Affari di Gola - giugno 2011

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO Supplemento al n. 24 de “La Rassegna” del 23 giugno 2011 - Giuseppe Ruggieri direttore responsabile Editrice: La Rassegna S.r.l. via Borgo Palazzo 137, Bergamo Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, DCB Bergamo - 2,60 giugno 2011 Ostriche, come gustarle al meglio L’INTERVISTA Slow Food mette radici nella Bassa Il Moscato di Scanzo “contamina” anche il salame IL PRODOTTO IN LOMBARDIA Quattro itinerari alla scoperta di cibi e vini Gandino piccola “patria” del peperoncino LA CURIOSITÀ

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In rassegna sapori, gusti e piaceri del territorio bergamasco

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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giugno 2011

Ostriche,come

gustarle al meglio

L’INTERVISTA

Slow Foodmette radici nella Bassa

Il Moscato di Scanzo “contamina” anche il salame

IL PRODOTTOIN LOMBARDIA

Quattro itinerari alla scoperta di cibi e vini

Gandino piccola “patria” del peperoncino

LA CURIOSITÀ

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GIUGNO 2011

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PENNA ALL’ARRABBIATAA tavola la Germania ne infi la una dietro l'altra.E alla fi ne "riabilita" la nostra Italia

FOCUSOstrica, che prelibatezza!

LA NOVITÀSlow Food vola "Bassa"

LA CURIOSITÀUn orto piccante

SPECIALEDi stagione e italiana: ecco la fruttaprotagonista dell'estate

PROPOSTEStrade del Vino, quattro itineraritra cultura ed enogastronomia

IL RISTORANTETrattoria del Teatro, la tradizione ci ha preso gusto

IL PRODOTTOIl Moscato di Scanzo "contamina"anche il salame

Editrice: La Rassegna S.r.l., via Borgo Palazzo, 137 - 24125 BergamoPresidente: Ivan RodeschiniDirezione e Redazione: La Rassegna S.r.l. - via Giorgio Paglia, 26 24121 Bergamo - tel. 035 213030 fax 035 [email protected] responsabile: Giuseppe RuggieriIn redazione: Anna FacciOpinionisti: Pier Carlo Capozzi, Enrico RotaPubblicità: La Rassegna srl - via Paglia, 26 - 24122 Bergamotel. 035/213030 - fax 035/224572 - [email protected]: www.larassegna.it - tel. 035 4120304Registrazione Tribunale di Bergamo - N° 48 del 22 novembre 2001Collaboratori: Michele Andreucci, Leo Bartoli, Marco Bergamaschi, Laura Bernardi Locatelli, Pino Capozzi, Ettore Coffetti, Fulvio Facci, Alex Gabbi, Roberta Martinelli, Roberto Morandi, Lelia Parisi, Rossana Pecchi, Fabrizio Pirola, Pierluigi Saurgnani, Giordana Talamona, Donatella Tiraboschi, Sara VavassoriImpaginazione: Videocomp, BgStampa: Litostampa Istituto Grafi co, Bg

I NOSTRI INSERZIONISTIAlfa Term, BF impianti frigoriferi, Brevi due, Donna Giulia, Fabry Frutta, Frutta e Verdura self service, Gustar Gandino,

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IN RASSEGNA SAPORI, GUSTI E PIACERI DEL TERRITORIO

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P er capire lo spessore di Italo Castelletti era sufficiente avere il privilegio di visitare la sua cantina. Lì, tra le migliaia e migliaia

di bottiglie, erano condensati la competenza, la visione, la curiosità e il continuo desiderio di novità di un sommelier con la “s” maiuscola, di un professionista capace di emozionarti raccontandoti un vino, intrigandoti con la sua storia e la sua “anima”. Quando era il caso, arricchendo il tutto con la sua esperienza personale, ricordando il viaggio alla scoperta di un vino, di un produttore, tra vigne e aziende di mezzo mondo.

Qualche anno fa abbiamo avuto l'occasione di entrare in quella cantina. Una miniera di emozioni. Tra le oltre 11mila bottiglie disseminate tra i vari ambienti, Italo ci aveva raccontato che da oltre cinquant’anni viveva una realtà che non aveva mai smesso di affascinarlo. “Qui - indicava - riposano prodotti rari, annate introvabili, bottiglie cariche di storia, alcune addirittura con due secoli di vita. Ma la gioia più grande - aveva ammesso - è stata quella di aver potuto apprezzare e condividere questi grandi vini parlando della vite e della vita con uomini che hanno fatto la storia enologica del nostro Paese”.

Il riferimento, tra i tanti, era a personaggi del calibro di Gino Veronelli, Gianni Brera, Gianni e Paola Mura, Giacomo Bologna, Cesare Pillon, Giorgio Grai (“lo considero uno dei più grandi degustatori italiani” ci aveva detto), Pietro Pittaro, ai tempi presidente nazionale e mondiale degli enotecnici, Aldo e Giacomo Conterno. Tutti, chi prima chi dopo, ospiti della mitica enoteca “Al Portico” di Ponte San Pietro, primo esempio di wine-bar nella nostra provincia (aperto nel ’68 e poi ceduto nel ’95) dove le serate accompagnate da grandi etichette e i dibattiti sul futuro del vino erano quasi all’ordine del giorno. Definirlo un laboratorio enologico non è esagerato. Certo è che ha contributo a spalancare nuove porte su un mondo in evoluzione, ad arricchire competenze, soddisfare curiosità ed esigenze di appassionati e professionisti.

Italo amava definirsi un collezionista legato sentimentalmente al prodotto. Forse per questo, più di altri, sapeva capirlo e valorizzarlo. Sicuramente per questo, nel fondare a metà degli anni Settanta la delegazione bergamasca dell’Ais, aveva chiaro il proprio obiettivo: far conoscere al maggior numero di persone possibile il mondo del bere, ma con gusto e piacere. E sempre per questo l'enoteca “Al Ponte” resta una tappa obbligata per chi, dal privato al professionista, è in cerca di qualche autentica “perla” enologica. Luca, il figlio, oggi Consigliere nazionale dell’Ais, garantisce la continuità, affiancato dalla delegata Ais di Bergamo, Nives Cesari.Italo se n'è andato da pochi giorni, aveva appena compiuto 80 anni. Come sempre, quando se ne va un personaggio che ha fatto la “storia”, resta un senso di vuoto.

IL RICORDOdi Giuseppe Ruggieri

Addio Italo, maestro di vino

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Italo Castelletti, scomparso recentemente all’età di 80 anni

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A tavola la Germania ne infi la una dietro l’altra.

E alla fi ne “riabilita” la nostra Italia

V iva l’Italia. Mille e mille volte ancora. Vi ri-cordate Pasquale Ametrano, il tenero e ta-marro emigrante di Matera che, in “Bianco,

rosso e Verdone”, parte dalla Germania per tornare in patria a votare ? La moglie teutonica, in vista del lungo viaggio, gli prepara un’orrenda colazione ric-ca di salsicce e a lui, povero diavolo impermeabile al male, capita ogni disavventura possibile: gli fre-gano il mangianastri mentre canta Claudio Villa e poi la gigantesca spesa al market, via via ogni pezzo della macchina, borchie e parabrezza compresi. È lo specchio di un’Italia furba e ladrona e lo sfogo di Pasquale, al momento di infi lare la scheda nell’ur-na, sarebbe un’immagine amara di come siamo se questa fotografi a non ce la fossimo fatta da soli: è un autoscatto d’autore e, si sa, quando parliamo dei nostri difetti, non badiamo a spese e non consideriamo mai la tara.A parti invertite non sareb-be mai successo. Perché quel-li della pizza, della mafi a e del mandolino siamo sempre e soltanto noi e i tedeschi, dall’alto della loro incrollabile certezza di onnipotenza, sono sicuri di non sbagliare mai.Peccato (si fa per dire) che qualche volta si facciano bec-care con le mani nel barattolo dei crauti: come nel caso delle tonnellate di mozza-relle blu prodotte in un loro stabilimento e distribu-ite, la scorsa estate, in mezza Europa.Nei guai sono fi niti consumatori svedesi, bielorussi, slovacchi, rumeni, francesi, danesi, polacchi, natu-ralmente italiani, ungheresi e altri ancora: poca igie-ne e scarsa qualità del prodotto, hanno sentenziato gli investigatori alimentari.Non contenti, sono continuate le grane per via delle uova e della carne di maiale con tracce evidenti di diossina, primo episodio di questo annus horribilis teutonico.Lo scandalo ha avuto origine in un allevamento del-la Bassa Sassonia ed ha scatenato un putiferio po-litico, col presidente socialdemocratico Gabriel che ha attaccato Ilse Aigner, ministro per la Tutela dei consumatori, chiedendole di rendere pubblico “ciò che sa e cosa intende fare”.

Questo invito, assai esplicito, ha avvalorato il sospet-to che alberga in tante menti di casa nostra: cioè che da loro si tenda sempre a nascondere il più possibi-le, anteponendo la causa nazionale ad ogni altro dettaglio. Ma è sul cetriolo killer che i nostri amici hanno dato il meglio di loro stessi: dopo i primi tre morti, tutti tedeschi, per non saper né leggere né scrivere, hanno gettato in pasto ai media la notizia che la causa fossero tre cetrioli importati da Malaga.L’Agenzia spagnola di sicurezza alimentare, colta in contropiede, replicava che stavano indagando per capire l’origine del contagio.Da lì a tirare in ballo anche i pomodori e l’insalata, comprese le coltivazioni italiane, il passo è stato bre-ve. E intanto i morti, in Germania, aumentavano.

Poi l’illuminazione: macché ce-trioli e lattuga, la colpa è nei semi di fagioli. O nei germogli di soia ?Se non ci fossero povere vitti-me, strappate alle loro famiglie per dolo e incuria di qualche fi -libustiere, ci sarebbe perfi no da riderci sopra.Ma non saremmo in grado di farlo comunque perché l’in-dignazione è troppo grande. Questa incredibile serie di bu-

fale (e la mozzarella non pote-va che esserne la capofi la) ha causato, oltre ad una psicosi collettiva di cui avremmo volentieri fatto a meno, 417 milioni di danno ai mercati europei, tra cui un centinaio tutti rigorosamente italiani con lo sfacelo di 50mila tonnellate di verdure buttate via perché invendute. Quelli che fanno i professori, che sono precisini, che non vogliono aiutare la Grecia perché ha sbagliato, sono fi niti dietro la lavagna. A fare penitenza.Molto meglio noi, datemi ascolto, con le nostre pec-che storiche, i nostri campanilismi, il nostro folklore a palazzo. Tutta roba che conosciamo.Pasquale Ametrano-Carlo Verdone, nel riporre la scheda, si lamenta del suo Paese e manda tutti a farsi friggere. Ma nel fondo del suo cuore sa bene che non cambierebbe mai la sua Basilicata con Monaco di Baviera.

[email protected]

PENNA ALL’ARRABBIATAdi Pier Carlo Capozzi

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5Affari di Gola giugno 2011

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“Le ostriche del Mar di Marmara sono già più grosse di quelle di Lucrino, più dolci di quelle della Bretagna, più gu-

stose di quelle di Medoc, più piccanti di quel-le di Efeso, più piene di quelle spagnole…

più bianche di quelle del Circeo; di quest’ultime è asso-

dato che non ve ne sono di più dolci o più tenere”. Così il cronista latino Plinio descriveva le ostriche, uno dei cibi più pregiati delle nostre tavole e il più sedutti-vo per antonomasia. C’è chi le ama (molto) e chi non può nemmeno vederle. Ma gli estimatori sono tanti e sono disposti a spendere cifre anche molto alte per gustarle. Il segreto del loro successo è dovuto anche all’allure voluttuosa che le circonda. Fin dall’antichità infatti le ostriche (nome volgare di Ostree) sono con-siderate il cibo afrodisiaco per eccellenza per il loro contenuto di zinco che favorisce la funzionalità degli ormoni e del testosterone. Una caratteristica che nel XV secolo indusse il medico e scienziato Michele Sa-vonarola a mettere in guardia contro gli istinti scatena-ti da questi molluschi bollandoli come cibi per ricchi lussuriosi. Oggi nessuno si sogna più di scomunicarle, pur rimanendo un cibo di lusso.

FOCUSdi Roberta Martinelli

Ostrica, che prelibatezza!

Tonda, piatta, stretta, allungata: come che sia, il pregiato molluscobivalva resta apprezzato da un vasto numero di estimatori. Ecco una piccola guida per andare sul sicuro

mollusco

Con l’aiuto di Selecta, azienda lea-der nei prodotti di alta cucina, ab-biamo realizzato una piccola guida per l’acquisto e la conservazione delle ostriche.

LA SCELTAUn’ostrica fresca è sempre ben chiusa e presentata nella confezio-ne di origine che deve avere l’eti-chettatura a garanzia di freschezza del prodotto. Una piccola astuzia: se si sbattono delicatamente due ostri-che tra di loro, non devono produr-re un rumore vuoto, ma un rumore sordo senza risonanze. Questo ga-rantirà che sono ben piene. L'ostri-

ca si mangia normalmente cruda.

L’APERTURASe un’ostrica fa resistenza è garan-zia di freschezza. Munirsi di uno strofinaccio da cuci-na piegato in quattro e di un coltello a lama corta e solida. In quattro gesti l’ostrica è aperta. Non dimenticare di vuotare la prima acqua, la secon-da è molto più saporita.1. Stringere bene l’ostrica nel pal-

mo della mano aiutandosi con uno strofinaccio quindi puntare la lama alla cerniera dell’ostrica tenendo il pollice a circa un cen-timetro dalla punta della lama

2. Introdurre la lama fino a due ter-zi dell’ostrica a partire dalla cer-niera

3. Tagliare il muscolo4. Sollevare la valva superiore e

staccarla.Al momento dell'apertura della con-chiglia deve essere viva, cioè reagire quando la si tocca.

COME GUSTARLEGustare le ostriche due giorni o più dopo la loro uscita dall’acqua. Con-sumare con pane di segale e burro salato della Normandia. Si può aggiungere succo di limone o una vinaigrette allo scalogno. Una

Come sceglierle e gustarle al meglio

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dolci di quelle della Bretagna, più gustose di quelle di Medoc, più piccanti di quel-

le di Efeso, più piene di quelle spagnole… più bianche di quelle del Circeo; di

quest’ultime è asso-

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Quanto alle varietà, i nomi delle ostriche fanno rife-rimento a una specie o alla regione d’origine o alla località o al modo in cui sono state confezionate o alla famiglia degli ostricoltori. Di solito vengono utilizzati i nomi Fine per un prodotto raffinato e Special per un prodotto molto affinato. Le due categorie principali in cui le ostriche sono sud-divise tengono conto della forma del guscio: le ostri-

macinata di pepe su ogni ostrica evidenzia il loro sapo-re iodato.

LA CONSERVAZIONESe si mangiano il giorno stesso dell’acquisto vanno a-perte all’ultimo momento. Se invece si desidera conser-varle per qualche giorno bisogna porle in un luogo fre-sco o in un cassetto per la verdura del frigorifero sen-za aprirle, con la parte concava della conchiglia rivolta verso il basso e coperte da un peso. In questo modo è possibile consumarle fino a 10 giorni dalla data di con-fezionamento. La temperatura di conservazione deve essere tra 5 e 10°.

LE PORZIONISia che la si consumi cruda, sia che la si cuocia, l'ostrica è molto digeribile. La porzione normale quando la si serve come antipasto è di 6 molluschi a testa.

