Acquisto Della Cittadinanza Europea e Ordine Di to Un Caso Dalla Giurisprudenza

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Acquisto della cittadinanza europea e ordine di allontanamento.

Un caso dalla giurisprudenza 

09/03/2012

Codice di accesso url al fascicolo n. 3/2012

Giuristando

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Il diritto delle migrazioni –B3

Rif. Indice generale delle questioni – N.R.G. 3/2012

TERZA QUESTIONE (B3)

Acquisto della cittadinanza europea e ordine di

allontanamento 

Indice dei documenti del fascicolo:

Parte comune ai vari casi: 

Documento allegato n. 1 

  Prospettazione di un caso tratto dalla giurisprudenza italiana, 

pag. 3 (sentenza Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali,

Sentenza 27 settembre 2007 (dep. 16 gennaio 2008), n. 2451,

pag. 4

  Documento allegato n. 2 

Sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni Unite

Penali, del 27 settembre 2007, n. 2451, allegata per

esteso 

pag. 6

  Documento allegato n. 3 (normativa) 

Link alla direttiva 2008/115/Ce del parlamento europeo e del Consiglio del 16

dicembre 2008 - recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al

rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – e stralci del testo

pag. 24

  Documento allegato n. 4 (normativa)

Dalla Costituzione italiana

Artt. 2 e 11

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2

pag. 29

  Documento allegato n. 5 (normativa)

Art. 2. Del Codice penale

(Successione di leggi penali)

pag. 30

  Documento allegato n. 6 

(Normativa: Testo unico delle disposizioni

concernenti la disciplina dell'immigrazione e normesulla condizione dello straniero (Decreto Legislativo 25

luglio 1998, n. 286,  dell’art.14, comma 5 ter, D. Lvo

n.286/98 )

pag. 31

  Documento allegato n. 7

(Normativa: Link al D.L. 23 giugno 2011, 89, convertito con modificazioni, dalla L. 2 agosto 2011, n.

129 su soggiorno e allontanamento dei comunitari e di recepimento della direttiva UE sulrimpatrio degli extracomunitari in situazione irregolare

pag. 35

  Documento allegato n. 8 

Link alla rivista Diritto penale

contemporaneo con: giurisprudenza e dottrina 

-  sentenza della Corte di Giustiziadell’Unione Europea del 28 aprile 2011,

Hassen El Dridi, causa C-61/11 PPU 

-  commento alla sentenza (Viganò) 

pag. 36

  Documento allegato n. 9 

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3

(sentenza Cass. pen., n. 36451 del 2011 - Sicurezza

pubblica - stranieri - ingiustificata inosservanza

dell'ordine di allontanamento del questore di cui all'art.

4, comma 5-quater, d.lgs. N. 286/1998)

pag. 37

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Documento n. 1 

Prospettazione:

Massima della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali, Sentenza 27 settembre 2007 (dep. 16 gennaio

2008), n. 2451:

 Deve escludersi che l'adesione della Romania all'Unione Europea abbia determinato l'abolizione

del reato - di ingiustificata permanenza sul territorio italiano - previsto dall'art. 14, comma 5 ter,

d.lgs. n. 286/98, commesso dai cittadini rumeni prima del 1^ gennaio 2007, giorno di entrata in

vigore del trattato di adesione. 

Il Caso

DUMITRU Ilie, cittadino rumeno, viene raggiunto nel settembre 2006, dall'ordine di

allontanamento entro cinque giorni dal territorio italiano, impartito dal Questore di Roma a

seguito del decreto prefettizio di espulsione.

Successivamente, nel marzo 2009, DIMITRU Ilie viene presentato dinanzi all’autorità

giudiziaria per la convalida dell’arresto e contestuale giudizio con rito direttissimo, stante

l’ingiustificata inosservanza dell’ordine di allontanamento del Questore (ai sensi dell’art. 14,

comma 5 ter, D. Lvo n.286/98).

Ma nel frattempo, cioè dal 1^ gennaio 2007, la Romania è entrata a far parte della Unione

Europea e Dumitru Ilie, in quanto cittadino romeno, è anche cittadino comunitario e come

tale può liberamente circolare, soggiornare e stabilirsi in Europa.

Ma la Corte di Cassazione (nel 2008) non è di questo avviso e ritiene che Ilie debba essere

condannato del reato di ingiustificata permanenza nel territorio dello Stato in violazione

dell'ordine di allontanarsene.

Ora la domanda principale che ci poniamo è: ma non si dovrebbe applicare al reo il diritto

penale sopravveniente più favorevole per lui, come quello che discende dal fatto di essere

cittadino europeo?

E soprattutto, siamo sicuri che il diritto comunitario condivida, sul piano costituzionale, le

soluzioni legislative sperimentate dal legislatore italiano in tema di reati di illegittimo

ingresso e permanenza sul territorio?

COME PROCEDERE:

dopo aver consultato i documenti a disposizione, redigi il tuo parere (memoria)

osservando il seguente schema di massima: 

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i. riassumi la fattispecie (situazione di fatto),

ii. formula le tue valutazioni sul fatto (ovviamente a sostegno della tua tesi),

iii. e poi le tue valutazioni sul diritto applicabile alla fattispecie.

Al termine produrrai altro elaborato dalle stesse caratteristiche del precedente

contenente le osservazioni critiche sullo scritto del tuo compagno avversario di tesi

(memoria di replica).

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Documento n. 2

Corte di Cassazione,

Sezioni Unite Penali, Sentenza 27 settembre 2007

(dep. 16 gennaio 2008), n. 2451 

 Deve escludersi che l'adesione della Romania all'Unione Europea abbia determinato l'abolizione

del reato previsto dall'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286/98, commesso dai cittadini rumeni prima

del 1^ gennaio 2007, giorno di entrata in vigore del trattato di adesione.  

Ritenuto in fatto

1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Genova ha proposto

ricorso per cassazione avverso la sentenza del 20 settembre 2006 con la quale il Tribunale di

Genova, all'esito di un giudizio abbreviato, ha assolto il cittadino rumeno P. M., alias P. B.,

dall'imputazione di ingiustificata permanenza nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di

allontanarsene, impartitogli dal questore di Udine, "perché il fatto non sussiste".

Il tribunale genovese, dopo avere affermato che gli atti del procedimento amministrativo relativo

all'espulsione di un cittadino extracomunitario devono essere congruamente motivati e che

l'onere della motivazione non può "dirsi assolto in presenza della mera ripetizione del dettato

normativo o della vuota adozione di formule di stile", ha ritenuto che nel caso in esame il

provvedimento del questore, essendosi limitato a dare atto che non era "possibile trattenere lo

straniero presso un centro di permanenza temporanea per mancanza di posti", contenesse una

mera ripetizione della formula normativa e fosse illegittimo.

Perciò, il tribunale, disapplicando l'ordine del questore, ha assolto l'imputato per l'insussistenza

del fatto.

Nel ricorso il Procuratore generale ha sostenuto che la sentenza impugnata ha applicato

erroneamente la legge penale: sotto un primo aspetto perché sarebbe sufficiente il riferimento

al provvedimento di espulsione, alla correlata violazione da parte del destinatario e

all'impossibilità di trattenerlo presso un centro di permanenza temporanea per ritenere assolto,

anche se in maniera estremamente concisa, l'obbligo di motivazione del provvedimento; sotto

un secondo aspetto perché il tribunale ha "ritenuto carente di motivazione l'ordine del questore,

per non aver motivato circa l'impossibilità di eseguire l'espulsione mediante accompagnamento

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alla frontiera a mezzo della forza pubblica", mentre tale motivazione non sarebbe stata

necessaria.

2. La prima sezione penale ha rimesso il ricorso alle Sezioni unite, rilevando che M. è cittadino

rumeno e che in seguito all'ingresso della Romania nell'Unione Europea occorre "porsi il quesito

relativo all'applicabilità della disciplina dell'art. 2 c.p." e "stabilire se risulti ancora punibile una

condotta che oggi non costituisce più reato".

Come ha ricordato l'ordinanza di rimessione, la prima sezione in precedenza, con la sentenza 11

gennaio, 2007, Ferlazzo, nell'esaminare una fattispecie di favoreggiamento dell'immigrazione

clandestina relativa all'ingresso illegale in Italia di cittadini di uno Stato (la Polonia),

successivamente entrato nell'Unione Europea, aveva ritenuto di trovarsi in presenza "di una

vicenda successoria di norme extrapenali che non integrano la fattispecie incriminatrice e tanto

meno implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, bensì determinano

esclusivamente una variazione della rilevanza penale del fatto". Però secondo l'ordinanza questa

decisione si ricollega a un orientamento giurisprudenziale non incontrastato, al quale se ne

contrappone un altro che invece riconduce le modificazioni mediate (relative cioè a norme

diverse da quella incriminatrice) nell'ambito dell'art. 2 c.p e riconosce loro un effetto abolitivo

della fattispecie che risulta dalla combinazione della norma penale con quella integratrice.

