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Acqua e cibo

Acqua e cibo tra diritti e sistemiamministratividi Giulio Napolitano (*)

Acqua e cibo sono entrambi beni essenziali per la vita umana. Eppure, l’ordinamento riserva lo-ro un trattamento giuridico diverso e mutevole nel tempo, in ragione delle profonde differenzeeconomiche esistenti tra questi due beni e i relativi processi produttivi e distributivi, dell’evolu-zione tecnologica, del contesto finanziario e fiscale. L’intervento pubblico ha così rappresentatostoricamente, oltre al risultato di scelte politiche variabili nel tempo e nello spazio, anche la logi-ca risposta alle carenze nella disponibilità delle risorse, alle inefficienze nel funzionamento deimeccanismi di mercato, finendo a suo volta per essere condizionato da esperienze di successoo di ‘fallimento’ dello Stato. È venuta quindi gradualmente emergendo l’importanza di un’ade-guata infrastruttura amministrativa, in grado di governare l’uso efficiente delle risorse, gestire lepolitiche pubbliche di settore, regolare i meccanismi di mercato. Proprio dal buon funzionamen-to del sistema istituzionale dipende in definitiva la soddisfazione delle legittime pretese a un ac-cesso il più possibile universale all’acqua e al cibo.

Discorso sui diritti e forme dell’interventopubblico

Acqua e cibo sono entrambi beni essenziali per lavita umana. Si spiega così la diffusione nel discorsopubblico di un approccio basato principalmente sullinguaggio dei diritti. D’altra parte, se il catalogodei diritti fondamentali è diventato sempre piùlungo, fino talora a confondersi con quello deisemplici desideri (quasi sempre di ristrette élites),diventa difficile sfuggire alla tentazione di inclu-dervi anche quelli che hanno per oggetto beni cosìimportanti. Eppure, se si guarda al diritto positivo,a cominciare dalle carte costituzionali, in ben po-che si troverà sancito, in quanto tale, il diritto al-l’acqua e quello al cibo. Tali diritti, più spesso, pos-sono semmai considerarsi ricompresi, in quantostrumentali, nel più generale diritto alla dignità oalla salute. Ma sono soprattutto le dichiarazioni in-ternazionali, in un contesto tutt’affatto diverso, adadottare il linguaggio dei diritti, in particolare alloscopo di invitare governi e istituzioni a combatterele gravi disparità nella disponibilità delle risorse e

nell’accesso alle relative utilità esistenti a livelloglobale.Tornando allo stretto diritto positivo, bisogna in-vece muovere dalla constatazione che, nella mag-gior parte degli ordinamenti nazionali, dall’elemen-tare considerazione di ordine biologico circa l’es-senzialità di acqua e cibo per la vita umana non di-scende alcun automatismo sul piano del loro regi-me giuridico. Nonostante la facilità delle paroled’ordine utilizzate da alcuni movimenti e gruppifortemente caratterizzati sul piano ideologico, quasiovunque prevale l’idea che non tutto ciò che è ne-cessario alla vita umana deve essere oggetto di ri-serva collettiva, gestione pubblica ed erogazionegratuita (o semi-gratuita).Acqua e cibo, d’altra parte, ricevono un trattamen-to giuridico diverso e mutevole nel tempo, in ra-gione non della loro essenzialità, che è sempre eovunque riconosciuta, ma delle profonde differenzeeconomiche esistenti tra questi due beni e i relativiprocessi produttivi e distributivi, dell’evoluzionetecnologica, del contesto finanziario e fiscale. L’in-tervento pubblico nei due settori ha così rappre-

(*) Testo rivisto e integrato della relazione svolta al Conve-gno annuale della Scuola di Giurisprudenza dell’Università de-gli studi di Milano Bicocca su Cibo e acqua. Sfide per il dirittocontemporaneo. Verso e oltre Expo, Milano, 12 novembre

2014. Ringrazio il professor Sabino Cassese e il dottor DarioBevilacqua per i commenti a una prima versione di questoscritto.

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Giornale di diritto amministrativo 3/2015 301

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sentato storicamente, oltre al risultato di scelte po-litiche variabili nel tempo e nello spazio, anche lalogica risposta alle carenze nella disponibilità dellerisorse, alle inefficienze nel funzionamento deimeccanismi di mercato, finendo a suo volta per es-sere condizionato da esperienze di successo o di‘fallimento’ dello Stato.È venuta così gradualmente emergendo l’importan-za di un’adeguata infrastruttura amministrativa, ingrado di governare l’uso efficiente delle risorse, ge-stire le politiche pubbliche di settore, regolare imeccanismi di mercato. Ed è proprio dal buon fun-zionamento del sistema istituzionale che dipendein definitiva la soddisfazione delle legittime pretesea un accesso il più possibile universale all’acqua eal cibo, in condizioni di sicurezza e di sostenibilitàeconomico-finanziaria e ambientale.