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Selecta, “mercato condizionato dalla scarsità di produzione”

Antonio Vasile, esperto di Selecta, distributore di prelibatezze gastronomiche, parla dei trend di mer-cato delle ostriche, tra rincari e virus, e delle nuove tendenze nei consumi. “Il mercato delle ostriche - afferma - non si è fermato nonostante l’aumento di prezzi, dell’ordine del 40%, dovuto alla scarsità del-la produzione: l’Ostreid herpes virus, che colpisce le ostriche con un anno di età, ha fatto registrare un picco di mortalità, con un calo compreso tra il 60 e l’80% della produzione. L’epidemia scatenatasi nel 2009 sta presentando ora i conti, dal momento che le ostriche vengono commercializzate dopo tre an-ni di allevamento”. Se il mercato complessivamente tiene, i consumi domestici, a causa dei notevoli rincari, hanno subi-to una battuta d’arresto: “E’ diminuita la domanda di ostriche in pescheria e nei supermercati - con-tinua Vasile -. I rincari hanno disincentivato gli ac-quisti da parte del pubblico medio. La richiesta da parte della ristorazione resta invece sostanzialmen-te inalterata: se d’estate in Francia e nel Nord Euro-pa i consumi calano, in Italia, complice il turismo e le temperature estive, le richieste non mancano mai. Come ogni anno si prevede un incremento di richieste nel periodo autunnale ed un boom nel pe-riodo natalizio. Gli italiani restano dei grandi consu-matori di ostriche: il pregiato mollusco non manca mai a tavola nelle occasioni importanti”. Quanto alle varietà, difficile stilare una classifica delle specie preferite: “ I francesi sono stati molto bravi a legare le ostriche al territorio, distinguendo tra Fine, Special e piatte - sottolinea l’esperto -. So-no sempre molto ricercate le Belòn, ostriche piatte affinate nell’omonimo fiume. Nell’ultimo periodo stanno riscuotendo un buon successo le ostriche triploidi, frutto della ricerca dell’ Ifremer, l'Istituto per lo sfruttamento delle risorse marine: si tratta di una combinazione genetica grazie alla quale le o-striche nascono sterili e con tre copie di cromoso-mi (anziché due), attraverso la combinazione con larve di ostriche tetraploidi (cioè in possesso di 4 cromosomi, riscontrabili anche in natura, seppure in minime percentuali). Le ostriche sterili, lonta-ne dai mutamenti ormonali che coincidono con il periodo riproduttivo estivo e ne alterano la piace-volezza (risultando smagrite e lattigginose), diven-tano così un piatto per tutte le stagioni. La nuova produzione francese, criticata dai puristi, in Italia

Marcel Lesoille, campione mondiale e recordman d’apertura di ostriche, è stato protagonista di una recente

serata al Roof Garden Restaurant di Bergamo con le ostriche dell’azienda Cadoret.

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FOCUS

soprattutto da Slow Food, non sconfina nel cam-po minato degli Ogm, come assicurato dall’Istituto Francese che ha semplicemente finalizzato una ri-cerca americana sui cromosomi dei molluschi. Ma la rivoluzione da laboratorio ha creato indigna-zione tra i produttori che hanno costruito la pro-pria etica produttiva e commerciale sulla stagiona-lità. A partire da Jacques Cadoret e Yvon Madec che continuano a sospendere le spedizioni con l’arrivo della bella stagione, per poi riprenderle a fine esta-te”. L’affinamento delle ostriche resta fondamenta-le: “I romani furono i primi ad adottare tecniche di affinamento oltre che di allevamento: in viaggio da

Brindisi, antica capitale di riferimento per il pregiato mollusco, a Roma lascia-

rono le ostriche qualche gior-no in un lago, scoprendo co-

me il passaggio in ac-qua dolce ne esal-tasse il sapore e in-gentilisse il gusto. Così la “quarante-na” delle ostriche

nel lago Lucrino di-venne un passaggio

obbligatorio per degusta-re al meglio le ostriche nei

banchetti dell’antica Roma. I processi di affinamento sono essenziali per miglio-

rare il sapore, la tessitura ed il colore delle ostriche e conferire

loro un gusto unico”.

* FINE DE BINICÈ allevata in mare aperto nella Baia di St. Brieuc. Ha una conchiglia arrotondata, un colore serico, carne croccante, iodata e salata, con un fondo fruttato.* SPECIAL DU BELÒN O SPECIAL CADORETQuando l’ostrica ha raggiunto la sua maturità viene portata nel fiume Belòn per un finissaggio. Qui vie-ne affinata per un anno nei parchi sui fondali emer-genti, vi acquisisce una conchiglia chiara, una carne vellutata, un sapore di nocciola marcato da una leg-gerissima punta di zucchero.* PERLA NERAAllevata sulle splendide spiagge di Utha Beach in Normandia questa “Special” viene poi affinata per

Ostrica concava (ostrea gigas)

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FINE DE BINIC

della bella stagione, per poi riprenderle a finete”. L’affinamento delle ostriche resta fondamele: “I romani furono i primi ad adottare tecnichaffinamento oltre che di allevamento: in viaggi

Brindisi, antica capitale di riferimper il pregiato mollusco, a Roma la

rono le ostriche qualcheno in un lago, scoprend

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loro un gusto unico”.

LA SCHEDA

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9Affari di Gola giugno 2011

minimo sei mesi nel fiume Belòn. In questo modo as-sume una conchiglia arrotondata e un colore serico, una carne croccante e un gusto fruttato dalle note di zucchero. * FINE DE CLAIREAffinata nei bacini di ingrassamento con una densità di massimo 20 ostriche per metro quadro e immersa per un periodo minimo di un mese si distingue per u-na pronunciata barba nera, il colore verde delle bran-chie e un gusto di nocciola. * SPECIAL DE CLAIREAffinata nei bacini di ingrassamento e immersa per un periodo minimo di due mesi con una densità di massi-mo 10 ostriche per metro quadro, ha una forma arro-tondata, un colore intenso, una carne soda. Come tut-te le Special ha un gusto più delicato con una punta di zucchero. (Le ostriche concave più sono piccole più sono buone)

* BELÒN DU BELÒNÈ l’ostrica piatta affinata nel fiume Belòn, l’ostrica più ricercata in assoluto. Si distinguono per la loro carne dalle sottili note di bosco, di una delicatezza eccezio-nale. Per ragioni economiche, il Ministero dell’Agricol-tura francese ha permesso a tutti i produttori di ostri-che piatte di poter denominare il loro prodotto con l’appellativo Belòn. Da qualche tempo per una mag-giore correttezza sia nei confronti dei consumatori che degli antichi ostricultori di Riec sur Belòn, picco-lo paesino della Bretagna, i produttori di questa zona chiamano le loro ostriche piatte Belòn du Belòn.(Al contrario delle ostriche concave le ostriche piatte più sono grandi più sono buone)

Ostrica piatta (Ostrea edulis)

U BELON

che tonde e piatte (francesi) hanno un sapore delicato e armo-nico, le ostriche a guscio allungato e rugoso, che può essere piuttosto stretto (portoghese) o più largo (giapponese) hanno un gusto intenso e pungente. Le ostriche più pregiate sono quelle tonde, in particolare le belon, che possono arrivare an-che a 15 cm di diametro, ma i cui esemplari normali misurano tra i 7 e i 10 cm. Le ostriche che più comunemente si trovano nei ristoranti italiani sono quelle allungate del tipo portoghese o giapponese; le prime sono più pregiate. Molte delle circa 50 specie che compongono la famiglia Ostreidae sono pescate e coltivate in tutti i mari del mondo. L’ostrica concava (Crassostrea gigas), in particolare, è il mollusco più allevato su scala globale, con una produzione annua che ha raggiunto i 4 milioni di tonnellate. Con oltre 2,3 milioni di tonnellate, di cui un 10-20% di Crassostrea gigas, la Cina è il primo produttore mondiale di ostriche. Nello scenario europeo oltre il 90% delle ostriche, soprattutto concave, sono prodotte in Francia. Oggi la Normandia è la prima regione produttrice di ostriche della Francia e il regno ideale degli allevamenti di questi molluschi.

e in colare,

nnua che ha e, di cui un 10-ostriche. Nello sono prodotte ostriche della

NFINE DE CLAIREE

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10 Affari di Gola giugno 2011

La birra artigianale italiana sta vivendo un mo-mento unico, ricco di attenzioni e fertile sotto il profi lo commerciale. Secondo la defi nizione

di Unionbirrai, associazione nazionale di operato-ri del settore, “la birra artigianale è una birra cruda, integra e senza aggiunta di conservanti con un alto contenuto di entusiasmo e creatività ed è prodotta da artigiani in quantità sempre molto limitate”. Tanto che, si vuole aggiungere, per iscriversi a livello profes-sionale a questa associazione, diviene d’obbligo non produrre più di 10.000 ettolitri di birra all’anno. Questa prefazione è assai importante nel cercare di determinare la linea di confi ne tra prodotto artigia-nale ed industriale nel campo brassicolo. Importante perché non esiste un’altra defi nizione di birra artigia-nale, se non quella classica legata al termine stesso, che vuole ricondurlo alla predominanza del fattore umano rispetto all’elevato impiego di attrezzature ad alto contenuto tecnolo-gico. Stabilito il concetto, si può analizzare il fenome-no. A fi anco della schiera di consumatori "consa-pevoli", che tengono in grande considerazione il prodotto artigianale, un numero crescente di cu-riosi e appassionati si è avvicinato a questo mon-do, generando richieste che non potevano pas-sare inosservate. Ad oggi in Italia i microbirrifi ci sono quasi 400. Numero importante se pensiamo che un anno fa superava-no di poco i 300. Anche la nostra provincia oggi

vanta ben 8 produttori: Birrifi cio Elav, Birrifi cio Nazionale, Endorama, Maivisto, Maspy, Sgua-raunda, Valcavallina e Via Priula (la maggior par-te con impianti di proprietà). A parte la curiosità e la ricerca di prodotti capaci di dare emozioni degusta-tive diverse, la discussione che ci interessa è la quo-tazione di queste produzioni di nicchia. Per dovere di cronaca, dobbiamo ricordare che produrre in pic-cole quantità ha un costo maggiore rispetto a quelle grandi. Questo perché più produci e meno incidono i costi fi ssi come manodopera, ammortamenti degli impianti e buona parte dei costi generali, senza poi parlare del poter di acquisto delle materie prime. Infi -ne, l’imbottigliamento manuale o semi automatico ha un costo superiore rispetto ad una linea automatica. In modo inevitabile, il tutto si rifl ette sui prezzi delle bottiglie. D’altro canto, la birra è comunque una be-vanda "popolare" da consumare in qualità ma anche

in quantità. Giusto quin-di, escludendo le birre molto particolari, cerca-re di produrre e vendere a prezzi molto più bassi degli attuali. Mantenere per lungo tempo le quo-tazioni odierne rendereb-be troppo di nicchia non il prodotto, ma la richie-sta. Ben sappiamo che i veri gioielli costano, ma un prezzo troppo eleva-to li rendono accessibili solo a pochi e, nel no-stro caso, questo sarebbe poco lungimirante. Augu-riamoci allora di poter bere spumeggianti birre artigianali ad un prezzo abbordabile.

Birre artigianali, un fenomeno che deve fare i conti con i prezzi

di Enrico Rotaconsigliere delegato

e responsabilevendite Italia della QUATTROERRE

di Torre de’ Roveri (Bg)Per ulteriori informazioni

scrivere [email protected]

TENDENZE

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11Affari di Gola giugno 2011

BOTTA E RISPOSTA

Egregio Signor Presidente Mazzoleni,nell'ambito dell'intervista apparsa sulla rivista Affari di Gola dello scorso maggio, ci è spiaciuto constatare come permanga un certo livore nei confronti di un formaggio, il Taleggio, che deve le sue inconfondibili origini alla Val-le omonima. Il Consorzio di Tutela è stato costituito ben oltre trenta anni fa con lo specifi co compito di valoriz-zare un patrimonio che, senza adeguate protezioni nor-mative, sarebbe stato annichilito da prodotti analoghi. Sorprende, infatti, che Lei abbia potuto dichiarare "Siamo già rimasti abbastanza scottati dal Taleggio, che ormai si produce dappertutto ed ha perso per molti versi il le-game con la nostra omonima valle" che, a nostro avviso, è assolutamente fuorviante e non rappresentativo della realtà. Come Lei certamente sa, il Taleggio, essendo un formaggio a Denominazione di Origine Protetta, defi ni-sce le sue caratteristiche anche per la zona di origine, ov-vero il territorio nel quale viene prodotto. E certamente non Le sfugge che il processo produttivo consta di pro-duzione vera e propria e di stagionatura, fasi che si con-temperano e danno luogo al "nostro" famoso formaggio. Riesce diffi cile comprendere cosa intenda per "rimanere scottati" quando in Valle permane una modesta produ-zione ma una buona fetta della stagionatura, con Aziende fortemente convinte del ruolo del formaggio Taleggio nell'economia locale. Il Consorzio è quindi a disposizio-ne per confrontarsi su temi sui quali Lei appa-re particolarmente sensibile. Distinti saluti

Il presidente del Consorzio di Tutela Taleggio, Massimo Taddei

Ill.mo sig. Presidente,leggere nelle mie parole, tra l'altro a quella doman-da avevo chiesto di poter rispondere come Sindaco di Taleggio, acredine nei confronti del Consorzio o dei produttori o degli stagionatori spero non celi un'invo-lontaria malafede. Come ben lei sa, e come spero senza falsa modestia di aver dimostrato in questi miei sette anni da Sindaco, ho un grande attaccamento ai nostri prodotti e produttori vallari ed ho promosso un pro-getto ecomuseale basato proprio sulla valorizzazione del Taleggio Dop (senza mai avere avuto sostegno dal Consorzio) e dello Strachitunt (del quale credo lei, come privato, conosca la situazione essendo uno dei tre caseifi ci di pianura fi rmatari del ricorso per evita-re che la Dop sia assegnata al solo luogo originario di produzione: le montagne della Val Taleggio!). Lascio pertanto le considerazioni sulla sua lettera ai lettori che certamente sapranno interpretare la correttezza dei comportamenti nella speranza che non ci sia solo il confronto ma anche riconoscimento per la monta-gna. Cordialmente.

Alberto Mazzoleni Sindaco di Taleggio e Presidente della Comunità Montana Valle Brembana

“Sul Taleggio frasi che non rappresentano la realtà”

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È nata la condotta Slow Food Bassa Bergamasca, la terza in provincia, con sede a Trevi-

glio presso la Cooperativa Famiglie Lavoratori di viale Piave. Dopo la partecipazione alla Fiera agricola, il primo appuntamento importante della neonata associazione è stato il Congresso fondativo: sabato 14 mag-gio, all’Agriturismo Cascina San Mar-co di Arcene, si è tenuta l’assemblea di tutti i 60 soci della Condotta, alla presenza di Lorenzo Berlendis, mem-bro del Direttivo regionale e nazio-nale di Slow Food Italia, che ha con-fermato la competenza territoriale della nuova condotta nella pianura bergamasca, dal fi ume Adda al fi ume Oglio, e ha ribadito i valori fondanti e le fi nalità dell’associazione, sotto-

lineando come dall’originario “pia-cere della convivialità”, oggi sempre di più Slow Food parli e si impegni per “il cibo buono, pulito e giusto” in riferimento alle profonde intercon-nessioni ambientali, economiche e sociali che oggi comporta in tutto il pianeta. Il Congresso ha eletto Fidu-ciario della Condotta Mara Barcella. 26 anni, fresca di laurea in medicina, Barcella delinea le strategie che ver-ranno messe in atto con il Comitato di Condotta, per valorizzare i giaci-menti golosi della Bassa Bergamasca. Ha solo 26 anni: quando nasce la sua passione per l'enogastro-nomia?"È una passione che mi accompagna da sempre, che mi è stata trasmes-sa fi n da bambina dalla famiglia. I miei genitori, associati Slow Food da lunga data, mi hanno sempre insegnato a cercare prodotti che fossero espressione del territorio e produzioni di nicchia, a ricercare sapori autentici, che valorizzassero il lavoro appassionato di allevatori e agricoltori. Il progetto di fondare una nuova condotta nella Bassa c'era da tempo: ci stavamo lavorando da un anno. Mi sono subito interessata al progetto, sin dalla fase embriona-le, quando Federico Crippa ha ini-ziato a muovere i primi passi con Slow Food per costituire la nuova Condotta. Abbiamo lavorato molto sul territorio, raggiungendo in pochi

Ha sede a Treviglio la terza Condotta bergamasca, appena costituita. A guidarla Mara Barcella, neolaureata in medicina. Defi niti i gruppi di lavoro. “Tra gli obiettivi la valorizzazione dei giacimenti golosie il sostegno all’agricoltura di qualità, con la creazione di una Comunità del cibo, una rete territoriale di produttori, trasformatori, educatori e formatori, consumatori criticie consapevoli”

Slow Food vola “Bassa”

LA NOVITÀdi Laura Bernardi Locatelli

Dalla produzione dei cereali all’allevamento, fino alla realiz-zazione del salame all'antica. La Società Agricola Il Montiz-zolo produce il salame “come si faceva una volta”, seguendo la linea della filiera corta a ga-ranzia totale del consumatore. I maiali scelti per la produzio-ne dei salumi vengono allevati in azienda ben oltre i 12 mesi d’età perché per fare un buon salame, come sapevano i no-stri nonni, il maiale deve ave-re “almeno due agosti”. La loro crescita è quindi meno forza-ta, la carne risulta più matura e di qualità superiore. Per l'ali-mentazione vengono utilizzati mais, orzo e frumento coltivati in azienda. Per produrre il “Sa-lame del Montizzolo” vengono impiegate tutte e solo le par-ti migliori dei maiali, quindi le cosce, le spalle, le lonze, i filetti, pancette, panettoni e sottogo-la. È una carne sicura in quanto è certificata con il metodo del Dna, una forma di tracciabilità seria, sicura e trasparente con una etichetta unica e incon-fondibile. Non è una semplice etichetta ma una vera e pro-pria Carta d’Identità, che dà in-formazioni su ogni aspetto del prodotto, dal codice genetico del maiale al numero esatto di salami per ogni partita, agli in-gredienti utilizzati, all’alimenta-zione naturale dei maiali.

