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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVA Archivio Generale di Ateneo ABSTRACT della 3ª Conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane Padova, Aula Magna “G. Galilei” 5 e 6 aprile 2001

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PADOVAArchivio Generale di Ateneo

ABSTRACTdella 3ª Conferenza organizzativa

degli archivi delle università italiane

Padova, Aula Magna “G. Galilei”5 e 6 aprile 2001

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Sommario

SALUTO DEL MAGNIFICO RETTORE - GIOVANNI MARCHESINI........................................... 7

SALUTO DEL DIRETTORE GENERALE PER GLI ARCHIVI - SALVATORE ITALIA................... 10

1ª SessioneL’innovazione amministrativa passa dagli archivi

GIUSEPPINO MOLINARII progetti archivistici dell’Università degli Studi di Padova ................................................ 13

CHIARA RICCI ZINGONELavorare insieme tra atenei: il manuale di gestione del protocollo informatico .................. 20

DONATELLA MAZZETTO — REMIGIO PEGORAROAd Personam: un progetto per la riorganizzazione del fascicolo del personale .................... 23

ANTONINO DI GUARDOAd personam: aspetti di organizzazione del lavoro............................................................... 29

MONICA MARTIGNONVeneziarchivi 2: il progetto continua................................................................................... 31

TERESA BUCCARELLIPubblicità e diritto di accesso ai documenti:il regolamento per l’Albo Ufficiale di Ateneo ...................................................................... 34

INES FABBRODal protocollo all’organizzazione del lavoro ........................................................................ 36

GIUSEPPE NERIL’esperienza bolognese sulla firma digitale .......................................................................... 38

FABIO VENUDAThesis 99: un accordo strategico tra Atenei ......................................................................... 40

CATERINA REAGestire e archiviare i documenti degli organi collegiali: Il progetto Titulus Organi............ 41

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4 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

2ª SessioneStudium 2000

DONATO TAMBLÈLa valorizzazione degli archivi dalla teoria alla prassi: il caso degli archivi universitari ..... 43

FERRUCCIO FERRUZZIIl codice di deontologia per i trattamenti di dati personali a scopi storici effettuati daarchivisti e utenti ................................................................................................................. 50

MARIA GRAZIA PASTURAIl progetto Studium 2000: un primo (economico e archivistico) bilancio ............................ 53

GIANNI PENZO DORIAIl 1° Rapporto sugli archivi storici delle università italiane ................................................. 60

3ª SessioneUna fotografia da mettere a fuoco:

il 1° Rapporto sugli archivi storici universitari

SALVATORE CONSOLIGli archivi delle università siciliane..................................................................................... 62

ANGELA MUSCEDRAGli archivi universitari pugliesi............................................................................................ 64

MICHELA SESSATra razionalizzazione e valorizzazione: l’esperienza di Studium 2000 in Campania ........... 66

MICAELA PROCACCIAIl caso della “Sapienza” di Roma .......................................................................................... 68

GIOVANNA GIUBBINIIl progetto Studium 2000 e gli archivi storici delle università dell’Umbria:esperienze e prospettive........................................................................................................ 71

FELICE LUIGI PREVITIGli archivi universitari toscani............................................................................................. 73

LEONARDO GRANATAL’Archivio storico del Seminario maggiore di Padova.Analisi della documentazione conservata dall’Istituzione.................................................... 75

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 5

4ª SessioneDocumenti, protocolli e archivi informatici: lo stato dell’arte

CIRO MADDALONILe applicazioni pratiche di XML.......................................................................................... 80

GIANSALVATORE MECCAA Glimpse at XMLSchema (and Other Related Standards) with the Database Researcher’sEyes...................................................................................................................................... 89

STEFANO PIGLIAPOCODal protocollo alla gestione dei flussi documentali ............................................................ 110

DARIO ROCCAVINIIl manuale di gestione del protocollo informatico .............................................................. 113

5ª SessioneDocumenti, protocolli e archivi informatici:una panoramica nazionale e internazionale

ANTONIO MASSARILa strategia AIPA sul protocollo informatico:situazione attuale e scenari futuri ...................................................................................... 116

MARIA GUERCIOLa ricerca sulla conservazione dei documenti informaticie il quadro normativo nazionale......................................................................................... 120

JOAQUIM LLANSÓ SANJUANUn Proyecto internacional entre la Università degli Studi di PadovaY la Universidad Pública de Navarra: Eurotitulus ............................................................ 122

LUCIANA DURANTIThe Long-Term Preservation of Authentic Electronic Records.......................................... 130

DOCUMENTI

SECONDA VERSIONE DELLA BOZZA DI CODICE DEONTOLOGICO E DI BUONA CONDOTTAPER IL TRATTAMENTO DI DATI PERSONALI A FINI STORICI .............................................. 133

REGOLAMENTO PER LA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI ALL’ALBO UFFICIALE DIATENEO............................................................................................................................. 141FRANCESCO MIGLIORINO, Il progetto e la memoria: archivi e archivistinell’Università di Catania (estr. «Bollettino di Ateneo» - Univ. di Catania)..................... 144

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SALUTO DEL MAGNIFICO RETTORE

GIOVANNI MARCHESINI

Questo terzo appuntamento archivistico delle università italiane viene acollocarsi in un momento che non è esagerato definire “di svolta” nel pa-norama normativo sulla produzione documentale nelle pubbliche ammini-strazioni. È di un solo mese fa (7 marzo 2001), difatti, l’entrata in vigoredel “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia didocumentazione amministrativa”, emanato con decreto del Presidentedella Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Il testo, com’è noto, raccogliein sé non solo la previgente normativa in materia di documentazione am-ministrativa, ma anche il più recente regolamento sul protocollo informati-co, meglio conosciuto come DPR 428/98.

Di fronte a questo passo in avanti della legislazione in materia di docu-mentazione amministrativa, di protocollo e di archivio, che mira a rappor-tare la pubblica amministrazione, nel suo complesso, nei confronti dei cit-tadini in modo diretto e semplificato, grazie anche all’apporto che la mo-derna tecnologia informatica e telematica offre per comunicare informa-zioni, istanze e quant’altro in modo immediato, certo, giuridicamente vali-do; di fronte a questo passo in avanti, dicevo, come non volgersi indietro —con soddisfazione — alla “svolta informativo-documentale” che questoAteneo si è data fin dal 1995-1996, anni di elaborazione e di approvazionedel Progetto archivi.

È per noi un motivo di soddisfazione constatare che le intuizioni alloraavute si stanno ora concretizzando in norme, emanate dal Governo su de-lega del Parlamento, che si sposano perfettamente con quanto finora fattodalla nostra Università e da tutti quegli Atenei, e non sono pochi [48], chehanno aderito ai nostri progetti archivistici.

Gestione razionale del flusso documentale, organizzazione dei docu-menti amministrativi mediante la classificazione archivistica fin dalla regi-strazione a protocollo, registro informatizzato con piena efficacia giuridi-co-probatoria, semplificazione delle procedure e dei procedimenti ammi-nistrativi, firma digitale, sono tutte parole che non potranno più suonare

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come sinonimi di progetti ambiziosi e velleitari, bensì saranno “pane quo-tidiano” per tutte le pubbliche amministrazioni che, non dimentichiamolo,traggono la loro origine dalla necessità dello Stato e delle Università dierogare servizi efficaci, efficienti e trasparenti rivolti ai cittadini e agli stu-denti. Anzi, l’applicazione di tali norme nel vissuto quotidiano delle pub-bliche amministrazioni non può che rappresentare un ulteriore passo inavanti verso una più compiuta democrazia.

Non è solo questo il motivo della nostra soddisfazione. È con vero pia-cere che constatiamo che il numero dei partecipanti a questa 3a conferenzaorganizzativa degli archivi delle università italiane è di gran lunga superiorealle migliori aspettative degli organizzatori [312 iscritti ufficiali + ospiti].Vi ringraziamo sentitamente per questa calorosa partecipazione! Crediamosia questo un chiaro segnale — che viene dal mondo universitario, da moltiEnti pubblici, da archivisti libero-professionisti, ma anchedall’Amministrazione archivistica centrale e periferica — di confrontarsiconcretamente e fattivamente su scelte progettuali che ipotecano il futurodei nostri archivi. È un segnale di continuità progettuale del servizio archi-vistico di questa Università, ma crediamo sia anche il risultato della conti-nuità degli sforzi di moltissimi tra voi che da anni operano, o si accingonoora ad operare, con spirito di servizio, in modo scientifico, nei confronti diun contesto finora poco valorizzato quale quello degli archivi in formazio-ne, o di archivi storici destinati all’oblio.