L'ordinanza ha rilevato che questo secondo orientamento è stato seguito anche dalle Sezioni

unite, con la sentenza 23 maggio 1987, Tuzet, relativa alla qualificazione dell'attività degli istituti

di credito, e da altre decisioni della Corte di cassazione che possono ritenersi espressione di "una

linea di fondo prevalente nella giurisprudenza di legittimità"

Ciò posto, la prima sezione ha chiesto alle Sezioni unite di stabilire "se la sopravvenuta

circostanza che dal 1^ gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte dell'Unione Europea

giustifichi l'applicazione delle disposizioni di cui all'art. 2 c.p. e debba, quindi, fare pronunciarel'assoluzione con la formula perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, nel processo a

carico di un cittadino rumeno imputato del reato previsto dall'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286

del 1998 per l'inosservanza dell'ordine di lasciare il territorio italiano anteriormente emesso dal

questore a seguito del decreto prefettizio di espulsione"

Considerato in diritto

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1. Rispetto alla questione rimessa per la soluzione alle Sezioni unite è preliminare quella, oggetto

del ricorso del Procuratore generale, relativa al contenuto della motivazione del provvedimento

del questore che, a norma dell'art. 14, comma 5 bis, d.lgs. n. 286/98, "ordina allo straniero di

lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni". Se infatti si dovesse convenirecon il tribunale che il provvedimento del questore era illegittimo, che l'imputato non era tenuto

ad osservarlo e che quindi non era avvenuta la violazione costituente reato, la questione sugli

effetti da ricollegare all'ingresso della Romania nell'Unione Europea sarebbe priva di rilevanza: il

fatto sarebbe insussistente e non ci sarebbe ragione di chiedersi se esso sia ancora preveduto

come reato.

E' da aggiungere che, secondo l'indicazione che si trae dalla sequenza delle formule di

proscioglimento contenuta nell'art. 129, comma 1, c.p.p. e dalla diversa ampiezza degli effetti

liberatori per l'imputato, la formula "il fatto non sussiste" dovrebbe prevalere sulla formula "il

fatto non è previsto come reato" (ved. Sez. 5^, 6 dicembre 2000, n. 10312/2001, Rossi, rv,

218804; Sez. 3^, 23 giugno 1993, n. 9096, Steinhauslin, rv. 195202; Sez. 6^, 30 novembre 1990,

n. 4508, Pennino, rv. 183894, queste ultime due con riferimento all'art. 152 c.p.p. 1930), e anche

sotto questo aspetto non vi sarebbe ragione di interrogarsi sull'esistenza o meno dell'abolitio

criminis.

Occorre dunque stabilire se il motivo di ricorso proposto dal Procuratore generale è fondato.

L'ordine del questore allo straniero di lasciare entro cinque giorni il territorio dello Stato segue il

decreto di espulsione del prefetto e presuppone che non sia stato possibile eseguire

tempestivamente l'espulsione e neppure trattenere lo straniero presso un centro di permanenza,

ovvero che siano trascorsi i termini di permanenza (art. 14, comma 5 bis, d.lg. n. 286/98), e

secondo la giurisprudenza consolidata della Corte di cassazione, a norma dell'art. 3, comma 1, L.

n. 241 del 1990, l'ordine deve essere motivato: la mancanza di motivazione ne comportal'illegittimità e rende inconfigurabile la violazione prevista come reato dall'art. 14, comma 5 ter,

d.lg n. 286 cit. (ved. Sez. 1^, 21 dicembre 2006, n. 1575/2007, Tanase; Sez. 1^, 6 dicembre 2006,

n. 1076/2007, Ismellari; Sez. 1, 28 marzo 2006, n. 13314, Hado; Sez. 1^, 15 dicembre 2005, n.

5217/2006, Beji Lofti; Sez. 1^, 22 aprile 2005, n. 19722, Popescu, rv. 232223).

Nel caso in esame l'ordine è stato motivato considerando, quanto all'impossibilità di eseguire

l'espulsione, che non era "immediatamente disponibile vettore aereo o altro mezzo di trasporto"

e, quanto all'impossibilità di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea,

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che vi era "mancanza di posti disponibili".

La sentenza non ha mosso rilievi riguardo al primo presupposto ma ha giudicato carente lamotivazione sul secondo, in quanto "espressiva di mera ripetizione della formula normativa". Ciò

posto, deve ritenersi frutto di un evidente equivoco l'affermazione del ricorrente che l'ordine era

stato ritenuto dal tribunale illegittimo anche perché il questore non aveva "motivato circa

l'impossibilità di eseguire l'espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della

forza pubblica", e quindi è privo di rilevanza il motivo volto a sostenere che tale motivazione non

era necessaria. L'altro motivo, con il quale il ricorrente ha negato che potesse ritenersi

sostanzialmente mancante la motivazione sul secondo presupposto, non è invece frutto di un

equivoco e risulta fondato, perché non è vero che la motivazione sulla impossibilità del

trattenimento presso un centro di permanenza temporanea è stata meramente ripetitiva della

formula legislativa.

Il questore nel suo provvedimento ha precisato che l'impossibilità dipendeva dalla "mancanza di

posti disponibili" e, come è già stato altre volte ritenuto (ved. Sez. 1^, 28 marzo 2006, n. 13314,

Hado), tanto basta per dare ragione dell'esistenza del presupposto in questione, senza che

occorrano spiegazioni ulteriori.

La motivazione ha la funzione di dimostrare la corrispondenza tra la fattispecie concreta e la

fattispecie astratta, che legittima il provvedimento, e di indicare i dati materiali e le ragioni che

hanno fatto ritenere esistente la fattispecie concreta, "funzione che, a seconda dei casi, può

richiedere uno svolgimento diffuso o poche parole" (sent. 26 novembre 2003, n. 23/2008, Gatto,

la quale ha ritenuto correttamente motivato un decreto del pubblico ministero che, ai fini

dell'art. 268, comma 3, c.p.p., aveva fatto riferimento alla "indisponibilità di linee"), e, nel caso in

esame, la considerazione del questore che non vi erano posti disponibili dimostrava, con poche

ma concludenti parole, l'impossibilità di trattenere lo straniero in un centro di permanenzatemporanea.

Perciò erroneamente il tribunale ha ritenuto illegittimo l'ordine del questore e di conseguenza

inesistente la violazione addebitata; resta da stabilire se il fatto sia ancora previsto come reato.

2. Come ha ricordato l'ordinanza di rimessione, questa Corte ha ritenuto che non potesse trovare

applicazione l'art. 2 c.p. in un caso di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di

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"stranieri" (si trattava di polacchi), divenuti, nel corso del giudizio, cittadini europei, perché, a

suo avviso, si era verificata una "vicenda successoria di norme extrapenali che non integrano la

fattispecie incriminatrice e tanto meno implicano una modifica della disposizione sanzionatoria

penale, bensì determinano esclusivamente una variazione della rilevanza penale del fatto condecorrenza dalla emanazione del successivo provvedimento normativo di adesione del nuovo

paese all'U.E., limitatamente ai casi che possono rientrare nel nuovo provvedimento, senza fare

venire meno il disvalore penale del fatto anteriormente commesso" (Sez. 1^, 11 gennaio 2007, n.

1815, Ferlazzo, rv. 236028).

L'ordinanza ha aggiunto che un orientamento analogo in precedenza era stato espresso da Sez.

6^, 16 dicembre 2004, n. 9233/2005, Buglione, rv. 230950, relativa all'applicazione di una misura

cautelare personale per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina di cittadine lettoni, che

dopo l'ingresso in Italia avevano perso la qualità di straniere per l'adesione del loro Paese

all'Unione Europea.

A questi precedenti, citati nell'ordinanza, si possono aggiungere, nello stesso senso, sempre in

tema di favoreggiamento (ma questa volta di rumeni), Sez. 1^, 8 maggio 2007, n. 22805, Mathe e

Sez. 1^, 15 giugno 2007, n. 29728, Afloarei.

Invece Sez. 1^, 22 novembre 2006, n. 42412, Balota, rv. 235584 ha preso in considerazione il

reato previsto dall'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286/98, in un caso singolare: il Tribunale

monocratico di Crotone, con provvedimento del 1^ febbraio 2006, aveva negato la convalida

dell'arresto di un cittadino rumeno per la violazione dell'ordine di lasciare il territorio dello Stato

rilevando che l'arrestato avrebbe dovuto ritenersi in via analogica cittadino europeo, perché era

previsto che il 1^ gennaio 2007 la Romania sarebbe entrata a far parte dell'Unione Europea. Il

provvedimento è stato annullato in quanto, secondo la Corte di cassazione, il delitto dell'art. 14,

comma 5 ter, cit. "si perfeziona con la mera realizzazione della condotta, sicché non rilevano néla previsione di un futuro ingresso dello Stato di appartenenza del cittadino extracomunitario

nell'Unione europea, né l'adesione in itinere" del suo Paese d'origine all'Unione. La Corte ha

aggiunto che l'arrestato non si sarebbe potuto giovare del regime di cui all'art. 2 c.p. neppure

successivamente, perché il perfezionamento dell'adesione avrebbe dato luogo a "una vicenda

successoria di norme extrapenali che non integrano la fattispecie incriminatrice e tanto meno

implicano una modifica della disposizione sanzionatoria penale, bensì determinano

esclusivamente una variazione del contenuto del precetto con decorrenza dalla emanazione del

successivo provvedimento senza fare venire meno il disvalore penale del fatto anteriormente

commesso".

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Inoltre, in vari altri casi la Corte di cassazione ha deciso ricorsi relativi al reato dell'art. 14, comma

5 ter, d.lgs. n. 286/98 senza neppure prospettarsi la possibilità che in seguito alla perdita della

qualità di straniero, che l'imputato aveva al momento del fatto, potesse essersi verificata

un'abolitio criminis (ved., ad esempio, Sez. 1^, 27 febbraio 2007, n. 9345, Trandafir; Sez. 1^, 14

marzo 2007, n. 19096, Iordache; Sez. 1^, 27 marzo 2007, n. 17576, Todeanca).