Il salame del Montizzolo, con tanto di carta d'identità

IL PRODUTTORE

Mara Barcella

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mesi l'adesione di sessanta soci”.Quali sono le prime iniziative portate avanti dalla Condotta?"Nell'ultima riunione di Comitato abbiamo costituito i primi gruppi di lavoro e defi nito i referenti di ogni singola area. Federico Crippa sarà referente per il tesseramento e si occuperà di tracciare una mappatu-ra dei produttori locali; Anna Baratti seguirà i progetti "Terra Madre" sul territorio, Joy Coxhead sarà referen-te delle iniziative conviviali della Condotta e si occuperà di mappare locali e ristoranti, Luigi La Delfa se-guirà i progetti di comunicazione e si occuperà dei rapporti con la stam-pa, Barbara Schiavino sarà il punto di riferimento per i corsi e i percorsi di formazione, mentre Vasco Spero-ni sarà il nostro tesoriere. Abbiamo organizzato la prima biciclettata ga-stronomica "Bici in pianura" nell'ulti-mo week-end di maggio: una pedala-ta alla scoperta di alcuni produttori locali. Altro appuntamento è lo Slow Food Day a Treviglio (si è tenuto il 18 giugno scorso) assieme ad altre 299 piazze italiane per celebrare il 25esi-mo compleanno dell'associazione, esaltando l’alleanza tra le Condotte, rappresentanze locali dell’associa-zione e gli agricoltori di prossimità. Il forte radicamento sul territorio è da sempre uno dei punti di forza di Slow Food: con la giornata celebrati-

va, c’è stata l'occasione di far cono-scere la nostra attività e sensibilizza-re all' impegno nella salvaguardia e promozione del patrimonio enoga-stronomico locale".Quali sono i prodotti che inten-dete valorizzare?"I primi prodotti che abbiamo indi-viduato e che intendiamo proporre come marchi-presidi di Slow Food sono il melone retato di Calvenzano e il salame bergamasco alla vecchia maniera, realizzato con la totalità del maiale. Stiamo prendendo contatti con altri produttori di nicchia, dai formaggi di capra alle produzioni casearie di bufala: il nostro compito principale sarà quello di realizzare una mappa che valorizzi tutti i pro-dotti presenti nel territorio e i locali che li esaltano, rispettandone la sta-gionalità. Ogni località è una patria gastronomica, il nostro obiettivo è scoprire ed esaltare le nostre tradi-zioni e le nostre radici. Il nostro im-pegno più complessivo e strategico sarà quello di sostenere e rilanciare l’agricoltura di qualità, con la crea-zione di una “Comunità del cibo”: una rete territoriale di produttori, trasformatori, educatori e formatori, consumatori critici e consapevoli”. Quali sono i primi impegni in agenda?“Punteremo moltissimo sulla forma-zione. Slow Food sta sottolineando

l'importanza dell'impegno per il cibo "buono, pulito e giusto" ed è no-stra intenzione valorizzare i principi, nell'ambito del progetto più ampio di "Terra Madre". Stiamo prendendo contatti con le scuole per lanciare un programma di educazione ali-mentare con Laboratori e seminari, a partire dal progetto “Orti in Con-dotta” per educare le nuove genera-zioni al gusto, alla biodiversità del cibo e al rapporto fra le generazioni. Il nostro impegno sarà anche all'e-stero: sposeremo il progetto “Mille Orti in Africa”, che perseguendo la “sovranità della produzione” mira ad aiutare le comunità africane, affi n-ché si organizzino e scelgano auto-nomamente cosa coltivare. Il nostro obiettivo è di adottarne tre. A otto-bre, in collaborazione con il Fondo Ambientale Italiano e con Alberto Capatti, docente di Storia della Cuci-na e della Gastronomia all'Università di Scienze Gastronomiche di Pollen-zo, intendiamo ricordare la fi gura di Pellegrino Artusi, nel centesimo anno dalla sua scomparsa. La picco-la agricoltura di qualità e la collabo-razione tra Slow Food e produttori locali sarà il fi lo conduttore della nostra attività per promuovere un modello di economia virtuosa capa-ce di realizzare quello che sta ormai diventando un ossimoro: lo sviluppo sostenibile”.

13Affari di Gola giugno 2011

IL PRODOTTO

Il melone retato di CalvenzanoIl “retato di Calvenzano” è un melone molto particola-re, dalla forma allungata, dal peso considerevole (dai 2 ai 5 chili e oltre) e dalla tipica scorza rugosa che ri-corda come un ricamo la rete. Storicamente il melone è stato importantissimo per Calvenzano. Il prodotto ha avuto il suo massimo splendore negli Anni 20 e 30: dalla piccola cittadina della Bassa i meloni raggiunge-vano i più importanti ristoranti di Parigi. Negli anni 30 è stato consegnato alla residenza estiva dei reali d’In-ghilterra che - come ricordano alcuni soci dell’omoni-ma Cooperativa - inviarono alla Cooperativa stessa un attestato di stima. Dal 2002 - dopo un periodo in cui la tradizione ha rischiato di esaurirsi - la Cooperativa Agricola ha avviato un progetto quinquennale per la riscoperta del “melone retato di Calvenzano”. Più re-

centemente una versione della confettura di melone di Calvenzano è stata inserita dal Ministero delle Poli-tiche Agricole fra i prodotti gastronomici che hanno rappresentato l’Italia alle Olimpiadi di Atene 2004. Da oggi affiancano il frutto diversi prodotti satellite, dalla confettura, ideale per dolci, per pri-me colazioni, e in particolare in abbi-namento a formaggi moderatamente piccanti, alla senapata, che si presta ad accompagnare arrosti, bolliti e for-maggi di media stagionatura. Viene re-alizzato anche un particolarissimo li-quore, pronto ad esaltare in spirito la qualità del celebre melone.

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I l Valcalepio ha rappresentato sicuramente una pedina importante dell’enologia bergamasca. A partire dal lontano 1976, quando i viticoltori oro-

bici ottennero il decreto che sancì uffi cialmente la denominazione di origine Valcalepio. A quell’epoca, la struttura agricola nella bergamasca era in decisa evoluzione: si passava dalla mezzadria alla conduzio-ne diretta e tante piccole realtà produttive emergeva-no e si affermavano in un contesto del consumo del vino in rapida evoluzione. In questo ambito, la fon-dazione del Consorzio Tutela Valcalepio, che iniziava un’opera di unione delle varie realtà e di formazione dei produttori sia da un punto di vista viticolo che enologico, costituì un evento dirompente, soprattut-to sul piano operativo, tutto proteso a creare lo svi-luppo delle piccole imprese. Tanti anni sono passati, molti risultati sono stati otte-nuti e diversi problemi sono purtroppo rimasti. Ora è tempo anche di cambiamenti. Il 30 maggio scorso, infatti, l’assemblea dei soci si è riunita per eleggere il nuovo direttivo che condurrà il Consorzio nel pros-simo triennio. Tredici i consiglieri eletti: Giovanna Balestreri, Marco Bernardi, Giancarla Bonaldi, Giovan-

ni De Ferrari, Enrico Ginami, Gianni Guffanti Scotti, Luigi Invernici, Pie-tro Lussana, Emanuele Medolago Al-bani, Angelo Pecis, Franco Plebani, Marco Varinelli ed Enrico Rota. Pro-prio quest’ultimo, titolare insieme ai tre fratelli della Quattroerre di Torre de' Roveri, l’8 giugno è sta-to eletto presidente. “Non voglio nascondere la forte emozione per quello che rappresenta tale nomi-na - commenta Rota -. Penso che il nuovo Consiglio abbia creduto sia nelle mie capacità che nella possi-bilità di avere un presidente che sia la bandiera di tutta la fi liera del Valca-lepio. Con questo auspicio e avendo la fortuna di avere un direttivo forte e motivato, sarà più facile affrontare le sfi de che ci aspettano. L’ottimismo non manca e neppure la certezza che insieme a tutto il Consiglio il gioco di squadra sarà sempre in primo piano per

Rota: “Col gioco di squadraValcalepio più forte”

Il nuovo presidente del Consorzio di Tutela: “Cercheremo di rispondere al meglio alle aspettative dei soci”

mi, Gianni rnici, Pie-

dolago Al-Plebani,

Rota. Pro-insieme oerre di no è sta-n voglio one per le nomi-so che il eduto siaella possi-te che sia

a del Valca-o e avendo ettivo forte e affrontare L’ottimismo certezza che io il gioco di mo piano per

Quattro vini bergamaschi sono stati premiati alla 12a edizione della “Selezione Nazionale Vini da Pesce” svoltasi a maggio all’Hotel Monteconero Badia di San Pietro di Sirolo (An). Alla manifestazio-ne, indetta dall’Istituto marchi-giano di Tutela Vini e realizzata in collaborazione con l’Associa-zione Enologi Enotecnici Italia-ni, cinque vini bergamaschi han-no ricevuto il diploma di merito

avendo conseguito il punteggio complessivo di almeno 80 cente-simi, corrispondenti all’aggettiva-zione “ottimo” in base al metodo di valutazione “Union Internatio-nale des Oenologues”. Questi i vini bergamaschi premiati nelle varie categorie: Valcalepio bianco Doc “Melardo 2010” del Cipres-so di Scanzorosciate, Valcalepio Doc Bianco 2010 e Bergamasca Igt Manzoni Bianco “Sogno” 2010

della Cantina Sociale Bergamasca, Valcalepio Doc Bianco 2010 della Cantina Sociale Val San Martino di Pontida e Spumante brut 2008 di Bonaldi. Il Concorso, riservato solo ai vini bianchi e rosati a denominazione di origine e ad indicazione geo-grafica tipica e ai vini spumanti bianchi e rosati prodotti sul terri-torio nazionale, si propone di evi-denziare la migliore produzione

Vini da pesce, cinque i bergamaschi premiati

IL CONCORSO

Enrico Rota

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15Affari di Gola giugno 2011

rispondere al meglio alle aspettative dei soci. Un grazie - ha poi aggiunto Rota - va a Grumelli Pedrocca che ha sempre sostenuto con deter-minazione e forza quanto fosse necessario ave-re un Consorzio unito e coeso”.Rispetto al consiglio uscente, sono cinque i componenti nuovi che l’assemblea ha voluto nominare. Grande assente Bonaventura Gru-melli Pedrocca, co-fondatore nonché presiden-te del Consorzio per oltre trent’anni. Il conte in questo lungo periodo ha traghettato il Con-sorzio in scelte importanti, coinvolgendo tutti gli attori possibili, ottenendo la certifi cazione del vino Valcalepio e creando una bottiglia esclusiva che rappresenta il prodotto stesso. Ha favorito il rinnovamento scegliendo di non ri-candidarsi. Scelta sicuramente non facile visto quanto ha apportato negli anni, sia in termini esecutivi che d’immagine. Prima della sua usci-ta di scena, ha voluto evidenziare a tutti i soci l’importanza di una ampia partecipazione e di una totale rappresentatività della fi liera coin-volta nel Valcalepio. Invito che è stato accolto oltre ogni aspettativa. L’affl uenza alle urne è stata notevole: da un minimo dell’85,2 % per la categoria dei produttori fi no al 92,6% per gli imbottigliatori. Una partecipazione molto forte, quindi, probabilmente senza precedenti, che ha voluto sottolineare l’importanza di scegliere un esecutivo in grado di affrontare le attuali pro-blematiche legate al mondo del vino. La nuo-va regia avrà il faticoso compito di apportare quell’innovazione necessaria per affrontare un mercato sempre più competitivo, affi ancando il Consorzio stesso a tutte le categorie o associa-zioni direttamente interessate allo sviluppo lo-cale e cercando sinergie comuni oltrepassando i classici interessi personali.

La vitivinicoltura è un’attività che vede sempre più in primo piano le donne. In provincia di Bergamo oltre il 20% delle aziende del settore è guidato da imprenditrici. Appassionate e professionali, oltre che sensibili, creati-ve e determinate. Sono queste alcune delle qualità che fanno emergere le componenti dell’altra metà del cielo enologico bergamasco, produttrici molto preparate che negli ultimi anni si sono affrancate e hanno dimostrato non solo di essere capaci nella vigna e in cantina, ma anche di saper gestire con abilità gli aspetti legati al mar-keting e all’immagine. A livello provinciale - sottolinea la Coldiretti - sono circa 20 le aziende vitivinicole con donne titolari, quasi tutte imbottigliano vino Igt o Doc e sono concentrate nella fascia tra Bergamo e Sarnico. Per citarne alcune, a Foresto Sparso, al “Podere della Cavaga”, Nicla Acerbis, con i suoi 8 ettari di vigneto produce vini Doc e spumanti, valorizzando un vitigno storico a bacca rossa (passato recentissimamente Doc Terre del Colleoni), il Franconia detto anche Imber-ghem. Ben 4 le donne che gestiscono “La Tenuta degli Angeli”, un’azienda vitivinicola di Carobbio. La titolare Manuela Ghidini e le fi glie Roberta, Laura e Maria Testa sono attente oltre che alla qualità anche all’aspetto della promozione. La società “La Rocchetta”, con 16 ettari di vigneto tra Villongo e Sarnico, è guidata da Giovanna Balestreri che nel corso degli anni si è specializzata nel-la produzione di spumante metodo classico e vini rossi Doc Valcalepio di gran pregio. Da citare anche Domizia Frattini di Adrara San Martino eletta alla guida dell’As-sociazione Viticoltori Monte Bronzone, una realtà nata nel 1984, che raggruppa 70 soci vitivinicoltori profes-sionisti ed hobbisti dell'area Basso Sebino Lago d'Iseo con una superfi cie totale a vigneto pari a circa 40 ettari.

enologica italiana, farla conosce-re ai consumatori e agli operato-ri, presentare al pubblico le tipo-logie dei vini più caratteristici, nonché premiare e stimolare lo sforzo delle aziende vinicole al continuo miglioramento qualita-tivo dei loro prodotti. Al Concorso i vini sono stati suddivisi in dieci categorie: vini bianchi secchi tranquilli Doc e Docg, vini bianchi secchi tran-quilli ad Indicazione geografica tipica, vini bianchi secchi tran-quilli doc e docg elaborati in barrique o comunque affinati

in legno, vini bianchi secchi e tranquilli a Indicazione geografi-ca tipica elaborati in barrique o comunque affinati in legno, vini rosati secchi tranquilli Doc, vini rosati secchi tranquilli a indica-zione geografica tipica, vini spu-manti bianchi metodo Charmat con residuo zuccherino non su-periore a 20 g/l., vini spumanti bianchi metodo Classico con re-siduo zuccherino non superio-re a 20 g/l, vini spumanti rosati metodo Charmat con residuo zuccherino non superiore a 20 g/l, vini spumanti rosati metodo

Classico con re-siduo zucche-rino non su-periore a 20 g/l.

