno, durante le vacanze, andava al mercato e poi accanto alla stufa puliva, tagliava e preparava le verdure e la carne. Ve-dere un omone grande e grosso affaccendarsi con pento-le e fuochi è stata per lui, ancora bambino, l’illuminazio-ne. La passione è cresciuta ed è diventata un lavoro alla "scuola" di Gualtiero Marchesi. Poi ci sono state le colla-borazioni con alcuni tra i migliori cuochi europei: Chri-stian Willer alla Palme d’Or di Cannes, Gislaine Arabian al Ledoyen di Parigi, Antoine Westermann al Buerehiesel di Strasburgo, Michel Bras a Laguiole, Ferran Adria a El Bulli di Roses e l’avventura giapponese a Kobe, per Gualtiero Marchesi, e a Osaka, per il Rhiga Royal Hotel. Oggi è uno degli astri nascenti della cucina italiana e il suo ristorante Piazza Duomo, ad Alba, due stelle Miche-lin, compare nell’elenco dei luoghi di culto della cucina italiana, per “i piatti personali e attuali, armonici, leggeri, sapidi, a base di prodotti scelti con cura maniacale ed elaborati con precisione micrometrica”.

Un bel inizio, il suo, con Gualtiero Marchesi?«Beh, Marchesi ai tempi aveva una preparazione che in pochi potevano vantare. Ci ha fatto capire che questo mestiere non è solo cucinare, ma è anche or-ganizzazione, arte, cultura. Nel-le sue brigate già allora c’erano ragazzi stranieri».

Lei è stato defi nito un cuoco rigoroso, perfezioni-sta. Si ritrova in questa defi nizione?«È diffi cile defi nire una cucina. Se devo spiegare la mia, direi che è una cucina legata al territorio, alle stagioni, creativa, innovativa, leggera, moderna ma sempre legata a sensazioni e relazionata con la cucina classica. Non mi ritrovo nella defi nizione “fusion” che mi hanno dato alcu-ni giornalisti. Faccio una proposta anche legata al mare, oltre che alla terra, è vero. Ma siamo vicini alla Liguria e il pesce è un prodotto richiesto alla carta».Quali sono i suoi ingredienti irrinunciabili?«Cucino in campagna, se fossi stato in città la mia cucina non sarebbe com’ è. La cucina piemontese è prettamen-te legata alla stagione fredda, per questo si ha voglia di entrare nella primavera. Quindi per questo propongo

Lo chef bistellato del ristorante “Piazza Duomo” di Alba, spiega la sua fi losofi a e ammette: “Il cliente ideale? È quello che mi lascia fare. Solo così posso esprimermi al meglio”

Crippa: “Fare una cucina di qualità vuol dire non accontentarsi mai”

Per far conoscere il dietro le quinte della cucina di En-rico Crippa, l’Accademia del Gusto, mercoledì 22 giu-gno, organizza una degustazione al ristorante Piazza Duomo, che è allo stesso tempo una lezione di cucina. La partenza è fissata alle 10 dalla scuola di cucina di O-sio Sotto. La visita è aperta a cuochi e operatori della ri-storazione ed è l’ultimo appuntamento della rassegna “Convivium di stelle”, il ciclo di pranzi degustazione ai ristoranti stellati organizzato da Ascom Formazione. info: www.ascomformazione.it

Il 22 giugno la tappa al “Piazza Duomo”

CONVIVIUM DI STELLE

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13Affari di Gola maggio 2011

frutta, germogli, ver-dure. Poi l’inevitabi-le ritorno ai funghi, ai tartufi e alla selvaggina». Cosa signifi ca fare una cuci-na di qualità?«Non accontentarsi mai, puntare sempre a materie prime eccellenti. Anche occupandose-ne in prima persona. Noi, ad esempio, abbiamo un orto completamente nostro. E abbiamo chi per noi seleziona le nocciole e alleva i maiali». Come sta in salute la cucina italiana?«Bene direi. Ci sono sempre spazi di miglioramento, ma il prodotto italiano è di grande qualità». Che consiglio dà ai giovani chef? «Di partire con molta umiltà, di ascoltare i cuochi più preparati e di imparare tutto il possibile. Di restare attac-cati alle nostre radici, ai gusti che abbiamo imparato ad amare da piccoli. Poi se la fantasia c’è verrà fuori. Poi un altro consiglio: mai bruciare le tappe, correre verso il tra-guardo. Già, perché oggi tutti vogliono fare i cuochi, ma pochi accettano il sacrifi cio che comporta lavorare in cucina. I media ci hanno esaltati, ed è bello vedere come tanti ragazzi ambiscano a fare il nostro lavoro. Ma è bene che sappiano una cosa: per diventare grandi, come Mar-chesi o Cracco, per esempio, ci vogliono anni di duro lavoro, di totale dedizione alla causa». Quanto è rimasto dell’esperienza giapponese nel-la sua cucina?«Utilizzo pochi ingredienti giapponesi, il sesamo, qual-che alga. Quello che ho portato con me è la fi losofi a, l’amore per la stagionalità, per il mondo vegetale, il ri-spetto e l’attenzione per l’armonia delle forme, i colori, la successione delle cotture. Un amore e un rispetto che c’erano anche in Marchesi e che si ritrovano in tutti i suoi allievi».Il cliente perfetto come dovrebbe essere? «Quello che mi dà carta bianca, che mi lascia fare. È il mondo ideale per farmi conoscere meglio, far capire di più i miei piatti. Noi lavoriamo al 90 per cento con per-sone che non conosciamo. La prima volta il cliente non sa cosa aspettarsi e io non so quali sono i suoi gusti. Poi la conoscenza reciproca cresce. È come una sinergia.

Io mi segno cosa gli piace di più e cerco di asse-condare le sue preferenze, di farlo felice. È un po’ come avviene con i piatti della nonna che ci piacciono tanto perché lei ci conosce e sa i

nostri gusti».Conosce la ristorazione bergama-sca? I vini, i formaggi?«Ho lavorato per diverso tempo all’Al-

bereta di Erbusco, conosco alcuni col-leghi bergamaschi e molti vostri piatti:

le polente, i casoncelli, il taleggio e il formai de mut. La vostra è una cu-cina sincera, schietta, un po’ come la gente. Verace, rustica a volte, ben

precisa e concentrata nei gusti».

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Enrico Crippa

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Gli italiani sono sempre più single, mangiano fuo-ri casa, adorano il sushi e si affi dano alle opinio-ni delle foodblogger. Queste solo alcune delle

tendenze emerse da Tuttofood, la fi era agroalimentare che si è tenuta a Rho dal 7 all’11 maggio nel polo espo-sitivo di Fieramilano. Quindi spazio ai surgelati, alle mo-noporzioni, ai fi nger-food mangiati con gli amici per un aperitivo fuori casa ed alla rete come mezzo democrati-co per scambiarsi opinioni su ricette e ristoranti In&Out. Le abitudini di consumo cambiano, così come gli stili di vita e le norme che disciplinano tutta la materia alimen-tare negli esercizi pubblici. Questo trend si rifl ette anche sull’aumento delle cattive abitudini alimentari, tipiche delle economie industrializzate, con una sostanziale con-trazione della spesa per il cibo a favore dell’acquisto di beni e servizi. “I consumi alimentari sono passati da un peso del 40% negli anni Settanta, al 17% negli ultimi anni - ha spiegato Luciano Sbraga direttore uffi cio studi Fipe, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, durante un convegno sulla si-curezza alimentare -. Questo signifi ca che su 1 euro spe-so dagli italiani, soltanto 17 centesimi vanno in media per i consumi alimentari. Un trend che è strutturale in certe economie, ma che forse nel nostro Paese ha avuto un’accelerazione fi n troppo elevata”. Comportamenti sbagliati che sono speculari a quelli dei bambini che, secondo Fipe, non fanno colazione a casa, mangiucchiano snack e merendine, riservando alle men-se scolastiche il compito di supplire al primo pasto im-portante della giornata. Al tal riguardo, durante Tuttofood il ministro della Salute Ferruccio Fazio è intervenuto ad una tavola rotonda or-ganizzata da Fipe sul delicato problema della sicurezza alimentare e sulle novità riguardanti il Manuale di Cor-retta Prassi Operativa della Ristorazione. “Anche il risto-rante può diventare una sorta di tavola dietetica - ha spie-gato il ministro - per questo l’indicazione nei menù dei valori nutritivi e dei cibi allergenici potranno permettere ai nostri cittadini di fare le giuste scelte alimentari anche fuori casa”. Quindi più attenzione alle categorie fragili, non solo ai portatori di allergie, ben il 50% della popo-lazione, ma anche agli adolescenti che mangiano spesso nei fast food o che possono incorrere nell’abuso di alcol.

“Uno dei prossimi impegni, in confor-mità a quanto avvie-ne già all’estero - ha proseguito il ministro Fazio - sarà quello di predisporre un corso sull’alcol che formerà adeguatamente chi vende sostan-ze alcoliche”. Il ministero della Salute sta lavorando, in questo periodo, ad una sostanziale riorganizzazione di tutta la normativa vigente sulla sicurezza alimentare. Se infatti l’Ue è andata verso un’essenziale semplifi cazione, conferendo respon-sabilità diretta all’imprenditore per le strumentazioni usate e per gli effetti salutistici sugli alimenti trattati, la normativa italiana è rimasta indietro, legata ancora a leg-gi talvolta superate, risalenti addirittura al regio decreto del 1928. Il Codice della Sicurezza Alimentare, in prossima appro-vazione, sarà quindi la nuova normativa di riferimento su questo delicato tema, interpretando le competenze di 13 organismi, già interessati al controllo degli alimenti. Perché, al contrario di quanto accade oggi, il controllato non sia al tempo stesso il controllore. A Tuttofood si è parlato anche del nuovo Manuale sulla corretta prassi igienica redatto da Fipe e riconosciuto dal ministero della Salute, dov’è possibile trovare impor-tanti riferimenti per gli addetti del settore. Un’interessan-te novità è quella che tratta un delicato tema riguardante

A Tuttofood, la Fipe ha presentato il Manuale sulla corretta prassi igienica, mentre il ministero della Sanità ha annunciato la prossima approvazione della nuova normativa di riferimento. La parola d’ordine: prevenire comportamenti errati e tutelare i consumatori

La sicurezza negli alimenti tiene sempre più banco

L’EVENTO di Giordana Talamona

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prossimiconfor-

nto avvie-stero - ha l ministro

quello di un corso

e formerà adeguatamente chi vende sostan-

prassi igienica, a approvazione

• 12 milioni di italiani, di cui 9 milioni lavoratori, mangiano fuori casa ogni giorno

• Spesa media per un pasto 7 euro: 26% pizza, 15% un primo, 13% insalatona

• I pasti sono consumati per il 28% nelle trattorie o ristoranti, per il 22% nei bar e per il 18% nelle pizzerie a taglio

Le cifre del consumo fuori casa

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le nuove abitudini alimentari degli italiani, il consumo del sushi. Se in-fatti mangiare pesce crudo fa bene alla salute per le sue importanti pro-prietà nutritive, farlo senza le dovu-te cautele può essere estremamente rischioso per le eventuali intossica-zioni da parassiti. La parola d’ordine è abbattimento in tempi brevissimi, una tecnica che prevede di portare a -20 °C per 24 ore il pesce crudo, co-municando al consumatore, qualora venisse confezionato, l’abbattimento effettuato (ben diverso dalla tecnica del congelamento) e la varietà di pesce utilizzato. In tutti gli altri casi, va da sé, dovrà essere riportato sul menù. Ma se di sicurezza alimentare, cattive abitudini e cambiamento di stili di vita si è parlato, a Tuttofood è emer-sa un'altra interessante, paradossa-le tendenza: se noi siamo sempre meno attenti alla dieta mediterranea, all’estero si cerca e si vuole sempre di più il made in Italy. Prodotti ali-mentari della nostra tradizione che, disgraziatamente sui territori esteri sono sempre più contraffatti, ridotti a brutte copie dei nostri. Gli stranieri li chiamano fake o italian sounding, contro i real italian food ricercati come merce preziosa da ristoratori di mezzo mondo. Ed ancora una volta l’Oriente fa la parte del leone. “Il mercato cinese ha una fame pazzesca di prodotti ita-liani - ha spiegato durante uno show cooking lo chef Claudio Sadler che ha recentemente aperto un risto-rante a Pechino - anche se è ancora poco preparato alla fi losofi a dell’al-ta cucina italiana. Hanno ancora in mente i classici “pizza e spa-ghetti”. Ad oggi Shangai e Honk Kong sono state invase da vino e olio italiano, Pechino è arrivata dopo, quindi è più dif-fi cile far passare nella capitale l’alta cucina del nostro Paese”.