Tenuto conto delle decisioni finora intervenute, deve riconoscersi che, nella giurisprudenza della

Corte di cassazione, sulla punibilità dei reati previsti dagli artt. 12 e 14 d.lgs. n. 286/98, relativi a

stranieri che successivamente abbiano acquistato la cittadinanza europea, non è ravvisabile

alcun contrasto; è vero però che, come ha rilevato l'ordinanza di rimessione, esistonoorientamenti difformi sugli effetti che in genere può determinare sul trattamento penale la

modificazione di una norma extrapenale (nel senso di norma esterna alla fattispecie penale, che

potrebbe anche essere una norma penale, come avviene nel caso di calunnia o di associazione

per delinquere), cui quella penale faccia in qualche modo riferimento, e che se si dovesse

accogliere l'opinione che questa modificazione si risolve sempre in un fenomeno di successione

di leggi penali si dovrebbe concludere che, diversamente da quanto è stato ritenuto dalle

ricordate decisioni, l'acquisto della qualità di cittadino europeo fa escludere, a norma dell'art. 2,

comma 2, c.p., la punibilità dei reati previsti dal d.lgs. n. 286/98, commessi precedentemente.

3. In seguito all'entrata in vigore, il 1^ gennaio 2007, del Trattato di adesione della Romania

all'Unione Europea (L. 9 gennaio 2006, n. 16) ha perso efficacia il decreto di espulsione emesso

dal prefetto a norma dell'art. 13 d.lgs. n. 286/98, ed è venuto meno l'obbligo per l'imputato di

lasciare il territorio dello Stato, in ottemperanza all'ordine impartito a suo tempo dal questore, e

correlativamente è cessato il reato previsto dall'art. 14, comma 5 ter, d.lgs. n. 286/98. Poiché

però il reato era già stato commesso c'è da chiedersi se ne permanga, o meno, la punibilità.

La risposta deve essere ricercata facendo riferimento ai criteri già affermati in tema di

successione di leggi penali da queste Sezioni unite con la sentenza 26 marzo 2003, n. 25887,

Giordano. In quella sentenza le Sezioni unite hanno escluso la possibilità di accogliere la teoria

della doppia punibilità in concreto e hanno affermato che per individuare il campo di

applicazione del secondo comma dell'art. 2 c.p. non ci si può limitare a considerare se il fatto,

punito in base alla legge anteriore, sia punito, o meno, anche in base a quella posteriore. Perciò

non può escludersi che un fatto, divenuto non punibile per la legge extrapenale posteriore,

rimanga punibile per la legge anteriore, vigente al momento della sua commissione.

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L'indagine sugli effetti penali della successione di leggi extrapenali va condotta facendo

riferimento alla fattispecie astratta e non al fatto concreto: non basta riconoscere che oggi il

fatto commesso dall'imputato non costituirebbe più reato, ma occorre prendere in esame la

fattispecie e stabilire se la norma extrapenale modificata svolga in collegamento con la

disposizione incriminatrice un ruolo tale da far ritenere che, pur essendo questa rimasta

letteralmente immutata, la fattispecie risultante dal collegamento tra la norma penale e quella

extrapenale sia cambiata e in parte non sia più prevista come reato. In questo caso ci si trova in

presenza di un'abolitio criminis parziale, analoga a quella che si verifica quando è la stessa

disposizione penale ad essere modificata con l'esclusione di una porzione di fattispecie che prima

ne faceva parte (si pensi ad esempio alle modificazioni subite dal reato di abuso d'ufficio o da

quello di false comunicazioni sociali).

La successione avvenuta tra norme extrapenali non incide invece sulla fattispecie astratta, ma

comporta più semplicemente un caso in cui in concreto il reato non è più configurarle, quando

rispetto alla norma incriminatrice la modificazione della norma extrapenale comporta solo una

nuova e diversa situazione di fatto.

In altre parole, nel caso in esame occorre stabilire se la qualità di appartenenti all'Unione

Europea, acquistata dai cittadini della Romania e degli altri Stati che sono di recente entrati a far

parte dell'Unione, ha inciso sulla fattispecie dell'art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98, con effetto

retroattivo o ha solo dato luogo a una modificazione della situazione di fatto, che ha reso lecita la

loro permanenza in Italia dal momento dell'ingresso dei rispettivi Stati nell'Unione.

L'ordinanza di rimessione alle Sezioni unite ha prospettato la possibilità che nel caso in esame la

punibilità venga esclusa in applicazione del quarto comma dell'art. 2 c.p., anziché del secondo

comma dello stesso articolo, con l'opportuno effetto in tal caso di rendere inoperante la vicenda

successoria rispetto alle condanne divenute irrevocabili. Però il quarto comma dell'art. 2 c.p.,

come si desume dal suo contenuto dispositivo e si ritiene generalmente, riguarda la

modificazione delle incriminazioni e non la loro abolizione, riguarda cioè l'ipotesi in cui, in

seguito a una successione di leggi penali, il fatto continua a costituire reato ma è trattato in

modo diverso, e pone la regola che in tale ipotesi deve applicarsi la disposizione più favorevole,

"salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile" Nel caso in esame occorre invece stabilire

se l'incriminazione sia stata o meno abolita in seguito alla modificazione della legge extrapenale,

e una risposta affermativa non può non comportare anche il superamento delle eventualisentenze irrevocabili di condanna, di cui, a norma del secondo comma dell'art. 2 c.p., dovrebbero

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cessare l'esecuzione e gli effetti penali.

4. Sulla questione relativa agli effetti della successione di leggi extrapenali in giurisprudenza sonoemerse opinioni diverse e i vari casi che si sono presentati sono stati risolti ora muovendo

dell'affermazione di principio che l'art. 2, comma 2, c.p. si applica anche rispetto alla successione

di leggi extrapenali, ora, invece, dall'affermazione opposta. Se però si considerano attentamente

i diversi casi passati al vaglio della giurisprudenza ci si rende conto che per la loro soluzione non

ci si può affidare all'affermazione di principio che tutte le modificazioni di dati normativi esterni,

implicati dalla fattispecie penale, sono da trattare come un fenomeno di successione di leggi

penali o all'affermazione opposta.

Anche nella dottrina le opinioni sono diverse e si articolano variamente tra due estremi. Da un

lato c'è la tesi di chi ritiene che ogni disposizione che rileva nella descrizione della fattispecie

penale finisce, ai fini dell'art. 2 c.p., a connotarsi penalmente e a far assumere rilevanza alle

modificazioni che la riguardano; dal lato opposto la tesi di chi invece è convinto che le

modificazioni di leggi diverse da quella penale non rilevino se il nucleo penale della fattispecie

non cambia. Le modificazioni secondo questa tesi sono assimilabili a quelle relative ai

presupposti di fatto e quindi danno origine a una diversità di fatti concreti, rimanendo prive di

rilevanza ai fini del secondo comma dell'art. 2 c.p.

In mezzo coloro che distinguono tra leggi extrapenali le cui modificazioni sono rilevanti e leggi le

cui modificazioni non lo sono, da individuare anche facendo ricorso a criteri valutativi, per

riuscire a differenziare i casi in cui la modificazione ha determinato, anche per il passato, il venir

meno della lesività del fatto da quelli in cui invece non ha determinato questo effetto.

Al primo dei due estremi si colloca una tesi estremamente lineare, la quale dalla premessa che ilsignificato del termine "fatto" nel primo e nel secondo comma dell'art. 2 c.p. deve essere uguale

deduce che qualunque modificazione mediata, se da un lato non può avere l'effetto di rendere

punibile un fatto che prima non lo era, dall'altro non può non far cessare la punibilità di un fatto

che prima lo era.

"Se per "fatto" ai fini dell'art. 2, comma 1, c.p. si deve ... assumere il fatto storicamente

determinato in tutti gli aspetti rilevanti ai fini dell'applicazione di una disposizione incriminatrice

- si è detto - non si vede perché lo stesso concetto non debba più valere ai fini dell'art. 2, comma

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2, c.p."

La tesi è suggestiva, però è dubbio che il "fatto" dell'art. 2, comma 1, c.p. sia quello"storicamente determinato in tutti i suoi aspetti rilevanti", ivi compresi quelli disciplinati dalle

norme extrapenali.

E' vero che la modificazione di una norma extrapenale non potrebbe dar luogo a un'applicazione

retroattiva, ma non sembra che ciò dipenda dal concetto di "fatto" accolto dall'art. 2, comma 1.

c.p.p., perché è assai difficile ipotizzare che un fatto divenuto reato per la successiva

modificazione di una legge extrapenale possa essere integrato da condotte precedenti, posto che

in precedenza potevano esistere, e non sempre, gli elementi di fatto, ma non anche le

qualificazioni normative presupposte dalla norma penale.

Venendo al caso oggetto di giudizio si immagini una situazione in cui uno Stato cessi di far parte

dell'Unione Europea. Il cittadino di questo Stato diviene uno straniero (nel senso precisato

dall'art. 1 d.lg. n. 286/98) ma è impossibile ipotizzare che possa essersi verificata in precedenza

una condotta riconducibile all'art. 14, comma 5 ter d.lg. n. 286/98 (secondo la sequenza:

provvedimento di espulsione del prefetto, impossibilità di eseguire immediatamente l'espulsionee di trattenere lo straniero presso un centro di permanenza temporanea, provvedimento del

questore e infine violazione) che potrebbe essere resa punibile in mancanza della regola dell'art.

