AccademiaItalianaDellaCucina_2010_11_Novembre_221

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CIVILTÀ DELLA TAVOLA N. 221 NOVEMRE 2010 N. 221, NOVEMBRE 2010 / MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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n. 221 della rivista Accademia Italiana di Cucina, anno 2010, mese NovembreSe vi piace queso numero della rivista acquistatelo oppure sottoscrivete un conveniente abbonamento annuale.

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 La barbarie cucinaria(Giovanni Ballarini)

EDITORIALE

4 Attrazione fatale(Gianni Franceschi)

CENTRO STUDIO“FRANCO MARENGHI”

5 Un’intensa attività culturale(Silvia De Lorenzo)

CULTURA & RICERCA

6 I funghi del Gargano(Renzo Scarabello)

8 Il gastronomo e l’obeso(Publio Viola)

10 La signora dalla lunga sciarpa(Mario De Simone)

11 Il dilemma della parmigiana(Eugenio Medagliani)

13 Il pane dei Santi(Enzo Nocera)

15 Buona carne e mala carne(Aldo Focacci)

26 Tradizione e globalizzazione(Donato Pasquariello)

28 Ottocento in Cilento(Francesco Ricciardi)

30 Il Futurismo giuliano(Anna Laura Russian Culot)

32 Il pesce del lago d’Iseo(Lucio Piombi)

33 L’acquaiolo partenopeo(Massimo Pisani)

34 A ciascuno il suo vino(Bruno Piccioni)

36 Le anguille vicentine(Fernando Rigon)

37 Gli gnocchi di patata(Giovanni Ballarini)

39 Gusto da annusare(Elisabetta Cocito)

40 Le ricette di zia Almerinda(Giuseppe Trincucci)

42 I vini della Maremma(Domenico Saraceno)

I NOSTRI CONVEGNI

16 Verdicchio sempre più d’oro(Gianni Franceschi)

19 Pubblicità alimentare(Sergio Gristina)

20 Tipicità e tradizione(Gioacchino GiovanniIapichino)

22 La manna, dono divino(Ignazio Aversa)

BIBLIOTECA NAZIONALEGIUSEPPE DELL’OSSO

24 Il cuoco segreto dei papi(Lorena Gallina)

GAZZETTA UFFICIALE

44 Depositate tre ricette molisane

SICUREZZA & QUALITÀ

46 Pollo ruspante e prodotti light(Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE7 Ricette d’autore27 Calendario accademico29 Accademici in primo piano47 Lettere al Direttore48 Notiziario49 In libreria51 Vita dell’Accademia64 Carnet degli Accademici67 Dalle Delegazioni77 International Summary

In copertina: particolare di “Uva emelograni” di Jean-Baptiste-SiméonChardin, 1763. Parigi, Musée du Lou-vre (© foto RMN / Hervé Lewandowski).Il dipinto sarà esposto nell’ambito dellamostra “Chardin, il pittore del silen-zio”, a Ferrara, Palazzo dei Diamanti,dal 17 ottobre al 30 gennaio 2011 e aMadrid, Museo Nacional del Prado,dal 28 febbraio al 29 maggio 2011.

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

E DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO, CESARE CHIODI,GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀ DALLE ROSE, MICHELE GUIDO

FRANCI, GIANNI MAZZOCCHI BASTONI, ARNOLDO MONDADORI,ATTILIO NAVA, ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE,GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI, EDOARDO VISCONTI

DI MODRONE, CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

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COORDINATORI TERRITORIALI

VALLE D’AOSTA Giuseppe RivolinPIEMONTE - AREA OVEST Paolo BertaniPIEMONTE - AREA EST Piero BavaLIGURIA Paolo LinguaLOMBARDIA - AREA OVEST Vito ArtioliLOMBARDIA - AREA EST Giorgio BarbestiTRENTINO Francesco PompeatiALTO ADIGE Ottokar PolasekVENETO Beppo ZoppelliFRIULI-VENEZIA GIULIA Renzo MattioniEMILIA Vittorio BrandonisioROMAGNA Gianni CarciofiTOSCANA - AREA OVEST Franco CoccoTOSCANA - AREA EST Gianni LimbertiMARCHE Mauro MagagniniUMBRIA Guido SchiaroliLAZIO (Roma) Giuseppe Gabriele GasparroLAZIO (Provincia) Publio ViolaABRUZZO Mimmo D’AlessioMOLISE Giovanna Maria MajCAMPANIA Mario De SimoneBASILICATA Salvatore LauriniPUGLIA Angelo Sticchi DamianiCALABRIA Concetta Maria Princi LupiniSICILIA ORIENTALE Mario UrsinoSICILIA OCCIDENTALE Antonio RavidàSARDEGNA Marcello Bedogni

ALBO D’ONORE

Giovanni Goria (Asti)Stelio Nanni (Forlì)

Antonio W. Santamaura (Toronto-Ontario)Costantino Tromellini (Novara)

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La barbarie cucinaria

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

“E anche noi siamo barbariquando utilizziamo

un sistema che ci espropriadella nostra cultura

alimentare”.

C ari Accademici, un pomeriggiod’estate, a casa di un amico,chiacchierando amabilmente,

mi si chiede se volevo bere qualchecosa e, data l’ora, per esempio un tè,freddo o caldo. Scartando la primaofferta di una bevanda preconfezio-nata in bottiglia di plastica (ma è an-cora tè?) accetto un tè caldo.

Quando mi si parla di tè penso aidiversi tipi che tanti anni fa imparai agustare in Oriente, in quella che ènon solo una vera cerimonia ma an-che segno di convivialità e amicizia,con una procedura accurata e non dibreve durata. Anche se ogni varietàdi tè richiede una data temperatura,quantità, tempo di infusione, vi sonoregole generali che bisogna seguireper avere un “vero” tè, anzi l’unico tèdegno di tale nome. L’acqua va por-tata a bollore e poi raffreddata pertrenta, sessanta secondi, per raggiun-

gere una temperatura tra i sessanta egli ottanta gradi centigradi, di prefe-renza settanta. L’acqua bollente “cuo-ce” le foglie, distrugge gli aromi e al-cuni componenti del tè, lasciando ungusto amaro. L’acqua calda va versatain una tazza, preferibilmente alta estretta e con un coperchio dotato diun foro per l’eliminazione del vapo-re, dove sono state deposte le fogliedi tè, nella quantità di un cucchiainopieno, circa due grammi o due gram-mi e mezzo, per una tazza di duecen-to millilitri di acqua. L’acqua calda èbene colpisca la parete della tazza,evitando di battere direttamente sullefoglie e danneggiarle. La durata del-l’infusione varia in base al tipo di tè edi norma non si superano i due, treminuti per il tè verde, poco più peraltri tipi, perché un tempo troppolungo rende l’infusione amara. Primadi bere, si rimuovono le foglie conun filtro, ma non è necessario se que-ste cadono in fondo alla tazza e que-sta è alta e stretta.

Tornando al mio amico, l’attesa ètroppo breve per preparare un tè aregola d’arte, quando il mio amicocompare con un vassoio sul qualespiccano due tazze fumanti di un li-quido verde-marroncino, l’immanca-bile bricco di latte, il piattino con al-cune fettine di limone e la zuccherie-ra. “Ho usato il tè verde - mi dice -oggi tanto di moda e salutare”. Ov-viamente rifiuto latte, limone e zuc-chero e mi rassegno a bere il liquidoche nulla ha a che fare con un “vero”tè verde. Per salvare la situazionenon mi resta che complimentarmi perla rapidità della preparazione. “Il me-rito non è mio - mi risponde - ma del-la macchina e della cialda”. Così fini-sce l’arte della cerimonia del tè emuore una civiltà della tavola, penso,e il resto è solo sopravvivenza ali-

mentare e barbarie cucinaria. Barbarierano definiti coloro che parlavanoun linguaggio diverso da quello checi apparteneva e non sapevano il si-gnificato delle nostre parole. Oggisono barbari coloro che bevono unliquido ingiustamente denominato tèdel quale nulla sanno e nulla cono-scono. E anche noi siamo barbariquando inconsciamente utilizziamoun sistema che ci espropria della no-stra cultura alimentare, anche attra-verso le macchine, e di tutto quelloche vi sta dietro.

Si temeva che saremmo arrivati auna società governata da un “grandefratello”, come scriveva Orwell, ma ècerto che oggi siamo sempre piùschiavi di una società dominata dauna “grande sorella” che si è impa-dronita del nostro cibo, con i millepretesti della sicurezza, della rapiditàe della comodità. Le macchine dei ci-bi pronti e i “convenience food” delmangiare comodo e facile sono sem-pre più diffusi e ci tolgono ogni“pensiero alimentare”, anche il piùelementare: quando compriamoun’insalata mista della cosiddettaquarta gamma, pronta all’uso, abbia-mo rinunciato e demandato ad altri lasemplice scelta di quanta rucola cideve essere o del rapporto tra il ra-dicchio rosso e l’indivia nell’insalatache non è più nostra, quella che ciaveva insegnato e tramandato nostramadre, ma è quella che ci impone la“grande sorella”, invisibile ma onni-presente, capace di costruire, a no-stra pigra insaputa, il gusto globaledella nuova dittatura del gusto ali-mentare. Così finisce l’arte della ci-viltà della tavola e il resto è solo so-pravvivenza alimentare e barbariecucinaria.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 77

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E D I T O R I A L E

Attrazione fataleDI GIANNI FRANCESCHI

“Sul video, l’arte della gastronomia

è ridotta al ruolo di esibizione”.

I l grande scrittore irlandese JamesJoyce, nel suo “Ulisse” afferma aun certo punto: “Dio fece il cibo,

il diavolo fece i cuochi”. E lo scrissein tempi non sospetti, nel 1922 o giùdi lì. Sembrava un gioco di parole,era invece una profezia laica, masempre profezia.

Il diavolo, a quanto pare, ha sem-pre avuto a che fare con la cucina.Non si dice, infatti, che è stato lui ainventare le pentole dimenticando difare i coperchi?

E ora, dalle pentole televisive, an-che quelle senza coperchi, salta fuo-ri una miriade di cuochi veri e falsi,massaie autentiche o inventate,esperti inesperti e consulenti autodi-datti. Come se questo non fosse suf-ficiente a garantire una costante pre-senza del cibo sul video, l’arte dellagastronomia (forse che Gasterea nonè la decima musa?) è ridotta al ruolodi esibizione, di lusinga, di alletta-mento.

Non c’è palinsesto, pubblico o pri-vato (compreso il satellitare e inter-net), che non abbia il suo bravo spa-zio enogastronomico, molto spessocon messaggi commerciali palesi osubliminali. È una specie di attrazio-ne fatale, incontrollata e incontrolla-bile, che spinge verso una esaspera-zione compulsiva. Forse, per averneuna spiegazione, o almeno una giu-stificazione, servirebbe il divano deldottor Freud.

Proprio per questa attrazione fata-le e fatalistica questa ossessioneenogastronomica sta trasmigrandodalle rubriche fisse, dai telegiornali,dalle trasmissioni a premio verso fa-sce orarie di maggior ascolto. Eccodunque che nascono le sitcom in bi-lico tra il poliziesco e il gastronomi-co, trasmesse in prima serata.

Ha cominciato il forzuto Bud

Spencer (all’anagrafe Carlo Pederso-li), commissario in pensione e risto-ratore a Capri, in una vicenda (apuntate) che riesce a coniugare in-dagini, cucina e turismo. Poco tem-po dopo, ecco l’eclettica VeronicaPivetti nelle vesti di cuoca e proprie-taria di un ristorante, con tanto di to-que professionale, trasformata inuna specie di Robin Hood in gon-nella che ruba ai ladri per ripararetorti, truffe e rapine, con il contornodi piatti e ricette tutt’altro che con-venzionali. L’azione si svolge nellacornice di una Roma monumentaleutile al turismo quando la sitcomsarà venduta all’estero (se non è giàaccaduto).

Prima di trarre una morale da que-sta immorale attrazione fatale per lacucina, viene da pensare che se latelevisione manda in onda una tra-smissione dedicata, poniamo, a unsanto si avvale di consulenti eccle-siastici; se la vicenda si svolge in unospedale si rivolge a medici e prima-ri per una corretta interpretazione. Ecosì via.

Se è vero, come è vero, che a pen-sar male si fa peccato ma si coglienel segno, nasce il sospetto che die-tro le quinte di queste sitcom ga-stronomiche agiscano per attrazionefatale quei falsi cuochi, quelle mas-saie inventate, quei consulenti auto-didatti, quegli esperti inesperti cheimperversano nelle altre fasce orarietelevisive.

Che Greta Garbo fosse una “donnafatale” è certo. Ma basta guardare unvocabolario per accorgersi che “fata-le” è aggettivo di molti significati.Tra gli altri: amaro, disgraziato, nefa-sto, sciagurato, sinistro, tragico, tri-ste, lugubre, malefico, ferale: ce n’èa sufficienza.

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Un’intensa attività culturale

M olto numerosa è stata lapartecipazione alla riunio-ne del Centro Studi “Fran-

co Marenghi” che si è svolta a Mila-no in ottobre, con la presenza anchedei Direttori dei Centri Studi territo-riali. Dopo i saluti d’apertura e lepresentazioni degli intervenuti, ilPresidente Ballarini ha fatto il puntosul “nuovo corso” dell’Accademiabasato sul nuovo Regolamento, invigore da un anno e mezzo, che neha consolidato la struttura. Strutturache si sviluppa attraverso la centra-lità del Consiglio di Presidenza coa-diuvato dai Consiglieri con specifi-che competenze.

Allo stesso modo è stato strutturatoil Centro Studi cui fanno riferimento,per una maggiore efficacia e capilla-rità, i Centri Studi territoriali. Non perniente, ha sottolineato Giovanni Bal-larini, sono stati due industriali, abi-tuati a strutturare le proprie aziende,ad avviare questo processo: FrancoMarenghi e Giuseppe Dell’Osso. Tut-to ciò, ha proseguito il Presidente,per “fare” Accademia, per costruireidentità attraverso il confronto, peravere unità nella diversità. Ma so-prattutto per sviluppare e approfon-dire contenuti culturali, anche attra-verso le iniziative editoriali.

Ha preso poi la parola il Presiden-te del Centro Studi Paolo Petroni cheha sottolineato, tra l’altro, quanto siaimportante una buona organizzazio-ne all’interno dei Centri Studi territo-riali soprattutto per la realizzazionedelle diverse pubblicazioni dell’Ac-cademia. Tra queste, gli “Itinerari” ela “Collana di cultura gastronomica”.Per i primi, col tema scelto per il2011, sulla “Cucina della frutta” (in-vio degli elaborati in redazione en-tro la fine di dicembre), si tratta delconsolidamento di una linea edito-

riale già collaudata; per la seconda,invece, con il tema dedicato alla cu-cina nella formazione dell’identitànazionale italiana, l’approccio saràdiverso rispetto ai precedenti volu-mi. Si tratterà di un grande mosaicocostituito dai contributi regionali (iltermine per l’invio in redazione erail 31 ottobre) che si affiancherannoalle parti introduttive più generali,per mettere in evidenza come la cu-cina abbia influito sull’unità d’Italiaattraverso gli scambi gastronomiciintervenuti nell’arco di un secolo emezzo. A questo proposito, il Presi-dente Petroni ha invitato i Direttori aproporre i temi per gli “Itinerari” eper la “Collana di cultura gastrono-mica” per il 2012.

Per gli “Itinerari”, è stata proposta,già in corso di riunione, una sceltaprioritaria fra pane, formaggio e le-gumi. Petroni ha quindi proseguito ilsuo intervento illustrando le prossi-me iniziative editoriali. Per la prima,prevista per fine anno, il Centro Stu-di dovrà lavorare sulla riedizione delManifesto dell’Accademia, un docu-mento che servirà a definire il mododi porsi della nostra Istituzione, an-che in vista dell’Expo del 2015, difronte al panorama gastronomico at-tuale, così mutato negli ultimi anni,mettendone in evidenza le criticità esuggerendo le linee da seguire peraffrontarle e superarle.

La seconda iniziativa che il CentroStudi seguirà con attenzione saràquella della guida ai ristoranti on linee su iPhone (per quest’ultima si è ar-rivati in pochi mesi a 21.000 down-load in tutto il mondo) che dovrà es-sere obbligatoriamente aggiornataper rendere affidabile ciò che è pub-blicato sul sito. Date le numerosedifformità fra la realtà e quanto èscritto in guida, si è deciso di inviare

l’elenco dei ristoranti ai Delegati af-finché valutino (entro 30 giorni) lacongruità di inserimento dei locali, infunzione dei criteri inizialmente sceltie riverificando i giudizi. La guida del-le buone tavole, in versione cartacea,verrà invece editata ogni due anni.

Il Presidente Petroni ha annuncia-to poi la pubblicazione di una nuovaedizione del ricettario nazionale,sottolineando come la collaborazio-ne dei Centri Studi territoriali saràfondamentale nell’individuare lepreparazioni da inserire nelle diver-se regioni, curando anche la com-pletezza e la congruità di dosi e in-gredienti. Con il primo elenco, chedovrà essere terminato entro la pros-sima riunione di primavera, sarannosegnalate le ricette che si devono to-gliere e quelle che devono essere,per contro, inserite.

Paolo Petroni ha inoltre annuncia-to la decisione del Consiglio di Pre-sidenza di far confluire i due premi“Berti” e “Gavotti” nel nuovo premio“Giovanni Nuvoletti” che sarà confe-rito alla persona, ristoratore, orga-nizzazione che abbiano contribuitoin modo significativo alla valorizza-zione della buona tavola tradiziona-le del proprio territorio. Anche ilpremio “Orio Vergani” sarà modifi-cato, per una maggiore visibilità, infavore di persone, enti o associazio-ni estranei all’Accademia, che abbia-no onorato la cultura gastronomica ela civiltà della tavola italiana, inqualsiasi campo.

Il Presidente del Centro Studi haconcluso i lavori ringraziando per lafattiva collaborazione i partecipantiche, con i loro numerosi interventi,hanno dimostrato interesse, disponi-bilità e condivisione d’idee.

SILVIA DE LORENZOSee International Summary page 77

C E N T R O S T U D I “ F R A N C O M A R E N G H I ”

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C U L T U R A & R I C E R C A

I funghi del GarganoDI RENZO SCARABELLO

Delegato di Foggia

“Con le prime piogge d’autunno il Gargano

fiorisce di molte specie”.

È solo da pochi decenni che i bo-schi del Gargano attirano i cer-catori di funghi foggiani. Anco-

ra nei primi anni Ottanta del secoloscorso l’unico fungo di bosco raccol-to nel Gargano e nel Subappenninodauno era il chiodino (Armillariamellea) e, più raramente, il galletto(Cantharellus cibarius).

I porcini e tutte le altre specie com-mestibili che la natura generosamen-te offriva erano guardati con sospet-to. Il fungo foggiano per eccellenzarestava (allora come oggi) il cardarel-lo o carboncello, nelle due varietàfondamentali: Pleurotus eringii ePleurotus ferulae. Il primo, molto piùpregiato, nasce, in autunno e in pri-mavera, sui resti dell’eringio, un car-do selvatico (da cui la denominazio-ne di cardarello o cardoncello) cheprospera su prati, pascoli e terreni in-colti della Capitanata; l’altro, di tagliamaggiore e meno esposto alle larve,cresce, negli stessi periodi dell’anno,sulla ferula, un’ombrellifera diffusissi-ma nel Mezzogiorno.

Le due specie, ovviamente, posso-no coabitare, condividendo spesso,la ferula e l’eringio, lo stesso terreno.Per secoli questo fungo ha costituitoil piatto forte, nelle feste e nelle ricor-renze religiose, dell’alimentazionecontadina, e pertanto è stato l’oggettoprivilegiato della ricerca dei “terraz-zani”, i raccoglitori e consumatori di

erbe. Ancora oggi, come un tempo, ilpiatto pasquale della tradizione fog-giana è l’agnello con i cardoncelli,nelle due varianti, quella dei cardi ve-ri e propri e quella, più ricca, dei fun-ghi, che vengono, come si è detto,denominati nello stesso modo.

Nella provincia di Foggia tuttora ilcardarello è il solo fungo spontaneoreperibile nei mercati ortofrutticoli,ma l’acquirente deve fare molta atten-zione, perché potrebbe pagare perselvatici (e quindi il doppio del lorovalore) funghi coltivati, essendo daqualche tempo il cardarello forse ilfungo coltivato che dà i migliori risul-tati qualitativi: solo un palato espertoriesce a distinguere il prodotto natu-rale da quello di serra. Invano, quin-di, cercheremmo altri funghi sponta-nei nei mercati foggiani, eppure i bo-schi della Capitanata abbondano dialtre varietà. Naturalmente devonocrearsi le condizioni ambientali favo-revoli, ma quando ci sono la raccoltaè assicurata, anche al principiante. Ese piove a luglio o ad agosto (cosache purtroppo avviene raramente) ètutto un fiorire di porcini. E quelli delGargano sono porcini particolari.

Il porcino comune (Boletus edulis)è piuttosto raro; sovrabbondano, in-vece, due sottospecie, che sonosenz’altro alla pari se non addiritturamigliori: il porcino estivo (Boletus re-ticulatus o aestivalis) e il porcino ne-

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ro (Boletus aereus). Il primo ha carnemeno compatta dell’edulis e dell’ae-reus, ma è molto più profumato e dà,seccato, risultati migliori; il porcinonero dei boschi del Gargano, invece,ha carne molto soda e, soprattutto,cresce spesso cespitoso, in gruppi didiversi esemplari che condividono inparte lo stesso cappello o lo stessogambo. Per non parlare degli altriporcini pregiati, soprattutto quelloreale (Boletus regius) che, insieme al-la sua varietà gialla (appendiculatus),è il primo porcino a fare, in tarda pri-mavera, la sua comparsa, annuncian-do la prossima fioritura dei cosiddetti“fioroni” (i porcini estivi).

E poi ovoli, galletti, russule, mazzedi tamburo (Lepiota procera). Con leprime piogge d’autunno il Garganofiorisce di altre specie, altrettanto ri-cercate: innanzi tutto i chiodini e glispinaroli, ma anche i leccini e i lar-daioli.

I leccini, detti così perché crescononell’habitat del leccio (sovrabbon-dante nel Gargano), sono boleti me-no pregiati dell’edulis e delle sue va-rietà, ma di ottima resa se trattati ade-guatamente, destinando alla cotturagli esemplari più giovani e gli altri al-l’essiccazione, perché questa specieassorbe molta umidità.

Eccellenti sono i lardaioli, che perconformazione ricordano i porcini:entrambi dal bel cappello rosa ed en-trambi ottimi per condire le tagliatel-le. Lattari eccellenti (Lactarius san-guifluus e deliciosus) si trovano inve-ce nelle pinete garganiche assiemead altre specie che prosperano so-prattutto nel tardo autunno: porcinel-li, morette, prataioli e cardinali.

Se il prugnolo (TricholomaGeorgii) apre nell’anno la stagionefungina (è detto anche “sangiorgino”perché si trova in aprile in prossimitàdel giorno di San Giorgio), l’ultimo afare la sua comparsa nel Gargano è ilfungo carrère (Clitocybe geotropa),così denominato perché cresce, ingruppi numerosi, lungo le carraie,cioè i sentieri tracciati dal passaggiodi uomini o animali.

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C U L T U R A & R I C E R C A

LE RICETTE D’AUTORE

Boleti di terraMosto cotto e un mazzetto di coriandolo fresco. Leva il coriandolo do-po la bollitura e servi.

MARCO GAVIO APICIOda “De re coquinaria” (I secolo d.C.)

Fonghi freschi in vari modiLi mondarai e ponerai a cuocere nella tiella con olio, pevere e sale. Adaltro modo li porrai a cuocere nella tiella con lardo, sale e pevere e agliopestato minuto coi coltelli. Ad altro modo, dopo che hanno boglito e cheson purgati, friggeli nella patella con naranci, pevere e sale sopra.

CRISTOFORO DI MESSISBUGOda “Libro novo” (1549)

Funghi in sguazzettoMettete in una cazzaruola una metà di olio, una metà di butirro fre-sco, petrosemolo minutamente tagliato, una cipolla intera con entropiantati garofani e cannella, e fate friggere ogni cosa insieme; indiversateci entro i funghi, salateli un poco e poi lasciateli alquanto frig-gere, dopo metteteci del pane e formaggio lodigiano grattato e dateglialquante mescolate, indi aggiungeteci un bicchiere di vino bianco efate bollire ogni cosa insieme sino che saranno cotti, poscia levateci lasuddetta cipolla e serviteli così in tavola.

DON FELICE LIBERAda “L’arte della cucina” (XVIII secolo)

Fonghi pieniPrendi di quelli detti “reali” e falli anche bollire un poco e poi asciu-gali bene indi trittura la gamba d’essi con erbe fine, una cipolla, unao due fiesche d’aglio e formale il pieno con ova e formaggio, se piace,sale e spezie; poi mettine una cucchiarata per caduno e falli cuocerecon butirro ed un poco d’oglio con fuoco sotto e sopra.

ANONIMO DEL SETTECENTOda “Raccolta di diversi potaci, zuppe, intingoli, paste”

Funghi frittiAbbi 12 larghi cappelli di funghi freschissimi che, forbiti, spolveratida ambe le parti di sal fino e rivoltati e asciutti all’aria su tovagliolo,getterai, ravvolti in farina bianca in grasso da friggere caldissimo e,appena coloriti e crostosi, sgoccerai per recarli a tavola fumanti.

FRANCESCO CHAPUSOTda “La cucina sana, economica, elegante” (1846)

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C U L T U R A & R I C E R C A

Il gastronomo e l’obesoDI PUBLIO VIOLA

Delegato Roma Appia

“Il piacere del cibo non fanecessariamente ingrassare”.

L’ assunzione del cibo è una ne-cessità indispensabile per lavita, tuttavia, oltre a soddisfare

le esigenze energetiche e plastichedell’organismo, essa può suscitaresensazioni diverse al palato e alla psi-che che possono andare dall’indiffe-renza al piacere, a seconda di qualecibo si tratti e di come sia stato pre-parato.

Attraverso la valutazione dei saporiil nostro palato giudica infatti sequanto viene ingerito è gradito o me-no, e questo giudizio influisce sullapreferenza verso quegli alimenti che,appagando il gusto, creano nel con-sumatore una piacevole sensazionedi benessere. In questo caso si verifi-ca infatti una liberazione di alcunioppioidi naturali, noti come endorfi-ne, che agiscono a livello cerebralecomportando un miglioramento del-la cenestesi, cui si unisce una au-mentata disposizione di amicizia ver-so i commensali presenti che lasciaun piacevole ricordo dell’incontro,unito al desiderio di ripetere l’espe-rienza.

Il piacere dell’incontro gastronomi-co spinge infatti l’amante della buo-na tavola a ripetere l’assunzione diciò che è stato gratificante e a ritor-nare pertanto verso quei locali dove“si è mangiato bene”, ma lo spingeanche a cercarne altri, non dimenti-cando di rispettare i dettami dellabuona gastronomia anche in casa.Sono molti infatti coloro che si impe-gnano direttamente in cucina, asso-ciando alla soddisfazione del gustoanche quella di aver preparato qual-cosa di speciale per sé stessi e per gliamici (prevalentemente per meritodelle mogli, ma non di rado ancheper merito dei mariti), portando a ta-vola piatti accuratamente preparati eripetendo quasi sempre le portate

perché i piatti graditi “non sono pe-santi”, anzi sono generalmente con-siderati più “digeribili”, anche sequalche volta per meglio digerire siricorre a un pizzico di bicarbonatoper togliere quel fastidioso senso diacidità che spesso compare alla finedel pasto.

Nella nostra società la valutazionedella gastronomia sta assumendosempre maggiore importanza, tutta-via se essa allieta il gusto può com-portare in qualche caso l’ingestionedi quantità di calorie superiori alfabbisogno. È facile quindi com-prendere come gli appassionati delbuon gusto, ripetendo le esperienze,possano gradualmente arrivare a unaumento delle rotondità del corpo.

D’altra parte, accanto ai buonimangiatori, contenti di sedersi a ta-vola per soddisfare il senso dell’o-dorato, della vista e del gusto, esi-stono soggetti per i quali un piattopiuttosto che un altro non creagrandi differenze e, spesso, la loroattenzione non è rivolta alla pietan-za ma altrove, e si limitano ad assu-mere il minimo necessario, preoccu-pati più dalla necessità di far presto,che di badare a quello che mangia-no, tanto che, se interrogati, gene-ralmente non ricordano più che co-sa avevano mangiato.

Per questi ultimi non esiste quindiil piacere della tavola, così come nonesiste neppure il rischio di andare in-contro all’obesità, la cui etimologiaderiva appunto dal latino “ob edere”cioè “dal mangiare”. A questo puntoci si deve però chiedere come equanto valga la pena di rinunciare alpiacere della tavola e se l’eccessocorporeo (che indubbiamente turbal’estetica e in alcuni casi anche la sa-lute) non possa essere controllato dauna assunzione corretta del cibo gra-

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devole e da un corretto stile di vita.L’obesità e il sovrappeso sono situa-zioni che riconoscono numerosi fat-tori causali non sempre conseguentiall’alimentazione e soprattutto allagastronomia.

Oggi comunque l’aumento del pe-so corporeo è più diffuso del passato,come conseguenza di uno squilibratorapporto tra entrate e uscite, una spe-cie di bilancio calorico. Per le entrateun ruolo importante viene sicura-mente giocato dal soffermarsi troppoa lungo a tavola per godere del pia-cere della mensa, specialmente sequesto piacere viene tenuto in altaconsiderazione, ma un ruolo altret-tanto importante viene giocato dalleuscite che si vanno man mano ridu-cendo per la vita prevalentemente se-dentaria.

Esistono inoltre due particolari mo-menti nei quali il peso corporeo ten-de ad aumentare, e precisamentel’età del matrimonio (la vita si regola-

rizza e si ha meno tempo da dedicareall’attività fisica) e l’età della meno-pausa e dell’andropausa, nelle qualisi verificano mutazioni più evidentinella donna ma da non sottovalutarenell’uomo. A questi due momenti,che potremmo definire fisiologici, siassociano però altri fattori, come lamoglie che prepara con amore ilpranzo al marito oppure la ricerca daparte dell’ultracinquantenne di talunipiaceri che possano almeno in partesostituire quelli che si stanno gra-dualmente perdendo. Come si vede,la gastronomia, forse sottovalutata inetà giovanile, prende con il tempouna posizione di maggiore importan-za e forse anche di maggiore respon-sabilità.

Verrebbe quindi da chiedersi se gliincontri conviviali della nostra Acca-demia possano avere una loro re-sponsabilità. Non è certamente veroin assoluto. Salvo eccezioni, nell’Ac-cademia viene rispettato il senso del-

la misura e il piacere gastronomico siassocia abitualmente a un peso cor-poreo che si mantiene quasi sempreequilibrato.

Soprattutto, negli incontri accade-mici, il piacere gastronomico si asso-cia al piacere di rivedere gli amici di-scutendo con loro di problemi di par-ticolare interesse e importanza, esa-minando i piatti secondo i loro aro-mi, la loro cottura, i loro sapori. Inconclusione, la gastronomia non ap-pare essere la principale responsabiledell’obesità.

Sembra comunque giusto osservareche mentre il buon mangiatore è unindividuo lieto, affabile, comunicati-vo e contento della vita, il soggettoanoressico è invece magro, dispepti-co e quasi sempre acido e scontroso.Non per niente Shakespeare fa dire aGiulio Cesare nelle fatali idi di marzo:“Non mi piace quel Cassio, è troppomagro”.

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Il Consiglio di Presi-denza dell’Accade-mia, su proposta delVice-Presidente vica-rio Severino Sani, hadeciso di istituire unpremio intitolato alloscomparso Presidente“Rifondatore” Gio-vanni Nuvoletti, cheverrà assegnato apartire dal 2011. Sitratta di un ricono-scimento riservato al-la persona, ristorato-re, organizzazioneche abbia contribuitoin modo significativoalla conservazione,

conoscenza e valorizzazione della buona tavolatradizionale del proprio territorio. Questo premio unifica e sostituisce i premi “Berti” e“Gavotti” che l’Accademia ha finora dedicato a

due grandi personalità della gastronomia italianae che avevano identiche finalità e contenuti, oggicondensati e accomunati nel premio “Nuvoletti”,che consiste in una pregevole opera grafica “adpersonam”.Contemporaneamente sono state modificate le fina-lità del premio “Orio Vergani”, dedicato al nostroFondatore. A partire dal 2011 questo riconosci-mento verrà conferito a persone, enti o associazio-ni che, estranee all’Accademia, abbiano grande-mente onorato, con la loro attività, la cultura ga-stronomica e la civiltà della tavola italiana inqualsiasi campo, in Italia o all’estero. Il premioconsiste in una pregevole opera grafica recante ilnome del vincitore e una somma in denaro stabili-ta e approvata, di anno in anno, dal Consiglio diPresidenza.Le eventuali proposte in merito a questi e agli altripremi e riconoscimenti dell’Accademia, che restanoinvariati, potranno essere fatte dai Consultori na-zionali, dai Delegati e dai Coordinatori territoriali.Il Consiglio di Presidenza valuterà le proposte entroil mese di marzo di ogni anno. (S.D.L.)

ISTITUITO DAL CONSIGLIO DI PRESIDENZA IL PREMIO “GIOVANNI NUVOLETTI”

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La signora dalla lunga sciarpaDI MARIO DE SIMONE

Delegato di Avellino Centro Studi “F. Marenghi”

“L’anidride solforosa è fondamentale

per chi voglia ottenere vinosenza le usuali magagne deivini fermentati alla buona”.

D urante una riunione conviva-le, un’elegante signora ha su-bito l’infortunio di sedersi ac-

canto a me. Dico infortunio perchéquella sera non ne combinai unabuona, a cominciare dal fatto cheavevo sventatamente messo la suaelegante lunghissima sciarpa sotto imiei piedi. A un certo punto michiese: “Come mai se bevo il vino dimio fratello non mi succede niente,se invece bevo qualsiasi altro vino,la mattina mi sveglio con la boccaamara? Penso che sia il solfito chetutti gli altri produttori usano e miofratello no”.

Tutto era cominciato quando la di-scorsiva rappresentante del gentilsesso mi aveva chiesto spiegazionisul suo fastidio mattutino. Si trattavadi una domanda pleonastica, vistoche senza darmi il tempo di organiz-zare la risposta, aveva già emesso la

sentenza di condanna contro il solfi-to. Sostanza che, secondo lei, suo fra-tello non adoperava mai a differenzadi tutti gli altri produttori di vino.

Dato che in questa affermazioneera risoluta, prudenza avrebbe volutoche la lasciassi nel suo convincimen-to e che addirittura le dessi ragione.Per guadagnare la sua simpatia e far-mi scusare dell’incidente della lungasciarpa, avrei dovuto dirle: “Brava, leiha ragione, il solfito è micidiale, bru-cia gli occhi e la gola e fa venire labocca amara”.

Comunque non le rivelai che, perindividuare le cause del suo disturbomattutino, occorrevano alcune inda-gini ematologiche, oltre all’ecografiadel fegato e della colecisti e alla visitastomatologica. Ma non era né il tem-po né il luogo per dare consigli me-dici e confesso che più che la miadottrina di medico, la commensaleaveva toccato le rotelle più tormenta-te delle mie conoscenze di Accade-mico e di enologo dilettante e la ten-tazione di darle una risposta circo-stanziata sulla sostanza ingiustamenteincriminata. Insomma la mia stizzosareazione mi aveva fatto lasciare daparte le amabili regole della conver-sazione tra commensali.

Quella sera le avevo enunciato achiare lettere e senza troppi compli-menti che era in errore perché i vinirossi, prodotti industrialmente, diffi-cilmente contengono solfiti e, perquanto riguarda i vini bianchi, quan-do sono preparati con l’aggiunta diderivati dello zolfo, per legge indica-no sull’etichetta la presenza di solfiti.Comunque l’anidride solforosa è ungas che, dopo aver svolto la sua azio-ne vantaggiosa sulle vinacce in fer-mentazione, si disperde in gran partenell’aria. Ho tenuto a precisarle che ilmetabisolfito, miscelato nella giusta

dose (10-20 grammi per quintale diuva), si trasforma in anidride solforo-sa e sali di potassio e non è pertantodannoso. Difatti è l’unico antisetticoconsentito dalla severa legislazioneitaliana.

Allora, come mai il vino del fratellonon le faceva male? Nel timore direnderla mia acerrima nemica, non leho parlato dei cani di Pavlov o diprobabili disturbi cenestopatici. Hoanche prudentemente evitato di dirleche forse suo fratello, a sua insaputa,metteva qualche cucchiaio di candi-do sale cristallino nelle sue uve. Que-sto convincimento mi era sorto qual-che anno prima quando avevo bevu-to di quel vino e l’avevo trovato sen-za difetti: d’altronde l’anidride solfo-rosa è fondamentale per chi non di-sponga di costose tecnologie indu-striali e voglia ottenere vino senza leusuali magagne dei vini fermentati al-la buona. Infatti soltanto le industrieenologiche dispongono di mezzi fisi-ci (calore o freddo) per svolgere l’a-zione antisettica o addirittura per ste-rilizzare i mosti e aggiungere poi fer-menti selezionati. Questo mio rag-guaglio sarebbe stato in contrapposi-zione alle sue idee sul vino buonofatto in casa senza l’uso del solfito.Sono proprio le piccole imprese arti-gianali o quelli che producono vinoper hobby a dover solfitare il mostoper ottenere vini senza difetti.

Ma, a pensarci bene, avevo difeso aspada tratta l’uso dei solfiti quasi co-me se avessi avuto la privativa delcommercio mondiale dello zolfo edei suoi derivati e temo che la miadiatriba abbia avuto il risultato di te-diare la mia elegante commensalecon la lunghissima sciarpa senza sra-dicare la sua coriacea preclusionesull’argomento.

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DI EUGENIO MEDAGLIANI

“Le fette di melanzana sono disposte come

le listerelle delle persiane,dette «parmisciane»

in Sicilia”.

S i legge sulla “Grande enciclope-dia illustrata della gastronomia”selezione del Reader’s Digest:

“alla parmigiana: teoricamente que-sto termine dovrebbe significare cuci-nato alla maniera di Parma, in realtà,per lo più si applica a molte prepara-zioni che con la cucina parmensehanno relazioni lontane o nulle. Que-sto è dovuto al prodotto alimentareforse più noto di questa provincia: ilformaggio parmigiano e perciò la

maggior parte della ricette che sidicono «alla parmigiana» an-

drebbero chiamate per cor-rettezza «al parmigiano» omeglio ancora «con ilparmigiano»”. “Parmi-giana: è una prepara-zione tipica di alcuneregioni dell’Italia me-ridionale che si fa disolito con le melan-zane, ma anche conle zucchine, tagliatea fette sottili e dispo-ste accavallate nellatortiera; si ritiene cheil nome derivi dall’im-

piego, nella ricetta, delformaggio parmigiano”.

È esatta questa convin-zione?La melanzana (Solanum

melongena) è il frutto, anzi labacca, di una pianta orticola origi-

naria della Cina e dell’India, coltivatasoprattutto nel meridione d’Italia. Ilnome deriva dall’arabo “bâdingiân”(che è divenuto “alberjnia” in catala-no e “aubergine” in francese) prece-duto dalla parola “mela”, che l’italia-no medievale spesso premetteva ainomi stranieri di frutta e verdura (peresempio melagrana, melarancia, me-langolo, melacotogna, melarosa).

La melanzana è una solanacea, il

cui componente più pericoloso è labelladonna, ed è quindi cugina dellepatate. I frutti, anzi le bacche dellamelanzana sono amarognoli e, a nonsaperle preparare come si deve, nonconvincono nessuno.

Si legge in Hermolao Barbaro(umanista: Venezia 1454 - Roma1493): “aversi creduto che quei pomi,che si chiamano in Lombardia melan-zane e in Toscana petranciani, fosseroi frutti di una terza specie di mandra-gora”, una solanacea, usata come me-dicinale e anche impiegata in strego-nerie per il possesso di speciali virtù.

Come tutte le solanacee (patate,pomodori ecc.) anche la melanzanacontiene solanina, alcaloide che faparte di un gruppo di composti vege-tali potenti e tossici come nicotina,chinino, cocaina e morfina, presentiin piccole quantità sotto la buccia, ein maggior parte nelle foglie e nei fu-sti. Ne “L’economia del cittadino invilla” di Vincenzo Tanara (Bologna1644) si legge nel libro quarto: “Sonoli melanzani, quasi mala insana, per-ché mangiati, turbando la mente, fan-no quasi impazzire” (a causa dell’al-caloide solanina).

Nei “Discorsi del Matthioli”, medicosenese del XVI secolo, leggiamo che“quei pomi, che si chiamano in Lom-bardia melanzane, più presto da no-minare (come io penso) Mele insane,le quali noi chiamiamo Petranciani...usansi in Italia di mangiare questifrutti per provocare à lussuria, il chefanno agevolmente per essere durida digerire e imperò l’usarli troppone cibi, generano (come dice Avicen-na) humori malinconici, oppilationi,cancari, lepra, dolor di testa, tristez-ze... ma le lodò nel suo libro Averroèper cibo aggradevole e buono quan-do si preparano come egli ne inse-gna”. Da questa lettura nasce la defi-

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Il dilemma della parmigiana

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nizione dello Scappi di “molignanacioè pomo sdegnoso”.

Anche Pellegrino Artusi, quandonel 1891 pubblicava il suo celebre li-bro, lamentava che a Firenze le me-lanzane, che lui chiamava “petoncia-ni”, “erano tenuti a vile, come cibo daebrei”; non si può però negare nel-l’Artusi o meglio nei fiorentini sudditidel granduca, una tendenza all’anti-semitismo alimentare. Nella sua ricet-ta “Tortino di petonciani”, le fette dimelanzane sono ricoperte “suolo persuolo” di salsa di pomodoro, parmi-giano grattugiato, pangrattato e uovosbattuto.

Nel capitolo CCXXIX del terzo librodel “L’opera de l’arte del cucinare”,Bartolomeo Scappi insegna a “sotte-stare Molignane cioè pomi sdegnosi:si taglino in più pezzi per lungo...faccianosi stare in mollo per mezahora e poco sale, cavìnosi, fascìnosiscolar bene sopra una tavola... faccia-si un suolo di essi pezzi nella tortiera,e habbisi menta, maiorana, pimpinel-la... pepe, garofani, cannella...(ecc.)... se ne faranno due o tre suolifacendoli cuocere nel modo che sicuoceno le torte... e se non sarà gior-no di vigilia si tramezzeranno di fettedi provatura o di cascio e pangratta-to”, niente parmigiano.

Jeanne Carola Francesconi ne “Lacucina napoletana” scrive: “Un’altragloria della cucina napoletana, è laparmigiana. Pochi elementari saporiche si completano, ed ecco un piattosquisito, saporito ed appetitoso, chebene si addice all’estate. La parmigia-na ha due secoli di vita, e forse più:ne parla già il Corrado, pure conden-dola con sugo di carne, e ne parla ilCavalcanti dandone la ricetta con osenza pomodoro... Sotto altro nomee ovviamente priva di mozzarella, lanostra parmigiana fa anche parte del-la gastronomia provenzale ed è unadelle tante similitudini fra questa cu-cina e la nostra”.

Anche Mario Stefanile, raffinatocultore e storico della cucina napole-tana, avverte che “alla parmigiana”viene chiamata qualunque prepara-zione di ortaggi disposta a strati in un

ruoto (tortiera) con l’aggiunta di far-cia e salsa di pomodoro. Nelle variericette di parmigiane del XVIII eXXIX secolo di parmigiano non c’èche il formaggio omonimo.

Invece nel “Cibo pitagorico” (1781)Vincenzo Corrado propone diversericette di petronciane all’italiana, allamonaca, alla mora, “farsite alli golo-si”, in cui le melanzane sono “tramez-zate” con cacio o provatura (formag-gio a pasta filata di latte di bufalaconsumato fresco o grattugiato dopobreve stagionatura); di parmigianonessuna notizia.

Ippolito Cavalcanti, duca di Buon-vicino, nel suo ricettario del 1837, co-sì descrive la preparazione de le “Mo-lignane a la Parmisciana: Pigliarrajechelle belle malignane nere, ne levar-raje la scorza, e le farraje a fell’a del-la, po l’acconciarraje ncopp’a na ta-vola a solare a solare, nce mettarrajelo sale, e no murtaro coppa pe li ffasculà, dopo le spriemmarraje, e le far-raje fritte; e po le l’acconciarrajedint’a no ruoto a felaro a felaro (leg-germente accavallate?) co lo caso (ca-cio o provatura), vasenecola (basili-co), e brodo de stufato, o co la sauzade pommadore; e co lo testo ncoppale faraje stufà”. Nella ricetta il Caval-canti non cita formaggio parmigianoma un cacio generico, probabilmentemozzarella, definendo la pietanza “ala Parmisciana” cioè alla moda di Par-ma e non con formaggio parmigiano.

Sembra che la melanzana sia giuntanella cucina di Parma con la presen-za del cuoco palermitano Carlo Na-scia, assunto il 4 agosto del 1650 allacorte del duca Ranuccio II Farnese,ma nel suo libro non c’è traccia diquesto piatto.

Però è anche difficile spiegare, insede storica, lo sviscerato amore deisiciliani per questo ortaggio origina-rio dell’Asia, importato in Europa nel1200 dove venne considerato, comealtre piante provenienti dall’Oriente,solo a scopo ornamentale: il suo no-me “mela insana” fa intendere conquale sospetto fosse considerato daun punto di vista alimentare. La me-lanzana probabilmente fu introdotta

in Sicilia dagli spagnoli durante laconquista dell’isola.

Ma perché chiamare questa pietan-za “parmigiana di melanzane”, dalmomento che in Sicilia all’origine siimpiegava come condimento formag-gio locale, mozzarella e provatura, in-vece del parmigiano? Incominciai asupporre che il termine “parmigiana”non derivasse dalla città di Parma, madalla disposizione delle fette di me-lanzane, accavallate una sull’altra, perimpedire alla ricca salsa di raccoglier-si sul fondo della tortiera.

Un aiuto determinante e deciso migiunse dall’omonimo cugino di Enzolo Scalzo (consigliere dell’ordine deimedici della provincia di Agrigento),che mi confermò come “parmisciana”e “parmiscianina” siano le denomina-zioni in siciliano (agrigentino e di al-tre province della Sicilia occidentale)del serramento esterno (scuro) dellafinestra, che serve ad attenuare l’illu-minazione permettendo il passaggiodell’aria, e non della luce, costituitoda listerelle di legno o da lamine diplastica, come nelle veneziane.

Si è soliti indicare questo infissocon il nome di “persiana”, femminilesostantivo dell’aggettivo “di Persia”perché diffuso specialmente nei pae-si orientali, ed entrato in uso per con-venienza nei paesi costieri del sudEuropa. Nel nord Italia appare ancheil nome di “gelosia”, dall’evidente si-gnificato.

Molto probabilmente “parmisciana”è la trasformazione di “palmisciana”o “palmigiana”, che deriva da “pal-mo” (della mano), e “palmigiano” èl’atto che si fa ponendo il palmoaperto sulla fronte sopra gli occhi,per difenderli dai raggi del sole.

Ci si chiede: cosa c’entra il nome diun serramento con un piatto di cuci-na regionale meridionale? Penso cheil nome derivi dal fatto che nella pre-parazione della parmigiana di melan-zane, le fette di questo ortaggio sianodisposte leggermente accavallate co-me le listerelle delle persiane, dellegelosie e delle veneziane.

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Il pane dei Santi

DI ENZO NOCERAAccademico di CampobassoCentro Studi “F. Marenghi”

Il pane diviene simbolosoprattutto in occasione

delle feste religiose.

I l pane ancor prima d’essere ali-mento è storia, è memoria, è sim-bolo primordiale della sopravvi-

venza; elemento propiziatore d’alcu-ne festività religiose molisane; è beneprezioso e rappresenta il legame conla famiglia, con la casa e con la co-munità in cui si vive.

Il pane, una volta benedetto, di-venta il “pane di Dio”, il “pane deiSanti” e quindi sacro simbolo di co-municazione per esprimere la pro-pria partecipazione alla comunità.

La benedizione del pane, che si rin-nova nelle feste religiose, è l’esplicitoinvito che si rivolge a Dio e ai Santi apartecipare alla tavola. Il convito di-venta l’incontro di un gruppo di per-sone che partecipa la propria solida-rietà, la fraternità e la propria fede.

Il pane come alimento diviene sim-bolo che si manifesta, ancor più,quando è prodotto cerimoniale e ri-tuale, il suo valore e il suo significatodiventano allora predominanti sul va-lore effettivo dell’alimento. Il pane,insieme al vino e all’olio, rappresen-tava e rappresenta, ancor oggi, la“triade alimentare” mediterranea.

Per i primi abitatori della penisola ilpane era il cibo italico per eccellenza.Per i Romani era il “cibo” e tuttoquello che si poteva mangiare insie-me con esso veniva chiamato “com-panagium” cioè companatico, “con ilpane”.

Lo scontro fra Romani e Germani,fra un sistema di valori (dieta cereali-cola) che i Romani ritenevano “civile”e un altro (dieta carnivora) che ritene-vano e definivano “barbaro”, si giocò,anche sul piano dei differenti sistemialimentari, tra civiltà agricola-cereali-cola e civiltà del bosco (querce): alle-vamento di maiali; consumo di panecontro consumo di carne; civiltà delvino contro civiltà del latte; civiltà del-

l’olio contro civiltà del burro. Agli inizidel IV secolo, in questo scontro, ilCristianesimo s’inserisce quale effetti-vo erede del mondo romano e dellesue tradizioni: il pane, il vino e l’oliosintesi ideale del mondo alimentaremediterraneo e prodotti che la litur-gia ha reso sacri (non va dimenticatoche il pane eucaristico era stato an-nunciato sin dalla nascita di Gesù aBetlemme e il nome di Betlemme,tradotto, significa letteralmente “casadel pane”).

Per questo, nel passato, dai conta-dini il Natale veniva chiamato “gior-no del pane” e per questo, ancoraoggi, senza rendercene conto, duran-te le feste natalizie, noi mangiamo ilpane, che prende nomi diversi nellevarie regioni: il panettone, il pandol-ce, il panforte, il panpepato, il pan-giallo, il panvisco…

La tavola dove siedono e mangianoi personaggi della Sacra famiglia vie-ne apparecchiata presso l’altarino ol’immagine di San Giuseppe. I perso-naggi di San Giuseppe, della Madon-na e del Bambino, agli occhi dellagente, “sono” i Santi stessi convitatialla mensa fraterna.

Nel Molise, del pane non si spreca-va neppure una briciola; la mollica,ancora oggi, è la base di quasi tutte le13 pietanze tradizionali (tutte di ma-gro) della “Tavola di San Giuseppe”,che si tiene in più di trenta paesi del-la regione il 19 marzo e si ripete in ta-luni paesi anche durante l’estate, co-me a Castellino del Biferno, in pro-vincia di Campobasso, a metà agosto.Il 19 marzo, nell’occasione della festae del convito della Tavola e delle 13portate, si confezionano grosse pa-gnotte, che pesano dai quattro agliotto chili; a secondo dei paesi, essevengono date ai componenti la Sacrafamiglia; poi le donne usano offrire

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delle pagnottelle, davanti alla portadi casa, a tutti quelli che vogliono rin-novare la devozione e, dopo il segnodi croce, assaggiarle. Retaggio dellefeste “Liberalia” della metà di marzo.Tertulliano riferisce che, in quel pe-riodo a Roma, le matrone mangiava-no davanti casa e offrivano il pane difarro, come usano fare oggi le donnedi Casacalenda, la mattina del 19marzo. La mollica di pane, nelle pie-tanze della Tavola di San Giuseppe,si usa per i maccheroni con la molli-ca, per i peperoni impanati, per ilbaccalà “mollicato”. La mollica di pa-ne, fritta, si usa infatti come condi-mento dei maccheroni; fa da camiciaa prodotti delicati come il baccalà e icavolfiori impanati; aumenta il volu-me delle pietanze, in particolare lepolpette di tonno, le polpette di bac-calà, i peperoni ripieni, le alici in tor-tiera, i cavolfiori gratinati e il merluz-zo in agrodolce; ritarda la cottura econserva l’umidità; dà gusto e com-pleta gli altri sapori.

Il 2 febbraio, nel giorno della festadi San Biagio, si fanno voti per pre-

servarsi dalle malattie della gola e siconfezionano pani a forma di quattrodita incrociate che, benedetti, sonomangiati in onore del Santo. Anni fa,i fornai di Campobasso usavano pre-parare e regalare in chiesa le freselle,panini a forma di stella profumati aisemi di finocchio, impastati con fari-na, strutto e vino bianco. Le freselleerano distribuite, in segno di devo-zione, ai fedeli.

Non vorrei dimenticare, in questarassegna, i grossi pani della Pasqua,quelli che vengono dati il Giovedìsanto a coloro che impersonano i do-dici apostoli. A Carovilli, in provinciadi Isernia, nell’Alto Molise, resiste an-cora la tradizione di preparare i “co-corozzi”, delle grosse ciambelle dipasta, zuccherate. Preparati con lapasta lievitata, sono aromatizzati consemi di anice. Queste ciambelle veni-vano date anche ai dodici apostoli. ARoccasicura, sempre in provincia diIsernia, ai dodici apostoli viene offer-to, da circa un secolo, da una fami-glia del paese, il “tortane”, un panefatto a forma di anello intrecciato. A

Santa Croce di Magliano, durante lacerimonia religiosa, che si svolge nel-la chiesa di Sant’Antonio, i tredici fra-telli della Congrega, che vestivanodelle tuniche bianche, sedevano conuna pagnotta di pane, pesante dai 2ai 4 kg, in grembo.

A Montemitro, uno dei tre paesi diorigine slavo-croata, la prima domeni-ca dopo Pasqua è tradizione prepara-re, in tutte le famiglie, dolci e paniniper la festa di Santa Lucia che si cele-bra in una chiesetta a tre chilometridal centro abitato. I panini vengonobenedetti durante la messa della mat-tinata e al termine della funzione sidistribuiscono ai presenti. A San Gio-vanni in Galdo, a pochi chilometri daCampobasso, il 16 luglio, per la ricor-renza della Festa della Madonna delCarmine, si tiene la “Sagra del panun-to”, presso la chiesa del convento.