Il regime demaniale dell’acqua e ilservizio pubblico idrico

Il settore idrico è quello in cui i limiti del mercatoe dell’iniziativa privata sono stati tradizionalmentepiù gravi e, di conseguenza, l’intervento pubblicopiù pervasivo.L’acqua, infatti, è una risorsa naturale e limitatache, in quanto tale, da un lato, va preservata da fe-nomeni di sovra-consumo e di inquinamento e,dall’altro, va messa a disposizione della comunità.Per renderla effettivamente fruibile per usi colletti-vi e individuali, in particolare, è necessario ap-prontare impianti, infrastrutture e reti, che spessofiniscono per conferire carattere monopolistico al-l’intera filiera (1). Si spiega così come il bisogno dipreservare e regolare l’uso dei grandi corsi d’acquasia stato spesso considerato uno dei principali fat-tori all’origine della nascita degli ordinamenti ge-nerali più antichi (2).Anche le codificazioni moderne, in considerazionedell’esigenza di tutelare la risorsa e di regolarne im-parzialmente l’accesso, si sono preoccupate di riser-vare al demanio pubblico i fiumi, i torrenti, i laghie le altre principali fonti di acqua, così consolidan-do un orientamento da tempo affermatosi nellaconsuetudine, nella giurisprudenza e infine nellalegislazione. Nei paesi di civil law, la titolarità pub-blica delle risorse idriche si è così venuta ad affer-

mare come corollario del principio della sovranitàterritoriale degli Stati moderni (3). Questa conce-zione ha conosciuto sviluppi particolarmente signi-ficativi in Francia, dove i corsi d’acqua sono anno-verati tra i beni inalienabili regolati dal codice ge-nerale della proprietà delle persone pubbliche, e inSpagna, dove è la Costituzione a fissare il regimedel demanio pubblico e a ricomprendervi le risorsenaturali e il demanio marittimo (4). In Italia, sindalle prime leggi sull’ordinamento degli enti localie sulle municipalizzazioni, si è quindi chiarito chela distribuzione di acqua potabile è oggetto di unservizio pubblico organizzato ed erogato su scala lo-cale: quello che oggi viene chiamato il servizioidrico integrato.Il governo pubblico dell’acqua, dunque, si è basatoper lungo tempo sulla proprietà demaniale del be-ne, fatte salve le concessioni di derivazione per va-ri usi pubblici e privati; sulla titolarità del servizioidrico in capo agli enti locali, con la conseguenterimessione alla decisione politico-amministrativadelle scelte fondamentali in materia di organizza-zione del servizio; sulla natura spesso pubblica delsoggetto gestore, tramite aziende municipalizzateprima e società in house o miste poi, sebbene vi sia-no sempre state anche forme di concessione ai pri-vati.Se questo è l’assetto del settore a livello nazionale(che trova significative corrispondenze nei paesipiù sviluppati), non può trascurarsi che a livelloglobale esistono gravi squilibri nella disponibilitàdelle risorse idriche: e ciò può essere fonte anchedi conflitti bellici e rivendicazioni territoriali. Piùin generale, i paesi meno sviluppati hanno spessodifficoltà a organizzare un adeguato servizio di di-stribuzione dell’acqua potabile. È rispetto a questesituazioni spesso drammatiche che parlare di un di-ritto all’acqua può servire a mobilitare forze edenergie, progetti di investimento come quelli fi-nanziati dalla Banca mondiale, campagne umanita-rie e solidaristiche. In taluni casi specifici, comequelli finiti davanti alle corti di alcuni paesi africa-ni, poi, il diritto all’acqua può essere effettivamen-te azionato per bloccare decisioni pubbliche chemettono a repentaglio l’accesso alla risorsa (5).

(1) Sulle diverse concezioni dell’acqua e del suo regime giu-ridico, si v. per tutti B.H. Thompson Jr., Water as a Public Com-modity, in Marquette Law Review, 95 (2011-2012), 17-52.

(2) Si v. per tutti M. S. Giannini, Diritto pubblico dell’econo-mia (1977), Bologna, nuova edizione, 1995, p. 21.

(3) Per una recente ricostruzione in tal senso, D. Casalini,Fondamenti per un diritto delle acque dolci, Torino, 2014, 41 ss.