Mi riferisco in modo particolare alla fondamentale e strategica collabo-razione con la Direzione Generale degli Archivi, partner e promotrice deiprogetti archivistici messi in cantiere grazie alla preziosa disponibilitàscientifica del prof. Salvatore Italia e della dott.ssa Maria Grazia Pastura.

Si può dire che la parola d’ordine di questa 3ª Conferenza sia“innovazione”. La nostra fucina archivistica — così a suo tempo avemmomodo di chiamare l’Archivio Generale di Ateneo — oggi confluito nel Ser-vizio innovazione e gestione documentale e diretto, primo caso nell’Italiauniversitaria, da un Archivista-Dirigente, proprio in applicazione strategi-ca della normativa e come cambiamento culturale nei confronti degli ar-chivi.

Questa volontà di innovazione guarda al domani senza perdere di miral’oggi. Firma digitale, informatizzazione delle tesi di laurea, delle delibera-zioni degli Organi universitari, del fascicolo di persona, della descrizionearchivistica sono realtà da fondare oggi su regole chiare e certe. Si badibene: non sono più regole di carattere locale, come potevano essere i no-

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stri due regolamenti archivistici del 1997, ma ormai sono norme di portatanazionale, o addirittura regole di ampiezza internazionale, quali quelledella descrizione archivistica (mi riferisco, naturalmente, alle norme ISAD(G) [International standard archival description] e alle ISAAR-CPF [Inter-national standard Autority Record].

Siamo dunque qui per parlare di progetti (e delle regole che stanno allabase di essi), di innovazione della funzione amministrativa e di una piùspinta informatizzazione della gestione documentale, ma precisiamo chenon lo facciamo soltanto per ottemperare alle norme che ci siamo dati eche in seguito ci sono state date, bensì come frutto della sincera e vivacepassione del servizio archivistico di Ateneo, nella persona del suo dirigen-te, dei suoi collaboratori, e di quanti in questa Università cooperano con illoro slancio quotidiano a sostegno delle sopra richiamate iniziative.

Il mio personale ringraziamento va, dunque, al nostro staff archivistico,e al Direttore amministrativo, che si è perfettamente integrato nella tradi-zione archivistica padovana, connotandola anzi di nuovi impulsi e di nuo-ve intuizioni organizzative.

Un grazie sincero anche a Voi, rappresentanti delle istituzioni e illustristudiosi, che ci onorate della Vostra presenza, segno della Vostra stima,che è per noi motivo di incoraggiamento a proseguire su questa strada.

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SALUTO DEL DIRETTORE GENERALE PER GLI ARCHIVI

SALVATORE ITALIA

Siamo ormai giunti al terzo appuntamento padovano dedicato ai pro-blemi degli archivi delle Università Italiane, che, ancora una volta, vede ar-chivisti ed universitari incontrarsi per discutere di un problema comune edimportante: il raggiungimento di una piena efficienza amministrativa e latutela della memoria storica, attraverso la buona gestione dei documentidel presente e del passato, individuando correttamente nella prima esigen-za la premessa indispensabile per conseguire la seconda.

Mi preme, innanzi tutto, ringraziare il magnifico rettore, prof. Marche-sini, e tutto l’Ateneo di Padova, che si sono assunti gran parte degli oneriorganizzativi, tenendo ancora una volta fede agli impegni presi; un dovero-so e sentito ringraziamento va anche all’Associazione nazionale archivisticaitaliana e alla Soprintendenza archivistica per il Veneto, che continuano acollaborare attivamente al raggiungimento degli obiettivi che, dal 1998, cisiamo posti.

La mia presenza e le mie parole vogliono essere anche una confermadel pieno appoggio dell’Amministrazione archivistica all’impegno con cuimolti atenei, sostenuti dalle nostre Soprintendenze archivistiche, stanno af-frontando il problema archivi, cercando di dare a esso soluzioni organichee scientificamente corrette.

Nel proficuo lavoro comune che, ormai da qualche anno,l’amministrazione archivistica e un gruppo, sempre più numeroso, di ate-nei stanno portando avanti, possiamo scorgere la conferma della politicache il mondo degli archivi è andato conducendo negli ultimi anni, affer-mando il proprio ruolo all’interno dei processi che continuano a ridisegna-re la fisionomia delle istituzioni pubbliche.

I processi di trasformazione in corso coinvolgono infatti direttamente ibeni archivistici. Sono arrivati a compimento i due provvedimenti di cui si

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parlava negli incontri precedenti: il Testo Unico delle disposizioni legisla-tive in materia di beni culturali e ambientali e il decreto di attuazione delDecreto legislativo n. 368/1998, che ha dettato le linee perl’organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali. Il TestoUnico ha garantito, fra l’altro, una maggiore possibilità di intervento, an-che finanziario, dello Stato per la tutela e la valorizzazione degli archivistorici di soggetti pubblici e privati mediante progetti di riordinamento einventariazione concordati con i titolari delle carte.

Oggi, anche il quadro normativo appare coerente alla dimensione disviluppo che il settore degli archivi attraversa. L’esperienza che stiamo vi-vendo nel mondo universitario ne è una conferma. Siamo qui per fare ilpunto della situazione dopo un periodo che ha visto una pluralità di inizia-tive, che hanno al centro sempre le Università: mi riferisco, a “Titulus 97”,“Thesis 99” e, soprattutto, “Studium 2000” che ha conosciuto una impor-tante fase di lavoro nell’ultimo anno.

Non mi soffermo su “Titulus 97”, a tutti voi ben noto, il cui obiettivorimane quello di proporre alle Università italiane regole comuni per la ge-stione degli archivi correnti, naturalmente nel pieno rispettodell’autonomia di cui godono i singoli Atenei.

Come mi è accaduto di sostenere anche in occasioni precedenti, attra-verso la costruzione di un sistema archivistico degli archivi correnti uni-versitari, liberamente accettato e condiviso da tutti gli aderenti, i compitiche costituiscono l’essenza della autonomia delle strutture universitarie,cioè la didattica e la ricerca, non potranno che essere meglio esercitati,specialmente se potranno contare sul supporto di una corretta organizza-zione documentale. Non posso che rinnovare le mie congratulazioni piùvive all’Università di Padova e alle Soprintendenze archivistiche, che ormaida anni sono impegnate in una costante opera di sensibilizzazione verso gliAtenei italiani, con risultati molto apprezzabili.

All’interno di questa impegnativa opera si è collocato anche il progetto“Thesis 99” promosso dall’Università di Padova, in collaborazione con leUniversità di Pisa e di Catania, allo scopo di dare vita a un sistema norma-lizzato per la gestione, conservazione e tutela delle tesi di laurea e di dotto-rato, affrontando sia gli aspetti giuridici (proprietà intellettuale, ecc.) chequelli gestionali (come la conservazione delle tesi su supporto non tradi-zionale).

Al centro, tuttavia, dello sforzo della nostra amministrazione è stato,negli ultimi tempi, il progetto “Studium 2000”, promosso e avviato nel

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1999 dall’Ufficio centrale per i beni archivistici e dall’Università di Padovaper la tutela e la valorizzazione della documentazione storica delle Univer-sità italiane. Esso ha come suo obiettivo prioritario il recupero e la valoriz-zazione dell’archivio prodotto dall’ente, il cosiddetto “archivio proprio”,ma si propone di non tralasciare i numerosi fondi (di imprese, famiglie epersone, ecc.) che molti Atenei hanno acquisito.