2, comma 1, c.p.

Ma alla stessa conclusione deve giungersi nei casi in cui il fatto commesso prima della

modificazione potrebbe essere identico a quello che successivamente integrerebbe un reato.

Si pensi all'abuso d'ufficio, per la cui integrazione occorre una "violazione di legge o di

regolamento", e si pensi a un atto amministrativo adottato in conformità di una legge che

successivamente venga modificata. In seguito alla modificazione l'atto non sarebbe più conforme

alla legge e c'è da chiedersi, se in mancanza della regola del primo comma dell'art. 2 c.p. (e

dell'art. 25, comma 2, Cost.), la precedente condotta del pubblico ufficiale potrebbe diventare

punibile come abuso d'ufficio. La risposta dovrebbe essere certamente negativa perché l'atto

non è stato adottato in violazione di legge e la successiva modificazione legislativa non può

mutare questo dato di fatto. Come è stato esattamente precisato da Sez. 1^, 15 gennaio 2003, n.

10656, Villani (per escludere che il reato possa venir meno per effetto della modificazione della

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norma extrapenale) la violazione di legge nella fattispecie dell'art. 323 c.p. costituisce un

"requisito di fatto", e il fatto in quanto tale, una volta accaduto, non può subire modificazioni.

Perciò non può concludersi che il concetto di "fatto" accolto dal primo comma dell'art. 2 c.p. è

necessariamente comprensivo di tutti gli elementi normativi extrapenali e che questo concetto è

recepito anche dal secondo comma dello stesso articolo.

E' vero che c'è una corrispondenza tra il primo e il secondo comma dell'art. 2 c.p., ma questa

corrispondenza si riscontra nei casi in cui, come si vedrà, la legge extrapenale, per il ruolo che

svolge nella fattispecie o per sua natura, è in grado di operare retroattivamente. E' in questi casi

infatti che l'innovazione, per lo sbarramento del primo comma, non può avere un effetto di

incriminazione retroattiva, mentre può avere l'effetto abolitivo previsto dal secondo comma.

In realtà l'art. 2 c.p. non offre argomenti per sostenere che, benché nella rubrica si riferisca

letteralmente solo alla legge penale, detti delle regole da valere anche per tutte le leggi

extrapenali, richiamate in qualche modo dalla disposizione incriminatrice; leggi che possono

essere le più varie e possono venire in considerazione anche indirettamente, attraverso una

pluralità di rinvii, dalla legge penale a quella extrapenale e da questa ad altre leggi.

Ad esempio, come si è visto, per l'integrazione della fattispecie dell'abuso di ufficio l'art. 323 c.p.

richiede genericamente la "violazione di norme di legge o di regolamento" e un rinvio di

un'ampiezza così smisurata rende arduo sostenere che qualunque modificazione di tali norme,

intervenuta dopo la loro violazione, possa costituire una parziale abolitio criminis. Conclusione

questa che del resto la giurisprudenza rifiuta decisamente, escludendo che una modificazione del

genere abbia rilevanza ai fini dell'art. 2 c.p. (Sez. 6^ 15 gennaio 2003, n. 10656, Villani; Sez. 2^, 2

dicembre 2003, n. 4296, Stellacelo).

Di recente il d.lg. 10 agosto 2007, n. 154 ha modificato alcuni articoli della L n. 286/98 in

attuazione della direttiva 2004/114/CE, relativa alle condizioni di ammissione dei cittadini di

Paesi terzi per motivi di studio, scambio di alunni, tirocinio non retribuito o volontariato, e non

sembra sostenibile che la punibilità per la violazione dell'ordine di lasciare lo Stato a suo tempo

legittimamente dato dal questore al cittadino di un Paese terzo possa diventare non punibile

perché successivamente la legge sopravvenuta ne avrebbe potuto legittimare la sua permanenza

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nel territorio dello Stato.

La fattispecie dell'art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98 è rimasta immutata e la modificazioneintervenuta nella disciplina dei permessi può incidere sulla condizione dello straniero,

consentendogli di ottenere un permesso che prima gli era precluso, ma non può far venir meno

la punibilità di un fatto già commesso.

Diversa a quanto pare dovrebbe essere la conclusione se a cambiare fosse proprio la definizione

di straniero contenuta nell'art. 1 d.lg. n. 286/98. Se dalla categoria venisse escluso il cittadino di

uno Stato in attesa di adesione all'Unione sarebbe la stessa fattispecie penale a risultare diversa

e a vedersi sottrarre una parte della sua sfera di applicazione, secondo lo schema tipico

dell'abolizione parziale, riconducibile all'art 2, comma 2, c.p. (Sez. un. 26 marzo 2003, n. 25887,

Giordano).

In un caso del genere dall'ambito della precedente fattispecie verrebbe esclusa una sottoclasse,

quella relativa ai cittadini dei Paesi candidati all'ingresso nell'Unione Europea, e rispetto a questa

sottoclasse si potrebbe parlare di abolitio criminis, come avviene quando in una vicenda di

successione di leggi penali una fattispecie più ampia viene sostituita con una più limitata (si pensialla modificazione del reato di abuso di ufficio o di quello di false comunicazioni sociali, dei quali

la giurisprudenza ha avuto occasione di occuparsi ampiamente), facendo venire meno la

punibilità dei fatti che, pur integrando precedentemente il reato, non rientrano nella nuova

fattispecie.

Lo stesso dovrebbe dirsi se dalla più ristretta categoria degli stranieri che devono essere espulsi,

individuata dall'art. 13, comma 2, d.lg. n. 286/98, venisse escluso lo straniero che "si è trattenuto

nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione di cui all'art. 27, comma 1 bis, o senzaaver richiesto il permesso di soggiorno nei termini prescritti", nei cui confronti, in ipotesi, una

legge successiva introducesse un regime meno rigoroso di quello stabilito nei confronti dello

straniero "entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera". Anche in questo

caso verrebbe ad essere modificata la fattispecie dell'art. 14, comma 5 ter, cit. attraverso una

ridefinizione della categoria delle persone alle quali è applicabile la normativa sull'espulsione.

Al contrario, la cittadinanza dell'uno o dell'altro Stato, membro oppure no dell'Unione Europea,

rispetto alla fattispecie dell'art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98 non da luogo a sottoclassi, non

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designa nell'ambito della categoria una parte con caratteristiche specifiche, ma individua più

semplicemente l'appartenenza all'una o all'altra categoria, cioè a quella dei cittadini

extracomunitari o dei cittadini comunitari. L'essere rumeno o albanese significa oggi essere o

non essere cittadino dell'Unione Europea, perciò, ai fini del reato in questione, l'ingresso di unoStato nell'Unione, così come in ipotesi la sua esclusione, non da luogo a una successione di leggi

riconducibile all'art. 2, comma 2, c.p., non modifica, sia pure in modo mediato, la fattispecie

penale, ma costituisce un mero dato di fatto, anche se frutto di un'attività normativa.

5. Come si è visto, nell'ambito della fattispecie penale le norme extrapenali non svolgono tutte la

stessa funzione e, nel caso delle norme penali in bianco, possono addirittura costituire il

precetto, anche se in questo caso, vista la funzione che svolgono, si parla forse impropriamente

di norme extrapenali; perciò occorre operare una distinzione tra le norme integratrici della

fattispecie penale e quelle che tali non possono essere considerate.

E' una distinzione alla quale si ricorre anche nell'applicazione del terzo comma dell'art. 47 c.p.,

per decidere se un errore su una legge diversa da quella penale escluda o meno la punibilità, e

non è questa la sede per stabilire se ai fini dell'art. 2 e dell'art. 47 c.p. la qualificazione di una

norma extrapenale debba essere la stessa; qui è sufficiente considerare che nell'art. 47 c.p. il

legislatore ha riconosciuto l'esistenza di leggi diverse da quelle penali, alle quali ha ricollegato un

diverso trattamento dell'errore, e non è arbitrario pensare che anche agli effetti dell'art. 2 c.p. le

leggi diverse da quelle penali possano avere trattamenti diversi.

E' da aggiungere che la retroattività, mentre per le norme penali di favore rappresenta la regola

(art. 2, commi 2, 3 e 4, c.p.), anche se può subire deroghe (Corte cost., 23 novembre 2006, n.

393), per le norme diverse da quelle penali costituisce un'eccezione (art. 11 disposizioni sulla

legge in generale), sicché una nuova legge extrapenale può avere, di regola, un effetto

retroattivo solo se integra la fattispecie penale, venendo a partecipare della sua natura, e ciòavviene, come nel caso delle disposizioni definitorie, se la disposizione extrapenale può sostituire

idealmente la parte della disposizione penale che la richiama. Ad esempio nell'art. 14, comma 5

ter, d.lg. 286/98, come è già stato rilevato, le parole "lo straniero" ben potrebbero essere

sostituite con le parole "il cittadino di Stato non appartenente all'Unione Europea e l'apolide"

(secondo l'indicazione dell'art. 1 d.lg. n. 286/98), e si verificherebbe certamente una successione

di leggi penali se questa definizione cambiasse, escludendo l'apolide o il cittadino di Stati di cui è

previsto l'ingresso nell'Unione.