(4) Per un’analisi comparata, A. Simonati, Il regime pubblici-stico delle acque: profili comparatistici, in L’acqua e il diritto, acura di G. Santucci, A. Simonati, F. Cortese, Trento, Universitàdegli studi di Trento, 2011, 89 ss.

(5) Si v. in proposito l’attenta ricostruzione di C. Iannello, Ildiritto all’acqua. Proprietà collettiva e Costituzione, Napoli, Edi-toriale scientifica, 2013, 47 ss.

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302 Giornale di diritto amministrativo 3/2015

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Invocare, invece, il diritto all’acqua, nato nel con-testo del diritto internazionale, per proteggere chinon ha accesso alla risorsa, rischia di morire di seteo non può usare il servizio per i suoi bisogni quoti-diani di igiene e di alimentazione, nel dibattito in-terno ai paesi più sviluppati, quando si tratta di di-scutere di modelli di gestione o di tecniche di rego-lazione del servizio idrico integrato, non è néscientificamente né eticamente corretto (6).

Le trasformazioni del servizio idrico e ilruolo della regolazione indipendente

In Italia, negli ultimi vent’anni, è diventato sem-pre più chiaro che l’organizzazione del servizio idri-co su basi politico-discrezionali e la gestione pub-blica non sono di per sé in grado di garantire gliinvestimenti necessari all’ammodernamento dellereti, né il raggiungimento di adeguati livelli quan-titativi e qualitativi.Il tentativo avviato a metà degli anni Novanta didefinire ambiti territoriali ottimali di organizzazio-ne del servizio, d’altra parte, è finito vittima di ri-tardi e compromessi, dovuti soprattutto al cattivofunzionamento del processo politico regionale e lo-cale. Le autorità d’ambito istituite nelle varie re-gioni per lo più su scala provinciale, in omaggio acriteri amministrativi piuttosto che di efficienzaeconomica e sostenibilità ambientale, hanno costi-tuito un sistema di governo particolarmente debo-le, frammentato e inefficace, privo di un adeguatocoordinamento centrale.Il livello delle prestazioni è stato così molto diver-sificato sul territorio nazionale, raggiungendo, inalcuni casi, elevati livelli di performance, ma, in al-tri, risultati del tutto insoddisfacenti. La dinamicadelle tariffe e dei prezzi, a sua volta, ha seguito lo-giche di consenso politico e di capacità di influen-za da parte degli operatori, rimanendo in larga par-te slegata dai costi di una gestione efficiente e dairisultati del servizio. Anche le imprese pubbliche,in difetto di una guida politica avveduta, d’altraparte, possono adottare condotte opportunistiche adanno dei cittadini-utenti, facendo lentamente de-gradare le reti ed erogando il servizio senza la ne-cessaria capillarità o a condizioni igieniche e quali-tative inferiori a quelle attese. A ciò si aggiungache le risorse finanziarie pubbliche non sono più il-

limitate e che gli investimenti necessari all’ammo-dernamento delle reti non possono più essere inte-gralmente finanziati dalla fiscalità generale.È nata di qui l’esigenza di un radicale ripensamentodell’organizzazione e della gestione dei servizi idricie del loro sistema di governo, nonostante le cam-pagne a difesa della c.d. acqua pubblica (intesa pe-rò come gestione del servizio, non come proprietàdel bene, dato che la sua demanialità non è maistata messa in discussione) promosse da movimentie gruppi eterogenei con parole d’ordine, comequella dei beni comuni, non prive di romanticismobucolico, ma dal contenuto prescrittivo alquantoambiguo e indefinito (7).Nel nuovo assetto, le Regioni sono state chiamatea ridefinire gli ambiti territoriali ottimali e i relati-vi organi di governo, secondo regole, parametri econtrolli fissati a livello nazionale in modo moltopiù stringente e rigoroso.Allo stesso tempo, si è ritenuto fondamentale in-trodurre opportuni incentivi regolatori e di merca-to al fine di promuovere adeguati investimenti econseguire miglioramenti di efficienza e di qualitànel servizio. Ciò implica il definitivo riconosci-mento del fatto che i gestori, siano essi a partecipa-zione pubblica o privata, sono imprese la cui attivi-tà deve essere equamente remunerata dal sistemadei prezzi. Si tratta, d’altra parte, di società spessoimpegnate in complesse operazioni di aggregazionee in concorrenza per l’affidamento del servizio inambiti legati alla ricerca della dimensione ottimaledal punto di vista geografico ed economico più chealla ripartizione amministrativa del territorio.La complessità delle valutazioni tecnico-economi-che sottostanti a questo nuovo assetto, dunque, hafinito per imporre un deciso rafforzamento della ca-pacità di governo pubblico del settore, attraversol’inserimento nella filiera istituzionale di un’autori-tà indipendente già operante e ben sperimentata,l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, il cui rag-gio d’azione è stato appunto esteso al servizio idri-co. All’Autorità è stato quindi attribuito il compi-to di sovraintendere al corretto funzionamento de-gli incentivi regolamentari e di mercato e di pro-muovere la tutela dei cittadini-utenti-consumatorisecondo criteri coerenti e omogenei sull’intero ter-ritorio nazionale. A tal fine, le è stata assegnata la

