Acquedotti e impianti di sollevamento
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ACQUEDOTTI E IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO
I primi acquedotti che sono sorti in Italia funzionavano a gravità essendo alimentati esclusivamente
da sorgenti di alta quota. Ai nostri giorni si può tranquillamente affermare che non esiste sistema di
rifornimento idropotabile che possa funzionare senza l’ausilio delle pompe di sollevamento.
Le pompe normalmente usate sono quasi esclusivamente del tipo centrifugo abbinate a motori
elettrici asincroni cioè a velocità fissa che è funzione diretta della frequenza della corrente elettrica
che li alimenta.
Il primo elemento da considerare è la curva caratteristica della pompa che rappresenta le portate che
essa è in grado di sollevare al variare della quota da vincere e che, nella figura a lato, è definita dalla
curva superiore tratteggiata in azzurro (curva “a”). Si noterà che la pompa è in grado di sollevare
l’acqua alla massima altezza del grafico ma con portata pari a zero. La portata aumenta via via
che diminuisce l’altezza da superare. Logicamente questa grande possibilità di variare la portata
sollevabile deve tener conto di un fattore importante e cioè del rendimento della macchina nelle
varie sue condizioni di funzionamento. E’ chiaro che nel punto iniziale di prevalenza massima
tutta l’energia impiegata viene dissipata trasformandosi in calore ed infatti la portata
sollevata è pari a zero.
Man mano che diminuisce l’altezza da raggiungere la portata aumenta a partire da zero , migliora il
rendimento con un incremento continuo fino a raggiungere il punto massimo quando la pompa
funziona all’incirca secondo il binomio portata/pressione tipico di costruzione della macchina. Da
quel punto in poi la portata può aumentare ancora ma con un duplice effetto negativo di
diminuzione sia della prevalenza e sia del rendimento.
Trova quindi conferma la regola generale in base alla quale ogni pompa deve lavorare alle sue
condizioni di lavoro normali e quindi corrispondenti ai dati di targa o con contenute
differenze rispetto ad essi. Qualora ci fosse bisogno di sollevare una portata molto bassa e con
prevalenza elevata bisognerebbe, ovviamente , scegliere un’altra pompa di adeguata curva
caratteristica.
A questo punto è da considerare la seconda curva (curva “b”) riportata nel disegno schematico e
cioè la curva delle portate/pressioni relative al funzionamento della condotta di mandata ed il punto
di intersezione tra le due curve che rappresenta il funzionamento dell’insieme. Per garantire un
buon comportamento dell’impianto detto punto deve definire l’optimum sia per la pompa che per
l’impianto idrico deve cioè dimostrare che la portata sollevata per il dislivello richiesto ha luogo
senza dissipazioni energetiche eccessive.
Per la verità, pur essendo ovvio nell’esempio in esame, sussiste un altro elemento molto importante
ed è la stabilità del sistema di sollevamento rappresentato dal punto di incontro delle due
curve. Come si nota dal grafico indicato tale punto è esattamente definito e quindi nell’impianto in
oggetto non esistono problemi ma si vedrà che in altri tipi di impianti di sollevamento il pericolo
della instabilità di funzionamento è molto sentito.
Altre utili informazioni possono essere lette su “LA REGOLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI
SOLLEVAMENTO DEGLI ACQUEDOTTI”.
LE POMPE A VELOCITA’ DI ROTAZIONE VARIABILE
Una importante alternativa del sistema di sollevamento descritto riguarda le pompe a velocità di
rotazione variabile.
Si tratta di una innovazione partita più di un ventennio or sono quando la moderna elettronica ha
reso fattibile, tramite una apparecchiatura elettronica chiamata inverter, la regolazione della
frequenza della corrente che alimenta le pompe e quindi la variazione continua dei giri al secondo
delle pompe stesse ed il loro asservimento ai sistemi di controllo e comando automatici
(telecontrollo e telecomando).
Maggiori chiarimenti su “L’UTILIZZAZIONE DELLE ELETTROPOMPE A VELOCITA’
VARIABILE NEGLI ACQUEDOTTI”.