Dopo la processione, il pane case-reccio viene abbrustolito sulla bracee insaporito di ventresca o di lardo“sfritti”.

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Dopo una stagione al giusto mix di caldo e pioggia, l’au-tunno torna a offrire l’occasione per incontri ravvicinaticon i funghi dando al mondo della gastronomia il pretestoper rispolverare collaudate ricette o proporre nuove, gusto-se preparazioni gastronomiche. Immancabilmente si riac-cende anche la voglia di apprezzare le caratteristiche or-ganolettiche dei funghi al naturale, cioè crudi, approntatiovviamente in maniera non ricercata in fettine sottili, conolio extra vergine di oliva, qualche goccia di succo di li-mone (per evitare antiestetici imbrunimenti enzimatici),sale e pepe quanto basta. Qualche riserva sugli abbina-menti a scaglie di formaggio, l’inflazionata rucola, le fetti-ne di mela, il prezzemolo.Il popolatissimo mondo dei funghi, con più di 6.000 specienote in Europa, ne comprende circa 1.200 consideratecommestibili (di cui quasi 500 in Italia), ma dovrebbe es-sere noto a tutti che, in ragione delle diverse sostanze tossi-che termolabili in essi contenuti, di norma i funghi com-mestibili possono essere consumati solo dopo adeguata cot-tura.Per evitare spiacevoli conseguenze dovute a colpevoli ap-prossimazioni riportate in troppe guide e manualetti, oagli sconsiderati suggerimenti di tanti improvvisati racco-

glitori, è forse opportuno proporre il piccolo elenco di spe-cie fungine consumabili allo stato crudo:Agaricus arvensis (prataiolo), Agaricus hortensis (prataio-lo), Agaricus bisporus (champignon), Amanita caesarea(ovolo), Amanita ovoidea (farinaccio), Boletus edulis (por-cino, brisa, fiorone), Boletus appendiculatus (boleto radi-cante), Coprinus comatus (fungo dell’inchiostro), Fistulinahepatica (lingua di bue), Guepinia rufa (fungo di gelatinarosso), Polyporus ovinus (fungo del pane), Polyporus pescaprae (fungo del pane), Russula aurata (colombina dora-ta).Ovviamente il consumo (sempre in modeste quantità) s’in-tende riferito a funghi giovani, in buono stato, utilizzati apoche ore dalla raccolta e ben puliti .Sarà bene anche segnalare che nel consumo di funghicrudi giovani (i porcini in particolare) possono verificarsiparticolari fenomeni di intolleranza a carattere gastroin-testinale. Non tutte le persone infatti hanno l’enzima trea-lasi, sostanza organica normalmente presente a livellodella mucosa intestinale, necessario per la scissione deltrealosio (o micosio), zucchero presente in notevole quan-tità in alcuni funghi, specialmente in esemplari giovani.(Giancarlo Burri)

I FUNGHI CRUDI

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C U L T U R A & R I C E R C A

Buona carne e mala carneDI ALDO FOCACCI

Ricchi e poveria tavola.

A chi ha una certa età non saràcerto sfuggito come fino aqualche tempo fa si notava

ancora la presenza, in macelleria tra-dizionale, di un cartello recante lascritta “carni di prima qualità”. Natu-ralmente si poteva subito supporreche, oltre alla prima qualità, dovesse-ro esistere anche carni di secondaqualità, magari in vendita in negozidiversi, ma per le quali in genere nonsi notavano appositi cartelli.

Un regio decreto legge, il n. 868,emanato in un passato che ci appareormai lontanissimo, addirittura il 19maggio del 1927, indicava infatti unaserie di norme sulla disciplina dellavendita delle carni fresche e congela-te, disponendone la classifica in duequalità, la prima e la seconda, qualun-que fosse la specie animale di prove-nienza, indicando secondo un precisoschema i criteri da adottare: età, sesso,

castrazione, utilizzo delle bestie. Que-sto schema di classificazione ebbe vi-ta breve a causa della sua comples-sità: appena tre anni dopo venneroinfatti abolite sia la prima che la se-conda qualità e fu fatto obbligo ai co-muni di indicare con appositi timbrile carni macellate fresche con l’appli-cazione di un diverso schema, assaipiù semplice. Oggi questa classifica-zione delle carni è formalmente anco-ra in vigore ma di fatto superata datempo. Ormai infatti quelle bovine, inparticolare le carni delle vacche e deitori, vengono destinate direttamenteall’industria di trasformazione, le car-ni di manzo non esistono praticamen-te più per l’abbandono del loro alle-vamento, non esistono più i vitelli al-lattati direttamente dalle madri fino asei mesi, sostituiti da animali cosid-detti a carne bianca alimentati artifi-cialmente, con carni difficilmente dif-ferenziabili da quelle di vitellone.

Il regio decreto recepiva e traducevain legge attuale, tutto sommato, unaserie di normative e di atteggiamenticulturali che risalivano nel tempo, ba-sati su situazioni di ordine zootecnico,economico e sociale che si sono pro-tratte ai primi decenni del Novecento.La prima e la seconda qualità delle car-ni erano infatti la dizione moderna, di-ciamo così, di quella vecchia, addirittu-ra secolare che veniva utilizzata per in-dicare due tipi di carne profondamen-te diversi per caratteristiche nutritive,merceologiche e sociali: la “buona car-ne” e la “mala carne”.

In Toscana si hanno notizie su que-sta distinzione di vendita fin dal 1570,all’epoca del Principato dei Medici diFirenze. Già da allora si ricordava laproibizione della vendita promiscuadei due tipi di carne, intendendosiper “mala carne” quella di vacca, dibufala e di montone, mentre si impo-

nevano misure di sorveglianza suiprezzi e sulla possibilità di frodi. Du-rante il Granducato di Toscana, furo-no emanate numerose disposizioni inmerito alla vendita dei due tipi di car-ne, in relazione ai controlli, alle san-zioni per i trasgressori, alla localizza-zione degli appositi diversi spacci, al-la commercializzazione della “malacarne” che doveva essere sempre di-sponibile sul mercato per i poveri econ prezzi contenuti.

Nel Granducato, inoltre, i macellaridi “buona carne” (o carne grossa) po-tevano tenere quella di vitella, di vi-tello, di manzo e di castrato, mentre imacellari di “mala carne” quella divacca, di toro, di bufala, di capra, dipecora e di troia, non essendo indica-ti suini diversi da quest’ultima catego-ria perché la loro macellazione e la-vorazione erano riservate alla corpo-razione dei pizzicagnoli.

Ma perché una tale differenza tra idue tipi di carne? Perché nel passatogli animali erano sottoposti a un fortesfruttamento per la produzione dellatte e della lana, e i bovini erano de-stinati soprattutto al lavoro, seconda-riamente alla produzione della carne.Gli animali inoltre venivano allevatiin condizioni igieniche, di alimenta-zione e di controllo delle malattieestremamente scadenti. È chiaro co-me bestie così sfruttate e magari inetà adulta arrivassero alla macellazio-ne in condizioni certo molto diverseda quelle attuali. La “mala carne” eraquindi la carne dei poveri mentre peri signori c’era la “buona carne”, spe-cie la carne dei vitelli.

Allora non esistevano gli alleva-menti industriali intensivi, con tutte lecure e le precauzioni odierne, mentreil lavoro nei campi non era certo assi-curato dai mezzi meccanici di oggi.

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Verdicchio sempre più d’oroDI GIANNI FRANCESCHI

“Il tema proposto per la quarantacinquesima

edizione è stato quanto mai intrigante:

«Il vino nel postmoderno»”.

I l più antico e longevo premio del-l’Accademia, il “Verdicchio d’oro”,ha compiuto 45 anni. Un’età ancor

più rispettabile se si pensa che lungoil suo intenso cammino ha premiatoben 95 personalità di spicco del mon-do accademico, culturale, dell’infor-mazione e dello spettacolo. Tutti sali-ti con letizia fin sul colle di Staffoloche domina la valle dell’Esino tra vi-gne e uliveti. E quasi tutti sono ritor-nati a Staffolo certi di venire accoltiogni volta con cordialità e simpatia.

Come ogni anno, la cerimonia dellapremiazione è stata preceduta da unconvegno che ha visto, tra i relatori,ben 10 Accademici con il PresidenteGiovanni Ballarini.

Il tema proposto per l’edizione diquest’anno è stato quanto mai intri-gante: “Il vino nel postmoderno”. Ar-gomento ricco di possibilità e inter-pretazioni, brillantemente svolte dairelatori. La giornata si è aperta con la

consueta e suggestiva cerimonia del-l’ingresso in paese attraverso un’anticaporta aperta sulle mura, con il sindacoSauro Ragni, il Presidente dell’Accade-mia, il Delegato di Ancona Mauro Ma-gagnino (Coordinatore per le Marche)seguiti, come in un corteo, dai tre pre-miati di quest’anno (Mario Fregoni,June di Schino e Marco Zanasi) e danumerosi Accademici. Sulla piccolapiazza al centro del paese la bandacittadina ha salutato l’arrivo degli ospi-ti con una serie di allegre marce. Subi-to dopo i bravissimi ragazzi del grup-po folcloristico si sono esibiti, nei lorobei costumi popolari, nel saltarello ein altri balli tradizionali.

Ha quindi avuto inizio il convegnoculturale nell’antica e bellissima Colle-giata di San Francesco, chiesa sconsa-crata che però ha conservato tutti ipreziosi dipinti che l’adornavano.

L’Accademico Sandro Marani, Dele-gato della Riviera del Conero, mode-

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CONVIVIO DEL VERDICCHIOVilla “La Ciminiera”, Staffolo

19 settembre 2010

In cucina lo chef Antonio Brocani del ristorante “La Grotta del Frate”con la collaborazione dell’istituto alberghiero “Varnelli” di Cingoli

MenuBuffet di golosità delle Marche

Ravioli alla contadinaTagliatelle al ragù di tradizione

Pollo in potacchioOca al forno con patate

Zuppa ingleseDolci secchi del territori

I viniVarie tipologie di Verdicchio Doc

offerte dal Comitato di valorizzazione del Verdicchio di Staffolo

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ratore dei vari interventi, dopo unbreve saluto ha dato la parola a SauroRagni, sindaco del Comune di Staffo-lo promotore del premio insieme al-l’Accademia. Il suo saluto agli inter-venuti ha posto l’accento sul lungocammino del “Verdicchio d’oro”, ini-ziativa culturale che ha promosso evalorizzato, negli anni, il prodotto ti-pico dei colli di Jesi. Il Delegato Mau-ro Magagnini, a sua volta, ha tenuto asottolineare la vitalità del premio che,ogni anno, arricchisce il proprio ”pal-marès” di nomi nuovi e illustri nelcampo della cultura, dell’alimentazio-ne, dell’enogastronomia e delle pro-duzioni agroalimentari. Sono poi se-guiti gli interventi di saluto e di plau-so di numerose autorità regionali eprovinciali.

La serie delle relazioni è stata aper-ta dall’Accademico Marcello Ticca, li-bero docente di scienza dell’alimen-tazione, che ha illustrato gli aspetti

etico-scientifici dei comportamentiumani di fronte al consumo del vinoe delle bevande alcoliche in genera-le, citando ampiamente i risultati diuna ricerca francese sul consumo delvino e i suoi effetti sulla salute.

Il prof. Mario Fregoni, premiatoquest’anno, docente di viticoltura al-l’Università Cattolica di Piacenza, hasimpaticamente esaminato l’originedel vitigno Verdicchio in parallelocon altri vitigni che ricalcano nel no-me il colore verde, senza avere alcu-na parentela con quello che si coltivanelle Marche, che è un vitigno unico.Ha poi posto l’accento sul rischio chequalche assonanza nei nomi possacreare confusione nei consumatori.

L’Accademica June di Schino (an-ch’essa premiata), storica della ga-stronomia, ha evocato l’antico rito diDioniso, dio greco del vino, per com-piere un rapido ma esauriente excur-sus su quella che ha definito la magia

del vino nel corso dei secoli se nonnei millenni. I riferimenti storici, leargute citazioni, l’esposizione chiarahanno affascinato gli ascoltatori.

L’Accademico Gianni Franceschi,direttore di questa rivista, ha svoltouna rapida relazione affrontando iltema del postmoderno nel vino attra-verso una serie di ironiche riflessioninella convinzione che il vino nonpossa essere né antico né modernoné postmoderno essendo, per suanatura, eterno attraverso il tempo e levarie epoche.

È seguito l’intervento dell’Accade-mico Alfredo Pelle, giornalista enoga-stronomico, che ha affrontato il temadel vino nella ristorazione, allargan-do la propria indagine anche all’inci-piente tecnologia in cucina che, siapure in fase sperimentale, tenta nuo-ve strade destrutturando e ristruttu-rando sapori e profumi. Segno que-sto, ha precisato, che l’arte della cuci-

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La strada percorre queste valli ordinate, in un pano-rama di grande dolcezza autunnale, dove vignetiancora da vendemmiare sono opulenti e dove il colo-re pastello degli olivi rimanda a un clima mite. Si sale fino a Staffolo dove, nella sconsacrata e stu-penda Collegiata di San Francesco, il Presidente del-l’Accademia Giovanni Ballarini ha conferito il pre-mio “Orio Vergani” per il 2010 ai tre autori di un vo-lume che illustra le varie discipline della cultura ali-mentare nelle Marche.La cerimonia ha visto gli autori Ugo Bellesi (Delegatodi Macerata), Ettore Franca e Tommaso Lucchetti(storici) presentare un bellissimo volume edito da “IlLavoro Editoriale”, piccola casa editrice che operanella cultura: la “Storia dell’alimentazione, dellacultura gastronomica e dell’arte conviviale nelleMarche”. Gli autori hanno indagato sistematicamen-te, come hanno spiegato nel corso della premiazione,nella storia complessa della cultura alimentare econviviale di una regione. Si è cercata una sintesicritica e di ampio respiro dal mondo antico alla in-dustrializzazione della cultura del cibo e del vino,guardando le tradizioni culturali di un mondo com-plesso ed eterogeneo quale quello di questa terra.L’attento auditorio è entrato in un mondo nel quale

“memory is possession”, ricordare è possedere, comeha chiarito il Presidente Ballarini. Questo libro ricor-da, e non solo ai marchigiani, come le varie discipli-ne che si interconnettono con l’arte conviviale sianoportatrici di una comunicazione di valori che l’Ac-cademia propugna come propria finalità.Subito dopo c’è stato il conferimento al salumificioTomassoni di Jesi del premio “Dino Villani” 2010,prestigioso riconoscimento che l’Accademia riservaai prodotti di eccellenza e alta qualità nel panoramadella produzione agroalimentare italiana. Il premioè stato consegnato a Sergio Tomassoni, titolare dell’a-zienda che produce una coppa di testa, salume tra-dizionale di alta qualità.È stato così riconosciuto il lavoro di un salumificioartigianale che opera nel pieno e puntiglioso rispettodelle tradizioni. La coppa di testa è un salume fatto,appunto, con le carni della testa del maiale ma nonsolo, poiché vi si aggiungono anche quelle delle ossadella schiena, del codino e degli zampetti: carni cottee tritate e condite con noce moscata, cannella in pol-vere, foglie di alloro e buccia di limone o arancia,amalgamate con vin cotto. Ancora caldo l’impastoviene insaccato nel budello detto “trombone” e lo siconsuma fresco. (Alfredo Pelle)

IL PRESIDENTE BALLARINI A STAFFOLOCONSEGNA I PREMI “VERGANI” E “VILLANI”

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na è come sempre in evoluzione manon è detto che qualsiasi tentativo,anche azzardato, possa proiettarsi nelbagaglio culturale della tradizione.

L’Accademico Giuseppe Fatati, pre-sidente dell’Associazione dietologiitaliani, ha illustrato le metanalisi me-diche connesse alla nutrizione e alconsumo del vino, affermando che ilvalore scientifico del vino non è clas-sificabile come postmoderno o in al-tra maniera epocale, in quanto que-sta antica bevanda non subisce né hamai subito modificazioni o alterazionitali da comprometterne i valori e lacaratteristiche fondamentali.

Il professor Tommaso Lucchetti,docente di storia della gastronomia,entrando anche lui nel tema del con-vegno ha provato a esaminarne laterminologia, affermando che si cer-ca di smitizzare il passato andandooltre il moderno. Il relatore giudica il

tema del convegno un paradosso cheperò consente, attraverso la discus-sione, di andare alle radici di quel vi-no che, definito “spirito”, acquista unvalore immateriale e sostanziale a untempo.

L’Accademico Marco Zanasi (anchelui premiato), docente universitariodi psicoterapia, ha inteso il postmo-derno come elemento della globaliz-zazione, interpretandone i riflessi sul-la ritualità e sacralità del cibo, modosimbolico di affrontare in maniera di-versa l’insieme delle formalità.

L’Accademico Corrado Piccinetti,docente universitario di biologia ma-rina, ha anch’egli affrontato il temadel convegno sostenendo, però, cheper avviare un discorso bisogna pri-ma di tutto partire dal passato se vo-gliamo comprendere il presente eprogettare, più che il postmoderno,un futuro sia per l’alimentazione, che

segue l’evolversi della società, sia peril vino, elemento costante di usi e co-stumi e, quindi, di tradizione.

L’Accademico Giuseppe Benelli,docente universitario e presidentedel premio “Bancarella”, rifacendosia Orio Vergani, fondatore dell’Acca-demia, ne ha ricordato il pensiero ri-vendicando la sua lungimiranza cheha visto nella tradizione gastronomi-ca una fonte di dibattito, di confron-to, di discussione per giungere a quellento procedere della tradizione nelsuo cammino verso nuove forme,nuove realtà, nuovi impulsi. Tuttoquesto, poi, è il fulcro di una tradizio-ne che non è statica ma forza viva incontinua evoluzione. E anche questo,ha concluso, può essere definito “po-stmoderno”.

Il Presidente dell’Accademia, Gio-vanni Ballarini, ha tratto le conclusio-ni del convegno rilevando che, dallevarie relazioni, è emersa una dimen-sione filosofica del postmoderno conla fine delle convinzioni, il ritorno deisimboli: in questa ottica il vino dà lacertezza del futuro. È seguita la ceri-monia di premiazione con la conse-gna di un artistico diploma con me-daglia d’oro (il premio contempla an-che una congrua fornitura di Verdic-chio dei Castelli di Jesi) a Mario Fre-goni, June di Schino e Marco Zanasi.

Al termine, il tradizionale convivioin onore dei premiati presso la villa“La Ciminiera”, con la presenza di ol-tre cento commensali, simpaticamenteaccolti dai proprietari del complesso,Adriana e Giancarlo Tomassetti. Lespecialità della cucina marchigianache hanno deliziato i partecipanti era-no state precedute, nei giorni del con-vegno, da un pranzo nel ristorante “LaGrotta dei Frati” e nella cantina “DiLeo” dove il titolare Emanuele Pa-squarelli ha illustrato, nel corso di unacena tipica, i vari tipi di Verdicchio ab-binati alle portate. In precedenza c’erastato un gustoso aperitivo nel Museoenoteca di Staffolo con i pregiati pro-dotti del salumificio Tomassoni di Jesi,insignito del premio “Villani”.

GIANNI FRANCESCHISee International Summary page 77

NUOVI INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICAPer semplificare e facilitare i contatti con i vari settori dell’Accademia,

sono stati istituiti nuovi indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.Anche se gli indirizzi utilizzati finora rimarranno comunque validi

ancora per qualche mese, invitiamo tutti gli Accademici a servirsi dei nuovi da subito.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:

[email protected]

e-mail per la Direzionee redazione romana della rivista:[email protected]

e-mail per la Biblioteca nazionale “Giuseppe Dell’Osso”:[email protected]

Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Pubblicità alimentareDI SERGIO GRISTINADelegato di Livorno

“La storia delle più prestigiose aziende alimentari italiane

si intreccia con le stagionistilistiche del XX secolo”.

In occasione della manifestazione“Effetto Venezia 2010”, promossadal Comune di Livorno, la Delega-

zione labronica ha organizzato la mo-stra “Cibi e bevande 1900-1950: cin-quant’anni di pubblicità de «Il Tele-grafo» e «Il Tirreno»”. Nell’ampia e sto-rica sede della Fratellanza artigiana,nel cuore del quartiere “Venezia”, so-no state presentate le immagini trattedal volume curato da Francesca Ca-gianelli e Dario Matteoni, edito daBenvenuti & Cavaciocchi.

L’idea di questa mostra, che rappre-senta in modo divulgativo una sintesidel volume limitata al settore alimenta-re, è nata estemporaneamente da unariunione conviviale della Delegazionedi Livorno, nella quale, in occasionedella presentazione del libro, si eranoviste circa cento immagini che si riferi-vano ai cibi e alle bevande dei primicinquanta anni del secolo scorso.

In occasione della presentazione,alla quale hanno partecipato moltiAccademici, dopo l’introduzione delDelegato, si sono alternati gli autoridel libro e l’amministratore delegatode “Il Tirreno”, Giovanni Dotta, men-tre l’Accademico Alfredo Pelle hasvolto un intervento riepilogativo.

Esaminando le varie locandine pub-blicitarie, appare come dal 1900 al1950 dapprima “Il Telegrafo” e quindi“Il Tirreno” abbiano ospitato alcunedelle più prestigiose campagne pub-blicitarie del Novecento. L’avvicen-darsi di questi materiali visivi sulle pa-gine del quotidiano coincide con letappe che ha attraversato la graficaitaliana nella prima metà del Nove-cento, a partire dall’inizio del secolo.

In tal senso, nella sezione “Vini,aperitivi e liquori” la storia delle piùprestigiose aziende italiane si intrec-cia con le stagioni stilistiche del XXsecolo, dal Liberty alle avanguardie

postcubiste: Marsala Florio, col deco-rativismo liberty di Rubino e con lastringata modernità di Nico Edel, Sarticon l’estro avanguardista dell’agenzia“Ultra” di Sergio Franciscone e GinoPesavento, Fernet-Branca con il nove-centismo di Giuseppe Cappadonia.

Nella sezione dedicata a generi ali-mentari e bevande, si distinguono lecampagne pubblicitarie del gruppoalimentare Galbani, affidate negli an-ni Trenta allo Studio Aldo Foa-Plusul-tra, dal gusto geometrico e stilizzato,così come l’impegno della Peruginache addirittura recluta un grafico dieccezione quale Federico Seneca chededica alla scimmia la sua icona piùfortunata dell’azienda dolciaria. Sututte domina, sulle pagine del quoti-diano, la pubblicità della Cirio che,tra invenzioni formali e artifici lettera-ri, confeziona una delle più gustose earticolate campagne promozionalidell’industria italiana: icone predilettesono casalinghe frustrate e ilari neo-nati diversamente appagati dalle pro-prietà dietetiche o nutrizionali, senzacontare le continue sollecitazioni of-ferte tramite i concorsi per le famoseetichette Cirio. Sono le icone di unamodernità che, se all’inizio del Nove-cento è solo evocata, diverrà poi tragli anni Venti e gli anni Trenta realemodello di sviluppo, incarnando lestagioni del rilancio industriale italia-no. La diffusione di mode e costumipassa infatti in maniera capillare pro-prio dalla pubblicità dei quotidiani.

La mostra consente quindi di sfo-gliare, come in una sorta di albumdei ricordi, miti e speranze della so-cietà italiana, che da forme e valoripropri della cultura preindustriale ar-riva, seppure a fatica, alle nuove im-magini dell’universo dei consumi edella mercificazione.

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I N O S T R I C O N V E G N I

Tipicità e tradizioneDI GIOACCHINO GIOVANNI IAPICHINO

Delegato di Parma

“La sessione dedicata alla tipicità dei vini

è stata in particolar modosuggestiva”.

P arma ha ospitato un convegnointernazionale su “La tipicitànella storia: tradizione, innova-

zione e territorio” organizzato dalFood Lab della Facoltà di Economiain collaborazione con la Delegazionedell’Accademia. I numerosi relatoriprovenienti dall’Italia e dall’esterohanno esaminato diversi aspetti: sto-riografici (l’affermazione del termine“terroi” come definizione di un insie-me di fattori geoclimatici che contrad-distingue un determinato tipo di pro-duzione), con la specifica toponoma-stica riferita a determinati prodotti apartire dal Medioevo; lo sviluppo re-gionalistico di piatti quaresimali inEuropa all’inizio dell’Evo moderno;l’affermarsi di tradizioni cucinarie indiverse realtà locali (sud-ovest dellaFrancia, Fiandre, Norvegia); lo svilup-po della produzione zootecnica nellaReggio Emilia del XIX secolo; la carat-

terizzazione dei vini italiani attraversola storia dei premi delle esposizioninazionali e internazionali dell’Otto-cento; la retrospettiva storica dellaguida gastronomica d’Italia tra 1931 e1984; lo sviluppo del turismo enoga-stronomico in Italia. Illustrati anche irapporti tra tipicità e produzione agri-cola e zootecnica da un lato (con i ca-si del Costarica e del Walserstoltz au-striaco) e produzione industriale dal-l’altro (la cioccolata svizzera, i vini re-gionali di Champagne, Chianti e Pu-glia), lo sviluppo delle strategie dimarketing nel turismo gastronomiconell’arco alpino, il ruolo dei “conseil-leurs agricoles” nello sviluppo dellatipicizzazione dei prodotti della Sa-voia. La sessione dedicata alla tipicitàdei vini è stata in particolar modosuggestiva per le capacità oratorie deirelatori e per la maggiore possibilitàdi confronto delle esperienze in cam-po ampelografico.

Nel primo intervento, ChristianBarrère ha evidenziato l’importanzadelle “grandes maisons” dello Cham-pagne e delle loro strategie industrialie di lobbying non solo nell’afferma-zione del tipo di vocazione vinicoladella regione (esclusione delle produ-zioni di vini rossi e a basso redditocome i vini da taglio) e di prodotti perla vinificazione provenienti da regioniestranee alla zona con ricadute positi-ve sull’economia locale, ma anchenella capacità di imporsi sul mercatorispetto ai propri concorrenti storicinel campo dei vini bianchi frizzanti: laBlanquette de Limoux e la Clairettede Die.

La relazione di Luca Mocarelli ha ri-portato le esperienze parallele legatealla difesa della tipicità del Chianticlassico tra controversie e alterne vi-cende legate alla definizione del terri-torio di provenienza e alle periodiche

crisi di produzione, insieme a interes-santi considerazioni a proposito del-l’impatto sul territorio connesso all’in-tensività delle culture, ai cambiamentinel tipo di vignagione e nel substratosociale.

Ezio Ritrovato ha infine esposto le ri-cadute delle politiche agricole regiona-li della Puglia che, favorendo anche lavalorizzazione di vitigni autoctoni (ilPrimitivo, il Negroamaro e l’Uva diTroia), hanno portato, in un territorioprevalentemente vocato a una produ-zione vinicola di quantità, allo svilup-po di molteplici produzioni di qualità.Molto interessanti sono stati anche gliinterventi di carattere dottrinale: Chri-stian Barrère, oltre alle considerazionistoriche legate allo sviluppo della pro-duzione di Champagne, ha effettuatoun’analisi basata sulla teoria dei giochi,per quanto riguarda le capacità di af-fermazione sul mercato dei prodotti ti-pici, che si potrebbe estendere ad altriprodotti. Maura Franchi ha analizzato irapporti tra produzione tipica e aspettipsicologici e sociologici, riflettendo sulfatto che l’identificazione di un prodot-to come “tipico” è mediata dall’acquisi-zione nella memoria collettiva di unrapporto tra unicità, territorio, cultura,tradizione, qualità, genuinità che, inte-ragendo con fattori razionali, emozio-nali e simbolici, concorre a creare unavera e propria mitologia del prodottotipico. Un esempio è offerto dal mag-gior costo medio dei prodotti indu-striali legati alla cucina italiana neimercati esteri, che ha portato ancheallo sviluppo di un “labeling” inganne-vole (etichette che suggeriscono unaprovenienza italiana per prodotti chesono realizzati all’estero, con materieprime di origine non italiana e spessosenza alcuna relazione con i prodottioriginali con i quali suggeriscono diessere in relazione). Un’analisi del fe-

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I N O S T R I C O N V E G N I

nomeno ai fini dello sviluppo di unmodello storico-economico è stata vi-ceversa presentata da Stefano Maga-gnoli assieme ad Alberto Grandi eGiovanni Ceccarelli. Tale modello sibasa sull’utilizzo del concetto di “ava-tar”. Al giorno d’oggi questo terminederiva la propria fama dagli sviluppinel campo della realtà virtuale, ma inorigine si trattava della denominazio-ne in sanscrito delle incarnazioni ter-rene del Brahman, entità suprema del-la triade indù.

Il paradigma dell’“avatar” è quellodella copia: il prodotto tipico, spesso,non può essere esportato per limiti dicarattere materiale (deperibilità, ridot-ta capacità o possibilità produttiva,scostamento tra prodotto originale epercezione da parte del consumatorefinale) e viene pertanto surrogato.Non si fa riferimento al processo dellafalsificazione, sofisticazione o adulte-razione che conseguono all’utilizzo dimaterie prime di scarsa qualità perconfezionare un prodotto venduto in-fine a costo elevato, ma di produzioniche, partendo da costi più elevati del-la media e senza ricorrere a mistifica-zioni sull’origine, si identificano più omeno profondamente con gli origina-

li. Tali produzioni sono legate a unadiscrepanza ingravescente tra doman-da e offerta dell’originale e contribui-scono comunque a una maggiore dif-fusione del prodotto e a creare quelconsenso e quel mercato senza i qualiun prodotto tipico non potrebbemantenere la propria vitalità o rimar-rebbe confinato nella propria zona diorigine. Un prodotto tipico con tale li-mite presenterebbe inoltre una so-pravvivenza vincolata alla perduranteattualità delle tecnologie e dei fattorisocio-economici che ne hanno con-sentito lo sviluppo. Il caso legato alpanettone, che da prodotto tipico arti-gianale e locale diviene prodotto in-dustriale e nazionale, eclissando difatto l’archetipo, è riconducibile a unmodello di “avatar” sostitutivo per cuiil prodotto originale finisce per essereconsiderato a sua volta una copia delprodotto-copia più diffuso.

Un modello cooperativo è infine of-ferto dalla coesistenza di un prodottodi nicchia molto esclusivo e ricercato,affiancato a un surrogato che ne ri-chiama il nome, pur presentando ca-ratteristiche non sovrapponibili. Laconvivenza in questo caso è tuttaviasimbiontica: la fama del prodotto ori-

ginale stimola l’uso del surrogato chea sua volta diffonde e mantiene il no-me del prodotto più ricercato. È que-sto il caso del rapporto tra l’aceto bal-samico tradizionale di Modena e lesue molteplici imitazioni.

La tipicità, in sostanza, è un fenome-no sfaccettato ancorché evanescente,difficile da inquadrare, definire, isola-re. Questi presupposti non devonosminuire il valore legato all’identifica-zione, all’isolamento e alla difesa deiprodotti. Si tratta di un valore aggiuntogiustamente protetto anche da apposi-te normative. Il consumatore ha dirittoad acquistare non solo il mito legato alprodotto, ma anche quelle caratteristi-che di qualità e genuinità che il nomedeve portare con sé.

Quello che viene difeso non è per-ciò il mero nome, ma il “buon nome”che il prodotto tipico si è creato graziealla perseveranza e alla dedizione dicoloro che lo hanno sviluppato. Talegaranzia non è a senso unico, poichédifende anche valori accessori quali ilsenso di appartenenza dei produttori ediffonde la fiducia nella conservazionee nella trasmissione della cultura legataa tali produzioni.

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Con la riunione conviviale autunnale si sono festeg-giati anche i 20 anni della Delegazione di Oslo e pertale particolare occasione la partecipazione degli Ac-cademici e degli illustri ospiti non poteva essere chequella delle grandi serate. In effetti il simposio è risul-tato particolarmente interessante grazie alla presen-za del Presidente dell’Accademia Giovanni Ballarini,del Vice-Presidente Benito Fiore, dei quattro Delegatiche si sono succeduti nel corso degli anni. Erano pre-senti, inoltre, l’ambasciatore italiano a Oslo AntonioBandini, in compagnia di un altro ambasciatore,Antonio Badini, oggi direttore generale dell’impor-tante organizzazione internazionale Idlo. La riunio-ne conviviale si è tenuta presso il ristorante di GinoValente, stesso ristoratore che venti anni fa fu testi-mone della nascita della Delegazione. L’aperitivo èstato servito nelle sale del ristorante dove erano espo-sti quadri del pittore italiano, nonché Vice-Delegatoa Oslo, Gino Scarpa. Il Simposiarca Mauro Breccia-

roli, dopo il saluto di benvenuto ai numerosi ospiti,ha dato la parola a diversi Accademici che hanno ri-percorso i venti anni della Delegazione; particolar-mente apprezzato è stato il tocco culturale che, nelsuo intervento, il Presidente Ballarini ha dato nel sot-tolineare gli obiettivi e le finalità dell’Accademia edelle sue Delegazioni, in particolare all’estero. Il bellocale, il servizio sempre attento, l’ottimo menu incui lo chef Giorgio Gerola si è superato nella prepa-razione del risotto al tartufo e asparagi, la presenzadi ospiti illustri hanno fatto sì che la serata si svolges-se all’insegna della cultura, del buon umore e del di-vertimento. Aggiungiamo inoltre che, in occasione della visita aOslo del Presidente, la Delegazione ha premiato l’ot-timo lavoro svolto negli ultimi tredici anni dal notochef Dag Tjersland, proprietario del ristorante “Balta-zar”, consegnandogli il diploma di “Buona cucina”.(Mauro Brecciaroli)

IL PRESIDENTE BALLARINI IN VISITA A OSLO

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I N O S T R I C O N V E G N I

La manna, dono divinoDI IGNAZIO AVERSA

Delegato di Trapani

“Un ritorno alla coltivazioneavrebbe una ricaduta

economica notevole sul territorio,

in considerazione anchedella pressante richiesta”.

Imedici dell’antichità greco-romana(Galeno, Plinio) e araba (Mesue,Serapione, Avicenna) la conosce-

vano con il nome di miele di rugiadao secrezione delle stelle: così venivadescritta la manna. E di manna si èparlato nel convegno organizzato dal-l’Accademia, Delegazione di Trapani,dal titolo “La manna, dono divino”,che si è tenuto nell’aula magna delPolo universitario di Trapani. Hannosvolto interessanti relazioni GiulioGelardi, noto produttore ed espertomadonita di manna, il dottor Vincen-zo Bertolino, diret-tore della Riservanaturale dello Zin-garo, il prof. Fran-cesco Maria Rai-mondo, ordinariodi Botanica dell’U-niversità di Paler-mo, il prof. CarloCannella dell’Uni-versità “La Sapien-za” di Roma, presi-dente dell’Istitutodi ricerca alimenta-re e nutrizionale, ilprof. BenedettoCarucci Viterbi,preside delle Scuo-le ebraiche di Roma e vice-direttoredel corso di laurea in Studi ebraici delCollegio rabbinico italiano, l’on. prof.Camillo Oddo, vice-presidente del-l’Assemblea regionale siciliana. L’Ac-cademico Mario Ursino, componentedella Consulta accademica, Coordina-tore territoriale della Sicilia orientale eDelegato di Catania, ha svolto coneleganza e competenza il ruolo dimoderatore.

Gli illustri oratori che si sono alter-nati al microfono hanno trattato il te-ma “manna” dal punto di vista gastro-nomico, economico, paesaggistico,

antropologico, medico e religioso. IlDelegato di Trapani, Ignazio Aversa,ha aperto il convegno illustrando lemotivazioni dell’organizzazione diquesto avvenimento che vuole recu-perare e valorizzare le tradizioni ga-stronomiche attraverso la memoriaculturale che le lega al territorio, spe-cificando, altresì, che sessanta e piùanni fa, in diverse zone del Trapane-se, esistevano migliaia di alberi difrassino dai quali si estraeva la mannae che oggi, in tutto l’agro ericino, ne èrimasto soltanto un centinaio. Negli

ultimi anni la ri-scoperta delle suevirtù nutrizionali eterapeutiche, pa-rallelamente allagenerale, progres-siva diminuzionedella quantità diprodotto disponi-bile, ha determina-to un notevole au-mento del prezzodella manna e,pertanto, è auspi-cabile che, anchenel Trapanese, sitorni a investire suessa facendone ri-

fiorire la produzione. Dopo i salutidell’assessore del Comune di Erice, Sil-vana Catalano, e del sindaco di Polli-na, Magda Culotta, ha preso la parolaGiulio Gelardi con un interessante eapprofondito excursus storico sullamanna, affermando poi, con amarez-za, che non esiste più il ricambio gene-razionale nella coltivazione di tale pro-dotto poiché l’estrazione della linfa delfrassino, attività che nel passato coin-volgeva interi paesi, in territorio mado-nita oggi è patrimonio di poco menodi 50 produttori e quindi si corre il ri-schio che tale coltura possa scompari-

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I N O S T R I C O N V E G N I

re. Ha concluso auspicando un rilan-cio della produzione della manna, an-che come reale opportunità di lavoro edi reddito.

Il secondo oratore, il dottor Vincen-zo Bertolino, ha “presentato” la riser-va naturale dello Zingaro illustrando-ne le splendide calette e le spiagge, lanotevole varietà faunistica e la lussu-reggiante vegetazione ricca di pianterare ed endemiche; la riserva ne com-prende oltre 700 specie catalogate, tracui il frassino da manna impiantato dapochi anni.

Il terzo relatore, prof. FrancescoMaria Raimondo, ha affermato che ilclima mediterraneo, soprattutto quel-lo del Trapanese, offre a questo tipodi frassino un habitat naturale ideale,sostenendo, altresì, che un eventualeritorno alla coltivazione della mannaavrebbe senza dubbio una ricadutaeconomica notevole sul territorio, inconsiderazione anche della pressanterichiesta. Molto interessante e pienodi spunti di alto contenuto morale èstato l’intervento del quarto relatore,il rabbino prof. Benedetto Carucci Vi-terbi, il quale ha ricordato come, nelracconto biblico della fuga degli Ebreidall’Egitto, questi siano sopravvissutinutrendosi della manna caduta dal

cielo. A tale episodio, rifacendosi allatradizione ebraica, ha dato un’inter-pretazione simbolica con una conno-tazione sociale fortemente egalitaria:“La manna non è un bene accumula-bile (gli Ebrei infatti raccoglievano laquantità necessaria per il loro sosten-tamento quotidiano); tutti dovevanoprenderne la stessa razione”. Il prof.Carucci ha proposto anche un altrointeressante motivo di riflessione so-stenendo che gli uomini, nel momen-to in cui non hanno la preoccupazio-ne di procurarsi il cibo, possono dedi-carsi alla spiritualità.

A seguire ha preso la parola l’on.Camillo Oddo, che ha dichiarato dicondividere e di fare propria la propo-sta, avanzata nel corso del convegnodal Delegato Ignazio Aversa, di riunireattorno a un tavolo i sindaci di San Vi-to Lo Capo, Custonaci, Valderice, Eri-ce, Castelbuono e Pollina, unitamenteai componenti della CommissioneTerritorio e ambiente della Regione si-ciliana, per discutere sulla possibilitàdi istituire due corsi regionali finaliz-zati alla creazione di figure professio-nali specializzate nelle tecniche pro-duttive della manna. Tali tecniche, og-gi, ci possono essere tramandate sol-tanto da pochi esperti contadini, i

quali sono in grado di praticare le in-cisioni sul tronco del frassino nei mo-di e nei tempi opportuni.

L’ultimo intervento è stato quellodel prof. Carlo Cannella. L’illustre cat-tedratico ha ripreso e approfonditoquanto già espresso da Giulio Geracie dal prof. Francesco Maria Raimon-do, parlando delle proprietà chimichee organolettiche del mannitolo e dellealtre sostanze contenute nella manna,sia quelle che si ricavano dall’essudatodel frassino che quelle prodotte dal-l’industria. Si è intrattenuto sulle pro-prietà farmacologiche, dietologiche,cosmetiche e gastronomiche del pro-dotto, rilevando, altresì, che i costi delprodotto industriale - che, a suo pare-re, presenta le stesse caratteristiche diquello naturale - sono notevolmenteinferiori e quindi preferibili per lagrande produzione. Ha affermato, co-munque, che bisogna mantenere e tu-telare il patrimonio culturale e mate-riale della manna e che si deve inve-stire su questa coltura per i giovani“perché si fa business anche con lacultura”.

I lavori sono stati conclusi dal mo-deratore Mario Ursino, che ha ringra-ziato i relatori complimentandosi perlo spessore culturale degli interventi eha invitato i numerosi convegnisti agustare le pietanze e i dolci preparatidall’azienda agricola “Giulio Gelardi”di Pollina (assaggi di manna, torronci-ni con manna, liquore di manna), dal-la pasticceria “Salvatore Cappello”,medaglia d’oro alla selezione Pastrychef del Culinary team di Palermo (unoriginale cuscus dolcificato con man-na, dolcini di frutti di bosco con man-na), dall’azienda dolciaria “Fiascona-ro” di Castelbuono (panettone im-biancato con manna), e i vini tipici diSicilia offerti dall’Istituto regionale del-la vite e del vino di Palermo. Il giornosuccessivo al convegno, alcuni Acca-demici e ospiti hanno partecipato auna visita guidata all’interno della ma-gnifica Riserva naturale dello Zingaro,concludendo la giornata con un pran-zo offerto dal sindaco di San Vito LoCapo, Matteo Rizzo.

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IL PRESIDENTE DELL’ACCADEMIA A HELSINKIIn occasione del suo viaggio nei Paesi scandinavi, il Presidente Gio-vanni Ballarini ha visitato, insieme al Vice-Presidente Benito Fiore,anche la Delegazione di Helsinki, che da due anni ha rivitalizzato lapropria attività sostenuta oggi da una ventina di Accademici. L’am-basciatrice italiana in Finlandia, signora Elisabetta Kelescian, ha of-ferto una cena per gli ospiti e per gli Accademici finlandesi presso lasua residenza. Il Presidente Ballarini, al termine della serata, ha sot-tolineato nel suo discorso l’importanza di promuovere la cultura del-la cucina italiana all’estero e ha ringraziato l’ambasciatrice Kele-scian per la sua ospitalità e per essere stata molto attiva nella Delega-zione di Helsinki. Durante il piacevole incontro in casa dell’amba-sciatrice, sono nate numerose nuove idee per il futuro della Delega-zione e soprattutto per quanto riguarda la ricorrenza dei 150 annidell’unità d’Italia. È stato anche ricordato che la città più antica del-la Finlandia, Turku, sarà capitale culturale europea nel 2011 e chel’Accademia ha intenzione di monitorare e seguire i ristoranti italia-ni della città. (Enrico Casagrande)

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Il cuoco segreto dei papiDI LORENA GALLINA

“Bartolomeo Scappi spaziadalla tecnica cucinaria vera

e propria all’allestimento di una cucina e delle sale

adibite ai banchetti”.

L’ “Opera” di Bartolomeo Scappi,data alle stampe per la primavolta a Venezia nel 1570 presso

Michele Tramezzino, viene considera-ta uno dei testi chiave della trattatisticadi carattere gastronomico per i nume-rosi e profondi influssi apportati allamoderna ristorazione europea. La Bi-blioteca dell’Accademia ne possiedeun prezioso esemplare, risalente al1596, stampato a Venezia per i tipidell’editore Alessandro Vecchi, pur-troppo privo del frontespizio e del ri-tratto dell’autore: la mancanza delfrontespizio, una sorta di carta d’iden-tità del libro, rende difficile identifica-re con sicurezza di quale edizione sitratti. Esistono infatti due edizioni ve-neziane del 1596, citate nella Biblio-grafia latino-italiana di gastronomia diMaria Paleari Henssler (Milano, Chi-mera, 1998), l’una “ad istantia de Gio.Martinelli” e l’altra “ad istantia de Gior-

gio Ferrarij”, con il medesimo numerodi tavole - ventisette, di cui una dop-pia - entrambe realizzate “in fine Ap-presso Alessandro Vecchi”.

Da segnalare la mancanza di alcu-ne pagine del sesto libro (pp. 361-368) e, al termine dell’opera, l’inseri-mento de “Il trinciante” di M. Vincen-zo Cervio, “ampliato et ridotto a per-fettione dal cavallier reale Fusorittoda Narni al servizio del cardinale Far-nese”, in un’edizione veneziana del1581 realizzata “appresso gli Heredidi Francesco Tramezzini”.

L’originalità dell’opera, suddivisa insei libri, emerge fin da subito inquanto viene elencato in modo fram-misto tutto il sapere dell’autore, chespazia dalla tecnica cucinaria vera epropria all’allestimento di una cucinae delle sale adibite ai banchetti. Il pri-mo libro si apre con la dedica a Fran-cesco de Reinoso, scalco di Sua san-tità Pio V, nella quale si enuncia chia-ramente la filosofia gastronomica del-lo Scappi: egli afferma che “comemaligni, e nemici del ben comune,sono biasimati coloro, che tenendocelati i lor secreti non solo col mezzodella penna ricusano pubblicarli, maanco con la parola verso a particolari,avari se ne mostrano”. Al contrariol’autore non ha voluto negare la pub-blica luce alla sua opera e, ritenendoche potesse essere utile a molti, l’hadata alle stampe per l’uso comune.

Già nel 1998 l’Accademia ha curatoa Luino un convegno internazionaledi studi dedicato alla figura delloScappi, definito il lombardo Miche-langelo della cucina; è stata infatti ri-trovata una lapide nella chiesa di SanGiorgio di Runo, frazione di Dumen-za (in provincia di Varese), che se-gnala un lascito per messe perpetue,stabilito da Bartolomeo Scappi cava-liere e conte lateranense. Questo tipo

di donazioni veniva abitualmente ef-fettuato a favore di un tempio delluogo di origine, il che testimonia inatali lombardi del cuoco segreto deipapi. Gli atti del convegno, pubblica-ti nella collana dei Quaderni dell’Ac-cademia e conservati in Biblioteca, sirivelano una fonte preziosa per cono-scere il panorama della cucina italia-na fra Medioevo e Rinascimento, l’at-tività e il bagaglio culturale delloScappi prima del suo arrivo a Roma,nel 1536 (fu attivo a Milano, poi a Ve-nezia, intorno al 1530, forse al segui-to di Francesco Sforza) e il contestodella corte papale nei decenni delsuo soggiorno romano.

Il contenuto del trattato è ben deli-neato nel volume di June di Schino,Accademica di Roma, e Furio Lucci-chenti, “Il cuoco segreto dei papi. Bar-tolomeo Scappi e la Confraternita deicuochi e dei pasticcieri”, opera mono-grafica pubblicata da Gangemi editorenel 2007 e interamente dedicata alla fi-gura del cuoco. Il primo librodell’“Opera” è incentrato sul ragiona-mento che fa l’autore con Giovannisuo discepolo (identificato dai duestudiosi come Giovanni Valfredo DeMeldula) nel quale si dimostra che,per essere educati alla difficile profes-sione del cuoco, occorrono modestia,umiltà e diligenza. Il secondo librotratta le carni, le minestre, le gelatine ele salse; segue il libro quaresimale de-dicato ai pesci e alle pietanze di ma-gro come uova, verdure e legumi. Ilquarto libro descrive l’imbandigionedelle vivande per i banchetti nel ri-spetto della stagionalità degli alimentie delle prescrizioni del calendario reli-gioso. Il quinto espone il tema dellepaste, dai pasticci alle crostate alle tor-te, all’epoca particolarmente graditi.L’ultimo libro, il più breve, riguarda ilvitto per convalescenti e fornisce no-

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zioni basilari di dietetica e dotti ele-menti di igiene in cucina: tra i rimediper gli ammalati si suggeriscono ricet-te di minestre, zuppe e orzate nonchéil brodo consumato di cappone (remi-niscenza del consommé francese) e ilbrodetto detto “zambaglione”, a basedi rossi d’uovo, che in Milano si usasomministrare alle donne gravide perdare loro vigore.

Lo Scappi si rivela dunque una per-sonalità decisamente originale: la sua“Opera” raccoglie oltre mille ricette esi presenta come una summa siste-matica, rielaborata da un cuoco, re-dattore di sé stesso, che utilizza unlinguaggio tecnico specializzato manel contempo comunicativo per faci-litare ai lettori la preparazione deipiatti. Si spazia dalla realizzazionedei banchetti papali (nel quarto li-bro), sfarzosi e curati nei minimi det-tagli, espressione delle personalitàsusseguitesi al soglio papale nei qua-si quarant’anni di soggiorno romanodello Scappi, ai consigli per mantene-re un buon tenore di vita, determina-to da una dieta corretta e da una ma-nipolazione adeguata dei cibi in cuci-na, ambiente che deve essere mante-nuto pulito e ordinato.

Questa attenzione emerge nell’am-pio apparato iconografico di incisionipresente nell’opera: la serie è costi-tuita da ben ventisette tavole che illu-strano gli ambienti e gli utensili dellacucina rinascimentale, dai luochi fre-schi dove fa “lavoreri de latte” allacucina fatta a campana ai diversi vasi(pentole e tegami di dimensioni eforme differenti), tortere, coltelli finoad arrivare agli apparecchi di inge-gno come il “molinello con tre spe-di”, girarrosto a orologeria che si vol-ta da sé per forza di ruote, con il tem-po a foggia di orologio (tav. XIX). Dasegnalare la tavola successiva (tav.XX) raffigurante il cerimoniale delservizio di mensa durante il conclavedell’inverno 1549-1550 in cui emergeil ruolo di tutte le figure impegnate atavola: i valletti che recano le vivandeai porporati, i servitori che si occupa-no della bottiglieria, della borsa dacredenza, contenente le vivande

fredde, e della borsa di cucina recan-te le vivande calde, gli scalchi chepresentano i cibi ai reveditori che sioccupano di ispezionarli per evitareche nascondano biglietti o messaggi

per i cardinali. Una volta approvato,il cibo veniva posto nelle due ruoteutilizzate per far giungere le vivandeai locali inaccessibili del conclave.

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Sezioni da completareLE CUCINE DELL’IMMIGRAZIONE

Le cucine locali della nostra penisola sono state da sempre influenzate dallenumerose correnti migratorie provenienti in varie epoche da regioni diffe-renti. La Biblioteca dell’Accademia sarebbe lieta di ricevere opere che possa-no testimoniare a vario titolo gli influssi dei migranti sulla gastronomia re-gionale in modo da approfondire i rapporti tra la realtà gastronomica loca-le e quella portata dai popoli stranieri giunti nel nostro Paese. Basti pensarealla massiccia presenza del popolo albanese lungo il versante ionico-cosen-tino della Calabria dove sono attive numerose comunità di “arbëreshë” ov-vero italo-albanesi, insediati da oltre cinque secoli nella zona. L’emigrazio-ne avvenne in varie ondate, fra il XV e il XVII secolo, e fu prevalentementedi carattere militare: in un primo tempo gli Albanesi vennero chiamati asostenere gli Aragonesi contro l’esercito angioino, mentre dal 1468 si rifu-giarono lungo le coste calabre in seguito all’invasione della loro terra daparte dei Turchi Ottomani. Da allora queste comunità hanno mantenutouna propria identità linguistica, religiosa e gastronomica, con una cucinasemplice ma saporita, caratterizzata dall’uso degli aromi e della carne dimaiale; non mancano le frittate di cardi selvatici, cime di capperi e scarola(“veze petul” di cicoria) e i dolci come i “kanarikuj”, grossi gnocchi bagnatinel miele, realizzati soprattutto in occasione di festività religiose. Nella ga-stronomia siciliana, oltre all’influenza albanese, si trova traccia della cuci-na della Magna Grecia, soprattutto nella parte orientale dell’isola, dei pro-fumi e dei colori dei dolci arabi, delle frattaglie cucinate alla manieraebraica; l’influenza araba si ravvisa nella contrapposizione dei sapori comenell’agrodolce delle sarde a beccafico, con l’accostamento dei pinoli all’u-vetta, insieme a limone, pangrattato e alloro, mentre dalla Grecia provienel’amore per la ricotta, protagonista delle celebri cassate e degli altrettantofamosi cannoli. Da non dimenticare la vicinanza con l’Africa nord-orien-tale da cui proviene la tradizione del cuscus, a base di carne nel Maghreb,a base di pesce in Sicilia. In Molise resta l’eredità della cucina croata, deri-vante dall’arrivo, intorno al 1500, di alcune comunità di lingua slava pro-venienti dalle coste dalmate, in seguito a difficoltà economiche nei paesi diorigine e a esigenze di ripopolamento dei territori del Regno borbonico.L’arte cucinaria croata presenta due anime, una continentale legata allacucina viennese, ungherese e turca e l’altra costiera, caratterizzata da in-flussi greci, romani, illirici e poi veneziani. Non vanno dimenticate le note-voli ingerenze, sulla cucina dell’Alto Adige, dei popoli di lingua tedesca eladina, minoranze non solo linguistiche, che mantengono una riconosciu-ta autonomia anche a livello cucinario: i loro piatti si distinguono per lasemplicità degli ingredienti (latte e suoi derivati, farina e qualche ortaggio)e dei metodi di cottura delle carni, che avveniva solitamente per bollitura oarrostimento, mentre burro e strutto erano i condimenti principali. Meritadi essere citata anche la presenza dei Walser in Valle d’Aosta e Piemonte,provenienti dalla Valle del Rodano, in particolare dalla parte tedesca dell’o-dierno cantone svizzero del Vallese, zona dalla quale emigrarono nel XII-XIII secolo. La Biblioteca possiede il volume “Passeggiando nella gastrono-mia dei Walser”, curato nel 2007 da Regione Piemonte, Comunità monta-na Valsesia e Comitato Walsertreffen per la promozione e la conoscenza diquesta peculiare realtà gastronomica. (L.G.)

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C U L T U R A & R I C E R C A

Tradizione e globalizzazioneDI DONATO PASQUARIELLO

Accademico di Roma Appia

“Sono proprio le sperimentatetradizioni locali a garantire

alimento continuo alla globalizzazione”.

L e tradizioni valgono a connotarefortemente, nel tempo e nellospazio, una determinata comu-

nità concorrendo alla sua identificazio-ne. Nella considerazione di un osser-vatore esterno la comunità e il com-plesso delle proprie tradizioni costitui-scono un tutt’uno inscindibile tantoche, quale che sia l’epoca della lorocostituzione o del loro definitivo affer-marsi, queste sembrano aver segnatoda sempre, con apparente continuità,la comunità stessa. La loro forza, ossial’effettivo radicamento, trova espres-sione e alimento nel seguito loro assi-curato dai singoli membri, ovvero dalmodo in cui questi le sentono e le vi-vono quali naturali forme di vita.