(6) In senso analogo si v. N. Lugaresi, Diritto all’acqua e pri-vatizzazione del servizio idrico, in L’acqua e il diritto, cit., 43 ss.,in part. 59. Sulle ambiguità di alcuni facili slogan, A. Massarut-to, Privati dell’acqua? Tra bene comune e mercato, Bologna,2011, 87 ss.

(7) Basti vedere per tutti, S. Rodotà, Diritti e beni, in Id. Il

terribile diritto. Studi sulla proprietà privata e i beni comuni, Bolo-gna, 2013, spec. 483 ss.; U. Mattei, Beni comuni. Un manife-sto, Roma-Bari, Laterza, 2011; si vedano anche le utili puntua-lizzazioni di C. Iannello, Il diritto all’acqua. Proprietà collettiva eCostituzione, cit., 150 ss.

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Giornale di diritto amministrativo 3/2015 303

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panoplia di poteri ad essa previsti in generale dallal. n. 481/1995, a cominciare da quelli di definizio-ne dei vincoli tariffari e degli standard qualitati-vi (8).La scelta in favore di questa soluzione istituzionaleda parte del legislatore italiano non è stata affattoscontata. Lo dimostra il fatto che essa sia giunta altermine di un lungo e complesso processo, fatto dimolti passaggi intermedi, ivi compresa l’istituzionedi appositi (ma ben più deboli) comitati e agen-zie (9). E lo conferma l’esperienza comparata, dove,tra i grandi paesi europei, soltanto il Regno Unitopuò vantare (e da molto più tempo) una soluzionesimile a quella adottata in Italia.In materia, d’altra parte, la normativa comunitariaha finora giocato un ruolo limitato. I servizi idrici,diversamente dagli altri grandi servizi a rete, nonsono stati oggetto di direttive di armonizzazionedel mercato. L’intervento comunitario ha finitocosì per riguardare soprattutto i profili di tutelaambientale e sanitaria connessi alla salvaguardiadell’acqua come risorsa naturale e come bene desti-nato al consumo umano (10). Ben poco, invece, èstato prescritto circa i caratteri della regolazione;ancor meno circa i requisiti strutturali e funzionalidelle relative istituzioni.Eppure, la scelta in favore di un’autorità indipen-dente particolarmente attrezzata sul piano tecnicocompiuta dal legislatore italiano, anche in conside-razione della tradizionale debolezza e frammenta-zione del sistema amministrativo di settore, può ri-sultare preziosa per consentire finalmente l’intro-duzione di incentivi adeguati a una gestione più ef-ficiente del servizio, meno onerosa per la finanzapubblica e più rispondente ai bisogni dei cittadini.Proprio a questo scopo, la regolazione va posta alriparo sia dalle esigenze di consenso di breve perio-do degli enti locali sia dal potere di influenza deglioperatori.Quando si parla di diritto all’acqua a livello nazio-nale, dunque, bisogna essere consapevoli del fattoche l’accesso al servizio idrico dipende in larga mi-sura non da un assetto proprietario o gestionale,

ma dall’efficacia delle politiche pubbliche, delle re-gole e degli incentivi di mercato (11).