Il vino bergamasco è sempre più “rosa”

con re-cche-

n su-a 20

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16 Affari di Gola giugno 2011

LA CURIOSITÀdi Anna Facci

I n tempi pre-web la sua sarebbe rimasta probabil-mente una curiosità in sottofondo, una ricerca per tentativi più o meno fortunati di peperoncini che

potessero regalargli forti emozioni. Con Internet e la sco-perta di una community interamente dedita alla coltiva-zione, allo scambio di semi ed esperienze gli si è aperto un mondo e nel giro di qualche anno ha fatto crescere in quel di Barzizza - frazione di Gandino ai piedi del mon-te Farno dove il clima e la tradizione gastronomica non sono certo tropicali ma nemmeno quelli del nostro Sud - fi no a un’ottantina di piante e di frutti ogni varietà. Si chiama Francesco Carnazzi, ha 31 anni e fa il giardinie-re. «Tutto comincia nel 2007 – racconta – quando mio suocero ed io volevamo trovare qualcosa di più piccante rispetto al peperoncino che utilizzavamo abitualmente, che ci sembrava non avesse più molto sapore». Dopo alcune esperienze di coltivazione poco soddisfacen-ti, l’approdo prima in un forum e poi nell’attuale Pep-perfriends.com gli ha permesso di dare nuove soddisfa-zioni al palato. «Nel settembre 2008 – ricorda - ho potuto assaggiare il mio primo Habanero chocolate: un delirio, orecchie in fi amme, sensazioni diffi cili da descrivere ma emozionanti».Se nelle versioni più soft e ben dosate il peperoncino è un tocco generalmente apprezzato in cucina, che ha anche effetti benefi ci per la salute, al crescere della pic-cantezza diventa un prodotto per veri appassionati, fi no all’assaggio di “super hot” in purezza defi nito addirittura “sport estremo” per il grado di sollecitazione che provo-ca sul sistema circolatorio (senza dimenticare l’effetto irritante sulle mucose e sullo stomaco). E non si tratta solo di sensazioni. La piccantezza viene misurata con analisi di laboratorio ed espressa con un’u-nità di misura specifi ca, i gradi Scoville. Per avere un’i-dea dell’ampiezza della gamma, si calcoli che la varietà Cayenna ha una “potenza” di circa 70mila gradi Scoville,

gli Habanero vanno dai 400 a 600mila gradi ma il pepe-roncino riconosciuto dal Guinness dei primati come il più piccante al mondo, il Bhut Jolokia, raggiunge il mi-lione. A volte anche il nome può dare un buon indizio: il Seven Pod, ovvero “sette pentole”, si chiama così perché un solo frutto è considerato, nella tradizione caraibica da cui proviene, suffi ciente per in saporire sette bei pen-toloni di stufato. Esistono circa 400 varietà di peperoncino, suddivise in cinque specie: Capsicum annuum, frutescens, pube-scens, baccatum e chinense, alla quale appartengono i frutti più piccanti. «La diffi coltà maggiore per chi vuo-le coltivare i peperoncini – spiega l’appassionato ber-gamasco – è il fatto che si ibridano facilmente e così non sempre i semi danno vita alle varietà che si pen-sava di ottenere». Da qui la specializzazione di alcune

Cercava sapori forti ed ha deciso di coltivare da sé i peperoncini.Grazie a Internet, Francesco Carnazzi ha scoperto un mondo di appassionati e fatto crescere a Gandino fi no a 80 varietà diverse, soprattutto “super hot”.«Anche forme e colori mi lasciano a bocca aperta»

Un orto piccante

s

Nei negozi etnici

o nei reparti de-

dicati all’esotico

dei supermercati

si può trovare qualche prodotto tropicale fresco,

ma se si ha la curiosità di assaggiare qualcosa di

più forte e di diverso dal solito ci si può iscrivere

al forum del sito www.pepperfriends.com e tene-

re d’occhio gli appuntamenti, perché nei paraggi

potrebbe esserci un incontro o una cena tra amici

del peperoncino. Nella nostra provincia è stato il

ristorante Bigio l'Oster di Altino a proporre, con il

supporto del gruppo, due serate alla scoperta del-

la chimica del piccante in cucina.

Per saperne di più

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17Affari di Gola giugno 2011

aziende e la nascita di forum e associazioni per lo studio e la divulgazione del mondo piccante. Attraverso il sito Pepperfrinds.com si possono scambiare informazioni, consigli, semi, confrontare esperienze, con tanto di do-cumentazione fotografi ca e video delle degustazioni, ed essere aggiornati su manifestazioni, cene, congressi, visi-te a coltivazioni. Gli iscritti sono un migliaio, i più attivi circa 200. «È un rapporto a distanza – dice -, ma appena ci si incontra di persona è come se ci si conoscesse da sempre, l’intesa è immediata». Carnazzi fa anche parte anche dell’Aispes, Associazione internazionale studio peperoncino e solanacee, che ha cominciato a creare degli ibridi, interessanti per carat-teristiche estetiche o organolettiche, con l’obiettivo, tra-scorsi i sei anni necessari alla stabilizzazione del patri-monio genetico, di proporli con il proprio marchio per sostenere i diversi progetti in cui è attiva. «Il fi lo conduttore è sempre la ricerca del peperoncino più piccante, anche se devo ammettere – continua - che ora a guidarmi più che il desiderio di mangiarli è la curio-sità di saperne di più su questi prodotti, talmente diversi per forme e colori da lasciare a bocca aperta. Ce ne sono di color arancio salmone ma anche di viola, a forma di cornetto, di campana, anche le piante sono molto belle». Carnazzi è arrivato a coltivarne fi no a 80 varietà diver-se, oggi però si concentra su quelle più piccanti e su alcune ornamentali. «Con le dovute accortezze – spiega - la coltivazione è possibile anche nel nostro clima. Per i super hot la semina deve essere fatta a fi ne gennaio, in modo che la fi oritura avvenga nei mesi più caldi, e per questo ci si aiuta con le lampade. Le piante poi fruttifi -cano all’aperto, con l’attenzione di dotarle di un riparo dalla grandine, sia in vaso che in terra piena in posizione ombreggiata. Per quanto mi riguarda, i risultati miglio-ri li ho dai vasi che tengo sul balcone». «Una pianta in

buone condizioni può dare anche una cinquantina di frutti - prosegue -. Coltivo peperoncini per il consumo in famiglia e tra amici, per lo scambio all’interno della community e talvolta vendo i frutti attraverso Internet, per coprire i costi della produzione dovuti soprattutto all’utilizzo delle lampade. La coltivazione vuole essere la più sana possibile, per questo scelgo concimi e tratta-menti naturali». Una volta maturo, il peperoncino può essere utilizzato fresco, può essere fatto seccare tramite un essiccatore («per conservarsi a lungo deve essere ben asciutto», av-verte Carnazzi), può essere messo sott’olio e utilizzato nelle conserve. «Secondo me dà il massimo sulla pasta – rileva -, mi piace molto anche la salsa di cipolle agli Habanero che preparo riducendo in poltiglia le cipolle stufate. Un amico svizzero realizza anche delle marmel-late e prepara pure una salsa con peperoncini invecchia-ti in botte». Poi sta all’abilità del cuoco dosare sapori e piccantezza. «All’inizio della degustazione è possibile avvertire gli aromi dei diversi frutti, alcuni si presentano anche con una nota di dolcezza – conclude – poi però quello che resta è l’intensità del piccante».

Qualche assaggio

Buth JolokiaButh Jolok a

il più piccante al mondo

Seven PodSeven Pod

secondo il nome, un solo frutto basta per insapori-re sette pentole di stufato

RocotilloRocotillo

meno piccante, più ornamentalep

a maturazione, i frutti

sono di color marrone

Habanero Chocolate

Hanno forme e colori accattivanti, ma vanno assaggiati con cautela. Ecco un piccolo campionario dei peperon-cini che crescono in quel di Gandino.

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18 Affari di Gola giugno 2011

LA TRADIZIONEdi Roberta Martinelli

A volte le sorprese più golose capitano per caso. Come l’incontro a Tavernola con il Pa-nifi cio pasticceria Zatti, una piccola bottega

ultracentenaria in cima a una viuzza che dal lago sale al centro del paese. Nessuna delle pretese di tanti indirizzi di città, le cui vetrine e insegne ti fanno pensare più alle boutique che a negozi di alimentari: la bottega sembra uscita dritta dritta dai ricordi d’infanzia e si capisce subito che è un pezzo di storia del paese e dei suoi abitanti (in base ai documenti trovati sembra fosse già in fun-zione nel 1854, il che ne fa una delle panetterie più antiche della Bergamasca).Ci eravamo andati per comprare il pane, poi l’occhio è caduto su delle piccole pagnottelle. Rosa, la titolare, ci ha spiegato che le chiamano “sfongadine” in omag-gio alle cugine maggiori della Valle Camonica. Le similitudini però fi niscono qui: la ricetta è tutta loro e, negli anni, queste pagnottelle sono diven-tate una vera e propria specialità della zona. Tanto apprezzata che è capitato che comitive di turisti di Montisola abbiano fatto tappa a Tavernola solo per farne provvista. L’ideatrice di questo formato mignon è la fi glia di Rosa, Caterina, che da ragazzina ha avuto l'intuito di spezzare la sfongada più o meno a metà perché le sue manine non riuscivano a formare le palline a grandezza normale.Rosa ha ragione: le sfongade, buonissime anche loro, sono altra cosa. Le sfongadine tavernolesi sono pa-gnottelle dolci a base di farina, burro, zucchero, latte, uova, lievito e farina gialla, ideali per la merenda. Ne compriamo una decina e, in cuor nostro, già program-miamo di tornare per acquistarne ancora. Intanto Rosa ci mostra un’altra specialità, la torta di amarene, il dolce tipico tavernolese, una ricetta che si traman-da dall’800. Un tempo si cuoceva al forno solo il 2 luglio in occasione della festa della Madonna di Cor-

tinica, poi la suocera

di Rosa, Cati-na, anni addietro

ha sperimentato il metodo per conservare le amarene tutto l’anno met-tendole in mastelli di legno e da allora le preparano sempre. Fino a una decina di anni fa vi era l'usanza da parte di tutte le famiglie di Tavernola di ritrovarsi nel prato circostante il Santuario della Madonna di Cortinica per fare un pic-nic e condividere la torta di amarene. Ora non accade più, ma ogni famiglia di Tavernola ha conservato una sua particolare ricetta della torta. Quella degli Zatti è una variante di pasta frolla farcita con amarene snocciolate e realizzata a forma rotonda o rettangolare (tranne a Natale e a Pasqua: in que-ste occasioni la trovate a forma di albero di Natale e di colomba). Rosa e il marito Cornelio, erede di una storica famiglia di fornai, un anno e mezzo fa pen-savano di chiudere e andare in pensione perché le fi glie avevano scelto tutte un’altra strada. Poi la fi glia Francesca ci ha ripensato e con il neomarito Eugenio ha deciso di proseguire l’attività di famiglia, giunta ormai alla sesta generazione. Grazie a loro il futuro delle pagnottelle e della torta di amarene di Taverno-la è assicurato. Per fortuna.

A Tavernola, nella piccola bottega degli Zatti aperta dal 1854, si continuano a sfornare le piccole pagnotelle, ormai specialità della zona

Del panetterie ultracentenariola sorpresa si chiama “sfongadina”

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Da sinistra: Cornelio Zatti, Rosa MartinelliEugenio Urgnani e la moglie Francesca Zatti

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Secondo i fruttivendoli bergamaschi i consumatori hanno pochi dubbi su cosa acquistare quando il clima si fa più caldo: le tante varietà di prodotti di cui il nostro Paese, mese dopo mese, è prodigo

Di stagione e italiana:ecco la frutta protagonista dell’estate

L’estate è la stagione per ec-cellenza della frutta e sa-rebbe un peccato non ap-

profittare delle tante varietà di cui il nostro Paese, mese dopo mese, è prodigo. Sembra un po’ questo l’at-teggiamento di chi oggi fa la spesa dal fruttivendolo, che sceglie senza dubbio prodotti italiani con l’intel-ligenza di coglierli nel momento in cui la produzione è al clou, tra l’al-tro con vantaggi per il portafogli. E

così ciliegie, fragole e albicocche sono già finite nel cestino, al pari dei meloni e col primo caldo si è cominciato a tagliare anche le angu-rie. Ben avviata pure la stagione di pesche e prugne. Niente primizie, quindi, né prodotti esteri se a dispo-sizione c’è il patrimonio nazionale. Tanto più dopo gli allarmi sanitari scattati, in primis sulle verdure, per i casi di morte e infezione da batte-rio Escherichia coli in Germania e

nei Paesi del Nord. «La richie-sta è di pro-dotti italiani - conferma Roberto Bu-sca titolare con la moglie di un nego-zio in via Statuto in città - e per le verdure, settore che ha avvertito qualche contraccolpo, più conte-

SSSSeeeeecccccooonnnnnnnddddddoooo iiii ffffffrrrrruuuuuuttttttttttttttiiiiivvvvveeennndddddooooollllllllliiiiiiii bccccooooossssssaaaa aaaaaccccqqqqqquuuuuuiiiisssstttttaaaaaarrrrrreeeeeee qqqqqqquuuuu

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19Affari di Gola giugno 2011

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nuto del previsto per la verità, dalle vicende internazionali, si cerca ad-dirittura la provenienza locale. La nostra provincia da questo punto di vista può offrire molto, dalle nu-merose varietà di insalata alle zuc-chine, dai pomodori ai fagiolini, fino alle melanzane che arriveranno tra un po’. Solo peperoni e cavolfiori, in pratica, non sono nostrani». Stessa tendenza nei consumi anche all’ortofrutta Mora di Borgo San-ta Caterina. «Tutta la frutta estiva sta andando molto bene – rileva la

signora Carmen -, del resto, dopo l’inverno, la gente ha voglia di sa-pori nuovi. Certo, c’è anche chi continua a mangiare mele perché è abituato, ma la voglia di cambiare è prevalente». «A maggio ha piovuto poco ed è stata un’ottima annata per le ciliegie – aggiunge –, ora pro-seguiamo con albicocche, pesche, prugne, angurie e meloni. Con l’a-vanzare della stagione aumentano le quantità disponibili e i prezzi co-minciano a scendere». L’acquisto di angurie e meloni resta un’incogni-ta? «Per quanto ci riguarda abbiamo fatto la scelta di prodotti garantiti dall’azienda così da poter assicura-re la pienezza del gusto anche dei primi arrivi». L’approvvigionamento giornaliero al mercato di Bergamo porta poi in negozio le verdure lo-cali. «Con il caldo si sta poco ai for-nelli – dice ancora la signora – e lo

spazio se lo prendono quasi tutto le insalate. I fagiolini sono belli e sono richiesti, mentre zucchine, pe-peroni e melanzane sono scelti per le grigliate». Anche in questo punto vendita la domanda più frequente riguarda la provenienza, con l’este-ro in netto ribasso. Ha scelto di dare un’atmosfera pro-venzale la signora Giulia, marchan-de des legumes, al negozio che ha rilevato in via Zambonate e aper-to da gennaio, dopo un’esperienza lavorativa in tutt’altro settore. «Se il tempo è bello – dice – i consumi di frutta aumentano». La scelta cade perciò sui prodotti di stagione, ali-menti ideali per il clima più caldo, molto dolci e gustosi pur fornendo un contributo calorico limitato, in più ricchi di acqua e altamente dis-setanti. «L’avvio dell’attività è stato incoraggiante – rileva – anche se

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«Gli allarmi sanitari hanno alzato l’attenzione sulla provenienza delle verdure e la richiesta

è soprattutto di ortaggi locali»

20 Affari di Gola giugno 2011

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ancora è presto per dire di aver ingranato. Oltre alla gestione quotidiana, quello che sto cercando di fare è dare un tocco femminile all’ambiente, curando pian piano certi dettagli. In inverno anche i prodotti saranno un po’ diversi dal solito, soprat-tutto francesi come ci-polle e carote». In questa stagione però l’esterofilia è bandita anche qui.