Si tratta di un progetto che, come Amministrazione, abbiamo forte-mente voluto e per il quale ci siamo fattivamente impegnati, anche consensibili interventi finanziari. Abbiamo ottenuto un importante riconosci-mento del lavoro fino ad oggi svolto, attraverso un nuovo finanziamentoper il progetto nel piano approvato dalla Presidenza del Consiglio dei Mi-nistri sui fondi derivanti dall’“otto per mille” dell’IRPEF a gestione statale.

Tra gli obiettivi che ci si proponeva di realizzare nella 2ª Conferenza,c’era la predisposizione di uno strumento generale di orientamento sui pa-trimoni archivistici degli Atenei italiani, di una guida, redatta grazie alle in-formazioni contenute in opere già edite e con i dati risultanti dai lavori dicensimento e inventariazione in corso per “Studium 2000”. È motivo disoddisfazione che, a poco più di un anno da quei buoni propositi, i primirisultati del censimento, ancora in forma provvisoria, vengano presentatiqui.

Come ricorderete, la prima fase del progetto ha coinvolto le Universitàdi Padova, Perugia, Napoli, Bari e Catania, con risultati positivi sotto moltipunti di vista, che sono stati illustrati nel corso della 2ª Conferenza orga-nizzativa degli archivi delle Università italiane, svoltasi a Padova nei giorni11 e 12 novembre 1999

È ora in corso la prosecuzione dei lavori di censimento e ordinamentopresso tre università italiane (Padova, Perugia e Napoli-Federico II) ed èin fase di realizzazione il censimento e riordinamento degli archivi di altresei Atenei (Firenze, Pisa, Perugia-Università per Stranieri, Milano-Bocconie Milano-Cattolica, Roma). Avrete modo di conoscere i primi dati di que-sti censimenti attraverso il pre-print del “Primo rapporto sugli archivi sto-rici delle Università italiane”.

Non mi resta che concludere con l’augurio di buon lavoro, certo che daquesta “3ª Conferenza organizzativa” emergeranno nuovi stimoli e indica-zioni quanto mai utili per rendere più incisiva l’opera di salvaguardia di unpatrimonio documentario, come quello degli archivi universitari, di estre-ma importanza per la storia, antica e recente, del nostro Paese.

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GIUSEPPINO MOLINARI

I progetti archivisticidell’Università degli Studi di Padova

Dal 1995 l’Università degli Studi di Padova è impegnata sul fronte dellariorganizzazione del proprio patrimonio archivistico.

Il percorso scientifico ha avuto ampi riflessi sull’organizzazione del la-voro, considerando l’archivio un unicum, prendendo cioè le mosse dallarazionalizzazione del protocollo (la cosiddetta registratura) e dell’archiviocorrente, mirando alla corretta tenuta e tutela dei documenti dall’archiviodi deposito all’archivio storico.

Il primo passo fu dunque la redazione di un sistema informativo docu-mentario contenente norme precise per la “trattazione” dei documenti dalprotocollo all’archivio storico. Quel sistema informativo, affiancato da untitolario di classificazione predisposto dopo quasi un anno di lavoro, portòalla stesura di due regolamenti attraverso i quali vennero scandite le età deidocumenti: gestione (archivio corrente), tenuta (archivio di deposito) e tu-tela (archivio storico). Analizzate le diverse funzioni dell’Amministrazionecentrale e delle varie strutture didattiche, di ricerca e di servizio previstedallo statuto (presidenze di facoltà, dipartimenti, istituti, etc.), vennero in-fatti approvati due regolamenti e due titolari di classificazione degli attid’archivio, simili ma ben distinti.

Sono così stati emanati i due Regolamenti per la gestione, tenuta e tuteladei documenti amministrativi dal protocollo all’archivio storico, che per laloro forte implicazione con i dettami della legge 241/90 vennero addirittu-ra pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale n. 301 del 29 dicembre 1997.

Quest’ultimo evento suscitò grande clamore nella comunità scientificadegli archivisti, visto che a quasi un secolo di distanza tornava a comparire

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sulla Gazzetta un titolario di classificazione. Quel regolamento, infine, damolti considerato un piccolo manuale di archivistica, conteneva in nuce ilcuore della razionalizzazione dei documenti attraverso la razionalizzazionedel protocollo.

Forte della propria riorganizzazione dei servizi archivistici, il nostroAteneo ha promosso, presentandoli durante la 1ª Conferenza organizzati-vadel 1998, tre primi progetti:� Titulus 97, per la creazione di un sistema archivistico universitario na-

zionale;� Thesis 99, per la gestione, tenuta e tutela delle tesi di laurea;� Studium 2000, di concerto e con il finanziamento dell’Ufficio centrale

per i beni archivistici (oggi Direzione Generale degli Archivi), per latutela e la valorizzazione dell’archivio storico.

Alla fine del 1999, durante la 2ª Conferenza organizzativa sono stati in-vece presentati il progetto software di Titulus 97 e avviati i progetti In iti-nere sulla normalizzazione delle procedure documentali dei procedimentiamministrativi e Universitas rerum, sulla redazione dei documenti previstiper la certificazione di qualità del servizio archivistico sulla base dellenorme della serie ISO 9000.

Quanto esposto finora si riferisce al periodo precedente alla mia presadi servizio qui a Padova, avvenuta agli inizi del 2000.

Devo ammettere che anche per me, come credo per molti altri colleghi,affrontare il problema del servizio archivistico (quindi protocollo, archiviocorrente, archivio di deposito e archivio storico) si è rivelata una scopertaorganizzativa di non poco conto.

Pensare al protocollo come semplice “numeratore” degli atti e non co-me snodo strategico dei flussi documentali, oppure attribuire all’archiviodi deposito una funzione rilevante come servizio indispensabile perl’Ateneo è stato come riprogettare e innovare un intero servizio. Oggi in-fatti, l’Archivio Generale di Ateneo è confluito nel Servizio innovazione esistemi documentali, e l’Università degli Studi di Padova è stata tra i primienti in Italia, primo sicuramente tra gli Atenei, ad attribuire una funzionedirigenziale al direttore dell’Archivio.

Su queste premesse sono nati gli altri progetti archivistici, che tra pocoesamineremo.

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Titulus Organi

Primo fra gli altri Titulus Organi, cioè il progetto che ha come obiettivolo studio del sistema informativo documentale dei provvedimenti degli or-gani: dalle delibere del Senato accademico o del Consiglio di amministra-zione ai decreti rettorali o del direttore amministrativo. L’innovazione stanell’aver concepito il flusso documentale collegato al fascicolo archivisticoe nell’aggancio gestionale con il protocollo informatico.

Una delle scelte strategiche, risultata finora efficace ed efficiente, è statail considerare la delibera e il decreto non documenti avulsi dalla catenadocumentale, ma integrantesi perfettamente con essa. In altre parole, puressendo ciascuna tipologia di provvedimento degli organi dotata di unaregistrazione propria a repertorio, si è stabilito di far convogliare inun’unica banca dati collegata al protocollo informatico anche tali docu-menti.

Ora, pertanto, la delibera non è più avulsa dal contesto del fascicolo,cioè dal contesto dei documenti prodotti durante un procedimento ammi-nistrativo o un affare, ma ne costituisce la parte più importante. Infatti, dinorma, una delibera apre o chiude un procedimento o un affare, cioè pureun fascicolo archivistico.

Ogni complesso dei documenti prodotti dagli organi collegiali e mono-cratici (delibere, decreti, “ordinanze”) costituisce, in rapporto all’organo ealla funzione esercitata, una serie archivistica.

Per garantire e comprovare erga omnes l’efficacia giuridico-probatoriadi tali documenti deve essere prevista una registrazione a repertorio, cioèuna serie di adempimenti formali che garantisca data e contenuti (formalie sostanziali) certi al documento.

In termini di efficienza, invece, è opportuno che i documenti prodottidagli organi collegiali vengano trattati come tutti gli altri documentiall’interno del sistema informativo documentale. Ciò significa che essi, ol-tre al numero di repertorio, devono aver attribuito anche il numero di pro-tocollo.

Dalla registrazione di protocollo, pertanto, non dipende la validità o lacertificazione notarile della delibera; da essa, invece, dipende la possibilitàdi una gestione integrata attraverso i sistemi di information retrieval, in unabase dati normalizzata collegata ai fascicoli archivistici, favorendo così laricerca e la contestualizzazione all’interno della catena documentale.