L’uomo ha bisogno delle tradizioniperché contribuiscono a conferire or-dine e regolarità a un mondo perce-pito, per fatto stesso di natura, in ba-lia di casualità, caos, indeterminazio-

ne e disparità evidenti. La comunitàcosì vive ritmicamente il suo tempo,scandito da tradizioni che ne segna-no passaggi e ricorrenze e che valgo-no al tempo stesso a garantire riferi-menti e certezze ai propri membri;seguire vie sperimentate contribuiscea imprimere sicurezza all’azione quo-tidiana, a maggior ragione nei conte-sti dinamici e complessi che caratte-rizzano il mondo d’oggi.

Di norma sorta e affermatasi in am-biti ristretti - per poi propagarsi aigruppi, spazialmente o per costume,vicini - la tradizione mantiene sempreun certo carattere localistico che valea contrassegnarla quasi alla stregua dietichetta d’origine, e ciò malgrado leintervenute estensioni oltre i confinidell’originario contesto genetico.L’odierno affermarsi della globalizza-zione, nei modi pervasivi e intensiviche caratterizzano la società moderna,sembra a prima vista costituire unanon trascurabile minaccia per il man-tenimento e l’esistenza stessa delle tra-dizioni locali: in un mondo dominatoda forme sempre nuove e da ritmi divita frenetici, in cui poco spazio vienelasciato al godimento di un presentevolatile e difficile da afferrare nellereali dimensioni di pienezza e di in-tensità, il solo riferirsi alla tradizionepuò apparire come qualcosa di vec-chio e di stantio, quasi retaggio di unnostalgico passato. Ma a ben vedere ilmondo cosiddetto globalizzato, persua stessa definizione, non può cheessere geneticamente vuoto e privo diforme di vita proprie; esso deve quin-di necessariamente mutuare cono-scenze, sistemi e modelli culturali e dicomportamento da quelli esistenti, lo-calmente e storicamente affermatisinelle diverse realtà. Pertanto sonoproprio le ampiamente sperimentatetradizioni locali a dover garantire ali-

mento continuo alla globalizzazione,conferendole in concreto contenuti edesperienze.

Il mondo globalizzato offre indub-biamente illimitate disponibilità perl’allargamento delle conoscenze neidiversi campi delle attività e dei sape-ri umani. Sussiste peraltro un rischiodi superficialità nell’utilizzo delleinformazioni da parte della pluralitàdi utenti, non sempre in grado di di-scernerne e verificarne la qualità el’effettivo valore di verità. Lo stermi-nato patrimonio informativo da cui siè giornalmente bersagliati, quandonon ben governato, può determinarenon poco disorientamento, inducen-do facilmente a forme di relativismoculturale che non consentono di asse-gnare corrette interpretazioni, e con-seguenti giuste priorità, a fatti e valo-ri. Non va trascurata infine l’eventua-lità, oggi tutt’altro che remota, che sipossa pure divenire, spesso per man-canza di solidi riferimenti culturali, in-consapevoli soggetti passivi di schemie modelli omologanti, come di modeimposte da masse portatrici di interes-si non sempre coincidenti con quellidi utilità generale. Ma le tradizioniben fondate e con esperienza consoli-data hanno poco da temere da qual-siasi processo di integrazione socio-culturale che ne allarghi il dominio diconoscenza e di fruizione. La globa-lizzazione offre anzi occasioni molte-plici per la verifica della loro effettivavalidità e l’ulteriore sviluppo a benefi-cio di quanti altri possano avere l’op-portunità di accostarvisi.

Il confronto in ambito globalizzatocon altre tradizioni, anche in forzadella dialettica che ne può scaturire,non può che rivelarsi utile e produtti-va occasione; lungi dall’essere evita-to, esso va quindi ricercato quale va-lido banco di prova per la sperimen-

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C U L T U R A & R I C E R C A

tazione e la valorizzazione del megliodella produzione e della creatività dicui l’uomo è capace. Problemi di dif-ferente segno potrebbero insorgeresolo quando una tradizione dovesse,col tempo, diventare oggetto di gene-ralizzata adozione a livello globaliz-zato, tale da assumere i caratteri pro-pri dell’universalità. Va intanto ricor-dato come ogni tradizione, in quantoparte di un “sistema” di valori ancora-to alle caratteristiche della comunitàdi origine, tenda a mantenere propriedimensioni spazio-temporali, al di làdelle quali essa rischia di snaturarsi eperdere attrattiva e seguito.

Va considerato, d’altra parte, cheuna tradizione dominante finisce ine-vitabilmente per soffocare le altre giàesistenti e precludere ogni possibilitàdi emersione e di sviluppo a quelle dipotenziale nuova concezione. Venen-do in tal modo a mancare, relativa-mente a uno stesso campo di espres-sione, ogni opportunità di raffronto edi contrapposizione dialettica, il “vil-

laggio globale” verrebbe a risultareprivo di vitali differenziazioni e quindiavviato ad apparire “monotono”.

La nostra cucina nazionale è la ri-sultante di un lungo processo di revi-sione, di verifica, di selezione e di in-tegrazione delle numerose tradizioniregionali, se non a più ristretta baselocale, avviato quanto meno dai tem-pi dell’unificazione politica della pe-nisola. Pur riflettendo una certa co-munanza di base le modalità di ali-mentazione diffuse nelle varie partidel Paese presentavano in concretoprofonde differenze: basti pensare alpasto giornaliero tipo di un abitantedel meridione rispetto a quello di unsettentrionale e ancora, con riferimen-to a quest’ultimo, alle disparità esi-stenti per esempio tra la raffinata cu-cina piemontese delle classi più ele-vate e quella popolare veneta. La no-stra cucina ha quindi già positivamen-te affrontato i problemi e i rischi diuna sorta di “globalizzazione”, ovvia-mente confinata all’interno del Paese,

uscendone rafforzata e consolidatasia nelle sue dominanti fondamentalisia nella stessa funzione di tutela delletradizioni superstiti alla prova delconfronto nazionale. La cucina italia-na, benché fondamentalmente sem-plice, presenta aspetti di indubbiacomplessità difficilmente riproponibiliin contesti estranei alla realtà e allacultura del nostro Paese: le molteplicitradizioni da cui essa è permeata affe-riscono all’intero suo campo diespressione, dalle componenti di ba-se ai processi di lavoro, dagli accosta-menti di gusto alle modalità di allesti-mento e di articolazione delle pietan-ze. Sono proprio questi contenuti pe-culiari, ben definiti dalla lunga espe-rienza storica, che nel confronto conle altre realtà tendono a esaltare lacomplessiva qualità della nostra cuci-na. Non è un caso che nella praticaquotidiana la cucina italiana risulti es-sere tra le più seguite e apprezzate alivello mondiale.

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NOVEMBRE

4 novembre - Forte dei MarmiInaugurazione della DelegazioneVersilia Storica

Riunione Comitato di area Toscana Ovest

6 novembre - Costa degli EtruschiConvegno “La caccia e la sua cucinanella costa etrusca”

7-20 novembre - ImolaMostra “I colori del gusto - Civiltà della tavola nella pittura napoletana”

12 novembre - GalluraConvegno “Piacere del mangiar sano”

17-21 novembre - LondraEscursione annuale

19 novembre - LondraConvegno internazionale “Le nuove tendenze delle grandi cucine mondiali: Italia, Francia, India, Cina e Giappone”

20 novembre - LondraCena di gala per il venticinquennale

25 novembre - Milano DuomoVenticinquennale della Delegazione

27 novembre - PisaConvegno “La biodiversità in tavola:varietà antiche e moderne”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2010

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Ottocento in CilentoDI FRANCESCO RICCIARDIAccademico di Roma Eur

“Un libro che permette di farsi un’idea del Cilento

del 1840 e degli aspetti legati alla tavola”.

T rovare nei libri dei viaggiatoridel Grand Tour o anche dell’Ot-tocento qualche parola sul me-

ridione d’Italia, che non riguardi Na-poli e Palermo, è quasi sempreun’impresa. Coloro poi che si sonoaddentrati nel Cilento e ne hannoscritto si contano sulle dita di unamano (della sua gastronomia, chepure oggi viene annoverata tra le piùsane e più varie del mondo, neanchea parlarne). Tra questi pochi ci fuArthur John Strutt, scrittore e pittoreinglese (Chelmsford 1819 - Roma1888), che viaggiò molto per l’Europaal seguito del padre Jacob George,pittore anch’egli, prima di stabilirsi aRoma. Da qui, nella primavera del1838, l’intraprendenza del giovane,appena diciannovenne, lo spinse apartire a piedi (!) alla volta di Paler-mo, attraversando Campania, Cala-bria e Sicilia. Da Salerno, dove giunse

il 10 maggio, percor-se - sempre a piedi - isentieri del Cilentocostiero (da Paestumfino a Sapri) nell’arcodi una settimana, fer-mandosi in paesi evillaggi.

Durante il viaggio,quasi ogni giorno, in-viava una lettera aisuoi familiari, cheaveva sia a Londrache a Roma, e quelresoconto in formaepistolare divennenel 1842 un volume,“A pedestrian tour inCalabria and Sicily”,pubblicato a Londradall’editore Newby.

La straordinaria te-stimonianza del gio-vane Strutt sul suo

“passaggio” nel Cilento sarebbe rima-sta inedita in Italia se nel 1970, quasiun secolo e mezzo dopo, non fossestata tradotta da Guido Puccio (A.J.Strutt, “Calabria Sicilia 1840”, EdizioniScientifiche, Napoli) e poi, nel 1988,ripresa e pubblicata relativamente al-la sua tappa cilentana dall’editore lo-cale, l’ottimo Giuseppe Galzerano(“Passando per il Cilento - Avventuree scoperte di un «turista» inglese nelCilento borbonico”, giunto quest’an-no alla sua quarta edizione, euro13,00).

Il libro di Strutt è un documento so-ciologico e culturale sulla vita del Ci-lento, a dieci anni da una rivoltasoffocata nel sangue dal potere bor-bonico, quei moti del Cilento del1828 ritornati oggi d’attualità in occa-sione dei festeggiamenti del 150° an-niversario dell’unità d’Italia: proprioda quella rivolta prende le mosse ilfilm di Mario Martone “Noi credeva-mo”, presentato con successo all’ulti-ma Mostra internazionale del cinemadi Venezia.

Agli occhi del giovane pittore-podi-sta si mostrano i tratti essenziali dicose e di abitanti; e lui riesce a co-glierli e a restituirceli attraverso unatestimonianza assai diretta e di primamano che permette di farsi un’ideadel Cilento di allora e, per una voltanon esclusi, degli aspetti legati allatavola. L’autore infatti ci tiene a riferi-re, tra le altre cose, anche dei mac-cheroni e dell’agnello allo spiedo“cotto al punto giusto” gustati a Piop-pi, o del tenero capretto ucciso a Sa-pri sotto i suoi occhi e quindi “moltoben cucinato”.

Ma è a Castellabate che si consumaper lui l’esperienza conviviale piùmemorabile. Ospite del barone Pa-rotti (Perrotti, per la precisione) nellasua dimora ricavata in “uno dei vec-

Il disegno della dimora del baronePerrotti eseguito da Strutt nel suo passaggio da Castellabate.

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chi forti della costa, con mura dellalarghezza di dodici piedi” (nel dise-gno eseguito da lui stesso, la torre ela marina), Strutt è invitato a pranzo:“A mezzogiorno - ci riferisce - fu ser-vito il «breakfast» o pranzo che dir sivoglia. (...) Tre o quattro servitori era-no sempre in movimento per offrirciin continuazione pietanze prelibate.Poiché è assai probabile che voi nonpranzerete mai con il barone Parotti,mi sottoporrò alla fatica di descriverviminutamente la successione delle vi-vande dei Signori di questo villaggio.Vi posso assicurare che non è affattodisprezzabile; noi, per lo meno, nonavendo assaggiato carne dal momen-to in cui lasciammo Salerno, trovam-mo il menu veramente squisito. Ci fuprima servita la zuppa in un’enormeterrina. Ad essa rendemmo omaggioabbondantemente. Per stuzzicare ilnostro appetito, seguirono fettine disalame, olive e acciughe. Venneropoi polli arrosto e asparagi, dopo diche solennemente gustammo un pez-zo di burro, conservato in una vesci-ca, come il lardo in Inghilterra. Dopodi che fece la sua apparizione ungran vassoio di fritto misto, e cioèverdure di vario genere, pezzetti dipane ed altre cose tutte fritte, e quin-di un piatto di sostanzioso pesce an-ch’esso fritto. Se aveste visto conquale slancio ospitale il barone ci haservito, voi vi domandereste come èche siamo riusciti a consumare nonsolo tutto ciò, ma anche quaglie arro-sto, insalata, formaggi freschi, aranceed eccellenti fichi del paese. Il vinodella sua cantina - forte e quasi nero -costituì un ottimo accompagnamentoal «breakfast» e contribuì non poco amoltiplicare l’allegria dei commensa-li”. Peccato solo che le squisite alicifresche promesse dall’ospite non fos-sero arrivate poiché “sfortunatamentei pescatori non erano tornati in tem-po perché noi le gustassimo”.

Quanto alla conversazione che ac-compagnò quel banchetto l’autoreracconta come un padrone di casaassetato - dal suo eremo cilentano -di notizie, chiedesse a lungo dell’In-ghilterra, “delle strade ferrate, delle

locomotive, dei tunnel e delle mera-vigliose invenzioni e progressi dell’e-poca moderna”. Quanto Strutt riferìdestò l’ammirazione del barone alpunto che questi “finì con l’invitare aun brindisi alla salute di re Giorgio”.Brindisi anacronistico - Perrotti nonlo sapeva ma re Giorgio nel frattem-po era passato a miglior vita - che co-

strinse Strutt a “suggerire un emenda-mento e, per la prima volta, a Castel-labate, fu estaticamente brindato allasalute della Graziosissima Maestà del-la Regina Vittoria”.

Il memorabile “breakfast” si con-cluse - inutile dirlo - con una tazza dicaffè.

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ACCADEMICI IN PRIMO PIANOL’Accademico Francesco Arezzo di Trifiletti, della Delegazione diRagusa, è stato nominato “training leader” per l’assemblea di SanDiego (California) del Rotary international, in programma per il gen-naio 2011.

L’Accademico Saverio Alessandro Attanasio, della DelegazioneVal di Noto, è stato eletto presidente del Lions club “Aretusa new cen-tury” per l’anno sociale 2010-2011.

L’Accademico Francesco Bianchi, della Delegazione Riviera dei Fio-ri, è stato eletto presidente del Lions club Imperia La Torre per l’annosociale 2010-2011.

L’Accademico Pierluigi Brunetta, della Delegazione di Pordenone, èstato nominato presidente del Lions club Pordenone host per l’annosociale 2010-2011.

L’Accademico Alessandro Corbello, Delegato di Brisbane (Austra-lia), ha ricevuto le insegne di cavaliere dell’ordine della Stella dellasolidarietà italiana.

L’Accademico Luigi Carnevali, della Delegazione di Carpi-Correg-gio, è stato confermato nella carica di delegato di Modena dell’Asso-ciazione italiana sommeliers.

L’Accademico Federico Frediani, della Delegazione di Los Angeles(Usa), ha ricevuto le insegne di commendatore dell’ordine della Stellad’Italia.

L’Accademico Nicola Giannotti, della Delegazione Apuana, è statonominato presidente dell’Associazione giovani industriali di MassaCarrara.

L’Accademico Bruno Maltese, della Delegazione Val di Noto, è statonominato assessore alle Politiche scolastiche, all’edilizia scolastica eall’università del Comune di Siracusa.

L’Accademico Piero Marotta, Delegato di Copenaghen, ha ricevuto leinsegne di cavaliere dell’ordine della Stella della solidarietà italiana.

L’Accademico Fernando Napoli, della Delegazione del Vulture, èstato eletto presidente del Rotary club di Melfi per l’anno sociale 2010-2011.

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Il Futurismo giulianoDI ANNA LAURA RUSSIAN CULOT

Accademica di Gorizia

Una cena futurista a Gorizia.

D inamismo, velocità, industria.Che il Futurismo, il rivoluzio-nario movimento culturale na-

to all’inizio del secolo scorso, volessesovvertire i canoni culturali di allora,bollati come “passatisti”, in nome diuna modernità urlata è cosa nota. Nonaltrettanto noto, tuttavia, è che tra icampi d’azione individuati da FilippoTommaso Marinetti e i suoi futuristic’era anche la gastronomia, per “unrinnovamento totale del sistema ali-mentare italiano, da rendere più adat-to ai nuovi sforzi eroici e dinamici im-posti dalla razza”. Cosa significavaquesto nella pratica? Cosa mangiava-no i futuristi? Ha provato a ricostruirlola Delegazione di Gorizia, promuo-vendo un incontro conviviale sulla cu-cina futurista al ristorante “Avenanti”.

Non è stato sempre facile per lochef Cristian Avenanti rendere grade-voli anche per i palati contemporanei

ricette che, spesso, erano quanto me-no stravaganti. Anche a tavola, infatti,i principi applicati dal Futurismo neglialtri campi espressivi trovarono con-ferma. Le tradizioni vennero stravoltea favore di inusuali accostamenti digusti, strane combinazioni di alimenti,sfrenati cromatismi nella composizio-ne dei piatti. Cibi complessi da cucina-re, carne poco cotta, abbinamenti ar-diti e a volte sconvolgenti, disordine

nella presentazione delle portate, mi-scugli poco conformisti come il dolce-salato, il cotto-crudo, i bocconi simul-tanei in cui si concentravano moltepli-ci sapori da gustare in un attimo, l’in-venzione di nuove pietanze ispirate alcolore e alla forma più che alla grade-volezza del gusto. Singolare poi la lot-ta contro la pastasciutta, “alimentoamidaceo” colpevole di generare“fiacchezza e pessimismo”, che presele mosse da una cena al ristorante“Penna d’Oca” di Milano (novembre1930) al cui termine Marinetti prean-nunciò il “Manifesto della cucina futu-rista”, pubblicato poi il 28 dicembre1930.

Oltre all’abolizione della pasta, Ma-rinetti auspicava l’abolizione di for-chetta e coltello, dei condimenti tra-dizionali incoraggiando la creazionedi “bocconi simultanei e cangianti”,invitando a inventare nuovi saporiaccompagnati da esagerati cromati-smi. Le innovazioni erano, quindi,più di forma che di sostanza, ricchedi suggestioni esotiche e proposte,sovente, di piatti incommestibili. Iconvivi futuristi, in buona sostanza,dovevano essere fonte di sorpresa,un’eccitante esperienza sensoriale ilcui appagamento del gusto era confi-nato nelle retrovie. Inoltre l’attenzio-ne dei piatti era rivolta soprattutto al-l’aspetto pittorico e scultoreo delleportate cosicché, come diceva Mari-netti, tutte le persone “abbiano lasensazione di mangiare oltre chebuoni cibi anche opere d’arte”.

Con queste premesse risulta abba-stanza facile comprendere la grandedifficoltà di creare un menu futuristagradito al palato e al gusto di oggi. Lochef Avenanti, tuttavia, grazie a un’ac-curata ricerca e una buona dose dicoraggio nello sperimentare e adatta-re le ricette, è riuscito nel corso della

RISOTTO TRINACRIA(formula del futurista dott. Vernazza)

Riso cotto normalmente. Sugo preparato con soffritto di poca cipolla eburro, al quale si aggiungerà: ventresca di tonno a pezzetti e pomo-doro in minima quantità. Condito il risotto, aggiungere e mescolarequalche oliva verde e guarnire con spicchi ben puliti di mandarini.

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serata a proporre pietanze di ispira-zione futurista nei nomi delle ricette enella composizione cromatica deipiatti, ma rivisitate negli ingredienti alfine di risultare gradite al palato, oltreche agli occhi. Sono stati abbinati trevini (Sharis, Rosenplatz e Vertigo) of-ferti dall’Azienda agricola Livio Fellu-ga, che ben si sono accompagnati aisapori delle vivande proposte.

Alla serata è intervenuta anche Ma-rina Bressan, germanista e curatricedella recente mostra sul Futurismo(“Filippo Tommaso Marinetti. L’avan-guardia giuliana e i rapporti interna-zionali”) allestita a Gorizia nella sededella Fondazione Cassa di risparmio.Marina Bressan ha parlato del Futuri-smo giuliano, leggendo contestual-mente poesie di Enrico Prampolini,come nella migliore tradizione deiconvivi futuristi.

Le composizioni floreali futuriste,create dalla fioreria “Marisa” in Gori-zia, e l’omaggio di una spilla futuristacreata per l’occasione dall’AtelierFleurdunuit, hanno piacevolmentestupito le signore intervenute.

Molto interessante la lista delle vi-vande futuriste proposte.

“Per sedersi”: “Tra i due” (sgombroaffumicato in casa con pan brioche ebanana), “Viva l’acciaio” (tartare dicervo con foglia d’argento) accompa-gnati da polibibita “Arancia furente”,“Svegliastomaco” (tartare di tonnocon ananas e gheriglio di noce), “Al-gaspuma tirrena” (insalata icebergcondita con lime e sale su panna aci-da al lime e gelatina di acqua tonica,gin e blu curaçao), accompagnati daSharis di Livio Felluga, “Risotto Trina-cria” (a base di riso, ventresca di ton-no, pomodoro riccio fiorentino e pol-vere d’arancia), accompagnato daRosenplazt di Livio Felluga, “Astice-plastico” (insalata di astice con melo-ne affumicato, mele caramellate altartufo e scaglie di tartufo), accompa-gnato da Vertigo di Livio Felluga.

“Per alzarsi”: “Come una nuvola” (abase di meringa ghiacciata all’italia-na), “Sorbetto erotico” (sorbetto infiore carnivoro).

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LA LUNGA STRADA DELLE SPEZIESpezie, seta e lana a iniziare dal Medioevo hanno rappresentato il moto-re dei commerci e del capitalismo mondiale. Nei secoli successivi si con-solidò e si sommò il successo dei viaggi nel Nuovo Mondo di Colombo edegli altri navigatori per l’importazione in Europa di nuovi prodotti orti-coli, metalliferi e quant’altro di sconosciuto agli europei. In modo deltutto generale le spezie hanno inciso sulla storia avviando l’Europa versocommerci e scambi anche culturali, conoscenze e rapporti con un mon-do ancora sconosciuto. Sostanze fortemente aromatiche, di origine vege-tale e tropicale, le spezie hanno influenzato la gastronomia del mondointero per modificare gusti e profumi sin dall’epoca romana. Gli scrittidi Apicio ci hanno tramandato il pollo e il capretto alla partica profu-mato da pepe e cardamomo provenienti dall’Impero orientale iraniano;la cannella era il punto di partenza nella preparazione di unguenti; lozafferano era usato per colorare lana e seta. A partire dal Medioevo Ve-nezia e Genova conobbero un successo mondiale assicurandosi il mo-nopolio della distribuzione e del trasporto delle spezie: ancora oggi all’i-nizio del Canal Grande a Venezia esiste un importante e colorito mer-cato delle spezie, testimone di storiche ricchezze che lasciarono un’im-pronta di prosperità secolare. Il pepe, tra le altre 150 spezie catalogate,rappresenta il prodotto più importante al quale fanno compagnia can-nella, noce moscata e fiori di garofano. L’elevato prezzo contribuì sinoal Settecento al successo del loro impiego perché conferiva prestigio epromozione sociale. Care e ricercate, non coltivabili, provenienti dalmisterioso Oriente, erano permeate da un’aureola afrodisiaca. I lunghie difficili viaggi per mare tra Europa, India, isole orientali e Americaservirono anche per scambiare armi con spezie e spesso sfociavano inguerre. L’impiego delle spezie diminuì per effetto della riforma di MartinLutero, con i richiami alla moderazione anche gastronomica, per effettodei nuovi prodotti che seguirono ai viaggi di Vasco de Gama, Colombo ealtri navigatori e infine per l’affermarsi della nuova cucina francese im-postata su un loro moderato impiego. La suggestione delle spezie ha con-tagiato tutte le cucine del mondo, come dimostrano i tonnarelli cacio epepe, la bistecca americana cotta sulla griglia e quindi insaporita conuna miscela di spezie fini, il riso indiano bollito nel latte e condito conpepe e succo di melagrana. Nei Paesi dell’Europa centrale molti cibi so-no conditi con paprica, miscela di spezie che conferisce un particolaregusto e aiuta la digestione. La cucina ebraica propone le “albondugas”,polpette di carne cotte in brodo di erbe e garofano, zafferano, noce mo-scata, cannella, sale e pepe, e i carciofi alla giudia fritti con sale e ab-bondanti spezie. La tavola russa offre i dolci “prianiki” arricchiti di mie-le, spezie e uva passa. Interessante una salsa proposta dalla cucina cine-se per carni e verdure che consiste in una miscela di spezie con aggiun-ta di sesamo e fave per creare un’armonia gustativa particolare. Poi ilvin brulé, vino rosso corposo zuccherato e fatto bollire brevemente concannella, garofano, vaniglia e dopo una filtrazione addizionato di co-riandolo, pepe nero, cardamomo e vaniglia: bevanda invernale adattaad alleggerire stomaci affaticati dai pranzi autunnali della caccia. Ricet-te e formule per testimoniare antichi mangiari, gusti e profumi ancoraoggi presenti sulle nostre tavole a rammentarci un fascino sempre presen-te. Un raffronto mostra come il comportamento di un moderno gourmetche gode di cibi “fusion” non sia lontano da quello di un gastronomo delCinquecento che apprezzava sia l’estetica che la combinazione di spezieesotiche con piatti classici come una lepre al “civet”. (Piero Cornaglia)

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Il pesce del lago d’IseoDI LUCIO PIOMBI

Accademico di Bergamo

“Ecco il pesce più caratteristico

del Sebino: il salmerino”.

A volte accade che, pur avendoogni lago le proprie varietà dipesce, stranamente, gli abi-

tanti dei paesi prospicienti amino e ri-chiedano ai ristoranti locali pesce dimare. Per approfondire questo aspet-to la Delegazione di Bergamo ha de-ciso di dedicare ai più caratteristici ri-storanti sulla riva del lago d’Iseo leproprie riunioni conviviali, appuntosul tema del pesce di lago.

Sotto alcuni aspetti queste cenehanno presentato delle stranezze. In-nanzi tutto abbiamo faticato a trovarechi ci potesse predisporre un menucompleto dedicato al solo pesce loca-le; poi abbiamo scoperto che i paesirivieraschi sulla terraferma hanno abi-tudini, di abbinamento e di proposte,diverse da quelle dell’isola lacustrepiù grande d’Europa: la splendida, ro-mantica e tranquilla Montisola.

In tutta la costa bergamasca da Sar-nico, dove l’Oglio esce dal lago, a Lo-vere dove il fiume vi entra c’è un solopescatore professionista, Beppe, cheabita a Tavernola e che rifornisce queipochi ristoratori che gli chiedono pe-sce di lago; è sempre lui che si rendedisponibile, con la sua barchetta, a tra-sportare i rari visitatori di Montisolache vogliono raggiungere l’isola daTavernola: tutti i turisti la raggiungonodalla sponda bresciana, poiché da Sul-zano parte un battello ogni 20 minutiper raggiungere, in 5 minuti, Peschie-ra. Da qui, passeggiando verso Senso-le, nelle belle giornate, si notano stra-ni reticolati posti sulla riva del lago e,guardandoli con attenzione, ci si ren-de conto che, appesi a decine e deci-ne di spaghi orrizzontali, pendono al-cune centinaia di salmerini che si sec-cano al sole.

Ecco il pesce più caratteristico delSebino: il salmerino, che può essereservito, saporitissimo, alla griglia o an-

che con pancetta arrostita e scaglie dimandorle. Raggiungendo Riva di Sol-to per la strada che porta in riva al la-go da Sarnico verso l’industriale citta-dina di Lovere, dal 15 al 21 giugno diogni anno si può godere di uno spet-tacolo unico: centinaia di canne dapesca che, verso sera, riempiono untratto di 5 o 6 chilometri sulle rive perpescare le sarde di lago, che qui sichiamano agoni, e che solo in queigiorni e solo in quel tratto di lagovanno a deporre le uova: vengonoservite scottate sulla griglia con la po-lenta arrostita o, anche, marinate. Ilpiatto più gustoso, però, è certamenteun aperitivo da non perdere: le arbo-relle carpionate; ognuno ha il suo me-todo segreto per servirle in carpioneinsaporendole con segrete spezie. I fi-letti di pesce persico e quelli di core-gone alla griglia o fritti sono comunianche agli altri laghi lombardi. Carat-teristica, infine, di Clusane è la tincaripiena che, piuttosto pesante per laricchezza di grassi, viene servita, in-vece, a Riva di Solto, al forno e aro-matizzata alle erbe selvatiche. Da Zor-zino, poi, vale la pena di sostare unmomento per godersi il maestosospettacolo dell’orrido del Bogn chesembra abbia ispirato Leonardo, ilquale lo avrebbe posto come sfondoalla sua nota Gioconda. Nelle notti diluna piena non bisogna mancare digustare una cena “avec les pieds dansl’eau” a Predore, borgo dietro il quale,arrampicato sull’erto colle, si coltiva-no degli ulivi che danno un olio uni-co nel suo profumo e nella sua legge-rezza. Ultima segnalazione ai gastro-nomi: la zuppetta di lago (armoniosoe leggerissimo brodino con bonatricelacustre e gamberi d’acqua dolce, aro-matizzato allo zenzero) o i tortelli disalmerino con salsa all’ortica selvatica.

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DI MASSIMO PISANIDelegato di Napoli-Capri

“Era un ambulante che poteva attingere

gratuitamente acqua sulfurea, per poi rivenderla”.

L’ espressione “Acquaio’ l’acquaè fresca? Manco ‘a neve, si-gnurì’” è ormai entrata nel lin-

guaggio comune di noi napoletani esta a indicare una domanda inutile al-la quale spetta una risposta scontata.Per esempio è inutile domandare al“verdummaro” (fruttivendolo) se learance o i limoni che espone sono su-gosi, ti risponderà sempre di sì. Machi era l’acquaiolo? Era un ambulanteche in virtù di una legge del 1731 po-teva attingere gratuitamente acquasulfurea da una fonte al Chiatamone,ai piedi del monte Echia, per poi ri-venderla al grido: “Acqua suffregna,chi vo vevere?” (acqua sulfurea, chivuole bere?). L’ambulante la portavalungo le stradine di Napoli, conserva-ta in una “mummera” (anfora di coc-cio), avvolta in panni per mantenereil fresco. A quest’acqua veniva attri-buito il potere taumaturgico di allon-

tanare i malanni, ma era anche moltodissetante, nonostante il suo saporenon particolarmente gradevole. Altrogrido era: “Uh come la tengo anneva-ta!” e, nei giorni di afa ma anche inquelli più freschi, nobili e plebei spe-gnevano la loro sete con l’acqua “suf-fregna”. Poi un giorno qualcuno ebbel’idea di fermarsi e di costruirsi un po-sto fisso dove esercitare il proprio me-stiere. Nacquero così i primi chioschi(qualcuno anche di disegno gradevo-le), nei punti più trafficati della città,lungo le principali vie e nelle piazze, el’acquaiolo si trasformò in acquafre-scaio. Si vendevano: acqua sulfurea,spremute di arancia o di limoni, gazzo-se artigianali e magari un “Serino li-scio”, bicchiere di acqua corrente del-l’acquedotto comunale che, allora, for-niva l’acqua proveniente dal Serino,una delle più buone d’Europa, forse laterza dopo quella di Vienna e quella diPotenza. I chioschi erano quasi sem-pre rivestiti di marmo ed erano meti-colosamente puliti e invitanti. Spesso,dopo uno stravizio a tavola si risolvevala pesantezza di stomaco dall’acqua-frescaio che in un capiente bicchierespremeva un limone di Sorrento, ag-giungeva due dita di acqua e un cuc-chiaino di zucchero e poi una “punta”di bicarbonato. Agitava velocemente iltutto e la bibita doveva essere bevutamentre ancora il bicarbonato reagivacon il limone: gassosa artigianale.Qualcuno di questi chioschi ancorasopravvive in città, ma la maggior par-te è sparita. Fino al secondo dopo-guerra, le strade di Napoli brulicavanodi ambulanti, che con le loro vocihanno contribuito non poco alla suaimmagine folcloristica. Vendevano ditutto, generi alimentari vari, dolciumi,ostriche, giochi dei bambini: trombe,trombette e pulcinella che uscivanoda un cono, diavoletti di Cartesio che

salivano e scendevano in una botti-glietta chiusa da una membrana (sichiamava “Sciscignac int’a buttiglia”).Tra le frasi gridate per attirare clientinon si può trascurare quella del “mel-lonaro”: ”Co’ na lira magnate, bevite eve lavate ‘a faccia”. Un altro ex ambu-lante che è ancora possibile incontrareper Napoli è il “carnacottaro”. Questiperò, non si è costruito un chiosco,ma in un posto fisso piazza un carrellocon una vetrina dove sono esposti “opere o musso e o callo ‘e trippa” insie-me a una notevole quantità di limoni.Queste sono le parti cartilaginose ocallose del vitello e del maiale, benlessate, salate e irrorate di succo di li-mone. Si mangiano in piedi, presso ilcarrello del venditore, perché solo lìacquistano un particolare sapore. Gliintenditori dicono che sono squisite.

Ancora un altro ambulante, trasfor-matosi in stanziale, che si trova in pun-ti strategicamente ricercati è il “taralla-ro”. Vende taralli cotti con sugna e pe-pe, tanto squisiti quanto dannosi per ilcolesterolo. I punti strategici sonosempre presso il mare e presso gli im-barchi perché non c’era napoletanoche partiva per una gita che non si for-niva di questi taralli da consumare,magari bagnati nell’acqua di mare. Mu-rolo e Tagliaferri lo ricordano in unadeliziosa canzone “Napule ca se neva”. I taralli, del diametro di circa diecicentimetri, sono costituiti da due ba-stoncini di pasta intrecciata, chiusi aciambella, composti da farina, acqua,lievito, sugna, sale e pepe e ben cottiin forno non molto caldo. Altri ambu-lanti che ancora sopravvivono sonocomuni ad altre città, come il caldarro-staio, che stagionalmente vende anchepannocchie lesse o arrostite, e il se-menzaro che vende semi di zucca, pi-stacchi, nocelle americane e nocciole.

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L’acquaiolo partenopeo

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A ciascuno il suo vinoDI BRUNO PICCIONI

Sommelier

“Gli abbinamenti tradizionali resistono alleinnumerevoli innovazioni

dei nostri tempi”.

L uigi Veronelli, con il suo libro“Il vino giusto”, fece i primipassi sulla via dell’abbinamento

cibo-vino. Per la verità non dettò re-gole assolute ma, per esempio,escluse gli accostamenti con i cibiaciduli e indicò quelli migliori allesingole portate, in base alle sensazio-ni. In seguito, con un approccio piùpreciso, nel testo “A tavola insieme”,Antonio Piccinardi propose una pri-ma scheda grafica, con un confrontoquali-quantitativo di alcune caratteri-stiche organolettiche dei cibi e deivini. Poi Pietro Mercadini elaboròuna seconda scheda di abbinamentoche ha rappresentato la base di quel-la attualmente utilizzata dall’Associa-zione italiana sommeliers.

Saper abbinare, proporre, consi-gliare il vino adatto, con caratteristi-che ben determinate, per una prepa-razione gastronomica, con i suoi aro-mi, il suo sapore e la sua comples-sità, è indice di grande professiona-lità. Tra gli ostacoli da superare perraggiungere il miglior risultato c’è lavasta gamma dei sapori, i diversi mo-di di cucinare, il dosaggio dei condi-menti, delle salse e dei vari contorni.In ogni modo, gli elementi principaliche guidano la scelta del vino sonoessenzialmente due: la tradizione ela logica.

Gli abbinamenti tradizionali rien-trano tra quelli tramandati da chi ciha preceduto e resistono alle innu-merevoli innovazioni dei nostri tem-pi. Tra questi, alcuni classici dellapiù nobile tradizione italiana sono:lepre in “civét” con il Barolo, piz-zoccheri con il Valtellina superioreValgella, coniglio alla ligure con ilRossese di Dolceacqua, anatra allaromagnola con il Sangiovese di Ro-magna superiore, abbacchio alla ro-mana con il Frascati superiore, cas-

sata siciliana con il Passito di Pantel-leria e bottarga con la Vernaccia diOristano.

In quelli dettati dalla logica, è ne-cessario sempre tener conto del ri-spetto della cromaticità (colore) escegliere con un cibo rustico un vinodai modi non proprio sottili, mentrecon un piatto complesso, strutturato,è preferibile un vino più ricercato erobusto, mentre con una preparazio-ne gastronomica aristocratica un vi-no elegante e fine. In questi casi sidovrà tener conto anche delle stagio-ni, che influiscono sulla temperaturadi servizio del vino. Esempio: conun’insalata di mare abbinata a unVerdicchio dei Castelli di Jesi classi-co, nel periodo estivo il vino sarà tragli 8-10 gradi, mentre in inverno saràdi 10-12. E anche la temperatura delcibo influisce sulla scelta. Esempio:con una zuppa alla pavese ben caldasi avrà cura di servire un Riesling ita-lico dell’Oltrepò Pavese alla tempe-ratura compresa tra 11-13 gradi inve-ce di 9-11.

La logica in cucina contempla fon-damentalmente che la composizionedel menu valorizzi i singoli piattiproposti. L’impostazione classica im-pone che i sapori, dal primo all’ulti-mo piatto, fatta eccezione per il des-sert, siano in armonia crescente. Laperfetta organizzazione di un menuconsente di gustare al meglio ognisingola preparazione. In pratica unmenu non è una sequenza casuale dipiatti ma un succedersi di portatepensate con logica.

A tavola alcune regole fondamen-tali sono: servire prima i vini bianchi,poi i rosati e i rossi, a eccezione deivini da dessert. Prima vini deboli dicorpo, poi più strutturati e infine ro-busti; così come per primi i vini fred-di e poi quelli a temperatura più alta,

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sempre a eccezione di quelli da finepasto. In pratica, dopo un vino rossoservito a 18 gradi è corretto proporreun Greco di Bianco abbinato peresempio ai fichi ricoperti di cioccola-to, a una temperatura di 8-10 gradi.

Servire i vini con titolo alcolome-trico ascendente; sceglierli nel lorostato evolutivo migliore e proporlinella stagione ideale: in primaveravini bianchi, fruttati, fragranti, fre-schi, deboli di corpo, giovani opronti, mentre i rossi, ricchi e strut-turati, proporli, dopo un adeguatoaffinamento, nelle stagioni più fred-de. È buona regola separare ogni vi-no con un sorso d’acqua e duranteun pasto un grande vino non deverimanere solo: difficilmente sarebbevalorizzato al meglio. Per esempio,un Brunello di Montalcino sarà ser-vito dopo un elegante vino biancoed eventualmente prima di un vinopassito.

In linea generale il vino non an-drebbe mai servito con le prepara-zioni gastronomiche a base di aceto,con i sottaceti, con le insalate condi-te con abbondante aceto o limone,con i carciofi crudi e a volte anchecon piatti elaborati a base di carciofi,con i dolci con tanto cioccolato, conle macedonie di frutta con molto li-quore, con gli agrumi (arance, limo-ni, cedri, pompelmi), con l’uva, econ i gelati, particolarmente a basedi agrumi. Ci sono poi gli abbina-menti psicologici, poetici, di valoriz-zazione, di buon gusto, equilibrio earmonia.

Gli abbinamenti psicologici sonomolto diversi e variabili secondo lemotivazioni, o emozioni, che l’espe-rienza professionale ha insegnato,tenendo conto di situazioni ambien-tali e occasionali che incidono forte-mente sulle scelte da fare. Spesso,nella ricerca del miglior abbinamen-to, intervengono motivazioni psico-logiche riguardanti il gusto persona-le, fattori di moda, snobismo, pubbli-cità. In questi casi la ricerca è più dif-ficile, poiché interverranno, secondola situazione, sempre soluzioni di-verse, ma l’orientamento sarà dettato

dal buon senso, guidato dalla logicae non in contrasto con le regole fon-damentali.

Negli abbinamenti poetici entranoin gioco la vena poetica e i ricordipiacevoli del passato che ognuno hadentro di sé. Di fronte a un determi-nato piatto o degustando uno speci-fico vino, la mente vaga e conduce alpassato, alle giornate felici, agli odo-ri di bosco. Questi accostamenti, an-che se improvvisati, richiedono sem-pre grande professionalità e perfettaconoscenza delle percezioni del ciboe del vino.

Gli abbinamenti di valorizzazionepermettono in determinate occasionidi mettere in luce maggiormente lapreparazione gastronomica o il vinostesso. In pratica, si tratta di pilotarel’apprezzamento del cibo o del vinosecondo le caratteristiche predomi-nanti dell’uno o dell’altro. Per esem-pio se si vuole valorizzare maggior-mente il vino in un’eventuale pre-sentazione enologica, il cibo in abbi-namento dovrà necessariamente ave-re una struttura e ancor più una per-sistenza aromatica inferiore e far sìche si raggiunga l’armonia gustativa,ma che il vino abbia caratteristicheleggermente predominanti sul cibo.

Gli abbinamenti di buon gusto,equilibrio e armonia sono quelli chesollecitano le papille olfattive e gu-stative dando origine a una piacevo-le armonia. Gli elementi del cibo inrapporto alle caratteristiche del vinosi devono fondere in perfetto equili-brio, perciò è da scartare tutto ciòche può provocare contrasti e sto-nature, come sapori violenti e pro-fumi accentuati del cibo o del vino.

Questi abbinamenti, proposti e se-guiti dall’Associazione italiana som-meliers, si basano su due concettifondamentali: la contrapposizione ela concordanza.

Il primo principio prevede chel’accostamento armonico di una pre-parazione gastronomica avente unaspiccata acidità non sarà mai con unvino altrettanto acidulo, ma con unvino morbido. Con preparazioni“grasse” (maiale, formaggi freschi,

cotture con strutto o burro) è neces-saria, in contrapposizione, l’aciditàdel vino, che ha una particolare ca-pacità detergente e sgrassante. Concibi che danno una percezione di sa-pore dolce (crostacei, paste, carote,patate, zucchine) i vini in contrappo-sizione devono essere effervescenti,stimolare pizzicore, pungenza e leg-gero amarognolo.

Anche il piccante è una percezionegustativa da trattare alla stregua diuna durezza. Il saporito, l’acidità el’amaro sono sinergici, si rafforzanoe sono da contrapporre sempre allamorbidezza del vino.

Il secondo principio (la concor-danza) prevede che la caratteristicapresente nel cibo debba corrispon-dere a quella del vino. In abbina-mento ai prodotti di pasticceria, conpresenza di zuccheri, anche il vinodeve avere una presenza zuccherina.In sostanza la dolcezza non si con-trappone, ma si associa.

Con le preparazioni gastronomichericche di sensazioni olfattive aromati-che e/o speziate, il vino sarà altret-tanto ricco di profumi e aromi. Glistimoli olfattivi, la loro intensità epersistenza sono importantissimi nel-l’abbinamento: si sviluppano nellacavità orale, per effetto della masti-cazione e delle combinazioni enzi-matico-salivari, poiché interagisconocon le percezioni aromatiche-spezia-te che si sprigionano dal cibo. Conpreparazioni aventi una lunga persi-stenza gusto-olfattiva vanno abbinativini aventi una persistenza aromaticaintensa.

Infine, con piatti complessi e strut-turati, il vino in abbinamento saràcon più corpo.

Questi indirizzi per una correttascelta del vino sono sempre validiper esaltare le preparazioni gastro-nomiche, renderle eventualmentepiù equilibrate e più armoniche, ma,in ogni modo, le stesse contrapposi-zioni vanno tenute nel limite dellagradevolezza: la tavola non è un la-boratorio ma un luogo quotidiano esoprattutto piacevole.

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Le anguille vicentineDI FERNANDO RIGON

Accademico di Vicenza

Un ingegnoso metodo di pesca risalente

a quasi 2.000 anni fa.

I n un testo scritto in greco all’iniziodel III secolo d.C. ci si imbatte nelnome della città di Vicenza. L’au-

tore del ponderoso trattato di circamille pagine è piuttosto noto. Il suonome è Eliano, il titolo latino dell’o-pera è “De natura animalium”.

Al di là di ogni considerazione let-teraria, critica o storica, rimane stupe-facente che tale autore abbia una co-noscenza geograficamente così preci-sa della nostra città e di un singolaris-simo metodo di pesca in un fiumicel-lo secondario come il Retrone, da luichiamato Ereteno e fatto confluire,sommariamente, nell’Eridano, cioènel Po. Da quel che risulta nessunoin età moderna e contemporanea siera mai accorto di questa singolarecitazione, nonostante il testo di Elia-no sia stato ripetutamente trascrittonel Medioevo ed edito a stampa dalRinascimento in poi. Il linguaggio del

racconto è assai vivace e coinvolgen-te. Lo scrittore d’altronde è un veroreporter della natura animale e se vi-vesse ora potrebbe scrivere i testi peri documentari naturalistci: egli infattispazia nell’intero mondo allora cono-sciuto, dall’India alle isole britanni-che, raccogliendo notizie e aneddotisugli animali più svariati della terra,del cielo e del mare puntando su cu-riosità inedite e, nella più totale as-senza di sistematicità, sui rapportidelle varie popolazioni con la faunadei rispettivi paesi. Pur con una buo-na dose di ingenuità, Eliano registrainformazioni, accumula indizi, tra-scrive dicerie, spesso utilissime, co-me nel caso di Vicenza.

È d’altronde il momento storico incui l’Impero romano, proprio per ele-fantiasi e sotto la pressione di nuovipopoli e civiltà in movimento, sta av-viandosi alla crisi. Un modo per di-mostrare, o vantare e millantare, lavastità e l’onnipresenza del suo pote-re e del suo dominio, è quello, incampo artistico, di rappresentare undiversificato e il più possibile “ecu-menico” campionario zoologico dellebestie più rare e sconosciute cheidentifichino i luoghi più lontani dihabitat e di provenienza, allorquandovengono catturate e portate, anchesolo figurativamente, a Roma. È ilmomento dei mosaici (e dei dipinti eaffreschi quasi tutti perduti) dellegrandi battute di pesca (l’alieutica)che raggiungeranno l’apice nei pavi-menti di Piazza Armerina in Sicilia eche già preludono ai mosaici dellacattedrale di Aquileia, dove, col cri-stianesimo, ogni specie animale si ca-richerà - anche grazie al precedentedel testo di Eliano - di un significatoallusivo, diventando simbolo eadombrando prefigurazioni di virtù evizi di un’umanità peccatrice.

Tornando a Vicenza e all’ingegnoso,anzi fantasioso, metodo di pesca ri-portato nel passo di Eliano qui trascrit-to, si può solo osservare che la “cap-ziosità”, velata dall’accorta discrezio-ne, del popolo berico ha radici lonta-nissime, e come essa gli sia consustan-ziale, quasi fosse originata ab aeterno.Scrive Eliano (traduzione di F. Maspe-ro): “Nelle acque dell’Ereteno si trova-no anguille grossissime e di gran lungapiù grasse di quelle degli altri fiumi.Ecco come si catturano: Il pescatore sisiede sulla sporgenza di una roccia, inun luogo a forma di baia, là dove lacorrente si allarga maggiormente; op-pure si mette a sedere su un alberoche violente raffiche di vento hannosradicato e abbattutto presso la riva. Ilcacciatore di anguille, dunque, dopoessersi seduto, prende l’intestino di unagnello molto grasso, ucciso di fresco,e getta una delle due estremità in ac-qua, facendo in modo che giri su séstesso nei gorghi del fiume: tiene inmano l’altro capo e lo introduce in unpezzo di canna lungo quanto l’elsa diuna spada. Le anguille notano subitoquell’esca, l’intestino è infatti per loroun ghiotto cibo. Il pescatore che si èaccorto dell’agitarsi dell’intestino alquale l’anguilla è ormai attaccata, sipone in bocca la canna nella quale èinserita l’estremità dell’esca e soffiandocon tutta la sua forza fa in modo che ilfiato che vi immette gonfi e ingrossil’intestino. Esso arriva scivolando finoall’anguilla, le riempie d’aria la faringee la testa, bloccando il respiro. Nonpotendo più respirare, né estrarre identi conficcati nell’esca, l’anguillamuore soffocata, e così viene catturatagrazie alla triplice azione concomitantedell’esca, dell’aria soffiata e della can-na. Con questo sistema la pesca è ab-bondante”.

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DI GIOVANNI BALLARINIAccademico di Parma

“Alla fine dell’Ottocento passano dalla cucina

povera a quella borghese,come testimonia

Pellegrino Artusi”.

S abato trippa, giovedì gnocchi:un cartello che un tempo era inmolte trattorie di campagna e

che è divenuto una massima popola-re per indicare una tradizione di cuci-na. Per la trippa del sabato (di regoladi bovino) vi è la spiegazione: erauna delle parti più deperibili e dove-va essere consumata rapidamente,dopo la macellazione del giovedì ovenerdì, e prima delle carni della do-menica. Per gli gnocchi del giovedì(al venerdì era obbligatorio il pesce)c’è uno dei tanti misteri di questopiatto, in particolare per quelli di pa-tate, invenzione relativamente recen-te, innestata su una lunga e antica tra-dizione.

Il termine “gnocco” ha un’anticaorigine e probabilmente deriva dallongobardo “knohhil” che indicava ilnodo del legno e a questo termine,con ogni probabilità, sono da ripor-tare i “knödel” altoatesini dai qualiderivano anche i “canederli” trentini.Proseguendo il suo cammino cuci-niero verso il meridione, compare iltermine “gnocco” o “gnocchi”, paro-la che nel secondo millennio dell’eracorrente si è diffusa nel Veneto enella pianura padana per identifica-re bocconcini di pasta simili ai nodidel legno.

Gli gnocchi erano un piatto poveroche raramente trovava posto nei ri-cettari gastronomici di alta cucina.Costituiti da farina impastata con ac-qua o al massimo con qualche uovo,foggiati come piccoli e corti cilindret-ti, spesso deformati per impressionesu di una superficie irregolare (parteinterna di una grattugia o con unaforchetta), lessati e conditi con sugoo burro e formaggio, sono divenutiun piatto tradizionale della cucina ve-neta, emiliana, piemontese. Il termi-ne “gnocco” ha poi avuto altre esten-

sioni, per esempio quella di “gnocchialla romana” costituiti da semolino,oppure di “gnocco fritto” reggiano,nel quale la farina di grano tenero èimpastata nell’acqua, tirata in sfoglia,tagliata in forma di sottili losanghefritte poi nello strutto.

Gli gnocchi, nati come pezzetti dipasta di farina cotta nell’acqua, fannoparte delle paste di grano tenero chefanno colla e che gli antichi greci de-nominavano “κ ′ολλα ” (colla), almenose dobbiamo credere a Costanzo Feli-ci (1525-1585).

Per avere precise ricette di gnocchi,come oggi li intendiamo, bisogna ar-rivare al “Libro contenente la manieradi cucinare” di un anonimo reggianodella seconda metà del Settecento,cuoco in casa dei conti Cassoli resi-denti a Reggio Emilia, che descriveuna ricetta di “gnocchi di miglio conl’aglio”, mentre Vincenzo Corrado(1734-1836) nel suo libro “Il cuocogalante” descrive gli “gnocchi allapanna” e gli “gnocchi alla dama”. Aproposito della prima ricetta, Corradoscrive: “Si faccia cuocere fior di farinacon latte, in maniera che divenga unasoda pasta nella quale, prima di le-varla dal fuoco, vi si mettano giallid’uova e qualche chiara e si facciad’un tavoliere freddare. Freddata, sistenda e se ne formino gnocchi allalunghezza d’un mezzo dito, quali in-cavati si riempino con farsa di petti dicapponi condita di parmegiano, giallid’uova o panna di latte, e fette di tar-tufi, si copriranno e si farà il timballocuocere”.

Vincenzo Corrado riporta così laprima ricetta italiana di “patate ingnocchi”: “Cotte che saranno al for-no le patate, la loro più pulita sostan-za si pesta con una quarta parte digialli d’uova duri, altrettanta di gras-so di vitello e anche di ricotta. Si uni-

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Gli gnocchi di patata

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sce e si lega dopo con qualche uovosbattuto, si condisce con spezie e sidivide in tanti bocconi lunghi e gros-si come ad un mezzo dito, i quali in-farinati si mettono nel fuoco bollen-te, e bolliti per poco si servono nelpiatto incaciati e conditi con sugo dicarne”.

Alla fine del Settecento la patataentra nella cucina italiana. Il primo adarne una ricetta sembra sia statoFrancesco Leonardi nel suo “L’Apiciomoderno” (prima edizione 1790 e se-conda edizione, in Roma, 1797) aproposito di un “ragù di pomi di ter-ra”. Durante l’Ottocento la patata en-tra negli gnocchi delle cucine dell’I-talia settentrionale e quindi nella cu-cina emiliana, veneta e piemontese.Gli gnocchi sono preparati con fari-na di frumento tenero e patate lessa-te, accuratamente passate, a voltecon aggiunta d’uovo come legante,lessati e conditi con burro e formag-gio o con sughi.

Alla fine dell’Ottocento passanodalla cucina povera a quella borghe-se, come testimonia Pellegrino Artusi

nel suo “La scienza in cucina e l’artedi mangiar bene”, in cui afferma: “Lafamiglia de’ gnocchi è numerosa”.Oltre a quelli in brodo vi sono quellidi patate e di farina gialla per mine-stra e quelli di semolino e alla roma-na, e quelli al latte per il dolce.

La ricetta dell’Artusi è semplice:“Patate grosse e gialle, grammi 400.Farina di grano grammi 150. Cuocetele patate nell’acqua bollente o, me-glio, a vapore e, calde bollenti, spella-tele e passatele per istaccio. Poi intri-dete colla detta farina e lavorate al-quanto l’impasto colle mani, tirandoloa cilindro sottile per poterlo tagliare atocchettini lunghi tre centimetri circa.Spolverizzateli leggermente di farinae, prendendoli uno alla volta, scavate-li col pollice sul rovescio di una grat-tugia. Metteteli a cuocere nell’acquasalata per dieci minuti, levateli asciuttie conditeli con cacio, burro e sugo dipomodoro, piacendovi.