IL CONCORSO DEL MINISTERO

Le famiglie, i bambini e la frutta: premi per chi scatta le foto più bellePiccoli reporter chiamati ad immortalare in un clic il proprio rapporto con la frutta e la verdura in casa, nel tempo libero, con gli amici. “Tutti pazzi per la frutta!” è un con-corso fotografico - alla sua prima edizione - promosso dal ministero delle Politiche a-gricole alimentari e forestali tra le iniziative a sostegno della campagna “Frutta nelle scuole”, il programma europeo che vuole favorire del consumo avvicinando i bambi-ni e le famiglie al mondo dell’agricoltura e ai suoi valori tradizionali. Il concorso pun-ta a dare visibilità a quelle abitudini che favoriscono il consumo regolare e consape-vole di frutta e verdura nell’alimentazione quotidiana. Per partecipare, basta che qual-

cuno in famiglia decida di vestire i panni del fotografo e vada a caccia di scatti golosi: sorprendere la mamma o un fratello mentre gustano una fragola o una ciliegia, la nonna mentre prepara una fresca mace-donia di stagione, inventarsi il frullato più pazzo del mondo o anco-ra farsi un autoscatto mentre si parla con il proprio frutto preferito. Il concorso è aperto a tutte le famiglie degli studenti delle scuole prima-rie italiane: ogni famiglia potrà proporre tre foto sul tema della frutta e della verdura nel proprio ambito quotidiano. Una giuria composta da esponenti istituzionali, esperti di comunicazione e fotografi selezione-rà 100 foto. Ai 100 nuclei familiari vincitori verrà offerto un soggior-no premio in un agriturismo. I migliori scatti verranno esposti in una mostra organizzata a Roma nel prossimo autunno. Le foto, in formato digitale, dovranno essere caricate seguendo il percorso di upload sulla pagina web www.tuttipazziperlafrutta.it. non oltre il 30 agosto 2011. L’elenco dei vincitori verrà pubblicato entro il 30 settembre 2011.

21Affari di Gola giugno 2011

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22 Affari di Gola giugno 2011

FRUITS AND VEGETABLES LINELa freschezza è una delle caratteristiche più ap-

prezzate quando si parla di prodotti ortofrut-ticoli. Per questo, nell’arredare un negozio, è

importante escludere l’impiego di materiali deterio-rabili e sensibili all’umidità che potrebbero ammuf-fi re e pregiudicare la corretta conservazione di frutta e verdura. Vanno garantiti, insomma, sia un’adeguata

areazione sia i mas-simi livelli d ’ i g i e n e , attraverso i n s t a l l a -

zioni ad elementi smontabili, accessibili anche nei punti più nascosti per facilitare un’accurata pulizia. A questo scopo, le soluzioni di arredo per negozi di frutta e verdura, oltre ad essere necessariamente diverse, vanno studiate con attenzione così da as-sicurare praticità, funzionalità e un ottimale appeal estetico. La Point Italy Sas di Grassobbio - azienda

che si è ritagliata un meritato spazio nel settore de-gli arredamenti, è in grado di proporre alla propria clientela soluzioni di alta qualità, progettate da uno staff aggiornato su tutte le nuove soluzioni proprio per garantire articoli innovativi e di grande interes-se e praticità. Compito del team operativo è quello di effettuare un sopralluogo preliminare dei locali, per determinare gli spazi a disposizione e le possibi-li soluzioni. Point Italy assicura anche la produzione di banchi di vendita su misura, costruiti sulla base delle specifi che esigenze: fruttivendoli e negozi di ortofrutta possono così godere di soluzioni ad hoc, rispondenti anche ad una precisa immagine azienda-le. Avvalendosi della sua pluriennale esperienza nel settore, l’azienda si propone come partner qualifi cato e affi dabile per le attività commerciali che hanno la necessità di dotarsi di soluzioni di arredo moderne e funzionali, assicurando anche la massima visibilità delle merce esposta all’interno dei negozi e promuo-vendo, in tal modo, le vendite sul mercato.

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23Affari di Gola giugno 2011

Nove chilometri golosi tra il centro storico di Gandino e le sue frazioni. Domenica 10 lu-glio torna “Gustar… Gandino”, un’intera giornata alla scoper-ta del territorio, della storia e dei sapori locali. Tre le parten-ze, a distanza di mezz’ora, a co-minciare dalle 10.15 per questo menù: aperitivo alla Tribulina dell’Uccellino; affettati berga-maschi con il pane tipico “Gari-balda” per l’antipasto al Laghet-to Corrado; Casoncelli in piazza Monsignor Antonietti a Cirano; all’oratorio di Barzizza carne “cunciada” o lingua salmistrata o cotechino bollito con polen-ta di mais Spinato rosso di Gan-dino, una tipicità riscoperta e valorizzata, disponibile anche in versione polenta “cunciada”; formagella nostrana con miele, anguria e visita alle antiche can-tine nel Convento delle Suore Orsoline; chiusura in piazza Vit-torio Veneto con assaggio di bi-scotto Melgotto (a base di mais Spinato) e Moscato di Scanzo, torta, caffè, ghiacciolo per i più piccoli e concerto del Gruppo Campanine. Gadget per tutti, premi a sorteggio e animazione nelle aree sosta completano l’i-niziativa, che costa 20 euro per gli adulti, 5 euro per i bambini da 6 a 12 anni ed è gratuita fino ai 5 anni. La manifestazione si svolgerà anche in caso di mal-tempo. Info: www.gandino.it

Passeggiatatra i saporidi Gandino

10 LUGLIO

MARTEDÌ 28 GIUGNO

SABATO 16 LUGLIO

Vino, Caldaro porta in piazza i suoi bianchi

Cascate del Serio in notturna, due proposte golose

Martedì 28 giugno si rinnova l’appuntamento con “Calda-ro in abito bianco”, serata di presentazione della produ-zione vinicola della rinomata località altoatesina, a pochi chilometri da Bolzano lungo la strada del vino, affacciata sull’omonimo lago e circondata da vigneti, boschi e frutteti. I vini bianchi di Caldaro saranno presentati in piazza dagli stessi viticoltori a partire dalle 18, accompagnati da musica, prodotti tipici e specialità della gastronomia locale prepa-rate dai membri dell’Associazione Albergatori di Caldaro. I vini bianchi di Caldaro, freschi e fruttati, con note di mela, banana e ananas, dai colori tipici verde fieno e giallo paglierino, sono caratte-rizzati da una spiccata aromaticità e da una buona acidità, conferite dall’ele-vata escursione termica notturna e dal terroir particolarmente calcareo, i cui vigneti si estendono a un’altitudine di 500 metri. L’iniziativa, giunta alla quinta edizione, è organizzata da wein.kaltern, l’associazione che annovera 62 iscrit-ti fra ristoranti, cantine vinicole e aziende di Caldaro e che si dedica alla pro-mozione di questo territorio. Info: www.wein.kaltern.com

Lo spettacolo è suggestivo di per sé, ma se ci si aggiunge il fascino della not-te e il piacere di un’escursione scandita da qualche sosta golosa è ancora meglio. È così che torna, per la quarta edizione, “Cascata tra notte e gu-sto”, la camminata enogastronomica che conduce ad assistere all’apertura in notturna delle cascate del Serio (le più alte d'Italia e le seconde d'Europa

con un triplice salto da un'altezza di 315 metri). L’appuntamento è a Valbondione sabato 16 lu-glio da dove si partirà attorno alle 16. Sei le tap-pe: aperitivo in via Torre, polenta e formaggio (per i bambini la pizza) all’ostello, pane e sala-me nella frazione Pianlivere, Casoncelli all’Os-servatorio di Maslana per poi fare rientro - dopo il magico salto illuminato di fari previsto dalle 21.30 alle 22 - a valle per il dolce, il caffè e per ritirare il diploma di partecipazione. È obbliga-torio indossare un adeguato abbigliamento da montagna, l’uso del frontale o della pila elettri-ca. Il regolamento di partecipazione è disponi-

bile, insieme con la scheda di iscrizione, sul sito www.turismovalbondione.it. Il costo è di 20 euro per gli adulti e di 15 euro per i bambini fino a 12 anni. Per l’evento, anche il rifugio Campel, a 1.500 metri di quota in località “A-sta della Corna” di Lizzola, ha organizzato un programma speciale: ritrovo alle 18.30 alla partenza della seggiovia e salita al rifugio, aperitivo, cena con grigliata mista, osservazione del cielo fino al momento dell’apertura delle cascate, ritorno in paese e conclusione al pub Duble Face con un caldo ri-storo. Per gli adulti il costo è 18 euro, per i bambini 13. Anche in questo caso occorre la torcia. Info e prenotazioni: 339 4948155. Quest’anno le cascate saranno aperte anche le domeniche 21 agosto, 18 set-tembre e 9 ottobre, dalle 11 alle 11.30.

APPUNTAMENTI

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Si avvicina l’estate e la voglia di evasione non può che crescere. Per chi fosse a corto di idee o desiderasse una vacanza “mordi e fuggi”, una gita tra i vigneti e le cantine, seguendo una delle Strade del

Vino presenti in regione, può essere una valida soluzione. Ne abbiamo selezionate quattro delle dodici esistenti, con una serie di suggerimenti e “fuori programma” gustativi non compresi nei classici itinerari delle Strade. Se amate i rossi importanti dovete andare in Valtellina, se preferite gli spumanti Metodo Classico scegliete tra Franciacorta e Oltrepò Pavese, se vi piacciono i vini briosi non potete che optare per il Mantovano. In-somma, la scelta non manca e se, sfortunatamente, foste accompagnati da un astemio, poco male. Le Strade del Vino coniugano storia, cultura, natura ed enogastronomia in itinerari che accontentano un po’ tutti i gusti.

Strade del Vino, quattro itinerari tra cultura ed enogastronomia

Valtellina, Oltrepò Pavese, Franciacorta e Mantovano: qui una vacanza mordi e fuggi è l’occasione per scoprire cantine, ristoranti e musei. Ecco i nostri suggerimenti

PROPOSTEdi Giordana Talamona

La Strada dei Vini dell'Oltrepò si estende per circa 70 chilometri consentendo al turista di percorrere, in lun-go e in largo, itinerari diversi, sia di carattere enoga-stronomico che culturale. Andando a spasso per can-tine e fortilizi quattrocenteschi, non potete perdere la cittadina di Varzi, patria del gustoso salame che po-tete accompagnare a un buon bicchiere di Bonarda Doc. Fatto lo spuntino di metà mattina non vi rimane che scegliere tra i tanti castelli della zona, come quel-li di Montalto Pavese, Calvignano, Borgo Priolo o Mornico Losana. Siete nella Valle del Riesling, non dimenticatelo, un territorio che comprende anche O-liva Gessi e Casteggio, non avete dunque che l'im-barazzo della scelta tra le numerose cantine pronte ad accogliervi per una degustazione. Tutta la Valle infatti, ben 1800 ettari, è piantata a Riesling, sia Renano che I-talico, anche se un nuovo progetto di riqualificazione

partito qualche anno fa, prevede il reimpianto del solo Renano, più adatto al lungo invecchiamento. Passando per Pietra de’ Giorgi date un’occhiata al suggestivo fortilizio quattrocentesco eretto su fondamenta che sembrano risalire, addirittura, all’anno Mille; mentre se siete amanti della musica non potete perdervi Stra-della, famosa città delle fisarmoniche. A Broni trovate il Consorzio Tutela Vini del territorio che ha lanciato, già da un paio d’anni, il Cruasé, uno spumante Metodo Classico da Pinot Nero in purezza diventato portaban-diera dell'intera zona. Sull’altura di Oramala sorge l’o-monimo castello di Val di Nizza dominante la Valle Staf-fora, non lontano dall’Abbazia di Sant'Alberto a Butrio, altra meta che non perdere. Per degustare le numerose tipologie di vino presenti nella zona, dovete andare alla storica azienda Trava-glino di Calvignano. Fondata nel 1868, proprietà oggi

Settanta chilometri di proposte, tappa obbligata la Valle del Riesling

OLTREPÒ PAVESE

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di Vincenzo Comi, è uno dei simboli dell’Oltrepò Pave-se per lungimiranza e rapporto qualità-prezzo di tutto rispetto. L’enologo è Fabrizio Maria Marzi, impegnato costantemente in azienda e nella promozione del pro-getto Valle del Riesling. Gli amanti di questo vino, dun-que, non possono perdersi il loro Campo della Fojada, un Riesling che si abbina al tipico risotto ai peperoni di Voghera; mentre chi predilige i rossi deve provare il Marc’An-tonio, un vino da Pinot Nero, Croatina e Barbera particolar-mente adatto alla selvaggina da pelo. Se preferite le bollici-ne avete solo l’imbarazzo del-la scelta: il Grand Cuvèe Brut, il Cruasé, la Cuvèe 59 e il Classe-se Brut che ha passato 48 mesi sui lieviti (www.travaglino.it). L’itinerario non può dirsi com-pleto senza la visita serale di Vo-ghera, dopo aver cenato al Ristorante Ponte Rosso. Domenico Adorato, ex astemio oggi sommelier, ha op-tato per una cucina tradizionale italiana con “variazio-

ni sul tema” che coniugano stagionalità e materie pri-me. Come entrée, si può assaggiare la pizza con bufala di Battipaglia, basilico genovese e pepe del Vietnam. “E’ una pizza totalmente fuori da comune - spiega Adorato - per la quale Voghera vorrebbe richiedere addirittura la De.Co, la (denominazione comunale, ndr)”. Per gli stra-nieri in difficoltà con la pasta, si può optare sulla “tren-

na”, una variante della penna i-deata da Adorato, con una parte che rimane sempre coricata sul piatto. Info: www.ristoranteponteros-so.it. Specialità: Fiori di zucca in farcia di ricotta di Pienza, Pappar-delle rigate con asparagini di ma-re, Trenne con pomodoro, basili-co e frutti di mare, Filetto di An-gus Argentino ai semi di sesamo, Tagliata con i pomodori pachino, Entrecôte alla Lionese con cipol-

le di Tropea, Filetti di suino con scalogno e aceto di me-le, Totanetti grigliati, Frittura mista di paranza e selezio-ne di pizze.

Nel Mantovano, la Strada dei Vi-ni tocca le zone di produzione di due interessanti Doc, il Garda Col-li Mantovani e il Lambrusco Man-tovano. L’itinerario può idealmen-te partire dalle colline moreniche, tra le zone viticole più vaste della Lombardia, proseguendo diretta-mente verso la città dei Gonzaga. Facendo tappa a Mozambano, borgo medievale con il castello ar-roccato sulla collina al centro del paese, potete andare all’Azienda Agricola Ricchi per acquistare il loro Garda Chardonnay Meridia-

no e il loro Passito Le Cime prodot-

to da Mo-

scato giallo e Garganega. (www.cantinaricchi.it - tel. 0376 800238). Proseguendo verso la SP15 potete fermarvi a Cavriana per un salto all’Azienda Agricola Bertagna, dove acquistare l’interessante Gar-da Chardonnay Monte Volpe Bian-co (www.cantinabertagna.it, tel. 0376 82211). Usciti dall’azienda potete fermarvi ancora per un po’ a Cavriana per visitare la vicina Villa Mirra Siliprandi, una delle residen-ze più care ai Gonzaga, ora sede del museo archeologico dell'Alto Man-tovano. Proseguite ora verso Man-tova, toccando la SP15 e la SP81, nell’area di produzione del Lam-brusco Mantovano, un vino brioso dalla classica spuma violacea che si accompagna ai pastosi salumi del territorio. Arrivati a Mantova do-vete assolutamente visitare il Ca-stello di San Giorgio e il Palazzo Te,

per poi fa-re una ca-patina alle Cantine Vir-gili. Da non perde-re il loro Lambrusco Luna di Marzo e il Lambrusco Mantovano Loghino Dante (www.cantinevir-gili.it - tel. 0376 322560). Un ristorante per la sera può esse-re la nota Ochina Bianca che nel 1992 era conosciuta come l’oste-ria di Slow Food, oggi rilevata da Roberto e Patrizia Toselli. I piatti sono legati alla tradizione manto-vana con rivisitazioni sul tema, co-me il Risotto alla pilota con pesto di salsiccia, lo stracotto d’asino al Lambrusco, il filetto di tonno ai tre pepi, specialità in carta dagli anni Novanta, e la Sbrisolona con grappa (www.ochinabianca.it - tel. 0376 323700).