Sono 14 i produttori di formaggi d’eccellenza premiati da Tutto-food 2011, nell’ambito del “Cheese Award”, l’ormai tradizionale

concorso appositamente dedicato al settore lattiero-caseario, che, nella terza giornata della rassegna agroalimentare milanese, ha vissu-to il suo momento conclusivo. Una giuria composta da esperti e ristoratori scelti dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi e pre-sieduta da Lino Stoppani (pre-sidente della stessa Fipe), dopo un’attenta selezione incentrata sulle caratteristiche organolet-tiche e le tecniche di lavorazio-ne e di stagionatura, ha decreta-to dunque che tra le 51 aziende di formaggi in gara nella terza edizione di Tuttofood, a riceve-re il tradizionale attestato del “Cheese Award Tuttofood 2011” dovessero essere i seguenti pro-duttori: i Fratelli Scollo per il caciocavallo siciliano “Ragusa-no Dop”, l’azienda Mario Costa con il Gorgonzola “piccante” An-tica Bontà, le Fattorie Fiandi-no per l’Ottavio e Lou Bergier, i fratelli Pozzalli per la “Raspa-dura” e la “Lodigrana” in sacchet-to salvafreschezza Bella Lodi. premiati anche i bergamaschi, la casa Arrigoni Valtaleggio con il “Rossini” e Casarrigoni con il formaggio di pasta molle Rocco-lo Valtaleggio. Nell’elenco anche la Toniolo Casearia (per i formaggi Nonno Ti-to Casaro, Menta, Capruccio, Pincion Riserva, Morlacco), la Casearia Carpenedo per i formaggi Monteo, Basajo, Baronerosso, la Delizia spa per il caciocavallo stagionato in grotta, il Caseificio Gennari

Sergio & figli, la società coop agricola La mar-chesa per la sua mozzarella di bufala campa-

na Dop, la Agrozootenica Marchesadi E.Parente, l’azienda il Forteto per il

pecorino toscano dop Oro antico, il pecorino Re Nero, il pecorino ‘Brina-ta’ formaggio muffettato di pecora ed, infine, la Fattoria della Piana, azienda che con il suo “pecorino calabrese” riserva max è riuscita ad aggiudicarsi il prestigioso ricono-

scimento per la terza edizione con-secutiva.

Cheese Award, Tuttofood premia anche i bergamaschi

15Affari di Gola maggio 2011

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16 Affari di Gola maggio 2011

TEMPI MODERNIdi Giordana Talamona

È da piccoli che si forma il palato che, una volta adulti, ci permettere di apprezzare i piaceri della cucina. Ma il confronto coi piccini non è dei più facili, anche al ristorante. Abbiamo chiesto cosa ne pensano tre grandi chef. Ecco il loro responso

Bambini a tavola,che sfi da educare i futuri gourmand!

Viene da una cultura contadina fatta di tradizione e sem-plicità, da una terra, la Toscana, che gli ricorda i nonni, con quelle colazioni fatte col pane, burro, zucchero e il latte appena munto. Aimo Moroni è uno chef che viene dalla terra, che con Nadia, sua moglie, ha creato uno tra i più celebrati ristoranti di Milano “Il luogo di Aimo e Nadia”. “La grande cucina non è ricca o povera, ma buona” - dice con convinzione, ricordando quanto siano importanti le materie prime e la stagionalità, per fare di una semplice ricetta un grande piatto della tradizione italiana. Questa filosofia Aimo non l'ha messa solo nella sua cucina, ma ancor di più nell'educazione alimentare e sensoriale che, con Nadia, ha impartito ai suoi figli e nipoti. “Guardo con tristezza le altre nonne che al parco danno le merendine preconfezionate ai loro nipotini - spiega - Per un'alimen-tazione sana, è molto meglio pane leggermente tostato e marmellata fatta in casa”.Mangiano tutto i suoi nipotini di 4 e 6 anni? “Certamente, perché li abbiamo abituati da subito. Sono convinto che educarli ad una corretta alimentazione sin da piccoli possa essere estremamente salutare, soprattut-to a lungo termine. L'esempio di quel che dico sono io: uno uomo di 77 anni che, quando fa gli esami, non ha un valore fuori posto. E non sono diverso da chiunque altro, queste buone abitudini sono alla portata di tutti. Non a caso Ippocrate diceva «l'alimento deve essere anche un medicamento»”.Nel suo ristorante arrivano spesso famiglie con bambini. Cosa mangiano? “Il 96% dei bambini chiede piatti fuori menù. Qualche se-ra fa una mamma mi ha chiesto di non mettere il basilico

sugli spaghetti al pomodoro, perché non piaceva a suo fi-glio. Il basilico, dico io, una delle erbe aromatiche più im-portanti nella nostra cucina. Come secondo mi ha chiesto di fare le orecchie d'elefante, delle cotolette fini e larghe con molta pastella. È un peccato che li si abitui a mangia-re così, perché non solo manca il giusto equilibrio nutri-tivo, ma il bambino perde molto di quella che sarà la sua memoria gustativa”. Cosa intende? “È l'affinamento del palato legato alla memoria. Io ricor-do ancora le uova che mangiavo dai nonni, quando ero bambino. È stato grazie a questo “dischetto della memo-ria” se ho saputo ritrovare, a distanza di anni, quel sapore specifico nelle uova di Paolo Parisi, un allevatore che fa razzolare a terra le sue galline livornesi. Sono come quel-

Aimo Moroni: “Il 96% dei bimbi chiede piatti fuori menù. Non è un bel segnale”

Aimo Moroni (al centro)

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uesto non mi piace e non lo mangio!”. Alzi la mano chi, col proprio fi glio, non ha dovuto sudare almeno una volta le fatidiche sette camicie per fargli mangia-

re frutta, verdura, pesce o minestra. Capricciosi? Forse. Esigenti? Senza dubbio. Certo è che questi fi gli non sono solo lo specchio dei genitori, ma ancor di più di una so-cietà che corre veloce ingollando cibo preconfezionato dal sapore incerto ed omogeneo. Pappette alimentari, ecco ciò a cui li stiamo abituando sin da piccoli. Ma se di educazione si può parlare con nostri fi gli per quel che attiene la scuola e le buone maniere, perché non fare altrettanto per ciò che concerne il gusto? Se i sensi non sono cambiati alla stessa velocità dell’industria alimen-tare, basterebbe solo risvegliarli e riappropriarsene. Ed allora che educazione sensoriale sia, come ci hanno spiegato Giuseppe Capano, chef esperto di alimen-tazione, Aimo Moroni, maestro indiscusso del gusto, e Davide Oldani, con la sua cucina pop alla portata di molte tasche.

le dei miei nonni, ma se non le avessi provate allora che termine di paragone avrei avuto?”. Come si può educare un bambino a tavola? “Innanzitutto il bambino deve provare tutto. Di norma vede cosa mangia l'adulto, lo osserva e tendenzialmente lo emula. Di recente siamo andati a mangiare in un agri-turismo nel tortonese con tutta la famiglia. Ebbene, i miei nipotini hanno assaggiato un po’ di tutto, compreso bol-lito e verdure”. È la stessa educazione che ha avuto dai suoi geni-tori? “Vengo da una famiglia nella quale la mamma era una cuo-ca privata e il papà carabiniere. Se per il pranzo, faccio un esempio, la mamma aveva preparato il fegato alla venezia-na ed uno di noi quattro figli non lo voleva mangiare, il babbo ci diceva “Bene, lo mangerai questa sera, altro non c'è”. Se la stessa cosa avveniva a cena, idem come sopra. Vede, in questo modo abbiamo imparato a mangiare tut-to e la stessa educazione l'ho data ai miei figli e nipoti”. L’ultimo menù che ha cucinato per i suoi nipotini? “L’altro week end ho preparato dei pomodorini ciliegino molto maturi, con sopra una dadolata di bufala, un filo di olio extravergine d'oliva e del basilico. Poi come primo ho fatto un risotto con i carciofi castraure e del burro, non tanto, solo per legare, poi un filo d'olio e delle erbette a-romatiche. Come secondo l’entrecote appena scottata in finissima crosta di pane e dei fagiolini come contorno. In-fine una macedonia di frutta fresca. I miei nipoti hanno as-saggiato un po’ di tutto. Ho dovuto cedere solo su un’insa-latina con della cicorietta, che non piaceva alla mia picco-lina, ma ogni tanto si può fare”.

“Q

È chef, consulente alimentare e ha all’attivo nume-rose pubblicazioni sulla salute in cucina. Giuseppe Capano opera nel settore sin dagli anni Ottanta, col-laborando con medici specializzati nel rapporto tra alimentazione e salute. Da queste esperienze e, an-cor di più, da quella di padre è nato il libro “La cu-cina per i bimbi”, scritto a quattro mani con la gior-nalista Cornelia Pelletta, una guida sul corretto stile alimentare dei bambini, con ricette e trucchetti per stimolarne il gusto. È giusto coinvolgere i bambini nella prepara-zione dei pasti? “È fondamentale se li si vuole educare ad un corret-to stile alimentale. Per tutti i bambini la regola gene-rale è stimolare tutti i loro sensi, far sentire i profu-mi dei prodotti a crudo, come cambiano una volta cotti, sentirne il rumore quando si tagliano a pezzi, farne percepire con le mani la consistenza, il peso e la forma”. Da che età è possibile educare il gusto? “Dallo svezzamento in poi, più si aspetta e più dif-ficilmente si possono correggere comportamenti sbagliati. Ritengo che la prima auto-educazione do-vrebbe essere quella dell’adulto perché pretendere di far mangiare delle zucchine al bambino, quando il genitore stesso non le sfiora nemmeno, è un puro controsenso”.Non trova che sia sbagliato non abituarli, sin dalla tenera età, a sapori più evoluti?“Sì assolutamente, questo atteggiamento di dare al bimbo prevalentemente sapori anonimi, tendenti al dolciastro, è completamente sbagliato. La parola d’ordine è gradualità e buon senso. Non c’è nulla che un bambino sano, a parte erbe e spe-zie forti, non abbia la capacità di ap-prezzare e capire se guidato da un adulto consapevole”.Qualche regola per i più pic-coli? “E' molto importante prestare at-tenzione alla temperatura del cibo che il bambino ingerisce. Un cibo freddo o troppo caldo, anche solo di pochi gradi, può essere per lui fonte di rifiuto ancora prima dell’assag-gio. Istintivamente, infat-ti, il piccolo è portato a pensare, soprattutto nei primi anni, che la temperatura sia sem-

Capano: “Occhio alle temperature delle pietanze. Possono fare la differenza”

acità di ap-ato da un

più pic-

stare at-del cibo

. Un cibo che solo di r lui fonte di ssag-

Giuseppe Capano

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pre quella del latte materno o di quello consumato nei primi mesi”.E per i più grandi? “Una potente molla è quella di coinvolgerli nelle operazioni di cucina. Mi preme sottolineare che tutto questo deve essere fatto senza creare ansia e ango-scia nel bambino. È comprensi-bile la paura dell’adulto nel mo-mento in cui usa uno strumen-to potenzialmente pericoloso come il coltello, ma trasmettere continui timori fa percepire u-na mancanza di fiducia dell’a-dulto che, alla fine, si traduce in un’immagine negativa della cucina”.L’obesità infantile è una pia-ga pericolosa. Qualche sug-gerimento? “Questa delle merendine pre-confezionate è un abitudine ve-ramente deleteria, ma difficil-mente l’adulto ne ha consape-volezza. Il vantaggio di non do-verle preparare è troppo forte e la pubblicità camuffa ad arte i rischi trasformandoli a volte, per assurdità, in vantaggi die-tetici. Credo che la soluzione sia quella di vincere la pigrizia smettendo l’alibi del tempo. Preparare una torta o dei sani biscotti costa, in termini di tem-po, quanto andare e tornare da un supermercato più o meno vicino”. E nel caso dell’inappetenza? “Lo considero un problema an-cora più grave e, in alcuni casi, devono entrare in gioco le ca-pacità dei professionisti della medicina comportamentale. Si tratta in sostanza di un cattivo rapporto con il cibo che nelle forme lievi è facilmente supe-rabile, ma spesso comporta am-biti psicologici complessi. Con-siglio in famiglia di organizzare i pasti a orari uniformi nel tem-po, variare il più possibile i cibi preparati, spegnere la televisio-ne e avere un clima sereno a ta-vola conversando”.