Oggi il progetto Titulus Organi ha un primo risultato che qui si presen-ta: il software per la gestione delle delibere e del flusso di lavoro. Sono sta-

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ti infatti studiate non soltanto le caratteristiche diplomatiche estrinsecheed intrinseche della delibera intesa come documento in sé, ma anchel’interazione e il workflow tra tutti gli uffici coinvolti nell’iter proceduraleche va dalla proposta alla pubblicazione di una delibera.

Contiamo prima dell’estate di avviare la fase sperimentale del software edi entrare a regime con il 1° gennaio 2002.

eXtra - emissione XML tra registrature di Ateneo

Con l’entrata in vigore del DPR 20 ottobre 1998, n. 428 sul protocolloinformatico, come regolamento applicativo della legge “Bassanini 1” (oraconfluito nel Testo unico sulla documentazione amministrativa - DPR445/2000), si è definitivamente aperta una serie di scenari per la comuni-cazione tra gli Atenei italiani e, più in generale, tra la Pubblica ammini-strazione (centrale e locale; cfr. il progetto PAC-PAL) e i cittadini / stu-denti.

Le regole tecniche del DPR 428/98, approvate dall’Autorità perl’informatica nella pubblica amministrazione (AIPA) ancora lo scorso 2dicembre 1999 ed emanate dal recentissimo DPCM 31 ottobre 2000, in-troducono per la prima volta nella normativa italiana un approccio allarappresentazione e all’interscambio di dati, informazioni e documenti at-traverso l’utilizzo dello standard XML utilizzando la RUPA e, più in gene-rale, la rete attraverso la posta elettronica.

In questo senso, nell’adunanza del 18 maggio 2000, l’AIPA ha istituitoun Gruppo di lavoro per lo studio e la realizzazione di progetti esecutivisulla Integrazione dei dati e interoperabilità dei sistemi informativi attraver-so XML, del quale ha fatto parte anche il nostro Ateneo.

Al di là dei finanziamenti comunque previsti dall’AIPA e dal progettodi e_government, approvato il 22 giugno 2000 dal Consiglio dei ministri,risulta comunque importante che gli atenei italiani aderenti allo standardTitulus 97, approvino un’azione strategica che permetta l’utilizzo dellepossibilità di scambio di documenti e fascicoli archivistici strutturati attra-verso XML. Ciò risulterà ancora più semplice, e con maggiori risparmi ineconomia di scala, per quelli che hanno scelto la stessa ditta per la fornitu-ra del software di gestione del protocollo informatico e dei flussi docu-mentali.

Si è elaborato quindi il progetto denominato Emissione XML tra regi-strature di Ateneo, in sigla eXtra, per gli Atenei che hanno finora speri-

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mentato o si apprestano ad utilizzare come sistema archivistico lo standardper le università italiane Titulus 97.

Tra questi, quelli che hanno manifestato la volontà di aderire al progettoeXtra sono l’Università degli Studi di Bari, l’Università degli Studi di Bo-logna, l’Università degli Studi del Molise, l’Università degli Studi di Pado-va, l’Università degli Studi di Pavia, l’Università degli Studi di Trieste,l’Università Ca’Foscari di Venezia e l’Istituto universitario di architetturadi Venezia.

Il progetto che abbiamo elaborato si basa su tre livelli di interoperabili-tà attraverso l’utilizzo di XML:� Scambio tra Università e PAC-PAL in genere, basato su cinque dei sei

elementi della registratura, più alcuni in ricezione;� Scambio tra Università e Università aderenti allo standard Titulus 97,

basato sugli elementi della registratura e sul sistema di gestione e ar-chiviazione dei documenti (registratura + titolario + records manage-ment);

� Scambio tra Università e Università aderenti allo standard Titulus 97 eaderenti al progetto In Itinere), basato su registrature e su sistemi digestione e archiviazione e proceduralizzazione (registratura + titolario+ records / worflow management).

Al di là del linguaggio tecnico, nel concreto significa che i trasferimentidegli studenti potranno avvenire scambiandoci tra gli Atenei aderenti i ri-spettivi files e le rispettive registrazioni collegati ai fascicoli, soprattuttosenza muovere una carta. Vi lascio immaginare il risparmio di tempo e dicosti.

In questo senso, alla nostra direzione archivistica è stato affidato ilcompito di rivedere e riprogettare il regolamento per il diritto di accesso aidocumenti, compresa la tabella dei procedimenti amministrativi collegataal massimario di selezione: saranno pronti e disponibili entro il prossimogiugno.

Ci sono infine altri tre progetti che richiederebbero ulteriori approfon-dimenti: Ad personam, il Manuale di gestione del protocollo informatico eEuroTitulus. In questo senso, data la loro importanza, verranno illustratiampiamente da Donatella Mazzetto, Remigio Pegoraro, Nino Di Guardo,Chiara Ricci Zingone, Dario Roccavini e Joaquim Llansò Sanjuan.

Mi si permetta di svolgere solo alcune considerazioni.

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Per quanto riguarda Ad personam, cioè il progetto per la riorganizza-zione del fascicolo di persona, va detto che esso nasce dalla felice collabo-razione con lo IUAV, che anzi per primo ha avuto l’intuizione organizzati-va di ricondurne la responsabilità ad un unico ufficio. A noi, invece, spettal’analisi archivistica del problema, dalla conservazione allo scarto dei do-cumenti inutili, dalla normativa al flusso informativo.

Attualmente, infatti, il fascicolo del personale (sia docente che tecnicoamministrativo) è gestito da più servizi, intendendo con “gestione” la pos-sibilità di produrre documenti interni, in arrivo e in partenza da inserirenel fascicolo del personale.

La diaspora degli uffici, delle rispettive funzioni con annesse competen-ze, hanno prodotto nei fascicoli del personale una sedimentazione docu-mentaria alluvionale tale da rendere improcrastinabile un intervento cheparta da una riorganizzazione dei flussi, alla quale far seguire la messa a di-sposizione dei documenti fin qui prodotti in formato elettronico.

Oltre a questo si rende necessario ricondurre ad un unicum il fascicolodel personale, fascicolando le “parcellizzazioni” degli uffici in una solaunità di conservazione. I primi risultati, anche in questo caso, data la moledei fascicoli del personale del nostro Ateneo, saranno apprezzabili alla finedel 2002.

Per quanto concerne invece il progetto per la redazione del Manualeper il protocollo informatico, come azione strategica di alcuni atenei, credosi tratti del primo esempio di Manuale concepito per enti omogenei. Diquesto “lavorare insieme” parlerà il Direttore amministrativo dell’Univer-sità degli Studi di Trieste, dott.ssa Zingone. A me solo il compito di ricor-dare che il protocollo informatico è un problema che coinvolge le profes-sionalità tecnico-amministrative a 360 gradi: non si tratta quindi di unproblema informatico, ma di un problema archivistico, di organizzazionedel lavoro, di controllo sulle responsabilità dell’azione amministrativa, discienza dell’amministrazione e solo ora di informatizzazione.

Per quanto riguarda l’ultimo progetto messo in cantiere, grazie ad unafelice coincidenza, e grazie anche alla segnalazione di Fosca Pizzaroni,l’Università degli Studi di Padova e l’Università Publica de la Navarra(Pamplona - Spagna) hanno iniziato la collaborazione su due fronti: lanormalizzazione del titolario di classificazione e l’analisi del documentoelettronico.

La collaborazione è appena agli inizi e, quindi, non è possibile avere unquadro dei risultati.

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Quel che è certo è che la classificazione dei documenti delle universitàeuropee potrà avere un primo grado divisionale normalizzato; basta infattiscorrere con l’occhio i due titolari di Padova e Pamplona per capire come idue sistemi siano pressoché simili pur essendo stati concepiti in tempi di-versi e indipendentemente l’uno dall’altro. Di questo parlerà l’archivistaspagnolo Joaquim Llansò Sanjuan. Per conto nostro, presenteremo Euro-Titulus, oltre che alla prossima Conferenza Europea di Firenze, anche allaConferenza degli archivi universitari spagnoli, in programma a Siviglia ilprossimo 21 giugno.