Lambrusco e Garda dei Colli per chi punta verso la città dei Gonzaga

MANTOVANO

Agricola Ricchi per acquistare il loro Garda Chardonnay Meridia-

no e il loro Passito Le Cime prodot-

to da Mo-

fa-ca-alle

ne Vir-a non perde-

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PROPOSTE

Nel regno delle bollicine Docgl’escursione è anche iper-tecnologia

FRANCIACORTA

La Strada del Vino in questo caso è quanto mai tecnologica, perché l’Associazione Vino di Franciacor-ta mette a disposizione il noleg-gio di un kit, il Metafacile, com-posto da un computer palmare con Gps e itinerari del territorio precaricati (info: Associazione del Vino Franciacorta, Erbusco via Verdi 53, tel. 030 7768539). A chi amasse ancora le buone vecchie cartine stradali, invece, consiglia-mo un itinerario che si snoda per 80 chilometri da Mandolossa a Paratico, fino al lago d’Iseo, at-traverso un paesaggio caratteriz-zato da vigneti a perdita d’occhio, intervallati da torri d’avvistamen-to, castelli e ville storiche. La viti-coltura della Franciacorta, d’altra parte, è per certi versi antica e moderna assieme. Sulle colline in provincia di Brescia, infatti, la vite è coltivata da tempi remoti, ma la rinascita di questa zona, per qua-lità e successo, ha storia relativa-mente recente. A partire dagli an-ni Sessanta, ma questo è avvenuto in molte altre realtà produttive del nostro Paese, in Franciacorta si è assistito alla nascita di una vi-ticoltura diversa, proiettata verso una filosofia quanto mai qualitati-va. Una presa di coscienza che ha letteralmente cambiato la faccia della Franciacorta che, da terra di rossi, si è trasformata in terra di spumanti Metodo Classico grazie all'impianto di Chardonnay, Pinot

Bianco e Pinot Nero, che regala-no oggi prodotti di grande finez-za ed eleganza. Questo itinera-rio enoico, dunque, non può che conquistare gli amanti delle bol-licine Metodo Classico declina-te in numerose tipologie diverse. Abbiamo il Franciacorta Docg, uno spumante che può accompa-gnare tutto il pasto; il Satèn dalla spiccata morbidezza gustativa de-terminata della minore pressione in bottiglia, ottimo compagno di risotti delicati e piatti a base di pesce; il Franciacorta Rosé dai tenui aromi di piccoli frutti ros-si, perfetto con i salumi e le carni bianche, fino alla Riserva, con i suoi 60 mesi sui lieviti, come mi-nimo, che esprime grande com-plessità ed intensità gusto-olfat-tiva. Per chi non apprezzasse gli spumanti consigliamo di punta-re sulla denominazione Curte-franca Doc che per il rosso vede l'utilizzo di Cabernet Sauvignon, mentre per il bianco lo stesso u-vaggio utilizzato per gli spuman-ti. Passando da un cantina all’al-tra non dovete perdervi qualche meta culturale di rilievo come il Santuario della Madonna del-la Rosa a Monticelli Brusati e il Castello di Fassati a Passirano, la fortificazione meglio conserva-ta del territorio. Dopo aver ammirato proprio questo castello potete fare una capatina all’Azienda Montedel-

ma per conoscere una realtà gio-vane che si è già fatta notare per i suoi vini dalla spiccata finezza. L’azienda è nata nel 2000 per vo-lontà di Piero Berardi, “figlio e ni-pote d’arte”, proveniente da una famiglia che lavora nel settore da oltre ottant'anni. È dello stesso gruppo, infatti, anche l’azienda franciacortina Berardi, a Molinet-to. Oggi Montedelma produce dei Franciacorta Docg nella versio-ne Brut, Satèn, Rosé e Pas Do-sé, quest'ultimo dal gusto par-ticolarmente secco, senza l’ag-giunta della liquer d'expedition (www.montedelma.it).Per una romantica cena con vi-sta sul lago d’Iseo potete andare all’Osteria Cascina Doss, a Iseo, che offre menù in degustazione e alla carta, accompagnati dalle più importanti etichette franciacorti-ne. L’ultima trovata dell’eclettico chef è il menu “giro d’Italia” per festeggiare i 150 anni dell’Unità, dove si parte con un piccolo ca-nederlo, come entrée, per prose-guire con i piatti della tradizione e finire, in dolcezza, con la cas-sata siciliana. Per rimanere nella tradizione gastronomica della zo-na, non si può perdere la Tinca al forno del Sebino con polenta del molino Salera e il Tombea, un for-maggio prodotto negli alpeggi del comune di Magasa, attualmen-te presidio Slow Food. Info: tel. 030 9822176

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Il fascino della viticoltura “eroica”che esalta la cucina di montagna

VALTELLINA

Sono tante le possibilità per il turista che voglia pas-sare un breve soggiorno in questa terra affascinan-te, perdendo lo sguardo tra gli infiniti appezzamenti sostenuti dai tipici muretti a secco. Non a caso sono proprio questi impervi terrazzamenti a strapiombo, i cosiddetti “inferni”, ad aver fatto entrare di diritto la viticoltura valtellinese tra quelle considerate “eroi-che”. Il vitigno principe è il Nebbiolo, detto localmen-te Chiavennasca, coltivato a fatica dalla mano dell’uo-mo senza l’aiuto, se non in casi rarissimi, di macchine e trattori. La strada dei Vini e dei Sapori di Valtellina si snoda in cinque zone denominate secondo l’antico retaggio storico-geografico, ma se vi interessa solo l'aspetto enologico conviene andare direttamente verso Son-drio. Il capoluogo, infatti, si trova proprio in mezzo alla strada dei Vini, con a ovest Ardenno e a est Tirano, estre-mi confini dell'itinerario enoico. La zona vitivinicola si estende per circa 45 chilometri, ricompren-dendo la produzione di tutte le denominazioni valtellinesi, con partenza da Berbenno per le due Docg. È in questa zona, infatti, che si producono lo Sfurzat e il Val-tellina Superiore, due vini rossi di grande pregio e struttura, da vitigno Chiavennasca. Se amate il Valtellina Superiore Docg non potete mancare l'itinerario delle sue cinque sottozone di produzione: Maroggia, Sassella, Grumello, Inferno e Valgella. Il primo rientra nel comune di Berbenno, territorio che dà vini dal sapore asciutto, abbinabili alle carni rosse e ai formaggi stagionati. Il Sassella si coltiva a ovest di Sondrio, nel tratto più famoso della Valtellina, da cui svetta il bel santuario mariano che dà il nome a tutta la zona. Il vino ha, in questo caso, buona predisposizione all'invecchiamento, abbinan-dosi perfettamente al Bitto con la polenta taragna. Il Grumello, un vino dal sapore vellutato, è prodotto a est di Sondrio e si sposa bene con gli Sciàtt, le frittelli-ne di grano saraceno con cuore di formaggio Casera. L’Inferno, la più piccola di tutte le zone, è un vino au-stero, con sapore asciutto, leggermente tannico che trova giusto accostamento con la selvaggina. Per fini-re il Valgella coltivato nei comuni di Chiuro e Teglio, a nord-est di Sondrio, è un vino dal bouquet delicato, morbido e fresco in bocca. Di tutti è quello che, per

le fresche note floreali, può essere apprezzato anche giovane con i pizzoccheri, la bresaola e violino di ca-pra. Terminato l'itinerario potete visitare, su prenotazio-ne, l'azienda Nino Negri che ha sede proprio a Chiu-ro. Fondata sul finire dell'Ottocento è oggi tra le realtà produttive più importanti della Valtellina rappresen-tandone la storia e l'evoluzione qualitativa. In canti-na c'è Casimiro Maule, insignito nel 2007 del ricono-scimento di Enologo dell'Anno dal Gambero Rosso. Il loro Sfurzat Cinque Stelle, un vino che fa 20 mesi in barrique, si dimostra ogni anno una piacevole con-ferma per finezza e longevità, così come il Valtellina Superiore Vigneto Fracia. Cosa non comune, Nino Negri produce anche il Bianco Ca' Brione da Sauvi-gnon, Chardonnay e Incrocio Manzoni, decisamente

da provare se si vuol qualcosa di atipico per la zona (www.nino-negri.it).Per provare la tradizionale cuci-na di montagna potete andare al ristorante Trippi Grumello, proprio dietro ai terrazzamen-ti dell’omonima sottozona, a due passi dal bel Castello che dà il no-me a tutta la zona. Appena entrati vi accoglierà lo scoppiettio del ca-

mino, acceso tutto l’anno estate compresa, utilizzato per cuocervi l'originale Tzigeuner, del controfiletto di manzo arrotolato su uno spiedino di abete. Marco Baruta, patron del locale, è in sala per consigliarvi tra l’ampia scelta dei piatti e le oltre 200 etichette di vino anche se, confessa “cerco di proporre in prima battu-ta i vini del nostro territorio, perché li amo e desidero farli conoscere”. Una cucina “eroica”, la sua, perché fa-re il ristoratore da queste parti non è facile, e non solo per il reperimento di alcuni prodotti. “Fortunatamen-te - spiega Baruta - rispetto a dieci anni fa, le cose sono migliorate enormemente grazie all'economia dell'Al-ta Valtellina che ha trainato tutto il territorio aprendo nuovi canali coi fornitori”. Info: Trippi Grumello, via Stelvio, Montagna in Valtel-lina, Tel. 0342 212447. Alcuni piatti: Spiedino originale Tzigeuner, Terrina di piedini di maiale in gelatina, Carpaccio di coniglio, Risotto al Grumello e bresaola, Involtino di gallinella alle mele, i classici Sciatt con cicorino, i Pizzocheri, il "Taroz".

Il ristorante Trippi Grumello

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IL RISTORANTEdi Lelia Parisi

Andare alla Trattoria del Teatro in Città Alta è un po’ come andar sopra i 5.000 metri:

bisogna prima acclimatarsi per po-ter affrontare lo sbalzo di altitudine. Magari basta un pranzo la domenica dalla mamma (se suffi cientemente anziana), meglio dalla nonna o da una prozia nubile, purché bergama-sche doc, per riallenare il gusto alle vecchie pietanze. Certo qui non c’è il rischio di fi nire nella sacca iperba-rica, ma siamo ormai così assuefatti a una cucina in punta di grassi e dai gusti così levigati anche quando vuol essere di sostanza, che forse si fa un po’ fatica ad apprezzare dei piatti che da quasi 50 anni stazionano immutati nel menù, benché a loro pieno agio. Il peso specifi co delle preparazioni culinarie di Tranquillo Viganò, che

di anni ne ha 72, ma l’età nel suo caso è davvero relativa, per non dire quella della moglie Adele che sta in sala, è tutt’altra cosa rispetto a quelle eteree di oggi che si librano sempre qualche millimetro sopra il piatto. Qui i cibi al piatto ci stanno ben attaccati con il loro peso fatto di tanta sostanza, mantecature ric-che, formaggi di lunga stagionatura, carni dense che hanno esalato quei liquidi e con essi quella leggerezza che le tecniche di oggi tendono a conservare. Eppure questa maggiore massa non si traduce in pesantezza. Anzi, Tran-quillo la redime, la fa a suo modo lievitare, e quando usciamo dalla trat-toria non abbiamo la sensazione di aver mangiato troppo o in modo pe-sante. Cosa che invece può capitarci dove meno ce lo aspettiamo. Segno

che il cibo ha le sue leggi o che forse i cibi sentono la mano di chi li lavora, il suo coinvolgimento o il suo distac-co, e reagiscono di conseguenza. Forse percepiscono la mano esperta, protettiva, e a essa si concedono senza riluttanza, si trasformano al di là o nonostante la loro natura. Perché sono strane le alchimie del cibo.Se dunque la cucina di oggi tende a una minore densità e quindi a essere meno “solida”, qui invece la solidità permane, anche come valore, solido, appunto, così solido da durare da

Nel menù dello storico locale di Città Alta, da quasi mezzo secolo stazionano gli stessi piatti dell’autentica cucina bergamasca. La formula è vincente e pure il prezzo

Trattoria del Teatro, la tradizione ci ha preso gusto

28 Affari di Gola giugno 2011

AMBIENTE 7/10L’ambiente, ricavato da un’antica costruzione, con i suoi ar-redi e le atmosfere un po’ d’antan, è ancora quello dell’83, dove la Trattoria si è trasferita dall’originale sede da cui, in tempi antichi, aveva preso il nome: il Teatro Sociale. Lindo, semplice, pareti con mattoncini a vista, un po’ austero nelle mise scure degli arredi, ma accogliente, il locale dispone di un’ottantina di coperti.

CUCINA 18/30La Trattoria del Teatro è sicuramente l’ultimo locale di Città Alta che ancora propone l’autentica cucina bergamasca. L’ul-timo baluardo di una tradizione integralista che ha resistito pervicacemente al nuovo, non facendosene mai contaminare. Per tener fede al suo credo, Tranquillo Viganò, che la gestisce insieme alla moglie Adele Verderio (in sala) e il fi glio Enrico (ai fornelli con il papà), ha dovuto rinunciare a quelle che pur sono delle innegabili conquiste della cucina moderna, soprat-tutto sul fronte delle tecniche di cottura e di lavorazione dei

cibi. Ma la sua scelta di campo l’ha fatta 50 anni fa, e non l’ha mai più rimessa in discussione. E quindi largo alla migliore tra-dizione orobica, con ampio spazio alle carni, arrosto, brasate e stufate per lo più di provenienza locale, come i conigli di Arde-sio, all’immancabile polenta, con farina bramata oro o taragna, e ad alcuni classici della cucina meneghina dei tempi gloriosi.

CANTINA 8/20Assortimento molto sobria, praticamente di soli rossi, con circa 25 etichette, concentrate nelle regioni del Nord, andan-do non oltre la Toscana. Il Valcalepio è presente.

COMPETENZA 8/10La scuola di Tranquillo Viganò, nativo di Como, ma da quasi mezzo secolo trapiantato a Bergamo, sono stati i ristoran-ti della Milano a cavallo tra fi ne Anni 50 e inizio Anni 60 e l’apprendistato in Città Alta nella trattoria che in seguito avrebbe preso il nome “da Ornella”. L’incontro con la Trat-toria del Teatro avviene nel 1964, dove Tranquillo, prima di

IL GIUDIZIO

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quasi 50 anni. E allora provate la polen-ta e salame della Trattoria del Teatro, e vedrete come la densità a volte sfuma nella levità e come questo piatto persi-no banale riesca a incontrare un gusto che è una fi nestra sul passato, sui sapori stampati nella nostra storia e memoria (diffi cile dire se personale o collettiva), almeno, se si è bergamaschi, pure di vecchia adozione. E poi, se proprio non volete prendere i casoncelli, la specia-lità più gettonata insieme al celebre brasato e al capretto al forno, provate il risotto giallo, ché Tranquillo, comasco di origine ma naturalizzato bergamasco da quasi 50 anni, ha fatto il suo primo apprendistato nella Milano scomparsa di fi ne Anni 50, prima che le trattorie toscane dilagassero, soffocando nella fi -nocchiona una tradizione gastronomica secolare, indifesa di fronte ai nuovi colo-nizzatori. Riso Carnaroli tostato nell’olio, brodo di carne, pistilli di zafferano e, a metà cottura, la benedizione della cipol-la cotta a parte nel vino bianco. E poi via con la mantecatura di burro e formaggio, una coltre spessa come neve d’alta mon-tagna. Oppure, provate la cotoletta (anzi costoletta) alla milanese con l’osso, cotta rigorosamente nel burro (certamente non quello a basso tenore di coleste-rolo, pazienza), che conserva ancora il sapore dei tempi (quelli della breve dominazione austriaca che oggi alcuni, col senno del poi, forse rimpiangono) in

cui si discuteva - dilemma mai risolto in 160 anni - se la cotoletta fosse milanese o austriaca. O l’ossobuco, qui servito con piselli, quello che l’Artusi diceva che lo san fare solo i milanesi. Oppure il piatto unico (a 15 euro), lo stufato di manzo col suo sugo denso come mosto e la sua bel-la taragna al Branzi di Almenno. E se vole-te onorare il detto e “stancare” la bocca, chiedete a chiusura pasto i formaggi, tra cui il Taleggio della valle stagionato in casa per 60 giorni, perché alla Trattoria hanno una speciale tecnica per portar-lo alla giusta stagionatura, e un Monte Corna di latte di montagna. Altrimenti concedetevi una semplicissima crostata di frutta di stagione o il gelato di crema fatto in casa e non preoccupatevi per il conto. Si sta ancora, come ai vecchi tem-pi, sui 35 euro, vini esclusi.