È l’artefice dell’alta cucina pop, come popolare, un paradosso ap-parente che Davide Oldani ha sdo-ganato da qualche anno col suo ri-storante, il D’O di Cornaredo. Da lui, che è stato celebre allievo di Gualtiero Marchesi, si può provare la cucina d’autore spendendo cifre alla portata di molte tasche, grazie ad una filosofia di riduzione degli sprechi e di democrazia del gusto che Oldani ha imparato, sin da pic-colo, dalla famiglia. Un’opportuni-tà in più per quei genitori curiosi ed attenti all’educazione sensoria-le dei propri figli, che possono ten-tare strade gustative più ricercate, senza spendere un occhio della te-sta. Unico requisito è la pazienza, perché per un tavolo al D’O occor-re attendere qualche mese, ma d’al-tronde cosa non si fa per i propri fi-gli e… per il proprio gusto?In questa società bombardata dalla pubblicità e dall'industria alimentare com'è possibile e-ducare il palato dei più piccoli? “Credo che i genitori dovrebbero, sin dall'inizio, sforzarsi di far assag-giare ai propri figli il più possibile, per dar loro in seguito la possibilità di scegliere”.

È capitato an-che a lei da bambino? “I miei genito-ri mi hanno in-segnato quan-to in cucina i

leggeri

contrasti tra i sapori potessero di-mostrarsi piacevoli. Ricordo quan-do da piccolo mio padre mi fece provare del formaggio con un toc-co di marmellata. All'inizio ero un po' restio, ma lui mi invitò ad assag-giare questo abbinamento perché il dolce, mi diceva, avrebbe smor-zato un po’ l'acidità del formaggio. Provai e mi piacque. Oggi formag-gio e marmellata è diventato un ab-binamento classico”. Cos'altro le hanno insegnato? “L'educazione a tavola e l'impor-tanza della convivialità. Questi principi sono il leit motiv del mio ristorante”. I gusti cambiano e si evolvono anche attraverso l'esperienza diretta? “Direi di sì, fino a dieci anni fa non mangiavo i piatti piccanti, poi ho passato un periodo in Giappone e non solo mi sono abituato, ma ho iniziato ad apprezzarne la cucina”. Al D'O quali sono le ricette che i bambini apprezzano maggior-mente? “Quando mi trovo davanti una fa-miglia, consiglio per i ragazzi dei piatti molto semplici, gustosi, ma e-quilibrati. Per esempio del riso deli-cato, senza soffritto, completato da un'infusione di zafferano messo al centro della preparazione. I bambi-ni trovano divertente il contrasto del giallo sul bianco, ma soprattut-to apprezzano il gusto dello zaffe-rano e del riso puro. Vanno molto anche i volatili, come le quaglie o il galletto, con delle verdurine di sta-gione come contorno”. Qual è il segreto? “Come ho scritto in un mio libro, la buona cucina deve piacere sia ai bambini che agli anziani, perché se piace ai primi, che hanno un palato ancora vergine, vuol dire che l'ar-monia dei sapori è stata raggiunta, se piace ai secondi, significa che abbiamo rispolverato il gusto della tradizione”.

Oldani: “Effi cace la scelta di giocare su un leggero contrasto dei sapori”

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Davide OldaniAffari di Gola maggio 2011

Page 19: Affari di Gola - maggio 2011

Il nostro territorio è fra le aree più avanzate d’Italia per quel che concerne i consumi e la qualità

del gelato artigianale.Oltre 310 gelaterie garantiscono ogni anno, nella Bergamasca, più di 6mila tonnellate di gelato artigianale, 3.500 delle quali sono destinate ai coni e ai bicchierini da “impulso”, 1.500 alle termoscatole da “asporto”, le rimanenti a coppe e a semifreddi da “sosta”.

Degustare con piacereNaturalmente, al primo posto c’è sempre il cono, perché è il simbolo riconosciuto del gelato artigianale,

ne valorizza le qualità e, con le sue

ghiere, facilita

Tanto se ne produce ogni anno a Bergamo. Il cono resta in cima alle preferenze

Gelato artigianale, 6mila tonnellate di puro gusto

19Affari di Gola maggio 2011

I consumatori bergamaschi sono ormai abituati a scegliere il meglio: l’offerta è vasta, ben articolata e capillare e permette di scegliere la pro-pria gelateria di fiducia, quel gusto o quella specialità particolare che fanno preferire un locale e poi generano un passaparola positivo che di-venta più efficace di qualunque pubblicità.Gelaterie belle, pulite, sobriamente eleganti creano quella atmosfera ir-ripetibile che è fatta di attesa, di curiosità, di gioia e di piacere della con-sumazione: le vaschette espongono gusti di gelato che devono essere fa-cilmente riconoscibili dal consumatore per la loro struttura e per i loro colori come naturali e ben realizzati, non artefatti, non troppo alti o pa-sticciati, non con colori eccessivi e inevitabilmente artificiali.Ogni giorno sempre di più si afferma la tendenza a scegliere la genuini-tà e a premiare le gelaterie che la pongono come obiettivo qualificante.Il cartello degli ingredienti è importante e la dice lunga su quanto va-le quel particolare gelato: nei gusti al latte (le cosiddette creme) proprio il latte intero fresco deve essere al primo posto, seguito poi dalla panna fresca, dagli zuccheri e da ingredienti che si qualificano da soli (la noc-ciola deve essere prodotta con nocciole possibilmente delle Langhe trilo-bate, il pistacchio migliore è quello di Bronte in Sicilia, il cioccolato è re-

La qualità al primo postoArnaldo Minetti, imprenditore del settore, formatore, sintetizza così la realtà della nostra provincia

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20 Affari di Gola maggio 2011

alizzato con cacao e copertura fondente… ); nei gusti di frutta proprio la frutta deve essere al primo posto se vogliamo che la percentuale utilizzata sia elevata, poi gli zuccheri, magari di alto profilo come fruttosio e zucchero d’uva.Anche in questo caso è qualificante la presenza di frutta eccellente, come il limone di Sorrento Igp, e le produzioni del nostro territorio, magari con un paio di alternative tropicali.Anche nelle proposte innovative, il consumatore competente non rincorre più le “novità ad ogni co-sto”, basate solo sulle mode e sull’apparenza, con gu-sti strampalati e inventati a tavolino (magari zeppi di coloranti), ma ricerca proposte legate alla stagio-nalità o alla reinterpretazione di dolci locali o dell’e-nogastronomia del territorio: con questa scelta si sod-disfa la curiosità e si rivisitano sapori che rafforzano la cultura e la storia della nostra terra.Vale la pena ricordare che all’offerta di nu-merosi gusti nelle vaschette delle vetrine e-spositive si aggiungono proposte stimolanti come gli stecchi artigianali, i biscotti ripieni, torte e semifreddi, monoporzioni, granite naturali, tutti all’insegna della qualità.

la lavorazione a spatola, che è un altro emblema dell’artigianalità in gelateria. Un gelato artigianale fresco e genuino si riconosce subito e garantisce “il” piacere della degustazione: alcune gelaterie hanno aggiunto alla ricettazione nobile anche l’utilizzo della micronizzazione, una nuova fase produttiva, dopo la pastorizzazione e prima della mantecazione, che consiste nel far girare la miscela del singolo gusto a 48mila giri al minuto per ottenere una dimensione di 50 micron delle particelle di gelato e un tessuto dello stesso molto raffi nato e delicato, quindi con una palatabilità gradevolissima. È una esperienza sensoriale che vale la pena conoscere e poi ricercare: dimostra che il gelato artigianale non si accontenta di un eccezionale gradimento consolidato nel tempo, ma è in ulteriore miglioramento.

segue a pagina 23

nomia del territorio: conn quq estaa sceeltlta a si sodd-uriosità e si i ririviv sitano sapaporri i che e raafffforo zaano a e la storia della nostra terrra.a.

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Arnaldo Minetti

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21Affari di Gola maggio 2011

Nel periodo primaverile ed estivo i consumi di gela-to artigianale si impennano e tutti i gusti di frutta

hanno incrementi considerevoli, ancor più dei tradi-zionali gusti al latte come nocciola, pistacchio, crema all’uovo, fi ordilatte e cioccolato.Il miglior gelato di frutta è realizzato senza latte, per evi-tare che abbia una consistenza troppo cremosa e per far sì che venga ottenuto il sapore specifi co di ciascun frutto, a maggior ragione se si tratta di agrumi.Gli ingredienti sono altamente naturali: frutta, zuccheri (in particolare di canna), fruttosio e zucchero d’ uva, ac-qua, fi bre vegetali, una piccolissima presenza di farina di semi di carruba o di pectina.Più è alta la percentuale di frutta e più è buona, migliore sarà il gelato prodotto.Nella classifi ca dei consumi, la fragola occupa sempre la prima posizione, seguita dal limone, meglio se di Sor-rento Igp: seguono i frutti di bosco, pesca, albicocca, ba-nana, melone, ananas e via via i vari frutti di stagione e qualche offerta di esotici e tropicali, mango, papaya…È molto apprezzato anche l’abbinamento con lo yogurt.Nelle coppe è richiesto l’accostamento di gusti di creme e frutta, oppure fra più gusti di frutta, o ancora fra gelato e frutta a pezzettini: richieste anche le salse di frutta na-turale, calde o fredde, per tranci e dessert al piatto.

Un particolare successo stanno riscuotendo in questi ultimi anni gli stecchi artigianali di frutta, che vengono proposti in una vasta gamma di gusti, tutti con un’altis-sima percentuale di frutta. Molto gettonate in gelateria anche le granite naturali.I consumatori competenti premiano l’offerta più attenta alla genuinità e alla qualità: se nel cartello degli ingre-dienti la frutta è al primo posto, se la vetrina presenta va-schette di un gelato con una bella struttura, senza colori sgargianti, senza essere troppo alto e pasticciato, allora si può essere sicuri che quel prodotto è ben realizzato e regalerà il piacere della degustazione.La sinergia fra gelaterie e prodotti del nostro territorio è un ulteriore punto di prestigio e rafforza la scelta di valorizzare l’eno-gastronomia bergamasca attraverso sa-pienti ricettazioni delle gelaterie di fi ducia.

La frutta sempre protagonista, fragola e limone i gusti preferiti

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22 Affari di Gola maggio 2011

IL BUON GELATO ARTIGIANALEIL BUON GELAT“La merendanon si paga”,l’omaggiodei gelatieriai piùpiccoli “La merenda

non si paga” è la manifestazione sim-

bolo dei gelatieri berga-maschi aderenti al Co. Gel.

Ascom, che torna per la gioia dei più piccoli. I punti vendita che partecipa-

no all’operazione distribuiscono infatti ai bam-bini delle scuole dell’infanzia e delle elementari della

propria zona degli speciali buoni con i quali possono riti-rare nella gelateria stessa dal 24 al 27 maggio un cono omag-

gio. Quest’anno il Comitato ha riservato un gesto anche per chi è meno fortunato e consegnerà al reparto pediatrico degli Ospedali

Riuniti di Bergamo gelato da distribuire ai bambini ricoverati: per-ché sia davvero una festa per tutti!L’iniziativa fa parte di Gelateria di Fiducia, la campagna dedicata alla promozione del prodotto artigianale che dalla primavera all’autunno offre ai consumatori una serie di opportunità per conoscere l’offerta bergamasca, alla quale hanno aderito quest’anno 46 esercizi. Il calen-dario si è aperto ad aprile con “Il mese del gelato tricolore” - durante il quale i gelatieri, per celebrare il 150esimo anniversario dell’Uni-tà d’Italia, hanno realizzato coni e coppe ispirate al bianco, rosso e verde e premiato i disegni dei bambini – e si chiuderà ad ottobre

con la “Festa dei nonni” che per questa edizione entra nelle ca-se di riposo e nei centri anziani con una fornitura gratuita a-

gli ospiti da parte delle gelaterie.