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CHIARA RICCI ZINGONE

Lavorare insieme tra atenei:il manuale di gestione del protocollo informatico

L’entrata in vigore del Regolamento sul protocollo informatico e sullagestione dei flussi documentali della Pubblica amministrazione (DPR 20ottobre 1998, n. 428), emanato come collegato alla Bassanini 1, e oggi ri-compreso nel testo unico sulla documentazione amministrativa (DPR 28dicembre 2000, n. 445), può tuttora avere diversi impatti sull’organizza-zione e sulla gestione dei documenti degli atenei italiani.

Semplificando, ne individuo di tre tipi:1) di cambiamento radicale e di introduzione di un sistema archivistico;2) di passivo e meccanico adeguamento alla normativa in quanto tale;3) di sostanziale inapplicazione per disinteresse o negligenza grave.Proprio gli Atenei italiani, non soltanto quelli che conservano docu-

mentazione storica (cioè documenti relativi agli affari esauriti da oltre qua-rant’anni anni, ai sensi dell’art. 40 del testo unico sui beni culturali, d.lgvo490/1999) ma soprattutto quelli di più recente istituzione, devono iniziarea ragionare in chiave strategica e organizzativa riguardo la gestione dei do-cumenti.

Non è più possibile continuare a considerare la registrazione di proto-collo un banale adempimento burocratico, ma serve cambiar rotta e pen-sare che, ad esempio, il servizio di Archivio Generale una componente es-senziale del sistema informativo documentale.

Ma c’è di più: il protocollo informatico non è un problema degli infor-matici, poiché prima di tutto esso si configura come un problema di orga-nizzazione metodologica, cioè archivistica, dei documenti. Né è possibilepensare all’applicazione formalistica e semplicistica di una funzione così

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delicata all’organizzazione solo perché una norma lo prevede. Sarebbe lasconfitta intrinseca dell’organizzazione e del modo di concepire gli archivi.

Su queste premesse è possibile comprendere lo sforzo di molti atenei dicondividere un patrimonio di scienza e operatività messo a disposizione ditutti dall’Archivio generale dell’Università degli Studi di Padova attraversoil progetto Titulus 97 e molti altri progetti archivistici che verranno illu-strati nel corso di questa Conferenza.

Uno di questi progetti, quello per la redazione del Manuale di gestionedel protocollo informatico, che tra poco il collega dott. Dario Roccavini siappresta a illustrare, sta diventando pian piano una best practice a livellonazionale. Si tratta infatti di condividere tra le università una proceduraper la tutela e la conservazione a lungo termine dei documenti, della mi-grazione su diversi supporti, della semplificazione del workflow manage-ment.

Si badi che non si tratta di appiattire uno snodo strategico, bensì dinormalizzare ciò che è possibile normalizzare, lasciando all’autonomia de-gli organi di governo di ciascun ateneo la gestione della operatività el’organizzazione delle risorse umane e strumentali preposte a quelle fun-zioni.

Come infatti ci ha confermato l’Autorità per l’informatica nella pubbli-ca amministrazione, il coordinamento nazionale creatosi tra le Universitàdegli Studi di Trieste, Padova, Bologna e lo IUAV rappresenta uno deiprimi modelli operativi del manuale per enti omogenei, quali sono gli ate-nei italiani.

Anche in questo caso, redigere un manuale di gestione solo perché loprevede l’art. 5 del DPCM 31 ottobre 2000 (contenente le regole tecnichedel DPR 428/1998) sarebbe di per sé già un fallimento. Non si tratta infat-ti di una mera incombenza burocratica, ma di un’esigenza di normalizza-zione dei comportamenti operativi nei confronti della gestione e della te-nuta dei documenti, dal protocollo all’archivio storico.

Nella sostanza, dunque, si tratta di attribuire un maggiore spessore pra-tico e operativo ad uno strumento che il nostro progetto Giuliarchivi ha ri-tenuto, come molti altri atenei, di fondamentale importanza: il Regolamen-to attuativo di Titulus 97. In una parola, si tratta di passare dalle linee ge-nerali al “come si fa che cosa”, individuando precise responsabilità.

Dovremmo infatti abituarci sempre più a considerare i documenti am-ministrativi indipendentemente dal loro supporto. Il foglio A4 è uno diquesti, ma non è il solo. Ciò avrà anche un riflesso sulla conservazione dei

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documenti, che verranno tramandati alle future generazioni su una varietàdi supporti che dobbiamo iniziare ora a valutare e usare, con tutte le cau-tele del caso. Lo stesso passaggio cruciale dall’archivio corrente (cioè dalprotocollo intenso in senso estensivo) all’archivio di deposito, deve esserepreordinato e non casuale. Norme precise, quale quelle che ci stiamo perdare e soprattutto svincolate dall’emergenza-spazi (modo, questo, piutto-sto barbaro di concepire l’eliminazione dei documenti, cioè lo scarto) po-tranno produrre solo benefici all’organizzazione.

Per correttezza morale e scientifica occorre precisare anche un altroaspetto del nostro ruolo. Qualsiasi iniziativa archivistica deve essere sup-portata, anche attraverso gli organi di vigilanza, cioè le Soprintendenze ar-chivistiche, da una professionalità specifica dell’ateneo. Serve, in una pa-rola, un archivista.

Per quanto riguarda Trieste, posso annunciare con soddisfazione che siè appena concluso il concorso e che la ex professionista, ormai dipendente"in ruolo" ha preso servizio già dal 1° marzo scorso. Questo è un segnaleestremamente positivo per il ruolo strategico degli archivi universitari, ingenere piuttosto trascurato, ma che il fiorire delle iniziative degli ultimianni ha sicuramente rivalutato.

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DONATELLA MAZZETTO — REMIGIO PEGORARO

Ad Personam:un progetto per la riorganizzazione del fascicolo del personale

Ad personam è un progetto per la riorganizzazione e la tenuta dei fasci-coli di persona (docente, personale tecnico amministrativo, collaboratoreed esperto linguistico, studente).

A differenza di un qualsiasi altro fascicolo, quello del personale dipen-dente coinvolge ed impegna competenze di più unità organizzative re-sponsabili (UOR), che nel nostro Ateneo sono 14.

Riferimenti normativi

Oltre alle norme derivanti da leggi, che saranno ricordate in sede di re-lazione, l’Ateneo patavino ricava ulteriori norme dal proprio Regolamentoper la gestione, tenuta e tutela dei documenti amministrativi dal protocolloall’archivio storico per l’amministrazione centrale (pubblicato nella Gaz-zetta Ufficiale — Serie generale - del 29.12.1997, n. 301). Da esso ricaviamola disposizione dell’unicità del fascicolo personale che viene a costituireuna serie archivistica:

Art. 70.I fascicoli del personale e degli studenti

1. Per ogni dipendente deve essere istruito un apposito fa-scicolo nominativo, che può essere distinto in sottofascicoli

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riportanti le variazioni di carriera e quant’altro ritenuto ne-cessario.

2. Analogamente deve essere istruito un fascicolo nominati-vo per ogni studente.

3. I fascicoli del personale e degli studenti costituiscono duedistinte serie archivistiche, che vanno archiviate in ordine dimatricola e, se assente, in ordine alfabetico per cognome enome.

La gestione del fascicolo personale nell’Università degli Studi di Padova

Attualmente il fascicolo del personale dipendente è gestito da più servi-zi, intendendo con “gestione” la competenza a produrre documenti in ar-rivo, in partenza e interni (“tra uffici”) afferenti al fascicolo personale.

La “diaspora” degli uffici, delle rispettive funzioni con annesse compe-tenze, ha prodotto nei fascicoli del personale una sedimentazione docu-mentaria alluvionale tale da rendere improcrastinabile un intervento cheparta da una riorganizzazione archivistica, alla quale far seguire lo scartodei documenti non più occorrenti alle ordinarie esigenze di servizio e il re-cupero con un procedimento di imaging dei documenti fin qui prodotti informato cartaceo.

Oltre a questo si rende necessario ricondurre ad unità il fascicolo per-sonale, riunendo le “parcellizzazioni” in sottofascicoli presso gli uffici inuna sola unità di conservazione.