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Analogamente le parole "minori" o "minorenni", che figurano in numerose disposizioni del

codice penale, potrebbero essere sostituite con le parole "persone che non hanno compiuto il

diciottesimo anno di età", perciò l'art. 2, comma 1, c.c. sulla maggiore età ben può essere

considerato una disposizione integratrice dei precetti penali che si riferiscono a maggiorenni o aminorenni. E tale infatti la giurisprudenza ha considerato la disposizione civilistica quando è stata

modificata dall'art. 1 L. 8 marzo 1975, n. 39, che ha ridotto il limite della maggiore età da

ventuno a diciotto anni: la vicenda è stata ricondotta nell'ambito dell'art. 2 c.p. ed è stata esclusa

la punibilità dei fatti di sottrazione consensuale di minorenni (art. 573 c.p.) commessi nei

confronti di persone di età tra i diciotto e i ventuno anni prima che il limite della maggiore età

venisse ridotto (Sez. 6^, 11 aprile 1975, n. 8940, Centone, rv. 130790; Sez. 6^, 29 dicembre 1977,

n. 3791, Amato, rv. 138463).

In casi come questi si può parlare di modificazioni mediate della norma incriminatrice, da

trattare, alla stregua dell'art. 2 c.p., come una successione di norme penali.

6. Oltre che rispetto alle norme integratrici di quelle penali, l'art. 2 c.p. può trovare applicazione

rispetto a norme extrapenali che siano esse stesse, esplicitamente o implicitamente, retroattive,

quando nella fattispecie penale non rilevano solo per la qualificazione di un elemento ma per

l'assetto giuridico che realizzano, come può accadere per le norme penali richiamate dalla norma

incriminatrice (e da considerare perciò alla stregua di norme extrapenali, nel senso di norme

esterne a quella penale descrittiva del reato).

Sotto questo aspetto si può ricordare che una recente decisione ha escluso la configurabilità del

reato di associazione per delinquere per l'avvenuta depenalizzazione del reato fine, rilevando, tra

l'altro, che "l'abrogatio criminis svuota di contenuto penalmente rilevante le finalità del

sodalizio" (Sez. 1^, 9 marzo, 2005, n. 13382, Screti, rv. 232491). In questo caso l'effetto

retroattivo della norma abolitrice del reato ha inciso sulla fattispecie associativa privandola delscopo della commissione di fatti-reato. Si pensi al caso ancora più semplice di fatti delittuosi

successivamente divenuti leciti e addirittura, in ipotesi, apprezzati positivamente (come

potrebbe avvenire per delitti collegati a un particolare regime politico, poi abbattuto). Una volta

divenuti non punibili questi fatti non ci sarebbe ragione di punire chi si è associato per

commetterli, e se fosse intervenuta condanna sia per i delitti scopo sia per quello associativo la

revoca non potrebbe certo riguardare solo i primi. L'effetto abolitivo del reato associativo è

conseguenza necessaria dell'effetto retroattivo dell'abolizione del reato scopo.

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Diverso è il caso della calunnia, che secondo la giurisprudenza consolidata rimane insensibile

all'abolizione del reato oggetto dell'incolpazione (Sez. 6^, 8 aprile 202, n. 14352, Bassetti, rv.

226425; Sez. 6^, 21 maggio 1999, n. 8827, Zini, rv. 214674; Sez. 6^, 21 novembre 1988, n. 12673,

Caronna, rv. 180011). Nella calunnia infatti rileva la qualificazione come reato del fatto oggettodell'incolpazione, nel momento in cui è avvenuta, e non l'assetto giuridico realizzato dalla norma

incriminatrice, sicché l'abrogazione di questa non è in grado di incidere sul reato

precedentemente commesso. Ciò che conta ai fini della calunnia è l'incolpazione di un innocente,

in modo tale che a suo carico possa iniziare un procedimento penale, e, una volta avvenuta

l'incolpazione, l'eventuale successiva abolizione del reato addebitato resta priva di effetti.

L'abolizione potrebbe anche avvenire quando il procedimento non solo è iniziato ma ha anche

gravemente pregiudicato l'incolpato e in un caso del genere la lesione sarebbe evidentemente

irretrattabile.

Esemplare in proposito è il caso giudicato da Sez. 3^, 7 aprile 1951, Ottazzi (in Giust. pen., 1951,

2^, c. 1073). L'imputato, con denuncia presentata alle autorità politiche e di polizia fasciste

dell'epoca, aveva incolpato falsamente una persona di appartenere al Comitato di liberazione

nazionale e questa era rimasta incarcerata fino alla liberazione del territorio nazionale. Il fatto

che l'appartenenza al Comitato di liberazione nazionale avesse cessato di costituire reato e fosse

divenuta titolo di onore non ha impedito alla Cassazione di ritenere ancora punibile la calunnia,

perché "la successiva esclusione legislativa del reato incolpato (abolitio criminis) è un posterius

del tutto irrilevante, che non elimina l'inganno teso all'amministrazione della giustizia deviata

dalle sue funzioni ordinarie merce la incolpazione di un fatto che all'epoca costituiva reato", e

tanto meno elimina il grave danno subito dall'incolpato.

7. L'applicazione dell'art. 2 c.p. rispetto a leggi extrapenali non integratrici del precetto penale e

prive di retroattività sarebbe ingiustificata e potrebbe dar luogo a uno sfasamento tra la

disciplina extrapenale e quella penale, se per la seconda dovesse valere la regola della

retroattività, esclusa invece per la prima. Sfasamento che da Sez. 5^, 11 maggio 2006, n. 21197,Formaggia, rv. 234113, in un caso particolare, è stato evitato respingendo la tesi che un'avvenuta

evasione dell'iva all'importazione fosse divenuta non punibile perché "l'entrata in vigore del

Mercato unico europeo a far data dal 1^ gennaio 1993 ha fatto decadere per il commercio

intracomunitario tutta la disciplina relativa alle attività di esportazione e importazione". La Corte

ha respinto la tesi con l'affermazione che "l'abolizione delle barriere doganali ... non ha fatto

venir meno la punibilità delle condotte di contrabbando commesse anteriormente, permanendo

comunque il debito derivante dall'obbligazione tributaria già evasa"

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Insomma, se, nonostante la modificazione normativa, l'imposta, per il passato, continuava ad

essere dovuta non poteva non costituire reato la sua evasione. Il cambiamento avvenuto nella

normativa extrapenale, modificando il contesto giuridico, ha determinato una diversità del fatto

e non della fattispecie: da quando non è più dovuta l'imposta non è più configurabile il reato,ferma però rimanendone la configurabilità fino al momento in cui invece l'imposta era dovuta.

A fondamento della regola della retroattività della norma penale di favore e delle norme

extrapenali che la integrano è stato richiamato in dottrina il principio di parità di trattamento,

sancito dall'art. 3 Cost, e il richiamo è certamente corretto, con l'avvertenza però che l'art. 3

Cost. riguarda situazioni uguali e legittima, all'opposto, trattamenti diversi quando le situazioni

da regolare sono diverse. Generalmente la novazione della norma extrapenale, che non sia

retroattiva o meramente ricognitiva di un mutamento già avvenuto, segna il punto di passaggio

tra due contesti giuridici (con correlate situazioni di fatto), che si sono succeduti nel tempo,

sicché fare applicazione ai primi del trattamento penale valido per i secondi significherebbe

applicare la nuova norma a una situazione diversa da quella alla quale essa si riferisce.

8. Prima di concludere che nella previsione dell'art. 2, comma 3, c.p., oltre alle modificazioni di

norme extrapenali integratrici della norma penale, rientrano quelle di altre norme extrapenali,

solo se si tratta di norme retroattive, occorre considerare un precedente in senso diverso delle

stesse Sezioni unite. Si tratta della sentenza 23 maggio 1987 - 16 luglio 1987, Tuzet, nella quale le

Sezioni unite, dopo aver premesso che "per legge incriminatrice deve intendersi il complesso di

tutti gli elementi rilevanti ai fini della descrizione del fatto", hanno riconosciuto effetto

retroattivo a una novazione legislativa che aveva fatto venir meno per i dipendenti bancari la

qualità di incaricati di pubblico servizio, e hanno conseguentemente dichiarato non punibile un

reato di peculato commesso precedentemente.

Va detto che alle Sezioni unite non era stata sottoposta specificamente la questione relativa allemodificazioni mediate della norma penale e che la sentenza non ha approfondito il tema ma si è

limitata ad alcune affermazioni di principio, dopo aver riconosciuto che "la giurisprudenza ... in

materia di successione di norme integratrici si mantiene oscillante e sembra influenzata nelle

opposte soluzioni dalla specificità dei casi".

E all'influenza della specificità del caso non si sono sottratte neppure le Sezioni unite.

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21

La sentenza Tuzet era chiamata ad affrontare una questione risalente, relativa alla qualificazione

dei dipendenti degli istituti di credito, che una precedente sentenza delle Sezioni unite (10

ottobre 1981-19 novembre 1981, Carfì) aveva risolto riconoscendo loro la qualità di incaricati di

pubblico servizio. La soluzione non era rimasta immune da critiche; la questione non si era sopitae ne erano state inutilmente investite anche la Corte costituzionale e la Corte di giustizia delle

Comunità europee. La prima (sent. 1^ luglio 1983, n. 205) aveva concluso con un non liquet, in

quanto la questione di legittimità costituzionale sollevata coinvolgeva scelte in tema di diritto

penale dell'impresa bancaria che spettavano alla discrezionalità del legislatore, mentre la

seconda (sent. 7 aprile 1987) aveva dichiarato che "né le disposizioni, né l'obiettivo della

direttiva n. 77/780 si oppongono a che sia conferita ai dipendenti degli enti creditizi la qualità di

pubblico ufficiale o di persona incaricata di un pubblico servizio ai fini dell'applicazione del diritto

penale di uno Stato membro".