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23Affari di Gola maggio 2011

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Le mete dei consumatori sono le numerose gelaterie di impulso e asporto, collocate nei centri storici, nelle località turistiche, nelle vie di passaggio e nei centri commerciali e caratterizzate dal consumo di coni, bicchie-rini, stecchi e granite e dalla vendita di ter-moscatole per il gelato da consumare a casa. Notevole è anche il ruolo delle gelaterie - caf-fetterie con un forte consumo delle coppe al tavolo o nelle verande e giardini, così come è in crescita l’offerta di buon gelato artigianale nella ristorazione. L’obiettivo comune dell’in-tero settore è quello di estendere ulteriormen-te il consumo domestico. Nelle gelaterie di fi ducia della Bergamasca, il consumatore sa comunque che si lavora quotidianamente per coniugare tradizione e innovazione, con pro-fessionalità e creatività, accrescendo il piace-re di tutti coloro che cercano, gustano, amano il buon gelato artigianale.

La formazione dei gelatieriSignifi cativo è infatti il buon livello di qualità che i locali riescono a offrire: l’attenzione alle materie prime genuine e agli ingredienti com-posti di alto profi lo si è coniugata con la cura dei percorsi formativi, non solo per i gelatieri di recente professionalizzazione, ma anche per gli esperti, grazie alla formazione perma-nente e a frequenti giornate dimostrative.La conoscenza degli ingredienti e delle tecni-che e del ciclo produttivo, espositivo, l’appli-cazione corretta dei protocolli igienico-sanita-ri, le tematiche di comunicazione e marketing sono aspetti fondamentali per la crescita pro-fessionale degli operatori e per garantire alto livello al gelato prodotto.

Un settore dinamicoAlle centinaia di gelatieri e loro collaboratori si aggiungono centinaia di posti di lavoro ga-rantiti dalle aziende del settore: un conifi cio, aziende di macchinari, molti arredatori, ditte di distribuzione specializzata, aziende di in-gredienti composti e di termoscatole, addetti alle manutenzioni, senza contare gli occupati dell’agricoltura e delle centrali del latte per le materie prime. Questa forza e questa vitalità economica spiegano le ragioni dei successi e spiegano anche perché viene incentivata la scelta della qualità e la ricerca dell’eccellenza per consolidare l’apprezzamento da parte dei consumatori. Con tutte queste premesse, gli operatori bergamaschi sentono il dovere di mettere a frutto le loro potenzialità e di eccel-lere nel gelato artigianale.

IL BUON GELATO ARTIGIANALETO ARTIGIANALE

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24 Affari di Gola maggio 2011

Point Italy, benvenuti nel modernoL’arredamento di uno spazio si costruisce grazie alle

soluzioni offerte dal design, alla creatività di chi progetta e, soprattutto, alla competenza di chi realizza. È un mix di fattori che, in un mercato sempre competi-tivo e affollato, fa la differenza. Per questo scegliere il professionista giusto a cui affi dare l’arredamento di un proprio spazio è un momento decisivo.Alla Point Italy Sas di Grassobbio - azienda che si è ritagliata un meritato spazio nel settore degli arreda-menti per bar, ristoranti, alberghi, negozi e arredocasa - la professionalità è una parola d’ordine che fa rima con gusto e affi dabilità. Merito della trentennale esperienza maturata anche all’estero di Gilberto Andreini, fonda-tore e anima della società. Basta, del resto, dare un’oc-chiata a quanto sino ad oggi realizzato per scoprire l’ar-monia degli arredi, gli ambienti unici ed esclusivi ricchi di forme e colori, ideati per stupire e abbagliare. Un aspetto, quest’ultimo, evidente soprattutto nel compar-to delle gelaterie, delle gastronomie e dell’hotellerie. Tutto questo è stato realizzato, e si realizza, grazie alla stretta collaborazione tra la Point Italy e il Gruppo Sifa Sinthesi spa, leader nel settore degli arredamenti per pubblici es ercizi. Un binomio vincente che dura da anni, con risultati più che soddisfacenti. I ruoli sono ben defi niti: all’azienda bergamasca spetta il compito della supervisione dei locali da arredare, della proget-

tazione degli arredi e del rapporto commerciale con il cliente, mentre al gruppo marchigiano compete la rea-lizzazione vera e proprio dell’arredo.La stretta collaborazione tra le due realtà consente al cliente di avere un arredamento su misura, defi nito in base alle proprie necessità e con la possibilità di sce-gliere le migliori offerte disponibili. Una fl essibilità a tutto campo che offre al cliente anche la possibilità di optare per una soluzione fi nanziaria personalizzata.“Il nostro intento - spiega Gilberto Andreini - è quello di soddisfare con classe e gusto tutte le richieste, s e g u e n d o in manie-ra diretta, dall’inizio alla fi ne, le fasi del lavoro che ci viene commissiona-to. Questo è possibile grazie all’affi dabilità e alla pro-fessionalità dei nostri collaboratori. Riusciamo infatti a spaziare in ogni ambito dell’arredamento con piani d’investimento ritagliati su misura e una vasta gamma di complementi d’arredo che garantiscono alla clien-tela una sicurezza totale nel processo lavorativo e nel risultato fi nale”.

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25Affari di Gola maggio 2011

L’attività ha cambiato volto a più riprese, come è giusto che capiti in quasi ottant’an-

ni di vita: dalla locanda con osteria e cucina, aperta nel 1934, al ristorante fi no alla caffetteria. Ma gli abitanti di Chiuduno, in fondo, quello stabile in largo Europa 1, sulla provinciale, lo hanno sempre identifi cato con la fi gura di nonno Ubaldo, punto di riferimento in paese per un goloso gelato artigianale sin da quando i coni costavano 5 e 10 lire. È questa tradizione che i nipoti hanno voluto rinverdire e valorizzare nel recente rinnovo del Caffè del Cioccolato, che ora dà più spazio alla gelateria con un apposito corner a marchio “Il Gelato di Ubaldo”. Nel restyling (che arriva a nemme-no dieci anni da un precedente in-tervento) linee pulite ed essenziali, come i colori ed i materiali, dialoga-no con grandi foto d’epoca a sotto-lineare la continuità tra la sapienza artigianale e le nuove tendenze del gusto. «L’obiettivo – spiega Nicco-lò Finazzi, amministratore della società – è mantenere una piccola produzione di qualità. Abbiamo au-mentato da 12 a 18 i gusti disponi-bili, continuando a puntare su in-gredienti selezionati, a cominciare dal latte fresco intero e dalle uova biologiche fi no al pistacchio puro di Bronte e al limone di Sorrento Igp. Abbiamo inoltre scelto di utilizzare i “vecchi” pozzetti invece della vetri-na, non per un fatto d’immagine, ma perché garantiscono una migliore

conservazione delle caratteristiche organolettiche del gelato». Se il vanto di nonno Ubaldo era il fi ordilatte - «gusto sul quale gli in-tenditori misurano la bravura del gelatiere», sottolinea Finazzi – oggi la scelta spazia dall’amaretto al ba-cio, dal cioccolato alla stracciatella (dove vengono utilizzate materie prime della Lindt, azienda di cui il locale offre un’ulteriore ampia sele-zione di golosità), dai gelati con frut-ta fresca alla “Crema di Ubaldo”, con uova e cannella. Oltre al classico cono si può optare per una delle tre coppe da passeggio (Baciosa, Natu-rale o Variegato Nutella) o scegliere tra le circa trenta proposte da gusta-re al tavolo. La produzione del gela-

to è curata dallo zio Antonio Finazzi, mentre la moglie di Niccolò, Silvia Nembrini, e la cugina Paola Finazzi gestiscono il locale con l’aiuto di quattro collaboratrici. «Proporremo anche la consegna del gelato a do-micilio – anticipa l’amministratore – e stiamo lavorando sulla produzio-ne artigianale di gelati sullo stecco e ghiaccioli. Ci piacciono l’innova-zione e l’originalità e non è un caso che per l’inaugurazione abbiamo giocato con gli abbinamenti tra gela-to e cibo proponendo, ad esempio, un gelato al Prosecco con riso tar-tufato, stimolati in questo dall’altret-tanto storica attività di ristorazione della famiglia nel vicino ristorante Pastimbaldo».

Storico punto di riferimento a Chiuduno per la produzione artigianale,il Caffè del Cioccolato ha rinnovato i locali e dedicato più spazio alla gelateria

Il Gelato di Ubaldo, un angolo di bontà

Giovanna, la responsabile Paola Finazzi, Michela e Giorgia

Il Gelato di UbaldoCaffè del Cioccolato

Largo Europa, 1 - Chiuduno - tel. 035 838372

Page 26: Affari di Gola - maggio 2011

NEWS

Menù a Km Zero per valorizzare i prodotti e la cucina del nostro territorio. Questo l’obietti-

vo che alimenta il Festival enogastronomico “Ber-gamo Terra & Cibo a Km Zero”, in programma fino al 10 giugno. Un mese in cui i 35 ristoranti aderenti offrono menù realizzati con prodotti del territorio messi a disposizione da 24 produttori del settore a-groalimentare bergamasco. Le proposte includono acqua e caffè e possono essere accompagnate da vi-no del territorio, scelto alla carta. Il progetto, primo e unico nella nostra provincia, è ideato e promosso da Ascom, Coldiretti e Confesercenti per valorizza-re la filiera corta produttore/ristoratore/consuma-tore. Dalla scarola dei colli al pesce di lago, dai for-maggi delle nostre Prealpi alla frutta e ortaggi, dai vini alle carni prodotte nella nostra provincia, sce-gliere “Bergamo Terra & Cibo a Km Zero” significa preferire qualità, freschezza e ricchezza della no-stra terra valorizzate in piatti gustosi, nostrani, unici

proposti dalla nostra ristorazione. Per Petronilla Frosio, presidente dei ristoratori A-scom, “il valore della filiera corta di salvaguardia e valorizzazio-ne del territorio e di pro-mozione delle pro-duzioni locali, è con-diviso e sta a cuore a produttori e ristora-tori. Questo progetto nasce in maniera positi-va perché mette in collega-mento, attraverso incontri congiunti, gli attori della filiera. Un territorio si promuove turisticamen-te quando si identifica nelle sue produzioni e nella sua offerta gastronomica”. Sul sito www.bergamoterraecibo.it l’elenco dei ristoratori e produttori aderenti al festival

In 35 ristoranti va in scena il menù a Km Zero

26 Affari di Gola maggio 2011

Due fine settimana per sco-pr ire e gustare le erbe

spontanee e i formaggi della Valle Brembana. Torna sabato 28 e domenica 29 maggio e poi il 4 e 5 giugno “Erbe del Casaro”, manifestazione promossa dalle amministrazioni comunali, dalle

aziende agricole e dagli operatori dei paesi di Altobrembo (Averara, Cassiglio, Cusio, Mezzoldo, Olmo al Brembo, Ornica, Piazza Brem-bana, Piazzatorre, Piazzolo, Santa Brigida e Valtorta) per promuove-re le ricchezze gastronomiche e culturali del proprio territorio. Il programma è ricco, con appun-tamenti che vanno dai mercatini di artigianato ai laboratori (“Sco-priamo e cuciniamo le erbe spon-tanee”, “La bottega dell’erborista”, laboratori sensoriali e i laboratori del gusto di Slow Food), dalle mo-stre alle proiezioni, dagli spettacoli alle visite guidate, alle escursioni. Sotto il titolo “Le aziende della valle si presentano” sono raccolte le iniziative messe a punto dalle piccole realtà produttive della Val Brembana per farsi conoscere.