Se li volete più delicati cuocetelinel latte e serviteli senza scolarli; seil latte è di buona qualità, all’infuoridel sale, non è necessario condimen-

to alcuno o tutt’al più un pizzico diparmigiano”.

Gli gnocchi, con l’Artusi, entranoanche nell’alta gastronomia, comedimostra la seguente ricetta: “È unaminestra da farsene onore; ma se vo-lete consumare appositamente perlei un petto di pollastra o di cappo-ne, aspettate che vi capiti l’occasio-ne. Cuocete nell’acqua, o meglio avapore grammi 200 di patate grossee farinacee e passatele per istaccio. Aqueste unite il petto di pollo lessotritato finissimo colla lunetta, grammi40 di parmigiano grattato, due rossid’uovo, sale quanto basta e odore dinoce moscata.

Mescolate e versate il compostosulla spianatoia sopra a grammi 30 o40 (che tanti devono bastare) di fari-na per legarlo, e poterlo tirare in ba-stoncini grossi quanto un dito mi-gnolo. Tagliate questi a tocchetti egettateli nel brodo bollente ove unacottura di cinque o sei minuti saràsufficiente”.

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La collaborazione degli Accademici alla loro rivista, ol-tre che gradita, è indispensabile. Ma occorre che gli Ac-cademici tengano presenti alcune norme essenziali, af-finché i loro scritti, frutto di passione e impegno, trovi-no rapida ed esauriente pubblicazione.

■ Testi degli articoli: è necessario, per quanto possi-bile, che i testi vengano inviati per via elettronica,utilizzando questo indirizzo e-mail: [email protected]

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■ Schede delle riunioni conviviali: è altrettanto im-portante che nella compilazione delle schede per le

riunioni conviviali, per le “Note e commenti” venga ri-spettato il limite di 10 righe (pari a 600 caratteri,spazi inclusi) onde evitare anche in questo caso tagli emutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltre il limiteregolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

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■ Osservando queste semplici norme si potrà avere laragionevole certezza di una rapida e testuale pubblica-zione, evitando quei dolorosi tagli che sovente vengo-no lamentati.

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Gusto da annusareDI ELISABETTA COCITOAccademica di Torino

“Il risultato è di cedere al «peccato» a zero calorie”.

S ono in atto da tempo, nei Paesioccidentali, forti campagne so-ciali a sostegno di un’alimenta-

zione equilibrata e corretta ponendol’accento sui rischi dell’obesità. L’in-dustria alimentare ha subito cavalcatoquesto trend con lo sviluppo di pro-dotti light. I mezzi di comunicazionesono riusciti a imporre un modelloestetico che colpevolizza chi non rie-sce a resistere al “frutto proibito”. Èquesto un campo di grande attualità,

in cui giocano un ruolo decisivo fat-tori psicologici e comportamentali esu cui stanno pesantemente investen-do in studi e ricerche le maggiorimultinazionali del settore.

Recentemente sta emergendo unanuova tendenza: invece di interveni-re a valle con prodotti e/o processi ri-paratori, agire a monte cercando disoddisfare, anche attraverso sugge-stioni, i piaceri del consumatore pre-venendo effetti negativi indesiderati.Come risulta dall’ultimo “Client Fo-rum“ tenuto a Londra dalla Mintel(uno dei più importanti istituti inter-nazionali di ricerca nel settore delfood & beverage), sta emergendo co-me importante fattore di innovazionelo “escapism”, una particolare condi-zione psicologica caratterizzata dallatendenza a fuggire (“escape”) dallarealtà, dalle problematiche del quoti-diano.

La novità va al di là dei prodotti li-ght e consiste nel fornire evasione egratificazione (“vie di fuga”) non tra-mite prodotti che si “consumano”,ma attraverso piccole e concentrateesperienze sensoriali senza conse-guenze sulla salute e a costi contenu-ti. L’innovazione indubbiamente piùardita e suggestiva è rappresentatadal cioccolato “inalabile” brevettatoda David Edwards, professore dibioingegneria all’Università di Har-vard. Il prodotto, commercializzatocon la definizione “As sweet as cho-colate, as light as air”, consiste in undispensatore di cioccolato “inalabile”in particelle abbastanza piccole, manon tali da entrare nei polmoni, chevengono assorbite dalle papille di gu-sto e olfatto dando la sensazione diassaporare il prodotto di cui si respiral’aroma, saziando i sensi. Il risultato èdi cedere al “peccato” a zero calorie.Una suggestione, un “inganno” che

consentirebbe di indulgere al piaceredel cioccolato evitando conflitti, sensidi colpa e rischio di aumento di peso.

Il prodotto, che si avvale di un“packaging” ideato in un centro di ar-te e design di Parigi dallo stesso crea-tore, viene presentato come oggettod’arte e sta avendo grande successoin giro per il mondo; è disponibile indiversi gusti: cioccolato fondente, allamenta, al lampone, al mango, ed èacquistabile direttamente su internet.È in circolazione anche un libro cheillustra la “filosofia” che ha portatol’autore a realizzare il suo sogno.Un’operazione commerciale che, sipuò scommettere, prenderà piede.L’inventore afferma che questo è solol’inizio di grandi sperimentazioni einnovazioni in campo alimentare esta già lanciando nel campus dell’U-niversità di Harvard anche un caffèinalabile con il motto “il primo caffèsenza tazza”. Ci si dovrà davvero pri-vare del piacere di gustare il ciocco-lato nella sua “corposità”, di romperecon i denti una tavoletta croccante,sentire il quadretto che si scioglielentamente in bocca?!

Immaginando di estendere questostravagante brevetto ad altri cibi po-tremmo avere una “bagna caoda”inalabile che ci libererebbe dei po-stumi imbarazzanti del giorno dopodati dall’aglio.

Ma il piacere della convivialità,quando ci si ritrova tutti insieme at-torno al tavolo ad attingere dal gran-de piatto del pinzimonio da tuffare inquella inebriante crema densa dellenostre tradizioni e dei prodotti dellanostra terra, chi ce lo restituirebbe?Dopo la cucina molecolare ci stiamoavviando verso la cucina da inalare. Everso quali altre innovazioni (o invo-luzioni)?

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“Dispensatore di caffè “inalabile”.

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Le ricette di zia AlmerindaDI GIUSEPPE TRINCUCCI

Accademico del Gargano

“I suoi appunti erano ritmatidalle stagioni

e dagli avvenimenti, anzitutto da quelli legati

alle ricorrenze e alle festività”.

È stata una fortuna trovare unmannello di carte raccolte in unimprovvisato raccoglitore nel

cassetto di una madia della vecchiacucina nella casa delle mie quattrovecchie zie. Dalle nostre parti, ognifamiglia, sia la più misera che la piùaltolocata, conservava in casa un ri-cettario domestico. Era rigorosamen-te scritto a mano su qualche vecchiaagenda, su un quadernetto, spesso suun semplice foglio volante, con grafiaincerta ma leggibile, contenentespesso qualche scusabile piccolo er-rore ortografico. Questi appunti sucarta sbiadita divenivano una prezio-sissima guida, quando ci si cimentavanel preparare qualche piatto insolitoo una ricetta tradizionale riservata apoche ricorrenze o alle feste coman-date. Ben presto quegli appunti, chea ben vedere erano rigorosi e precisi,divenivano come una sorta di “anna-les” di famiglia in cui si annotava lastoria gastronomica di quella casa e inun certo senso la vita stessa di quellapiccola comunità. Quei ricettari acco-glievano sovente varianti, aggiunte ecorrezioni, apportate nel tempo, o ag-giustamenti delle dosi e della qualitàdegli ingredienti, per rendere semprepiù preziose quelle preparazioni efarle divenire uniche nel loro genere,invidiate dai vicini e dai parenti. Inge-nuamente quelle ricette, frutto di anti-che ricerche e di ripetute prove, era-no tenute assolutamente segrete, rive-late unicamente in corso di ambiteconsulenze che rendevano solo inparte ragione di quella estrosa prepa-razione e dell’impegno profuso.

Le quattro zie, rigorosamente nubi-li, che hanno educato i miei figli contanto amore, ci hanno tramandato unvero patrimonio attraverso alcunipreziosi libretti che “per li rami” risa-livano ai loro avi. Erano in essi de-

scritte, in rapide ma significative sin-tesi, le tradizioni gastronomiche dellafamiglia, tramandate come in idealetestamento. Tra le zie si distinguevazia Almerinda, che era la più grandein età e sicuramente la più solenne ela più autorevole, e che in cucinadettava sempre, e a giusta ragione,l’ultima parola, destinata peraltro dal-le restanti sorelle quasi esclusivamen-te impegnate nelle preparazioni incucina. I suoi appunti incerti e inge-nui erano ritmati dalle stagioni e da-gli avvenimenti, anzitutto da quellilegati alle ricorrenze e alle festività.Questi scritti oggi rappresentano an-zitutto un sicuro portolano per nondisperdersi tra i rivoli di una cucinaimpersonale. Ma, a ben vedere, ci ac-corgiamo che essi sono ancora i se-gni di un patrimonio incommensura-bile. A rileggerli troviamo in essi unacucina fortemente radicata al territo-rio pugliese, quello fatto di tradizioniterragne, legate ai pastori abruzzesitransumanti e alle poche risorse dellanostra terra, corroborate però dalletentazioni che venivano da grandimaestri, soprattutto dai cuochi napo-letani, i celeberrimi “monsù”, che perla loro origine francese erano insie-me applauditi e invidiati.

Il libretto si compone di più particon molta cura separate tra loro. Nellaprima parte vengono elencati gli anti-pasti, quelli comuni e quelli dellegrandi festività (Natale, Pasqua e Fer-ragosto), in cui si esaltano i prodotticasalinghi correnti: uova sode, toc-chetti di prosciutto e salumi che pen-devano in bella vista dai bastoni delladispensa. Si elencava una lunga teoriadi primi piatti, soprattutto le paste,condite in diversi modi, senza trala-sciare la descrizione delle minestre,ottenute con i buonissimi ortaggi pu-gliesi che godevano diritto di esporta-

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zione giornaliera sui mercati delle ter-re vicine. E le lunghe cocozze affoga-te nel ragù facevano da padrone nellamensa festiva. E poi le carni, agnelloal forno guarnito di patate, il pollo ri-gorosamente ruspante allevato inqualche piccola aia domestica (chepoi erano nascosti e minuscoli cortiliinterni), pollo destinato soprattutto al-la mensa di Ferragosto, sacrificato sot-to gli occhi di tutti, grandi e piccini,quasi con un rituale propiziatorio.

I dolci erano i più attesi, anche per-ché divenivano oggetto di trasgressi-ve merende. E allora pastarelle, dolcidi mandorla, mandorle atterrate, pandi Spagna, creme, ciambelle, tarallisecchi, all’uovo e impastati col vino,mostaccioli, dolci fritti con in cima le“crustole” condite con miele bianco omosto cotto, zeppole fritte o al forno,

le farrate ottenute con riso e ricotta,le “cicerchiate” con tutte quelle palli-ne di lievissimo peso appena indora-te nell’olio bollente e infine dolcettivari come chicche al cioccolato o allapasta di mandorle. Per le provvistedella dispensa non viene tenuta se-greta la preparazione delle marmella-te, che consentivano anche un corret-to e completo utilizzo dei frutti ecce-denti, raccolti in quella stagione.

I liquori, infine, dovevano allietarela tavola gustati rigorosamente assie-me al caffè. Si trattava di liquori fattiin casa. Immancabile era il limoncel-lo, che prevedeva diversi giorni di in-fusione; poi il liquore tratto dall’ace-tosella, una pianta aromatica coltivatasul balcone di casa; il nocino ottenu-to attraverso vari passaggi, partendodalla notte magica di San Giovanni, il

24 giugno, quando si mettevano amacerare i malli delle noci in numerofisso e mai inferiore a quaranta, dagustare dopo diversi mesi dalla pre-parazione. Ma soprattutto viene de-scritta minutamente la preparazionedel ratafià, quello splendido liquoredi frutta fresca molto in voga alla finedell’Ottocento, i cui ingredienti es-senziali erano prugne, albicocche,pesche o più semplicemente il succodell’uva. Queste carte preziose, cheho voluto ricordare, attendono nonsolo lettori o amanuensi chiosatori,ma cucinieri che sappiano vedere inesse una singolare e preziosa eredità,che ci può aiutare a capire meglio lagrandezza della nostra cultura e i se-gni di una civiltà di antiche e nobilis-sime origini.

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Ricerca e preservazione nel campo della tradizionegastronomica sono i principali obiettivi dell’Accade-mia Italiana della Cucina che, fin dalla fondazioneda parte di Orio Vergani nel 1953, si occupa di questarilevante fetta del patrimonio culturale italiano, tra-mandata fino ad allora prevalentemente per trasmis-sione orale diretta. Una vocazione complementareanima il Food Lab, recente creatura della facoltà diEconomia e commercio dell’ateneo parmense. Questoprogetto, nato come laboratorio di ricerca indirizzatoalla storia dell’alimentazione, ha tra i suoi principaliobiettivi l’indagine nel campo della tipicità dei prodot-ti agroalimentari. Si tratta di due percorsi affini chenon potevano non portare a un incontro, che si è con-cretato nell’ultima conviviale della Delegazione diParma dell’Accademia, tenuta presso la trattoria “IlCortile”, che ha avuto come ospite/relatore il professorStefano Magagnoli, animatore del Food Lab, docentedi Storia economica presso il nostro ateneo. L’argo-mento della conversazione è stato rappresentato dallepremesse che hanno portato allo sviluppo del Food Labe i contatti internazionali che si stanno sviluppandocon altre realtà analoghe che stanno attualmenteprendendo forma. Un esempio in tal senso è costituitodalle iniziative dell’Università di Tours, cittadina dellaFrancia centro-occidentale con una vocazione analo-ga a quella di Parma per quanto riguarda gli studi egli interessi nel settore agroalimentare. Si tratta di uncampo di ricerca che presenta notevoli potenzialità e,sebbene siano già state effettuate delle indagini in que-sto ambito, sono ancora in via di individuazione le

metodologie e le teorie miranti a inquadrare in modosistematico questo settore di studi. A questo scopo ilFood Lab ha tenuto a Parma in settembre un conve-gno internazionale di studi di storia dell’alimentazio-ne - “La tipicità nella storia” - interamente dedicatoalla questione della tipicità dei cibi e delle bevande,intesa quale risultato dell’interconnessione fra tradi-zione, innovazione e territorio. Per trovare un prece-dente di rilevanza analoga rispetto a questa iniziativabisogna risalire indietro di circa vent’anni. Lo scopodegli organizzatori è stato quello di riunire studiosiitaliani e stranieri per discutere e analizzare i rappor-ti tra la tipicità e il suo utilizzo per la valorizzazioneai fini dello sviluppo territoriale. Tutto ciò alla luce deicambiamenti nella percezione dei valori legati all’ali-mentazione avvenuta negli ultimi decenni, che hannovisto la perdita del contatto diretto con la produzioneagroalimentare da parte della società industriale, l’af-fermarsi di mode gastronomiche e allo stesso tempouna progressiva forte connotazione, per un numerocrescente di consumatori, dei valori legati alla tipicitàfino allo sviluppo di veri e propri brand. Gli studiosinon potevano rimanere insensibili a tale evoluzione ealla necessità di ricostruire il fenomeno storicamente,rilevando addirittura come in alcuni casi si possa farrisalire lo sfruttamento dei valori legati alla tipicità aepoche remote come la fine del Medioevo. La riunioneconviviale dell’Accademia ha così costituito un puntodi partenza nello sviluppo delle basi per un coinvolgi-mento più diretto della Delegazione di Parma nell’atti-vità del Food Lab. (dalla “Gazzetta di Parma” )

FOOD LAB AL LAVORO TRA TIPICITÀ E STORIA

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I vini della MaremmaDI DOMENICO SARACENO

Delegato di Grosseto

“Il nome della viticolturamaremmana parte

dal vitigno Sangiovese”.

L a viticoltura nel Grossetano èoggi all’avanguardia: ormai daoltre un decennio brillano nelle

classifiche internazionali vini che ven-gono prodotti nelle terre che un tem-po si dicevano vocate solo all’alleva-mento. E forse in ciò un nesso po-trebbe anche esserci, essendo il be-stiame della Maremma tanto rustico eadattabile a un territorio aspro, quan-to la vite e l’olivo. Artefice di questomutamento è stata essenzialmente latecnologia che ha fatto passi da gi-gante e ha permesso che si perfezio-nassero le tecniche agronomiche epoi quelle di trasformazione in canti-na, aiutando e migliorando l’adattabi-lità naturale della vite al clima e allasostanziale povertà dei terreni grosse-tani. La provincia di Grosseto è moltovasta e geologicamente assai diversa,eppure oggi osserviamo uno sviluppodella viticoltura generalizzato, dovuto

proprio al progresso della genetica,della tecnica vivaistica, della chimicae complessivamente dell’agronomia.In definitiva, oggi, un esperto del set-tore è perfettamente in grado di di-sporre della giusta combinazione ditutti i fattori per consentire di raggiun-gere risultati di qualità.

Poi, un fattore determinante perquesto sviluppo è stato la grande di-sponibilità di terreni da coltivare, an-cora relativamente a buon mercato(anche se i valori fondiari hanno su-bito notevoli innalzamenti) in con-fronto alle aree storiche del vino inToscana. Tutte queste condizionihanno permesso la trasformazione inuna terra a spiccata vocazione vitivi-nicola che, dalla fine degli anni No-vanta a oggi, ha visto imponenti inve-stimenti in questo settore con la mes-sa a dimora di grandi estensioni di vi-gneti e la costruzione di moderne,numerose e spesso prestigiose canti-ne. Il nome della viticoltura marem-mana parte dal vitigno Sangiovese(un tempo denominato Sangioveto)che senza dubbio rappresenta la basedei vitigni storici della Toscana e del-l’Emilia Romagna, che se ne conten-dono ancor oggi le origini.

Chiamato Prugnolo nella zona diMontepulciano, Sangiovese nelChianti, Brunello a Montalcino e Mo-rellino a Scansano, si tratta sempredello stesso vitigno a bacca nera, delquale molte leggende narrano grandivirtù. In termini di pensiero miticonon ci siamo neanche risparmiati nelricercare le origini del nome Sangio-vese che, secondo una delle defini-zioni più comuni, significa “sanguedi Giove” oppure “sangue giovese”(cioè sangue dei gioghi collinari) oancora “giovevole al sangue”.

Di certo si tratta di un vitigno stori-camente importante, che ha radici in

epoche lontane e che si collega aimomenti veramente topici dell’eno-logia italiana: tutta la storia vitivini-cola del Chianti, per esempio, è lega-ta al Sangiovese e alle illuminatesperimentazioni del barone BettinoRicasoli compiute nella Fattoria diBrolio.

Anche le denominazioni d’origine,che hanno senza dubbio segnato lasvolta del vino maremmano, sonoancorate al Sangiovese, basti citare ilMorellino di Scansano, oggi unicaDocg della provincia, che ha portatoil nome del vino grossetano nelmondo. Partiti dalla valorizzazione diquesti vini rossi, circa vent’anni fa, siè arrivati alla produzione di raffinatiIgt, a base di uvaggi sempre a baccarossa considerati più internazionalicome il Cabernet, il Syrah, il Merlot,il Petit Verdot, che oggi concorrono adar vita, talvolta anche in purezza, avini dalle caratteristiche moderne,assai apprezzate dagli intenditori edal mercato globale e anche più fa-cilmente abbinabili alle pietanze diuna cucina anch’essa internazionale.

In Maremma sono poi presenti viti-gni autoctoni o tradizionali in via direcupero e valorizzazione, utilizzatiprevalentemente come uvaggi com-plementari nella percentuale consen-tita dai disciplinari delle varie Doc.Tutti vini, comunque, che si caratte-rizzano per morbidezza, opulenza,colore e bassa acidità.

Questi vitigni autoctoni sono l’A-leatico, l’Alicante, l’Ansonica, il Ca-naiolo, il Ciliegiolo, il Moscato, ilTrebbiano e il Vermentino, vitigno abacca bianca che nel corso degli ulti-mi anni ha mostrato interessanti ca-ratteristiche e ha sicuramente conqui-stato il gusto dei consumatori. Dettoanche “Sauvignon italiano” è un viti-gno capace di dare grandi soddisfa-

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zioni ai viticoltori della fascia litora-nea della Toscana e che in queste zo-ne è indubbiamente destinato a con-quistare un vero e proprio primatonella produzione dei vini bianchi.Prova ne sia che nella primavera del2010 è stato organizzato, presso l’A-zienda regionale agricola di Alberese,un simposio internazionale a essodedicato, dove si sono confrontate leesperienze italiane delle tre regioni

interessate alla sua coltivazione e alsuo sviluppo - Liguria, Toscana e Sar-degna - con quelle della Corsica e delresto della Francia.

Per concludere è bene ricordareche se è vero che la moderna viticol-tura in Maremma ha assunto impor-tanza soltanto di recente, è pur veroche il territorio grossetano, nell’anali-si delle sue vocazioni storiche, ha co-nosciuto la coltivazione della vite fin

dai tempi dei Romani: ne è buona te-stimonianza il recente ritrovamentoad Albinia (Orbetello) di una fornacededita prevalentemente alla fabbrica-zione di anfore vinarie, che si stimaabbia operato a cavallo fra il II secoloa.C. e il I secolo d.C.

Ciò a dimostrazione che la vite dàbuoni frutti anche in Maremma: bastasaperla coltivare.

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Il marchio con cui si presentano ai consumatori è lostesso: “aceto balsamico di Modena”. Il bollino di ga-ranzia, anche: è l’Igp (Indicazione geografica protet-ta) che Bruxelles ha concesso nel luglio 2009, dopouna trattativa durata più di 15 anni. Tutto uguale,tranne i prezzi. Si parte da 1,5-2 euro proposti daigrandi produttori industriali e si arriva fino ai 25-30euro per la stessa bottiglia da mezzo litro, ma in ver-sione quasi artigianale. Una forbice così grande rap-presenta forse un caso unico tra i prodotti alimentaridel “made in Italy”, siano essi Dop o appunto Igp. Ecertamente non bastano le economie di scala legateai differenti volumi per giustificare un divario cosìampio. Se poi si capita a Modena c’è un’ulteriore sor-presa: nelle vetrine dei negozi di gastronomia sonoin vendita boccettine da cento millilitri con prezzitra i 40 e gli 80 euro, fino a punte di 150. Chanelnumero 5? No, ancora aceto balsamico, ma stavolta“tradizionale”. Ma, nonostante le apparenze, le riva-lità familiari o di bottega, la faccenda dell’aceto bal-samico non è affatto una questione locale. Qui emer-gono con chiarezza due fenomeni che attraversanogran parte del “made in Italy” alimentare. Primo: loscontro tra artigianato e industria, tra antiche tecni-che di fabbricazione e moderne strategie di marke-ting. Secondo: l’evidente ipertrofia del marchio Igp,che spesso tiene insieme prodotti eterogenei, ma ditutti si fa garante, senza peraltro imporre l’obbligo didichiarare in etichetta la provenienza delle materieprime. Massimo Malpighi, 33 anni, rappresenta laquinta generazione di una famiglia storica di Mode-na. Con il padre Ermes, 63 anni, si considera “unartigiano del lusso”. Produce ogni anno 22.000 dellecirca 80.000 confezioni di aceto balsamico tradizio-nale, preparato solo con il mosto di tre uvaggi colti-vati nella provincia: Lambrusco graspa rossa, Treb-biano modenese (uva bianca) e Trebbiano di Spagna(uva bianca zuccherosa). Per l’invecchiamento ven-gono utilizzate botticelle di rovere, castagno, ginepro,ciliegio o gelso. Di questo mondo il cliente di super-

market e discount forse non ha mai sentito parlare. Èuna nicchia garantita dal marchio Dop, formata da30-40 microproduttori. Intorno a questo nucleo si ècostituita nel tempo un’area di un centinaio di pic-coli e grandi imprenditori, che si estende fino a Reg-gio Emilia, per una produzione di circa 100 milionidi litri all’anno (80% esportato). Alcuni sono rimastipiù attaccati alle tradizioni di altri. Tutti, comunque,liberi di operare in un mercato senza regole, fino alluglio del 2009, quando il comitato dei produttori haottenuto da Bruxelles il marchio Igp. Ma per almeno15 anni, il mosto è venuto in gran parte da fuori:Spagna, Romania, Ucraina. Per accelerare l’acetifi-cazione venivano aggiunti caramelli e liquirizia. So-lo le etichette e il marketing rimandavono all’atmo-sfera dei dolci vigneti emiliani. I prezzi erano moltoaccessibili. Oggi questa specie di “anarchia al ribas-so” dovrebbe essere terminata, grazie al disciplinareIgp. È davvero così? In realtà sono gli stessi produtto-ri modenesi a dividersi, grosso modo, in due gruppi.Il primo fa capo all’industriale Franco Ponti, leaderdi mercato con una quota vicina al 49% dell’acetobalsamico venduto attraverso la grande distribuzio-ne. Il secondo gruppo è formato da medi industrialie piccoli produttori. Tutti e due i gruppi sono tenutiinsieme dal marchio Igp. Sì, ma come? Certo, conprescrizioni precise sulle “caratteristiche” dei prodot-ti e sui controlli. Ma anche con una formulazionegenerica (e tuttavia legittima) sul passaggio cruciale,l’origine della materia prima. Come dimostra la let-tura dell’articolo 6 del “Disciplinare di produzione”.Il titolo è già bellissimo: “Elementi di legame conl’ambiente geografico”. Svolgimento: “L’aceto balsa-mico di Modena è entrato nel tessuto sociale ed eco-nomico di questo territorio dividendo la fonte direddito di diversi operatori e parte integrante anchedella tradizione culinaria” e via dicendo. Più cheuna regola, sembra una presentazione per compra-tori giapponesi. (Giuseppe Sarcina, dal “Corrieredella Sera”)

LA BATTAGLIA DELL’ACETO BALSAMICO

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G A Z Z E T T A U F F I C I A L E

Depositate tre ricette molisaneDI ANNA MARIA LOMBARDI

Delegata di Campobasso

“Preservare le tradizioni e i prodotti locali

anche al fine di promuoverlie valorizzarli”.

P rosegue l’attività di codificazio-ne dei piatti tipici delle tradizio-ni locali per il deposito, con at-

to notarile, delle relative ricette allaCamera di commercio nella sezione“Usi e costumi delle tradizioni locali”.Per la Delegazione di Campobassosono state recentemente depositatetre ricette, scelte dalla Consulta dellaDelegazione perché particolarmenterappresentative della cultura gastro-nomica del comune di Riccia e relati-ve al tema dell’anno “La cucina dellefestività religiose”. A questo proposi-to la Delegazione ha deciso di valo-rizzare in particolare la tradizione ga-

stronomica e alcuni piatti legati allafestività di San Giuseppe, una dellepiù sentite dalle popolazioni di alcu-ni paesi del Basso e Medio Molise. Letre ricette, depositate affinché restinodocumentate e non se ne perda lamemoria, sono state quelle relativealla “Tavola di San Giuseppe” di Ric-cia, anche perché, secondo la Dele-gazione, hanno un tocco di raffina-tezza e di originalità maggiore rispet-to ad altre. La prima riguarda “u cave-zune” (il calzone), dolce tipico dellafesta riccese, definita anche come“Devozione di San Giuseppe”, ricor-renza nella quale, probabilmente, so-

Peperoni ripieni di RicciaIngredienti: 20 peperoni tondi di media grandezza,già conservati nella “composta” sotto aceto, 2 kg dimollica di pane casereccio raffermo, tostato e sbricio-lato, 20 croste di pane casereccio rotonde, legger-mente unte, 1/2 l di olio di oliva, gherigli di noci,uva passita e pezzetti di alici dissalate a piacere,aglio, prezzemolo, sale e pepe.Preparazione: In una terrina si amalgama la mollicadi pane con noci tritate, uva passita e alici; si aggiun-ge un po’ di olio, il sale necessario, una spolverata dipepe e un trito di aglio e prezzemolo. Con il compostoottenuto si riempiono i peperoni, in precedenza bensvuotati e messi ad asciugare, che vengono chiusi conle croste di pane. Adagiati “‘ndu rote” (nella teglia), ipeperoni si condiscono con abbondante olio.La cottura: La teglia, così preparata, è disposta “‘ndàlisce” (sul piano di bruciatura del camino), coperta“ca fressore” o “ca tiélle de férre” (padella di ferro) sucui si spande la brace. I tempi di cottura variano dai20 ai 30 minuti, in relazione al fuoco. La stessa cot-tura viene fatta anche al forno.

Agrodolce di un tempoIngredienti: 750 gr di mandorle, 250 gr di noci, 2 ldi vino cotto (“muste cotte”).Preparazione: Le mandorle, immerse per pochi minuti

in acqua bollente, venivano prima spellate, asciugate etagliate a metà (facoltativo) e, poi, abbrustolite fino araggiungere una leggera doratura. Si disponevano lemandorle in una terrina, insieme a noci e vino cotto.La cottura: Si poneva la terrina sul fuoco e si portavaa ebollizione, quindi si abbassava la fonte di calore esi faceva cuocere il tutto a fuoco lento. L’agrodolce siriteneva pronto quando l’impasto schiumava e anco-ra “filava”. C’era chi univa agli ingredienti ancheuna tazzina di caffè e un profumo di cioccolato fon-dente oppure un po’ di nocciole o di uva passita e,ancora, 2 o 3 cucchiaiate di miele.

Agrodolce, ricetta attualeIngredienti: 500 gr di mandorle, 350 gr di zucchero,250 ml di vino rosso, 1/2 l di vino bianco, una tazzi-na da caffè di mosto cotto, un cucchiaino di miele.Preparazione: Si immergono, per pochi minuti, lemandorle in acqua bollente, quindi si elimina la pel-licina esterna e si fanno leggermente tostare in fornogià caldo, fino a doratura.La cottura: Si dispongono le mandorle con tutti gli al-tri ingredienti in un tegame, e si lascia cuocere il tut-to per alcune ore, mescolando spesso, fino a quandoil liquido ben addensato, cremoso e omogeneo, rive-stirà completamente le mandorle. C’è chi unisce agliingredienti anche un bicchierino di aceto di vino.

PEPARULE ARRECHJNE E ARIEDOCE DI RICCIA

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G A Z Z E T T A U F F I C I A L E

no confluite le usanze di solidarietàrisalenti ai tempi più antichi come lesannitiche Fraterie e i Saturnali,quando nell’antica Roma i benestantiallestivano mense ben fornite e acco-glievano tutti coloro che si presenta-vano alla loro porta.

L’altra ricetta depositata riguarda i“peparule arrechjne” (peperoni ripie-ni), nella quale un ruolo importanteha la mollica di pane, che compareanche in altri piatti tipici della “Tavoladi San Giuseppe”. Il pane, preparatocon lievito naturale e cotto nel forno alegna, viene offerto alle tre personeche rappresentano la Sacra famiglia.La terza ricetta “agrodolce” si presentain due varianti: “ariedoce di Riccia”(agrodolce di un tempo) e “ariedoce”(agrodolce nella ricetta attuale). In en-trambe viene usato il mosto cotto (“umuste cotte”), un ingrediente presentegià nella cucina del mondo classico,citato ripetutamente da Apicio nellasua opera “De re coquinaria”. Vi sonopoi numerose testimonianze dellapreparazione e dell’abitudine di usareil mosto cotto nella cucina medievalee in particolare alla corte di FedericoII. E proprio al Medioevo si fa risalirela sua introduzione in Molise, proba-bilmente a opera dei Benedettini.

Nel corso della formalizzazione deldeposito delle ricette, alla presenzadel notaio Ceniccola, la Delegata An-na Maria Lombardi ha sottolineatoche alla scelta si è giunti dopo un’ac-curata consultazione di esperti e stu-diosi di tradizioni popolari locali, atti-vità resa possibile anche grazie allacollaborazione dell’Amministrazionecomunale di Riccia. A questo propo-sito, il sindaco, dottoressa MicaelaFanelli, ha evidenziato che l’iniziativarientra nell’indirizzo dell’amministra-zione di preservare e valorizzare lamemoria, la cultura, le tradizioni e iprodotti locali anche al fine di pro-muoverli e valorizzarli. Ha ringraziatoquindi la Delegazione dell’Accade-mia che facilita e rende conoscibile,in modo ampio, il bagaglio di cono-scenze e valori legati alla festività diSan Giuseppe che ha un elevato si-gnificato etico: l’altruismo.

U CAVEZUNE (il calzone di Riccia)

Ingredienti per il ripieno: 3 kg di ceci, 2-3 kg di miele, un cucchiainoda caffè di essenza di cannella, un pizzico di sale.Preparazione: I ceci sono messi a “spurgare” (a mollo) circa un giorno emezzo prima nella “liscivia”, una soluzione filtrata di acqua e cenere;oggi si usa un cucchiaino di bicarbonato. Poi, si lavano e si fanno cuo-cere con acqua “‘ndu cavedàre de rame stagnàte” (nel caldaio di ramestagnato). Quando cominciano a perdere “i còcchele” (le pellicine), sitolgono dal caldaio, si strofinano in acqua corrente, quindi si rimettonoa cuocere fino a nuova ebollizione, con un pizzico di sale. Tolti dal fuo-co e scolati un po’ alla volta, i ceci si passano “‘nda recole” (sorta di pas-saverdure, con bordo alto in legno e base in metallo con molti fori).L’impasto si raffina allo staccio. Si unisce l’essenza di cannella, dosan-dola a più riprese per ottenere il giusto aroma, e si amalgama il tutto. Ilripieno si prepara alcune ore prima della “laina” (sfoglia).Ingredienti per la sfoglia: 7-8 kg di farina di grano tenero, 2-4 uova,una cucchiaiata di sale fino, acqua.Preparazione: Si amalgamano farina, acqua, sale e uova intere, fino aottenere un impasto di media durezza (perché se molle si attacca, se du-ro si spacca). L’impasto è steso più volte (fare “a làine”) su un piano dilavoro (“u tavelille), che si spolvera spesso con un po’ di farina, e si allar-ga con il matterello (“u lainature”), fino a ottenere una “làine” (sfoglia)molto larga dello spessore di circa 1 cm, che prima viene stesa e tirata fi-no a ottenere un velo e poi unta con sugna liquida spalmata a mano. Lasfoglia si lavora con i seguenti procedimenti: si piega a metà, a fazzoletto(“a maccature”), e si unge di sugna, poi si ripiega su sé stessa e si ungeancora; il pacchetto ottenuto viene tagliato a strisce larghe 3-4 cm che,anche se non uguali di lunghezza, unte anch’esse vengono sovrapposteper quattro e poi arrotolate (“a rocelélle”). I dischi ottenuti vengono av-volti in strofinacci di tela tessuta a telaio (“stuiavucche”) e lasciati a ripo-sare; accorgimento che predispone la sfoglia ad aprirsi dopo la cottura.Oppure si segue un altro procedimento: si arrotola la sfoglia su se stessa astrisce di 3-4 cm e si unge con sugna a ogni ripiegamento; il rotolo ap-piattito viene unto con la sugna nella parte superiore e poi tagliato in dueper lungo; ogni sezione viene arrotolata su sé stessa sul lato unto, fino aottenere un disco, lasciando all’esterno il lato del taglio. I dischi ottenutivengono avvolti negli “stuiavucche” e lasciati a riposare. È preferibile rea-lizzare rotoli (“rocelélle”) di circa 600 gr l’uno. I dischi vengono ripresiuno alla volta e stesi col matterello fino a ottenere sfoglie di poco meno di1 cm, da capovolgere prima dell’uso. Si ritaglia la sfoglia con il bordo diuna tazza da caffellatte, o di altro idoneo attrezzo, in tondini (“i pèzze”)del diametro di 10-12 cm; si adagia una cucchiaiata di ripieno su unametà del tondino, lo si copre (“ammante”) con l’altra metà e lo si ritagliae sigilla a forma di mezzaluna usando il ruotino (“u rutélle”).La cottura, che richiede 6 l circa di olio d’oliva, avviene per frittura,utilizzando “u puzenètte” (tegame in rame stagnato, saldato a un trep-piedi). Si scalda l’olio, stabilizzandone la temperatura, inizialmenteaccertata buttandovi “a stagliature” (i ritagli) dei calzoni disposta aforma di croce, aggiungendo o togliendo legna al fuoco. Nell’olio bol-lente si pongono i “cavezune” che, girati spesso “ca scammatore”(schiumarola), quando sono dorati si tolgono dal fuoco e si asciuganonella “mesélle” (recipiente di legno, in genere utilizzato per portare i“fruscélle”, cesti) o su carta pane. Gli ingredienti indicati sono per cir-ca 200 “cavezune” di media grandezza.

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Pollo ruspante e prodotti light

S I C U R E Z Z A & Q U A L I T À

I l pollo ha ormai scarsissima con-siderazione da parte dei consu-matori, si compra spennato e

anonimo al supermercato o si acqui-sta in rosticceria. Pochi ormai sono ibambini che hanno familiarità con legalline che, nella nostra vecchia so-cietà rurale, erano una presenza co-stante e quasi familiare. Si raccontache in una scuola milanese la mae-stra invitò gli alunni a fare un dise-gno di una gallina e molti la dise-gnarono su un piatto arrostita. Alle-vati nei lager a batteria, in tempibrevi e con un mangime scientifica-mente calibrato, si stenta a credereche questi pennuti siano lontani pa-renti delle galline e dei galli padronidelle aie ed elementi essenziali del-l’economia delle campagne, anchequelle più povere.

Eppure il nostro paese contava (ein parte ancora conta) moltissimerazze di pollame autoctone di gran-de pregio che non sono certo quelledegli allevamenti industriali e do-vrebbero essere salvaguardate e al-levate all’antica maniera con metodidi lento accrescimento.

Qualcuno ci sta pensando. Hannoiniziato gli agriturismi, alcune fatto-rie didattiche, qualche ristoratore in-traprendente, consumatori semprepiù interessati ai prodotti naturali le-gati al territorio e allevati nel rispettodelle norme sul benessere animale.Un gruppo di allevatori si è organiz-zato per avviare un programma chesviluppi l’allevamento di pollame dirazze locali a lento accrescimento,per il recupero delle tradizioni re-gionali e delle biodiversità locali.Otto regioni si stanno interessando aquesto progetto.

Per il momento questo programmanon ha fini commerciali, ma ha loscopo di diffondere l’allevamento

del pollame locale con lenti tempi diaccrescimento, legato alle stagiona-lità e alle condizioni climatiche.

Il programma è attualmente rivoltoal recupero e alla riproduzione dellenumerose razze autoctone originariedel bioterritorio.

In ogni regione italiana esiste unarazza perfettamente legata all’am-biente da secoli. Nel centro Italia: l’I-taliana argentata e l’Italiana dorata;nel Veneto la Megiarola e la Padova-na bianca; in Campania la Gigantenera e il Pollo di Gragnano e moltealtre ancora.

Ricordiamoci che la gallina eraanimale principe dell’aia, elementoimportante nella società contadina enella sua economia, presenza co-stante nelle tradizioni e, perché no,nell’arte e nella letteratura, quando igiorni erano scanditi dal canto delgallo.

LEGGERI COME L’ACQUA

L’acqua è un elemento essenzialeper la vita umana. L’uomo può staremolti giorni senza cibo ma non puòfare a meno dell’acqua, che costitui-sce poco più del 60% dell’organi-smo. Anche gli alimenti che consu-miamo ne contengono una notevolepercentuale che va dal 90% dellafrutta e degli ortaggi, al 35% del pa-ne e al 76% (circa) della carne magradi bue. Spesso, e non lo sappiamo,negli alimenti che consumiamo c’èmolta più acqua di quanta natural-mente ne dovrebbero contenere. Ciòaccade soprattutto nei prodotti fre-schi di coltivazione in serra.

Sono in vendita melanzane e pe-peroni giganti, finocchi “extra large”ecc. Sono tutti gonfi di acqua nonperché l’abbiano attinta da madre

natura ma dalle abbondanti irriga-zioni in serra e, soprattutto, dall’usodei cosiddetti “fitoregolatori”. Questiultimi, classificati come antiparassi-tari, sono in realtà sostanze che fan-no aumentare artificialmente il volu-me e il peso degli ortofrutticoli, oltreche, naturalmente, il guadagno dichi li vende.

Queste sostanze sono permesse inItalia e nell’Unione europea ma ilconsumatore non può esserne con-tento poiché l’eccesso di acqua va ascapito dei principi nutritivi e, per dipiù, si paga al prezzo del prodotto.

Inoltre c’è da notare che il conte-nuto d’acqua non deve essere di-chiarato in etichetta, com’è prescrit-to per i prodotti confezionati. Tutta-via anche per questi bisogna essereaccorti poiché per esempio in moltiprodotti “light” l’acqua è la compo-nente essenziale, e lo si nota leggen-do l’etichetta dove l’elenco dei com-ponenti deve essere in ordine decre-scente di peso. In questi casi l’acquaè ai primi posti, non costa niente enon dà alcuna caloria.

Insomma per produrre un prodot-to dietetico basta aggiungere acqua,risparmiando sui costi degli altri in-gredienti e facendo pagare di più alconsumatore.

A volte non è facile trattenere l’ac-qua perché non lega con i grassi, co-me nei formaggi, oppure evapora,come nei prosciutti cotti, soggettiquindi a calo di peso. In questo casoci sono provvidenziali additivi, i po-lifosfati, che legano indissolubilmen-te l’acqua e le impediscono di sepa-rarsi e disperdersi. Questo è il moti-vo per cui il prosciutto cotto senzapolifosfati mostra una superficie sec-ca e meno umida.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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I COPERTI“DA BERTI”

Caro Direttore,ho letto la nota apparsa sullanostra rivista in merito alla riu-nione conviviale della Delega-zione di Milano Brera organiz-zata da me come Simposiarcail 6 maggio scorso presso il ri-storante “Da Berti”. Ritengoimportante e utile per il localeprecisarne il numero dei postiindicati come 20 coperti, men-tre erano segnalati 20 per 4 lo-cali, cioè totali 80 più i copertidi due salette riservate e, instagione, quelli numerosi del-l’ampio giardino.Cordialità

MAURIZIO QUATRINIAccademico di Milano Brera

Un’errata interpretazione del-la nota ha provocato l’equivo-co. A volte è necessaria unamaggiore chiarezza. Così ri-mettiamo a posto i posti del lo-cale.

LATTE, FORMAGGI E FORMAGGINI

Gentile Direttore,su indicazione di una collegaho avuto il piacere di conosce-re la vostra Istituzione e di “cu-riosare” sul vostro sito. In que-sto “girovagare” ovviamentemi sono imbattuto nella rivista“Civiltà della Tavola” e ne holetto alcuni articoli con interes-se. Sono però rimasto colpitodall’articolo, apparso nel nu-mero di settembre a firma diCarlo Magni, relativo ai for-maggi. In qualità di docente diTecnologie alimentari, e inparticolare di Tecnologie lat-tiero-casearie, ritengo dovero-so segnalare alcuni punti chenon condivido con l’autore ein particolare quando si fa rife-rimento alla difficoltà di averedati produttivi inerenti al setto-re caseario: esistono invecedati che fotografano compiuta-mente la situazione italiana. Si dice poi che è stata fatta una

stima sulla resa dei formaggitenendo conto della dimensio-ne di impresa: cosa significa?La resa di un formaggio non èlegata alla dimensione dell’a-zienda che lo produce ma èun problema di tecnologia. Lerese per i formaggi sono notema sono valori medi e dipen-dono da molti fattori produttiviche vanno dalle caratteristichecompositive del latte in termi-ne di frazioni proteiche allemodalità di rottura della ca-gliata, per finire con le condi-zioni di stagionatura.Per quanto attiene all’utilizzodi latte in polvere per la pro-duzione di formaggi, questo inItalia è vietato e quindi è prati-ca illegale e poco attuata visti irischi connessi. È possibile in-vece acquistare prodotti pro-venienti dall’estero che con-tengono latte in polvere inquanto consentito in moltiPaesi comunitari ed extraco-munitari. È da precisare co-munque che l’utilizzo di lattein polvere, anche quello peralimentazione animale, ha so-lo risvolti economici, visti i co-sti molto bassi del prodotto,ma non costituisce un rischioigienico-sanitario. Del resto ilcappuccino che beviamo ognigiorno dalle macchinette degliuffici è prodotto, con latte inpolvere così come ogni bevan-

da al gusto di latte. Il latte inpolvere è inoltre presente nelpane, nei biscotti e in moltissi-mi altri prodotti senza alcunproblema. Per quanto riguarda l’utilizzodi formaggi “mal riusciti” sitratta di una pratica tecnica-mente impossibile. Detti pro-dotti possono essere utilizzatida aziende modeste per laproduzione di grattugiati o for-maggi fusi (sottilette e formag-gini) e mai per i formaggi inquanto non è possibile inserirliall’interno di una caseificazio-ne. La maggior parte delleaziende che producono grattu-giato o fuso utilizza comunqueprodotti idonei alla commer-cializzazione rimasti invendutiper la congiuntura del merca-to. Infine il termine “scoppiati”fa riferimento a formaggi in cuisi siano instaurate delle proli-ferazioni batteriche con mi-crorganismi gasogeni sicura-mente non molto diffuse e checomunque alterano cosìprofondamente il prodotto darenderlo praticamente inutiliz-zabile. A proposito del formaggio sta-gionato migliore di quello fre-sco non mi sento di condivide-re un’affermazione che a mioparere non ha alcun riscontrotecnologico. Ammettendo diprodurre un formaggio con

latte in polvere non esistonodifferenze a utilizzarlo per for-maggi freschi o stagionati. Per quanto concerne l’area diproduzione, è vero che il latteè deperibile ma può esseretermizzato e poi spedito oveserve. In Italia acquistiamomolto latte che arriva dai Paesidell’Est a prezzi concorrenzialie quindi la trasportabilità diquesto prodotto non è certoun problema. Per concludereritengo sia da evidenziare cheil settore lattiero-caseario stavivendo in questi anni unaprofonda crisi legata a costi diproduzione sempre più elevatie alla presenza di un mercatointernazionale sempre piùcompetitivo.Ringraziando per l’attenzionee restando a disposizione pereventuali chiarimenti, colgol’occasione per inviare distintisaluti

PROF. GIUSEPPE ZEPPADocente universitario

Torino

Pubblichiamo volentieri que-sto intervento lasciando alprof. Magni l’eventuale repli-ca. Ci spiace essere stati co-stretti a ridurre qua e là lalunga esposizione del prof.Zeppa ma lo spazio disponibi-le non ci consente un maggiorrilievo.

L E T T E R E A L D I R E T T O R E

ELENCO DEI DONATORI DELLA BIBLIOTECANAZIONALE “GIUSEPPE DELL’OSSO”

Giovanni Ballarini - Presidente dell’AccademiaRoberto Boldrini, Cesare Lazzeroni, Simone Pezzatini e Zito Zani - Accademici di EmpoliMarcello Mancini - Delegato di Milano BreraGuido Andrea Pautasso - MilanoMario Russo e Roberto Ripani - Accademici di TeramoStefano Tesi - Accademico di PistoiaFerdinand Tessadri - Delegato di MeranoGiunti editore - Firenze - Milano

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N O T I Z I A R I O

A PARMA LA PRIMA SCUOLA PER LA SICUREZZA ALIMENTARE

Nascerà a Parma la Scuola in-ternazionale di alta formazio-ne per la sicurezza alimentare.Il Ministro dell’Istruzione hagià da qualche mese firmato ilprotocollo d’intesa per l’avviodell’istituto, primo nel suo ge-nere in Italia. Parma sarà quin-di un punto di riferimento eu-ropeo per la sicurezza e laqualità alimentare. Grazie al protocollo, inoltre, sipotranno realizzare sinergietra il “sistema Parma” e gli or-ganizzatori di “Milano Expo”2015 sui temi delle politicheper la tutela e la sicurezza delcibo, in collaborazione con iMinisteri della Salute e per laRicerca scientifica, i centri diricerca, le Università di Milanoe di Parma e l’Efsa, l’Autoritàeuropea per la sicurezza ali-mentare.

SAPORE DI SALEA CERVIA

La cittadina romagnola ha de-dicato un intero mese al suocelebre sale dolce, dando vitaa una serie di manifestazioniche, sotto il nome “Sapore disale”, hanno reso omaggio aquello che veniva chiamato inpassato ”oro bianco”, tanto eraprezioso il sale per la ricchez-za e la prosperità del paese.Gli eventi sono iniziati con larievocazione storica della “ri-messa del sale” (“l’armesa desel”), uno dei momenti più im-portanti nella filiera produttivadel sale cervese, in cui i salina-ri trasportavano il frutto di unanno di duro lavoro nei “ma-gazzeni” per stoccarlo e custo-dirlo. I salinari, nei loro tipici vestitida lavoro, hanno scaricato sul-la terraferma, con gli antichistrumenti, circa 100 quintali disale dalla “burchiella”, l’imbar-cazione di ferro a fondo piatto

un tempo impiegata per per-correre i canali delle saline. Aseguire, un convegno su “Tu-rismo, sale e benessere” conconsiderazioni e approfondi-menti sulle peculiarità e le po-tenzialità della città del sale, equindi visite ai magazzini e alMuseo del sale. Infine i rac-conti e gli aneddoti della sto-ria delle saline di Cervia rievo-cati dalla viva voce dei salinaricervesi.

CUCINA ANTIAGING

Si è recentemente concluso ilprimo corso di alta formazionein Management & ristorazionedel benessere, nel quale cuo-chi, medici e manager della ri-storazione hanno studiato e la-vorato insieme per apprenderei segreti della cucina antiaging.Un network di prestigiose uni-versità italiane e straniere (Fe-derico II di Napoli, Universitàdi Parma, Università Tor Ver-gata di Roma, Tufts Universitydi Boston) ha collaborato conAsnic (Associazione per la si-curezza nutrizionale in cucina)condividendo i risultati dellericerche scientifiche su nutri-zione, invecchiamento e valo-re nutrizionale del cibo cotto.

L’ITALIA DEI VINI AUTOCTONI

Bolzano ha ospitato i produt-tori di vini autoctoni italiani,nel corso del settimo Forum“Autochtona”, che ha riunitoaziende provenienti da ogniparte d’Italia, conferendo allamanifestazione il valore diuno spaccato della tradizionevinicola autoctona italiana. Le degustazioni, garantite dal-l’Associazione italiana som-meliers dell’Alto Adige, han-no consentito la conoscenzae la valorizzazione di vini au-toctoni nazionali che non go-dono dei vantaggi della po-polarità presso il vasto pub-blico, pur rappresentando

l’eccellenza delle produzionilocali, e hanno accompagnatoi visitatori in un viaggio allascoperta dei profumi, dei sa-pori e delle suggestioni delleregioni d’Italia.

UNIVERSITÀ DEI SAPORIPER I FUTURI PROFESSIONISTI

La ristorazione riveste nell’eco-nomia produttiva del Paese unruolo importante, come spec-chio non solo della cultura ali-mentare e nel suo specificodelle abitudini alimentari, maanche della professionalità le-gata alla capacità di rinnova-mento e di gestione delle risor-se del territorio qualificando, intermini di competitività, la sto-ria, la tradizione e le attitudinidella cucina italiana. Da più di quattordici anni l’o-biettivo centrale dell’Universitàdei sapori di Perugia è, a talproposito, la formazione dellefigure legate al mondo dell’e-nogastronomia e per l’anno2010-2011 l’Università proponeun calendario ricco di appunta-menti e di corsi inseriti all’inter-no del catalogo formativo dellaRegione Umbria. È previsto unesame finale con il rilascio diun attestato di qualifica profes-sionale riconosciuto dal Mini-stero del Lavoro.

PROSEGUE POSITIVAMENTEIL DISEGNO DI LEGGE SULL’ETICHETTATURAD’ORIGINE

È stato recentemente approva-to alla Camera il disegno dilegge sull’etichettatura d’origi-ne dei prodotti agroalimentari.Un provvedimento che, unavolta completato l’iter parla-mentare, garantirà ai consu-matori di scegliere nella tra-sparenza e ai produttori italia-ni di produrre nella certezza. Il disegno di legge riveste par-ticolare importanza sotto ilprofilo di una corretta infor-

mazione ai cittadini in materiadi sicurezza alimentare perchéintrodurrà l’obbligo di segna-lare in etichetta anche l’even-tuale utilizzazione di organi-smi geneticamente modificati(Ogm), in conformità alla nor-mativa comunitaria in qualun-que fase della catena alimen-tare, dal luogo di produzioneiniziale fino al consumo finale.Un testo che si pone l’obietti-vo di combattere le frodi ali-mentari, il cosiddetto “Italiansounding”, in quanto imponel’obbligo di indicare il luogod’origine o di provenienza pertutti i prodotti alimentari com-mercializzati, trasformati, par-zialmente trasformati o nontrasformati.

IL PECORINO ROMANONEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO

Si aprono nuovi scenari per ilpecorino romano, che potreb-be arrivare come aiuto ali-mentare in diversi Paesi in viadi sviluppo. L’intervento ècontenuto nella piattaformasulla crisi del comparto ovi-caprino che la Regione Sarde-gna sta portando avanti, assie-me al mondo agricolo e ad al-tre Regioni. Il progetto ha l’o-biettivo di valutare la fattibi-lità di destinare ingenti quan-tità di pecorino romano Dopa Paesi in via di sviluppo me-diante il sistema degli aiuti ali-mentari. La Farnesina avvieràun sondaggio, attraverso i ca-nali diplomatici, per verificarela volontà dei Paesi terzi diaccogliere, e in quale quanti-tativo, il prodotto caseariosardo. Se andrà a buon fine, questoprogetto potrebbe consentireda una parte di aiutare popo-lazioni in difficoltà e dall’altradi contribuire a eliminare leeccedenze di pecorino roma-no dei caseifici sardi.

a cura diSILVIA DE LORENZO

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I N L I B R E R I A

UNA COLLANA SULL’ALIMENTAZIONENATURALE

Red edizioniwww.rededizioni.itVia G. B. Grassi 15 Milano€ 13,50 (ogni volume)

La Red edizioni proponeun’interessante collana sull’ali-mentazione naturale. Ne se-gnaliamo i primi titoli:

Attenti alle cotture! (i modiper conservare intatte tutte levirtù degli alimenti): daquando l’uomo ha scoperto ilfuoco e si è accorto che i cibicotti erano gradevoli, l’evolu-zione dei metodi di cotturanon ha conosciuto soste. Manon tutte le tecniche sonoadatte per tutti i cibi e per unacucina sana. Per esempio frig-gendo o usando tanto olio percucinare si rischia di snaturareil sapore dei cibi e di renderliinadeguati al nostro benesse-re. Meglio propendere percotture leggere, capaci diesaltare il gusto naturale deglialimenti e non danneggiarneil profilo funzionale. Sceglierela cottura giusta significa so-prattutto mettere nel piatto ci-bi ancora capaci di regalarcisapori, minerali, vitamine, fla-vonoidi, grassi di qualità. Giu-liana Lomazzi, giornalista eautrice nel campo dell’alimen-tazione, conduce dunque illettore attraverso tutti i metodidi cottura e la scelta dei mate-

riali più adatti: acciaio, antia-derente, vetro, ghisa e tuttal’offerta della tecnologia mo-derna. E per una applicazioneconcreta, fornisce anche ricet-te suddivise in base ai metodidi cottura.