Il mercato del cibo e il rischio di squilibritra domanda e offerta

Il cibo, diversamente dall’acqua, è nella maggiorparte dei casi il risultato di processi agricoli e indu-striali aventi ad oggetto risorse naturali più ampia-mente disponibili rispetto all’acqua, sebbene anchela terra e i suoi frutti debbano riguardarsi come ri-sorse non illimitate, da preservare da eccessi disfruttamento e da ogni forma di inquinamento odepauperamento.Tutti i grandi processi di coltivazione, allevamentoe trasformazione delle risorse in prodotti alimentarihanno carattere imprenditoriale e si svolgono al-l’interno di dinamiche di scambio ampiamenteconcorrenziali. Nel settore alimentare, infatti, nonsi è mai presentato un problema di inefficienza dimercato paragonabile a quello derivante dall’asset-to tendenzialmente monopolistico delle reti idri-che. L’andamento dei costi e dei prezzi delle singo-le derrate, naturalmente, a volte registra significati-ve oscillazioni, che rischiano di spiazzare determi-nate categorie di produttori e di consumatori. Manon per questo, nella maggior parte degli ordina-menti contemporanei, si è optato per l’adozione diforme di intervento pubblico particolarmente in-trusive. Anche misure di determinazione autorita-tiva dei prezzi degli alimenti di prima necessità(come ad esempio il pane) sono rimaste circoscrit-te a periodi di guerra o a strategie di politica eco-nomica ogni pressoché ovunque superate.Ciò non significa che anche nelle società più ric-che non si vi siano problemi di squilibrio tra do-manda e offerta di cibo. Gli strati più poveri dellasocietà incontrano crescenti difficoltà a procurarsiquanto necessario per le esigenze di vita quotidia-na. Si spiega così lo sviluppo di interventi socio-as-sistenziali che prevedono la fornitura gratuita o co-munque sovvenzionata di alimenti da parte sia deipoteri pubblici, sia di organizzazioni collettive e re-ligiose, la cui funzione è divenuta particolarmente

(8) Su questa opzione si rinvia a quanto argomentato in Larinascita della regolazione per autorità indipendenti, in questaRivista, 2012, 3, 229 ss.

(9) Come si è cercato di ricostruire in L’Agenzia per l’acqua,in questa Rivista, 2011, 1077 ss.

(10) Su questi profili si v. A. Alì, La protezione e la gestionedelle acque nell’Unione europea, in L’acqua e il diritto, cit., 73ss.

(11) Sul ruolo fondamentale delle istituzioni pubbliche ai finidel corretto funzionamento dei meccanismi di mercato, si v.

per tutti, B.H. Thompson Jr., Institutional Perspectives on WaterPolicy and Markets, in California Law Review, 81 (1993), 671-764. Nella letteratura italiana, sulla complessità delle sfide cheriguardano l’organizzazione e la gestione del servizio idrico in-tegrato, E. Boscolo, Le politiche idriche nella stagione dellascarsità. La risorsa comune tra demanialità custodiale, pianifica-zioni e concessioni, Milano, 2012, 111 ss.; sull’importanza dellagovernance ai fini della soddisfazione delle pretese individualie collettive, F. Cortese, L’acqua pretesa, in L’acqua e il diritto,cit., 201 ss.

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importante a causa degli effetti sociali devastantidella crisi economico-finanziaria.Squilibri ancora maggiori si registrano su scalamondiale. In questa prospettiva, da tempo la co-munità internazionale si è attrezzata con appositeistituzioni per venire incontro alle esigenze di ap-provvigionamento dei paesi più poveri, dove ragio-ni politiche, economiche e naturali rendono laproduzione alimentare difficile da impiantare. Glisquilibri sono aggravati da fenomeni di land-grab-bing, che si verificano quando imprese stranieresfruttano intensivamente le terre (come accade so-prattutto in Africa) per la produzione di frutta evegetali o di carburanti ecologici destinati al con-sumo estero. Ciò finisce per sottrarre risorse natu-rali, a cominciare proprio dall’acqua e dal cibo, allepopolazioni locali, richiedendo così ulteriori inter-venti di sussidio in loro favore da parte di organiz-zazioni internazionali come il World Food Pro-gram (12). Quando, in dichiarazioni internazionalie più in generale nel dibattito pubblico, si parla al-lora di un diritto al cibo, lo si fa non per tutelarela pretesa a una prestazione positiva che sarebbemolto difficile ‘azionare’ nelle corti contro i gover-ni o gli operatori privati, ma per cercare di contra-stare le pratiche abusive di sovra-consumo delle ri-sorse naturali e per dare più forza alle misure inter-nazionali di assistenza nei confronti dei popoli bi-sognosi (13).Nonostante queste differenti ipotesi di interventipubblici e collettivi su diversa scala, nella maggiorparte degli ordinamenti contemporanei, cibo e ali-menti continuano a essere considerati, dal puntodi vista sia economico che giuridico, beni privatiprodotti, distribuiti e scambiati in base a meccani-smi di mercato. Per questa ragione, l’interventopubblico nel settore alimentare è tradizionalmentepiù limitato rispetto a quello nel settore idrico. Ga-rantire la sicurezza e la salubrità degli alimenti è dasempre un obiettivo primario delle comunità orga-nizzate. Ma si è comunque trattato di misure nonparticolarmente intrusive e, anzi, sostanzialmenteancillari rispetto al funzionamento del mercato.Nell’ordinamento europeo, come noto, hanno as-sunto un peso molto rilevante le misure di contin-gentamento e di sussidio in favore di diverse pro-