Nella figura a lato sono rappresentate (con elementi adimensionali) le caratteristiche principali di
una pompa a velocità variabile. La curva superiore in tratteggio di colore rosso è la ripetizione della
curva caratteristica di cui si è parlato in precedenza mentre le curve parallele riportate più in
basso si riferiscono alla stessa pompa al variare in diminuzione della sua velocità di rotazione.
Ovviamente non è presa in esame una pompa che gira a velocità superiore alla velocità di base cioè
alla velocità che si riscontra con inverter fuori servizio e pompa direttamente alimentata
normalmente dalla corrente elettrica, poiché in tal caso si tratterebbe di un funzionamento non
attuabile nella realtà non essendo materialmente possibile far effettuare al motore elettrico un
lavoro superiore alla sua potenzialità. Chiaramente si può solo assoggettarlo ad un uso ridotto della
sua potenza effettiva ma mai ad uno maggiore.
La tecnica di modificazione della velocità ha una effetto corrispondente alla creazione di tante
pompe simili ma più piccole di quella originaria e quindi tutte atte a diminuire portata e prevalenza
man mano che diminuiscono i giri al secondo.
Vengono elencati nelle due tabelle alcuni dati di funzionamento della pompa a pieni giri e per
confronto la stessa pompa che riduce la velocità portandosi al 70% di quella originaria. Si
noterà che la macchina, se usata impropriamente, denuncia rendimenti molto bassi che, per un
corretto esercizio, devono essere evitati facendo funzionare sempre la pompa sulla base degli
elementi dell’area tratteggiata nel grafico.
E’ anche opportuno ribadire a gran voce un concetto fondamentale: la variazione di velocità non
riguarda solo e soltanto la portata della pompa, ma fa variare contemporaneamente anche la
prevalenza di pompaggio.
Ne consegue che utilizzare la variazione di velocità per modificare la portata quando l’altezza di
pompaggio è costante, costituisce un errore grave in quanto si costringe la macchina a
funzionare con rendimenti molto bassi tutte le volte che va ad operare al di fuori del nocciolo
centrale segnato con tratteggio nel grafico. L’errore classico che si commette frequentemente è
l’uso di pompe a giri variabili per il sollevamento da un serbatoio inferiore ad uno superiore di una
portata d’acqua variabile nel tempo. Molto meglio, in questo caso, usare soltanto pompe a
velocità fissa. Le ragioni risulteranno chiare nella discussione che segue.
La variazione di velocità trova invece un impiego ideale nel pompaggio diretto in rete, in
quanto vi è richiesta una variazione contemporanea sia della portata e sia della pressione!
Quest’ultima risulterà elevata per tutti i periodi nei quali ciò torna utile per vincere le maggiori
perdite di carico dell’impianto idrico privato e per dar modo all’utente stesso di soddisfare in pieno
il suo fabbisogno, ivi compresi i casi di consumi eccezionalmente alti.
Sarà invece caratterizzata da valori inferiori in tutti i periodi di modesta richiesta idrica ed infine da
valori di pressione veramente bassi al verificarsi dei consumi minimi come ad esempio nelle notti
dei periodi invernali. Il tutto si svolge con rendimenti ottimali del gruppo motore/pompa
ritraendone un vantaggio rimarchevole per il notevole risparmio nell’energia di pompaggio ed
inoltre per la rilevante riduzione delle perdite e dei guasti di condotta.
Si è già spiegato come la maggior parte degli acquedotti in normale servizio funzioni con regole
esattamente contrarie e cioè aumentando la pressione alla notte quando l’alta pressione, invece di
essere utile, risulta dannosa perché sottomette le condotte ad un lavoro inutilmente oneroso e
perché fonte della maggior parte delle perdite occulte che assillano il sistema idropotabile italiano.
Dalla descrizione fatta si intuisce la logica analogia che esiste tra modalità di pompaggio e quelle di
funzionamento idraulico della rete di condotte, essendo anch’essa caratterizzata dal richiedere una
pressione maggiore quando i consumi aumentano. Ciò consente che una rete alimentata in diretta da
pompe a velocità variabile possa soddisfare pienamente le richieste non solo al perdurare dei
normali consumi ma anche in quelli eccezionalmente elevati come ad esempio in caso di apertura di
idranti per lo spegnimento di incendi, per lavaggio strade e annaffiamento giardini. In questi casi
l’automatismo, rilevata la maggiore richiesta, fa crescere la velocità delle pompe aumentando la
portata addotta ed allo stesso tempo la pressione necessaria per vincere le maggiori perdite di carico
della rete.