Omega 3 (le ricette e gli ali-menti ricchi di questa prezio-sa sostanza): fino a qualcheanno fa, gli omega 3 eranosconosciuti ai più. Di recentela situazione è cambiata, gra-zie anche a nuovi studi e allanascita di una scienza specifi-ca tutta dedicata ai grassi: lalipodomica, messa a puntodal Cnr. È sempre GiulianaLomazzi a portare il lettorenel mondo degli acidi grassiessenziali (di cui fanno parteappunto gli omega 3): impor-tanza e modi d’uso, differenzatra omega 3 di origine anima-le e vegetale, ricerca delle mi-gliori fonti alimentari di questiacidi grassi, il modo di intro-durli nella dieta. In fondo alvolume, alcune ricette di sem-plice realizzazione servono amettere in pratica le cono-scenze apprese.

Nutridieta (magri e in salutecon la nuova dieta mediter-ranea): è un programma die-tetico che fornisce il nutri-mento giusto per riequilibrarel’organismo, un metodo di in-tervento che può essere utiliz-zato a diversi livelli di com-plessità. Rosella Sbarbati DelGuerra, biologa e specialista

in Scienza dell’alimentazionee dirigente sanitario, intoducealla sua applicazione a livellobase, con indicazioni e strate-gie che il lettore può metterein pratica senza bisogno dellospecialista. I pilastri fonda-mentali di “Nutri-dieta” sono,oltre la nutrizione, lo stile divita e l’attenzione alla salute.Nel volume vengono fornititutti gli elementi essenziali(classi e piramidi alimentari,gruppo sanguigno, carico gli-cemico delle porzioni ecc.)per guidare nella scelta e pre-parazione degli alimenti giu-sti. Il metodo è applicabileanche per i vegetariani e pre-vede indicazioni personaliz-zate per l’attività fisica.

Ricette low cost (mangiarebene e sano spendendo poco):Manuela Maria Campanelli(biologa e divulgatrice scienti-fica) con Arianna Banderali(psicoterapeuta e specialistain Scienze dell’alimentazione)propongono qui piatti gustosie ineccepibili da un punto divista nutrizionale, ma realizza-bili con pochi euro e preparatisecondo il gusto italiano. Ri-sparmio e salute si concilianooptando per meno calorie,meno grassi e meno denaro.Ecco quindi che diventa im-portante come fare la spesa:che cosa comprare e dovecomprare. Altro aspetto fon-damentale è come risparmiarecalorie, condire con menograssi, non sprecare gli avanzi

e sostituire gli alimenti costosicon altri più economici. Il ri-sultato sono tante ricette abasso prezzo che non obbli-gano a rinunciare al piaceredella tavola.

MANGIARE CON ARTE PER AGIRE CON ARTEdi Guido Andrea Pautasso

Edizioni Galleria Daniela Rallo,Cremona € 15,50

Un interessante volume dedica-to al Futurismo in cucina anchenei suoi aspetti minori e pococonosciuti, con particolari col-legamenti a esperienze simili inaltri Paesi, in particolare laFrancia. Importante il capitolodedicato al passaggio dalla cu-cina futurista a quella moleco-lare. Rilevante l’appendice foto-grafica e documentaria, con“reperti” altrove introvabili.

NUOTANDO SOTTO TERRAdi Mauro Cosentini

Luigi Pellegrin editore, Cosenzawww.pellegrinieditore.it€ 19,00

“Mi alzo di scatto, lavo bene ipomodorini, li taglio a metà eli adagio in una pirofila daforno. Condisco con sale, ab-bondante olio, due spicchid’aglio interi e metto in forno.

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I N L I B R E R I A

Dopo dieci minuti riempiouna pentola d’acqua salata eaccendo il fornello. La fase dipreparazione in cucina mipiace molto. Fin da piccoloho avuto la possibilità di ve-dere cuochi professionisti al-l’opera nel ristorante dell’al-bergo di mio padre, in monta-gna...”. È proprio tra quest’al-bergo della Sila e Roma, cittàin cui Filippo, ragazzo cala-brese, frequenta l’università,che è ambientata la storia nar-rata da Mauro Cosentini nelsuo primo, fresco romanzo.Dopo questa frase, che appa-re nelle primissime pagine dellibro, andando avanti nellalettura ci si imbatte di conti-nuo in parentesi gastronomi-che. Da un lato mostrano lacompetenza e la passione perla cucina da parte dell’autore,dall’altro fanno da frequentecontrappunto alla narrazione(in parte autobiografica) arric-chendola di colore e - è il ca-so di dirlo - sapori. Talvoltasembra perfino che proprio lacucina, insieme all’amore eall’amicizia, sia il cardine diquesto romanzo che ci mo-stra dapprima la vita di Filip-po scorrere spensierata comequella di qualsiasi studentefuori sede. Poi, all’improvviso, una te-lefonata da Cosenza ne inter-romperà la routine e metteràil protagonista di fronte ascelte impegnative. Filippo leaffronterà sostenuto dal sensodel dovere, dall’incoscienza,

dall’amicizia, dalla passione edal forte sentimento (tutto ca-labrese) di appartenenza allapropria terra. Si calerà inun’esperienza entusiasmanteche lo porterà, tra una pastaal forno e una brioche col ge-lato, anche a riflettere sullapropria vita. Tra una “‘mpa-nata” e una porzione di pata-te “‘mpacchiuse”, sarannomolto importanti per lui gliamici e in particolare il rap-porto “speciale” con una diloro, Carolina. (F.R.)

MANGIARE MILANESE A MILANOdi Carla Pacelli

MANGIARE NAPOLETANO A NAPOLI E DINTORNIdi Ugo Cundari

Castelvecchi editori, Roma (via Isonzo 34)€ 9,90 ciascuno

Una interessante collana intito-lata “Centocittà” che conduceil lettore attraverso una guidaragionata ai ristoranti tipici didue tra le cucine più interes-santi nel panorama della ga-stronomia italiana. Non sonodelle semplici guide, ma ogniristorante o trattoria viene pre-sentato nei suoi aspetti storici,caratteristici, e soprattuttoumani: ogni segnalazione è ac-compagnata da un racconto,spesso vivace, delle esperien-ze degli autori.

QUADERNI SULLA STORIAa cura di Roberto Gandini

Confraternita dell’aceto balsamico tradizionale reggianoEdizioni Tecnograf, Reggio Emilia (via F. Filzi 34)Fuori commercio

I primi due volumi di questabella collana dedicata alla sto-ria di un territorio dove fiori-sce l’arte del “balsamico” ri-portano testi e documenti d’ar-chivio di consuetudini e tradi-zioni solo apparentemente di-menticate. Roberto Gandini,che è anche collaboratore diquesta rivista, si dimostra at-tento e curioso ricercatore as-siduo di archivi e collezioniprivate che contengono spes-so elementi preziosi per la co-noscenza del passato.

LA CARTA DEGLI ABBINAMENTI DELLE BIRREa cura di Maurizio Maestrelli

Fuori commercio

La birra, bevanda un tempocaratteristica dell’Europa cen-trale e settentrionale, sta occu-pando un posto molto impor-tante anche in Italia, dove stapassando dal ruolo di sempli-ce bevanda a quello di accom-pagnamento nei pasti. Questomanuale, pubblicato a curadella Birra Moretti, fornisceutili consigli per l’abbinamento

della birra, nelle sue varie ver-sioni, a determinate pietanze.Interessante la parte che illu-stra l’importanza della schiumanella degustazione di questabevanda.

COLTIVIAMO LA SALUTEdi Ciro VestitaGiunti editore, Firenze (via Bolognese 165)€ 16,50

L’autore, dietologo e fitotera-peuta, è anche un personaggiotelevisivo, spesso presente sulvideo. In questo corposo volu-me (quasi 500 pagine) la tratta-zione spazia dalla storia allamedicina, dall’orto alla tavolacon un’appendice di ricettecurata da Elena Pardini edEleonora Cozzella. Nella com-pilazione dei testi l’autore si èavvalso anche della consulen-za di tecnici ed esperti.

ICCHE BOLLE ‘N PENTOLA

Edizioni 4Food, Pistoia

Un interessante ricettario sca-turito da una manifestazionegastronomica sul tema “Tradi-zione ed emozione in tavola”.Si tratta di ricette elaborate,nel solco dell’ortodossia cuci-naria, dai partecipanti a unarassegna che si è svolta a Pi-stoia e riflette le pietanze diun’antica saggezza e di unaprofonda cultura.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

ASTI15 luglio 2010

Ristorante “Violetta” dellafamiglia Lovisolo, fondatonel 1958. ●Località ValleSan Giovanni 1, Calaman-drana (Asti); = 0141769011, anche fax; coperti80+20. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie dadefinire; giorno di chiusuradomenica, martedì sera,mercoledì. ●Valutazione 7;prezzo € 45,00; tradiziona-le, familiare.

Le vivande servite: calici diBrut con fiori di zucchine inpastella, spiedini di frutta,cacciatorino e dadini di ro-biola all’olio e pepe; carnecruda battuta a coltello contartufo nero; peperone farci-to con tonno e acciughe;tonno di coniglio marinato;gnocchi di patate al sugo disalsiccia; risotto alle verdure;finanziera; stracotto di vitel-lo al Cortese; “bonet”; pe-sche al Moscato; caffè egrappe.

I vini in tavola: Brut di Lo-visolo; Gavi di Olin Bauda;Barbera d’Asti; Moscatod’Asti.

Commenti Riunione convi-viale del solleone in unadelle poche trattorie veraciche rimangono nel territo-rio. Qui si gusta una cucinaschietta e tipica, caratteriz-zata da piatti che si possonoordinare 365 giorni all’anno.Dopo un sobrio aperitivo, lacarne cruda, dalla consisten-za piacevolmente fibrosa,denunciava l’uso del coltel-lo e non del tritacarne, arric-chita da un già profumatotartufo nero estivo. Ottimigli gnocchi. La pur buona fi-nanziera ha un po’ deluso ipuristi per la mancanza dicreste e fegatini; tenero eben aromatizzato lo stracot-to. Vini buoni, spumante damigliorare. Prezzo ai limiti,servizio nella norma. È co-munque un locale interes-sante.

ASTI12 agosto 2010

A “Casa Brina”, residenzadel Delegato. Catering dell’a-griturismo “Cascina Rosen-gana”. ●Località Cocconato(Asti). ●Valutazione non ef-fettuata data la particolaritàdell’evento; prezzo € 35,00.

Le vivande servite: freschicalici di Altalanga con pizze efocacce fatte nel forno a le-gna, prosciutto crudo barrica-to, lardo, “liptauer” su panedi segala, salame crudo a me-tro; acciughe al verde, frittati-ne di “Casa Brina” alle erbettee cipolle, robiola di Coccona-to al verde e alle nocciole,peperoni della Motta in salsatonnata, lingua alla “ca’ tra-versa”, carpionata di zucchi-ne, uova e tinche, biancostatoin vinaigrette, insalata di fa-gioli e cipolle, insalata di po-modori alla piemontese; zuc-chini ripieni cotti al forno a

legna; ravioli di erbette e ri-cotta al burro fuso; île flottan-te; pesche ripiene all’amaret-to; sorbetto alla Malvasia e al-tre sorprese; caffè, grappe.

I vini in tavola: vini dell’A-zienda vitivinicola Bava; Ba-rolo chinato della GiulioCocchi spumanti.

Commenti: Riunione convi-viale di Ferragosto a “CasaBrina”. Ad attendere gli Acca-demici il Delegato Piero Bavae alcuni componenti della fa-miglia, coadiuvati da alcunioperatori dell’agriturismo “Ca-scina Rosengana”. Ricco buf-fet di antipasti, un misto di ri-cette piemontesi, tra cui alcu-ne tipiche di casa Bava; unicaeccezione il “liptauer”, unacrema di formaggi aromatica,gustata alla recente gita inFriuli. Caldi e fragranti gli zuc-chini ripieni, provenienti dalforno a legna, si alternavano aravioli fumanti. Ricca la scelta

dei vini e dei liquori fra cuieccelleva un cognac vecchiodi 35 anni. In questa atmosfe-ra calda e ospitale si è sentitoveramente lo spirito accademi-co, anche perché erano pre-senti Accademici di altre Dele-gazioni (Vigevano, Torino,Alessandria). In questa occa-sione è stato assegnato il pre-mio “Villani” ai coniugi Balzi,produttori della robiola diCocconato.

CUNEO-SALUZZO24 settembre 2010

Ristorante “Castello Rosso” diPietro Pio, fondato nel 1997.●Via Amm. Reynaudi 5, Co-stigliole Saluzzo (Cuneo);=0175 230030, fax 0175239315; coperti 250. ●Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie mai;giorno di chiusura nessuno.●Valutazione 6,24; prezzo €50,00; elegante.

Le vivande servite: tortinodi ortiche con fonduta di ra-schera; ravioli del “plin” ca-serecci al burro fuso d’alpeg-gio; filetto di maiale ai mirtil-li; “bunet” con gelato allacrema.

I vini in tavola: Langhe Fa-vorita Fallegro Doc (Gagliar-do-La Morra); Langhe Neb-biolo Gavarini Doc (ElioGrasso-Monforte); Quaglianodella Colline Saluzzesi (Costi-gliole Saluzzo).

Commenti: La serata, partitasotto i migliori auspici vista lafolta partecipazione di Acca-demici e ospiti, è stata pur-troppo molto al di sotto delleaspettative. I giudizi dei par-tecipanti, seppur contrastan-ti, hanno portato a una valu-tazione appena sufficiente(peraltro grazie solo a unbuon risultato nella scelta deivini). Nulla da rimproverareal Simposiarca della seratache aveva scelto un menu le-gato alla tradizione della no-stre colline e con prodotti distagione. L’antipasto era ec-cessivamente salato, mentre iravioli del “plin” erano trop-po speziati. Molto deludenteè stato il secondo: la carnedel filetto di maiale era ec-cessivamente dura, segno diun’errata cottura. L’unicoaspetto positivo in questa se-rata sfortunata era l’ambien-tazione: una dimora aristo-cratica del Quattrocento im-mersa in uno splendido par-co all’inglese.

PINEROLO11 giugno 2010

Ristorante “Cantina degliAmici” di Marie France Bon-nin, fondato nel 2006. ●ViaNazionale 52, Traverses diPragelato (Torino); =012278321; coperti 32. ●Parcheg-gio insufficiente; prenotazio-ne consigliabile; ferie mag-gio, settembre-novembre;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 7; prezzo €

50,00; rustico, caratteristico.

Le vivande servite: taglieredi montagna con formaggioplasantif; tortino di farro consottobosco e crauti con mele;ravioli di porri in “bagna cao-da”; coniglio alle prugne conglara; dolce alla miando.

I vini in tavola: Prosecco;Nebbiolo di Roero; Moscato.

PIEMONTE

INDICE

Piemonte pagina 51

Liguria, Lombardia 52

Veneto 53

Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna 54

Toscana 55

Marche, Umbria, Lazio 57

Abruzzo, Molise, Campania 58

Puglia, Sicilia 59

Sardegna, Europa 60

Nel mondo 61

CARNET DEGLI ACCADEMICI 64

DALLE DELEGAZIONI 67

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di dieci righe dattiloscritte. La decisione è statapresa nella convinzione che le ragioni di fondo che l’hanno determi-nata verranno comprese e applicate.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

PIEMONTE segue

Commenti: Prima delle va-canze estive la Delegazioneha visitato questo ristoranteche si trova fra Pragelato e Se-striere, nella valle che è statauno degli scenari delle olim-piadi di Torino 2006. Il Simpo-siarca della serata Alberto Ne-gro ha concordato con la si-gnora Marie France, titolare echef, un menu in linea con lavocazione del ristorante che siprefigge di tramandare l’anticatradizione occitana nella ricer-ca e nella preparazione dipiatti tipici del luogo. Moltoapprezzato e riuscito l’accosta-mento dei crauti con le melenel tortino di farro, un po’troppo salato il primo piatto,notevole il dolce tipico occita-no. L’unica sala, molto grazio-sa e intima, ha predisposto icommensali a piacevoli chiac-chiere.

ALBENGA E PONENTE LIGURE

11 agosto 2010

Ristorante “Essaouiria” di Al-berto Pagliero, fondato nel2006. ●Via MichelangeloBuonarroti, Albenga (Savo-na); =0182 555547, anche

fax; coperti 50+20. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie a novembre;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 8; prezzo €

45,00; elegante, cucina delterritorio con particolare ri-cerca delle materie prime lo-cali; con vista sul mare.

Le vivande servite: capponmagro; tagliolini di pasta fre-sca con astice; branzino dilenza al forno in crosta di sa-le; torta meringata con fruttidi bosco.

I vini in tavola: Riviera Li-gure di Ponente Pigato Doc2009 (Azienda agricolaAnfossi, Bastia di Albenga);Alto Adige Müller ThurgauDoc 2009 (Azienda Hofstat-ter, Termeno, Bolzano).

Commenti: La classica riu-nione conviviale d’agosto perallietare gli Accademici al-benganesi e gli amici di altreDelegazioni in vacanza in Ri-viera, si è svolta in un bellis-simo locale con splendida vi-sta sull’isola Gallinara. Il me-nu concepito dal SimposiarcaRoberto Pirino ha presentatoclassici piatti della cucina li-gure di mare, che hanno ri-scosso notevole entusiasmo.Molto apprezzati il capponmagro e il branzino, di rarafinezza e di perfetta cottura.Ottimi i vini e molto buono ilservizio. La serata si è con-clusa con le parole di elogioespresse da Paolo Lingua,

Coordinatore territoriale perla Liguria, Giorgio Zò e MarioTuccillo, neo Delegato di No-vara, che non hanno volutomancare a questo appunta-mento estivo, onorando lanostra Delegazione con la lo-ro amicizia.

ALTO MANTOVANOGARDA BRESCIANO

26 maggio 2010

Ristorante “Fenil Conter” diCristina Bordignon, fondatonel 2008. ●Località FenilConter, Pozzolengo (Bre-scia); =030 9916052; coper-ti 100. ●Parcheggio incusto-dito; prenotazione consiglia-bile; ferie gennaio; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 6,50-7; prezzo € 40,00.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto; trota salmo-nata in concia di Lugana; luc-cio del Garda in salsa conpolenta; sardine in “saor”; si-sam di anguilla; tortelli di sal-merino con ragù di verduraal profumo di bottarga e luc-cio; branzino gratinato conpurea di pomodoro, olivenere e punte di asparagi con

zabaione verde; mele spezia-te con caramello di agrumi egelato alla cannella; caffè.

I vini in tavola: Lugana brutmetodo Charmat Hirundo,San Martino della BattagliaDoc Campo del Soglio; Luga-na Doc Podere Selva Capuz-za, Garda classico ChiarettoColli a Lago; vino da appassi-mento Lume.

Commenti: La buona risto-razione e la gastronomia delterritorio ormai fanno tappaanche negli agriturismi: inquesto caso gradevole comeaccoglienza e con una cucinaadeguata. Il menu tutto “lo-cale” legato in maggioranzaalle specialità del territorio siè dimostrato ricco ma benequilibrato, con menzionespeciale per la trota salmona-ta e la sardina in “saor”. Laserietà della proposta gastro-nomica è stata confermataanche dalla sostituzione nelmenu del coregone: non es-sendo disponibile fresco inloco, anziché importarlo daaltre zone si è preferito cam-biare proposta, un buon se-gnale di attenzione.

ALTO MILANESE21 settembre 2010

Ristorante “Il Nuovo Rossini”di Massimiliano Pepe, fonda-to nel 2007. ●Via Giulini 3,Legnano (Milano); =0331548826, fax 0331 540439;coperti 50. ●Parcheggio in-

custodito, scomodo; prenota-zione consigliabile; ferie ago-sto; giorno di chiusura do-menica sera e lunedì. ●Valu-tazione 7,25; prezzo €

35,00; rustico.

Le vivande servite: gelatoal basilico con pomodorofresco e crostini; doppia con-sistenza di parmigiano congranella di pistacchi di Bron-te; risotto alla milanese conrognone trifolato; coscia d’a-natra in confit con cipollastufata e polenta; tarte Tatin;caffè.

I vini in tavola: Barberad’Asti Doc 2006 (CascinaMontecantero); Barbera d’A-sti Superiore 2006 Doc (Ca-scina Montecantero); CileleTre Donne 2005 - OltrepòPavese rosso (Cantine F.lliGiorgio - Canneto Pavese).

Commenti: Dopo le vacan-ze, avendo ancora presenti isapori della varie cucine re-gionali e/o straniere assag-giate durante la pausa estiva,si è voluto proporre agli Ac-cademici un ritorno abba-stanza variegato fra tradizio-ne e innovazione, coinvol-gendo il patron MassimilianoPepe, titolare di un simpati-co, anche se piccolo, risto-rante ubicato nel centro stori-co di Legnano. Il locale, atti-vo da parecchi anni, ha subi-to una svolta con l’attuale ge-stione iniziata nell’anno 2007,gestione che propone insie-me ai piatti della tradizione

LOMBARDIA

LIGURIA

A Milano, presso l’hotel “Anderson”, si sono riuniti i diretto-ri dei Centri Studi territoriali lombardi e i Coordinatori ter-ritoriali per discutere tutta una serie di argomenti in unnutrito ordine del giorno. Erano presenti il Segretario gene-rale dell'Accademia, e Presidente del Centro Studi “FrancoMarenghi”, Paolo Petroni e gli Accademici Gianni Fossati,Vito Artioli, Giorgio Barbesti, Enzo Pomentale, FedericoMaisano, Marcello Mancini, Andrea Cesari De Maria, Gio-vanni Battista Spezia, Franco Rossi, Doda Fontana Gulfi,Danilo Fraticelli, Claudio Borroni, Pierangelo Frigerio,Carlo Mazzi, Enrico Carnevale Schianca, Carlo GiuseppeValli, Silvana Chiesa, Bruno Balti, Antonio Serra.All’apertura dei lavori Vito Artioli ha dato il benvenuto aPaolo Petroni, al Coordinatore per il Nord e Centro ItaliaGianni Fossati e a tutti gli Accademici presenti. Il Segreta-rio generale ha espresso il proprio apprezzamento per il la-voro svolto dalle due aree lombarde, che formano un’uni-

ca realtà in grado di utilizzare un metodo molto sinergicoe foriero di idee. Egli ha poi esposto un breve panorama de-gli argomenti che verranno trattati dalla prossima Consul-ta nazionale. In particolare ha illustrato vari problemi tracui quello della sede nazionale, della biblioteca “GiuseppeDell’Osso”, la revisione di alcuni articoli del Regolamento ela diversa articolazione dei premi e riconoscimenti dell’Ac-cademia.Sono seguiti costruttivi interventi dei rappresentanti le Dele-gazioni di Monza e Brianza, Lariana, Vigevano, Varese,Lodi, Milano Duomo, Milano Brera, Milano Navigli, Mila-no. Paolo Petroni ha chiuso gli interventi apprezzandone ilfervore organizzativo e pratico. Per quanto si riferisce airapporti tra Centri Studi territoriali e Delegati si è deciso dinon coinvolgere questi ultimi nei lavori dei vari Centri Stu-di per non distoglierli dal non lieve impegno organizzativodelle singole Delegazioni. (Claudio Borroni)

RIUNITI A MILANO I COORDINATORI E I CENTRI STUDI DELLA LOMBARDIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

locale anche una cucina in-novativa. Gli Accademicihanno in particolare mostra-to notevole apprezzamentoper l’antipasto (gelato al basi-lico e la doppia consistenzadi parmigiano), buono ancheil risotto con il rognone an-che se poco saporito e lascia-to troppo in cottura, ben rea-lizzata la coscia d’anatra cheha suscitato commenti con-trastanti. Il dolce ha lasciatoperplessi gli Accademici chesi sono visti servire una rivisi-tazione di tarte Tatin forzata.Durante la cena il Delegatoha commentato l’abbandonodell’utilizzo del “quinto quar-to” dei bovini e dei suini sol-lecitando futuri approfondi-menti sull’argomento.

BERGAMO22 settembre 2010

Ristorante “BélaEta” dell’ho-tel “Cocca” di Battista eMaurizio Marini, fondatonel 2008. ●Via Predore 75,Predore di Sarnico (Berga-mo); =035 4261361, fax035 4261353; coperti 200.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7,50;prezzo € 45,00; raffinato.

Le vivande servite: insalatadi luccio e trota marinata convinaigrette al balsamico elamponi (8); risotto al pescepersico con pesto di crescio-ne (8,50); sformatino di per-sico (6,50); turbante di sal-merino farcito con porri (7);zuppa d’anguilla allo zenzero(7); sorbetto alla pesca e zen-zero (6).

I vini in tavola: Valcalepiobianco (8) e Valcalepio rosso(7), Cantina sociale San Pao-lo d’Argon.

Commenti: In una splendi-da serata settembrina di lunapiena non poteva esserescelta una location più sug-gestiva. Perfetti il servizio el’illustrazione dei piatti, tuttipregevoli. Indovinato l’acco-stamento del luccio diliscatoe bollito e lasciato in infusio-ne per tre giorni con capperie la marinatura dei filetti ditrota. Apprezzato e bissato ilrisotto con pesto di crescio-ne che, quando si trova, vie-ne sormontato da un gambe-ro di fiume. Elegante la pre-sentazione dei tre secondi in

un unico piatto; eccellente,fra i tre, il turbante di salme-rino e assai apprezzata lazuppetta d’anguilla alla ga-langa. Vini locali di alto livel-lo. Perfetta l’organizzazionecurata dal Segretario Rugge-ro Pistoni, sempre efficiente.Grande entusiasmo per l’an-nuncio della prossima cenaecumenica che si svolgerà aPontida, nella famosa abba-zia dei frati Benedettini clu-niacensi.

BRESCIA14 giugno 2010

Ristorante “Preziosilla” diAlessandro Nolli, fondato nel1989. ●Via Pieve Vecchia40, Nave (Brescia); =0302534960, fax 030 2532802;coperti 40+30. ●Parcheggiocomodo e ampio; prenota-zione gradita; ferie mai;giorno di chiusura martedì,in luglio e agosto martedì amezzogiorno. ●Valutazione8,20; prezzo € 50,00; carat-teristico nel verde, rustico.

Le vivande servite: catalanadi crostacei; polpo alla galle-ga; paccheri di Gragnanocon capesante; verdurine distagione e tartare di gamberirossi; filetto di rombo ai sa-pori mediterranei; compostadi frutti.

I vini in tavola: Franciacor-ta brut “Il Mosnel”; Curtefran-ca Campolarga Chardonnay2009 “Il Mosnel”.

Commenti: Il ristorante scel-to dal Delegato per la riunio-ne conviviale d’inizio dell’e-state è un antico indirizzo nelquale si è sempre succedutauna ristorazione di qualità. Lacucina è attenta alla stagione,al territorio e alla sua tradizio-ne senza dimenticare il pesce,come nell’occasione; la serataè andata in crescendo, dall’e-sordio alla sua conclusione,con piena soddisfazione degliAccademici e delle signore,con un servizio cordiale epreciso. Alla riuscita della ce-na hanno ben contribuito i vi-ni, molto gradevoli e beneadeguati ai cibi.

MILANO DUOMO15 luglio 2010

Ristorante “Trattoria Mon-lué” di Eugenio Anzalone,fondato nel 1450. ●Via Mon-

lué 75, Milano; coperti 150.●Parcheggio custodito; pre-notazione necessaria; ferieagosto; giorno di chiusurasabato a mezzogiorno e do-menica. ●Valutazione 7,16;prezzo € 40,00; accogliente.

Le vivande servite: acciu-ghine e mozzarella; rane frit-te; risotto pere e taleggio; ta-gliata di verdure alla griglia eassaggio di caponata; crosta-ta di albicocche mature.

I vini in tavola: Brut Azien-da Capirossa; Merlot Monte-liana 2007; Zibibbo Intorcia.

Commenti: Quella che unavolta era una locanda inaperta campagna è ora unatrattoria all’estrema periferiadella città, pur conservandoil fascino di un tempo. LaSimposiarca Marisa Zipoli,dopo aver illustrato il localee la sua storia, ha introdottoil menu, mentre l’Accademi-co Giorgio Colli ha presenta-to, con la consueta professio-nalità, i vini. Sulla tavola, inquesta stagione, non poteva-no mancare le rane fritte, ve-ra tradizione per gli appas-sionati, a patto di trovare lerane nostrane e non quelled’importazione, di dimensio-ni ragguardevoli ma di scarsosapore. Interessante il risottocon pere e taleggio decisa-mente apprezzato dai nume-rosi Accademici. Non ugualerisultato è stato raggiuntodalla tagliata, troppo dura.Nota di indubbio merito perun’azzeccatissima crostata.Serata allegra, ben riuscita, inuna sala spaziosa e acco-gliente e, soprattutto, al ripa-ro dalle zanzare.

MONZA E BRIANZA23 settembre 2010

Ristorante “Escopazzo” di Vi-talone Pasqualino, fondatonel 2008. ●Via Garibaldi 11,Senago (Milano); =0299056870; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie due settimanein agosto; giorno di chiusuradomenica sera e lunedì. ●Va-lutazione 7,50; prezzo €

60,00; elegante e accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con stuzzi-chini; tartare di salmone; risoVenere e schiacciata di pata-te; polpo arrosto; purea di

ceci; olive taggiasche e po-modorini secchi; Carnarolisuperfino, gamberoni, po-modoro fresco e timo; fritturamista; verdurine in pastella efiocchi di sale indiano; fichial cioccolato.

I vini in tavola: Metodoclassico Oltrepò Pavese (Ca-seo); La Segreta bianco (Pla-neta); Sauvignon Lahn (St.Michael Eppan); Moscato Ol-trepò “La Dote” (Caseo).

Commenti: Prima riunioneconviviale dopo il riposoestivo, a ranghi ridotti perimpegni lavorativi di alcuniAccademici, ma compensatidagli ospiti e aspiranti nuoviAccademici. Simposiarca del-la serata il Consultore Amitti,che ha proposto questo risto-rante di recente apertura. Ilgiovanissimo chef GiuseppeCarvelli e il patron Pasquali-no Vitalone sono stati genti-lissimi, le vivande hanno ri-scosso un vivo apprezza-mento da parte di tutti solo inparte rispecchiato dalla valu-tazione, che alcuni avrebbe-ro voluto anche più lusin-ghiera, ma che la Delegazio-ne considera provvisoria,trattandosi della prima visita.Servizio impeccabile e seratamolto calorosa. Il Delegatoha provveduto a illustrarebrevemente e consegnare ilvolume “Tradizione e inno-vazione nella cucina italia-na”, che è stato anche argo-mento di confronto con lochef a cui tutti auguriamo unbrillante futuro.

VARESE16 settembre 2010

Ristorante “Melograno” diLuca Sardella, fondato nel2009. ●Via Cavour 13, Ange-ra (Varese); =0331 960431;coperti 40. ●Parcheggio in-custodito, sufficiente; pre-notazione consigliabile; fe-rie novembre; giorno dichiusura martedì. ●Valuta-zione 6; prezzo € 50,00;accogliente.

Le vivande servite: fiori dizucca fritti; formaggina no-strana con noci e pepe su fo-glie di indivia; fiocco di cula-tello di Zibello; tartare di sal-mone con insalatina di finoc-chi; crostata salata con ricottadi capra e spinaci; gnocchettidi castagne con fonduta alformaggio d’alpe; coniglio di

fattoria agli antichi saporicon contorni dell’orto; tortadi mele e pere con salsa va-niglia.

I vini in tavola: Proseccobiologico Ponte; Vermentinodi Ierzu; Cirò Librandi; Mo-scato d’Asti Fontanafredda.

Commenti: A un anno esat-to dall’apertura facciamo visi-ta a questo ristorante condot-to dal giovane cuoco varesi-no Luca Sardella, che dopoaver fatto molta esperienzaha deciso di iniziare questanuova avventura ad Angera,sul lago Maggiore, all’insegnadel biologico (tema della se-rata). Aperitivo e antipastosono passati abbastanza inos-servati mentre positivo è statoil giudizio sugli gnocchi di ca-stagne con l’azzeccato abbi-namento del formaggio fuso,due gusti che contrastavanodando un senso piacevole al-la fine. Ottimo il coniglio no-strano che nonostante la car-ne di buona consistenza è ri-sultato morbidissimo graziealla cottura lunga a bassatemperatura. Molto apprezza-to l’impianto di cucina a in-duzione il quale, più che es-sere a vista, può tranquilla-mente dirsi in sala. Alcunenote negative sono date dallarumorosità del locale, dalladisposizione dei posti troppostretti e dalle tovaglie.

CORTINA D’AMPEZZO4 agosto 2010

Ristorante “Tivoli” . ●LocalitàLacedel 34, Cortina d’Am-pezzo (Belluno); =0436866400. ●Parcheggio suffi-ciente, incustodito; prenota-zione consigliata. ●Valuta-zione 8; prezzo € 65,00.

Le vivande servite: gallinain brodo con frittatine, luma-che fritte in crema di agliodolce e porri, “casunziei” dierbe di montagna e burro fu-so, canederli di fegato in bro-do, agnello brasato al Rabosocon canederlo di speck, torti-no di carote col cuore di ri-

VENETO

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

VENETO segue

bes, strudel di mele e torta dimele della nonna, sorbetto aifiori di sambuco.

I vini in tavola: MonterossoFranciacorta brut, primacuvée - Vertigo Livio Felluga(uvaggio merlot/cabernet)2007; Moscato Vignaioli S.Stefano 2009.

Commenti: Serata sul tema“cena ampezzana” con pie-tanze tradizionali d’Ampezzonel gusto d’oggi. Riunioneconviviale apprezzatissimaall’insegna delle particolaritàcucinarie locali, ma anchedella cultura del territorio.Hanno partecipato alla seratadelle signore in costume lo-cale originale che hanno illu-strato la storia degli abiti in-dossati esibendosi poi nellarecita di poesie e proverbi indialetto. Tra gli ospiti le Dele-gazioni di New York e diLondra.

PORDENONE10 settembre 2010

Ristorante “Ciasa de Gahja”di Adriana Fava. ●13 v. An-zolet, Budoia (Pordenone);=0434 654897; coperti 50.●Parcheggio interno; preno-tazione consigliabile; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione 7,55; prezzo € 45,00;tradizionale, caratteristico.

Le vivande servite: ricciolidi calamari ai ferri, zucchine,dadolata di pachino, ristrettodi balsamico di Modena eprofumo di timo; vellutata disedano rapa con mazzancollasemiscottata e croste di pan-pepato; ravioli alla casatelladella Pedemontana, su estrat-to d’astice e salsa all’uva frago-la; trancio di branzino al car-toccio su tagliatelle di verduree fiammiferi di patate novelle,all’extra vergine di Fiaschetti;pera semicaramellata al mieledi acacia di Polcenigo, gelatoal fiordilatte, mosto cotto euva cristallizzata.

I vini in tavola: Prosecco brutDocg Valdobbiadene 2009

(Azienda agricola Col Veto-raz); Pinot bianco Isonzo 2009(Azienda agricola Driuss);Sharis (Chardonnay, RibollaGialla) Cormons 2009 (Azien-da agricola Livio Felluga).

Commenti: I SimposiarchiUgo Fonte e Giuseppe Coci-lovo, per celebrare il convi-vio della vendemmia, hannoscelto questo accogliente lo-cale, gestito da Adriana Fava,coadiuvata da una brigata dicucina giovane, ma prepara-ta e attenta. Si è iniziato constuzzicanti aperitivi serviti al-l’aperto. A tavola gradevole ed’effetto l’antipasto di cala-mari, di gusto armonico. Lagustosa vellutata di sedanorapa ha riscosso i maggioriapprezzamenti: pietanza benpresentata, ottimo aroma, ot-timo gusto e ottimo infinel’abbinamento con il vino.Ad alto effetto scenograficoanche il piatto principale, iltrancio di branzino cotto alcartoccio in carta trasparenteche permette la vista del pe-sce e dei suoi condimenti giàall’atto della presentazionesul piatto. Per finire, un des-sert, intonato al tema dellaserata, ben architettato. Il tut-to innaffiato dagli ottimi vinibianchi, scelti appropriata-mente dai Simposiarchi traquelli del territorio risultatipiù adatti dell’annata 2009.Giudizi positivi per gli orga-nizzatori e per tutto lo staff dicucina. Commendevole ilservizio, attento e preciso.

CENTOCITTÀ DEL GUERCINO

14 luglio 2010

Ristorante dell’agriturismo“Locanda 5 Cerri” di Ales-sandra Montanari e Alessan-dro Frigerio, fondato nel2004. ●Via Val di Setta 121,Cinque Cerri di Sasso Marco-ni (Bologna); =051 847734;coperti 60. ●Parcheggio cu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie gennaio; giornodi chiusura lunedì. ●Valuta-zione non effettuata perchéfuori territorio; accogliente.

Le vivande servite: salumidella tradizione con gnocchi-ni fritti e panzerotti; lasagnet-te di farro con verdure di sta-gione; gramigna con salsic-cia; coniglio disossato arrostocon bieda in tegame, patate epomodori in parmigiana,zucchine grigliate; gelato dicrema con more di boscocotte e biscottini caserecci.

I vini in tavola: PignolettoColli Bolognesi Doc e MerlotColli Bolognesi Doc (ambe-due di Botti).

Commenti: Un buon nume-ro di Accademici ha parteci-pato a questa uscita estivaper trascorrere una piacevoleserata in un agriturismo im-merso nel verde della cam-pagna sulla prima collina bo-lognese. I piatti serviti sonostati tutti di buon livello conuna nota di particolare gradi-mento per i fritti iniziali con igustosi salumi. La serata èagilmente trascorsa in un cli-ma di convivialità informalee rilassata.

FAENZA24 settembre 2010

Ristorante “Trattoria Manue-li” della famiglia Bernabè,fondato nel 1800. ●Via San-ta Lucia 171, Faenza (Ra-venna); =0546 642047-642025; coperti 150 (di cuiall’aperto, solo in estate, 80).●Parcheggio comodo, incu-stodito; prenotazione consi-gliabile; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,40;prezzo € 25,00; trattoria fa-miliare, con veranda estiva,cucina casalinga, tradizio-nale.

Le vivande servite: piadina,gnocco fritto, salumi e for-maggi; tagliatelle ai funghiporcini; tagliatelle al ragù diconiglio; tagliatelle al ragù;zuccherini e zuppa inglese.

I vini in tavola: Trebbianodi Romagna, Sangiovese diRomagna superiore Le Betul-le, Emozioni Lato R (tutti del-l’Azienda Leone Conti).

Commenti: Gli Accademicifaentini si sono ritrovati ingrande numero per celebrare“Sua Maestà la tagliatella diRomagna”. L’Accademico Lo-renzo Tozzi ha ottimamenteorganizzato la riunione con-viviale proponendo curiosità

e riflessioni su quella che, abuon titolo, può considerarsila pasta più amata della Ro-magna. Le tagliatelle, rigoro-samente “tirate” al mattarello,sono state servite in tre diver-se proposte dal ristoratore ehanno riscosso unanime suc-cesso, in particolare quelle aifunghi porcini. Apprezzatianche gli antipasti e la zuppainglese, dessert servito a finepasto. Eccellenti e ben scelti ivini in abbinamento ai piatti.Servizio adeguato al locale.Tra i lati negativi, si segnalala pessima acustica delle sale,con accentuazione della ru-morosità d’ambiente.

PARMABASSA PARMENSE24 settembre 2010

Ristorante “Trattoria LaghiVerdi” di Mirella Demaldè,fondato nel 1970. ●Via Co’di Sotto 74, Gramignazzo diSissa (Parma); =0521879028, anche fax; coperti100. ●Parcheggio incustodi-to, sufficiente; prenotazioneconsigliabile. ●Valutazione7,50; prezzo € 40,00; tradi-zionale, rustico.

Le vivande servite: antipa-sto di pesce gatto in carpio-ne; spaghettini al sugo di pe-sce gatto; frittura di pescegatto e anguilla; filetti di pe-sce gatto all’aceto balsamico;contorno di patate al forno;sorbetto della casa; torta dimandorle con zabaione; li-quori e caffè.

I vini in tavola: Colli di Par-ma Malvasia Azienda agrico-la vitivinicola Lamoretti.

Commenti: Il SimposiarcaGiulio Dall’Olio ha voluto or-ganizzare una serata per sco-prire o “riscoprire” il pescegatto, una vera e propria pre-libatezza, che ultimamentesembra quasi scomparsa, for-se anche a causa di un virus,o del proliferare nel “GrandeFiume” di specie competiti-ve. La “Trattoria Laghi Verdi”è una creazione del cav. Atti-lio Demaldè; spirito inventi-vo e comunicativo considera-to nella bassa parmense il “redel pesce gatto”. Estrema-mente convincente il menutradizionale, preparato dallacuoca Carla Santi. Il DelegatoMassimo Gelati ha curato laparte scientifica della serata,introducendo il prof. Cristian

Bernardi, docente dell’Uni-versità di Milano, che nel suomolto apprezzato interventoha informato i presenti dellecaratteristiche dei pesci difiume, delle loro qualità nu-trizionali e dietetiche, e di al-cuni consigli sulla loro cor-retta conservazione. Ha con-cluso la serata la degustazio-ne di distillati e liquori pro-dotti dai titolari della trattoria.

RICCIONE-CATTOLICA21 luglio 2010

Ristorante “Anna” di Giusep-pe e Pasquina Gennari, fon-dato nel 1981. ●Via Litora-nea Nord (spiaggia n. 20),Misano Adriatico (Rimini);=0541 614048; coperti 100.●Parcheggio incustodito,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie dal 15 ottobreal 15 marzo; giorno di chiu-sura martedì (tranne in esta-te). ●Valutazione 7,70; prez-zo € 45,00; accogliente.

Le vivande servite: polpopatate e olive; canocchie alvapore; cozze alla tarantina;seppia con piselli; ravioli dipesce, filetto di sogliola ependolini; spiedini di gamberie calamari; sardoncini alla gri-glia; radicchio verde di cam-pagna; dolcetti della casa; sor-betto al caffè; caffè e amari.

I vini in tavola: “Casal diSerra”, Verdicchio dei Castellidi Jesi Doc, classico superiore(Azienda agricola UmaniRonchi - Osimo, Ancona);“Villa Angela” Offida Passeri-na Igt (Azienda agricola Vele-nosi - Cerreto Guidi, Firenze).

Commenti: Il locale, sobrioe accogliente, si trova sullaspiaggia di Misano Adriatico,zona nord, ed è dotato di ta-voli anche sulla ariosa terraz-za coperta. La gestione è fa-miliare e la cucina, a base dipesce, è improntata alla tra-dizione romagnola, comeemerge chiaramente dal me-nu proposto. Le materie pri-me utilizzate sono di regolarappresentate dal pescato lo-cale, mentre, per gli spiedini,vengono utilizzati gamberidella migliore qualità conge-lati in barca. Fra i piatti pro-posti, tutti di buon livello, gliAccademici hanno particolar-mente apprezzato i ravioli dipesce e gli spiedini; abba-stanza originale, almeno peril nostro territorio, la propo-

EMILIA ROMAGNA

FRIULI - VENEZIA GIULIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

sta del vino Passerina ottenu-to dall’omonimo vitigno diOffida, sul quale il Simpo-siarca della serata, Sergio Ra-bini, ha svolto una interes-sante relazione.

RICCIONE-CATTOLICA15 settembre 2010

Ristorante “Al GamberoSbronzo” di Marco Massali-ni, fondato nel 2008. ●ViaLitoranea Nord, MisanoAdriatico (Rimini); =0541611431; coperti 70. ●Par-cheggio incustodito, scomo-do; prenotazione consigliabi-le; ferie 20 dicembre-28 feb-braio; giorno di chiusura lu-nedì (tranne in estate). ●Va-lutazione 7,30; prezzo €

45,00; accogliente.

Le vivande servite: sardon-cini panati su letto di cicoriae salsa al limone; duetto diravioli, al cacao con crostaceie allo zafferano con branzi-no; ricciola dell’Adriatico su

letto di verdure con ristrettodi balsamico; semifreddo allosquacquerone con salsa dimirtilli e cioccolato bianco.

I vini in tavola: Bianchellodel Metauro 2009 Doc(Azienda agricola UmaniRonchi - Osimo, Ancona);“Alba rara” Albana di Roma-gna secco 2008 Docg (TenutaSanta Lucia); “Dulcedo” Ver-duzzo dolce 2005 Doc LisonPramaggiore (Santa Margheri-ta di Fossalto di Portogruaro).

Commenti: Il locale, sobrioe accogliente, si trova sullaspiaggia di Misano Adriatico,zona nord, ed è dotato di ta-voli anche all’aperto. La cuci-na ha subito una radicale tra-sformazione nel 2010 conl’avvento del cuoco VittorioRicci che, utilizzando materieprime del territorio e pescedell’Adriatico, propone piattifantasiosi e innovativi. Il me-nu subisce variazioni seguen-do le tipologie del pescato ela stagionalità delle materie

prime: quello proposto agliAccademici ha evidenziato lecaratteristiche della cucina,rivelandosi originale e inte-ressante e suscitando un par-ticolare gradimento per l’an-tipasto ed il primo piatto.Buono l’abbinamento cibo-vino, ricca la carta dei vini.

RIMINI14 luglio 2010

Ristorante “Club Nautico” diDaniele Guidi, fondato nel1985. ●Piazzale Boscovich12, Rimini; =0541 27005,fax 0541 709233; coperti200. ●Parcheggio incustodi-to; prenotazione consigliabi-le; ferie fine gennaio-feb-braio; giorno di chiusura lu-nedì (da ottobre a maggio).●Valutazione 7,50; prezzo €45,00; elegante.

Le vivande servite: aperiti-vo sulla terrazza; assaggi dipiadina farcita con acciughe;canocchie alla catalana; torti-

no di polpo e seppia conschiacciata di patate e olivetaggiasche; involtino di so-gliola con fagiolini al vapore;risotto di mare (alla vecchiamaniera in rosso); corvine al-la griglia con patate al fornoal rosmarino; frittura doratacon verdure croccanti; sgon-fiotto di millefoglie con cre-ma Chantilly e frutta; caffè.

I vini in tavola: Clemente(Pagadebit, Riesling, Sauvi-gnon); bianco Rubicone Igt(Cantina Ennio Ottaviani);Sinfonia (Chardonnay friz-zante); Chardonnay Rubico-ne Igt (Cantina Ennio Otta-viani).

Commenti: La serata, moltocalda, è trascorsa con moltopiacere sulla terrazza del ri-storante, con vista sul portocanale e la darsena. La frescaventilazione ha permesso digustare le prelibatezze mari-nare preparate dallo chefGiuseppe Tanzarella. Dopoaver brindato sul mare, tutte

le portate a base di pesce, inparticolare il risotto di marealla vecchia maniera marina-ra, le corvine alla griglia e lafrittura, sono state gradite da-gli Accademici, come mostrala votazione. Anche i vini so-no stati molto apprezzati.

EMPOLI15 settembre 2010

Ristorante “Boghe” di Ani-soar Mindrescu, fondato nel2008. ●Via delle Pinete,Staffoli (Pisa); =057137451, anche fax; coperti100. ●Parcheggio incustodi-to; prenotazione consigliabi-le; ferie 6-20 gennaio e 10-

TOSCANA

Per Toni Benetton, geniale scultore del ferro, a cent’annidalla nascita, la Delegazione di Treviso che lo ebbe Acca-demico ha voluto un ricordo a tavola. Mentre la Biennaledi Venezia ripropone ora le sue opere in appropriata sedeartistica, chi lo ebbe amico e sodale ne offre con una picco-la e succosa pubblicazione un ritratto profondamenteumano. Per Toni l’aria aperta era lo scenario adeguato percollocare le potenti strutture uscite dal suo maglio. Gover-nava il fuoco e la materia bruta con la levità di un’intelli-genza creativa che si sosteneva a un profondo attaccamen-to alla natura. In tutte le espressioni dei mondi: animale,vegetale e minerale. Le sue mani forti sapevano onorare ilmetallo e spezzare il pane, con medesima gratitudine.Gioiva nel lavoro dell’arte e nella condivisione delle pie-tanze che la tradizione popolare trevigiana veniva propo-nendo di stagione in stagione. Lineare e coerente, nella fu-cina e nelle sedute conviviali, testimone e partecipe d’unastagione felice per la sua città e la Marca, quando BepiMazzotti, Delegato esigente, amante della bellezza e delgusto, chiamava attorno alla buona battaglia per la salva-guardia di un patrimonio d’arte e di tradizione, anchecucinaria, Accademici come Giovanni Comisso, BepoMaffioli, gli Zoppelli, Toti Dal Monte, Cino Boccazzi e ToniBenetton, per l’appunto. Schietto buongustaio, Toni prediligeva i piatti semplici,nella rusticità d’un tavolo d’osteria all’antica, presidio delbuon vivere secondo il costume comunitario. Pollo di cor-tile in umido, anguilletta del Sile fritta in padella, baccalàin ogni maniera, spiedo rosolato per lunghe ore, comeconveniva, nell’uso consapevole delle braci e della fiammaviva. Un pane profumato di forno a legna. Un boccale di

vino rosso che esala aromi di gioventù. Un menu dove lasemplicità sposava la sapienza delle madri affettuose. Cosìla Delegata trevigiana Teresa Perissinotto, d’intesa con lamoglie di Toni, Ada, ha voluto richiamare la memoriadell’illustre Accademico. E i cuochi convocati per la piace-vole celebrazione, priva di pompose austerità ma impre-ziosita dagli amichevoli conversari, hanno mostrato dicomprendere lo spirito delle sollecitazioni ricevute. Acco-glienza in dolcezza, con uno sbuffo di zucchero filato, daimpugnare e gustare come simbolo di amabile e sapida in-troduzione alla degustazione amicale. A seguire: baccalàin insalata, sarde in “saór”, “bovoétti” (chioccioline) all’a-glio e prezzemolo, nervetti con cipolla, uova al funghetto.La minestra fissa di “risi e bisi”, pietanza dogale. La granportata di spiedo, con spalla di vitello, coniglio, costicinedi maiale, guarnita di polenta bianca. E insalatina novel-la, fagioli freschi lessati, casatella, biscotti “zaéti”, mignondi noci e marmellata di radicchio trevigiano. Nell’alter-narsi di vini bianchi, rosé e rossi della sinistra Piave opi-tergina. A chiudere il caffè e il carrettino dei gelati. Il tuttoservito in Villa Marignana, alle porte di Venezia, dimoradi Toni, Ada e Giovanni, e impagabile museo dell’estrodell’artista. Da quattordici anni Toni Benetton se n’è an-dato, ma il fervore di partecipazione che ha riunito in dueserate, per far posto a tutti, gli amici Accademici intornoal suo ricordo, non è stato solo testimonianza di affetto edi stima. Piuttosto ha ancora una volta dimostrato ilprofondo valore culturale dell’Accademia, che sa richia-mare all’impegno per la tradizione nel senso più alto e glo-bale. Dove la bellezza trionfa in pensieri e opere, unendoin ideale continuità chi è stato ed è. (Ulderico Bernardi)

IN RICORDO DI TONI BENETTON

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

25 agosto; giorno di chiusu-ra martedì. ●Valutazione7,90; prezzo € 45,00; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo gran cuvée Sandiliano;antipasti (cozze e salsa di pe-peroni, polpo con purè, sal-mone affumicato con salsa dipera, spannocchie fritte); ca-vatelli bicolori ai frutti di ma-re; risotto con vongole veracie pesto di zucchine; cartoc-cio di branzino e funghi por-cini; sfogliatina con cremaChantilly e salsa di lamponi.

I vini in tavola: MoscatoVilla Jolanda; Macera Tinobianco Jole; La Bandiola Col-line Lucchesi Doc.

Commenti: La combinazio-ne di colori, profumi e saporidel cartoccio di branzino èstata una buona scelta delSimposiarca Romano Costa-gli, che ha optato per unariunione conviviale a base dipesce. “Le Boghe”, si presen-ta come un elegante localefornito di un’ottima cantina.Recentemente rinnovato, haaccolto gli Accademici inun’atmosfera elegante e altempo stesso serena. Graditigli antipasti con un salmonedi qualità, gamberi e span-nocchie teneri e saporiti alpunto giusto. Valida anche lapresentazione dei cavatellinel connubio di colori e disapori dentro il cartoccio ar-genteo. Complessivamentedi buon livello, la cena si èpresentata all’insegna dellacontaminazione di aromi esapori. Sufficiente il servizio.Nel periodo estivo il localedispone anche di uno spazioall’aperto.

FIRENZE PITTI16 settembre 2010

Ristorante “5 di Vino” diMarco Baldi, fondato nel2006. ●Viale San Francesco32, San Casciano (Firenze);=055 8228116, anche fax;coperti 40. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie 15 giorni agennaio e 15 giorni a giu-gno; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 7,78;prezzo € 45,00; tradiziona-le, familiare.

Le vivande servite: cuc-chiaino di pasta brisé con ci-polline in agrodolce, fiori e

salvia fritti, involtino di me-lanzana, nido di patate, ton-no del “Cinque”, sformatinodi verdure di stagione; mez-zelune al tartufo; pappa alpomodoro; steccato con fa-gioli tondini e spinaci; tortadi pere caramellate con gela-to; torta al cioccolato.