duzioni nell’ambito della politica agricola comune.Eppure sono stati proprio alcuni famosi casi relativiad alimenti e bevande, più esattamente a prodottialcolici, ad aver segnato un avanzamento decisivodella giurisprudenza comunitaria in materia di li-bertà di circolazione delle merci. Si può alloracomprendere perché per molto tempo, diversamen-te da quanto accaduto per il settore idrico, non visia stato un organico sistema di governo pubblicodel cibo e perché non si sia affermata una brancadi diritto alimentare intesa come una parte specialedel diritto amministrativo.Anche in sede internazionale, d’altra parte, l’ado-zione nell’ultimo quarto del XX secolo di un pro-gramma per la definizione di alcuni essenziali stan-dard alimentari da parte della Codex AlimentariusCommission - e destinati a confluire in un appositocodice a seguito di valutazioni e negoziazioni poli-tico-discrezionali tra i delegati nazionali - ha avutoessenzialmente lo scopo di facilitare gli scambi deiprodotti alimentari su scala mondiale, cercando diassicurarne un elevato livello di salubrità (14). Allastessa logica, si ispira quindi l’accordo raggiuntonell’ambito dell’Organizzazione mondiale del com-mercio sulle misure di prevenzione sanitaria e fito-sanitaria (SPS Agreement).

La tutela della sicurezza alimentare e laprotezione del consumatore

A partire dagli anni Settanta del XX secolo in al-cuni ordinamenti, soprattutto negli Stati Uniti ein Europa, si è sviluppata un’articolata normazionevolta a porre rimedio all’asimmetria informativaesistente tra produttori e distributori di alimenti econsumatori, i quali non sono in grado di sapereesattamente di cosa si nutriranno quando acquista-no un determinato prodotto. Per questa ragione, siè via via formata una regolazione sempre più sofi-sticata che, partendo da una disciplina analitica inmateria di etichettatura dei prodotti alimentari, havia via rafforzato la consapevolezza delle scelte deiconsumatori (15).Nel frattempo, l’impiego di tecnologie produttivedi massa e la circolazione senza frontiere degli ali-menti in mercati fortemente integrati a livello so-vranazionale hanno finito per mettere a repenta-

(12) Su questi problemi, dal punto di vista dei paradossi edelle ambiguità della globalizzazione, S. Cassese, Governingthe world, lecture tenuta presso la Luiss School of Government,10 marzo 2015.

(13) Appare invece fuorviante la pretesa di fare del diritto alcibo il «riferimento di una serie di diritti fondamentali» e persi-no il presupposto per la fondazione di un «nuovo ambiente po-

litico-istituzionale» (così S. Rodotà, Diritti e beni, cit., 487-488).(14) Come evidenzia D. Bevilacqua, La sicurezza alimentare

negli ordinamenti giuridici ultrastatali, Milano, 2012, 116 ss.(15) Come evidenzia da ultimo A.L. Grossman, Fda and the

Rise of Empowered Consumer, in Administrative Law Review,66 (2014), 3, 628-677.

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glio la sicurezza dei consumatori. L’evento scate-nante in Europa è stato lo scoppio dello scandalodella mucca pazza. Fronteggiata l’emergenza conmisure straordinarie rivelatesi comunque solo par-zialmente efficaci, il legislatore comunitario ha vo-luto dotarsi di un presidio istituzionale in grado diprevenire il ripetersi in futuro di tali rischi. Perquesta ragione, si è prevista l’introduzione di un or-ganico sistema di tutela della sicurezza alimentareaccentrato a livello europeo in capo a un’appositaAutorità (16).L’Autorità europea per la sicurezza alimentare na-sce proprio in reazione all’opacità e alla mancanzadi trasparenza con cui la Commissione aveva gesti-to la crisi derivante dalla diffusione del morbo del-la mucca pazza. Si tratta di un organismo indipen-dente, dotato di alta professionalità scientifica epreposto alla valutazione del rischio. L’Autorità,peraltro, non è dotata di poteri decisionali, inquanto non spetta ad essa adottare direttamentemisure e prescrizioni aventi efficacia esterna. Essa,invece, è chiamata a fornire supporto tecnico-scientifico agli organi preposti alla regolamentazio-ne e alla gestione dei rischi alimentari, che riman-gono la Commissione e gli Stati membri.Le ragioni dell’indipendenza sono chiarite nellemotivazioni (i ‘considerando’) che precedono il te-sto del regolamento europeo. Si osserva che le que-stioni scientifiche e tecniche diventano sempre piùcomplesse. C’è dunque bisogno di un presidio isti-tuzionale autorevole, che proprio per l’elevata qua-lità della sua expertise e per l’impossibilità di stru-menti di condizionamento politico, possa consi-gliare le autorità competenti e allo stesso tempo in-formare i cittadini sui rischi connessi alle produzio-ni e ai consumi alimentari. In questa prospettiva, ilrequisito dell’indipendenza diventa fondamentalesia per offrire un valido supporto a istituzioni euro-pee e nazionali sia per accrescere la fiducia deiconsumatori. Si spiega così anche perché gli scien-ziati debbano essere selezionati in base a una pro-cedura aperta di presentazione delle candidature.L’Autorità, inoltre, deve sempre assicurare la tra-sparenza delle sue procedure e dei suoi metodi difunzionamento, proprio a ulteriore garanzia dellaqualità scientifica e tecnica dei suoi pareri.