Così la questione era ritornata alle Sezioni unite, che con la sentenza Tuzet hanno mutato

orientamento, affermando che per effetto della direttiva comunitaria n. 77/780 e delle norme di

attuazione (1. 5 marzo 1985, n. 74 e D.P.R. 27 giugno 1985, n. 350) era cambiata la

regolamentazione degli istituti di credito e correlativamente i dipendenti avevano perso la

qualità di incaricati di pubblico servizio. La modificazione normativa non aveva però impedito ad

altre decisioni della Corte di cassazione (Sez. 6^, 13 novembre 1985, Ercolano; Sez. 2^, 20 marzo

1986, Di Gianni) di ribadire il precedente orientamento, mentre la sentenza Tuzet, come è stato

rilevato in dottrina, era giunta a una conclusione diversa operando un "ribaltamento della tesi

emersa nella decisione Carfì, attraverso un discreto ma sistematico smantellamento dei principali

elementi di prova .. addotti dalle Sezioni unite del 1981 a favore della soluzione panpublicistica".

Insomma la diversa qualificazione data ai dipendenti bancari dalla sentenza Tuzet, più che di una

modificazione normativa, era stato il frutto di una diversa interpretazione, alla quale le Sezioni

unite avevano inteso riconoscere valore retroattivo, come avviene normalmente per le

operazioni interpretative.

Perciò dalla sentenza Tuzet non possono trarsi argomenti decisivi per sostenere che tutte le

modifiche mediate della norma penale sono riconducibili all'art. 2, comma 2, c.p., né può

condividersi la tesi che, come è stata riconosciuta efficacia retroattiva alla perdita, da parte dei

dipendenti bancari, della qualità di persone incaricate di un pubblico servizio, analogamente

deve riconoscersi efficacia retroattiva alla perdita, da parte dei cittadini rumeni, della qualità di

stranieri.

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22

9. Le norme che hanno modificato lo status dei rumeni, facendoli diventare cittadini dell'Unione

Europea, non possono, come si è detto, considerarsi integratrici della norma penale, né possono

operare retroattivamente.

L'adesione di uno Stato all'Unione Europea non costituisce un dato formale ma giunge al termine

di un percorso di non breve periodo che lo Stato candidato è tenuto a compiere sotto il controllo

dell'Unione per adeguare le proprie strutture economiche, sociali e ordinamentali ai parametri

stabiliti. E l'adesione a sua volta è produttiva di rilevanti effetti, uno dei quali è costituito dalla

libertà, per i cittadini dello Stato, di circolare all'interno dell'Unione. Perciò non può ritenersi che

i cittadini rumeni, ai fini penali, vadano trattati come se fossero sempre stati cittadini dell'Unionee che i reati commessi quando essi per il nostro ordinamento erano stranieri siano divenuti non

punibili in forza dell'art. 2, comma 2, c.p.. La situazione di fatto e di diritto antecedente

all'adesione e quella successiva sono diverse e richiedono quindi logicamente trattamenti, anche

penali, diversi.

Se si dovesse ritenere il contrario, rispetto ai cittadini degli Stati in attesa di entrare a far parte

dell'Unione Europea si verificherebbe una situazione paradossale, che darebbe luogo a

procedimenti penali inutili, per reati destinati a venire meno nel momento in cui diventerebbe

efficace l'adesione. Inoltre, come è stato giustamente rilevato, "la consapevolezza dell'agente

che di lì a breve il proprio Stato entrerà nella CE lo indurrebbe a trasgredire senza timore alcuno

l'art. 14, comma 5 ter, d.lg. 286 del 1998, confidando poi nella successiva abolitio criminis".

E' da aggiungere che esiste una regolamentazione dell'ingresso, del soggiorno in Italia e

dell'allontanamento dei cittadini dell'Unione Europea, diversa da quella prevista per gli stranieri

e più volte modificata nel tempo (D.P.R. 30 dicembre 1965, n. 1656; DP.R. 18 gennaio 2002, n.

54; d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 e, da ultimo, d.l. 29 dicembre 2007), e che l'essere in un dato

momento cittadino dell'Unione o straniero comporta l'applicazione dell'una o dell'altra

normativa. Perciò può ben darsi il caso di una persona soggetta ad espulsione, in quanto

straniera, ma che avrebbe anche potuto essere allontanata, ricorrendone le condizioni, se fosse

stata cittadino dell'Unione. Ciò significa che alla diversa qualità della persona si collegano due

statuti diversi (anche per quanto riguarda il trattamento penale) e che al cambiamento della

qualità consegue il cambiamento dello statuto, il quale non può operare retroattivamente.

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In conclusione deve escludersi che l'adesione della Romania all'Unione Europea abbia

determinato l'abolizione del reato previsto dall'art. 14, comma 5 ter, d.lg. n. 286/98, commesso

dai cittadini rumeni prima del 1^ gennaio 2007, giorno di entrata in vigore del trattato di

adesione.

E' quindi esclusa l'assoluzione dell'imputato perché il fatto non è più previsto come reato, e

poiché il Tribunale di Genova ha erroneamente ritenuto l'insussistenza del fatto, la sentenza

impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Genova, perché, a norma

dell'art. 569, comma 4, c.p.p., proceda al giudizio di appello.

PQM

La Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Genova.

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Documento n. 3

Link alla DIRETTIVA 2008/115/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO

del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati

membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare,

su http://www.meltingpot.org/IMG/pdf/Direttiva_Rimpatri.pdf  

STRALCI DEL TESTO

DIRETTIVA 2008/115/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DELCONSIGLIO

del 16 dicembre 2008recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di

cittadini di paesi

terzi il cui soggiorno è irregolare

(Particolare attenzione ai fini della trattazione del presente caso meritano i seguenti stralci della direttiva in oggetto)

“(..) considerando quanto segue:

5. La presente direttiva dovrebbe introdurre un corpus orizzontale di norme, applicabile atutti i cittadini di paesi terzi che non soddisfano o non soddisfano più le condizionid'ingresso, di soggiorno o di residenza in uno Stato membro.

6. È opportuno che gli Stati membri provvedano a porre fine al soggiorno irregolare deicittadini di paesi terzi secondo una procedura equa e trasparente. In conformità dei

principi generali del diritto dell'Unione europea, le decisioni ai sensi della presente direttivadovrebbero essere adottate caso per caso e tenendo conto di criteri obiettivi, non

limitandosi quindi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno

irregolare.

Quando utilizzano modelli uniformi per le decisioni connesse al rimpatrio, vale a dire ledecisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d'ingresso e le decisioni diallontanamento, gli Stati membri dovrebbero rispettare tale principio e osservarepienamente tutte le disposizioni applicabili della presente direttiva.

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8. Si riconosce che è legittimo che gli Stati membri procedano al rimpatrio di cittadini dipaesi terzi il cui soggiorno è irregolare, purché esistano regimi in materia di asilo equi edefficienti che rispettino pienamente il principio di non-refoulement.

9. In conformità della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recantenorme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimentoe della revoca dello status di rifugiato, il soggiorno di un cittadino di un paese terzo cheabbia chiesto asilo in uno Stato membro non dovrebbe essere considerato irregolare nelterritorio di tale Stato membro finché non sia entrata in vigore una decisione negativa inmerito alla sua domanda d'asilo o una decisione che pone fine al suo diritto di soggiornoquale richiedente asilo.

20. Poiché l’obiettivo della presente direttiva, ossia stabilire norme comuni in materia di

rimpatrio, allontanamento, uso di misure coercitive, trattenimento e divieti d'ingresso, nonpuò essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa dellesue dimensioni e dei suoi effetti, essere realizzato meglio a livello comunitario, laComunità può intervenire, in base al principio di sussidiarietà sancito dall ’articolo 5 deltrattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo,in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo.

HANNO ADOTTATO LA PRESENTE DIRETTIVA:

CAPO I

DISPOSIZIONI GENERALI Articolo 1

Oggetto

La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membrial rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei dirittifondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale,compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell'uomo.

CAPO II

FINE DEL SOGGIORNO IRREGOLARE Articolo 6 

Decisione di rimpatrio

1. Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadinodi un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare (..).

4. In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi

caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un'altraautorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui

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soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio.Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periododi validità del titolo di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto disoggiornare.

5. Qualora un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membroè irregolare abbia iniziato una procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno o diun'altra autorizzazione che conferisce il diritto di soggiornare, lo Stato membro inquestione valuta l'opportunità di astenersi dall'emettere una decisione di rimpatrio fino alcompletamento della procedura, fatto salvo il paragrafo 6.

 Articolo 7 

Partenza volontaria

1. La decisione di rimpatrio fissa per la partenza volontaria un periodo congruo di duratacompresa tra sette e trenta giorni, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi 2 e 4. Gli Statimembri possono prevedere nella legislazione nazionale che tale periodo sia concessounicamente su richiesta del cittadino di un paese terzo interessato. In tal caso, gli Statimembri informano i cittadini di paesi terzi interessati della possibilità di inoltrare talerichiesta.