I vini in tavola: Campo Bar-gello - Maremma toscana IgtVermentino 2009 (AziendaCampo Bargello); CampoBargello - Monteregio diMassa Marittima Doc rosso2008 (Azienda Campo Bar-gello); Situa Nobilis (Aziendaagricola Moretti Podere Ca-saccia, Scandicci).

Commenti: È un ristoranteche ha nel nome il ricordo diun’antica misura per la dosedel vino. In effetti menu e lo-cale rispettano i canoni dellatradizione. Accoglienza calo-rosa, ambiente familiare, dosigenerose. Dopo un antipastoche ha proposto i classicidella toscanità, rivisitati allaluce della modernità del gu-sto, ecco tortelli e pappa conl’olio (graditissima), piattoricco e pietanza più poveradella tavola toscana. Profumie sapori della tradizione sisposano, in questo locale, aun gusto innovativo, che hacostituito il contesto idealeper la consegna del volumedell’Accademia sul rapportotra tradizione e innovazione.Infatti, il menu era stato scel-to per offrire un adeguatosfondo alla presentazione delvolume, in modo da dare unsegno tangibile della corri-spondenza tra l’attività edito-riale dell’Accademia e la ri-sposta della Delegazione. Perfinire è stato testato un otti-mo steccato con fagioli e spi-naci. Hanno concluso i dolci,molto apprezzati. Forse i vinipotevano essere di livello piùelevato.

LIVORNO31 luglio 2010

Ristorante “L’Antica Vene-zia” di Marco Tonci, fondatonel 1989, attuale gestionedal 2003. ●Piazza dei Do-menicani 14-15, Livorno;=0586 887353; coperti 60.●Parcheggio difficoltoso; pre-notazione consigliata; feriemai; giorno di chiusura do-menica. ●Valutazione 7,16;caratteristico, costruito nelCinquecento.

Le vivande servite: spa-ghetti al sugo di cicale di ma-re; penne al sugo di granchidi scoglio (favolli); totani ri-pieni; stoccafisso alla livorne-se; frittura mista di paranza;contorni vari; “sgroppino”(crema di limone miscelatacon ghiaccio tritato e bagnatacon vodka); caffè e liquori.

I vini in tavola: vino biancotoscano dell’Azienda Manofor-te, Igt Montecarlo (Lucca).

Commenti: Serata cordialeabbinata alla visita alla mo-stra “Cibi e bevande 1900-1950”, allestita dalla Delega-zione di Livorno in locali atti-gui a quelli del ristorante.Ospiti il Consultore naziona-le e Coordinatore territorialeFranco Cocco, il Segretariodel Centro Studi “Franco Ma-renghi” Alfredo Pelle, l’am-ministratore del quotidiano“Il Tirreno” Giovanni Dotta,gli autori delle ricerche dallequali sono state tratte le im-magini della mostra France-sca Cagianelli e Dario Mat-teoni. Molto apprezzata la se-rie delle pietanze di cucinatradizionale locale servite daltitolare Marco Tonci. Da unasuccosa nota di Alfredo Pellealcuni spunti: “Ambiente dipiacevole semplicità, di tavo-le festanti, grande saporositànei totani ripieni. Servizio fa-miliare e volenteroso”.

PISA15 giugno 2010

Ristorante “Scalo 34” di Gio-nata e Mico Ribechini, fonda-to nel 2009. ●Via Maiorca 34,Marina di Pisa (Pisa); =05036521; coperti 90+90. ●Par-cheggio incustodito, sufficien-te; prenotazione consigliabile;ferie 2 settimane a novembre;giorno di chiusura martedì.●Valutazione 7,30; prezzo €

45,00; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: calice dibenvenuto con stuzzichini;degustazione di mare (man-tecato di baccalà, carpacciodi salmone marinato agliagrumi, trancetto di pescebianco gratinato, gamberobiondo lardellato, insalatinadi polpo e seppie); gnocchet-ti all’astice; pennette freschebranzino e verdurine; pesca-to del giorno all’isolana; mil-lefoglie scomposto con cre-ma Chantilly e fragole; caffè.

I vini in tavola: MoncheraProsecco di ValdobbiadeneDoc; Kerner Igt Vigneti delleDolomiti, Cantine Toblino,Sarche (Trento); FalanghinaCampania Igt, Cantina Terre-dora Montefusco (Avellino);Strevi Moscato d’Asti Doc.

Commenti: La Delegazionesi è riunita per la conviviale digiugno presso il ristorante“Scalo 34” di Marina di Pisa,che sorge sul precedente vec-chio esercizio “Janett” esisten-te fin dagli anni Cinquanta.Gli attuali proprietari hannoprovveduto a una completaristrutturazione dei vecchi lo-cali ottenendo una ambienta-zione molto gradevole e di ot-timo livello. I titolari, prove-nienti ambedue dal settore,sono Gionata e Mico Ribechi-ni, lo chef Alfevio Marsuotto-lo. Le pietanze sono state ge-neralmente apprezzate, parti-colarmente le ottime pennettefresche branzino e verdurinee il pescato del giorno all’iso-lana; l’eccellente millefogliescomposto con crema Chan-tilly e fragole ha piacevol-mente concluso la successio-ne delle portate, correttamen-te accompagnate dai vini.

PISA20 luglio 2010

Ristorante “Pasta & Vino” diLucia Landi, fondato nel2009. ●Vicolo Corto 1, SanGiuliano Terme (Pisa);=050 815181; coperti 50+20(esterni). ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie 2settimane a novembre; gior-no di chiusura lunedì in in-verno, e lunedì-martedì-mer-coledì a mezzogiorno inestate. ●Valutazione 6,85;prezzo € 39,00; tradiziona-le, accogliente.

Le vivande servite: calice dibenvenuto con tortello dimucco pisano fritto; fantasiadell’osteria (gamberoni in sal-sa rosa, crema di fagioli nericon frutti di mare, insalatinadi polpo, baccalà marinato,vellutata di piselli con filangerdi seppie); tortelli di baccalà eporri su letto di ceci; frasta-gliati al ragoût di totani; filettodi orata fresca al cartocciocon verdure di stagione; cre-ma catalana; caffè e amaro.

I vini in tavola: San Gerva-sio bio - Toscana bianco Igt,

Azienda agricola San Gerva-sio, Palaia (Pisa); Pitti Il Bian-co - Toscana bianco Igt 2008,Tenuta agricola Torre a Ce-naia, Cenaia - Crespina (Pisa).

Commenti: La Delegazionesi è riunita presso questo lo-cale di recentissima apertu-ra. La titolare è affiancatadallo chef Virgilio Casentinicon esperienze sia nel setto-re sia come produttore arti-gianale di pasta fresca per laristorazione. Viene propostauna cucina tradizionale, tal-volta rivisitata, con impiegodi pasta fresca e anche dipesce, accompagnati da ver-dure e prodotti di stagionedel territorio, non tralascian-do, inoltre, la ricerca di ac-costamenti dolce/salato. Lepietanze più apprezzate so-no state i tortelli di baccalà eporri su letto di ceci e il filet-to di orata fresca al cartocciocon verdure di stagione;un’interessante crema catala-na ha concluso la successio-ne delle portate. L’estremalungaggine del servizio in ta-vola e una temperatura degliambienti veramente elevatahanno pesato sul risultatodella serata e sul giudiziodegli Accademici.

VALDINIEVOLE10 settembre 2010

Ristorante “Club House GolfClub la Pievaccia, di Massi-mo Incerpi, fondato nel2007. ●Via dei Brogi, loca-lità Pievaccia, Monsumma-no Terme (Pistoia); =0572617376, anche fax; coperti50+150 (esterni). ●Parcheg-gio incustodito, sufficiente;prenotazione necessaria; fe-rie dal 7 al 31 gennaio; gior-no di chiusura martedì ininverno. ●Valutazione 7,50;prezzo € 35,00; accogliente,caratteristico, in estate si puòcenare sulla vecchia aia del-la pieve con un bellissimopanorama.

Le vivande servite: aperiti-vo con pecorini stagionati,parmigiano reggiano, crostinitoscani con fegatini; sformatodi funghi porcini con salsa ditaleggio; cialda di parmigia-no con risotto ai funghi por-cini, guarnito da ribes; taglia-ta di manzo con patate arro-sto e funghi porcini trifolati;canestrino di lingua di gattocon crema Chantilly e fruttidi bosco.

TOSCANA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

I vini in tavola: ProseccoValdobbiadene Docg; Chian-ti 2008 (Banfi); Moscato diStrasi.

Commenti: Prima riunioneconviviale dopo la pausaestiva con una folta presenzadi Accademici e ospiti, incu-riositi dall’argomento trattato(il tè e le sue proprietà) edall’abbinamento, propostodal Coordinatore territorialeGianni Limberti, tra tè (Gen-maicha, ossia tè verde con ri-so soffiato e risto tostato, eOlong) e cibi della tradizio-ne toscana. Gran successodello sformato di funghi edel risotto, buono tutto il re-sto. Ai soci del circolo è sem-brato un po’ più caro il prez-zo pagato rispetto al solito,ma la qualità dei funghi logiustificava ampiamente.Dopo i saluti del Delegato ela presentazione ufficiale deinuovi Accademici MarcoBordin e Andrea Giovannini,il presidente della societàproprietaria del Golf, Euge-nio Panciolli, ha illustrato glisviluppi di questo campoche è fra i più importanti del-la Toscana per difficoltà eubicazione. A fine serataGianni Limberti, con la con-sueta verve, condita dallospiritaccio toscano, ha intrat-tenuto piacevolmente i pre-senti sulla diffusione del tèin Europa.

FERMO5 agosto 2010

“Ristorante 180°” dei fratelliDel Papa, fondato nel 2007.●Via G. Montani 10/12, Fer-mo; =0734 600710; coperti60. ●Parcheggio sufficiente;prenotazione necessaria; fe-rie ultimi giorni di giugno;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 8; prezzo €

40,00; elegante, accogliente.

Le vivande servite: triango-lo di pane farcito con mer-luzzo alla pizzaiola; insalati-na tiepida di polpo con cre-ma di patate e grissino alprezzemolo; millefoglie di

alici panate al granturco earomatizzate all’arancia; roto-lo di pasta di grano saracenocon triglie, melanzane, po-modorini confit e fonduta dipecorino; tagliata di tonnocon fagioli borlotti e cipollarossa di Tropea; cheese cakecon ricotta.

I vini in tavola: tris di Ver-dicchi di Jesi dell’Aziendaagricola “Fattoria Lalla” diMondavio (PU).

Commenti: Convivio orga-nizzato dal patron del localeMarco Del Papa che ha datovita, tra luglio e agosto, a treinteressanti appuntamenticon le associazioni di cultoridella buona tavola. In questoultimo evento, intitolato “Ilgiovedì del gourmet”, il De-legato ha cercato di offrirestimoli alla discussione per inumerosi commensali che,da parte loro, hanno mostra-to viva attenzione e interes-se. Questo grazioso locale haposto come elemento carat-terizzante l’amore per il pa-ne, ma in questa serata inparticolare ha evidenziatol’abbinamento con il pesce.Giudizio estremamente posi-tivo: sia per l’iniziativa cheha trasformato un’anonimaserata al ristorante in un pic-colo evento gastronomico,sia per il livello cucinarioraggiunto, in cui, forse ancheper questa passione per ilpane, si parla ancora una“lingua antica” in cucina. Èdifficile enucleare dei piattida questa gradevole degu-stazione piena di gusto, diequilibrio e di sapori. Ottimala scelta di una “verticale” diVerdicchio, stimolo alla di-scussione tra gli Accademicie l’enologo. Insomma unconvivio dinamico e intri-gante, foriero sicuramente dialtre iniziative interessanti edi buon livello.

GUBBIO16 luglio 2010

Ristorante “Ulisse e Letizia”di Ulisse e Letizia Agostinuc-ci, fondato nel 2010. ●ViaMastro Giorgio 2, Gubbio(Perugia); =0759 221970,anche fax; coperti 90. ●Par-cheggio assente perché ztl;prenotazione consigliabile;ferie gennaio; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 7,70; prezzo € 25,00; tra-dizionale, caratteristico.

Le vivande servite: coratelladi agnello, insalata di farro,rugolata; gnocchi al sugo d’o-ca; oca in porchetta; maialinoal forno; patate arrosto, insa-lata; macedonia con gelato.

I vini in tavola: Prosecco;bianco e rosso delle Cantinedi Montefalco.

Commenti: La “Fornace diMastro Giorgio” ha cambiatonome e gestione. E non soloquelli. Oggi il centralissimo ecaratteristico ristorante ha pergestori due giovani fratelli,Ulisse e Letizia, alle primeesperienze nel settore, ani-mati da tante buone speranzee da sempre amanti della sa-na e genuina cucina eugubi-na, fatta in casa. Vietato quin-di aspettarsi grandi raffinatez-ze di piatti che soddisfanopiù gli occhi che il palato. Sibada alla sostanza: tutto ri-porta a una semplice e accen-tuata spartanità coerente conla linea gastronomica propo-sta. La ricerca dei prodotti e

l’opera in cucina sono fruttodi passione e dedizione. De-cisamente un buon avvio perla nuova gestione, anche sequalche Accademico ha tro-vato da ridire qualcosa suglignocchi (comunque ottimo ilsugo d’oca) e sulla cottura delmaialino. Superba l’oca inporchetta. Insomma un localedove la familiarità, la territo-rialità, la spontaneità e la tra-dizione sono ingredienti im-portantissimi per una piace-vole esperienza gastronomi-ca; con l’aggiunta, che nonguasta certo, di prezzi vera-mente contenuti.

CIVITAVECCHIA17 settembre 2010

Ristorante “La Mucca e il Fa-ro” di Assunta Stracci, fon-dato nel 2002. ●Porticcioloturistico, Santa Marinella(Roma); =0766 510500; co-perti 120. ●Parcheggio incu-stodito, sufficiente, comodo;prenotazione consigliabile;ferie novembre e gennaio;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 6,75; prezzo €38,00; accogliente.

Le vivande servite: antipastimisti; tagliolini all’uovo consugo di veraci; scrigno ripie-no di crostacei e ricotta consugo rosso di seppioline emoscardini di stagione; spie-dino di calamari e gamberonisgusciati avvolti in guancialestagionato con battuto di pe-sto e limone; insalatina ca-pricciosa; crema catalana.

I vini in tavola: bianco IgtFalanghina del Beneventano(Ave Srl, Zagarolo-Roma).

Commenti: Il SimposircaPaolo Mosconi ha propostodi tornare al ristorante “LaMucca e il Faro” di SantaMarinella, già visitato nel2006. Dalle valutazioniespresse dagli Accademici,si è verificato che le aspetta-tive hanno un po’ deluso sianel rapporto prezzo/menuche nell’insieme. Circa l’anti-pasto, salvo la presentazionedel piatto e il nome alla fran-cese, non faceva risaltare al-cuna particolarità; discreti itagliolini al’uovo, ma boccia-to dalla maggioranza lo scri-gno di crostacei, perché nelripieno si avvertiva solo ri-cotta con molto aglio, co-prendo completamente l’e-ventuale piacere del delicatosapore del gamberone. Lospiedino di calamari e gam-beroni avvolti nel guancialeha risollevato la bassa valu-tazione generale in quantogradevolmente riuscito. An-che il vino, servito in brocca(e non in bottiglia originaleaperta in tavola), non giusti-ficava il prezzo pagato. Suf-ficiente il servizio.

ROMA EUR24 settembre 2010

Ristorante “Da Schiano” diLuciano e Romina Schiano,fondato nel 1960. ●Lungo-mare delle Sirene 17, Tor-vaianica (Roma); =069157448, anche fax; coperti180. ●Parcheggio incustodi-to; prenotazione consigliabi-le; ferie gennaio; giorno dichiusura mercoledì, in in-verno anche domenica sera.●Valutazione 8; prezzo €

50,00; tradizionale.

Le vivande servite: mix dicarpaccio di mare, millefogliedi cernia e melanzane e car-toccio di moscardini; spaghet-ti con polpa di cernia, pinoli epomodori pachino; raviolonidi spigola con salsa d’arancia;sorbetto al limone; tagliata ditonno con verdure grigliate;tortina di frutta; caffè.

I vini in tavola: OppidumMoscato di Terracina seccoDoc (Cantina Sant’Andrea,Borgo Vodice-Latina); Passitodi Pantelleria 1880 Doc (Can-tine Pellegrino, Pantelleria-Trapani).

LAZIO

UMBRIA

MARCHE

Il brunch sulla spiaggiaNelle stazioni balneari della scorsa estate è nata la moda delbrunch sulla spiaggia, per non interrompere l’esposizione al soleper la tintarella con la pausa pranzo. Nei menu trionfano le ver-dure, la frutta e il pesce.

da “Il Giornale”

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Commenti: Nonostante ladistanza e la collocazione se-rale, si è registrata una buonapresenza di Accademici allacena conviviale, a riprovache l’impegno della Consultaè stato compreso e condivi-so. Luciana e Romina Schia-no, esponenti della secondae terza generazione della fa-miglia che gestisce il localeda oltre cinquant’anni, hannostupito con una serie di piattirealizzati con estrema mae-stria a partire da materie pri-me di assoluta qualità e fre-schezza. Tra tutte le pietanze,confezionate in porzioni “an-ni Sessanta”, hanno riscossoil massimo apprezzamentoun favoloso cartoccio di mo-scardini fritti e una tagliata ditonno eccezionale per gusto,cottura e morbidezza dellecarni. Di rilievo anche il trisdi dolci realizzato da Romi-na, la pasticciera di famiglia.Accattivante la scelta del-l’Oppidum (Moscato di Ter-racina secco) della CantinaSant’Andrea per accompa-gnare il menu. Nel corsodella serata è stato distri-buito agli Accademici il vo-lume “Tradizione e innova-zione nella cucina italiana”.Il Simposiarca Massimo Va-lentini, nel presentare il lo-cale, ha opportunamentetratto spunto per illustrare ilgraduale continuo adegua-mento dell’offerta al variaredei gusti e alle esigenzedella clientela operato dallafamiglia Schiano, mante-nendo l’assoluta fedeltà allatradizione rappresentatadalle ricette del territorio edalla qualità e freschezzadei prodotti pescati al largodelle nostre coste.

PESCARA24 settembre 2010

Ristorante “Da Michele alSea River Club” di MicheleCicchini, fondato nel 1996.●Via Valle Roveto 37, Pesca-ra; =085 28056, fax 0854223850; coperti 150. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 1-20 gennaio;giorno di chiusura domeni-ca sera e lunedì. ●Valutazio-ne 7,50; prezzo € 60,00; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di tartine varie; astice sumisticanza e fichi; seppiolinegrigliate con porcini; malta-gliati integrali con asparagi,crostacei e vongole; pacchericon scampi, pachino e basili-co; tortino di melanzane conscampi; coppa di vanigliacon frutta fresca di stagione;carrello dei liquori; caffè.

I vini in tavola: PecorinoDoc 2009 (Azienda agricolaChiusa Grande).

Commenti: La riunione con-viviale dedicata alla presenta-zione del nuovo volume“Tradizione e innovazione”ha visto una larga affluenza diAccademici e numerosi ospi-ti. Il Delegato, Enzo Angeloz-zi, ha illustrato il contenuto

dell’interessante libro conuna concisa, ma completa,relazione in cui ha messo inevidenza i punti salienti dellapubblicazione. Le portate so-no state all’altezza del locale,tutte molto apprezzate daicommensali: oltre ai superbiantipasti, magnifici sono statii due primi, esaltati da frutti dimare freschissimi; ma il piùapprezzato è stato il secondopiatto, con gli scampi cotti inuna salsina stuzzicante, edesaltati dal tortino di melan-zane. Felice l’abbinamentocon il Pecorino, uno stupen-do vino abruzzese.

TERMOLI30 luglio 2010

Ristorante “Mare e Monti” diSilvio Benedetto, fondato nel2003. ●Via Gramsci 30,Montenero di Bisaccia (Cam-pobasso); =0875 966212;coperti 50. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; giorno di chiusuralunedì. ●Valutazione 7,60;prezzo € 35,00; familiare,accogliente.

Le vivande servite: sottoli esottaceti caserecci; melanza-ne, zucchine e peperoni ri-pieni alla montenerese; cava-telli al ragù di “gallucce” epapera ripieni; “gallucce” e

papera ripieni al sugo; coni-glio ripieno al forno con pa-tate; insalata di pomodori etortarelli; peperoncini dolcifritti; frutta di stagione; dol-cetti della casa; caffè e amari.

I vini in tavola: Montepulcia-no d’Abruzzo Doc (CantineSan Zenone e Coli Tavernelle).

Commenti: Piacevole e benriuscita dal punto di vista ga-stronomico, meno da quellopartecipativo, la riunioneconviviale pre-estiva orga-nizzata dall’Accademico Al-merindo Sabatino che, se-guendo il “fil rouge” che ca-ratterizza quest’anno acca-demico, ha riproposto unatipica pietanza monteneresedell’1 agosto: il galluccio ri-pieno al ragù con il quale sicondiscono i maccheroni al-la chitarra o i cavatelli, rigo-rosamente confezionati amano. Una variante alla clas-sica ricetta che ha piacevol-mente colpito i commensaliè stata quella di aver cucina-to, insieme al galluccio, nel-la preparazione del ragù, an-che la papera farcita allostesso modo. Molto buoni lemelanzane, le zucchine e ipeperoni ripieni; tenerissi-mo e ben cotto il coniglio ri-pieno al forno. Durante l’in-contro, sollecitato dal Dele-gato, l’Accademico Fiore hapresentato l’amico Ettore Fa-brizio, il nuovo ammesso alperiodo di postulantato.

AVELLINO18 settembre 2010

Ristorante “La Maschera Lo-canda di Autore” di LuigiOliviero, fondato nel 1998.●Rampa San Modestino 1,Avellino; =0825 37603, fax0825 248761; coperti 60.●Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie 2 settimane ad agosto;giorno di chiusura lunedì.●Valutazione 9; prezzo €

25,00; elegante.

Le vivande servite: crosta-tine di spinaci e ricotta; indi-

via e formaggio fondente;zuppetta di melone, grissinidi amaretti e prosciutto; sca-morza in carrozzella; cock-tail di cipolle ramate di Mon-toro; quasi una frittatina dispaghettoni al profumo del-l’orto; cuscus in foglia; cara-melle di salsiccia; parmigia-na di zia Chiarina: polpettinedi patate e funghi; babà li-quido; nuvolette al limone;palline di cocco e cioccolatofondente.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene Doc (MeolaLilla Sandi); Aglianico Doc(Corte Corbo Montemarano);Malvasia (Cantina Vinci Mar-sala).

Commenti: Due brevi inter-venti sul tema della riunioneconviviale hanno precedutol’incipit al servizio: l’Accade-mica Amalia Caputo ha lettoil brano iniziale dell’opusco-lo della Delegazione dal tito-lo “Come quando non esiste-vano le forchette” e il Dele-gato Mario De Simone hasintetizzato il contenuto del-lo stesso libretto parlandodella storia delle forchette edella tendenza attuale a con-sumare il pasto in piedi, ado-perando le dita per servirsidel cibo, seguendo la modadel “finger food”. La riunioneconviviale, alla quale hannopartecipato, con i consorti,anche Lejla Mancusi ed Emi-lia Pati, non ha rispettato icanoni della tradizione acca-demica: per passare dalle pa-role ai fatti, si è pasteggiatosenza le posate. Logicamentele pietanze erano state sa-pientemente spezzettate perpoter essere prese con lemani. Ma, a parte l’insolitafacezia e il tono spensieratodi un incontro tra amici, leportate sono state valutateper il loro ottimo sapore eper l’indovinata “mise enplat”. Più di tutto sono stategradite la delicata saporositàdel cocktail di cipolle ramatee la fragranza del babà liqui-do. Un plauso particolare èandato alla signora Antonel-la, ottima chef e perfetta “lo-candiera”.

CAMPIISOLE FLEGREE23 luglio 2010

Ristorante “Coquille”, fonda-to nel 2009. ●Via VittoriaColonna 108, Ischia (Napo-

CAMPANIA

MOLISE

ABRUZZO

LAZIO segue

UN ACCADEMICO IN TVCONSULENTE ALLA “PROVA DEL CUOCO”L’Accademico Franco Martinetti, Vice-Delegato di Torino Lingotto, èstato prescelto dalla Radiotelevisione italiana per assumere il ruolodi esperto e opinionista permanente nel corso delle trasmissioniquotidiane della “Prova del cuoco”, rubrica gastronomica di suc-cesso in una fascia oraria di grande ascolto, condotta da AntonellaClerici. La presenza di Franco Martinetti sui teleschermi è indubbiagaranzia di una corretta e puntuale interpretazione della cucinaitaliana, dei suoi valori, delle sue tradizioni secondo i canoni e gliobiettivi dell’Accademia, così come li codificò Orio Vergani quandola fondò nel 1953.

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

li); =081 4972254. ●Valu-tazione 9; prezzo € 60,00;elegante, molto accogliente.

Le vivande servite: aperitividella casa; pennette aummaumm; pesce spada in crostacroccante; degustazione inbicchieri di panna cotta,mousse al cioccolato, tirami-su e crema ai lamponi.

I vini in tavola: vino biancoe vino rosso di Ischia.

Commenti: Ottimo il servi-zio e atmosfera molto piace-vole. Il menu ha incluso piat-ti tradizionali (pennette al-l’aumm aumm) con ricettepiù innovative. Particolar-mente apprezzati dagli Acca-demici il pesce spada in cro-sta croccante e la degustazio-ne di dolci in bicchierini. Illocale, per la sua posizione,per il suo arredamento e perla cucina adeguata, può esse-re incluso tra i migliori risto-ranti di Ischia in considera-zione della ricchezza dellematerie prime, di altissimaqualità, tipiche della zonacampana, che trasformano leemozioni in fragranze e sa-pori dal gusto autentico, met-tendo in gioco tutti i sensi. Laserata è stata completata dauna brillante relazione di Ni-cola Forte dal titolo “Dallacucina borbonica al sushi”.Una serata da ricordare.

NAPOLI-CAPRI27 agosto 2010

Ristorante “Il Riccio” del “CapriPalace”, fondato nel 1956.●Via Gradola 4, Anacapri(Napoli); =081 8371380, an-che fax; coperti 80. ●Parcheg-gio incustodito; prenotazioneconsigliabile; ferie novembre-febbraio; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 7;prezzo € 60,00; elegante.

Le vivande servite: insalatacaprese; polpo alla Luciana;fritturina di panzarotti, fiorilli,arancini, polpetielli veraci eaffogati; linguine al ragù discorfano; delizie di dessert;limoncello.

I vini in tavola: Capri Doc;Moscato di Sicilia.

Commenti: Il ristorante,completamente rinnovato,non ha perso la sua caratteri-stica originaria, conservatasoprattutto in cucina: piatti

marinari dettati dal mercatogiornaliero e piatti legati allatradizione cucinaria capreseo a essa ispirati. “Mise en pla-ce” accurata e servizio atten-to. Riunione conviviale allie-tata da numerosissimi Acca-demici e da un’interessanteconversazione di monsignorVincenzo De Gregorio sullastoria del “Riccio”.

PENISOLASORRENTINA

3 settembre 2010

Ristorante “Un Piano nel Cie-lo” di Antonino Cappiello,fondato nel 2005. ●Via Ca-priglione 142, Praiano (Saler-no); =089 8131333, anchefax; coperti 70. ●Parcheggiocustodito; prenotazione ne-cessaria; ferie novembre-apri-le; giorno di chiusura nessu-no. ●Valutazione 8,50; prez-zo € 40,00; raffinato, elegan-te, accogliente.

Le vivande servite: aperitivodi benvenuto con finger foodnapoletani; straccetti di cala-mari con scarola riccia in umi-do e provolone del monaco;ravioli con farcia di ricottainfornata e pomodorini vesu-viani; treccine di pesce ban-diera o sciabola con pomodo-ri alla piazzaiola; trilogia di bi-gnè (delizia al limone, al pi-stacchio e alla cioccolata).

I vini in tavola: ChampagnePierre Mignon Casa Angeli-na; Costa d’Amalfi Furorebianco Marisa Cuomo; Piedi-rosso Cantina Mustilli; Mo-scato d’Asti.

Commenti: Riunione convi-viale d’estate, organizzata dalSimposiarca Sergio Ciannella,nostro Accademico, in unoscenario incantevole, a pochimetri sul mare, proprio difronte al panorama di Posita-no, dalle mille luci. L’interomenu è stato apprezzato egradito da tutti e il servizio aitavoli è stato svolto in manie-ra impeccabile da una brigatarapida e silenziosa di giovani

addetti. Al termine la brigatadi cucina è stata applaudita eal primo chef è stato conse-gnato il piatto in silver in ri-conoscimento del perfetto la-voro svolto.

FOGGIA-LUCERA12 settembre 2010

Ristorante “Il Cartoccio” diPina Ferrazzano, fondato nel2009. ●Corso Vittorio Ema-nuele II 51, Ascoli Satriano(Foggia); =327 8620976; co-perti 35. ●Parcheggio incu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie non ancora sta-bilite; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8; prezzo€ 30,00; rustico.

Le vivande servite: salumidella tre colline ascolane; ri-cottine e tocchetti di formaggifreschi; zuppa di fagioli dimontagna con crostini; cava-telli al pomodoro gratinato sufondo di cagliata; agnello alcartoccio con tortino di pan-cotto e rape; pecorino allapiastra; semifreddo di ricottae pere; frutta di stagione.

I vini in tavola: Aglianico diPuglia Kantharos e spumanteascolano Sara (Cantine Gallo- Ascoli Satriano).

Commenti: Terza tappa delprogramma “Cibovagandoper i monti Dauni” con desti-nazione Ascoli Satriano, l’an-tica Ausculum dove avvennela famosa battaglia di Pirro.Prima del convivio gli Acca-demici sono stati in visita almuseo civico dove sono statiaccolti dal sindaco AntonioRolla il quale, in un indirizzodi saluto e di benvenuto, haavuto lusinghiere parole perla Delegazione. La visita almuseo, con un’esperta guida,ha avuto il suo apice nel set-tore che ospita i famosi“Grifoni” (una scultura del IVsecolo a.C. restituita ad Asco-li dal Getty museum di LosAngeles. È seguito un pranzodall’eccezionale menu ideatodal Simposiarca Pinuccio Vi-nelli e perfettamente realiz-

zato dalla titolare del risto-rante, alla quale è stato con-segnato il guidoncino dellaDelegazione con i compli-menti del Delegato.

CALTANISSETTA8 luglio 2010

Ristorante dell’agriturismo“Gabilia” di Pietro Stella,fondato nel 2005. ●ContradaGabilia, Caltanissetta; =34803200556; coperti 100.●Parcheggio incustodito, suf-ficiente; prenotazione neces-saria; ferie agosto; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 7,02; prezzo € 35,00; raf-finato, elegante, tradizionale.

Le vivande servite: tapascon purea di fave, gazpacho,tortillas con patate, empana-dillas con spinaci e uvetta,polpettine di baccalà, man-dorle salate; “paella de mari-scos”; calamari ripieni; “toci-no de cielo” (sformato dolceall’uovo), “brazo de gitano”,empanadillas di mandorle.

I vini in tavola: Sangria, Li-rico di Firriato Igt.

Commenti:. Il tema della riu-nione conviviale era “Cucinaandalusa e cucina siciliana aconfronto: l’effetto delle do-minazioni”. Relatrice la pro-fessoressa Loredana SpinatoRicotta, presidentessa del So-roptmist di Caltanissetta, do-cente di lingua e letteraturaspagnola. La scelta delle pie-tanze che componevano ilricco menu della serata è sca-turita da un attento esamedelle similitudini tra alcunepietanze andaluse e siciliane,particolarmente nissene. L’a-peritivo con Sangria e antipa-sti è stato servito attorno allapiscina, mentre venivano of-ferti alle signore in omaggiodei ventagli di ispirazionespagnoleggiante. La cena èstata presentata negli elegantisaloni all’interno; tutto moltocurato ed elegante, efficientee attento il servizio ai tavoli.L’interpretazione della “pael-la” non è stata accolta positi-

vamente dagli Accademici,mentre i calamari ripieni sonorisultati delicati e gradevoli. Idolci sono stati molto graditi,ottimi il “tocino de cielo” e il“brazo de gitano”, dolce chericorda il “rollò” nisseno: unostrato sottile di pan di Spagnaavvolto e farcito di crema pa-sticciera al cioccolato. Dulcisin fundo: empanadillas dimandorle inviati dal Delegatodi Madrid, Maurizio Di Ubal-do, che ha pensato di parteci-pare alla serata con questoomaggio molto gradito. LaDelegata ha offerto alla signo-ra Geraldine Stella Alesi il ga-gliardetto e l’adesivo dell’Ac-cademia, a testimonianza delsuccesso della serata e dell’af-fetto degli amici Accademici.

MESSINA30 giugno 2010

Ristorante “Calasole” di Gio-vanni Franchina, fondatonel 2009. ●Contrada TorreBianca, Torre Faro, Messina;=090 2137353; coperti 80.●Parcheggio sulla strada;prenotazione consigliabile;ferie gennaio; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 8; prezzo € 45,00; acco-gliente, raffinato.

Le vivande servite: buffetdi antipasti cotti e crudi; ra-violi di pesce in salsa arago-sta; trenette al nero di seppiabottarga e pachino; filetto dipauro in crosta di patate; buf-fet di dolci.

I vini in tavola: Angimbè2008 - Cantine Cusumano.

Commenti: Aperto da unanno, ma passato da quest’e-state alla gestione di Giovan-ni Franchina, il locale si pro-pone come raffinata ed ele-gante alternativa estiva allenumerose trattorie delle loca-lità balneari della riviera norddi Messina. Il ristorante èestremamente accogliente edelegante, con un ampio ter-razzo proprio sulla spiaggia;il servizio, anche se un po’lento, è molto garbato e at-tento; la linea gastronomica èquella, oggi di moda, dellacucina del territorio rivisitatacon fantasia ed eleganza. In-gredienti, tutti questi, chehanno concorso a renderepiacevole la serata. Partico-larmente graditi i ricchissimibuffet di apertura (antipasti)e di chiusura (dolci e frutta).

SICILIAPUGLIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

MESSINA21 luglio 2010

Ristorante “Marina del Net-tuno” di Ivo Blandina, fon-dato nel 2007. ●Viale Li-bertà, Batteria Masotto, Mes-sina; =348 2890478; coperti100 in estate, 45 in inverno.●Parcheggio sulla strada;prenotazione consigliabile;ferie tutto il mese di novem-bre; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8,50;prezzo € 40,00; raffinato,elegante.

Le vivande servite: graniti-na all’anice, more e gamberorosso, sformatini di teneru-me, fichi freschi con ricotta eculatello, fiori di zucca confarcia di stocco; risotto cedroe gamberetti; pasta fresca al-l’aglio, olio, peperoncino ebottarga di tonno; arrosticinidi polpo e “bagna cauda”; di-plomatico di spatola; zuccot-to di pesce azzurro; gelatineagli agrumi, babà alla crema,semifreddo di ricotta e candi-ti, tortellette di frolla al fruttodella passione.

I vini in tavola: Grillo - Ba-glio Hopps 2008.

Commenti: Gli Accademicimessinesi conoscevano datempo l’ottima qualità dellaristorazione che Sonia Milorooffre nei suoi locali (“Soloso-fia” e “Circolo Motonautico eVelico Peloritano”), ma inquesto nuovo locale, propriosulla banchina all’ingressodel porto di Messina, c’è ilvalore aggiunto di un pano-rama mozzafiato. Gli Acca-demici, presenti in gran nu-mero, hanno così goduto diuna serata suggestiva e indi-menticabile in cui l’ottimaqualità dei cibi (particolar-mente graditi gli antipasti, lapasta fresca e i dessert) èquasi passata in secondopiano rispetto alla bellezzadel luogo. Molto alta, co-munque, la votazione pertutte le pietanze.

RAGUSA18 luglio 2010

Ristorante “La Capinera” diMaurizio Camilleri, fondatonel 2004. ●Contrada Aran-celli (vicino ex stazione fer-rovia di Ragusa Ibla), Ragu-sa; =0932 686458, anchefax; coperti 150. ●Parcheg-gio incustodito, sufficiente;

prenotazione consigliabile;ferie variabili; giorno dichiusura lunedì. ●Valutazio-ne 7; prezzo € 35,00; carat-teristico.

Le vivande servite: tortinodi polpi e patate; insalata diseppie con fagiolini; gambe-ri al peperoncino, perle dimelone, uva e prugne; spie-dino di calamari; acciughe incrosta di patate e pomodoridi Pachino profumati all’ori-gano; tonno alla brace su in-salatina, passata di pomodo-ri, cipolla e basilico; lasagnefresche al ragù di pesce spa-da, seppie, gamberi, cozze,melanzane e fiori di zucca;filetto di orata con zucchine,carote in agrodolce e salsaallo yogurt e zenzero; mistodi dessert della casa.

I vini in tavola: Leone d’Al-merita Igt 2008 (Tasca d’Al-merita).

Commenti: Nella consuetariunione conviviale estiva,Maurizio Camilleri della “Ca-pinera”, locale già noto perla buona cucina invernale,ha accettato di elaborare concordiale disponibilità un me-nu a base di pesce conse-guendo un esito apprezzabi-le quanto equilibrato, comeconfermato dalla valutazio-ne. Splendida ubicazione,disponibile il personale, cheavrebbe dovuto però avereuna unità in più. Festosa enumerosa la confluenza de-gli Accademici e degli ospiti,fra i quali il Delegato di Ca-tania Mario Ursino accompa-gnato dalla consorte Rosetta,l’Accademico bresciano Vir-gilio Mazzacani con la con-sorte Maria e un nutritogruppo di vecchi e nuoviestimatori padani della costaiblea.

NUORO24 settembre 2010

Trattoria “Sempre Caro diBar su Rendentore” di Mi-chele Serusi e Vitalia Busia,fondata nel 2005. ●Via Gio-

vanni XXIII 6, Nuoro; =3476009183; coperti 66. ●Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie mai; giorno dichiusura domenica. ●Valu-tazione non effettuata; prez-zo € 25,00; accogliente.

Le vivande servite: pro-sciutto, salsiccia, pancetta,guanciale, formaggi; “sa ven-tre”; porcetto arrosto; capo-collo di maiale alla griglia,costolette di pecora alla gri-glia; verdure di stagione, pa-tate al forno; “sebada”; fruttadi stagione.

I vini in tavola: PeppinoMuggittu, Mamoiada; LoiGiovanni noto Mesu Litru,Dorgali; Franco Fadda, Olie-na; Domenico Todde, Atzara.

Commenti: L’incontro con-viviale è stato organizzatoper aderire alla propostadella Coldiretti denominata“Progetto chilometro zero”,col fine di mangiar benespendendo poco, utilizzan-do i prodotti dell’allevamen-to e delle coltivazioni sta-gionali delle aziende agro-pastorali del territorio. Il lo-cale: una trattoria arredatacon semplicità, comoda edignitosa. Il gestore MicheleSerusi e il cuoco Matteo Bu-sia hanno predisposto la ce-na rispettando i canoni dellacucina sardo-barbaricinacon impiego di prodotti ge-nuini elaborati in manierasemplice, esaltandone i sa-pori. L’abbinamento dei vinidi vitigni Cannonau, coltiva-ti nell’ampia valle graniticacompresa nei territori diDorgali, Oliena, Mamoiadae Atzara, ha esaltato ancoradi più le vivande creandouna calda atmosfera di ami-cizia. Insomma: l’accoppiatacibo genuino, cucina sem-plice e sana e pochi lustrini,ammette, oltre il godimento,qualche risparmio. Vista laparticolarità dell’iniziativa siè ritenuto di non dover dareuna (seppur ottima) valuta-zione.

COLONIA15 settembre 2010

Ristorante “Filippo Nisi” diFilippo Nisi, fondato nel1990. ●Gottesweg 108, Colo-nia; =0221 428618, fax0221 414214; coperti 45.●Parcheggio insufficiente;prenotazione necessaria; fe-rie mai; giorno di chiusuramartedì. ●Valutazione 8;prezzo € 50,00; raffinato,elegante.

Le vivande servite: tartineal salmone; gamberoni im-periali su letto di zucchinigrigliati e profumati conaglio e spezie; crespelle conripieno di ricotta e spinaci adoratura leggera; filetto dibranzino al forno con salsamediterranea oppure pettodi faraona ripieno di melecaramellate e distillati di me-le; gorgonzola con mielepregiato al tartufo.

I vini in tavola: Dubl Falan-ghina 2006, Greco di TufoDocg 2009, Campanaro Doc2008, Taurasi Docg 2005, Pri-vilegio Passito Igt 2007 (tuttidi Feudi San Gregorio).

Commenti: Serata deliziosain un ristorante di gran clas-se, spesso citato dalla stampagastronomica locale e non.Ottimo servizio, sempre at-tento e cortese, con personaaddetta esclusivamente ai vi-ni e sempre pronta a fornirele dovute spiegazioni. Unani-me l’apprezzamento del tipodi cucina anche se con qual-che piccola concessione agusti e abbinamenti non de-cisamente italiani. Piccoliparticolari comunque chenon hanno affatto compro-messo l’ottimo giudizio com-plessivo. Molti gli ospiti emolte le richieste di poterpartecipare anche alle prossi-me riunioni conviviali. Il tito-lare e cuoco, Filippo Nisi, ègastronomo da una vita. Sici-liano d’origine, ha saputomantenere viva la tradizione

di una cucina mediterraneaanche se con aperture all’e-straneo non affatto sgradevo-li. A lui va il complimentoper la bravura e sensibilitàcon le quali ha saputo gestireuna serata perfettamente riu-scita.

BUDAPEST26 aprile 2010

Ristorante “Bottega della Fa-miglia” di Alessandro Man-fredini, fondato nel 2010.●Szende Pál u. 5, Budapest;=00361 2350290, fax 003612350289; coperti 35. ●Par-cheggio scomodo; prenota-zione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura do-menica e lunedì/martedì se-ra. ●Valutazione 7; prezzo€ 35,00; familiare, acco-gliente.

Le vivande servite: salumiemiliani e gnocco fritto; ri-sottino primavera; casoncellialla bergamasca; coscia d’a-gnello al forno con patate everdure saltate al sesamo;crostata di ciliegie al profu-mo di gelato crema vaniglia.

I vini in tavola: Prosecco;Serego Alighieri, Possessio-ni bianco 2009, Cantine Ma-si; Serego Alighieri, Posses-sioni rosso 2007, CantineMasi.

Commenti: La “Bottegadella Famiglia” è un piccoloristorante che ha aperto ibattenti all’inizio dell’annoin una zona centralissima diBudapest, fra piazza Roose-velt e piazza Vörösmarty.Lo chef e gestore, Alessan-dro Manfredini, modenesedi nascita, ha lavorato permolti anni a Budapest. L’at-mosfera del locale è parti-colarmente gradevole: am-biente rustico, con pareti dimattoni e ampie volte, arre-damento semplice e illumi-nazione intonata. Il menuelaborato dallo chef e dalSimposiarca ha incluso al-cune pietanze tipicamenteemiliane, in particolare lognocco fritto accompagnatoda salumi emiliani. Moltoapprezzati i casoncelli allabergamasca, con pasta fattain casa, e l’ottimo agnello alforno, la cui perfetta cotturaha mantenuto la carne tene-ra e succosa

UNGHERIAGERMANIA

SARDEGNA

SICILIA segue

EUROPA

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 221 • PAG INA 61

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

BUDAPEST19 maggio 2010

Ristorante “Millennium daPippo” di Giuseppe Giamber-tone, fondato nel 2007. ●An-drássy út 76, Budapest;=00361 3740880, anchefax; coperti 80. ●Parcheggioincustodito; prenotazioneconsigliabile; ferie mai; gior-no di chiusura nessuno.●Valutazione 7,20; prezzo €43,00; accogliente, rustico.

Le vivande servite: insalatadi polpo con crostini al po-modoro e basilico; cavatellipugliesi al sugo dell’Adriati-co; tagliatelle gustose allamoda salentina; guazzettosfizioso con involtini di pescespada alla brindisina con bisdi asparago su letto di patati-ne prezzemolate; sfogliatinedella nonna con gelato e cre-ma calda di cioccolato fon-dente.

I vini in tavola: Prosecco;Bianco Chardonnay; Pinotgrigio.

Commenti: “Millennium daPippo” è stato aperto nel2007 ed è già stato visitatodalla Delegazione nel 2008.Si è, dunque, trattato di un ri-torno per monitorare l’attivitàdi un ristorante che ha riscos-so molto successo in città.Chef e gestore del locale èGiuseppe Giambertone, alsecolo “Pippo”, siracusano dinascita, che ha continuato adare alla sua cucina una con-notazione fortemente regio-nale, con un menu ricco dipietanze a base di pesce. Ilpesce è stato, anche in occa-sione della riunione convi-viale, l’ingrediente che ha ca-ratterizzato il menu elabora-to. Particolarmente graditil’antipasto di insalata di pol-po e i cavatelli al sugo dell’A-driatico. Il locale ha confer-

mato la capacità di offrireuna buona cucina, soprattut-to di pesce, a prezzi accetta-bili, riuscendo a mantenereun apprezzabile standardqualitativo.

BUDAPEST23 settembre 2010

Ristorante “Okay Italia Nyu-gati” di Filippo e PatriziaSpartà, fondato nel 1993.●Nyugati ter 6, Budapest;=0036 3326960; coperti60+40. ●Parcheggio scomodo;prenotazione non necessaria;ferie mai; giorno di chiusuranessuno. ●Valutazione 6,20;prezzo € 36,00; familiare, ac-cogliente, turistico.

Le vivande servite: carpac-cio classico di manzo alla Ci-priani; tagliolini freschi dellacasa ai porcini; mezzelune dimagro ai sapori d’Italia; roset-ta di vitello al forno al gustodi fontina e insalata mista;tortino caprese e profiteroleal cioccolato bianco guarnitocon salsina di fragole.

I vini in tavola: Prosecco(Carpené Malvolti); Napa-rany bianco (Beres); Bataa-pati Tuzko Domb cuvée ros-so (Cantina Antinori Hu).

Commenti: I piatti serviti,pur essendo di ricetta italiana,risentono ancora dell’adatta-mento al gusto dei clienti lo-cali e i gestori hanno assicu-rato che è in corso una rivisi-tazione in cucina verso saporipiù marcatamente italiani. Ivini serviti, di produzione lo-cale, erano poco adeguati.Purtroppo l’ambiente è moltorumoroso, mentre all’aperto èpiù confortevole; il servizio intavola è ancora tipico dellapizzeria. C’è da lavorare, male buone intenzioni non man-cano.

BUENOS AIRES15 luglio 2010

Ristorante “La Stampa (suc-cursale Recova)” di FeliceAmbrosio, fondato nel 1988.●Posadas 1011, Buenos Ai-res; =54 114326 4499; co-perti 135. ●Parcheggio cu-stodito; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 6; prezzo pesos130,00; tradizionale.

Le vivande servite: bru-schette con pomodoro fre-sco, olio di oliva e basilico;spaghettini all’amatriciana;scaloppine di filetto di man-zo alla lombarda; panna cot-ta all’arancia.

I vini in tavola: Bodega LaRural, Línea La Vuelta, Sauvi-gnon blanc y Malbec.

Commenti: Manca un toccodi distinzione. Alcuni piattisono stati restituiti alla cucinaperché serviti freddi.

BUENOS AIRES4 settembre 2010

Ristorante “Bruni” di FabiánVon Quintiero, fondato nel2008. ●Sucre 696, BuenosAires; =54 11 4783 6267;coperti 120. ●Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; giornodi chiusura nessuno. ●Valu-tazione 7; prezzo pesos130,00; elegante.

Le vivande servite: Cynar estuzzichini; polpo alla salenti-na; risotto alla clorofilla di ru-cola con gelato di parmigiano;battuto di baccalà con polentabianca; assaggio di zuppa in-glese e cannolo alla siciliana.

I vini in tavola: Bodega Ca-tena Zapata: D.V. Catena Ca-

bernet Malbec 2006, D.V. Ca-tena Chardonnay 2007, SaintFelicien Nature 2007.

Commenti: Ambiente un po’rumoroso. Buono il prezzo inrapporto al menu.

MERLBOURNE15 agosto 2010

Ristorante “Scopri” di Antho-ny Scutella e Alison Foley,fondato nel 2010. ●191 Ni-cholson Street, Carlton; =61393478252; coperti 40. ●Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie dal24 dicembre al 2 gennaio;giorno di chiusura domenica.●Valutazione 8,70; prezzo €

65,00; caratteristico.

Le vivande servite: aperitivocon stuzzichini (cubetti di frit-tata e crostini con insalata rus-sa); battuta di carne cruda al-l’albese; tonno di coniglio;peperoni alla piemontese;“bagna caoda”; agnolotti al“plin” con sugo d’arrosto; bra-sato al Barolo su polenta; “bu-net”; Punt e Mes; Menabrea.

I vini in tavola: Roero Ar-neis Docg 2009 “Perdaudin”Angelo Negro; Dolcetto d’Al-ba Doc 2008 Pio Cesare;Nebbiolo Doc 2008 TenutaCisa Asinari dei Marchesi diGresy; Brachetto d’AcquiDocg 2009 Marenco.

Commenti: Riunione convi-viale dal tema “La cucina pie-montese delle Langhe”, il tut-to descritto con entusiasmodal Delegato e Simposiarcaall’apertura della cena, che hatrasportato tutti i commensalinel territorio langarolo, permolti sin qui del tutto scono-sciuto. La scoperta delle Lan-ghe e delle sue tradizioni cu-cinarie è continuata con l’arri-vo delle portate, preparatecon tanto entusiasmo e con

fedele autenticità dai due gio-vani proprietari Alison eAnthony. Molto apprezzati ivari antipasti culminati con la“bagna caoda” che per moltiè stata una autentica scoper-ta. Gli ottimi agnolotti “alplin” hanno rappresentatoun’altra interessante scoperta,come pure il brasato al Baro-lo. Lo chef Salvatore Cacciop-poli ha eseguito tutti i piatticon abilità e maestria seguen-do meticolosamente le ricetteoriginali. I vini erano ottima-mente abbinati alle varie vi-vande e descritti con grandeconoscenza dall’AccademicoMaurizio Uggé. Molto profes-sionale il servizio in sala conla cordiale e attenta titolareAlison che ha impressionatotutti con la sua perfetta cono-scenza della lingua italiana edella cucina regionale pie-montese, il che non è pocoper una giovane ed entusiastaaustraliana. Infine un coraleringraziamento del Delegatoe degli Accademici allo chef eai titolari Alison e Anthony, aiquali è stato consegnato ilguidoncino dell’Accademiaquale riconoscimento per ilriuscitissimo pranzo piemon-tese, dove la qualità e l’auten-ticità delle vivande servite so-no state all’altezza di un veroristorante delle Langhe, a di-mostrazione che, con la com-petenza, con la professiona-lità e con l’entusiasmo, l’au-tenticità della cucina regiona-le italiana può essere ottenutacon successo anche a grandedistanza.

SYDNEY18 agosto 2010

Ristorante “Darcy’s” di Atti-lio Marinangeli, fondato nel1968. ●92 Hargrave Street,Paddington, Sydney; =0293633706; coperti 75. ●Par-cheggio scomodo; ferie gen-naio; giorno di chiusura do-menica. ●Valutazione 7,65;prezzo € 50,00.

Le vivande servite: coda digambero in lardo su crema dipatate; tagliolini al nero diseppia; paccheri con ragùd’anatra e funghi porcini; gri-gliata di scampi; costoletta divitello al rosmarino con fun-ghi misti; fegato di vitello allaveneziana.

I vini in tavola: Pinot grigioCollavini - Friuli; Villa Anti-nori 2004 - Toscana.

AUSTRALIA

ARGENTINA

N E L M O N D O

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Commenti: Ambiente moltopiacevole, finalmente non ru-moroso. Lodi e ringraziamen-ti allo chef Davide Barbisandi origine veneta.

SAN PAOLO10 agosto 2010

Ristorante “Pomodori” di Jef-ferson Rueda, fondato nel2003. ●Rua Dr. Renato Paesde Barros 534, San Paolo;=11 31683123; coperti 63.●Parcheggio custodito; pre-notazione consigliabile; feriemai; giorno di chiusura do-menica sera. ●Valutazione8; prezzo reais 200,00 (€

85,00); accogliente.

Le vivande servite: insalatadi rucola e gamberetti all’olioextra vergine d’oliva, bottargae limone siciliano; risotto diasparagi e fichi freschi concroccante di Parma; spalla diagnello al sugo di arrosto conbroccoli e pomodorini; ilbabà e la “baba”.

I vini in tavola: Inzolia 2009(Masseria Trajone); PelofinoIgt Toscana 2008 (Le Pupil-le); Passito di Pantelleria(Pellegrino).

Commenti: Quando è statoinaugurato nel 2003, il “Po-modori” aveva già richiamatol’attenzione della Delegazio-ne perché presentava unacarta di vini con solo etichet-te italiane e anche l’acquaminerale era importata dall’I-talia. Non aveva però postisufficienti per ospitare unacena conviviale, finché l’an-no scorso è riuscito ad au-mentare la sua capacità, fa-cendo qualche concessioneai vini non italiani ma mante-nendo una cucina che, puressendo molto creativa, gra-zie all’estro dello chef Jeffer-son Rueda, rispetta le nostretradizioni ed è consideratauna delle migliori di San Pao-lo. Per tutto ciò la serata or-ganizzata dalla SimposiarcaLia De Giacomo ha avuto lapresenza massiccia di Acca-demici e amici che hannoapprezzato molto i piatti pre-parati da Rueda, in particola-re l’agnello e il simpatico ab-binamento del babà napole-tano con la “baba” (dolcebrasiliano a base di noce dicocco), con voto 9 in varieschede.

SAN PAOLO SUD24 agosto 2010

Ristorante “Becco 388” diDaphne Glidden, André Ba-rone, fondato nel 2009. ●R.Mato Grosso 388, San Paolo;=011 23610388; coperti 44.●Parcheggio custodito; pre-notazione necessaria; feriemai; giorno di chiusura lu-nedì. ●Valutazione 8; prezzo€ 45,00; accogliente.

Le vivande servite: salame,prosciutto e bresaola; pap-pardelle fatte in casa al burrofuso con salvia e pinoli; coto-letta di vitella alla milanesecon insalatina verde e pomo-dori pachino; tiramisu.