Anche nel caso della sicurezza alimentare, la sceltain favore della regolazione indipendente, questavolta assunta a livello europeo, non è affatto uni-voca e talora trova smentita a livello nazionale.Così, mentre molti Stati membri dell’Unione han-no provveduto a istituire corrispondenti agenzie in-dipendenti operanti a livello nazionale, l’Italia, purconsiderata particolarmente ‘lasciva’ nella genera-zione di autorità indipendenti, non si è dotata diuna struttura amministrativa autonoma. Per moltotempo, infatti, ha operato il Comitato nazionaleper la sicurezza alimentare istituito presso il Mini-stero della salute (17). L’Agenzia italiana per la si-curezza alimentare successivamente creata, anchese a lungo rimasta sulla carta, gode di una maggioreautonomia, ma non è certo un’autorità indipen-dente e funziona in base a ‘regole di ingaggio’ bendiverse da quelle del suo referente europeo.In altri quadranti, le soluzioni istituzionali adottatesono ancora diverse. Il Giappone ha concentratole competenze in capo a un’unica autorità sul mo-dello europeo, ma questa dipende direttamente dalPrimo ministro. Negli Stati Uniti, invece le com-petenze sono frammentate. Accanto alla Food andDrug Administration, un ruolo importante è svoltoanche dal Dipartimento dell’agricoltura e dall’Envi-ronmental Protection Agency. I relativi vertici sononominati dal Presidente degli Stati Uniti con il pa-rere e il consenso del Senato. Nonostante i signifi-cativi margini di autonomia tecnica e scientifica, sitratta dunque di apparati che fanno parte dell’am-ministrazione attiva alle dipendenze dell’Esecutivo.Le autorità americane, però, non si limitano a va-lutazioni scientifiche, svolgendo invece una funzio-ne attiva di prevenzione e gestione del rischio, an-che attraverso la definizione di regole e standardche devono essere osservati dagli operatori (18).La scelta europea, nonostante la sua originalità,può meglio apprezzarsi se si considera che il ruolodi organismi indipendenti è particolarmente im-portante in un contesto sovranazionale, in cui èforte il rischio che valutazioni e decisioni legate al-l’appartenenza politico-statuale finiscano per cede-re a pressioni contingenti e locali, con effetti po-tenzialmente distorsivi delle dinamiche di mercatoe persino lesivi per la salute dei cittadini. Da que-sto punto di vista, sarà allora interessante verificare

(16) Su questi sviluppi A. Alemanno, Trade in Food: Regula-tory and Judicial Approaches in the EC and the WTO, CameronMay, 2007; S. Cassese, La nuova disciplina alimentare europea,in S. Cassese (a cura di) Per un’Autorità nazionale della sicurez-za alimentare, Milano, Il Sole 24 Ore, 2002, 11 ss.

(17) L’opzione in favore di un’autorità indipendente era sta-

ta patrocinata ad esempio da S. Cassese, Proposte per un’Au-torità nazionale per la sicurezza alimentare, in questa Rivista,2002, 799-801.

(18) Su questi diversi modelli istituzionali, M. Ferrari - U. Iz-zo, Diritto alimentare comparato. Regole del cibo e ruolo dellatecnologia, Bologna, 2012, 59 ss.

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quale modello di cooperazione regolatoria si affer-merà nel contesto della Transatlantic Trade and In-vestment Partnership: se questa, cioè, porterà a unavvicinamento dei modelli istituzionali o si baseràinvece su un dialogo tra ‘gemelli diversi’.