 Articolo 8

Allontanamento

4. Ove gli Stati membri ricorrano  – in ultima istanza  – a misure coercitive per allontanareun cittadino di un paese terzo che oppone resistenza, tali misure sono proporzionate e noneccedano un uso ragionevole della forza. Le misure coercitive sono attuateconformemente a quanto previsto dalla legislazione nazionale in osservanza dei dirittifondamentali e nel debito rispetto della dignità e dell'integrità fisica del cittadino di unpaese terzo interessato.

 Articolo 9

Rinvio dell'allontanamento 

2. Gli Stati membri possono rinviare l'allontanamento per un congruo periodo, tenendoconto delle circostanze specifiche di ciascun caso. Gli Stati membri tengono conto inparticolare:

a) delle condizioni fisiche o mentali del cittadino di un paese terzo;

b) delle ragioni tecniche, come l'assenza di mezzi di trasporto o il mancato allontanamentoa causa dell'assenza di identificazione.

4. Lo Stato membro che preveda di rilasciare un permesso di soggiorno o un'altraautorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare ad un cittadino di un paese terzo

colpito da un divieto d'ingresso disposto da un altro Stato membro consulta

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preliminarmente lo Stato membro che lo ha disposto e tiene conto degli interessi diquest'ultimo in conformità dell’articolo 25 della convenzione di applicazione dell’accordo diSchengen.

CAPO IIIGARANZIE PROCEDURALI

 Articolo 12

Forma

1. Le decisioni di rimpatrio e, ove emesse, le decisioni di divieto d'ingresso e le decisioni diallontanamento sono adottate in forma scritta, sono motivate in fatto e in diritto econtengono informazioni sui mezzi di ricorso disponibili.Le informazioni sui motivi in fatto possono essere ridotte laddove la legislazione nazionale

consenta che il diritto di informazione sia limitato, in particolare per salvaguardare lasicurezza nazionale, la difesa, la pubblica sicurezza e per la prevenzione, le indagini,l'accertamento e il perseguimento di reati.

CAPO IVTRATTENIMENTO AI FINI DELL'ALLONTANAMENTO

 Articolo 15

Trattenimento

1. Salvo se nel caso concreto possono essere efficacemente applicate altre misure

sufficienti ma meno coercitive, gli Stati membri possono trattenere il cittadino di un paeseterzo sottoposto a procedure di rimpatrio soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuarel'allontanamento, in particolare quando:

a) sussiste un rischio di fuga ob) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio odell'allontanamento.Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile ed è mantenuto solo per il temponecessario all'espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

2. Il trattenimento è disposto dalle autorità amministrative o giudiziarie. Il trattenimento è

disposto per iscritto ed è motivato in fatto e in diritto. Quando il trattenimento è dispostodalle autorità amministrative, gli Stati membri:

a) prevedono un pronto riesame giudiziario della legittimità del trattenimento su cuidecidere entro il più breve tempo possibile dall'inizio del trattenimento stesso,

b) oppure accordano al cittadino di un paese terzo interessato il diritto di presentarericorso per sottoporre ad un pronto riesame giudiziario la legittimità del trattenimento sucui decidere entro il più breve tempo possibile dall'avvio del relativo procedimento. In talcaso gli Stati membri informano immediatamente il cittadino del paese terzo in merito allapossibilità di presentare tale ricorso. Il cittadino di un paese terzo interessato è liberato

immediatamente se il trattenimento non è legittimo.

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3. In ogni caso, il trattenimento è riesaminato ad intervalli ragionevoli su richiesta delcittadino di un paese terzo interessato o d'ufficio. Nel caso di periodi di trattenimentoprolungati il riesame è sottoposto al controllo di un'autorità giudiziaria.

4. Quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento permotivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni di cui alparagrafo 1, il trattenimento non è più giustificato e la persona interessata èimmediatamente rilasciata.

 Articolo 20

Attuazione

1. Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari eamministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 24 dicembre

2010. Per quanto riguarda l'articolo 13, paragrafo 4, gli Stati membri mettono in vigore ledisposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi allapresente direttiva entro il 24 dicembre 2011. Essi comunicano immediatamente allaCommissione il testo di tali disposizioni. ” 

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Documento n. 4

Dalla Costituzione italiana

  Art. 2

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia

nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri

inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

  Art. 11

L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come

mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con

gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace

e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a

tale scopo.

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Documento n. 5

Codice Penale 

LIBRO PRIMO

DEI REATI IN GENERALE 

TITOLO I

Della legge penale 

Art. 2.Successione di leggi penali. 

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non

costituiva reato.

Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e,

se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena

pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena

pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135. (1)

Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le

cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi

precedenti.

Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di

un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti.

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Documento n. 6

Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme

sulla condizione dello straniero (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286,

dell’art.14, comma 5 ter, D. Lvo n.286/98

Articolo 14 

Esecuzione dell'espulsione. 

(Legge 6 marzo 1998, n. 40, art. 12)

1. Quando non è possibile eseguire con immediatezza l'espulsione mediante accompagnamento alla

frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del

rimpatrio o l'effettuazione dell'allontanamento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto

per il tempo strettamente necessario presso il centro di identificazione ed espulsione più vicino, tra

quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro

dell'economia e delle finanze. Tra le situazioni che legittimano il trattenimento rientrano, oltre a

quelle indicate all'articolo 13, comma 4-bis, anche quelle riconducibili alla necessità di prestare

soccorso allo straniero o di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o

nazionalità ovvero di acquisire i documenti per il viaggio o la disponibilità di un mezzo di trasporto

idoneo.

1-bis. Nei casi in cui lo straniero è in possesso di passaporto o altro documento equipollente in

corso di validità e l'espulsione non è stata disposta ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, lettera c)

del presente testo unico, o ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 27 luglio 2005, n.

144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, il questore, in luogo del

trattenimento di cui al comma 1, può disporre una o più delle seguenti misure: a) consegna del

passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della

partenza; b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere

agevolmente rintracciato; c) obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio

della forza pubblica territorialmente competente. Le misure di cui al primo periodo sono adottate

con provvedimento motivato, che ha effetto dalla notifica all'interessato, disposta ai sensi

dell'articolo 3, commi 3 e 4 del regolamento, recante l'avviso che lo stesso ha facoltà di presentarepersonalmente o a mezzo di difensore memorie o deduzioni al giudice della convalida. Il

provvedimento è comunicato entro 48 ore dalla notifica al giudice di pace competente per territorio.

Il giudice, se ne ricorrono i presupposti, dispone con decreto la convalida nelle successive 48 ore.

Le misure, su istanza dell'interessato, sentito il questore, possono essere modificate o revocate dal

giudice di pace. Il contravventore anche solo ad una delle predette misure è punito con la multa da

3.000 a 18.000 euro. In tale ipotesi, ai fini dell'espulsione dello straniero non è richiesto il rilascio

del nulla osta di cui all'articolo 13 comma 3 da parte dell'autorità giudiziaria competente

all'accertamento del reato. Qualora non sia possibile l'accompagnamento immediato alla frontiera,

con le modalità di cui all'articolo 13, comma 3, il questore provvede ai sensi dei commi 1 o 5-bis

del presente articolo. (2)

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32

2. Lo straniero è trattenuto nel centro con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il

pieno rispetto della sua dignità. Oltre a quanto previsto dall'articolo 2, comma 6, è assicurata in ogni

caso la libertà di corrispondenza anche telefonica con l'esterno.

3. Il questore del luogo in cui si trova il centro trasmette copia degli atti al giudice di paceterritorialmente competente, per la convalida, senza ritardo e comunque entro le quarantotto ore

dall'adozione del provvedimento. (3)

4. L'udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un

difensore tempestivamente avvertito. L'interessato è anch'esso tempestivamente informato e

condotto nel luogo in cui il giudice tiene l'udienza. Lo straniero è ammesso all'assistenza legale da

parte di un difensore di fiducia munito di procura speciale. Lo straniero è altresì ammesso al

gratuito patrocinio a spese dello Stato, e, qualora sia sprovvisto di un difensore, è assistito da un

difensore designato dal giudice nell'ambito dei soggetti iscritti nella tabella di cui all'articolo 29

delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al

decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, nonché, ove necessario, da un interprete. L'autorità che haadottato il provvedimento può stare in giudizio personalmente anche avvalendosi di funzionari

appositamente delegati. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le

quarantotto ore successive, verificata l'osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti

dall'articolo 13 e dal presente articolo, escluso il requisito della vicinanza del centro di

identificazione e di espulsione di cui al comma 1, e sentito l'interessato, se comparso. Il

provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione. La

convalida può essere disposta anche in occasione della convalida del decreto di accompagnamento

alla frontiera, nonché in sede di esame del ricorso avverso il provvedimento di espulsione. (4)

5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi trenta giorni.