I vini in tavola: ProseccoCantine Torresella, Fossaltadi Portogruaro, Cason Brusà;Alasia Dolcetto d’Asti 2007.

Commenti: La serata, moltoben organizzata, dall’Accade-mico Romano Ghisalberti,con la collaborazione dellamoglie Cristina, ha registratola presenza di numerosi Ac-cademici interessati a cono-scere questo nuovo ristoran-te. Suggestiva la presentazio-ne della tavola, buono il ser-vizio e impeccabili la prepa-razione e cottura dei cibi, an-che se il menu non presenta-va rilevanti difficoltà. Vini nel-la norma. Benché la casa sivoglia far conoscere per rein-terpretazione di piatti classici,il Simposiarca non ha volutoerrare e si è attenuto stretta-mente al tradizionale senzapericolose invenzioni. Ne è ri-sultata una cena molto ap-prezzata dagli Accademici.Artisticamente presentatol’antipasto, di ottima qualità. Ilpiatto determinante senzadubbio è stato quello dellepappardelle al burro fuso,elogiato da tutti; perfette lecotolette alla milanese cucina-te nel burro leggermente sof-fritto. Chiusura con un ottimotiramisu. Applausi al cuocoAndré Barone.

CITTÀ DEL MESSICO22 settembre 2010

Ristorante “L’Osteria del Bec-co” di Rolly Pavia, fondato nel2002. ●Goldsmith 103, polan-co Chapultepec, Città del Mes-sico; =055 52821059, fax055 52820957; coperti 100.

●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie 1 gennaio e davenerdì a domenica di Pa-squa; giorno di chiusura do-menica sera. ●Valutazione8,50; prezzo € 69,00; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: fiore dizucca ripieno in pastella,bruschetta di tagliata e ruco-la, di funghi e pecorino, di fi-nocchio e marlin, polpo gri-gliato con verdure conditoall’olio di oliva; caramelle ri-piene di ricotta e spinaci; ta-gliolini al ragù di pesce; bra-sato al Barolo; robalo (denti-ce) fresco al Prosecco e ovu-li; tortino di nocciola; fagotti-no di frutta al Grand Marnier.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene Valdo; Pinotgrigio del Veneto 2008 Ornel-la Molon Igt; Dolcetto d’Alba2008 Priavino Doc.

Commenti: Con la presenzadell’ambasciatore d’Italia inMessico, la serata è stata mol-to piacevole, l’accoglienza el’ambiente molto particolari:il menu è stato servito in unatavola ben preparata in unacava di vini pregiati, con unservizio impeccabile. Tuttisono stati molto contenti ehanno apprezzato la qualitàdei piatti serviti.

GUADALAJARA12 giugno 2010

Ristorante “Il Pomodoro” diRodrigo Primucci, fondatonel 2002. ●Lopez MateosNorte 145, Guadalajara;=0052379311, fax 00523337931115; coperti 80.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7; prezzo pesos 550 (€32,00); elegante, accogliente.

Le vivande servite: fettucci-ne ai gamberi; saltimbocca al-la romana; gamberi alla dia-vola; insalata mista; tiramisu.

I vini in tavola: Chianti.

Commenti: Una cena grade-vole in uno dei ristoranti ita-liani di maggior successo aGuadalajara che però ha par-zialmente abbandonato latradizione della cucina au-tenticamente italiana adattan-do i suoi piatti ai gusti locali:

gli ingredienti sono di ottimaqualità però i sapori si ade-guano al gusto messicano.L’ambiente è gradevole, lacava offre una gran varietà divini superiore alla media e ilservizio offerto è stato ama-bile ed efficiente.

GUADALAJARA14 agosto 2010

Ristorante “La Taverna deiQuattro Mori” di Giuliano eMaria Grazia Manelli, fonda-to nel 2002. ●Carretera Pte23, Ajijic; =376 7662848;coperti 25. ●Parcheggio suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; giorno dichiusura martedì e mercoledì.●Valutazione 8,50; prezzo pe-sos 280 (€ 18,00); familiare,accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: frittata diacciughe; erbe cotte; tagliatel-le alla boscaiola; pappardelledi pecora; ossobuco con pi-selli e nervetti di vitello; pan-na cotta; tiramisu.

I vini in tavola: Shirah dellaSicilia (Maggio Vini); Prosec-co Sant’Anna (Gen Agricola).

Commenti: Il SimposiarcaGian Maria Beccaris ha orga-nizzato un pranzo assortito esquisito in una trattoria “to-scana” in riva al Lago di Cha-pala. È stata una giornata de-dicata ai sapori caserecci ab-binati a un ottimo vino. Giu-liano e Maria Grazia Manellihanno riportato gli Accade-mici ai sapori delle trattoriefuori porta consentendo lorodi sentirsi, per tre ore, nellacampagna toscana e non inMessico. Tutti i piatti eranosquisiti ma le pappardelle alragù di pecora e l’ossobucosono stati eccellenti. L’am-biente della taverna è familia-re, la presenza costante deipadroni in sala si fa sentireper il loro calore e ospitalità.

SANTO DOMINGO28 luglio 2010

Ristorante “Vesuvio Male-con” di Vincenzo Bonarelli,fondato nel 1954. ●Av. G.Washington 521, Santo Do-mingo; =809 2211954, fax809 2213300; coperti 180.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione consi-

gliabile; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,80; prezzo rd$ 1.800(€ 39,00); tradizionale.

Le vivande servite: antipa-sto misto (arancino caprese,bresaola della casa, salsiccianapoletana, melanzana afunghetto, ortaggi sotto ace-to); risotto bella Napoli; “mi-gnonnette” alla crema di tar-tufo nero su purè con funghidi bosco; cassata al tiramisu.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (Santa Mar-gherita); Valpolicella 2009(Sartori); Rosso di Montalci-no 2008 (Banfi).

Commenti: È il ristorantepiù tradizionale di Santo Do-mingo e vanta oltre mezzosecolo di storia. Il Simposiar-ca e Delegato Mario Boeri hapresentato i gestori del localee illustrato la storia della lorofamiglia. Dopo aver iniziatocon un antipasto elaboratocon materia prima tutta diproduzione propria siamopassati a un risotto di lorocreazione (bella Napoli, loroterra d’origine) adornato conun croccante che ha creatoun interessante contrasto alpalato, continuando con unottimo filetto per terminarecon la cassata al sapore deltiramisu, veramente eccellen-te. Servizio molto professio-nale, attento e rapido, sicura-mente uno dei migliori dellacittà, ambiente molto grade-vole con una sala riservataper gli Accademici e rappor-to qualità/prezzo eccellente.Sia gli Accademici che i loroospiti si sono complimentaticon il personale per averecontribuito a fare della riu-nione conviviale una seratamolto amena e l’esperienzamolto gradevole. Si puòquindi affermare che le nuo-ve leve sono pienamente al-l’altezza della loro missione.

SANTO DOMINGO26 agosto 2010

Ristorante “La Tavernetta” diBenedetto Pasquale, fondatonel 2005. ●Av. José Contre-ras 42 B, Santo Domingo;=809 5356469; coperti 70.●Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione non ne-cessaria; ferie mai; giorno dichiusura nessuno. ●Valuta-zione 7,30; prezzo rd$ 1.750(€ 37,00); familiare.

REPUBBLICA DOMINICANA

MESSICO

BRASILE

AUSTRALIA segue

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Le vivande servite: antipastomisto italiano; bucatini conragù alla genovese; tagliata alsugo di spinaci con zucchinein scapece e verdure fritte; se-mifreddo della casa.

I vini in tavola: Chardon-nay 2008 (Tramin); ZannaMontepulciano d’Abruzzo, ri-serva 2006 (Illuminati).

Commenti: Massimo Pelle-grino, come Simposiarca, hariproposto questo ristorantepoiché, secondo i commentidi vari Accademici, presenta-va vari punti di miglioramen-to rispetto alla visita anterio-re. Dopo un tipico antipastoitaliano si è arrivati al piattopiù atteso della serata, i bu-catini con ragù alla genove-se, che ha ottenuto il punteg-gio più alto, seguito da unabuona tagliata al sugo di spi-naci con contorno un po’meno riuscito, per poi termi-nare con un dessert di crea-zione della casa molto ap-prezzato e ben presentato. Ilservizio è stato celere e atten-to, molto migliorato rispettoalla visita precedente, e ilrapporto qualità/prezzo mol-to interessante In totale il mi-glioramento è stato di 0,5punti a dimostrazione ancorauna volta di come i cuochi/proprietari che ascoltano isuggerimenti e le critiche co-struttive degli Accademicipossano seguire una traietto-ria ascendente.

SAN FRANCISCO9 giugno 2010

Ristorante “Ristobar” di Gior-gio Notari, fondato nel 2010.●2300 Chestnut Street, SanFrancisco; =4159236464;coperti 87+22. ●Parcheggioscomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie Natale; gior-no di chiusura nessuno.●Valutazione 5,59; prezzous$ 89,00; elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: antipa-sto di sardine e tonno conpomodorini, rucola e salsaverde; tortino di funghi; ra-violi vegetariani; ossobuco divitello o sogliola; parrozzo.

I vini in tavola: Montonico2007, Stratti, Calabria; Rossodi Montalcino 2006, Fattoriadei Barbi, Toscana.

Commenti: Prima visita aquesto ristorante dopo il pas-saggio di gestione e il cam-bio di nome. L’ambiente èelegante e raffinato anche seun po’ rumoroso. Il menu,proposto da Viola Buitoni, investe di Simposiarca, è statorealizzato con cura e presen-tato e servito decorosamente.Alcuni degli ingredienti han-no sollevato qualche perples-sità e influito sul giudizio fi-nale. I voti più alti sono statiaggiudicati al primo piatto eal dessert; quest’ultimo è sta-to oggetto di domande espiegazioni circa la sua storiae provenienza. Nel comples-so è stata una serata piacevo-le e in buona compagnia.

VIRGINIA25 settembre 2010

Ristorante “La Grotta” di An-tonio Capece, fondato nel1994. ●E. Cary Street, Rich-mond; =804 6442466; co-perti 52. ●Parcheggio custo-dito con valet; prenotazioneconsigliabile; chiuso domeni-ca e festività americane.●Prezzo us$ 75,00.

Le vivande servite: delizie

pugliesi con bruschette, cozzealla tarantina, calamari ripienie frittatine; torretta di melanza-ne, peperoni e burrata puglie-se; garganelli con ricotta, po-modoro e basilico; fazzoletti alragù di cinghiale; cernia alleolive nere, aglio e rosmarino;rolata di coniglio con purè dipatate; torta al torrone.

I vini in tavola: ProseccoCanella; bianco Locorotondo,Villa Mottura, 2008; Tormare-sca, Neprica di Puglia, 2008;Primitivo Maranè, 2008; Aglia-nico di Irpinia, Serpico deiFeudi di San Gregorio, 2003.

Commenti: La Delegazioneè tornata nella capitale delloStato, rivisitando il ristorantedi Antonio Capece, autenticocaposaldo della cucina italia-na nello storico Common-wealth di Washington e Jef-ferson. Il suo successo è do-vuto non solo al fatto che lasua cucina esprime il megliodelle cucine regionali del me-ridione d’Italia ma anche al-l’ottimo rapporto qualità/prezzo che gli Accademicihanno apprezzato nelle lorovalutazioni. L’unico neo, sem-mai, è che tali sono state l’ef-ficienza della cucina e la qua-

lità del servizio che il pranzocon parecchie portate è filatovia un po’ velocemente. Laburrata importata fresca dallaPuglia e servita in un’elegantetorretta ha fatto furore, al paridella pasta al ragù di un cin-ghiale proveniente dal lonta-no Wyoming. Il SimposiarcaRichard Rizzo, medico conradici calabresi, ha fatto unapresentazione della cucinapugliese soffermandosi sullastraordinaria varietà di pastaprodotta in Puglia. Quanto aivini: particolarmente apprez-zato il Primitivo pugliese cheha accompagnato un succu-lento coniglio.

WASHINGTON8 giugno 2010

Ristorante “I Ricchi” di Chri-stiane Ricchi, fondato nel1989. ●1220 19th Street Nw,Washington; =202 8350459;coperti 140. ●Parcheggioscomodo; prenotazione con-sigliabile; giorno di chiusuradomenica. ●Valutazione 8;prezzo us$ 100,00; elegante.

Le vivande servite: stuzzi-chini toscani; sformato dizucchini con fiore; topini

d’ortica con salsa di capesan-te e gamberi; arista sulla bra-ce del buttero con patate allaghiotta e bietola saltata; ana-nas cotta nel Maraschino.

I vini in tavola: VermentinoLitorale, Cecchi 2008; Morel-lino di Scansano La Mozza, IPerazzi 2005.

Commenti: Gli Accademicisi sono riuniti in un noto ri-storante famoso per le spe-cialità toscane, in particola-re per i prodotti della Ma-remma conditi, come hasottolineato il Simposiarca,con erbe e piante medicinali(come le ortiche) cresciutelocalmente fin dai tempilontani. Un bicchiere di vinorinfrescante accoglieva ipartecipanti insieme a stuz-zichini locali. La cena siapriva con un eccellente ecremoso sformato di fiori dizucchini. Il Vermentino,prodotto sulla costa marem-mana, corposo e fresco, bensi sposava con queste duepietanze. L’arista era cottaalla perfezione e ben ac-compagnata da un Morelli-no di Scansano. L’ananascotto nel Maraschino chiu-deva una piacevole serata.

STATI UNITI

CONSEGNATE NELL’ABBAZIA DI SPINETOLE BORSE DI STUDIO “FRANCO MARENGHI”

Franco Tagliapietra, Delegato di Chianciano, e l’Accademica Marilisa Cuccia hannoaccolto nella loro residenza, l’abbazia di Spineto a Sarteano (Siena), gli Accademici egli ospiti intervenuti in occasione della premiazione dei vincitori della borsa di studio“Franco Marenghi”. Istituita dalla Delegazione di Chianciano Terme e giunta alla suaXIV edizione, la borsa di studio premia gli studenti di cucina dell’istituto alberghiero“Pellegrino Artusi”. Presenti, tra gli altri, l’Accademica Cristina Marenghi, Delegataonoraria di Mantova, Luciano Franchi Delegato di Siena-Valdelsa, il preside dell’istitutoMassimo Poli. È risultato vincitore Alessandro Rossi; secondi ex aequo Luca Binarelli edElia Rossi, selezionati per essersi distinti nel tema di quest’anno: il coniglio. I piatti pro-posti sono stati: variazione di coniglio (Alessandro Rossi), lombo di coniglio con cuoredi cinta senese al profumo di finocchio, su letto di crema di carote e finocchio fresco,con spuma di birra ambrata (Luca Binarelli), variazioni sul tema di coniglio (Elia Ros-si). Gli altri due piatti del menu, riso all’onda del bosco con profumo di nepitella selva-tica e budino caramellato all’ananas, sono stati ben preparati dai cuochi dell’abbazia,Stefania e Stefano. In questa occasione è stata presentata una nuova importante inizia-tiva: la collaborazione tra le Delegazioni di Chianciano Terme e Siena-Valdelsa daràvita dal prossimo anno scolastico a una seconda borsa di studio per una brigata di saladello stesso istituto. Lo scopo è di rafforzare la collaborazione con la scuola nell’appren-dimento della disciplina di sala, attualmente purtroppo non certo all’altezza della no-stra tradizione: accoglienza, assistenza e attenzione al cliente, abilità, tecniche profes-sionali, rispetto. Occorre che non si tralasci, nelle nuove generazioni, un aspetto altret-tanto importante quanto la cucina. (Giorgio Ciacci)

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C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

NUOVI ACCADEMICI

VALLE D’AOSTA

Monterosa Maria Petey

PIEMONTE

BiellaEzio Ramella Valet

LOMBARDIA

Brescia Alfredo Guizzi

Milano Giovanni Civello

Milano Duomo Carlo Coppola Libetta

VENETO

Eugania-Basso Padovano Stefania De Checchi

Treviso-Alta Marca Luca Granzotto

Verona Grazia Cervinara

TOSCANA

Arezzo Federico Tanganelli

Pisa-Valdera Francesco Virgone

Siena-Valdelsa Paolo Alfonso Motolese

Valdinievole Felice Del Carlo

LAZIO

Roma NomentanaBenedetta Novi

ABRUZZO

AtriMassimo Di Michele

CAMPANIA

Penisola Sorrentina Maria Luisa Vespoli

PUGLIA

Bari Vittorio Marzi

Gargano Luigi Orsitto

Manduria Domenico CassaliaMario De FrancescoGiuseppe Di MasiCosimo Panetti

Taranto Vittoria Calvi

SICILIA

CaltagironeFilippo Ferrara

MessinaAmalia Cesareo

CILE

Santiago del CileMario CorboEnrique SacchettiFrancesca Signorio

POLONIA

VarsaviaRobert AdamsGeorgios Athanasiou

Marco GiacomelliAntonio Melone

PORTOGALLO

LisbonaLidia Ramogida

STATI UNITI

BostonDomenico D’Amario

New YorkClaudio Angelini

UNGHERIA

BudapestSilvia Giomi MontevecchiAlessandro PagniniAndrea PanizzaClaudio Ponzo

VARIAZIONE DENOMINAZIONE

Versilia in Viareggio-Versilia

TRASFERIMENTI

AUSTRALIA

BrisbaneMargaret Lucas(dalla Delegazione di Melbourne)

VARIAZIONE INCARICHI

PIEMONTE

NovaraVice-DelegatoPiero Spaini

Torino LingottoConsultoreGiulio Travo

LOMBARDIA

Monza e BrianzaConsultriceMaria Ciceri Lodigiani

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TRENTINO-ALTO ADIGE

BolzanoVice-Delegata Segretaria TesorieraJone Isabella Beretta

VENETO

TrevisoDelegataTeresa PerissinottoVice-DelegatiAngelo BonemazziRanieri Da MostoConsultore Segreterio TesoriereAnnibale ToffoloConsultoriUlderico BernardiGiuseppe FerrettoRoberto RobazzaAntonio SeminiPaolo Trevisi

TOSCANA

Maremma-PresidiConsultoreBruno Nocera

Consultrice TesorieraNunzia Costantini

LAZIO

Ciociaria (Frosinone)Consultore Segretario Giuseppe Picano

PUGLIA

GarganoVice-DelegatoSaverio De GirolamoConsultoriDomenico CatapanoMichele Palladino

SICILIA

CaltagironeConsultoreVincenzo Gravina

CefalùDelegatoFabrizio PiscitelloConsultore TesoriereLuca Cassata

Consultrice SegretariaAnna CiuroConsultoriNicola NocillaNella Viglianti

SARDEGNA

AlgheroDelegatoFrancesco FlumeneVice-DelegatoAldo PantiConsultore SegretarioGiampaolo CeravolaConsultore TesoriereMarcello DelitalaConsultoriAndrea FrancoGianluigi Scarpa

OristanoDelegataPaola Meconcelli

AUSTRIA

ViennaDelegatoFranco Benussi

BELGIO

BruxellesDelegatoTanino Dicorrado

CINA

GuangdongConsultoriAndrea BertoliniMatteo Mazzoni

SVIZZERA

Suisse RomandeDelegataSofia Cattani

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

L’Accademia ha fatto realizzare un nuovo piatto in silver plate,in formato più grande ed elegante, che reca inciso, sul fondo, iltempietto accademico, il tutto circondato da una corona distelle traforate che intendono rappresentare l’universalità dellanostra Accademia. Questo oggetto simbolico è consigliato comeomaggio da consegnare ai ristoratori visitati che si siano dimo-strati particolarmente meritevoli. Per ogni ulteriore notizia inmerito e per le eventuali richieste i Delegati possono rivolgersi allaSegreteria di Milano ([email protected]).

IL NUOVO PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

NON SONO PIÙ TRA NOI

LOMBARDIA

SondrioFilelfo Verdinelli

VENETO

Treviso-Alta MarcaArnaldo Compiano

EMILIA ROMAGNA

Reggio Emilia Lauro Ferrarini

TOSCANA

Siena Anna Falorni Muratori

La Delegazione di Siena ricorda con com-mozione e rimpianto Anna Falorni Mura-tori, Accademica dal 1997, grande appas-sionata della buona cucina e maestra nelledecorazioni floreali delle tavole conviviali.La sua famiglia resta nelle vicende senesiper lo storico mulino nel centro storico.

UMBRIA

PerugiaAlfredo De Poi

SICILIA

ModicaMichele Magro

SARDEGNA

CagliariFernanda Locci Felter

ERRATA CORRIGE

Nel numero di settembre 2010 della rivistasono stati invertiti i nomi tra gli Accademi-ci di due Delegazioni. L’esatta segnalazio-ne è la seguente:

MARCHE

Ancona Vice-Delegato Segretario Giuseppe Luciano Landi

LAZIO

Civitavecchia ConsultoreMauro Pasqualino Urbano

Aggiornamenti a cura diCARMEN SOGA, ILENIA CALLEGARO

e LORENA GALLINA

La Delegazione di Roma ha organizzato la presenta-zione del volume “Tradizione e innovazione” della“Collana di cultura gastronomica”, curato da Gio-vanni Ballarini e Paolo Petroni, presso uno dei circo-li sportivi più prestigiosi, i “Canottieri Lazio”, che haun elegante ristorante gestito da Sergio Torrisi titolaredel “Tartarughino”. Per la cena accademica è stataSimposiarca Noemi Dell’Osso, canottiera della squa-dra “master” femminile del Circolo. La serata è stata aperta dal saluto del Delegato, cheha poi presentato l’Accademico David Morante, giàconsole generale d’Italia, rientrato nella capitale. Unsaluto particolare è stato rivolto al professor France-sco Sicilia, amico dell’Accademia di cui ha sostenutol’attività quando era ai vertici del Ministero dei Beniculturali. Noemi Dell’Osso ha presentato il circolo, lasua secolare attività e il menu della serata predispo-sto dallo chef, di origine egiziana, Samy Sharaf El-mal.Il Direttore del Centro Studi di Roma e del Lazio, Ma-rino Marini, ha quindi presentato il libro, eviden-ziando l’interessante ricerca svolta da Ballarini e Pe-troni, che, percorrendo tutta la storia dell’alimenta-zione umana, dai primordi a oggi, ha illustrato lo

svolgersi dell’innovazione lungo la lunga traccia del-la tradizione. Copia del libro, alla fine della serata, èstata data a ogni Accademico. La cena, sulla bella terrazza affacciata sul fiume, inun’atmosfera di cordiale e simpatica compagnia, èiniziata con un aperitivo nel “Club House”, con otti-mi frittini vegetali, alici, piccole crocchette, aranciniecc. A tavola si è iniziato con un antipasto di gambe-roni alla verza riccia con salsa di yogurt, seguito daun primo di ravioloni di crostacei allo zafferano. Il secondo è stato un trancio di pesce spada alla te-quila con fagiolini e insalata di campo. Il dessert di fragole al pepe verde con gelato alla va-niglia ha concluso la cena, molto gradita, con alcu-ne perplessità per i ravioloni, da molti giudicati con-fezionati con pasta troppo spessa e con salsa troppoaggressiva. Molto apprezzato l’impegno della Simposiarca, cheha organizzato un incontro accademico in un’atmo-sfera molto elegante ed esclusiva. La serata è stataparticolarmente gradevole anche per il clima di unacaratteristica notte di fine estate, con lo spettacolodelle luci della Roma notturna specchiate sul fiume.(Gabriele Gasparro)

“TRADIZIONE E INNOVAZIONE” PRESENTATO SULLE SPONDE DEL TEVERE

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

CARPI-CORREGGIO

IL SECONDOLAMBRUSCO DAY

Il 16 maggio, superate le diffi-coltà di trovare un pullman,un’allegra comitiva di una ven-tina di Accademici alessandrinisi è diretta alla volta di Carpi,che sta al di là dell’orizzonte. IlDelegato di Carpi-Correggio,Lauro Benetti, li stava giàaspettando e, tempo di aspira-re una boccata di quell’ariaemiliana piena di tanti sapori,gli Accademici erano già in uncaseificio ultramoderno checonteneva 70.000 forme diparmigiano reggiano (le prime6.000 erano destinate al rifor-nimento dell’outlet, per dirlacon termini moderni) accuditeda un robot che si aggirava so-lerte tra gli scaffali alti più diuna dozzina di metri, spazzo-lando e rigirando quell’orogiallo. Almeno un forma di 40kg di formaggio invecchiatooltre 50 mesi è stata tagliata,assaggiata e trasferita al di làdel Po, lasciando le più giova-ni a invecchiare ancora un po’.È stata poi la volta del pranzoin un ottimo agriturismo (il ri-storante “Bohemia” di Lancel-lotti già insignito dall’Accade-mia del diploma di “Buona cu-cina”) che, dopo un sontuosoaperitivo a base di culatello ealtri salumi della zona, ha per-messo alle due Delegazioni diincontrarsi e conoscersi su unterreno ben noto agli Accade-mici: pasta fatta a mano conerba cipollina, cappelletti conburro e salvia, maialino sacrifi-cato in un forno su un letto dipatate, per chiudere poi conuna zuppa inglese di eccellen-te fattura emiliana. Il Lambru-sco di varie etichette, illustratodal Vice-Delegato Luigi Carne-vali e sorseggiato con grandeconcentrazione, cominciava afarsi sentire ma ecco che unaprovvidenziale visita alla piaz-za di Carpi, che potrebbe esse-re considerata tra le più belled’Italia, e una visita al palazzo

della famiglia Pio, che fecegrande la città, hanno rimessogli Accademici in sesto, giustoper affrontare l’ultima partedella gita: la visita a una famo-sa azienda produttrice di Lam-brusco, il cui proprietario hamostrato, dietro una sontuosavilla padronale con un fantasti-co giardino, le apparecchiatu-re per una produzione di Lam-brusco rosé di nicchia che haveramente estasiato. Un caldoabbraccio a Lauro Benetti cheha accompagnato gli ospiti pertutta la giornata e un ringrazia-mento generale per la genti-lezza e la disponibilità sua edei suoi Vice-Delegati e degliAccademici di Carpi-Correggiotutti, con la speranza di rive-dersi presto dalle parti di Ales-sandria, magari in autunno,quando, con il profumo delNebbiolo, si potrebbero assag-giare funghi e tartufi.

PORDENONE E BELLUNO-FELTRE-CADORE

ERBE E SAPORI

La vivace accademica amiciziatra le Delegazioni di Belluno-Feltre-Cadore e di Pordenoneha partorito un’escursionecongiunta nelle vallate dellePrealpi bellunesi per una gior-nata di studio, incontro ideatodall’Accademica Rosanna DeMenech Perera. Obiettivo l’ap-profondimento della cono-scenza di erbe spontanee ecoltivate, aromatiche, officinalio solo gustose, che fanno par-te della cultura della tavola co-mune alle due Delegazioniconfinanti, ma non solo. Nellasua lezione introduttiva l’Acca-demico Franco Zambotto si èrifatto al racconto della Gene-si, per sottolineare quanto leerbe - a cominciare dalle erbeamare dell’esodo - fin dai pri-mordi della storia siano entratenelle costumanze di alimenta-zione di tutte le popolazioniumane, ben al di là di quantosi sia oggi in grado di immagi-

nare. Appuntamento alle sor-genti del Limana, affluente delPiave, località non sfruttata dalturismo. Si entra in valle e sipercorre fino in fondo. All’ulti-mo bivio, a destra, dopo unabrevissima salita, uno spiazzoerboso, circondato dagli ortidelle erbe aromatiche e offici-nali. Una specie di “ortus clau-sus” in piena montagna, pro-tetto a nord e a sud da alti eboscosi rilievi. Sulla sinistra lamalga, ora trasformata in rifu-gio, sulla destra la casa dei ca-valli aperta verso ovest.La visita comincia con le spie-gazioni della signora Ezia Nardcirca le tante specie coltivatein strisce ordinate. La malva sisuccede al coriandolo, alla ca-momilla, all’assenzio, all’aneto,al finocchio selvatico, allamenta, al basilico, a tante altreerbette, anche esotiche, arriva-te in Europa dopo il viaggio diColombo. Ezia Nard conduceun’azienda agrituristica, “LeZercole”, dedicata alla colturae alla raccolta di erbe aromati-che e spontanee. Amore e co-noscenza si dispiegano nelproporre una merenda campe-stre, un banchetto rustico arti-colato sulle più varie esperien-ze di gusti e di profumi che leerbe possono suggerire, por-tando alla memoria testimo-nianze di nonni e bisnonni, inalcuni casi, interpretando pre-parazioni moderne con l’ap-porto di aromi desueti, in altri.Sotto la pergola l’aperitivo: sci-roppo di sambuco e sciroppoal lampone e melissa. A tavolauna successione di antipasti,crostini al Buon Enrico e fin-ferli, crostini all’olio profumatocon una mescolanza di aroma-tiche, tartine con salame e dra-goncello, e poi una ricchissimascelta di sottoli e sottaceti: pe-peroni all’aneto, cetriolo al ri-pieno di melanzane, topinam-bur - scottato in acqua e vino econservato sott’olio - servitocol timo, radicchio di montesott’olio, portulaca, bardanasott’aceto. Come primo piattolasagne in versione contadina

con formaggio di capra, taras-saco e Buon Enrico. Impre-scindibile per il secondo il “pa-stin”, tipico salume belluneseda cuocere alla griglia o, me-glio, in padella. La novità con-siste nell’avvolgerlo in crostadi pane e speziarlo con il dra-goncello; come contorno fo-glie di borragine fritte in pa-stella. Poi le torte salate, nonuno sfoggio di cucina, piutto-sto rivisitazione di innumere-voli “torte di erbe”: una pastasfoglia farcita con silene e fari-nello, altra sfoglia con ripienodi malva, infine un rotolo dipan di Spagna salato caratte-rizzato dalla rucola selvatica.Non è finita: il convivio si con-clude con i dolci dove, ovvia-mente, non mancano ingre-dienti particolari: crostata al fa-rinello e salame di cioccolatobianco al Buon Enrico; la gio-vane figlia di Ezia contribuiscecon i suoi biscottini di melissaal limone. Tisane digestive egrappe profumate con svariatespecie di erbe di montagnachiudono l’incontro gastrono-mico, con il plauso dei Dele-gati, Corrado Bosco e StefanoZanolin, a chi sa recuperaredal passato sapori e saperi, lacui perdita sarebbe un dannoirreparabile alla nostra civiltàdella tavola, poiché rappresen-tano un grande patrimonioculturale. (Giorgio Viel)

NUORO

L’ACCADEMIAA “CORTES APERTAS”

Nel 1996 gli abitanti di Olienadiedero l’avvio alla manifesta-zione di “Cortes apertas” e perl’occasione da allora spalanca-no a un pubblico incuriositogli spazi negati da tempo all’u-so quotidiano che conservanointatta quell’atmosfera capacedi proiettarci in un passatonon tanto remoto. Durante lavisita di quelle antiche caseche odorano ancora di olio, digrano, di vino, di pelle domata

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

e di lunghi panni che hannocustodito i pani di grano, si ve-dono gli spazi dei cortili co-muni e quelli più intimi delledimore che ricordano quelledei sardi nuragici presenti nelterritorio olianese.Ancora oggi come nelle anti-che “cortes” di Oliena, pienedi oggetti dimenticati e resiinutili da una tecnologia checorre troppo veloce, si conti-nua a produrre la pasta frescafatta rigorosamente di granoduro con la semola o la farinaintegrale che con il loro saporeautentico hanno la capacità distimolare quelle sensazionievocative contenute nel ciboche riportano alla memoria iperiodi più significativi dellavita a partire dall’infanzia.Consapevoli di essere buonicustodi della nobile arte delgusto gli amministratori comu-nali hanno inserito fra glieventi di “Cortes apertas” del2010 una competizione di ri-storatori che hanno aderito al-la gara con entusiasmo, pro-ponendo piatti tipici di “mac-carones a bocciu”, “maccaro-nes tundos”, “culurgiones” diformaggio insaporito da finoc-chio selvatico, bacche di mirtoe funghi raccolti nel territorio,sempre accompagnati da ab-bondante pecorino che sovra-sta sui diversi sughi. I sette ri-storanti che hanno partecipatoalla gara, secondo i quattrogiudici Accademici di Nuoro,hanno rispettato la tradizione,pur con qualche innovazioneun po’ azzardata che andrebberipensata meglio.Al vincitore è stato consegnatoun singolare premio, propostoda un Accademico nuorese:un “maccarone a bocciu” d’ar-gento, realizzato da un artigia-no locale che ha saputo coniu-gare la forma della pasta tipicadi Oliena con la tradizione del-l’arte orafa barbaricina. Si èclassificato al primo posto il ri-storante “CK” con “maccaro-nes de bocciu” preparati consemola di grano duro, zaffera-no di Turri, asparagi selvatici

del territorio, pecorino di Olie-na; al 2° posto, ex aequo i ri-storanti: “Guttiddai”, “Camisa-du”, “Pighetti”, “Sa Corte”,“Masiloghi” e “Coop Enis”.Giudici gli Accademici MariaGabriella Guiso, Maria AusiliaFadda, Amedeo Bianchi eFrancesco Logias. (Alfredo Pe-ricciuoli)

MERANO

DALLA LAGUNA ALL’ADIGE

A chi si interessa di culturadella tavola il nome Ciprianicertamente ricorda molte cose.Verrà in mente subito Giusep-pe Cipriani, capostipite di que-sta famiglia di gastronomi, cheun giorno, dovendosi inventa-re un piatto per la contessaMocenigo che doveva mangia-re solo crudo, inventò il “car-paccio”: filetto di manzo a fet-te sottili e condito con una sal-sina a base di maionese e Wor-chestersauce. Nel suo famoso“Harry’s Bar” a Venezia sul Ca-nal Grande ha inventato ancheun cocktail che ha fatto il girodel mondo: il “Bellini”, ossiaun terzo di succo di pesca edue terzi di Prosecco. Poi l’ho-tel “Cipriani” alla Giudecca,fiore all’occhiello dell’ospita-lità italiana, e “Villa Cipriani”nelle dolci colline di Asolo. Ein quella piccola isola nella la-guna che si chiama Torcello la“Locanda Cipriani”, che haospitato una miriade di perso-naggi famosi. È stato veramente un colpo difortuna per la Delegazione diMerano riuscire a convincereBonifacio Brass, proprietariodella “Locanda”, e la sua briga-ta, capeggiata dallo chef Cri-stian Angiolin, a fare una pun-tata in montagna per presenta-re la loro cucina. Altra fortunaè stata trovare la disponibilitàdi Christian Pircher, proprieta-rio e chef del ristorante “Kirch-steiger” di Foiana sopra Lanad’Adige, ad accogliere i colle-

ghi e assisterli. Il menu ovvia-mente non poteva che rispec-chiare la classica cucina vene-ta. Un ottimo baccalà alla ve-neziana con fette di polentabianca, strepitose seppiolinein nero su una passata di fa-gioli, “tagliardi” di pasta con lecapesante e zucchine (chehanno richiesto il bis), e unsampietrino alla Carlina, cioèalla maniera di Carla, la madredi Bonifacio Brass. In conclu-sione una classica torta allameringa con le fragole. I vinidella Cantina Molon Traversohanno avuto ottimo successo.Servizio veloce e attento gui-dato dalla signora Lenka Pir-cher. Numerosi gli Accademicidella Delegazione, e moltiospiti, tra i quali i Delegati diMiami, Monaco di Baviera,Bressanone, il bailli déléguéd’Italie della Chaîne de rôtis-seurs e il bailli délégué di Gre-cia. Il Delegato Ferdinand Tes-sadri ha ringraziato i due risto-ratori e le loro brigate per l’ot-tima riuscita di questa splendi-da festa accademica, e in spe-cial modo l’Accademico RaoulRagazzi, ideatore di questobellissimo evento. (FerdinandTessadri)

VULTURE

LEZIONEDI PASTICCERIA

Gli Accademici si sono dati ap-puntamento presso il laborato-rio della pasticceria “Mancusi”,in località Possidente del co-mune di Avigliano, per una le-zione tenuta dai padroni di ca-sa Vito e Luciano su “Cioccola-to, questo sconosciuto”. Gra-zie all’ausilio di un video e allespiegazioni tecniche di Vito,laureando in architettura, eagli assaggi, abbiamo scopertola parte agronomica del culti-var equatoriale, i luoghi diproduzione, la tostatura, le di-versità nonché i relativi acco-stamenti dei vari tipi di cacaocon la pasticceria. Grandi

complimenti finali ai relatorima sopratutto al cioccolato,prodotto unico per piacere,per cambiare, per lasciarsi an-dare, per sorridere, per parla-re, per conoscersi e per inna-morarsi! Col dolce in bocca,poi tutti al vicino castello fede-riciano di Lagopesole, attentiascoltatori del gran galà lirico-sinfonico, tenuto dall’orchestrafilarmonica ucraina, terminatofra gli applausi con la più ita-liana della canzoni, “O solemio”, scritta e musicata però aOdessa.

VERBANO-CUSIO-OSSOLA

UNA VACANZA ROMAGNOLA

Ritenendomi, come Accademi-co, in servizio permanente ef-fettivo, e ben sapendo chel’Accademia, più che agli al-berghi, dedica i propri giudiziai ristoranti, desidero esporrecommento sull’hotel “Ermita-ge” di Bellaria, sulla riviera ro-magnola, diretto dal proprieta-rio Tito Savini, nel quale hotrascorso parecchie vacanze.Al di là delle considerazioni ri-guardanti le varie attrezzaturedell’albergo merita una parti-colare considerazione la cuci-na che si pone a livello decisa-mente superiore a quella dimoltissimi ristoranti. Dall’albaa serata inoltrata, all’onnipre-sente proprietario nulla sfug-ge. La sua presenza nella salaristorante sa offrire all’ospitetutte le attenzioni sia sul pianodel rapporto umano che dellacura che riesce a dedicare nel-la proposta dei piatti offerti,sempre attento ai gusti degliospiti. Chi si aspetta di vedergirare tra i tavoli i soliti maîtreimpettiti e avvolti in una ele-gante e classica divisa potreb-be anche rimanere deluso, mabasta pochissimo per rendersiconto che nessun collaborato-re potrebbe lontanamente da-re tutto ciò che Tito Savini è ingrado di offrire.

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

Prima di accomodarsi al tavoloregola vuole che si faccia ungiro attorno al buffet che dasolo potrebbe costituire un ot-timo e abbondante pranzo (sa-lumi e carni, pescato cucinatonei modi più diversi e curiosi,dai crostacei gratinati alla zup-pa di cozze ai fritti di minuzieittiche all’insalata di mare alleostriche ben presentate su let-to di ghiaccio, per continuarecon una infinita serie di verdu-re crude, bollite, gratinate ogrigliate), e non è finita quiperché al tavolo ti aspetta unmenu con scelta di almeno treprimi e tre secondi dei qualialmeno un’offerta è di pesce,che viene rigorosamente cottosu una griglia a carbone di le-gna. Per i più golosi non man-cano poi un buffet di ottimidolci e una gran quantità di ti-pi di frutta. Con queste pre-messe penso che pur uscendodagli schemi tradizionali del-l’Accademia, questa mia per-sonale testimonianza meritiuna particolare attenzione.(Raffaele Barbini)

VENEZIA-MESTRE

IL FESTIVALDEL BACCALÀ

La presenza a Venezia dellaConfraternita del baccalà man-tecato di cui è doge l’architettoGiovanni Caprioglio e i rap-porti di collaborazione con laConfraternita del “bacalà” allavicentina, presieduta dall’on.Luciano Righi, sono stati glielementi che hanno permessodi attivare il Festival del bac-calà, con l’immediata disponi-bilità delle Delegazioni vicenti-ne. Grazie alla consolidataesperienza acquisita con il“Piatto di Natale”, un’iniziativache la Delegazione ha avviatodal 1997 in collaborazione conil quotidiano “Il Gazzettino”,riconfermata la disponibilitàda parte dello stesso quotidia-no e de “Il Giornale di Vicen-za”, abbiamo potuto utilizzare

quanto sperimentato proprionelle edizioni del “Piatto diNatale” con le numerose ricet-te della vigilia, ancora così dif-fuse nelle nostre famiglie, ba-sate sull’utilizzo del baccalànelle due versioni: il baccalàsalato e lo stoccafisso, per noiveneti il “bacalà”. Per il “Piatto di Natale” già nelpassato avevamo acquisito ladisponibilità della ditta Taglia-pietra di Mestre, una dellemaggiori importatrici italianedi stoccafisso e di baccalà sala-to, e si è potuto così organiz-zare questo Festival con lamessa in palio del trofeo “Ta-gliapietra”, ogni anno assegna-to al ristorante che presenteràla ricetta giudicata migliore trale finaliste. Un viaggio per duepersone alle isole Lofoten, dacui proviene lo stoccafisso,verrà offerto dalla ditta Taglia-pietra e da Norge (il comitatoper la promozione dei prodottinorvegesi) al ristorante la cuiricetta sarà scelta come preferi-ta dai partecipanti al galà fina-le, che si terrà presso il risto-rante “Dall’Amelia”. Nelleprossime edizioni contiamo diallargare il festival a tutte leprovince del Veneto, in colla-borazione con le nostre Dele-gazioni e il Coordinamento re-gionale dell’Accademia e, inprospettiva, a livello naziona-le. (Ettore Bonalberti)

GENOVA

NELL’“ANTICA OSTERIA PACETTI”

La zona denominata Borgo In-crociati è collegata con un tun-nel che sfocia, in pieno centrodella città, nei pressi della sta-zione Brignole. È una zona diGenova che tende a riacquista-re nuovo vigore: le testimo-nianze di cose passate conferi-scono al Borgo una caratteristi-ca coinvolgente. L’attività di ri-storazione dell’“Antica OsteriaPacetti” risale a circa un secoloe, dopo parecchi anni di inter-

ruzione, la famiglia degli anti-chi gestori ne ha affidato laconduzione a Stefano di Bert,abile chef e sommelier, nato inFriuli e genovese di adozione,e al cuoco Giovanni Vinci. LaDelegazione ha reso rispettosoomaggio ai 90 anni della fon-datrice Ornella Pacetti che, perl’occasione, è gentilmente ve-nuta a salutare gli Accademi-ci. Da qualche mese Stefanodi Bert ha ridato vita a un vec-chio locale rimasto nel cuoredi tutti. La trattoria, che ancoroggi si caratterizza per la cuci-na da sempre praticata, devealla signora Pacetti il grandemerito di avere conseguito fa-ma e prestigio. Con tutte lenote specialità tradizionali:cappon magro, calamarata distrozzapreti, minestrone,“condiggiun”, “pansoti”, coni-glio alla campagnola, raviolidi magro, torta pievana, ap-prezzati e bene accompagnatida vini di produzione rigoro-samente ligure. A coronamento delle espres-sioni augurali e riconoscenti èstato tributato un affettuosoapplauso alla graziosa signoraOrnella, alla quale è stato de-dicato un breve cenno biogra-fico da parte dell’AccademicoValentino Bottari e del Dele-gato Carlo Ferraro. Tra gliospiti è da segnalare la parte-cipazione dell’AccademicoMario Sguerso, della Delega-zione di Genova Est, ospite diAndrea Gennaro, dellaprof.ssa Giovanna Balbi, ordi-nario nell’Università di Geno-va, con il consorte dott. Fran-co Petti, e del prof. Vito Pier-giovanni, ordinario presso l’A-teneo genovese e consortedella nostra Accademica Pao-la Massa.Verso la fine della cena convi-viale il momento culturaledella serata si è sostanziato inuna interessante relazionedell’Accademico Aldo Cicherosul tema “Dalla Colombia allaTunisia: evviva il Monferrato”.Con un’abile e circostanziatarassegna dei piatti tipici di

luoghi conosciuti in occasionidi amicizia, di viaggi e taloraanche di lavoro l’oratore haportato l’uditorio a condivide-re la convinzione per cui i cibipropri dei luoghi di rispettivaprovenienza costituisconol’approdo più sicuro. La serata si è conclusa con unintervento del Simposiarca,Giovanni Gramatica di Bella-gio, che nel sottolineare l’ap-prezzamento espresso dapressoché tutti i convenuti, haribadito un concetto da lui piùvolte espresso e sempre con-diviso dagli Accademici, ecioè che gli Accademici con-cordano nel preferire alla“nouvelle cuisine” i canonidella tradizionale buona tavo-la, ossia di quella cucina chefortunatamente continua a es-sere praticata in locali comel’“Antica Osteria Pacetti”.(Carlo Ferraro)

VALDINIEVOLE

IL TÈ IN TAVOLA

Prima conviviale dopo la pau-sa estiva per una delle consue-te cene-convegno che si ten-gono a cadenza bimestrale.Tema scelto dal Coordinatoreterritoriale Gianni Limberti cheha parlato delle “Origini del tè,le sue proprietà e diffusione”.Ospitati nella club house del“Golf La Pievaccia” di Mon-summano Terme, in una bellaserata d’estate i numerosi Ac-cademici e loro ospiti hannogustato un’ottima cena a basedi funghi, prevalentementeporcini, preparata e presentatacon cura dallo chef Nicola Do-ti e dai vigili Massimo e CatiaIncerpi, gestori del ristorante.Un successo particolare haavuto lo sformatino di porcinicon salsa di taleggio. Al levardelle mense, dopo un servizioveloce, ha preso la parolaGianni Limberti che innanzitutto ha raccontato come, percasualità, si è avvicinato al tè ecome ne sia diventato un

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profondo cultore. Interessanteè stata la storia sull’origine,quasi divina, e la diffusione inCina, fino ad arrivare agli inizidel Seicento quando gli olan-desi, con la loro Compagniadelle Indie, importavano inEuropa grosse quantità di pre-giatissime porcellane, imballa-te con le foglie secche del tè.Da buoni commercianti pensa-rono di utilizzare le fogliediffondendo anche da noi l’u-so di questa bevanda. Con ar-guzia, condita di spiritaccio to-scano, Limberti ha raccontatodei sotterfugi usati per diffon-derlo, vista l’enorme quantitàdi foglie secche che si ritrova-vano. Simpatico il raccontodelle proprietà medicamento-se di questa bevanda, che Lim-berti ha fatto preparare (ilGenmaicha con gli aperitivi el’Oolong con gli altri cibi) af-finché i convitati potesseroprovare l’abbinamento con icibi della nostra tradizione. Di-verse persone lo hanno gradi-to e apprezzato, bevendoneanche discrete quantità, men-tre altri non ne sono rimastientusiasti. Grandi complimentie apprezzamento per la rela-zione di Limberti, che ha por-tato anche dei pregevoli pezzidella sua collezione, hannochiuso una piacevole serata.(Roberto Doretti)

EUGANIABASSO PADOVANO

SOLSTIZIO D’ESTATEA CALAONE

La riunione conviviale del sol-stizio d’estate si è tenuta a Ca-laone, borgo fiorito sui ColliEuganei nei pressi di Este, ilcui nome sembra derivi da Eli-caone padre di Atheste il qualefondò Este, mentre Antenorefondò Padova, ambedue dopola distruzione di Troia. Riunitipresso il ristorante “I Tre Cami-ni” il Delegato Piero Fracanza-ni ha parlato della “Sagra deibisi”, che si svolge annualmen-

te in giugno a Calaone e in al-tri borghi vicini, riferendosi insintesi ai menu tipici a base dipiselli, degustati e illustrati nel-la tipicità della preparazione. Ilmenu della serata è consistitonell’antipasto “Tre Camini” conSerprino di Calaone seguito darisotto ai fiori di zucca, bigolicon sopressa, faraona con pe-verada e contorni misti, il tuttoabbinato con vini dei Colli Eu-ganei come il Barbera di Ca’Orologio e il Cabernet di Mon-te Cecilia. Ha avuto luogo an-che la presentazione di nuoviAccademici preceduta dallalettura dei loro “curricula” eseguita dalla consegna di di-stintivi e Statuto. La brigata dicucina e il gestore G. Chioda-relli hanno ricevuto, oltre aicomplimenti per la riuscita riu-nione conviviale, anche il ga-gliardetto e la pergamena cheriporta disegnato il monumen-to principale che caratterizzaognuno dei comuni compresinell’area della Delegazione.Una torta di mele e pere ac-compagnata da spumante Fiord’Arancio di Colli ha conclusola serata. (Alberto Busso)

COSENZA

UNA SERATAAD AMANTEA

L’Accademico Luigi Arone haorganizzato nello splendidocentro storico del suo paese diorigine, Amantea, sulla costatirrenica cosentina, una seratagastronomica in onore dellaDelegazione per valorizzareprodotti e tradizioni che affon-dano le radici nell’antichissimae ricchissima storia del luogo.Al fine di realizzare al meglio ilsuo intento, l’Accademico hacreduto opportuno coinvolge-re nell’iniziativa altri appassio-nati intenditori che hanno con-tribuito al magnifico buffet conle loro migliori ricette. Il pescee le verdure hanno costituitola base per la maggior partedei piatti, anche se non sono

mancate eccellenti pietanze dicarne. Quindi melanzane, pe-peroni, zucchine preparati neimodi più svariati hanno domi-nato la tavola unitamente a pe-sce azzurro, sarde e alici, pre-parate nel modo tipico del luo-go e cioè diliscate, imbottitecon un ripieno a base di molli-ca di pane, prezzemolo, cap-peri e quindi fritte o cucinatein umido. La serata, molto ani-mata, è stata allietata dall’esibi-zione della banda municipaledi Amantea e si è conclusa conla consegna al Delegato Fran-cesco Manichini, da parte degliorganizzatori, di una targa ri-cordo per l’Accademia. (Cetti-na Grandinetti)

BOLOGNADEI BENTIVOGLIO

UN RICETTARIOIN SETTE LINGUE

Le più importanti e tradizionaliricette della cucina petroniana,omologate con atto notarile edepositate dalle Delegazionibolognesi, sono raccolte in unvolumetto, edito dalla localeCamera di commercio con il ti-tolo: “La mercanzia. Storie ditortellini, tagliatelle e …”.Questa pubblicazione, nellevarie edizioni che si sono sus-seguite nel tempo, è stata co-stantemente aggiornata in oc-casione dei depositi, che par-tendo dal 1972 sono stati ben14 per un totale di 29 ricetteomologate con atto notarile edepositate a cura dell’Accade-mia. In occasione della recentemanifestazione fieristica sull’a-limentazione denominata “Sa-na”, oltre ad averne presentatola nuova edizione aggiornata,la Camera di commercio diBologna, per far maggiormen-te conoscere questa pubblica-zione, ne ha curato la tradu-zione in sette lingue - inglese,francese, tedesco, spagnolo,russo, cinese e giapponese -rendendola in questo modofruibile anche a livello interna-

zionale. I turisti che arriveran-no sotto le due torri, gli opera-tori economici e i visitatoristranieri delle manifestazionifieristiche bolognesi, scorren-do le pagine con le ricette e leloro brevi storie, entreranno inun mondo che riflette i nostrisapori e i nostri profumi, spec-chio straordinario dell’identitàche caratterizza Bologna e ilsuo territorio, trasmettendo co-sì, con l’Accademia sempre inprimo piano, i preziosi valoridella nostra storia a semprepiù ampie platee di buongu-stai internazionali. (Tito Trom-bacco)

MUGELLO

NELLA BANDITADI CACCIA

Una cena di mezza estate sul-l’Appennino in una magica se-ra sotto le stelle, ripercorrendoun lungo sentiero nella storia enelle tradizioni di una villa po-sta al centro della vastissimabandita di caccia voluta daiMedici nel XV secolo. Tra lefaggete e i pini, per secoli sisono sentiti tamburi e corni dicaccia e l’abbaiare rabbiosodelle mute dei cani. Cosimo I,Ferdinando I e Cosimo II por-tarono a caccia i signori d’Eu-ropa in quest’angolo selvaggiodel Mugello iniziando la storiadi questo luogo di caccia e ditornei. Dopo la caccia e le fu-ghe amorose dei Medici, sipassò ai Lorena che vi impian-tarono grandi allevamenti dibovini da latte e ne fecero unluogo di produzione di for-maggi. Con l’unità d’Italia, labandita fu venduta al senatoreTorrigiani che ampliò la villarendendola una piccola reggiadi campagna.Alla fine dell’Ottocento la ge-stione Torrigiani impiantò unallevamento di trote nei la-ghetti della tenuta e per la pri-ma volta si iniziò a commercia-lizzare l’acqua delle sue sor-genti. Nel 1860, con Firenze

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capitale, l’acqua veniva vendu-ta a damigiane e le famigliebenestanti già da allora pote-vano usufruire delle sue qua-lità benefiche. Nel Novecentola proprietà passò ai Contini-Bonacossi che iniziarono l’im-bottigliamento e la distribuzio-ne dell’acqua alle tavole e alletrattorie fiorentine. L’acquaPanna inizia così quella stradache l’ha portata a essere cono-sciuta in tutto il mondo.Con una cena in questo luogola Delegazione ha voluto ricor-dare i 500 anni di Panna la-sciando al cibo e all’atmosferala suggestione di questo luogoincantato. Dopo la visita allostabilimento e la presentazio-ne dell’attività da parte delladirezione e stato servito l’ape-ritivo accompagnato da filettidi trotelle e verdure freschefritte. L’antipasto consisteva inuna terrina di cacciagione (le-pre, fagiano e cinghiale). Perprimo sono state servite dellecrespelle con ragù di funghidell’Appennino. I secondi so-no stati: il cinghiale in dolce eforte con fagioli piattellini e lerinomate bistecche fiorentinedegli allevamenti mugellani.Per dolce una mousse di ricot-ta con frutti di bosco dell’Ap-pennino.

ZURIGO

TRA I “BACARI”DI VENEZIA

Un gruppo di 10 Accademici siè recato a Venezia a godere,per un intero week-end, lacittà e soprattutto i suoi specia-li luoghi storici di piacere cuci-nario, i “bacari”. Dietro consi-glio dell’Accademico SilvioConforti abbiamo fatto un girofra i più conosciuti e gastrono-micamente migliori, come “IDo’ Mori”, “Alla Vedova” e“L’Aciughetta”, dove ci ha ac-colto ogni volta un ambienterustico e cucina autentica, anti-ca e saporitissima a base dibaccalà mantecato, acciughi-

ne, crostini vari, il tutto accom-pagnato da un buon bicchieredi bianco, Tokaj, Pinot grigio oProsecco. Gustosa e divertenteè stata la visita al mercato delpesce a Rialto organizzata inmezzo alla piazza, con duebanchi semplici, una meravi-gliosa frittura di pesce mistocalda e croccante, con il vinobianco locale, fresco e frizzan-tino. Naturalmente non ci sia-mo fatti mancare altri momentidi piacere come la visita allostraordinario atelier di Nicolao,costumista storico, alle Fonda-menta della Misericordia, indi-menticabile esperienza, e allaPunta della Dogana. Inoltresiamo stati accolti con affabi-lità e gentilezza squisite nelbel palazzo della contessa Le-lia Passi, Accademica venezia-na, per un aperitivo, alla pre-senza della Delegata LauraGhittino Courir e di FrancescaBarozzi Vidal (anche lei Acca-demica), che aveva gentilmen-te provveduto a organizzarel’incontro.