Sarà così possibile visitare le azien-de, assistere alle dimostrazioni di lavorazione e degustare formaggi, piccoli frutti, marmellate, succhi, miele, ma anche vedere come nascono cosmetici naturali. Per l’occasione, 13 locali e una ga-stronomia hanno realizzato menù e proposte speciali. Si tratta dei ristoranti “Monte Avaro” e “Risto-robie” di Cusio, “Passo San Marco 2000” e “Sole” di Mezzoldo, “La Pi-neta” e “Piazza Brembana” di Piazza Brembana, “Milano”, “Piazzatorre” e “Rustica” di Piazzatorre, “Coira”, “Edelweiss” e “Il Tagliere” di Santa Brigida, “Pizzo Tre Signori” di Val-torta e della gastronomia “Pasticci e Capricci” di Piazza Brembana. I prezzi dei menù vanno dai 22 a 30 euro. Per i dettagli: www.erbedelcasaro.it

“Erbe del Casaro”, due fi ne settimana golosi in alta Valle Brembana

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ositi-

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Page 27: Affari di Gola - maggio 2011

IL PRODOTTOdi Anna Facci

S i dice che in cucina gli ingre-dienti vanno capiti e bisogna saperli trattare, ma ce n’è uno

che va addirittura accudito. È la pa-sta madre, il lievito più antico e al tempo stesso più vivo e mutevole, capace di racchiudere in sé la cifra di un ambiente e di renderla profu-mo, sapore, consistenza. Il crescente interesse per il pane fatto in casa lo ha reso un argomento molto getto-nato tra i forum gastronomici del-la rete (anche perché prepararlo e conservarlo in buone condizioni è tutt’altro che semplice e così ricet-te, consigli e richieste di aiuto si moltiplicano), mentre per chi con la pasta lievitata ci lavora – panettiere, pasticcere o pizzaiolo che sia – non è di certo una scelta di moda, ma una sorta di fi losofi a. Non si tratta infatti di sostituire semplicemente il più diffuso e comodo lievito compresso di birra con un diverso prodotto, ma di dedicarsi, in pratica tutti i giorni, a quella pallottola di pasta: nutrirla, mantenerla in salute e intervenire con una “cura” non appena si noti qualcosa che non va. Il lievito madre nasce dalla reazione spontanea che si verifi ca in un im-pasto di acqua e farina ad opera dei microrganismi presenti nella misce-la stessa e nell’ambiente. A differen-za di quello di birra, che è costituito da un solo tipo di lievito (Saccha-romyces cerevisiae), comprende più ceppi di lievito ma contiene anche batteri lattici. Se i lieviti sono i responsabili della trasformazione dell’ossigeno nell’anidride carboni-ca che dà la lievitazione e l’aveolatu-ra, i batteri lattici entrano in azione

Prepararlo e mantenerlo vivo non è semplice, ma il palato ci guadagna. I prodotti a lievitazione naturale sono più digeribili e si conservano più a lungo, ma soprattutto hanno“caratteri” diversi, dati dall’ambiente e dalla storia di ogni panetto. Morosini (Aspan): «Per i fornai una sfi da contro l’appiattimento del gusto»

Lievito madre, un piacere “unico”

27Affari di Gola maggio 2011

Ivan Morosini ha 36 anni e fa il panettiere da quando ne aveva 15. È vice-presidente dell’Aspan di Bergamo e insegna alla scuola alberghiera di Tor-re Boldone, paese in cui si trovano il forno e il negozio di famiglia. Fa par-te del Richemont Club, organizzazione internazionale che si dedica alla difesa e allo sviluppo della professionalità nel campo della panificazione e della pasticceria, di cui è presidente per l’Italia Piergiorgio Giorilli. Cor-si, ricerca e sperimentazioni sono un po’ il suo pane quotidiano, un’atti-vità intensa che gli ha regalato anche un prestigioso successo: il secondo posto con la squadra italiana alla Coupe d’Europe de la Boulangerie, com-petizione biennale che ha riunito a Nantes dal 20 al 23 marzo scorsi nove rappresentative nazionali finaliste in una sfida di arte bianca. Morosini ha partecipato alla gara insieme con Emanuela Isoardi di Bra (Cuneo) e Ric-cardo Liccione di Frossasco (Torino), conquistando l’argento per l’Italia con pochissimi punti di distacco - 13 su oltre 1.600 ed è questo margine così ridotto a lasciare un po’ di rammarico - dal Lussemburgo vincitore della Coppa. In terza posizione la Francia. Secondo una formula che si ri-trova anche in altre gare gastronomiche, ogni team aveva a disposizione 8 ore per preparare 6 tipi di pane, una composizione artistica e 6 tipi di vienneserie, ovvero dolci e salatini realizzati con pasta lievitata e sfoglia-ta. Morosini si è occupato del pane proponendone tre varietà con lievito naturale (una con farina di kamut e farro più fiocchi e malto degli stessi cereali, una con grano saraceno e una con farina di grano Enkir) e tre ri-cette con lievito di birra (con latte di soia, zucchero di canna, miele, uvet-ta, noci e cannella; ai peperoni; alle erbe provenzali). Emanuela Isoardi ha curato la composizione artistica dedicata al carnevale di Venezia (il tema era un luogo o un monumento turistico del proprio paese) e Liccione le vienneserie. La squadra era allenata Fabrizio Zucchi e a seguire tutti con occhio attento Piergiorgio Giorilli.

Un bergamasco sul podio europeoIL PANETTIERE

Ivan Morosini (primo a sinistra)

con i compagni di squadra alla Coupe d’Europe

de la Boulangerie di Nantes

Page 28: Affari di Gola - maggio 2011

IL PRODOTTO

28 Affari di Gola maggio 2011

quando l’ossigeno all’interno dell’impasto è terminato, dando vita alla fase di fermentazione durante la quale si producono acido lattico e acetico, che abbassando il Ph del composto tengono lontani gli agenti patogeni. La ricchezza di questi microscopici esseri viventi e il loro equilibrio rendono i prodotti realizzati con il lievito na-turale più digeribili e conservabili più a lungo e soprat-tutto regalano profumi e sapori unici, termine spesso abusato, ma qui quanto mai appropriato visto che ogni composto ha una storia diversa, lunga anche decenni. È chiamato anche lievito naturale, ma per ottenerlo non basta lasciar fare alla “natura”. L’impasto iniziale va affi nato quotidianamente con aggiunta di acqua e farina per almeno venti giorni prima che si possa parlare di pasta madre vera e propria da utilizzare nella preparazione di pane, dolci, piz-ze e focacce. Anche la lavorazione dei prodotti richiede tempi più lunghi rispetto a quelli realizzati con il lievito di birra e se pure non lo si usa per un po’ non può essere lasciato tranquillamente dentro il frigori-fero come un qualsiasi altro ingredien-te ma va nutrito con i cosiddetti “rinfreschi”, il tutto avendo cura di controllare scrupolosamente le condizioni igieniche. «Si impara a conoscere e ad usare la pasta madre a forza di provarci, gli in-

successi sono sempre in agguato e fanno parte del gioco», ammette Ivan Morosini, giovane vicepre-sidente dell’Aspan di Bergamo che per il suo negozio di Torre Boldone produce anche pane a lievitazione naturale, da un lievito vecchio di quarant’anni. «È solo con l’esperienza che si riesce a capire se il lievito “sta bene” – continua -. Uno sviluppo eccessivo o scarso, un odore troppo acido, una forma degli alveoli appiattita sono segnali di qualcosa che non va e che occorre intervenire, i sistemi per “guarirlo” ci sono». «L’utilizzo del lievito naturale richiede un bell’impegno

– evidenzia –, ma i risultati lo ripagano pienamente. La clientela riconosce le differenze e apprezza i

prodotti realizzati con questo metodo, il cui grande valore sta nel fatto che dà vita a sapo-ri sempre diversi. Non ho nessun problema a regalare un pezzo del mio lievito ad un collega perché so che in un altro ambiente assumerà altre particolarità, il lievito di-venta qualcosa di personale che defi nisce

il carattere delle proprie proposte ed è un ottimo antidoto contro l’appiattimento del gu-sto». Morosini sforna il pane fatto con la pasta acida

due volte a settimana, il mercoledì e il sabato va-

La prima volta ci hanno portato due coppie di amici ed è stata una piacevolissima scoperta.“La Bergamasca” è un ristoran-te-pizzeria di Osio Sotto (telefo-no 035.881598) molto informale nell’arredamento e nel servizio, ma tenacemente fedele ad una linea ga-stronomica imperniata sul biologi-co, sul naturale e sul territorio.Chi arriva per la prima volta avrà la visita, appena riesce a liberarsi dal forno a legna, di Alan Sartirani, che gestisce il locale con la moglie Milena e che sarà felice di portarvi una pizza da dividere, come antipa-sto, intanto che spiega la sua filoso-fia alimentare. Alan è cresciuto “Da

Ciro” alla scuola di Mario Donzelli, uno degli imprenditori che ha scrit-to la storia della pizza a Bergamo, e da qualche anno ha sposato un ri-goroso percorso professionale.Tanto per cominciare, siccome il forno a legna è lì a disposizione, oltre alla pizza si cuociono pane e grissini, carni e verdure, persino il prosciutto. Tutti i farinacei (com-presa la pasta fresca, le torte e il pa-nettone) sono preparati con farina naturale e integra, con il germe di grano, proveniente da agricoltura biologica certificata, macinata len-tamente a pietra.Sartirani tiene a precisare che uti-lizza esclusivamente prodotti ita-

liani e che la pasta delle sue pizze classiche contiene solo farina, ac-que e sale, e lievita naturalmente seguendo i ritmi lenti della lunga lievitazione spontanea con pasta madre. Ad ogni suo cliente il patron raccomanda di telefonargli, anche nottetempo, in caso di problemi di digeribilità.Star dietro al lievito madre non è o-perazione semplicissima: Alan arri-va mediamente a quattro impasti al giorno che, al sabato, “lievitano” di-ventando molti di più. E la passione per questa tecnica lo spinge a pro-porre corsi di lievitazione natura-le con un pagamento del tutto sin-golare: decideranno i partecipanti

Il pizzaiolo che fa lievitare anche la formazione

“LA BERGAMASCA” DI OSIO SOTTO - di Pier Carlo Capozzi

La passione per la tecnica naturale ha portato Alan Sartirani a proporre anche dei corsi. Quanto e se pagare lo decide il partecipante

mato anche lievito naturale, ma per ottenerlo non lasciar fare alla “natura”. L’impasto iniziale va o quotidianamente con aggiunta di acqua

na per almeno venti giorni prima che si parlare di pasta madre vera e propria da are nella preparazione di pane, dolci, piz-ocacce. Anche la lavorazione dei prodotti de tempi più lunghi rispetto a quelli zati con il lievito di birra e se pure o si usa per un po’ non può essere o tranquillamente dentro il frigori-ome un qualsiasi altro ingredien-

va nutrito con i cosiddetti eschi”, il tutto avendo cura di ollare scrupolosamente le zioni igieniche. para a conoscere e are la pasta madre a di provarci, gli in-

eccessivo o scarso, un odore tropdegli alveoli appiattita sono segnalva e che occorre intervenire, i sissono». «L’utilizzo del lievito naturale rich

– evidenzia –, ma i risultati lo La clientela riconosce le d

prodotti realizzati con grande valore sta nel fari sempre diversi. Nona regalare un pezzo collega perché so chassumerà altre partiventa qualcosa di pe

il carattere delle propottimo antidoto contro l’sto». Morosini sforna il pane fa

due volte a settimana, il me

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riando le ricette, dal kamut al farro, dall’orzo al grano saraceno all’enkir, farina di un cereale monococco bio-logico coltivato in Italia e macinato a pietra. «È un lievi-to di qualità – dice – ed è giusto valorizzarlo con ingre-dienti selezionati. Le farine macinate a pietra, meno raf-fi nate, sono l’ideale. Certo i costi di produzione salgo-no, ma il problema di fondo è la sostenibilità di questo tipo di lavorazione nell’organizzazione del lavoro dei panifi catori, ragione per cui sono davvero pochissimi coloro che lo propongono. Se però ci si vuole distin-guere e qualifi care, credo che sia necessario rallentare i ritmi: anche una lievitazione con lievito di birra più lunga, ad esempio, utilizzando la pasta di riporto dal giorno prima, può già fare la differenza». Ad agevolare il compito c’è il fatto che i tempi di acquisto del pane si stanno spostando più avanti nel corso della giornata, permettendo ai fornai di programmare diversamente l’attività, ma anche dal versante delle attrezzature può arrivare un aiuto. Per chi vuole utilizzare il lievito natu-rale esiste infatti una macchina che da sola lo mantiene sempre fresco allo stato liquido. Il costo è elevato, ma è stato realizzato anche un modello che lavora quantità piuttosto piccole, adatto, quindi, per le realtà artigianali.