A questo punto è d’obbligo una osservazione. Come si spiega nella sezione “portate e perdite” il
consumo dell’utenza ed al tempo stesso le perdite occulte, sono molto sensibili alla pressione e
quindi allorché come accade nel caso descritto, viene aumentata la pressione di rete, anche nel
punto di consegna dell’acqua si crea una tendenza all’aumento dei consumi, aumento che a sua
volta si ripercuote sul sistema automatico di regolazione delle pompe facendole aumentare
nuovamente portata e pressione il che a sua volta potrebbe far aumentare di nuovo la portata totale
richiesta innescando una catena di avvenimenti molto pericolosa di cui bisogna tener presente
nella progettazione del sistema di telecontrollo. Si tratta comunque di procedure che si verificano in
molti campi industriali e di cui ormai si conoscono caratteristiche e soluzioni.
Nel caso specifico il sistema di regolazione deve operare le variazioni di portata con molta cautela
distanziando gli interventi e verificando automaticamente di volta in volta i risultati reali prima di
ordinare un nuovo intervento. Vedi ” FABBISOGNO,CONSUMI, PORTATE E PERDITE NELLA
PRATICA DI ESERCIZIO”.
Un altro errore che si ripete sovente è l’impiego di pompe variabili funzionanti in parallelo con
pompe normali a velocità fissa allo scopo di poter cambiare a piacere la portata sollevata. Ad
esempio in caso di grandi escursioni della richiesta idrica si usano una o più pompe a giri fissi
funzionanti in parallelo per le variazioni macroscopiche di portata mentre per quelle minute che
intercorrono tra la messa in moto di una pompa e di quella seguente si ricorre ad una pompa a
velocità variabile, sempre in parallelo, allo scopo di avere un graduazione minuta e continua di
portata. E’ chiaro che in questo caso la pompa a velocità variabile, quando lavora a bassi giri per
sollevare le basse portate di integrazione, lo fa con una pressione anch’essa di valore molto basso e
quindi completamente difforme da quello delle altre pompe che lavorano a pieni giri. Si tratta
evidentemente di un impiego errato della variazione di giri.
Si conclude affermando che le pompe a velocità variabile devono lavorare sempre da sole
oppure, quando sono in parallelo con altre, devono essere tutte di tipo variabile e
contemporaneamente tutte, nessuna esclusa, variare la velocità di rotazione in modo che
ciascuna di esse lavori costantemente con portata e pressione a buon rendimento elettro-
meccanico.
Servirà questo esempio estremo. Siano in moto tre pompe in parallelo ed a velocità fissa da 100
l/sec cadauna e sia da sollevare una portata totale di 340 l/sec. ad un’altezza di 100 m. Allora
viene messa in moto, sempre in parallelo, la pompa variabile a bassa velocità che dovrebbe fornire
solo i 40 l/sec si integrazione. E’ ben noto che essa a soli 40 l/sec di portata e quindi a velocità
molto bassa, ha una pressione bassissima e quindi non riesce ad immettere in condotta alcuna
portata ma tutta l’energia impiegata per farla girare viene dissipata in calore.
Nella pratica il problema viene risolto aumentando la velocità fino al punto da riuscire veramente
ad immettere la richiesta portata di 40 l/sec ma a questo regime la pompa non può far altro che
andare totalmente fuori rendimento. La soluzione del problema in questo caso può essere trovata
in due modi : installando più pompe a velocità variabile di potenza molto diversa l’una dalle altre e
facendo funzionare di volta in volta la sola pompa che ha una portata adeguata alla richiesta oppure
mettendo più pompe uguali a giri variabili che una volta messe in moto in coppia o in numero
maggiore funzionino sempre alla stessa velocità e quindi alla stessa prevalenza.