ZURIGO

UN NUOVORISTORANTE ITALIANO

Il ristorante “Neue Forch”, nel-la frazione Forch, limitrofa allacittà, si trova in collina accantoai binari del tram-trenino rossoche porta fino a questi paesinidistaccati, ma sempre apparte-nenti alla città di Zurigo. Se-gnalato da un conoscente ciha piacevolmente sorpreso perl’ambiente curato e simpaticoe la sua cucina un po’ più ori-ginale di quella che di solitotroviamo sotto la definizionedi italiana. Il padrone RenatoZambelli e i suoi cuochi cihanno preparato un antipastodi tonno in crosta di papavero,poi strozzapreti allo zafferanoe salsicce, seguiti da petto difaraona alla mediterranea converdure di stagione. Un gelatoal liquore ha chiuso degna-mente una cena con ingre-

dienti ben dosati e ben cucina-ti nel rispetto della nostra cuci-na. Barolo della Vigna Elena2004, il vino bevuto. Questariunione conviviale è stata an-che l’occasione di festeggiaretre Accademici, per i 35 e per i25 anni trascorsi con l’Accade-mia, e cioè a Marco Gherzi,Luchesco Lucheschi e DanieleCorradini.

PORDENONE

TEMPO DI VENDEMMIA

“Ciasa de Gahja”, a Budoio,vecchia casa di caccia diventa-ta ora elegante ristorante e ho-tel, è stata la sede selezionataper il convivio dedicato allavendemmia. Roberta Situlin,Accademica della Delegazionedi Muggia-Capodistria, ricerca-trice e docente in nutrizionedell’Università di Trieste, giàconduttrice di una rubrica ra-diofonica per l’emittente Tele-capodistria su nutrizione, cul-tura, storia dell’alimentazione,ha tenuto la relazione cultura-le, argomentando su vendem-mia e proprietà nutrizionali (enon solo) dell’uva. L’importan-za dell’uva nell’alimentazionee i principi salutari del vino so-no stati brillantemente illustratidalla dottoressa. In un excur-sus storico, servendosi anchedi immagini tratte da opere ar-tistiche, Situlin ha ripercorsol’utilizzo e il consumo enologi-co dell’uva, nell’antichità im-piegata anche quale disinfet-tante, spesso a torto rifiutataper l’elevato contenuto di zuc-cheri e recentemente rivalutataassieme ai suoi derivati per inumerosi e preziosi elementiche contiene, quali i polifeno-li, antiossidanti e protettivi perla nostra salute.In apertura di serata il Delega-to Stefano Zanolin ha conse-gnato le insegne accademicheal comm. Pierfrancesco Galan-te, che ha militato nelle Dele-gazioni di Siena, Bolzano e Ve-nezia. I Simposiarchi, Ugo

Fonte e Giuseppe Cocilovo, sisono alternati nella descrizio-ne del raffinato menu e dei ri-spettivi vini di accompagna-mento, illustrandone e specifi-candone le caratteristiche e lemotivazioni nella scelta. La se-lezione delle pietanze ha rea-lizzato un connubio di prodot-ti della tradizione marinaraadriatica con altri specifici delterritorio, in un amalgama pia-cevole e omogeneo. La pre-senza dell’aceto, del mostocotto e dell’uva fragola ha co-stituito il collante del tema del-la serata. Gli Accademici han-no potuto gustare dei piatti cu-rati e presentati in manieragradevole con materie primedi ottima qualità. Distribuendoil volume “Tradizione e inno-vazione”, Zanolin ha affermatoche esso dovrebbe diventarelibro di testo non solo per gliAccademici, ma anche perquanti di gastronomia si inte-ressano. (Ugo Fonte)

MILANO

UNA SERATAIN FRANCIACORTA

In sintonia con la stagione del-la vendemmia, il primo pranzodel dopo vacanze della Dele-gazione, a cui si sono uniti iDelegati di Brescia, Parma-Bassa Parmense e Verbano-Cusio-Ossola, è avvenuto conuna trasferta in Franciacorta,dove gli Accademici sono statiaccolti da Gaetano Marzotto eda Maurizio Zanella, padronidi casa della tenuta di “Ca’ delBosco”, che lì producono l’ec-cellenza del Franciacorta. Do-po una passeggiata attraverso ifilari e sui prati perfettamentepettinati che circondano lacantina, gli Accademici sonoscesi nella Cupola, cuore del-l’azienda, dove, secondo latradizione delle grandi cave,hanno iniziato la serata con ca-lici di cuvée Prestige in ma-gnum e con una serie di assag-gi pensati come un completo

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tour della tradizione gastrono-mica locale. Una cucina “difrontiera”, a lungo consideratasenza un’identità propria per-ché fatta soprattutto di acquisi-zioni dalle zone vicine: Berga-mo, Cremona, la Valtellina,Mantova e, naturalmente, ilVeneto, che per oltre tre secoliha dominato il Bresciano. Unlimite? Non per chi ritiene cheun patchwork di influenzereinterpretate non sia meno in-teressante di una cultura ga-stronomica monotematica.D’altra parte il territorio stessoè variegato: la Franciacorta tut-ta boschi, pascoli e vigneti; illago d’Iseo, con l’isola mon-tuosa al centro, il Garda dellasponda bresciana. Il che signi-fica magnifici capi di bestiame,protagonisti fino a qualche an-no fa della Fiera del bue gras-so, orgoglio del paese di Rova-to; formaggi, il bagoss tra tutti;funghi, erbe; cacciagione e,connessi ai laghi, i pesci.Un capitolo a sé è costituitodai vini, le eccellenti bollicinee gli eleganti bianchi e rossi diFranciacorta, nati non da lungatradizione, ma dalla passionedi imprenditori e di industrialiche, applicando a un hobbypersonale una mentalità im-

prenditoriale, ne hanno fattoun business di successo. Sononovantasei gli aderenti al Con-sorzio, che quest’anno festeg-giano cinquant’anni di traguar-di raggiunti con un ricco volu-me, “La Franciacorta, un vino,una terra”, (Swan Group) inuscita a fine novembre, in cuisi racconta questa enclaveoperosa che ha fatto di un an-golo di Lombardia un invidia-bile giardino. Ma non si trattasolo di cucina e di vini. “Esisteun insieme di abitudini che,pur non essendo solo brescia-ne, da noi assumono un’im-portanza tale da conferire «bre-scianità» al loro attuarsi”, spie-ga Marino Marini, cultore delletradizioni del territorio, frescovincitore del premio “Banca-rella della cucina” con “La go-la”. Eccole. Innanzi tutto l’oste-ria, luogo di ritrovo per eccel-lenza, un tempo di baratto evendita per suggellare i con-tratti con una stretta di mano eun boccale di vino, oggi metaserale dei “calicisti”, gli abitantidel posto che chiudono lagiornata con un bicchiere emolte chiacchiere. Poi la cac-cia, grande passione territoria-le, che si concretizza nellospiedo bresciano, con gelose

varianti da zona a zona, ma icui capisaldi più nobili sonouccelletti, tordi, ma anche qua-glie e folaghe, inframmezzatida lombo di maiale e foglie disalvia. Poi, naturalmente, lapesca: il pesce carpione, cosìmitico da aver dato il nome al-la famosa marinatura sott’ace-to; la tinca, la cui preparazioneal forno fa addirittura la famadel paesino di Clusone; i lucci;i salmerini. Meno noto a chinon è del posto è il gusto deilocali per le erbe di ogni tipo:dalle insalate agli asparagi sel-vatici, dalla borragine al gelsoal luppolo, raccolte dai “ronca-ri”, i contadini che abitano lecolline intorno alla città, oggitornati in auge grazie alla mo-da della cucina a chilometrizero. Sottratto, per l’occasionedella riunione conviviale, aifornelli del suo ristorante, “LaDispensa”, ad Adro, ha cucina-to Vittorio Fusari, uno dei mi-gliori e più innovativi interpre-ti della cucina del territorioche gravita intorno al lago d’I-seo. Suo il merito di aver sapu-to rendere attuali ed emozio-nanti piatti emblematici, natidalle carni di manzo per cui lacampagna bresciana va famo-sa, e dalla finezza dei pesci di

lago, ma oggi spesso bistrattatida una cucina “del territorio”che, per la fortuna/sfortuna diessere questo molto battutodal turismo, risulta spesso gre-ve e approssimativa. Invece, ecco l’eccellente terri-na di tinca con salsa di lampo-ni; la polenta e sardine essic-cate; la battuta di fassona; igrissini artigianali con i salumilocali; il baccalà mantecato; glispiedini di porcini e vitello; lepraline di ricotta e foie gras.Troppo per un aperitivo? No,Fusari sa come si preparano ipalati a una cena. Con un per-corso simile a quello dellebottiglie, che dopo aver sog-giornato nel buio delle canti-ne fanno la loro comparsa atavola, in processione e a lu-me di candela gli invitati sonoemersi nella sala da pranzotutta vetri, aperta sul paesag-gio. Per cominciare, dueesempi del molto personalestile del cuoco. In successio-ne, insalata di cipolle con sar-dine di lago, granita di mentae basilico, poi filetto di core-gone, pomodoro fresco, salsadi olive. Non è facile trasfor-mare l’umile sardina in unboccone elegante, ma la dol-cezza della cipolla rossa e la

Si sono riunite al castello di San Pelagio di Due Car-rare di Padova le Consulte delle Delegazioni di Euga-nia-Basso Padovano e Venezia-Mestre, guidate daidue Delegati, Pietro Fracanzani ed Ettore Bonalberti,per avviare un ciclo di incontri interdelegazione de-dicati all’approfondimento delle tematiche inerentialla cultura dell’alimentazione e della civiltà della ta-vola. Sono stati evidenziati gli eccellenti rapporti in-staurati tra le due Delegazioni venete la cui attivitàcongiunta si concretizza, per l’anno in corso, nell’or-ganizzazione del Festival del baccalà tra nove risto-ratori delle province di Padova, Venezia e Vicenza;nell’edizione del “Piatto di Natale” 2010, l’ormai tra-dizionale manifestazione della Delegazione di Vene-zia-Mestre e de “Il Gazzettino” che quest’anno vedràil suo epilogo in terra padovana; nella cena degli au-

guri natalizi che vedrà riunite, insieme alle due Dele-gazioni, anche quelle di Rovigo-Chioggia e di Ferrara.Da queste prime positive esperienze di vita accademi-ca condivisa è stato deciso di procedere ad un incon-tro tra le due Delegazioni, che si suggellerà con unariunione conviviale di primavera. In quella occasione gli Accademici euganei risaliran-no in battello il canale Brenta trovando ad accoglier-li i colleghi veneziani al piastrello che segnava il con-fine tra l’antica signoria dei Carraresi e la RepubblicaSerenissima. La riunione conviviale a tema, che siterrà al ristorante “Burchiello” della famiglia Carraro,antesignana della grande tradizione della culturadella ristorazione a base di pesce della Riviera, con-cluderà la simpatica manifestazione dell’amicizia.(Ettore Bonalberti)

ATTIVITÀ CONGIUNTA TRA DUE DELEGAZIONI VENETE

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freschezza della granita ingocce ci sono riuscite; mentreil coregone ha guadagnatomolto dall’essere trattato comeun pesce di mare. Nei bicchie-ri un Curtefranca bianco 2007,fruttato ed equilibrato. Qui vadetto che la complicità trapiatti e vini è stata tale che sipoteva capovolgere l’ordinedegli addendi, cioè pensareche il menu fosse stato co-struito sui vini, anziché i vinipensati per accompagnare ilmenu. Primo piatto il risottod’estate, in realtà un risotto al-lo zafferano a strati servito inun bicchiere: sul fondo unozoccolo di gelato di parmigia-no, sopra il carnaroli all’ondavariegato di pistilli. È uno deipiatti di Fusari che vale ilviaggio per bontà, idea e mae-stria tecnica. Si mangia tuffan-do il cucchiaio in verticale eanche i commensali più con-servatori hanno trovato ecci-tante il contrasto caldo/freddonello stesso boccone. Perfettol’abbinamento con il bouquetricco e complesso dello Char-donnay 2007 della casa. Pienatradizione invece nel manzoall’olio, quello stracotto seto-so che si taglia con la forchet-ta, orgoglio della cucina bre-sciana, immerso in una salsavivacizzata da una punta d’ac-ciuga e accompagnato da unparallelepipedo di polenta euna quenelle di purea di pata-te profumata di erbe aromati-che. Qui il Maurizio Zanella2003, morbido ed elegante,secondo lo stile dei migliorirossi di Franciacorta. La chiu-sura è arrivata con una crèmebrûlée sovrastata da una lastradi miele allo zenzero, rilevatadalla nota acidula della spu-ma di limoni e suggellata dalbrut millesimato Franciacorta2005. Se è vero, come è vero,che il giudizio finale sullaclasse di un cuoco si basa sul-la sua maestria nello stabilirela successione armonica delleportate, Vittorio Fusari meritaqualche complimento. (Fiam-metta Fadda)

RIVIERA DEI FIORI

LE VELE D’EPOCA

In occasione del “Raduno del-le vele d’epoca”, tradizionalemanifestazione del settembreimperiese, il Delegato Giusep-pe Ghiglione ha ospitato unfolto gruppo di Accademiciche hanno degustato la cenaottimamente preparata dalpriore della Confraternita dellaSS. Trinità, l’Accademico Enri-co Ascheri. Il ricavato della se-rata è stato interamente devo-luto alla stessa Confraternita,quale contributo al restaurodella facciata del santuario. La serata si è conclusa con unospettacolo pirotecnico che hadegnamente coronato la sedi-cesima edizione del “Radunodelle vele d’epoca” a Imperia.

PALERMO

NELL’ANTICA FATTORIA

Gli Accademici di Palermohanno celebrato la ripresa del-le attività dopo la pausa estivacon un pranzo particolarmen-te gustoso e molto curato al ri-storante “Il Carrubo” del relais“Angimbè”, a pochi chilometrida Segesta e molto vicino allecantine delle vaste tenute diSirignano dei marchesi DeGregorio, che hanno offerto ivini della serata. Il relais “An-gimbè”, che prende il nomedalla località e dal vicino bo-sco omonimo, è stato recente-mente realizzato nell’anticafattoria Tasca, oggi di pro-prietà della famiglia Lupo diPalermo, restaurata e ingran-dita con alcune suite, saloni,cucine, terrazze, un grandebaglio circondato da portica-to, e una grande piscina all’a-perto. Le padrone di casa,Adriana la mamma e la figliaGiada, hanno ricevuto gliospiti con grande signorilità ri-scuotendo plausi e applausiper l’ottima riuscita della riu-

nione conviviale, che ha vistouna cinquantina di persone at-torno a un unico grande tavo-lo elegantemente imbandito.Simposiarca della serata è sta-to il Consultore Vito Rodolico,che ha illustrato il ricco menuallestito dalle “Cucine del sol-lazzo”. Nella sala “Ulivo” è sta-to servito un aperitivo conlemmi di olive al fiore, matu-rate all’olio di semi di finoc-chio, pane alla cipolla e zaffe-rano, sfoglia alle erbe e capri-no inacidito, brioche di granosaraceno alle “verdure matte”e fegatini di lepre selvatica,frittelle di ricotta alla menta.Vino: Insolita delle Tenute diSirignano. Nel baglio, a tavola:antipasti di salame di lepre alginepro, affumicato ai legnid’aromi, con pane ai fichi enoci; uova di quaglia in cami-cia alle spezie, con crema dituorlo all’olio nuovo e fogliedi origano fresco; formaggi dicapra girgentana, offerti daldott. Vasotti produttore nelletenute di Piana degli Albanesi,ospite della giornata.Il primo, accompagnato dalvino Syrah Parco Reale delletenute di Sirignano, consistevanel pasticcio di gnocchi di se-molino alla ricotta e salvia ingratin di agnello e carote; persecondo: maialino da latte(esposto intero e porzionato avista) in arrosto laccato alle er-be di campo e nappe di acetorosso vecchio, miele e chiodidi garofano; ciuffi di giri inolio ai grani di pepe nero;coppe di frolla con chicchi dimelagrana matura. Vino: Nerod’Avola delle Tenute di Siri-gnano. Per dessert: tortino dimandorle tostate e citronellecon salsa di gelsomino e gela-tina di alloro. La tavola di “An-gimbè” si basa sulla continuaricerca delle più antiche e fe-deli origini della variegata cul-tura gastronomica della terradi Sicilia interpretata in chiavemoderna, con i profumi e i sa-pori del Mediterraneo. E inproposito, il Delegato LucioMessina ha illustrato il nuovo

volume dell’Accademia “Tra-dizione e innovazione nellacucina italiana” di GiovanniBallarini e Paolo Petroni, di-stribuendone copia agli Acca-demici e ad alcuni ospiti inte-ressati alla nostra attività. Otti-mo consenso generale degliAccademici, consorti e ospiti,tra cui il Delegato di TrapaniIgnazio Aversa con la signoraMariella. (Lucio Messina)

RAGUSA

I PRODOTTIDEL MEDITERRANEO

Rappresentata dall’Accademi-co Giuseppe Pluchino Zisadella Delegazione di Ragusa(purtroppo di lì a poco rapitoall’affetto dei familiari e degliamici da una morte improvvi-sa), l’Accademia è stata l’ospited’onore a una manifestazione,impregnata di puro spirito ac-cademico, svoltasi presso l’isti-tuto alberghiero “Principi Gri-maldi” di Modica. L’iniziativaera volta a promuovere la co-noscenza e l’impiego dei pro-dotti agroalimentari del bacinodel Mediterraneo e a stimolarenuove elaborazioni gastrono-miche all’insegna dell’identitàalimentare del territorio. Noveallievi-competitori, di cui quat-tro di origine rispettivamentetunisina, albanese, egiziana eromena, hanno dimostrato diavere già maturato una certacreatività nonostante la giova-ne età, senso di eleganza nellapresentazione dei piatti, capa-cità nella manipolazione e cot-tura degli alimenti nonché otti-me capacità descrittive deipiatti da ciascuno preparati. Dopo le premiazioni, un bravoristoratore del luogo, docentenell’istituto, ha preparato e of-ferto nei locali della scuola ilpranzo ai tanti intervenuti, fra iquali il prefetto di Ragusa,Francesca Cannizzo, gli asses-sori allo Sport e alla Pubblicaistruzione di Ragusa e Modica.Al bravo chef-docente la scuo-

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la ha donato una coppa conse-gnatagli dall’Accademico Plu-chino Zisa, che non ha manca-to di illustrare finalità e dimen-sioni dell’istituzione culturalefondata da Orio Vergani.(Francesco Milazzo)

FERRARA

UN LOCALE RUSTICO MA ELEGANTE

Per la riunione conviviale disettembre, la Delegazione hascelto il ristorante “Le Occare”a Runco (Ferrara), una casarustica in piena campagna,circondata da un bosco diquerce, pioppi e tigli. La pro-prietaria, Maria Cristina Mare-si, ci fa accomodare nel salot-to arredato con gusto campa-gnolo franco-inglese e ci parladegli alberi del bosco che, mi-corizzati a dovere, produconotartufi (bianchetto e tuberoestivo o scorzone), e dei suoicani addestrati a scovarli. Nel-le mattinate umide, dopo unagenerosa pioggia, approfittainoltre per fare incetta di fun-ghi (piopparelli, boleti pine-roli e gambe-secche). Ma lasua vera passione è il cavialedel Po che sta tentando di ri-creare, sembra con un certosuccesso. Ci fa poi accomoda-re in una piccola sala da pran-zo, arredata con gusto, col ca-minetto tipico delle nostrecampagne e la tavola elegan-temente apparecchiata. Lepreparazioni del locale, chemolto dipendono dalla stagio-ne più che dagli arrivi delmercato, vanno dal pasticciodi maccheroni alla ferrarese avari piatti di pesce o dell’aia,ai quali si abbinano scaglie ditartufo estivo.Per la riunione conviviale ab-biamo scelto un menu dellanostra tradizione al quale ab-biamo abbinato vini bianchifriulani e rossi delle collineromagnole, essendo la nostraterra del tutto avara di vignemeritevoli di essere vinificate.

La cantina è comunque benfornita anche perché, in sta-gione, deve accompagnare laselvaggina locale e di passo(germani, alzavole oltre a le-pri e fagiani). I prodotti sonotutti genuini e forniti da agri-coltori vicini, molti dei quali“convertiti” al biologico. L’u-nica pecca, se vogliamo tro-varne una, sta nel servizio chela signora Maria Cristina tentadi curare sempre in primapersona, pur non possedendoancora il dono dell’ubiquità,in quanto è sempre lei a prov-vedere anche alla cucina. Inconclusione, un locale dovetorneremo senz’altro, nellasperanza che il successo nonporti la “sdora” ad aumentarei prezzi (come abbiamo vistotanti altri fare). La Delegazio-ne di Ferrara, comunque, “ve-glierà”. (Victor C. Dana)

TREVISO

DUE EVENTI PER IL CENTENARIO DI BENETTON

L’idea, nata in marzo, di realiz-zare un evento in occasionedel centenario dalla nascita diToni Benetton, scultore e Ac-cademico dai tempi di Maz-zotti, ha visto impegnata laDelegazione su fronti diversi:enogastronomico e scientifico.Affinché l’evento potesse con-cretizzarsi in periodo estivoper poter godere del parcoanimato da 87 sculture monu-mentali, oltre che della grandebarchessa nella quale sonostate allestite le riunioni convi-viali di giugno e di luglio, si èlavorato alacremente. Grande l’afflusso di pubblico,di artisti, di personalità dellacultura cittadina e veneziana,con il presidente della Provin-cia signor Muraro, oltre allapartecipazione accademica.Effetti speciali intorno allesculture: improvviso espan-dersi di nuvole colorate men-tre i convenuti, sorpresi, assa-

poravano frittelle di sambuco,fiori di zucca e foglie di salvia.Discorsi e ricordi, oltre a quel-li stampati nella brochure di-stribuita a tutti, hanno apertoe accompagnato la cena. Te-stimonianza di vivo ricordo edi affetto anche nella sceltadei menu, diversi nei due ap-puntamenti, ricchi e vari masemplici e tradizionali come aToni Benetton piaceva tanto.Accompagnati, nella partescientifica delle due rassegne,rispettivamente dallo storicodell’arte professor EugenioManzato già direttore dei Civi-ci musei trevigiani e dalla dot-toressa, giornalista e poetessaIsabella Panfido. Ospitalità egenerosità della signora AdaBenetton e del figlio Giovanniche hanno destinato in sorteg-gio, agli ospiti di ciascun in-contro, una scultura del Mae-stro, come nei giochi di finecena delle feste di famiglia diun tempo. Gli eventi sono sta-ti ripresi e commentati da Te-levenezia in uno speciale. Unmomento intenso pensato evoluto con affetto dalla Dele-gazione di Treviso. (AnnibaleToffolo)

FAENZA

LA TAGLIATELLADI ROMAGNA

La riunione conviviale di set-tembre della Delegazione si ètenuta presso la “Trattoria Ma-nueli”, un locale che proponela cucina tradizionale del terri-torio, posto nella zona pede-collinare. Lo scalco della sera-ta, l’Accademico Lorenzo Toz-zi, membro della Confraternitadella tagliatella, ha guidato inumerosi ospiti nella degusta-zione di tagliatelle propostecon condimenti diversi. Haquindi ricordato che il termine“tagliatella” deriva dal verbo“tagliare”, visto che la pasta, insfoglia sottile, va tagliata dopoaverla arrotolata, sottolinean-do poi che l’espressione ro-

magnola “tirare la sfoglia” risa-le all’usanza contadina di pre-parare una sfoglia molto altache veniva proprio “tirata” dadue persone per renderla sot-tile. Le tagliatelle della tradi-zione romagnola, a differenzadi quelle bolognesi che, unavolta cotte, devono essere lar-ghe 8 mm (così come codifi-cato dalla Delegazione di Bo-logna nel 1972 in una ricettadepositata), sono leggermentepiù larghe tanto da essere unavia di mezzo tra la tagliatella ela pappardella. Un ottimo an-tipasto a base di piadina,gnocco fritto e una selezionedi salumi e formaggi locali, hapreceduto le tre portate di ta-gliatelle. Tra queste, le più ap-prezzate sono risultate quellecondite con i fughi porcini.Troppo saporite, invece, quel-le al coniglio e buone quellecon il classico ragù alla bolo-gnese. Molto validi i vini, tuttidell’Azienda faentina LeoneConti, in particolare il Trebbia-no di Romagna (che contieneil 15% di Riesling italico) e ilpassito “Emozioni Lato R”, ot-tenuto dal vitigno autoctono“Centesimino” che ben si spo-sava agli zuccherini e alla zup-pa inglese proposti come des-sert. Al termine della serata, ilDelegato, dopo aver ringrazia-to il relatore, si è complimen-tato con il ristoratore e ha elo-giato il personale di sala, at-tento e professionale. (Riccar-do Vicentini)

VENEZIA

A CENA CONMESSER MARCO

Certo che festeggiare un com-pleanno con 756 candeline èdavvero un fatto emozionan-te. La straordinaria opportu-nità, celebrata nella riunioneconviviale della Delegazione,ci è venuta da messer MarcoPolo, nato nella SerenissimaVenezia, nel Sestiere di Can-naregio, il 15 settembre 1254.

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

Le sue incredibili imprese at-traverso l’Asia con arrivo nel-l’Impero di Kubilay Khan aKambalik, l’attuale Pechino,ancora oggi destano meravi-glia e ammirazione. È statouno dei più grandi esplorato-ri. La passione per i viaggi èstata alimentata dal desideriodi avventura, ma soprattuttodal bisogno di espandere loscambio del commercio. Giàil padre Nicolò e lo zio Matteoerano stati in quelle terre lon-tane e avevano anche ricevu-to l’incarico dell’imperatore diportare una missiva a papaGregorio X, per intercedereaffinché la religione cristianapotesse essere divulgata conpiù impegno. Il secondo viag-gio, che ha inizio nel 1271,vede unirsi anche il giovaneMarco di diciassette anni, fi-glio di Nicolò. Il viaggio du-rerà fino al 1295. Dopo un pe-riodo di tranquillità in fami-glia con la moglie e tre figlienella sua Venezia, Marco par-tecipa alla guerra contro laRepubblica genovese, al largodell’isola di Curzola, doveverrà fatto prigioniero e por-tato in carcere a Genova. Quisi troverà in cella con Rusti-chello da Pisa, al quale det-terà la sua avventurosa espe-rienza di tanti anni in EstremoOriente. La prima versione diquesto racconto sarà pubbli-cata in francese con il titolo di“Le devisament du monde”,poi trascritto in latino da unmonaco, solo in seguito in ita-liano, sarà “Il Milione”. Le de-scrizioni che si leggono nel li-bro sembrano tutte irreali pernoi. La capacità di adattamen-to e la fiducia accordatagli daKubilay Khan, faranno sì chela presenza di Marco Polo acorte diventi indispensabile,con incarichi di grande presti-gio. Non è facile raccontareventiquattro anni di vita pas-sati in terre sconosciute e tan-to diverse dalla maniera di vi-vere a cui si era abituati. Ledescrizioni dello sfarzo, fra ar-redi, costumi, parate, il gran

numero di persone e animalipresenti alle manifestazioniufficiali. Basti pensare che apalazzo reale si potevano ser-vire mille invitati con duemilacuochi e seimila persone inservizio, diecimila elefanti ric-camente bardati sfilavano nelgiorno del compleanno, conaltrettanti cammelli, diecimilacani addestrati alla caccia daventimila uomini, falchi e fal-conieri in numero smisurato,ogni falco contrassegnato dauna piastrina d’argento. Palaz-zi interamente rivestiti d’oro eavorio, chili di perle e pietrepreziose, specialmente rubinie zaffiri. Poi la miseria più cru-da del popolo, un pugno di ri-so e un po’ di pane fatto conuna farina ricavata dall’internodel tronco di un particolare al-bero. Zone dedite al canniba-lismo, riti sacrificali a centinaiadi idoli. La moneta di scambioè curiosamente fatta da mate-riali vari a seconda degli stati,ma sempre sotto il potere delGran Khan; tali materiali van-no dalla corteccia dell’alberodi gelso ai pani di sale, là do-ve esistono le saline, su cui èsempre impresso il sigillo d’ar-gento. Anche le conchiglie dimare vanno bene.Ma torniamo alla nostra sera-ta, che è stata particolarmentepiacevole e originale. Abbia-mo parlato di candeline, nonavevamo abbastanza tempoper accenderle tutte. Natural-mente il luogo prescelto è sta-to “Al Milion” a due passi dal-la casa dei Polo. Questo loca-le ha saputo conservare il tim-bro (mi verrebbe da dire il si-gillo) delle osterie veneziane,piene di storia e di tradizioni.Il proprietario Roberto Bocusè anche l’abile chef che intel-ligentemente ha saputo creareun insieme di piatti che aves-sero un richiamo alla cucinacinese. Tutto questo si evi-denziava nell’indovinato car-toncino-menu con disegnataall’esterno la mappa del per-corso che la spedizione seguìda Venezia a Cipango. Aperiti-

vo con vino di riso “Hua DiaoSheuyuan”; cappuccio cinesecon uova alla mongola, unaparticolare cottura con spezie;tonno “al Milion”, specialitàdel locale; “rivoli affluenti”,una definizione che ha fattofantasticare i commensali;bracioline di agnello con risobollito alle quattro salse: al se-samo, alla cannella, allo zen-zero e alla senape. Tutte mol-to saporite. Chi ci è riuscito,ha usato le bacchettine pre-senti sulla tavola. Gelato almandarino e arancia. I vinifriulani, Malvasia Castelvec-chio e Refosco dal Peduncolorosso San Severo. Un docu-mento eccezionale letto dallaDelegata Laura Ghittino Cou-rir, il testamento di Marco Po-lo, in cui sono elencate le sueultime volontà. Aveva unamoglie e tre figlie, dai nomiassai graziosi, Fantina, Bellel-la e Moreta, a cui lascia granparte dei suoi averi, non di-menticando chiese, conventiche vanno dalla Laguna all’A-dige, una vastità enorme, con-fraternite, anche il suo servi-tore tartaro, che lo ha seguitoa Venezia, e tante altre perso-ne a lui vicine. Finale a sorpresa. Una telefo-nata per la Delegata: messerMarco, che ringrazia la Dele-gazione Serenissima per avervoluto festeggiare il suo com-pleanno con alcuni piatti chericordassero il suo lungoviaggio, in un luogo così vici-no alla sua casa natale. Haanche detto che era al corren-te di come si brinda oggi aVenezia e voleva offrirci“un’ombra” e biscottini cheaccompagnano sempre i finepranzo. Divertentissimo.(Laura Ghittino Courir)

TREVISO-ALTA MARCA

NELLE VALLI DA PESCA

La fortunata circostanza diavere tra gli Accademici diTreviso-Alta Marca il proprie-

tario di due valli da pesca (iltermine deriva da “vallum”,che significa palizzata, argine)della laguna nord veneziana,ha permesso alla Delegazionedi godere di una giornata par-ticolare in un’area ricca di flo-ra e fauna con un ecosistemache sopravvive da migliaia dianni. Tra le acque basse e gliargini che disegnano le vallida pesca, si nascondono pic-coli borghi antichi come LioPiccolo e le Mesole. Noi sia-mo arrivati là con un piccolopullman per semplificare i no-stri spostamenti ed evitare unsovraffollamento di auto. Lì siincrociano molti turisti in biciche percorrono le stradine su-gli argini, in mezzo alle bare-ne della laguna.In questa parte della laguna, equindi nelle valli da pesca, èpossibile ammirare numerosespecie di uccelli, che seguonoil richiamo delle migrazioni:fraticelli, germani reali, fola-ghe, ma specialmente i tram-polieri: dal cavaliere d’Italia,che qui è di casa, a garzette,aironi rossi, cinerini, rosa e, sesi è fortunati, specie ancorapiù rare. Un paesaggio checambia a seconda dellestagioni dove i veri padronisono gli animali. L’acqua dellevalli, rigorosamente salmastra,viene regolata dalle chiuse se-guendo le maree in modo daconsentire ai pesci allevati diossigenarsi sempre con l’ac-qua del mare che entra dallebocche di porto della laguna. L’itticoltura delle valli da pe-sca inizia il suo ciclo in prima-vera con l’immissione del no-vellame (avannotti di variespecie) che entra nella acquebasse della laguna ripopolan-dola. Questo novellame rap-presenta una buona fonte diguadagno per i pescatori spe-cializzati che poi lo vendonoper consentire l’attività itticanelle valli. Il novellame, com-posto di cefali, orate, branzinie anguille, si mantiene in spe-ciali bacini da cui, alcune set-timane più tardi, viene sposta-

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

to negli specchi lacustri dovepuò nutrirsi liberamente se-condo la catena alimentarenaturale. All’inizio della sta-gione autunnale, i pesci pre-senti in laguna seguono l’im-pulso migratorio verso il maredove depongono le uova nelcorso dell’inverno. Il fenome-no avviene anche nelle vallida pesca, dove è conosciutocon il nome di “fraima”. Traottobre e dicembre, i pescitentano di raggiungere lachiusa principale da cui vieneimmessa acqua marina fresca,proprio per indurli ad avvici-narsi. Qui, in vasche rettango-lari chiamate “lavorieri”, ven-gono catturati e selezionati.Quelli che raggiungono lagrandezza minima per la ven-dita vengono inviati al merca-to di Venezia. Le pezzaturepiù grandi vanno nelle cellefrigorifere e poi ai grandi mer-cati dell’Italia settentrionale.Quelli più piccoli si lascianonelle peschiere di sverno pertutta la stagione invernale. Ilciclo di crescita di un’orata oun branzino è di circa tre an-ni. Gli Accademici hanno po-tuto così conoscere questaparticolare e interessanterealtà dove l’allevamento itti-co mantiene esattamente lecondizioni naturali marine,con molte specie di pesci chehanno le stesse qualità orga-nolettiche di quelli dell’Adria-tico. È una realtà ambientaleche, nelle lingue di terra sal-vate dall’acqua, mostra rigo-gliosi orti che producono lefamose “castraure” (carciofi dicolore violetto piccoli e tene-ri) tanto ricercate dai buongu-stai quando è stagione. E tut-to ciò che cresce qui, come lafrutta e gli ortaggi, compresetante specie di erbe aromati-che, ha una ricchezza di sa-pori introvabile in altri posti.Molti dei pesci che si alleva-no in queste valli sono statigustati nell’unico ristorantedel posto, il “Notturno”, insie-me anche a ortaggi come ipomodori che, conditi solo di

erbe aromatiche e un po’ diolio extra vergine di oliva, ri-cordano nel sapore intensoquelli di una volta. Il locale è ormai storico, si-tuato nel cuore delle valli, econ la famiglia Ballarin saproporre al meglio questi sa-pori, tanto semplici quantoraffinati e rari. Ed è stato pro-prio a tavola che, grazie al-l’impegno dell’AccademicoVitaliano Rossi, proprietario eSimposiarca per la circostan-za, abbiamo potuto deliziarciin un crescendo di sapori e dipiatti preparati con le erbearomatiche, di cui questa ter-ra è prodiga. Piatti semplicicome le seppie lesse conditecon uovo ed erbe varie, leschie di laguna, le cappelun-ghe, le telline, i “sfogi” (so-glioline) e le passere fritte, le“moleche” (i granchi presi almomento della muta del cara-pace) così rare e così buonese sono fatte bene, la “bisata”(anguilla) in tegame e per fi-nire il pesce ai ferri come l’o-rata, il branzino, il cefalo e la“bosega” (muggine). Durante la riunione convivia-le, oltre alle puntuali presen-tazioni dei pesci a tavola daparte del Simposiarca, c’è sta-to l’intervento dell’Accademi-co Ranieri Da Mosto, giornali-sta e gastronomo veneziano,che ha illustrato la storia dellalaguna veneziana. C’è stata poi, in un casone dipesca e caccia, l’operazionedi cernita del pesce di valleappena pescato e destinato almercato di Venezia. La visitasi è conclusa con una devia-zione al borgo delle Mesoledel 1.300, dove sorge un edi-ficio denominato “il conven-to”, uno dei più antichi dellazona, ora abitato da privati. A poca distanza una chiesetta(sempre dello stesso perio-do), con una pala del Cinque-cento raffigurante Santa Mariadel Carmelo, è sempre apertaper il visitatore che si trovi apassare da quelle parti. (Naz-zareno Acquistucci)

PINEROLO

MISTERIOSE MISTICANZE

Quale sia l’origine del termine“misticanza” è difficile dire conprecisione. È comunque moltoprobabile che con questa pa-rola venga indicata un’insalatao un insieme di verdure crude,finemente tagliate e condite.Ma “Misticanze” è anche il tito-lo del libro scritto da Gian Lui-gi Beccaria (Garzanti): misti-canza, parola del gusto, lin-guaggio del cibo. Il cibo e il gusto, infatti, nonrappresentano soltanto unacomponente delle nostre abi-tudini e della nostra alimenta-zione, ma una vera e propriacomponente culturale. Il cibo,e più in generale quella cheoggi viene definita l’enogastro-nomia, è stato al centro dell’at-tenzione di molti movimenticulturali. Basti pensare al Futu-rismo e all’aeropranzo di Mari-netti o al piato tattile di Filliada abbinare a un velluto o aun pezzo di carta vetrata perprovare sensazioni prelabialiin abbinamento a quelle pro-curate sul palato dalle vivande.Tra i gaudenti celebri, trattidalla storia del nostro paese,c’è poi Rossini, il quale confes-sò di aver pianto tre volte invita sua: quando gli fischiaro-no la sua prima opera, quandosentì suonare Paganini e quan-do gli cadde in acqua un tac-chino farcito con tartufi. Nonmeno interessato al tema dellagastronomia, passando dallamusica alla pittura, era il Cara-vaggio: note e apprezzate lesue tele raffiguranti cibi e be-vande. Ma le vivande sono di-ventate immortali anche conJoyce, Flaubert, AlessandroManzoni.“Parlare o scrivere del gusto èun riassaporare, è memoria diun sapore”, scrive il prof. GianLuigi Beccaria, che ha presen-tato il suo libro nel corso dellariunione conviviale dedicataalla cultura della tavola dallaDelegazione di Pinerolo, nel

magnifico casale del 1600 dellatenuta “La Cascinetta” di Buria-sco. Presenti Giorgio Zò, ilCoordinatore territoriale Pie-monte Ovest Paolo Bertani, ilDelegato di Alessandria LuigiBussolino e il Vice-Delegato diTorino Guido Grimaldi. Al ter-mine della cena, iniziata - enon poteva essere diversamen-te - con una misticanza di insa-latina di girasoli novelli, il rela-tore ha sottolineato come “pri-ma di iniziare questo libro nonimmaginavo che così tanti au-tori si fossero occupati di cibo.È stata anche per me una verascoperta leggere pagine bellis-sime dedicate a pietanze e mi-nestre”. Il prof. Beccaria ha poi ricorda-to come il francese fosse nelSettecento la lingua colta dellaborghesia e dell’aristocrazia,veicolo delle raffinatezze dellabuona tavola: “Il nome france-se rendeva addirittura più ap-petibile un cibo che prima nonlo era, mentre al momento laparola italiana più nota fuorid’Italia era ed è certamente«pizza»”. Un nome trascina consé una cultura, un prestigio,condiziona chi lo legge, agiscesu chi lo ascolta; ha una granforza seduttiva più che infor-mativa. Una parte della relazio-ne è poi stata inevitabilmentededicata alla convivialità, alloscambio comunicativo tracommensali: il lasciar scorrerele ore conversando contribui-sce non poco a darci quell’alle-gria che, “unita a una certa mo-desta dimestichezza - scrivevaMontesquieu - viene chiamataciviltà”. Durante la serata il Delegato diPinerolo, dopo aver presenta-to la nuova guida “Le buonetavole della tradizione”, haconsegnato il distintivo per itrentacinque anni di attività ac-cademica a Giorgio Long, Gio-vanni Turati e Remo UbertiBona, sottolineando che tutti etre hanno superato i trentacin-que anni di presenza nella De-legazione di Pinerolo. (AlbertoNegro)

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

Dear Academicians, Oneafternoon last summer I was at

the home of a friend, and while wewere chatting amiably he asked meif I would like something to drink.Given the time of day, perhaps acold or hot tea. Immediatelyrejecting the offer of a cold tea in adisposable plastic bottle, I accepteda hot tea.When I think of tea I recall themany types I learned to enjoy yearsago in the Orient in what was notonly a ceremony but also a symbolof friendship, with its own specificand lengthy rituals. Even thoughevery type of tea must be brewed ina given quantity at a specifictemperature, for a certain amountof time, there are general rules thatmust be followed to produce a“real” tea, that is the only oneworthy of the name. The watermust be brought to a boil and thenallowed to cool for 30 to 60seconds to achieve a temperaturebetween 60 and 80 degreescentigrade (140-175 F), preferablycloser to 60. Boiling water actually“cooks” the leaves and destroystheir aromas and some essentialcomponents, resulting in a bittertaste. The hot water should bepoured into a cup that is tall andnarrow and has a lid with a small

opening to release the steam. Aboutone full teaspoon of tea leaves(about 2 - 2.5 grams or about a halfan ounce) should be used for a 200ml cup (6 oz). The hot water shouldbe poured in along the inside wallof the cup so that it does not hit theleaves directly and damage them.The duration of the infusion variesaccording to the type of tea used:on average not more than two orthree minutes for green tea and alittle longer for other types,because brewing too long results inbitter tea. Before drinking, the leaves can beremoved with a filter, but this is notnecessary when using a tall narrowcup because the leaves remain atthe bottom. The fact that my friend appeared injust a few short minutes with a traycontaining two steaming cups of agreenish-brown liquid along withthe inevitable pitcher of milk,lemon slices, and sugar bowlprecluded the creation of aproperly prepared tea. “I usedgreen tea”, he said, “It’s healthy andvery much in fashion right now”.Obviously I declined the milk,lemon and sugar he proffered, andresigned myself to sipping on aliquid that had nothing to do with“real” green tea. For the sake of

politeness I complimented him onhow quickly he prepared the tea.“It’s not because of anything I did,”he replied, “but thanks to themachine and the cartridges”. Thusends the art of the tea ceremonyand another tradition of thecivilized table bites the dust, Ithought. Now we’re simply left witheating for survival and culinarybarbarism. Barbarians were oncedefined as those who spoke adifferent language from our ownand didn’t understand the meaningsof our words. Today’s barbariansare those who drink a liquidunfairly called tea, with which theyare neither acquainted nor aboutwhich they know anything. And wetoo are barbarians when weunconsciously participate in asystem that denigrates our culinaryculture. Using “instant” machinesmakes us complicit in this system.Once we feared that society wouldbecome governed by Big Brother,as Orwell envisioned. Today wehave become slaves of a societydominated by a “Big Sister” whohas taken over our food under thepretext of making it safer, quicker,and easier. The instant machinesand convenience foods that areincreasingly prevalent deny us eventhe most basic “nutritionalthought”: when we purchase apackage of premixed, prewashedready-to-use salad we give othersthe right to choose how muchrucola we would like, or the ratioof radicchio to endive. This salad isno longer our own, selectedaccording to the guidelines of ourmothers taught, but rather chosenfor us by the invisible butomnipresent “Big Sister”. Becauseof our apathy, she is helping tocreate a global taste sanctioned bythe new dictatorship of nutritionalpreference.This is the fate of the Civilization ofthe Good Table. We are left withsubsistence nutrition and culinarybarbarism.

GIOVANNI BALLARINI

D E A R A C C A D E M I A M E M B E R S . . .see page 3

CULINARY BARBARISM

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EDITORIAL

FATAL ATTRACTIONsee page 4

Almost all television programming hasspace devoted to oeno-gastronomy,and it often contains both blatant andsubliminal commercial messages.Recently primetime sitcoms that arepart crime story and part cookingshow have been gaining inpopularity. These shows may proveto have a fatal attraction.

AN INTENSE CULTURAL ACTIVITYsee page 5

Numerous participants attended themeeting of the Franco MarenghiStudy Center in Milan in October,including the directors of theRegional and Territorial StudyCenters. After the welcomingremarks and introduction of thespeakers, Accademia PresidentBallarini outlined the “new course” ofthe Academy, and Paolo Petroni,President of the Study Center,focused on the cultural value of thisbody.

THE MUSHROOMS OF THE GARGANO

see page 6

Foggia Delegate Renzo Scarabelloproposes a trip to visit the forests ofthe Gargano area to study the variousspecies of mushroom that grow there.The Foggia mushroom par excellenceis the cardarello or carboncello.

GASTRONOME OR GLUTTEN?see page 8

Rome-Appia Delegate Publio Violaposes the question: Can theAcademy’s convivial meetingscontribute to increases in obesity? Thepleasure of eating good food does notnecessarily lead to weight gain, and

the Academy, with rare exceptions,respects the rules of moderation.Gastronomy should correlate with ahealthy body weight.

THE LADY WITH THE LONG SCARFsee page 10

Avellino Delegate Mario De Simonedescribes a discussion of wine thattook place during a dinner with acharming lady wearing a long whitescarf. Sulfur Dioxide is essential for obtaining a good winewithout the usual defects associatedwith home fermentation.

THE PARMESAN DILEMMAsee page 11

Eugenio Medagliani revisits thequestion of the origin of the name“eggplant parmigiana”. This dish istypical of Sicily, not Parma, and itappears to get its name from thewindow shutters (parmisciana in theAgrigento dialect) made of strips ofwood that resemble the dish’s layersof sliced eggplant.

THE BREAD OF SAINTSsee page 13

Bread was part of history long beforeit was a food. It is a primordialsymbol of survival as well as well as apropitiatory element of many Molisanreligious festivals. Bread is a preciouscommodity and represents the linkbetween family, home, andcommunity. CampobassoAcademician and member of theFranco Marenghi Study Center EnzoNocera reviews some Molisan breadsand their preparation.

GOOD MEAT AND BAD MEATsee page15

In traditional butcher shops one usedto see a sign boasting “first quality

meat”. Aldo Focacci explains how inthe past animals were primarily usedfor milk production and for farmlabor. Those older animals whichwere slaughtered after fulfilling thisneed were considered “secondquality meat” and because of theirlower cost were consumed by theless affluent.

THE PRECIOUS GOLDENVERDICCHIO

see page 16

The Italian Academy of Cuisine’soldest and most longstanding award,the “Golden Verdicchio” has justturned 45. Just as in the past, thisyear’s awards ceremony waspreceded by a conference. Among the speakers were tenacademicians and President Ballarini. The theme was Wine in thePostmodern Era and the recipients of the prize were Mario Fregoni, June di Schino and Marco Zanasi.

FOOD ADVERTISINGsee page 19

On the occasion of the Venice Effect2010 event sponsored by themunicipality of Leghorn, the localDelegation organized a show devotedto Food and Drink 1900-1950: fiftyyears of advertising in Il Telegrafoand Il Tirreno newspapers.

TYPICALITY AND TRADITIONsee page 20

Parma hosted an internationalmeeting on Typicality in History:Tradition, Innovation and Territoryorganized by the Food Lab of theDepartment of Economics incollaboration with the Academy’sDelegation. A number of speakersfrom Italy and other countriesdiscussed various aspects of thesubject.

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

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I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

MANNA, A DIVINE GIFTsee page 22

Physicians of Greco-Roman and Arabtimes called manna “dew honey” or“secretion of the stars”. Anna was the subject of a symposiumorganized by the Trapani Delegationand held in the Main Hall of TrapaniUniversity.

THE SECRET COOK OF THE POPES

see page 24

The work Bartolomeo Scappi, TheSecret Cook of the Popes, printed forthe first time in Venice in 1570 byMichele Tramezzino is consideredone of the key texts of gastronomicbibliography owing to its many andvaried influences upon the modernEuropean food industry. TheAcademy’s library owns a valuablecopy of the book, printed in 1596 inVenice by the printing house ofAlessandro Vecchio.

TRADITION AND GLOBALIZATIONsee page 26

Traditions play a large role in stronglyqualifying, in a context of time andspace, a certain community byconcurring in its identification.Donato Pasquariello, Academician of Rome-Appia, analyzes the role of tradition in the globalenvironment.

THE EIGHTEEN HUNDREDS IN CILENTOsee page 28

It is quite hard to find a 19th Centurytravel book that deals with the Italy’sSouth other than Naples and Palermo.Those who spent time in Cilento canbe counted on the fingers of onehand. Francesco Ricciardi of theRoma Delegation, describes theextraordinary voyage to Cilento of

Arthur John Strutt, an English writerand painter who traveled widelyin Europe.

JULIAN FUTURISMsee page 30

Among the fields of interest to theFuturists and Filippo TommasoMarinetti one can includegastronomy, “for the total renewal of the Italian food system, to make it more suitable to the new heroicdynamic efforts imposed by race”.The Gorizia Delegation has tried to reconstruct what the Futurists ate in a convivial meeting.

THE FISH OF LAKE ISEOsee page 32

Even though each lake is home to itsown variety of fish, occasionally eventhose people whose homes overlooka lake want to order saltwater fish intheir local restaurants. The BergamoDelegation is hosting its convivialdinners dedicated to “lake fish” at themost characteristic restaurants alongthe shores of Lake Iseo.

NEAPOLITAN WATERSELLERS see page 33

By virtue of a 1731 law, itinerantNeapolitan watersellers were entitledto draw sulfured water gratis from aspring in Chiatamonte at the foot ofMount Echia. They could then sell itto the public, shouting “who wants todrink some sulfur water?” This waterwas said to have thaumaturgicpowers and prevent many illnesses; itwas also an excellent thirst-quencher.

TO EACH HIS OWN…WINEsee page 34

Knowing how to recommend a goodwine with specific characteristics,pairing it with food and

understanding its aromas, flavors andcomplexities is the sign of anoenological professional. SommelierBruno Piccioni analyzes the subjectand provides some suggestions forappropriate pairings.

EEL FROM VICENZAsee page 36

Exceptionally large eel can be foundin the waters of Vicenza’s minorRetrone river. These eels also have amuch higher fat content than the eelsof other Italian rivers. VicenzaAcademician Fernando Rigondescribes the special method used tocatch these eels.

POTATO GNOCCHIsee page 37

The term gnocco has an ancientorigin and probably derives from theLombard word knohhil, whichreferred to a knot in a piece wood. AsGiovanni Ballarini explains, the wordgnocco first appeared during thesecond millennium and spreadthroughout the Veneto region and thePo valley.

BREATHABLE TASTEsee page 39

For some time now Western societieshave witnessed a campaign topromote a healthy and balanced dietto help combat the growing trendtoward obesity. Torino AcademicianElisabetta Cocito reports on a boldand provocative innovation:“inhalable” chocolate patented byDavid Edwards, professor ofbioengineering at Harvard University.

AUNT ALMERINDA’S RECIPESsee page 40

Gargano Academician GiuseppeTrincucci describes the fortuitous

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C IV ILTÀ DELLA TAVOLA 2010 • N . 221 • PAG INA 80

discovery of a collection of his aunt’snotes bundled together in the drawerof a bread bin in the old kitchen of thehouse where his four aunts lived. It constitutes a precious collection of recipes handwritten by the cook of the house, his AuntAlmerinda.

THE WINES OF THE MAREMMAsee page 42

Viticulture in and around Grossetotoday is on the cutting edge: for more

than a decade these wines - producedin a region that was once devotedonly to pasture - have sparkled ininternational wine classifications.Technology has been the primaryagent of this change that has led toenormous progress through improvedagronomic techniques.

TranslatorsNICOLA LEA FURLAN

DONALD J. CLARKSummarized

FEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

NOVEMBRE 2010 / N. 221

DIRETTOREGIOVANNI BALLARINI

DIRETTORE RESPONSABILEGIANNI FRANCESCHI

VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICOFRANCESCO RICCIARDI

SEGRETERIA DI REDAZIONETILDE MATTIELLO

COORDINAMENTO REDAZIONALESILVIA DE LORENZO

IMPAGINAZIONEMARIA TERESA PASQUALI

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DIAnonimo del Settecento, Marco Gavio Apicio, IgnazioAversa, Ulderico Bernardi, Ettore Bonalberti, Claudio Borroni, Mauro Brecciaroli, Giancarlo Burri, EnricoCasagrande, Francesco Chapusot, Giorgio Ciacci,

Elisabetta Cocito, Piero Cornaglia, Silvia De Lorenzo,Mario De Simone, Cristoforo di Messisbugo, AldoFocacci, Lorena Gallina, Gabriele Gasparro, Sergio

Gristina, Gioacchino Giovanni Iapichino, Don FeliceLibera, Eugenio Medagliani, Enzo Nocera, DonatoPasquariello, Alfredo Pelle, Bruno Piccioni, Lucio

Piombi, Massimo Pisani, Francesco Ricciardi,Maurizio Quatrini, Fernando Rigon, Anna LauraRussian Culot, Domenico Saraceno, GiuseppeSarcina, Renzo Scarabello, Giuseppe Trincucci

Publio Viola, Giuseppe Zeppa.

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NEWS see page 48

Special and unusual news about eventsin the food world such as fairs, shows,competitions, prizes, conventions etc.“News” is a section detailing specialhappenings connected with the world ofgood eating and drinking andsummarises interesting articles from thegastronomic press.

LIFE IN THE ACCADEMIAsee page 51

This section covers the Accademia’sactivities in Italy and abroad and lists all restaurant visits by Accademiamembers and their reports. The latterincludes the different courses served,dishes chosen, wines etc. together with

any special features of the restaurantincluding address, prices, opening days,parking facilities and so on.

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This section updates the Accademia’s greybooklet by providing information aboutnew Accademia members and any changes to the Italian and foreign Delegations.

NEWS FROM THE DELEGATIONSsee page 67

This heading covers the activities other than restaurant outings of the AccademiaDelegations in Italy and abroad such as meetings, conferences, conventions relating to the world of gastronomy.