29Affari di Gola maggio 2011

Non è facile, ma ci si può tentare. Con l’aiuto di Ivan Mo-rosini proviamo a guidare passo dopo passo chi vuole provare a farsi la propria pasta madre.LA NASCITA DEL LIEVITO Si comincia con un chilo di farina, 400 grammi di acqua e un vasetto di yogurt intero (più sicuro rispetto ad al-tri starter, come la frutta, generalmente indicati per for-nire un plus di nutrimento ai microrganismi). Si impa-sta e si lascia il composto in una ciotola, coperta con un canovaccio umido al riparo da correnti d’aria, per due giorni. L’esterno si seccherà ma la parte centrale sarà ancora morbida ed è da questa che proseguirà la lavora-zione. La si pesa e la si impasta con la stessa quantità di farina e il 45% del peso della farina in acqua. Si avvolge l’impasto in un canovaccio pulito e lo si lega non trop-po stretto perché poi la pasta comincerà a tirare. Si ri-pete il procedimento per venti giorni. A questo punto la pasta acida è pronta ma va tenuta viva con rinfreschi giornalieri, sempre unendo al lievito pari quantità di farina e il 45% di acqua. I rinfreschi possono avvenire anche ogni due o tre giorni se, dopo che la pasta ha co-minciato a gonfiarsi (lo si vede dalla pressione che eser-cita sul canovaccio), la si conserva in frigorifero. L’UTILIZZOPer l’utilizzo del lievito Morosini consiglia di riattivarlo con un “lavaggio” con acqua leggermente zuccherata. È sufficiente un pizzico di zucchero in un litro d’acqua fresca, dove si lascia il composto tagliato a fette per 15-20 minuti. Si strizza la pasta e se ne pesa mezzo chilo, al quale vanno aggiunti 850 grammi di farina e il 40% di acqua rendendo liscio l’impasto. Si riavvolge nel cano-vaccio, si lega e si lascia riposare per 12/24 ore. Dell’im-pasto così riposato si utilizzano 100 grammi (il resto lo si conserva legato per gli usi successivi). Si forma una “palla”, si incide con un taglio a croce e si lascia riposa-re quattro ore o fino alla triplicazione della pasta. A tri-plicazione avvenuta si procede ad un nuovo impasto con 110 grammi di farina e 55 grammi di acqua, si inci-de di nuovo la pasta ottenuta con un taglio a croce e si lascia riposare per altre quattro ore (o fino alla triplica-zione del volume). Questi passaggi vengono detti “gira-te” e servono a dare forza al lievito, mentre l’incisione a croce evidenzia meglio la natura dell’impasto. Per pane e pizze fatte in casa possono bastare due “girate”, men-tre per i lievitati da ricorrenza ne serve una terza. A questo punto il lievito è pronto e può essere impie-gato secondo la ricetta preferita. La quantità da utilizza-re è pari al 20-25% della farina. Occorre fare attenzione alla temperatura dell’impasto finale, che deve essere mantenuta attorno ai 28 gradi, e anche al luogo dove viene lasciato lievitare, che deve essere anch’esso in-torno ai 28 30 gradi. Altro accorgimento fondamentale è per la farina, che deve essere di buona qualità (di for-za si dice anche, tra cui di facile reperimento è la cosid-detta “manitoba”).

se saldare e quanto. Gianluca, suo giovane aiuto, ha imparato bene e si è preparato il “suo” lievito madre: d’ora in avanti userà solo quello.Le alternative alla pizza sono parecchie e allettan-ti: dalle foiade all’uovo al rognoncino trifolato, dal-la carne sulla pietra ollare al tris di pesci affumica-ti, dal salame fatto a punta di coltello al formaggio strachibù. Noi abbiamo telefonato a Sartirani. Ma non era per la-mentarsi. Era per chiedere se aveva ancora un tavolo.

Ecco come farlo

Alan Sartirani e la moglie Milena

Page 30: Affari di Gola - maggio 2011

APPUNTAMENTI

I micro-birrifici bergama-schi hanno la loro prima ras-segna. Si chiama BeerGhèm ed è in programma da ve-nerdì 27 a domenica 29 maggio nel salone dei ri-cevimenti dell’hotel Bigio a San Pellegrino Terme. Ad organizzarla sono il bir-rificio “Via Priula” e la Com-pagnia del Luppolo, con il patrocinio del Comune di San Pellegrino. L’obiettivo è far conoscere la birra arti-gianale, un prodotto ancora troppo spesso erroneamen-te paragonato a quello in-dustriale, e in particolare le ricette nate in Bergamasca. Saranno presenti sei dei set-te microbiriffici nostrani: ol-tre ai padroni di casa del Via Priula, Endorama di Gras-

sobbio, Valcavallina di Endi-ne Gaiano, Maspy di Ponte San Pietro, Elav di Comun Nuovo e Mai Visto di Botta di Sedrina. Durante la mani-festazione sarà possibile de-gustare le diverse proposte in bicchieri di vetro, essen-ziali per poter cogliere tutte le sfumature del prodotto, e in due diverse quantità (15 o 30 cc.), mentre al Beer-shop si potranno acquistare le bottiglie. Ci sarà anche “Rosa”, omag-gio del birrificio Via Priula al Giro d’Italia che il 26 mag-gio arriverà nella cittadina termale. È una birra di fru-mento a bassa gradazione al-colica con l’aggiunta di lam-poni freschi, ideale come a-peritivo.

Il Castello di Bianzano scenario di un fine settimana dedicato alla degustazione di vini e prodotti del territorio. Sabato 4 e domenica 5 giugno debutta “In alto i calici… gusti e sapori tra le torri”, promossa dall’Amministrazione comunale in col-laborazione con Sommelierfriend’s e UnioneSommeliers. Sa-ranno presenti con i propri banchi d’assaggio le aziende pro-duttrici della Doc Valcalepio e della Docg Moscato di Scanzo, ma anche dell’Igt Valcamonica e dell’Igt Sebino, insieme alla Doc Curtefranca e alla Doc Cellatica. I visitatori potranno de-gustare i vini ed acquistarli direttamente dai produttori insie-me agli altri prodotti tipici presenti. Sono inoltre previste vi-site guidate al Castello e animazione musicale e c’è la possibi-lità di pranzare nei ristoranti convenzionati con menù e vini del territorio. Info: http://sommelierfriends.blogspot.com/

La birra bergamasca ha la sua prima rassegna

Nel Castello di Bianzano week end con i vini del territorio

DEGUSTAZIONI DAL 27 MAGGIO AL 2 GIUGNO

DAL 28 GIUGNOAL 3 LUGLIO

Le tipicità dei laghi italiani in vetrina a Iseo

Castro mette in tavola “Le pie t

Ad Iseo tornano in scena le tipicità degli specchi d’acqua più belli di tutto lo Stiva-le con il Festival dei Laghi, seconda vetri-na dedicata ai grandi bacini turistici ma soprattutto alle molte pittoresche realtà la-custri ancora poco note, custodi di un pa-trimonio ambientale, culturale e gastrono-mico tutt’altro che minore. Dal 27 maggio al 2 giugno sono in programma serate cul-turali, spettacoli, mostre a tema, regate, de-gustazioni, laboratori sensoriali, lezioni di cucina e l’apprezzato mercatino di golosi-tà Bontàlago (nel weekend del 27-29 mag-gio). Bontàlago porterà nel centro storico e sul lungolago il meglio della produzione agroalimentare e artigianale lacustre. Sulle bancarelle, fino a tarda sera, sarà possibile degustare e acquistare prodotti unici, co-me la crema d’olive del Garda, il salame di Monte Isola, quello d’asina del lago Maggio-

Alimenti a chilometri zero, piatti in cera-mica, tovaglie di stoffa e acqua del sindaco in brocche di vetro. È questo il concept di “Le pietanze della moscarola”, prima rasse-gna di gastronomia, cucina e natura dedi-cata ai piatti e ai luoghi del Lago d’Iseo, La manifestazione è promossa da Legambien-te Alto Sebino con la collaborazione di Le-gambiente Turismo da martedì 28 giugno a domenica 3 luglio a Castro. Per cinque giorni si potranno assaggiare ingredienti quasi scomparsi dalle tavole e introvabili nei negozi, che riportano al passato con-tadino, come le patate di Rovetta, i fagioli di Trate, la torta Maassa di Sovere, lo strac-chino di Vigolo, le alborelle di Riva di Solto, preparati secondo le ricette povere di un tempo, recuperate dai taccuini delle non-ne del luogo. Un viaggio nel passato alla scoperta di un patrimonio agricolo e culi-nario goloso. Nell’ambito della festa ci sa-

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31Affari di Gola maggio 2011

Fino al 12 giugno a San Zeno di Montagna (Verona), sul monte Baldo, balcone affacciato sul lago di Garda e da secoli noto come il “giardino botanico d’Europa” per la straordinaria varietà della sua flora, la cucina delle erbe spontanee in-contra il vino rosato del territorio, il Bardolino Chiaretto, e il formaggio Monte Veronese in cinque menù degustazione. La rassegna "Erbe del Baldo, Chiaretto & Monte Veronese" vede di scena gli chef dei ristoran-ti aderenti all’associazione ristoratori di San Zeno di Montagna: Al Cac-ciatore, Bellavista, Costabella, Sole e Taverna Kus impegnati a proporre piatti fra tradizione e innovazione, il tutto condito col sapore del for-maggio Monte Veronese e accompagnato dalla freschezza rosata del Bardolino Chiaretto, preabbinato ai menù (una bottiglia compresa nel prezzo ogni due persone). Con una sorpresa in apertura di cena: un as-saggio di Chiaré, il nuovo aperitivo sparkling lanciato dal Consorzio di tutela del Bardolino, realizzato direttamente nel bicchiere miscelando Chiaretto Spumante, sciroppo di sambuco, menta fresca, acqua minera-le e ghiaccio. I prezzi dei menù degustazione vanno dai 32 ai 43 euro. Info: www.ilbardolino.com

Il Bardolino Chiaretto sposa le erbe del monte Baldo

FINO AL 12 GIUGNO

Torna dal 27 al 30 maggio la "Fie-ra del vino Garda Classico Doc" di Polpenazze del Garda, la più anti-ca e conosciuta vetrina della pro-duzione vitivinicola della riviera bresciana del lago di Garda. Una manifestazione stori-ca (la prima edizione si tenne nel 1947), che ha saputo cogliere le nuove tendenze nel pa-norama enoico e del gusto, diventando nel 2006 sede ufficiale del concorso enologico nazionale della Doc Garda Clas-sico istituito dal ministero per le Politiche Agricole, che anche quest’anno assegnerà la qualifi-ca di Vino Eccellente alle migliori produzioni del comprensorio, dal Chiaretto ai Rossi della Valtène-si. Gli appassionati potranno de-gustare i vini delle aziende con

sacca e bicchiere acquistando un coupon da 10 euro. Assaggi di prodotti tipici saranno disponi-bili lungo il percorso e non man-cherà La Piazzetta del Biologico, uno spazio dedicato ai sempre

più numerosi produt-tori che hanno scelto il bio come alternativa in una terra dove è già biologico il 25% del vi-gneto iscritto all’albo. Nella classica Corte de-gli Assaggi spazio alle degustazioni guidate

e comparate. Nel programma an-che la selezione dei migliori ex-travergini Garda Dop e il concor-so dedicato al miglior salame del-la Valtènesi, mentre alla Dispensa del Gusto si servirà il tradizionale ed immancabile spiedo gardesa-no. Info: www.comune.polpenaz-zedelgarda.bs.it

DAL 27 AL 30 MAGGIO

Garda Classico, concorso e assaggi alla storica Fiera

e tanze della Moscarola”ranno anche convegni su ambiente e sviluppo sostenibile; visite guida-te e laboratori didattici alla Grotta di Fonteno, al maglio di Poltragno, al Monte Clemo, alle cave di Grè, un incontro di musica e letteratura

con lo scrittore Davi-de Sapienza dedicato ai romanzi di Jack Lon-don nello scenario del Parco della Gola del Ti-nazzo. La manifestazio-ne è legata a un impor-tante progetto ambien-tale: il recupero e la va-lorizzazione proprio

del Parco della Gola del Tinazzo, che si trova a Castro e fa parte delle aree protette di Legambiente. Per conoscere il programma comple-to www.legambientealtosebino.it

re, il vino medievale del Pertusillo, la birra artigianale di Sauris, la moz-zarella di Bufala del lago di Fondi, la torta di Chianciano, tartufi, legu-mi e formaggi bio, salumi rari, olio, marmellate, pane casereccio, dol-ci tipici, conserve e sott’oli. Il lago d’Iseo saprà prendere i suoi ospiti per la gola anche con degustazioni della tipica tinca al forno di Clusa-ne, menù dedicati al pesce di lago, la tradizionale Cena sotto i Portici (il 30 maggio), una speciale cena con tipicità bresciane e toscane (il 1° giugno) e “Mangiare il lago”, ov-vero piatti d’autore firmati dallo chef Vittorio Fusari e proposti da Slow Food (il 27 maggio). Per i det-tagli e il programma di tutte le altre iniziative: www.festivaldeilaghi.it.