In base alle attuali competenze (marzo 2001) i servizi coinvolti nella ge-stione del fascicolo del personale sono 14 (più uno “non ufficiale”, quellopresso il quale il dipendente presta servizio):a) Servizio affari legali — disciplinare, ricorsi, contenziosob) Servizio amministrazione del personale — parte retributiva e assenze di

ogni tipoc) Servizio innovazione e sistemi documentali (archivio generale di ate-

neo) — innovazione, fascicoli dell’archivio di deposito e storicod) Servizio concorsi e carriere — concorsi, congedi, afferenze, prolunga-

mento attività, affidamenti e contratti di insegnamento, trasferimentiinterni ed esterni, cambi d’area, carriera del personale docente

e) Servizio formazione — crediti formativi e del curriculum formativo

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f) Servizio organizzazione — inquadramenti, valutazione prestazioni, mo-bilità

g) Servizio pensioni — riscatto, ricongiunzione, equo indennizzo e pensio-ne privilegiata, quiescenza

h) Servizio rapporti con le aziende sanitarie — contratti con le aziendeospedaliere e lo unità socio sanitarie

i) Servizio relazioni sindacali e assunzioni — concorsi, selezioni, assunzio-ni del personale a tempo determinato e indeterminato, trasferimenti evariazione rapporto di lavoro, anagrafe delle prestazioni e autorizza-zioni incarichi, certificazioni e stati di servizio, carriera del personaletecnico amministrativo

j) Servizio servizi sociali — provvidenzek) Servizio economato — incidenti, infortuni, risarcimento dannil) Servizio affari tributari e fiscali — imposte, tasse, rimborsi, modello

CUDm) Servizio statuto e regolamenti — decreti di nomina di incarichi o

quant’altron) Servizio sicurezza e protezione — tutela della salute, formazione del

personale per la sicurezza dell’ambiente di lavoroIn prima battuta, gli uffici sono stati invitati a predisporre, per quanto

di competenza, l’elenco dei documenti prodotti (inviati, spediti e interni)da conservare nel fascicolo del personale, indicando il tempo massimo diconservazione e la normativa di riferimento (leggi, regolamenti, decreti,contratti, statuto, etc.).

Finora ciascuna UOR ha aperto e gestito un proprio sottofascicolo perla persona: abbiamo, quindi, tanti sottofascicoli quanti sono gli uffici coin-volti per la stessa persona; procedimenti diversi per contenuto e per arcotemporale, ma comunque che si riferiscono allo stesso soggetto. Ricostrui-re l’affare nella sua interezza (cioè ricostruire tutta la storia relativa allostesso soggetto) è un’impresa ardua in sé, oltre al fatto derivante dall’incer-tezza della totalità dei documenti esistenti.

Non è solo un problema fisico (ogni sottofascicolo situato in diversi uf-fici) ma è un problema sostanziale: pur in presenza di un vincolo logico,manca quel vincolo fisico che tiene uniti tutti i documenti nell’unico fasci-colo che è riferito alla persona.

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Il fascicolo personale nel quadro di classificazione

Solitamente un fascicolo è costituito da una serie di documenti che rife-rendosi ad uno stesso argomento hanno la medesima classificazione. Per ilpersonale, invece, abbiamo lo stesso titolo (cioè la macro funzione) maclassi (micro funzioni) diverse:� vincitore del concorso (già fascicolata nel rispettivo procedimento con-

corsuale)� decreto, o contratto, di assunzione� comandi e distacchi� applicazioni contrattuali e mansioni� carriera e inquadramenti� retribuzioni e compensi� adempimenti fiscali, contributivi e assicurativi,� trattamento pre-ruolo,� dichiarazioni di infermità ed equo indennizzo� servizi a domanda individuale� assenze, permessi, presenze, missioni, congedi� tutela della salute e sorveglianza sanitaria� giudizi di merito e provvedimenti disciplinari� formazione ed aggiornamento� trasferimenti e mobilità interna� cessazione.

Ogni classe solitamente costituisce un procedimento distinto dagli altrie i relativi documenti hanno un tempo di conservazione regolato da normediverse o dalla prassi d’ufficio.

Il fascicolo della persona, nel software Titulus 97, viene a collocarsi nelquadro di classificazione sotto il titolo VII — Personale e sotto una ipoteti-ca classe 0 — Fascicoli personali, che indica l’assenza di controllo sul se-condo grado divisionale di classificazione; esso è intestato al dipendente eriporta almeno i seguenti dati, oltre al cognome e nome: luogo di nascita,data di nascita, numero di matricola, codice fiscale, data di assunzione, da-ta di cessazione.

Ad ogni procedimento viene assegnato il tempo di conservazione, inmodo che di volta in volta sarà più agevole individuare i documenti da de-stinare alla conservazione permanente.

Si richiama l’attenzione sul fatto che ogni singola UOR potrà interveni-re esclusivamente sui documenti di propria competenza e, quindi, non sui

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documenti di competenza di altre UOR, pur trattandosi dello stesso fasci-colo. La qual cosa ha un duplice vantaggio:� garantisce la protezione dei dati personali e sensibili (la c.d. privacy);� evita accavallamenti e sovrapposizioni di atti non pertinenti a una

UOR non competente.Un altro aspetto molto importante da menzionare è quello relativo alla

segretezza. Vi sono, o vi possono essere, dei procedimenti civili, penali edisciplinari vincolati dal segreto d’ufficio. A questo proposito abbiamo ri-tenuto opportuno costituire tanto nel cartaceo quanto nel software un sot-tofascicolo che resterà a se stante.

Nella nostra sperimentazione, con la fattiva collaborazione delle diverseUOR interessate dell’Ateneo patavino, abbiamo potuto non solo indivi-duare tutti i procedimenti possibili, ma anche individuare la normativarelativa o evidenziare la prassi, mettendo in luce il lavoro capillare dei col-leghi e facendo chiarezza sui procedimenti.

La conduzione del progetto

Sono state individuate le UOR e abbiamo trasmesso loro le linee guidaper il progetto. In prima battuta, allo scopo di procedere alla redazione diun sistema informativo documentale, minimo, gli uffici sono stati invitati ainviare, per quanto di loro competenza, l’elenco dei documenti prodotti(inviati o spediti e interni) da conservare nel fascicolo del personale, indi-cando il tempo massimo di conservazione e la normativa (leggi, regola-menti, decreti, contratti, statuto, ecc.) di riferimento, secondo una tabellada noi in precedenza predisposta.

Con gli uffici abbiamo rivisto, in seguito, i singoli documenti.A regime, l’organizzazione del fascicolo del personale dovrà prevedere:

a) la responsabilità della tenuta e gestione da parte di un unico ufficio(dall’istruzione del fascicolo fino al versamento nella separata sezione)che è stato individuato nel Servizio pensioni

b) l’organizzazione interna del fascicolo, articolato in sottofascicoli se-condo il titolario di classificazione che rispecchia le fasi della carrieradel dipendente

c) lo scarto periodico dei documenti non più occorrenti alle esigenze diservizio

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d) l’accesso ai documenti esclusivamente attraverso il sistema informativoautomatizzato, limitando all’indispensabile l’accesso ai locali di deposi-to

e) l’utilizzo e l’archiviazione dei documenti informatici (in formato nati-vo).

In questo modo, durante lo svolgimento della carriera di un dipendentee dopo la sua conclusione, consultando il fascicolo informatico potremoagevolmente ricostruire tutta la sua storia professionale, una storia che na-sce nel presente e la cui memoria si proietta nel futuro, se fissata ai docu-menti.

È la dimostrazione, ancora una volta, che l’archivio nasce dal protocolloe quindi dal singolo documento prodotto o ricevuto con tutti i legami dellacatena documentale.

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ANTONINO DI GUARDO

Ad personam:aspetti di organizzazione del lavoro

La gestione del fascicolo nominale del personale dell’Università è unafunzione fondamentale che deve essere garantita dall’AmministrazioneCentrale delle università con un duplice scopo:� per l’Università che deve essere posta in condizione di conoscere con

precisione la posizione complessiva di ciascuna persona che presta lapropria opera per conto dell’Università;

� per il personale, inteso in senso lato, cui si garantisce evidenza pubbli-ca e certezza giuridico-probatoria di tutti gli atti, stati e fatti inerenti ilrapporto professionale.