Qualora l'accertamento dell'identità e della nazionalità ovvero l'acquisizione di documenti per ilviaggio presenti gravi difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di

ulteriori trenta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l'espulsione o il

respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Trascorso tale termine, qualora

permangano le condizioni indicate al comma 1, il questore può chiedere al giudice di pace la

proroga del trattenimento per un periodo ulteriore di sessanta giorni. Qualora persistono le

condizioni di cui al quarto periodo, il questore può chiedere al giudice un'ulteriore proroga di

sessanta giorni. Il periodo massimo complessivo di trattenimento non può essere superiore a

centottanta giorni. Qualora non sia stato possibile procedere all'allontanamento, nonostante sia stato

compiuto ogni ragionevole sforzo, a causa della mancata cooperazione al rimpatrio del cittadino del

Paese terzo interessato o di ritardi nell'ottenimento della necessaria documentazione dai Paesi terzi,

il questore può chiedere al giudice di pace la proroga del trattenimento, di volta in volta, per periodi

non superiori a sessanta giorni, fino ad un termine massimo di ulteriori dodici mesi. Il questore, in

ogni caso, può eseguire l'espulsione e il respingimento anche prima della scadenza del termine

prorogato, dandone comunicazione senza ritardo al giudice di pace. (5)

5-bis. Allo scopo di porre fine al soggiorno illegale dello straniero e di adottare le misure necessarie

per eseguire immediatamente il provvedimento di espulsione o di respingimento, il questore ordina

allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di sette giorni, qualora non sia stato

possibile trattenerlo in un Centro di identificazione ed espulsione, ovvero la permanenza presso tale

struttura non ne abbia consentito l'allontanamento dal territorio nazionale. L'ordine è dato con

provvedimento scritto, recante l'indicazione, in caso di violazione, delle conseguenze sanzionatorie.L'ordine del questore può essere accompagnato dalla consegna all'interessato, anche su sua

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richiesta, della documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza

diplomatica del suo Paese in Italia, anche se onoraria, nonché per rientrare nello Stato di

appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza, compreso il titolo di

viaggio. (5)

5-ter. La violazione dell'ordine di cui al comma 5-bis è punita, salvo che sussista il giustificato

motivo, con la multa da 10.000 a 20.000 euro, in caso di respingimento o espulsione disposta ai

sensi dell'articolo 13, comma 4, o se lo straniero, ammesso ai programmi di rimpatrio volontario ed

assistito, di cui all'articolo 14-ter, vi si sia sottratto. Si applica la multa da 6.000 a 15.000 euro se

l'espulsione è stata disposta in base all'articolo 13, comma 5. Valutato il singolo caso e tenuto conto

dell'articolo 13, commi 4 e 5, salvo che lo straniero si trovi in stato di detenzione in carcere, si

procede all'adozione di un nuovo provvedimento di espulsione per violazione all'ordine di

allontanamento adottato dal questore ai sensi del comma 5-bis del presente articolo. Qualora non sia

possibile procedere all'accompagnamento alla frontiera, si applicano le disposizioni di cui ai commi

1 e 5-bis, nonché, ricorrendone i presupposti, quelle di cui all'articolo 13, comma 3. (5)

5-quater. La violazione dell'ordine disposto ai sensi del comma 5-ter, terzo periodo, è punita, salvo

giustificato motivo, con la multa da 15.000 a 30.000 euro. Si applicano, in ogni caso, le disposizioni

di cui al comma 5-ter, quarto periodo. (5)

5-quater.1. Nella valutazione della condotta tenuta dallo straniero destinatario dell'ordine del

questore, di cui ai commi 5-ter e 5-quater, il giudice accerta anche l'eventuale consegna

all'interessato della documentazione di cui al comma 5-bis, la cooperazione resa dallo stesso ai fini

dell'esecuzione del provvedimento di allontanamento, in particolare attraverso l'esibizione d'idonea

documentazione. (5)

5-quinquies. Al procedimento penale per i reati di cui agli articoli 5-ter e 5-quater si applicano ledisposizioni di cui agli articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis, del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.

274. (5)

5-sexies. Ai fini dell'esecuzione dell'espulsione dello straniero denunciato ai sensi dei commi 5-ter e

5-quater, non è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all'articolo 13, comma 3, da parte

dell'autorità giudiziaria competente all'accertamento del medesimo reato. Il questore comunica

l'avvenuta esecuzione dell'espulsione all'autorità giudiziaria competente all'accertamento del reato.

(2)

5-septies. Il giudice, acquisita la notizia dell'esecuzione dell'espulsione, pronuncia sentenza di non

luogo a procedere. Se lo straniero rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine

previsto dall'articolo 13, comma 14, si applica l'articolo 345 del codice di procedura penale. (2)

6. Contro i decreti di convalida e di proroga di cui al comma 5 è proponibile ricorso per cassazione.

Il relativo ricorso non sospende l'esecuzione della misura.

7. Il questore, avvalendosi della forza pubblica, adotta efficaci misure di vigilanza affinché lo

straniero non si allontani indebitamente dal centro e provvede, nel caso la misura sia violata, a

ripristinare il trattenimento mediante l'adozione di un nuovo provvedimento di trattenimento. Il

periodo di trattenimento disposta dal nuovo provvedimento è computato nel termine massimo per il

trattenimento indicato dal comma 5. (6

)

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8. Ai fini dell'accompagnamento anche collettivo alla frontiera, possono essere stipulate

convenzioni con soggetti che esercitano trasporti di linea o con organismi anche internazionali che

svolgono attività di assistenza per stranieri.

9. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, ilMinistro dell'interno adotta i provvedimenti occorrenti per l'esecuzione di quanto disposto dal

presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti

locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura

di beni e servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità

sono adottate di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione

economica. Il Ministro dell'interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di

competenza di altri Ministri.

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Documento n. 7

Link al D.L. 23 giugno 2011, 89, convertito con modificazioni, dalla L. 2 agosto2011, n. 129 su soggiorno e allontanamento dei comunitari e di recepimento

della direttiva UE sul rimpatrio degli extracomunitari in situazione irregolare 

su http://www.asgi.it/home_asgi.php?n=1694&l=it 

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Documento n. 8

Link alla rivista Diritto penale contemporaneo dove è possibile leggere un

commento di Viganò e il testo della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione

Europea del 28 aprile 2011, Hassen El Dridi, causa C-61/11 PPU:

http://www.penalecontemporaneo.it/area/3-/-/-/555-

corte_di_giustizia_dell__unione_europea__sent__28_aprile_2011__hassen_el_dridi__causa_c_61_11_ppu__direttiva_rimpatri_e_inosservanza_

dell__ordine_di_allontanamento_dello_straniero/ 

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Documento n. 9

Link alla sentenza della

-  Cass. pen., n. 36451 del 2011 (SICUREZZA PUBBLICA - STRANIERI -

INGIUSTIFICATA INOSSERVANZA DELL'ORDINE DI ALLONTANAMENTO DEL

QUESTORE DI CUI ALL'ART. 4, COMMA 5-QUATER, D.LGS. N. 286/1998

MODIFICA NORMATIVA INTRODOTTA DAL D.L. N. 89/2011, CONV. NELLA L.

N. 129/2011 - NUOVA INCRIMINAZIONE - CONSEGUENZE 

-  A seguito del D.L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito con modificazioni nella L. 2

agosto 2011, n. 129 - recante disposizioni urgenti per completare l’attuazionedella direttiva comunitaria concernente la libera circolazione dei cittadini

comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini di

Paesi terzi irregolari - la nuova formulazione del reato di ingiustificata

inosservanza dell'ordine di allontanamento del questore di cui all’art. 14,

comma 5-quater, del D.Lgs. n. 286/1998, non può ritenersi in continuità

normativa con la precedente disposizione, dando luogo ad una nuova

incriminazione, applicabile in quanto tale solo ai fatti verificatisi dopo

l’entrata in vigore della normativa sopra citata.

(link per scricarla per esteso:

http://www.cortedicassazione.it/Notizie/GiurisprudenzaPenale/SezioniSempli

ci/SchedaNews.asp?ID=1714 

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SECONDA PARTE

LA SIMULAZIONE

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MENU DEGLI ARGOMENTI

B. Il diritto delle migrazioni – B3

Rif. Indice generale delle questioni – N.R.G. 3/2012

MEMORIE DEL CASO:

DUMITRU ILIE/ STATO ITALIANO

DIFENSORI: …………………………………………………………………………. (per DUMITRU ILIE) 

…………………………………………………………………………. (per STATO ITALIANO) 

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40

MENU DEGLI ARGOMENTI

B. Il diritto delle migrazioni – B3

Rif. Indice generale delle questioni - N.R.G. 3/2012

MEMORIE DI REPLICA DEL CASO:

DUMITRU ILIE / STATO ITALIANO

DIFENSORI: …………………………………………………………………………. (per DUMITRU ILIE)

…………………………………………………………………………. (per STATO ITALIANO) 

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41

MENU DEGLI ARGOMENTI

B. Il diritto delle migrazioni – B3

Rif. Indice generale delle questioni  – N.R.G. 3/2012

PARERE DELL’AVV. EMILIA SANCI NEL CASO: 

DUMITRU ILIE / STATO ITALIANO

DIFENSORI: ………………………………………………………………………………….. (per DUMITRU ILIE)

……………………………………………………………………............... (per STATO ITALIANO) 

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42

MENU DEGLI ARGOMENTI

B. Il diritto delle migrazioni – B3

Rif. Indice generale delle questioni – N.R.G. 3/2012

ATTO DI IMPUGNAZIONE NEL CASO: 

DUMITRU ILIE / STATO ITALIANO

DIFENSORI: ………………………………………………………………………………….. (per DUMITRU ILIE)

……………………………………………………………………............... (per STATO ITALIANO)

 

PRIMO PARERISTA: AVV. EMILIA SANCI

SECONDO PARERISTA………………………………………………………………………. 

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