Page 32: Affari di Gola - maggio 2011

IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

Foto storiche dei protagoni-sti, oggetti tra i più disparati posti qua e là con apparente

disordine, angoli di intimità alterna-ti a spazi più aperti: sin dal primo impatto si intuisce che il locale, ancorché studiato, risente in larga misura dell’apporto personale di chi il contatto con il cliente l’ha vissuto in prima persona ed è stato in grado di replicare situazioni molto grade-voli creando anche con semplicità un’atmosfera accogliente.Al ristorante Manhattan, in città, in via Malj Tabajani, insomma, ci si trova bene ancor prima di mettersi a tavola, prima di consultare la lista, grazie ad una dote naturale della titolare Natalia Tchekhovskaja, che ha rilevato nel 2009 la gestione del locale dalla storia trentennale (già dal 2008 ospitato in questa nuova sede, in pratica girato l’angolo ri-spetto all’originaria collocazione), ed ha messo tutta la sua esperienza e sensibilità nel far sentire i clienti più che a loro agio.

Il livello della proposta è in piena sintonia con l’ambiente: cucina mediterranea rivisitata è la parola d’ordine puntualmente rispettata. In cucina lo chef è Didier Garreind, belga d’origine ma bergamasco d’adozione, visto che dall’84 lavora nella nostra provincia con esperien-ze signifi cative. Spesa tutti i giorni nei vari mercati e poi via dietro ai

fornelli. Tortino di melanzane farcito con erbette e ricotta, oppure radic-chio trevisano e julienne di calamari strizzano l’occhio dalla carta tra gli antipasti. Oppure gli spaghetti ai ric-ci di mare o le trofi e alla siciliana tra i primi, per passare al fi letto con ver-dure croccanti o alla tagliata di man-zo al sale grosso dell’Himalaya per secondo. Semifreddo al pistacchio di

Bielorussa la titolare, belga il cuoco e a coordinare il tutto un siciliano con esperienze internazionali: una ricetta “multiculturale” che piace ai bergamaschi

Manhattan, ma la ristorazione ha il cuore europeo

Ci sarebbe molto da dire sui due personaggi alla gui-da oggi del Manhattan. Di Stefano Cardaci si sa, o si dovrebbe sapere, più o meno tutto, vista la sua lun-ga e gloriosa carriera praticamente nei locali di tut-to il mondo. Lunghissima è la lista dei Vip che ha ac-colto, così come estremamente significative sono le esperienze raccolte, la maggior parte ai massimi li-velli. In questa sede Stefano Cardaci è un qualifica-to consulente del Manhattan sia per la sala sia per la cucina, ma soprattutto è lo scopritore di Natalia Tchekhovskaya, la proprietaria del locale. Se, giusta-mente, i meriti vengono rimpallati dall’uno all’altro («Senza Stefano non sarei arrivata qui», dice Natalia) sembra doveroso nella circostanza dedicare la “co-pertina” proprio a lei: la cameriera venuta dal freddo,

oggi titolare soddisfatta di un ristorante ben avviato a Bergamo.Minsk, Bielorossia, anno 1996, Stefano Cardaci ed al-tri soci stanno portando avanti la loro esperienza di ristorazione oltrecortina con il ristorante “Bergamo” e cercano personale. Per perfezionarne la prepara-zione si propongono di mandarlo in Italia. Natalia sta effettuando uno stage: accetta l’avventura (ora si po-trebbe dire “accetta e vince la scommessa”). Il risto-rante del Bajo a Gorle, la Cascina dei Frati a Brusapor-to, il ristorante Milano in via Corridoni, ancora con Cardaci come al Bajo, e poi da Lio Pellegrini. Arriva il 2009, i due figli sono cresciuti e possono darle una mano è il momento di spiccare il volo. «Di gavetta ne ho fatta tanta – racconta con grande serenità e passio-

I PROTAGONISTI

Natalia, la cameriera diventata patronne

32 Affari di Gola maggio 2011

lo staff del Manhattan,

con lo chef Didier

Garreind, Natalia

Tchekhovskaja e Stefano Cardaci

Page 33: Affari di Gola - maggio 2011

Bronte o cassata siciliana tradiscono poi le origini sicule di uno dei protagonisti di questa vicenda gastronomica: Stefano Cardaci. Le citazioni dei piatti sono suggerite dal gusto personale e dalle indicazioni dei titolari rispetto alle preferenze dei clienti, ma la proposta è molto bene articolata con specialità sia di mare sia di terra.Per il pranzo di lavoro di mezzogiorno, il menù, per chi lo desidera, viene anticipato via e-mail. L’iniziativa piace. Otto euro per primo piatto con acqua e vino (ma anche birra o bevanda), nove euro per il secondo, undici euro per entrambe le portate. E per 25 euro c’è un menù com-pleto di pesce che nell’occasione proponeva spaghetti ai ricci di mare, fi letto di storione croccante con julienne di verdure e bavarese al fi ore di sambuco o altro dessert dalla carta. Ma il nostro appuntamento con la pausa pranzo è un classico che deve tener conto anche del budget. Ecco allora le proposte del giorno per la combinazione da un-dici euro: gnocchetti sardi all’estiva (andati letteralmente a ruba), risotto primavera, spaghetti all’amatriciana e pasta al pomodoro e basilico per i primi piatti. Storione marinato agli agrumi, scaloppa alla valdostana, omelette agli spinaci, insalata nizzarda tra i secondi. Amatriciana e storione marinato le nostre scelte: due piatti che sono parsi andare addirittura oltre il valore del costo, frutto evidentemente di un’economia di scala che si può appli-care appunto al menù fi sso.

ne Natalia – cercando di imparare tutto da tutti. La-vorare in sala è fondamentale, serve a sviluppare l’at-tenzione verso il cliente, a capire le sue aspettative. Stefano Cardaci mi ha dato una mano anche in que-sto. C’era il Manhattan chiuso da qualche mese, ho voluto rischiare e sono soddisfatta. C’è ancora molto da lavorare ma siamo andati già oltre le aspettative».Qualche mese dedicato alla personalizzazione del locale (con la pizzeria che poi morirà di morte natu-rale) alla ricerca dei dettagli per rendere accoglien-te l’ambiente che può ospitare 80 coperti nella sala superiore, quella comunemente in uso, e 100 nella sala sottostante dove c’è spazio anche per la musica.«Ho iniziato con il ristorante “Bergamo” a Minsk, ora sono a Bergamo con il ristorante “Manhattan”, per chiudere il cerchio dovrei aprire un ristorante “Ber-gamo” a Manhattan – scherza Natalia – ma per il mo-mento mi godo questa mia creatura e la sua affezio-nata clientela».

33Affari di Gola maggio 2011

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Page 34: Affari di Gola - maggio 2011

34 Affari di Gola maggio 2011

L’idea è nata una calda sera di luglio di due anni fa. Dal desiderio di gustarsi un bel gelato sul divano di casa senza dover uscire. Oggi quell’idea è un

servizio che si rivolge a consumatori e punti vendita. Si chiama Solodelivery ed è un portale attraverso il quale si può ordinare un pasto al locale preferito - ma anche la bot-tiglia di vino all’enoteca o l’omaggio fl oreale per un invito dell’ultimo momento – e vederselo recapitare all’indirizzo richiesto nel tempo massimo di 45 minuti.È un progetto tutto bergamasco (la sede legale della socie-tà è in via XX settembre, quella operativa in via Pinamonte da Brembate), messo a punto da Veronica Capelli e Bruno Parisi, esperienza nella gestione di magazzini e logistica per lei, specializzazione nelle tecnologie per lui. «Il sistema sarà operativo dall'estate – spiega Veronica Capelli –, quan-do le adesioni delle attività saranno suffi cienti per offri-re una proposta abbastanza ampia. Partirà su Bergamo ma è già stato pensato per es-sere esteso in altre aree con la formula del franchising. È la prima iniziativa con que-ste caratteristiche in Italia – aggiunge -. A Milano esiste un servizio simile, dedicato però alla sola ristorazione, con Solodelivery la scelta si fa più varia». Il funzionamen-to è semplice. Il cliente sele-ziona la città e vede colorarsi le categorie merceologiche disponibili (ristoranti, ga-stronomie, tavole calde, pa-sticcerie, gelaterie, enoteche, negozi di alimentari, fiorai ed idee regalo), visiona pro-poste e prezzi e compone il proprio carrello, decidendo se pagare on line o alla con-segna. «È stato pensato come un “pronto soccorso” per le necessità improvvise - pro-segue Capelli – e l’elemento qualifi cante è la tempestività,

ma naturalmente funziona anche come raccolta di preno-tazioni e recapito più tradizionale». Per i punti vendita i vantaggi sono numerosi, a cominciare dal fatto che l’ade-sione è gratuita ed è previsto solamente il riconoscimento alla società di una percentuale sul venduto. «Senza la necessità di organizzare e curare in proprio un servizio di consegne e un sito di e-commerce, spesso impegnativi, So-lodelivery – dice ancora l’ideatrice – dà la possibilità di fi -delizzare la propria clientela offrendo una comodità in più e di presentare le proprie proposte ad un nuovo pubblico. La gestione centralizzata degli ordini permette anche di ottimizzare tempi e costi, oltre a garantire specializzazione e qualità, evidenziate tra l’altro da un packaging apposito, da mezzi omologati e personale qualifi cato». Registrandosi sul portale, l’esercizio cura direttamente il proprio spazio

ed aggiorna le proposte. «In molti casi si tratta di piatti diversi da quelli general-mente in carta – evidenzia Veronica Capelli – pensati da un lato per differenziare l’offerta, dall’altro per essere facilmente trasportati e con-sumati in un ambiente che non è il ristorante. Per i locali è come avere a disposizione una serie di tavoli in più da servire in tempo reale». L’or-dine arriva infatti simultane-amente a Solodelivery e al ri-storante, che deve preparare e confezionare i piatti per il runner incaricato. La società si occupa della gestione dei pagamenti sia on line sia alla consegna rimettendo a fi ne mese all’esercizio le somme al netto delle proprie com-petenze. È prevista anche una modalità “take away”. In questo caso l’utente effettua l’ordine - e volendo anche il pagamento - on line ma passa di persona a ritirare i prodotti.