Da ciò deriva la necessità di creare, implementare, conservare e tutelareconsapevolmente un fascicolo nominativo e di adottare criteri organizzati-vi che rispondano alle suddette finalità di tenuta e tutela, coniugandole acriteri razionali di efficacia ed efficienza nella gestione dei flussi documen-tali.

L’intuizione di affidare la responsabilità del fascicolo nominativo allaUOR a cui spetta la certificazione dell’attività professionale a fini contribu-tivi e previdenziali si è rivelata alla luce dell’analisi, come fra breve illustra-to, corretta e fattibile.

L’esistenza di un fascicolo nominativo ha due momenti funzionali allasua stessa esistenza che ne registrano l’estensione temporale e che coinci-dono rispettivamente con l’inizio e la fine della prestazione svolta; infatti,tutto ciò che sta tra questi due termini sono eventi che arricchiscono dicontenuti la vita professionale ma non li determinano.

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Identificate le funzioni essenziali, il passaggio successivo è stato di indi-viduare quale delle due fosse più rispondente ai criteri gestionali in esseredell’organizzazione.

Si è privilegiato il momento finale per due ragioni principali:� la prima quasi filosofica: ciò che finisce racchiude in sé anche le ragioni

della nascita;� la seconda, legata alla recente evoluzione della PA: la diversificazione

delle tipologie di rapporto di lavoro oggi presenti nella PA, pur nonavendo omogeneità di inizio, ha omogeneità funzionale di trattamentoin materia di obblighi assicurativi, previdenziali e contributivi.

Nel caso dello IUAV si è ritenuto corretto, sulla base del ragionamentosu esposto, assegnare all’Ufficio Gestione posizioni assicurative e previ-denziali la responsabilità della tenuta dei fascicoli nominativi del personaledi qualunque tipologia (docente, tecnico amministrativo, collaborazionicoordinate e continuative etc.).

Nel concreto, sfruttando le possibilità offerte dal sistema informatizzatodi gestione documentale degli atti amministrativi in uso allo IUAV, il mo-dello organizzativo è il seguente:� a ciascuna UOR (Carriere, stipendi, formazione, etc.) è permessa

l’associazione di atti e documenti, che derivano dall’esercizio delle ri-spettive funzioni, al fascicolo nominativo pertinente;

� all’Ufficio Gestione posizioni assicurative e previdenziali spettano duecompiti fondamentali:

� inserimento fisico nel fascicolo nominativo degli atti prodotti;� coordinamento e controllo nella tenuta dei fascicoli nominativi in

modo tale da garantire omogeneità alla serie archivistica.

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MONICA MARTIGNON

Veneziarchivi 2: il progetto continua

Il progetto Veneziarchivi 2, per l’introduzione del protocollo informati-co e del sistema Titulus 97 nell’Istituto universitario di architettura di Ve-nezia, ha visto lo IUAV impegnato nell’ultimo biennio a rivisitare con oc-chio critico il proprio sistema di gestione dei documenti.

Il percorso seguito ha visto un momento iniziale di adesione formaleallo standard archivistico Titulus 97, proposto dall’Ateneo patavino con lasottoscrizione della lettera di intenti (aprile 1998) e la successiva delibera-zione del Consiglio di Amministrazione nella seduta del 23 giugno 1999che ha dato le coordinate generali (analisi, formazione personale etc.) perl’esecuzione del progetto.

Nel periodo settembre — dicembre 1999 si è proceduto ad una analisidella struttura organizzativa e all’avvio di momenti formativi pilota, rivoltiad un numero ristretto di strutture e partecipanti, necessari alla progetta-zione dell’azione formativa generale.

L’attività formativa ha visto coinvolti in tempi e modalità differenti di-rigenti e quadri e personale tecnico amministrativo nel periodo marzo -giugno 2000.

Nel medesimo periodo la Direzione Amministrativa ha scelto, a frontedi valutazioni, il software gestionale da utilizzare, consentendo nella partefinale del periodo formativo, di testare il prodotto informatico e metteretutto il personale nella condizione di poter esercitare sperimentalmentequanto appreso.

Alla fine del mese di settembre 2000, il giorno 25 per la precisione, ef-fettuate tutte le attività preparatorie lo IUAV ha iniziato in via sperimen-tale la gestione degli atti amministrativi secondo lo standard archivistico

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per le università italiane Titulus 97 utilizzando l’omonimo software della3DI, limitatamente alla funzione di registratura dell’Amministrazione Cen-trale e la tenuta dell’Albo Ufficiale di Ateneo.

Con il 2001 sono stati attivati i repertori unici dei decreti e dei contrattiin forma privata.

Oggi è in fase di avvio la gestione degli atti relativi alle strutture perife-riche che inizieranno a sperimentare la procedura software a partire dallametà del corrente mese di aprile, contando di entrare in regime entro la fi-ne del primo semestre del 2001.

Alcune considerazioni

Il nuovo sistema di registratura:� ha retto a dispetto delle Cassandre che profetizzavano un tracollo: i

documenti si trovano come e più di prima, non solo, ma ha reso possi-bili nessi logici e conoscitivi, prima insperati;

� ha reso possibile una quantificazione reale del volume documentarioprodotto, prima non possibile per l’eccessiva frammentazione dei pun-ti di registrazione e per la diversificazione dei criteri di tenuta dei regi-stri;

� ha rilevato la necessità di delineare con precisione l’iter el’assegnazione di RPA di ogni documento;

� ha imposto un approccio consapevole alla gestione documentale chespesso ha significato ragionare sull’organizzazione che tratta i docu-menti;

� ha sottolineato l’assoluta necessità, postulata dallo standard, di trattarei documenti non come atti singoli ma all’interno di un procedimentologico evidenziato dal vincolo archivistico del fascicolo;

� ha, più in generale, significato la revisione consapevole del sistema digestione degli atti amministrativi.

Rimane molto su cui intervenire per poter dire di avere adottato com-piutamente lo standard per tutti gli atti amministrativi dell’Ateneo trattatidalle strutture nelle diverse funzioni cui sono preposti (ricerca, didattica edi supporto e servizio), con interventi, alcuni già progettati, di breve, me-dio e lungo termine.

Se la fase di registratura è stata recepita e introiettata dagli utenti inmodo sufficientemente omogeneo, non così è oggi per la creazione e la te-nuta del fascicolo. Infatti se è consolidata la necessità di un fascicolo, non

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altrettanto chiari a tutti gli utenti sono i metodi di creazione e di tenuta delfascicolo medesimo. Avere fascicoli strutturati e identificati con criteriomogenei e condivisi è l’obiettivo dell’attività di formazione, peraltro giàprogrammata nelle linee principali, destinata a tutto il personale dirigenti equadri e personale tecnico amministrativo.

Sul medio periodo sono da individuare procedure di versamento dei fa-scicoli nell’archivio di deposito.

Solo una notazione sull’attività da progettare a più largo respiro: la pro-spettiva di poter intervenire sull’archivio storico progettando un recuperoe ragionando sulla fruibilità del patrimonio documentale dello IUAV è og-gi resa intuibile grazie al lavoro di riordino, consapevolezza e sensibilizza-zione operata a tutti i livelli e a tutte le componenti dell’Ateneo.

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34 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

TERESA BUCCARELLI

Pubblicità e diritto di accesso ai documenti:il regolamento per l’Albo Ufficiale di Ateneo

Uno dei criteri fondamentali per il corretto funzionamento delle pub-bliche amministrazioni, ribadito ed ampliato dalla L. 241/90, consiste nelportare a conoscenza di tutti e in forma certa gli atti di interesse generale,cioè di curare la pubblicazione legale degli atti per la cui efficacia (ergaomnes) è richiesta una forma di pubblicità di rilevanza giuridico-probatoria. Quindi l’Albo ufficiale è lo strumento per la realizzazione deiprincipi fondamentali della trasparenza e della pubblicità dell’azione am-ministrativa.