Il governo di acqua e cibo tra politica etecnica

Dal sintetico excursus sin qui svolto, emerge chia-ramente come per ragioni diverse in entrambi i set-tori dell’acqua e del cibo si sia affermata l’esigenzadi un sistema di governo multilivello e di una in-frastruttura amministrativa sempre più articolata esofisticata.Nell’ambito di quest’ultima hanno assunto un ruo-lo rilevante la regolazione e la consulenza tecnico-scientifica indipendente. Ciò non è casuale. Pro-prio per la loro rilevanza economico-sociale, infat-ti, vi è il rischio che acqua e cibo diventino vitti-ma di scelte politiche di breve periodo, che posso-no mettere a repentaglio la conservazione e il buonuso di risorse scarse e gli interessi delle generazionifuture. D’altra parte, non si può sottovalutare il ri-schio di cattura derivante dall’elevata capacità diinfluenza sia dei grandi operatori del settore sia dimovimenti collettivi non sempre disinteressati ecoerenti nelle loro istanze. Il rischio di decisionipubbliche distorte, naturalmente, affligge sia gli or-gani politici, sia quelli tecnico-scientifici. È bene,quindi, che gli ordinamenti predispongano mecca-nismi di collaborazione e, se possibile, di controlloincrociato tra i due tipi di istituzioni, strumenti ditrasparenza e di partecipazione, istituti di accounta-bility e tecniche di sindacato giurisdizionale.Aver sottolineato ragioni e ambiti di un sistemaamministrativo imperniato sul ruolo anche di orga-nismi indipendenti non significa certo negare ilfondamentale spazio che va riconosciuto alle poli-tiche pubbliche, alla loro enucleazione e alla loroconcreta gestione.Si pensi, nel caso dell’acqua, all’importanza chehanno assunto le tematiche ambientali nelle sceltedi governo della risorsa; oppure, all’importanza del-le decisioni in materia di pianificazione degli inve-

stimenti e di organizzazione del servizio idrico inte-grato, dalle quali dipende in definitiva il grado dibenessere dei cittadini. Eppure, anche in questi ca-si, è fondamentale per gli organi di indirizzo politi-co poter contare sul supporto di apparati ammini-strativi tecnicamente qualificati. Troppe volte, adesempio, le amministrazioni locali si sono rivelateincapaci sia di una corretta pianificazione sia di uneffettivo controllo sulla realizzazione degli investi-menti e sulle modalità di gestione del servizio, an-che perché spesso contigue al gestore, soprattuttose in proprietà pubblica.Anche le politiche del cibo e dell’alimentazione ri-chiedono un’attenta ponderazione delle varie misu-re di intervento, in particolare nel momento in cuile tecnologie (si pensi al caso degli OGM) e i com-portamenti individuali (dall’alimentazione incon-trollata che conduce all’obesità al consumo eccessi-vo di alcol) mettono in gioco il delicato rapportotra libertà e garanzia degli interessi individuali ecollettivi, gettando su tali misure l’ombra del pa-ternalismo (19). Si tratta di dilemmi che possonoessere affrontati soltanto attraverso una sapientecombinazione tra scelte politiche, analisi costi-be-nefici e valutazioni tecnico-scientifiche, ivi com-prese quelle che studiano le reazioni comportamen-tali all’introduzione di regole e ‘spinte gentili’(nudge). Ne costituisce una riprova l’importanzadei contributi che su questo tema sono venuti dal-l’Office of Information and Regulatory Affairs operan-te presso la Presidenza degli Stati Uniti (20).Ecco perché, quando si parla di acqua e cibo, qual-siasi discorso pubblico sulle politiche e sui dirittinon può prescindere dalla costruzione di sistemiamministrativi efficienti, trasparenti e dotati dielevata competenza tecnico-scientifica, il più possi-bile distaccati dalle pressioni (o peggio dagli appe-titi) degli interessi particolari. Soltanto in questomodo si possono disegnare e gestire interventi pub-blici, che, sia a livello globale sia a livello naziona-le, richiedono una complessa combinazione tra mi-sure finanziarie, programmi operativi, regole di cor-rezione del mercato, incentivi comportamentali.

(19) In proposito M. Ferrari - U. Izzo, Diritto alimentare compa-rato, cit., 281 ss.; si v. anche E. Poddighe, Obesità e diritto. Unostudio sul «paternalismo alimentare», Bologna, 2014, 31 ss.

(20) Come racconta C.R. Sunstein, Semplice. L’arte del go-verno nel terzo millennio, Milano, 2013, 145 ss.

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