29Affari di Gola giugno 2011

assumerne la gestione, affi anca per qualche tempo il titolare che lo rende partecipe del vecchio ricettario della casa. Che, una volta rivisitato e affi nato sulla scia delle compe-tenze tecniche acquisite, diventerà la sua Bibbia per tutta la successiva carriera. Ricette e tecniche collaudate da oltre 45 anni fanno dunque dei piatti di Tranquillo degli ottimi saggi di una cucina semplice e schietta, che, se ha rinunciato a qualcosa, ha comunque il merito di aver conservato integro il passato.

SERVIZIO 8/10È Adele Verderio, impeccabile nella sua divisa da cameriera d’altri tempi, che nessun’al-tra saprebbe rendere così credibile, a svolgere in modo effi ciente il servizio in sala, con il suo fare garbato e al tempo stesso autorevole.

RAPPORTO QUALITÀ/PREZZO 8,5/10Considerato che siamo in una piazza storica di Città Alta e che anche il contesto vuole la sua parte, il rapporto qualità/prezzo si può considerare certamente buono. Conve-niente in particolare il piatto unico a 15 euro, a menù anche la sera, pensato intelligen-temente per i turisti, ma anche per chi vuole giusto fare un po’ più di uno spuntino e un po’ meno di un pranzo completo, in perfetto “orobic style”.

p.s.

Il prossimo 4 luglio, alle 20, alla Tratto-

ria Visconti di Ambive-re, si terrà un incontro all'insegna dell'Allean-za con i Presidi Slow Food. La Trattoria, oltre ad essere menzionata nella guida delle Oste-rie d'Italia, fa parte dei ristoratori che hanno siglato con Slow Food il protocollo dell'Alle-anza, che prevede un utilizzo sistematico nei propri menù di alcuni Presidi Slow Food. Fio-rella, Daniele e lo chef prepareranno: Carpac-cio di manzo dell’alleva-mento Micheli di Sotto il Monte marinato nella birra Loertis di San Pel-legrino con sfoglie di farina di mais nostra”; “Gnocchetti di patate e ortiche con lo Stracchi-no a Munta Calda (Pre-sidio Slow Food); Stra-cotto di pecora gigante bergamasca con polen-ta di mais biancoperla”; “Lamponi dell’Alben-za con fiorì di Valtorta e miele di Robinia de L’Alveare”. In accom-pagnamento, verranno proposti gli ottimi vini dell'Az. Agricola Il Ci-presso, menzionata nel-la guida Slow Wine di Slow Food Editore. Gra-zie alla collaborazione della Trattoria Visconti, una parte del ricavato dell'iniziativa sarà dedi-cato al Progetto 1.000 Orti in Africa.

Slow Food, il 4 luglio incontro all’insegna dell’Alleanza

pi, sui 35 euro, vini esclusi.

piazza Mascheroni, 3Bergamo

tel. 035 238862chiuso il lunedì

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31Affari di Gola giugno 2011

L’APERTURA

Con una nonna paterna e una madre vocate per la cucina, non era facile “sottrarsi” al richiamo dei fornelli. Lo ammettono Emanuela Colleoni e la

sorella Elena che nel loro Dna “l’impronta della passione culinaria è ben marcata”. E dal momento che nella vita l’ideale è poter dare sfogo alle proprie inclinazioni, Ema-nuela ed Elena, 38 anni la prima, 37 la seconda, dopo una corposa esperienza al Circolo Arci e poi al Caffè d'Auto-re a Nembro, hanno preso al balzo l’occasione di potersi misurare direttamente con la propria passione. Hanno restaurato la vecchia autorimessa annessa alla casa di famiglia, a Gavarno, e lo scorso 7 maggio han-no uffi cialmente inaugurato il “Degustando”. Questo il nome del ristorante-pizzeria che gestiscono insieme all’amica Nadia Arrigoni, 30 anni, di Seriate (le quote sono paritetiche) e che è stato progettato “sposando” in larga parte le atmosfere tipicamente nordiche, vista la scelta caduta sui legni chiari, le travi a vista e le grandi vetrate. Il risultato è quello di un locale caldo e acco-gliente, con un azzeccato equilibrio tra struttura e ar-redamento. Ottanta i coperti, ai quali se ne aggiungono oltre venti nell’area esterna.A poche settimane dal via, il lavoro di squadra è più che rodato, con ruoli ben defi niti: Emanuela “regna” in cucina con l’appoggio di mamma Laura, Elena segue la pizzeria e Nadia, l’esperta di vini, la cantina e il servizio in sala. Il menù - che viene rinnovato ogni due mesi - è declinato anche sulla proposta giornaliera a mezzogiorno (11 euro due piatti, vino, acqua e caffè) e si ispira ai criteri del Km

Zero.“Grazie al contatto con diversi produttori locali - puntualizza Emanuela - ci riforniamo di tante specialità, dal fresco (per esempio le paste) ai classici formaggi e salumi”. Il tutto per dar vita ad una cucina tradizionale, di sostanza, con una carta contenuta “per dar spazio più alla qualità che alla quantità”. Nella nostra visita abbiamo trovato in lista, oltre agli an-tipasti a base di salumi e formaggi, risotto con mirtilli e caprino o, in alternativa, con crema di patate aromatiche e petali di guanciale croccante, Scarpinocc de Par e il piatto della casa, il “Degustando”, gnocchi freschi con pomodorini saltati, veli di cipolla e semi di papavero (piatto davvero succulento). Tra i secondi, costata alla piastra con patate arrosto e fi letto di maiale a listarelle in crema di gorgonzola, spätzle bianchi e fi nferli trifolati (grande equilibrio e ottima cottura). Nella stagione più fredda è facile trovare in carta anche le specialità stori-che di mamma Laura, come gli stufati al vino rosso o lo stracotto di manzo ai porcini e polenta. Ma il vero punto forte del locale sono i dolci. “Sono tutti fatti in casi - con-ferma Emanuela - e sono il frutto di una passione che ho da sempre”. Oltre al servizio pizzeria, l’offerta di Degu-stando sarà a breve arricchita anche da serate a tema. “A seconda della stagione o delle richieste dei clienti, c’è l’intenzione di proporre eventi basati su prodotti spe-cifi ci”. A supportare la proposta culinaria una cantina ancora in fase evolutiva, con una sessantina di etichette che spaziano in tutta Italia. Il costo medio per un pasto completo (vini esclusi) si aggira sui 30/35 euro. Meritati.

Due sorelle, la madre e un’amica: in quattro guidano il nuovo locale aperto a Gavarno di Nembro. In carta piatti tradizionali ispirati al Km Zero

Degustando, la cucina si colora di “rosa”

DEGUSTANDOvia Gavarno 10Nembrochiuso lunedì seratel. 035 521338

Da sinistra Emanuela ed Elena Colleoni e Nadia Arrigoni

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IL PREZZO FISSOdi Fulvio Facci

I l susseguirsi delle stagioni scandisce i ritmi di tante attività e, in questo caso, offre alla trattoria Alle Piante, ad Alzano Lombardo in via Guglielmo d’Alzano al 27, la possibilità di presentarsi in due versioni diverse, non

solo per le proposte della cucina, che per consuetudine sono stagionali, ma anche nel suo aspetto esteriore e di capienza. Nella bella stagione, sotto le piante, c’è posto per parecchi clienti mentre con i primi freddi lo spazio si riduce a 50-60 coperti.«È un particolare, questo, del quale non mi lamento – racconta Stefano Mo-rotti, titolare del locale – dal momento che durante la bella stagione il lavoro è molto intenso e abbiamo bisogno di più personale. Quando ci ritiriamo all’interno torniamo alla conduzione familiare, i ritmi rallentano un po’ e ci va anche bene per rifi atare e per prepararci al nuovo ciclo estivo».Alle Piante si può dire ci sia da sempre. Prima si trattava della classica osteria di paese, luogo di ritrovo per la partita a carte del pomeriggio e per qualche spuntino con salame, carne salata o trippa, come nella tradizione dei risto-ri della Valle. Dal primo gennaio del 1986 la storia del locale è cambiata. A

gestirlo è arrivato Arrigo Morotti, padre di Stefano, ed è iniziata la ristorazione sulla base di esperienze gastronomiche acquisite da diversi componenti del nucleo famigliare. Dal 2000 il testimone è stato raccolto da Stefano, passaggio sottolineato anche dal premio “Protagonisti di una società che cam-bia” assegnato dall’Ascom nel corso della sua recente assemblea alle attività caratterizzate da una continuità familiare e associativa. «Abbiamo i casoncelli più buoni del mondo – afferma, scherzando ma nemmeno troppo,

Stefano Morotti – e su questo tema accettiamo scommesse. Penso sia un pre-gio e non un difetto innovare il meno possibile in cucina. Oltre ai casoncelli abbiamo quindi le tagliatelle ai funghi e le pappardelle al cinghiale con la pa-sta fatta in casa. Per i secondi piatti cuciniamo il coniglio, l’arrosto coi funghi, lo stufato, il fi letto allo speck e la carne alla griglia. Nella stagione estiva propo-niamo la carne salata, che è stata a lungo uno dei piatti che ha fatto conoscere il locale, il carpaccio e il vitello tonnato».Con un tipo di cucina così ben defi nito uno degli elementi fondamentali diventa la scelta delle materie prime e sotto questo profi lo l’orientamento è quello di seguire una fi liera corta con acquisti in zona. «Facciamo molta atten-zione – ha concluso Stefano Morotti – ma non lesiniamo sulla qualità anche per il menù fi sso di mezzogiorno che specialmente durante la bella stagione ci dà delle belle soddisfazioni e ci consente di fare numeri importanti. Nelle altre occasioni e quindi la sera e la domenica abbiamo una clientela molto af-fezionate e costante, anche se non sono mancati cambiamenti. In precedenza avevamo una fascia che forse disponeva di meno risorse mentre ora arrivano clienti con maggiori possibilità. Ritengo che nei confronti di questi ultimi sia passato un messaggio del tipo: è inutile spendere di più quando si può avere la qualità a prezzi accessibili. Da noi, se non si prende il fi letto, con 25 euro si può fare un buon pranzo».

Scherza, ma neanche troppo, Stefano Morotti della trattoria Alle Piante di Alzano presentando la proposta del locale. «Penso sia un pregio e non un difetto innovare il meno possibile in cucina»

«Sui nostri casoncelli siamo pronti a scommetterci»

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Stefano Morotti

Nella bella stagione alla trattoria Alle Piante la pausa pranzo assu-me un carattere particolare dal momento che il servizio viene effettuato nella cornice che, con ogni probabilità, deve aver dato il nome al locale: sotto le pian-te, appunto. Il pranzo è di lavo-ro per definizione ma proprio perché l’atmosfera è abbastanza festaiola, quasi da picnic verreb-be da dire, sono frequenti anche clienti che con il lavoro ora non hanno nulla a vedere: coppie di pensionati, ipotizziamo, che nelle belle giornate passeggia-no sulla ciclabile che costeggia il Serio. Il prezzo è accessibile, la cucina è buona: perché non approfittarne... Sui tavoli c’è il menù del giorno. Farfalle tonno e piselli, spaghetti aglio e olio, penne all’arrabbiata, spaghetti all’amatriciana sono le proposte per i primi piatti. Per i secondi si può scegliere tra filetto di pesce persico al forno, scaloppa di ca-vallo al brandy, petto di pollo ai ferri e vitello tonnato. Zucchine trifolate o verdura fresca sono i contorni. Il menù, per dieci eu-ro, comprende primo, secondo, contorno, acqua, vino e caffè. Eccellenti gli spaghetti all’ama-triciana, buono il vitello tonnato, sicuramente giusto il rapporto prezzo/qualità.

LA PROVA

TRATTORIA ALLE PIANTEvia G. D’Alzano 27 Alzano Lombardotel. 035 510080chiuso il lunedì

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33Affari di Gola giugno 2011

I l diavoletto bergamasco del motociclismo, che nel 2000 è riuscito a vincere un titolo mondiale nella classe 125 in sella all’Aprilia. Un purosan-

gue che per vent’anni è stato la punta di diamante del motociclismo di casa nostra. Lui è Roberto Loca-telli, grande centauro bergamasco, che oggi conti-nua a cavalcare il mondo delle moto, la sua passione fi n da bambino al seguito del papà Carlo, nel ruolo di coordinatore tecnico-sportivo del Team Italia Fmi: oggi per far trionfare i ragazzini, i nuovi diavoletti del motociclismo azzurro. Gli abbiamo chiesto i suoi gusti in fatto di cucina, guardate cosa ha risposto…Piatto preferito“La pizza”Ti piace cucinare?“Non molto”Il piatto che ti riesce meglio“Sono un buon grigliatore: cucino alla griglia la ver-dura, la carne e il pesce”La specialità bergamasca che preferisci“I casoncelli”La cucina regionale italiana che più apprezzi“Non c’è niente di meglio della cucina bergamasca, la adoro” Il tuo menù ideale“Direi un bel menù bergamasco doc: di primo ca-soncelli, secondo brasato e poi una bella panna cot-ta come dessert”Vino o birra?“Birra” Rosso o bianco?“Rosso” Champagne o spumante italiano?“Champagne”Carne o pesce?“Il pesce, mi piace molto il fritto misto” Pasta o riso?“La pasta all’arrabbiata” Dolce o salato?“Salato: mi piacciono gli stuzzichini e i formaggi nostrani”La cucina straniera che ami di più?“Quella giapponese”La tua pizza preferita è...“La Napoli”

Cosa mangi prima di una gara motociclistica?“Pasta in bianco con olio e grana”Come si deve alimentare un motociclista pro-fessionista durante la stagione?“È importante, ma non essenziale seguire una buo-na alimentazione ma nessuna dieta specifi ca. Ad esempio, solitamente mangio pasta o riso a pranzo, carne o pesce la sera con le verdure e la frutta e, a volte, anche il dolce”Sgarri mai?“Sì” Come recuperi?“Allenandomi di più. Comunque, quando si è spes-so regolari nell’alimentazione quando si sgarra non incide molto”Ti pesa dover mantenere un peso forma?“No, perché ci si sente bene”Cosa mangi quando sei giù di morale?“Niente di particolare: «oggi va male, di sicuro domani andrà meglio!» sono un ottimista per na-tura”Un piatto che ti mette allegria è...“Una pizza tra amici”Quando vinci una gara o ottieni un risultato importante come festeggi?“Una birra con le persone care”Qual è stato il pranzo o la cena più emozio-nante? “Quando ho vinto il Mondiale, al ristorante italiano a Motegi, in Giappone: abbiamo pranzato con un buon piatto di spaghetti di Ivan e vino rosso”Qual è il piatto che cucina tua moglie che ami di più?“La cotoletta alla milanese, mia moglie Manu la fa molto buona”Come immagini una cena romantica?“È l’atmosfera che conta: va bene anche un piatto semplicissimo se c’è l’atmosfera giusta” Il cibo che più si avvicina al tuo carattere è...“Sicuramente, la pizza perché ci sono molte fette ed ognuna di esse è diversa: lì ritrovo tutto me stes-so!” E il piatto che rappresenta il tuo stato d'ani-mo attuale è...“Gli spaghetti alla diavola”

A tavola con lo sportivoA tavola con lo sportivodi Filippo Grossi

Locatelli: “Vado al massimocon casoncelli e brasati”

Il campione bergamasco di motociclismo Roberto Locatelli

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34 Affari di Gola giugno 2011