Solodelivery è un progetto tutto bergamasco per la raccolta on line degli ordini e il recapito di piatti, vini, dolci, gelati, ma anche fi ori

ed articoli regalo. «Attrezzati per un servizio tempestivo»

Consegne a domicilio, ora ci pensa il portale

idea è nata una calda sera di luglio Dal desiderio di gustarsi un bel geladi casa senza dover uscire. Oggi qu

Solode

Veronica Capelli

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Sono passati già dieci anni da quando Cesare Crippa e Simone Lorenzi hanno intrapreso l’attività di ristorato-

ri a Bergamo, in via IV Novembre, con l’insegna “Oktober-fest Stube”. In questi due lustri hanno cercato non solo di interpretare al meglio quanto la clientela desiderava, ma hanno voluto evolvere le loro proposte in modo da completare una of-ferta articolata legata anche ad un concetto più esteso di ospitalità. Da due anni, infatti, hanno ristrutturato la parte superiore dell’edifi cio creando un’area alloggi e dando così vita ad un bed and breakfast. La proposta si articola

in una offerta di tre tipologie di camere: Standard, Superior e Suite con uno

spazio dedicato al relax, “Charme and Spa”, un’area benes-sere che, da un rilassante bagno nella vasca jacuzzi sino a giungere ad una sosta nella sauna aromatica, completa e arricchisce la proposta di soggiorno in questo locale nel centro città.Il decimo compleanno della loro attività, tenutosi martedì 3 maggio, è stata l’occasione per presentare anche loro nuova insegna che ora è: “Ristorante con alloggi Cece e Simo”. Il cambiamento non è che l’ennesimo step per svincolare il locale dal nome precedente, che poteva la-sciar intendere un'offerta legata solo ad una cucina tipica d’oltre confi ne. Di fatto, specializzata in carni alla griglia, la proposta culinaria fi n da subito ha cercato di porre l’attenzione anche sulla cucina tradizionale italiana. In concomitanza con la festa di ringraziamento dedicata a tutti coloro che hanno permesso queste trasformazioni, è stato presentato anche il nuovo ramo aziendale, “Love Ban-queting”, dedicato al settore della banchettistica esterna, mantenendo i parametri già collaudati del ristorante. La serata è stata allietata dalla presenza di un trio musicale e con la partecipazione di Laura Vignes. Il ristorante è aperto dal lunedì al venerdì a pranzo e a cena, il sabato solo alla sera e la domenica è chiuso.

“Cece e Simo” nuova insegna e nuovo business: il banqueting

35Affari di Gola maggio 2011

IL LOCALE

Simone Lorenzi e Cesare Crippa

CECE E SIMOvia IV Novembre 65/67

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così vita ad un bed and breakfast. La proposta si articoin una offerta di tre tipologie di camer

Standard, Superior e Suite con un

Page 36: Affari di Gola - maggio 2011

Direttamente dalle strade del Giro d’Italia del 150° compleanno italiano, l’abbiamo intercettato per scoprire i suoi gusti a ta-

vola e per capire come si prepara, anche a livello alimentare, un grande Giro. Lui è Marco Pinotti, bergamasco di Osio Sotto, ma soprattutto ciclista di spessore e grande crono-man che ha regalato a tifosi italiani e bergamaschi soddisfazioni incre-dibili nell’arco della sua bella carriera da profes-sionista.Il tuo piatto preferito.“La carne rossa, in particolare la tagliata”.Il cibo che più si avvicina al tuo carattere.“La polenta. È un cibo di sostanza ed io sono uno che bada al sodo”.Ti piace cucinare?“Sì, mi piace fare la pizza”.Il piatto che ti riesce meglio.“Il risotto agli asparagi”. La specialità bergamasca che preferisci.“La polenta taragna. Ma anche i casoncelli non sono da meno”.Qual è il cibo che non ti piace?“Non vado matto per i funghi”.La cucina regionale italiana che più apprezzi.“Quella trentina, ma anche quella napoletana: un bel piatto di pasta al pomodoro di quelli che san-no fare loro non ha eguali”.Il tuo menù ideale.“Facciamo un menù a base di carne. Di primo, di-rei un bel risotto alla trevisana, di secondo una tagliata con asparagi. E per fi nire, una bella torta di grano saraceno”.Vino o birra?“Vino, ma ne bevo tre mezzi bicchieri l’anno…che però mi gusto fi no in fondo”.Rosso o bianco?“Rosso”.Carne o pesce?“Carne”.Pasta o riso?“Entrambi”.Dolce o salato?“Dipende dal momento della giornata. A colazio-

ne mi piace più il dolce, ma di giorno preferisco il salato”.La cucina straniera che ami di più?“Quella belga, c’è una carne buonissima”.La tua pizza preferita.“Con gorgonzola e noci”.Alimentazione tipica di un ciclista.“Una bella colazione abbondante fatta di carboi-drati e poi durante la gara panini e qualche bar-retta”.Cosa mangi prima di una tappa importante?“Mi piacciono molto le marmellate di mirtilli quando con la carovana siamo in Trentino, la tor-ta di grano saraceno ma, considerata la fatica di una tappa alpina, a volte mangio anche pasta al pomodoro e un paio di uova”.Ti pesa dover mantenere la linea?“No, è fondamentale per la qualità del mio lavoro e lo faccio senza grossi problemi”.Cosa mangi quando sei giù di morale?“In gara, soprattutto nei momenti di diffi coltà, mi premio con un bel Mars o dolcetti simili che con-tengono cioccolato”.Quando vinci una gara o una medaglia con che piatto festeggi?“I miei compagni di squadra hanno preteso che le vittorie si festeggiano con una bella bevuta di rosso… io non ne bevo granché, ma è una bella tradizione”.Qual è il piatto con cui tua moglie ti prende per la gola?“Ah, i dolci sicuramente. È davvero brava a cuci-narli…Però fa anche un ossobuco che è una fa-vola”Come immagini una cena romantica?“Una cena d’estate con mia moglie e con la vista su Città Alta”.Un piatto che rappresenta il tuo stato d’ani-mo attuale?“Per avere benzina nelle gambe e affrontare un grande Giro d’Italia direi la pasta. Ma ora come ora mi sento più come un frutto, una bella fra-gola che esprime allegria, colore ed entusiasmo primaverile”.

A tavola con lo sportivoA tavola con lo sportivodi Filippo Grossi

Pinotti: a tutta pasta se devo fare il “pieno”

Marco Pinotti, ciclista e grande cronoman bergamasco

36 Affari di Gola maggio 2011

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A Lovere è ritornato in vita il “Castello”. Da un anno l’alber-

go-ristorante già regno di Giulio Raponi ha riaperto con una nuova proprietà e un nuovo progetto. L’edifi cio è interamente ristruttura-to e l’albergo-ristorante è diventato una spa di lusso. La vista mozzafi a-to sul lago è la stessa di un tempo. Il progetto è di Cristina Zanardini e della mamma Eleonora Laini, di Pisogne. Riaprire il “Castello” era il sogno di Cristina che l'ha avuto nel cuore fi n da bambina quando, rico-verata in ospedale, per farla man-giare Giulio le portava di persona i suoi piatti di pesce. L’hanno chiamato “Il Salotto” il ri-storante, perché per loro è il salot-to del Castello. Cristina ha portato con sé l’esperienza manageriale acquisita nell’azienda del padre e tutto è studiato nel dettaglio: le illuminazioni, gli arredi, i colori, i

quadri. E i prodotti, quasi tutte pri-mizie del luogo, secondo la fi loso-fi a del Km Zero, a partire dai pesci del lago, acquistati da un pescatore di fi ducia. Il cuoco Fabio Sanga propone i piatti tradizionali bergamaschi e bresciani rivisitati in chiave moder-

na e creativa. Tra tutti, segnaliamo: le Marinature lacustri agli aceti dai sapori di fragola, mirtillo, mora dei nostri boschi (preparate secondo la ricetta del passato con un affu-micatore costruito artigianalmente da una carpenteria locale), il Risot-to vialone nano al ragù di lago, gli Strozzapreti camuni con spinacino e formaggio Silter della Vallecamo-nica, il Filetto di manzo lardellato alle verdure primaverili (tra i più richiesti), il Persico del lago aroma-tizzato con le erbe del nostro orto. Il pane e i dolci sono tutti fatti in casa, con farine biologiche. Le per-sone con intolleranza al lattosio e alla caseina trovano una carta dedi-cata. In cantina ci sono un centina-io di bottiglie, con una vasta scelta di etichette parte lombarde e tren-tine. Per un pasto completo, senza vini, si spendono circa 40 euro.

r.mart.

Lovere, l’ex regno di Raponi è diventato un “Salotto”

Fondata nel 1975 da Renato Alberti con la mo-glie Elena Nulli a Monticelli Brusati (Francia-

corta), Castelveder è un’azienda agricola di circa 12 ettari che produce vini Doc e Docg usando esclusivamente le uve dei propri terreni. La tenuta – oggi guidata dalla nipote Camilla Alberti si ca-ratterizza per una cantina scavata nella millenaria roccia di maiolica dove ogni anno si producono, con la consulenza dell’enologo Teresio Schiavi, circa 80mila bottiglie, di cui 50mila bollicine. Nei giorni scorsi, Castelveder ha presentato “Filemone e Bauci”, il nuovo vino ideato dalla famiglia per ce-lebrare i 60 anni di matrimonio dei due fondatori.Nato dal connubio del Pinot Nero con lo Chardon-nay, Filemone e Bauci è un Franciacorta raffi nato e in grado di combinare, in un’armonia di sapori contrastanti, le peculiarità di due fra i vitigni più preziosi di questo angolo di Lombardia. È un vino che trae ispirazione dal mito greco per celebrare l’amore che unisce Renato Alberti e la moglie Ele-na. Lui, imprenditore del termoidraulico stregato dalla magia della Franciacorta, ed Elena Alberti Nulli, poetessa dall’animo vignaiolo, sono soliti chiamarsi così. Sono i Filemone e Bauci della bre-scianità che vive con passione il lavoro della terra

e l’arte di fare il vino. Nel corso della presenta-zione, le nuove bollicine (appena 1.500 le botti-glie) sono state “spiegate” dalla sommelier Loretta Zammarchi e hanno accompagnato l’eccellente proposta culinaria curata da Stefano Cerveni, chef del ristorante Due Colombe.

Franciacorta, Castelveder celebra i fondatori con “Filemone e Bauci”

Renato Alberti ed Elena Nulli con la nipote Camilla Alberti

37Affari di Gola maggio 2011

IL SALOTTO Hotel Spa Castello

via del Santo - Lovere tel. 035 964129

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Il riso nero è un riso integrale dal colore viola scu-ro, quasi nero, che solletica il palato, l’olfatto, il gu-sto e la vista; meno famoso nelle nostre cucine ri-spetto a quello bianco, è in realtà un alimento ver-satile, che può essere utilizzato con successo nelle preparazioni di primi, secondi, dessert e piatti uni-ci, come in questo caso. Il suo gusto è particolare, aromatico, profumato, con un sentore di pane ap-pena sfornato e la sua fragranza la si percepisce già annusando i chicchi crudi, per diventare poi più in-cisiva con il calore.Originario della Cina, per anni è stato conosciuto con l’appellativo di “Riso degli Imperatori” per le sue proprietà nutrizionali e perché coltivato dai contadini solo per l'imperatore e la sua corte. Infat-ti, non è solo gustoso, ma fa anche bene alla salute, considerato l’alto contenuto di antiossidanti.Recenti ricerche hanno evidenziato che, a parità di quantità, il riso nero non solo è più ricco di antocia-ni ed altri antiossidanti, ma - rispetto al riso bianco

- contiene percentuali signifi cative di vitamine B, B3, E, calcio, magnesio, ferro e zinco. Per l’elevata digeribilità è ottimo per chi soffre di disturbi della digestione, per i bambini e gli anzia-ni mentre il basso contenuto di zuccheri lo rende un alimento ideale nelle diete ipocaloriche e degli sportivi. E se ancora qualcuno nutrisse dei dubbi sulle sue proprietà, può leggere sul web la relazio-ne pubblicata dal Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti, che conferma l’alto potenziale del riso nero contro l'infi ammazione alla base dell'a-sma e delle allergie in generale. È possibile acqui-starlo nei principali supermercati e nei negozi, che vendono alimenti biologici anche con il nome di Riso Venere; rispetto agli altri risi è un po’ più co-stoso e, soprattutto, richiede una cottura di circa 40-50 minuti, sicuramente lunga per chi ha sempre fretta. Ma è meglio non farsi scoraggiare da questi elementi e non rinunciare a un prodotto insolito, esotico e buono.

LA CURIOSITÀ

Ingredienti per 1 persona70 g di riso nero (circa 2 pugni e mezzo)60 g di bresaola di manzo tagliata a fette spesseUna manciata di olive nereOlio d’oliva extra verginePepe e limone

PreparazioneFate cuocere il riso e scolatelo al dente. Snocciolate le olive e frullatele insieme a 2 cucchiai di olio fi no ad ottenere un patè. Tagliate la bresaola a cubetti e tritate il prezzemolo. Mettete in una terrina il riso freddo, il prezzemolo, la bresaola ed il patè. Aggiungete olio, pepe e limone e mescolate bene.Se volete, accompagnate il piatto con del pane al latte.

L’A

NG

OLO

Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinun-cia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o ri-lassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

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DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Riso nero con cubetti di bresaola e olive

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