IL PRODOTTOdi Leo Bartoli

Appollaiata sulle pendici di Scanzo, a 400 me-tri di altitudine, nascosta tra i fi lari del Mosca-to dalla Docg più piccola d’Italia, la Cascina

del Frances abbina l’offerta della sua cantina a quella agrituristica con una mission ambiziosa e determina-tissima: esaltare, attraverso i piatti della cucina locale, naturalmente rivisitati ad hoc, le qualità uniche del Moscato di Scanzo. Per far questo Giovanni Marchesi, oggi 34enne, titolare dell’agriturismo, ha cominciato 15 anni fa una gavetta che l’ha portato a diventare prima aiuto e poi chef in prestigiosi ristoranti lon-dinesi: da Le Gravache all’Harry’s Bar, in zona Hyde Park. Un’esperienza preziosa poi ribadita sul campo in locali della Riviera romagnola e del Veneto. Termi-nato l’apprendistato, Giovanni era pronto per affi an-care il padre Valentino e il fratello Luca, che da sem-pre portano avanti il lavoro in vigna e in cantina. Così da un paio di anni Cascina del Francés ha cominciato a farsi conoscere non più soltanto come etichetta, prima Doc e ora Docg, ma come agriturismo molto gettonato da famiglie e compagnie giovanili (una quarantina i coperti). Tante, come detto, le ricette che hanno come protagonista il prodotto principe, ma ce n’è una che spicca su tutte: il risotto mantecato al Moscato di Scanzo con radicchio trevigiano e mirtilli. Un piatto equilibratissimo, dove le qualità del Mosca-to trovano davvero la loro esaltazione, creando una

fi nezza al palato fuori dal comune: riso rigorosamente al dente, con radicchio e mirtilli che non fanno che completare la mappa degli aromi e la mantecatura di parmigiano che lega perfettamente gli ingredienti. “È un piatto su cui ho lavorato parecchio - spiega Gio-vanni - e che in effetti ha riscosso un grande successo tra la clientela: peraltro è un risotto che a livello di materie prime comporta costi alti, ma che proponia-mo a prezzi ugualmente modici perché è diventato in breve tempo il nostro fi ore all’occhiello”. Alla fi ne chi pranza in Cascina riesce infatti a pagare sotto i 30 euro e diventa un “must” la degustazione fi nale del Moscato di Scanzo insieme ai cantucci o a formaggi erborinati del Colle Gallo. Ma le creazioni con il net-tare Docg non fi niscono qui: continuando nelle sue sperimentazioni, Giovanni ha infatti ideato il salame al Moscato di Scanzo, color vinaccia, forti suggestioni di uve e sapori d’altri tempi, senza contare che molti dei suoi piatti, come la carne salata di cavallo, sono conditi con l’aceto al Moscato di Scanzo e il pasto si chiude con l’immancabile grappa da lui inventata, sempre a base del Cru di famiglia.Sul fronte della cantina la storia è quasi centenaria: nata all’inizio del secolo scorso dal bisnonno Luigi Marchesi che, dopo essere emigrato in Francia in cer-ca di lavoro, nel 1913 tornò a Rosciate (da qui la de-nominazione “Cascina Francés” in bergamasco). An-

All’agriturismo Cascina del Francés, il nettare Docg prodotto in casa è protagonista di molti piatti in carta, oltre ad essere ingrediente irrinunciabile del salame e della grappa. Giovanni Marchesi, il titolare,spiega la sua fi losofi a in cantina e in cucina

Il Moscato di Scanzo“contamina” anche il salame

CASCINA DEL FRANCÉSvia Monte Bastia, 22 - Scanzorosciate

aperto da giovedì a domenica, pranzo e cena - tel. 338 1815679

Giovanni Marchesi

dotto

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che qui è in corso un potenziamento con una show-room verandata di 50 metri quadri per degustazioni e aula didattica che diventerà il biglietto da visita dell’azienda. “Fin da ragazzo ho viaggiato molto - spiega Giovanni - per acquisire più esperienza pos-sibile: appassionato di cucina ho avuto la possibilità di imparare tanto da importanti chef a Londra e in molte parti d’Italia, ma la mia idea era sempre quella di tornare a Scanzo, per poter arricchire l’offerta di famiglia, affi ancando la cucina alla cantina. Così ho avverato il mio sogno: utilizzare il Moscato di Scanzo come materia prima nei miei piatti, primo fra tut-ti il risotto che davvero ha riscosso un gradimento altissimo, ho fatto da volano anche per la cantina che è sempre stata tra le più conosciute di Scanzo. Ma nel menù Marchesi non è monotematico: pro-pone ad esempio i casoncelli alla crema di taleggio, mandorle e salvia; le crespelle con speck, scamorza e zucchine; le carni piemontesi dell’amico Ugo Col-leoni (anche i brasati sono naturalmente “innaffi ati” a dovere con la Docg), il pollo al mattone; le tagliate, la polenta croccante ai formaggi della fattoria del Colle Gallo. Il fi nale torna però al grande amore: “Ho inventato - spiega Marchesi - anche la torta al Mosca-to di Scanzo, che potrebbe davvero essere una novi-tà gradita per i consumatori: la base è simile a una torta margherita, con il pan di Spagna ben imbevuto nel moscato. Poi aggiungo una marmellata di fi chi sempre affi nata nel moscato: faccio un paio di strati così e poi ricopro la torta con cioccolato fondente: chi l’assaggia diffi cilmente non chiede il bis”.

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L’obiettivo è valorizzare allo stesso tempo l’ambiente incontaminato delle Prealpi Orobiche, l’enogastrono-mia tradizionale e genuina del territorio e la cultura rurale e montana della Bergamasca, avvicinando alla montagna un pubblico sempre maggiore non neces-sariamente esperto di alpinismo. Con “La Buona Cu-cina sale in Vetta” - iniziativa promossa da Mangiarti-pico e Orobie, in collaborazione con la Sezione Cai di Bergamo - ogni venerdì sera, dal 24 giugno a set-tembre, nei 19 rifugi che hanno aderito all’iniziativa, verrà proposta una cena in chiave bergamasca a 25 euro (antipasti, primi, secondi, dolce, caffè, vino) con un trattamento particolare di mezza pensione per co-loro che volessero trattenersi in rifugio (costo della mezza pensione euro 40).Info. www. www.caibergamo.it.

Diciassettesima edizione per “Villa in Verticale”. L’e-vento in programma nell’omonima cantina della

Franciacorta, a Monticelli Brusati, riservato alla stam-pa specializzata, alla forza vendita e ai migliori clienti dell’azienda, ha visto quest’anno come protagonista il Franciacorta Diamant Pas Dosè millesimato. In degu-stazione otto annate: dall’anteprima del 2006 sino alla storica 1999. Parliamo di una bollicina che rappresenta la punta di diamante della collezione aziendale e non a caso il nome che gli è stato conferito alla nascita, con il millesimo 1999, è proprio “Diamant”. Ottenuto da uve Chardonnay (85%) e Pinot Nero (15%) questo vino affi -na dapprima parzialmente in pregiati carati francesi in legno di rovere di Allier per oltre sei mesi e, in seguito alla messa in bottiglia, riposa per altri quattro anni sui lieviti. Questa lenta maturazione conferisce al prodotto intriganti note organolettiche. Cristalline sfumature do-rate catturano subito l’occhio, al naso profumi fragranti si alternano a note fruttate e leggere spezie dolci.Nel corso della degustazione, i partecipanti sono stati

chiamati a valu-tare le diverse annate d i Vi l l a Franciacorta Diamant millesimati, considerando sia gli aspetti tecnici sia quelli organolettici. Le preferenze si sono così espresse:- Villa Franciacorta Cuvette Diamant Pas Dosè millesi-mato 2000: 91/100- Villa Franciacorta Diamant Pas Dosè millesimato 2004: 90/100- Villa Franciacorta Diamant Pas Dosè millesimato 2001: 90/100Dopo oltre sette anni dalla sboccatura, l’annata 2000 stupisce per freschezza e piacevolezza. Il color giallo paglierino denota l’ottima tenuta di questo Franciacor-ta che col tempo ha sviluppato i caratteri di giovinezza iniziali in intrigante evoluzione. Note di mandorla e croccante allietano l’olfatto con equilibrata armonia. Il 2004 si dimostra invece generoso nei profumi legati al lievito e al fi ore e conferma l’ottima freschezza, un perlage fi ne e persistente e non da ultima l’eleganza.Il 2001, infi ne, si lascia scoprire poco a poco, in un cre-scendo di sensazioni che spaziano da note balsamiche, ancora evidenti, alla mela fresca golden. Ma a stupire è il millesimo 1999. A distanza di otto anni ottima fre-schezza, acidità e bollicina cremosa. Un millesimo che sicuramente si farà ricordare nel tempo.

“Villa in verticale”, vince il millesimo 2000

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Bergamo, la buona cucina sale in vetta

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Dire Clusane è dire tinca al forno, ovvero ripiena di formaggio e spezie, cucinata in pirofile di terracot-ta secondo la vecchia ricetta dei pescatori. Un piat-to che gli operatori turistici della località sebina non mancano di celebrare con la classica “Settimana della tinca”, che quest’anno tocca la trentesima edizione ed è in programma dal 18 al 24 luglio. La formula è semplice: in tutti i loca-li che partecipano alla rassegna viene proposto ogni sera un menù compo-sto da tinca al forno con polenta, des-sert, acqua minerale, mezza bottiglia di Terre di Franciacorta e caffè al prez-zo di 20 euro. Otto le insegne aderen-ti: Al Porto, Da Sandro, Antica Trattoria

del Gallo, Trattoria del Muliner, La Svegas, Le Marghe-rite, Punta da Dino e Villa Giuseppina. Concerti, serate musicali e una festa per i bimbi arricchiscono il pro-gramma della settimana che ha il suo clou domenica 24 con il campionato dei naecc, tipiche imbarcazioni del lago, nel pomeriggio e i fuochi d’artificio. Dome-

nica 17 la manifestazione vivrà un’an-teprima con la “Cena sul lungolago”, una tavola imbandita all’aperto sulla quale saranno serviti antipasto, tinca al forno con polenta, dessert, vini Ter-re di Franciacorta, acqua e caffè al co-sto di 35 euro. Ad accompagnare il tut-to musica e intrattenimento. Info: www.clusane.com

Clusane, la tinca al forno regina della tavola

DAL 18 AL 24 LUGLIO

FINO A SETTEMBREFINO A NOVEMBRE

Degustazione di vini navigando sul Mincio al tramonto

A cena nella Reggia di Venaria

Anche quest’anno i Barcaioli del Min-cio, in collaborazione con la Strada dei Vini e dei Sapori Mantovani, pro-pongono serate di navigazione tra i canneti, le ninfee e i canali della Ri-serva naturale abbinate ai sapori lo-cali. La manifestazione si chiama “Il piacere dei sensi navigando sul far della sera” e fino alla fine di settem-bre dà la possibilità di percorre all’o-ra del tramonto un iti-nerario fluviale con par-tenza dal porticciolo di Grazie di Curtatone fino a Mantova in compagnia dei vini mantovani. O-gni sera sarà dedicata a tre tipologie diverse, tra spumanti, Sauvignon, Pi-not Grigio, Chardonnay, Chiaretto, Cabernet, Merlot e Lam-brusco abbinati a stuzzicherie pre-parate dai ristoranti locali. I prodotti saranno illustrati da esperti degusta-tori. Queste le prossime date: 25 giu-gno; 2, 9, 23 e 30 luglio; 6, 20 e 27 ago-sto; 3, 17 e 24 settembre. Il costo è di 22 euro a persona. Info: www.fiumemincio.it

Restituita alla magnificenza barocca cui fu ispirata alla metà del Seicen-to dal duca Carlo Emanuele II di Savoia, la Reggia di Venaria, una delle maggiori residenze sabaude in Piemonte, dalla sua apertura (avvenuta nell’ottobre 2007 dopo due secoli di abbandono e degrado e otto an-ni di restauro) si è attestata tra i primi cinque siti culturali più visitati in Italia. Ciò è dovuto anche al pensiero di fondo che anima il recupe-ro: un complesso concepito non come “museo”, ma come “reggia per i contemporanei”, ossia spazio da vivere, tra arte, storia, architettura e paesaggio.In questa visione si inseriscono le “Cene Regali”, appuntamenti mensi-li che fino a novembre danno la possibilità di fare un viaggio tra i piatti tipici delle cucine regionali italiane preparati da grandi chef, nella stra-ordinaria cornice della Galleria Grande, al costo di 60 euro. Tutte le ce-ne cominciano alle 20.30 e possono essere precedute dalla visita alla Reggia. Gli appuntamenti sono fissati generalmente di venerdì così che nei due giorni successivi è possibile fare shopping nel mercato del-le eccellenze enogastronomiche allestito negli stessi week end negli

spazi vicini alla Reggia, dove anche i ristoranti locali pro-pongono menù abbinati alle tipicità della regione ospite. Dopo le cene dedicate a Sar-degna, Toscana ed Emlilia Ro-magna, il 15 luglio toccherà alla Sicilia, il 30 settembre alle Marche, il 7 ottobre al-la Puglia, per finire il 18 no-vembre con il Piemonte. La prenotazione è obbligatoria. Info: www.lavenaria.it

FUORI PORTA

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La scamorza è un formaggio crudo a pasta fi lata dall’inusuale forma globosa con collo e testa. Faci-lissima da trovare, esiste principalmente in due va-rietà, bianca o affumicata. La prima, quella che usia-mo per la nostra ricetta, ha un profumo dolce e de-licato. Quella affumicata è invece di colore bruno e il sapore è aromatico e dolce con “sentori di fi eno”, come spiegano i veri intenditori. È un formaggio ricco di fosforo, di calcio e di vitamine B1, B2, PP ed A. Va tenuto in frigorifero e se si forma della muffa, si può eliminarla senza buttare tutto il pezzo. Vi in-vito anche a provare la ricetta con la scamorza af-fumicata: il sapore è più forte e deciso, ma non per questo meno buono. Lo speck è un tipo di prosciutto crudo leggermen-te affumicato e stagionato di origine altoatesina. Ha un gusto inconfondibile, deciso e dolce, con la crosta saporita ed intrisa di spezie; è ricco di cole-sterolo e cloruro di sodio e il suo contenuto protei-co è molto buono, così come quello di sali minera-li (sodio, potassio, magnesio, fosforo e zinco) e di

vitamine B1, B2 e PP. Il più rinomato è ovviamente quello prodotto in Alto Adige, dove la cultura dello speck è famosa e ha valicato i confi ni regionali: gli ingredienti principali utilizzati per la salatura sono sale, pepe, alloro, rosmarino e bacche di ginepro, ai quali va ad aggiungersi l’esperienza accumulata da generazioni di contadini e macellai che hanno cu-stodito i procedimenti familiari per secoli. Infatti lo speck rappresenta una vera e propria tradizione: già nel 1200 alcuni documenti citano lo speck co-me prodotto derivante dalla necessità di conserva-re durante l’anno la carne dei maiali macellati nel periodo natalizio. E ancora si racconta che nella tradizione popolare lo speck era il cibo consumato dai contadini e costituiva una fonte di energia pre-ziosa durante i lavori nei campi. Sono ormai passa-ti molti anni e oggi è un alimento famoso in tutta Europa e protagonista indiscusso della tipica me-renda sudtirolese. Ma fortunatamente non bisogna aspettare di andare da quelle parti per assaporare una pietanza tanto gustosa.

LA CURIOSITÀ

Ingredienti per 1 persona1 scamorza bianca70 grammi di speckolio d’oliva extra vergine 1 coccio da forno o pentolino in terracotta

PreparazioneTagliate la scamorza a fettine e, dopo aver unto il coccio con un fi lo d’olio, disponetela a strati alternandola al-le fettine di speck. Continuate fi no a terminare gli ingredienti con l’accortezza di lasciare per ultimo lo strato di scamorza. Mettete il coccio nel forno già caldo (160°) e terminate la cottura fi no a quando la scamorza non si è sciolta. Per la cottura potete anche usare il forno a microonde e al posto del coccio è possibile utilizzare una ciotola di vetro. Accompagnate il tutto con crostini di pane e un’ insalata fresca.

L’A

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OLO

Ricette facili e veloci per chi

vive da solo, ma non rinuncia

alla buona cucina

Capita a tutti nella vita di vivere per un certo periodo di tempo da soli. E spesso ciò coincide con la rinun-cia ai piaceri della buona tavola ed è sinonimo di cibo congelato, essiccato, imbustato. Ecco allora qualche idea per preparare ricette “monodose” da mangiare seduti a tavola o ri-lassati sul divano, a seconda dell’umore, per non sentirsi mai più soli ai fornelli... perché anche mangiare da soli può essere piacevole.

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DEL SINGLE di Marco Bergamaschi

Quella “fusione”tra scamorza e speck

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Gelateria Franca - Leffe (BG)

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