L’Università degli Studi di Padova ha quindi emanato un Regolamentoper la pubblicazione dei documenti all’Albo ufficiale di Ateneo con Decretorettorale n. 89 del 23 gennaio 2001, la cui efficacia insiste sull’Amministra-zione centrale e tutte le strutture (Dipartimenti, istituti, Centri, Bibliotecheecc.). Tale Regolamento, studiato dall’Archivio Generale di Ateneo, haposto fine a tutti gli equivoci e alle incertezze che si erano stratificati nelcorso del tempo riguardo a cosa debba intendersi per “pubblicazione” e inche forma debba effettuarsi.

Il Regolamento, in 11 articoli (che qui si pubblica di seguito), ha evi-denziato il carattere giuridico probatorio della “pubblicazione” ed ha det-tato semplici ma esaurienti regole per normalizzare le procedure di richie-sta di pubblicazione, e la tenuta e tutela dei documenti, considerandoli, ol-tre che dal punto di vista giuridico, anche sotto l’aspetto gestionale, inmodo da garantire la certezza e la trasparenza di quanto pubblicato, maanche la classificazione, conservazione e consultabilità dei documenti se-condo i dettami dell’archivistica e dell’efficienza amministrativa.

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Tutto questo viene gestito dal software Titulus 97, che garantiscel’immodificabilità dei dati obbligatori da parte di chiunque, rende dispo-nibile in rete (Intranet, ma in futuro anche in Internet) le informazioni re-lative alla validità giuridico-probatoria dei documenti ed anche visualizzal’immagine del documento o un file associato. Inoltre, essendo il sistemaintegrato al protocollo generale, fornisce tutte le caratteristiche e gli ele-menti necessari per una corretta e duttile gestione nel contesto del work-flow management, come avviene per qualsiasi altro atto che entri a far par-te della sfera giuridica dell’Università degli Studi di Padova, cioè del suoarchivio.

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INES FABBRO

Dal protocollo all’organizzazione del lavoro

L’Università degli Studi di Bologna ha deciso di dotarsi, come previstodalla legge (DPR 428/1998, ora confluito nel testo unico del DPR445/2000), di un sistema per la protocollazione informatica dei documenti.A tal fine ha aderito a Titulus 97 (ormai divenuto lo standard universitarionazionale).

Tale sistema informativo è rivolto alla creazione di un protocollo chenon si limiti alla mera attività di certificazione della corrispondenza in en-trata o in uscita. Esso punta alla realizzazione di un complesso sistema digestione dei flussi documentali, per il miglioramento complessivo dei pro-cedimenti amministrativi.

Il protocollo classico (certificazione e registrazione della corrisponden-za) va visto pertanto in relazione ai sistemi di gestione dei procedimenti edei flussi documentali (workflow).

Tale innovazione rende impossibile ridurre la questione ad una intro-duzione di tecnologia che lasci invariati gli aspetti del processo di gestionedocumentale. Essa produrrà i suoi effetti solo se accompagnata da un in-tervento organizzativo di pari profondità, integrando le professionalità ar-chivistiche con quelle informatiche e degli esperti dei sistemi informativi.

Il nuovo sistema, infatti, presuppone nuovi modi di distribuzione deidocumenti, delle informazioni e, pertanto, della conoscenza, sia all’internodelle amministrazioni che nei confronti dei cittadini utenti (attraversol’intermediazione degli URP).

Esso razionalizza il sistema di archiviazione dei documenti garantendo-ne il ritrovamento, la corretta conservazione e permettendo, attraverso unoscarto ragionato, di eliminare quelli superflui e inutili.

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Ciò implica la necessità di riprogettare il lavoro all’interno delle ammi-nistrazioni. La distribuzione razionale della documentazione permetteràagli uffici di seguire i procedimenti avendone il pieno controllo e alla diri-genza di svolgere un effettivo ruolo di coordinamento, controllo e correttaallocazione delle risorse umane e materiali.

Il protocollo informatico, infine, è il presupposto di una serie di passisuccessivi che mirano alla realizzazione di una rete di rapporti fra tutte lepubbliche amministrazioni e fra queste e i cittadini (si pensi alla Rete Uni-taria della Pubblica Amministrazione).

È evidente che tutto ciò è destinato a modificare profondamente lepubbliche amministrazioni e la loro organizzazione. Una struttura gerar-chico piramidale, basata su logiche e modalità legali—razionali risulta ina-deguata.

Diviene sempre più importante considerare l’amministrazione comeuna rete di rapporti interno—esterno e focalizzare l’attenzione sui gangli dismistamento della conoscenza—informazione. Il protocollo informatico è ilpiù importante di tali snodi.

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GIUSEPPE NERI

L’esperienza bolognese sulla firma digitale

Dal 1° aprile 2001 l’Università degli Studi di Bologna, primo ente ita-liano in assoluto, introdurrà gradualmente l’impiego della firma digitaleper la verbalizzazione degli esami di profitto.

I docenti del DEIS (Dipartimento di Elettronica Informatica e Sistemi-stica) registreranno gli esami dei propri studenti accedendo a un sito web,introducendo i dati richiesti (voto, quesiti etc.) e firmando digitalmente in-sieme ai commissari l’esame appena sostenuto dallo studente. I voti ver-ranno poi automaticamente trasmessi al calcolatore di ateneo per l’inseri-mento della carriera dello studente.

Il meccanismo sarà gradualmente esteso alle varie facoltà nei prossimianni e produrrà benefici sia economici che organizzativi. Si calcola che aregime (ovvero quando il sistema sarà stato introdotto in tutte la facoltà)questo permetterà di liberare risorse di personale per un controvalore sti-mato di circa 2 MLD per anno.

Dal punto di vista organizzativo questo permette di garantire digital-mente i dati (ovvero di garantirne l’integrità) e soprattutto di semplificareenormemente le procedure di archiviazione.

Al posto della archiviazione dei tradizionali verbali cartacei, infatti, sa-ranno archiviati dei CD-ROM opportunamente predisposti che oltreall’evidente risparmio di spazio, permetteranno un immediato reperimentodelle informazioni relative agli esami degli studenti. Sono già allo studio al-tre applicazioni della firma digitale in ateneo sulla base delle indicazionidella legge Bassanini.

Il seminario intende analizzare la tecnologia della firma digitale, le suepotenziali applicazioni in campo universitario, i benefici economici e or-

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ganizzativi e presentare i risultati finora conseguiti anche nell’ottica degliaccordi in via di definizione con gli altri enti pubblici della città di Bolo-gna.

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FABIO VENUDA

Thesis 99:un accordo strategico tra Atenei

Il percorso di analisi degli aspetti bibliografici, archivistici, giuridici einformatici per la gestione, tenuta e tutela delle tesi, iniziato nel 1998, cheha portato a definire le linee teoriche di Thesis 99, assieme all’esperienzamaturata dall’Università Ca’ Foscari di Venezia che dal 1994 ha avviato unservizio di archiviazione elettronica delle tesi di laurea, costituiscono labase dalla quale ha preso avvio una collaborazione informale tra le per-sone che, nelle Università di Padova, Bologna, Venezia Ca’ Foscari eVenezia IUAV, si occupano direttamente della gestione di questo tipodi documento.

Questa collaborazione si è posta come obiettivo la normalizzazione e lamodifica delle procedure di consegna, conservazione e consultazione delletesi di laurea, individuando i punti critici relativi alla loro gestione, e la de-finizione delle linee di comportamento e di quelle di funzionamento delprocesso di acquisizione, gestione e pubblicità da proporre ai propriAtenei.

In questa proposta vengono anche considerati gli aspetti relativi alla pa-ternità intellettuale dell’opera, alla doppia natura di risorsa scientifica e didocumento amministrativo della tesi, e i conseguenti rapporti tra l’OPAC,il catalogo delle tesi e il sistema di gestione archivistica in uso.

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CATERINA REA

Gestire e archiviare i documenti degli organi collegiali:Il progetto Titulus Organi

Partendo dal presupposto che i provvedimenti degli Organi Collegiali(delibere del Senato Accademico e del Consiglio di Amministrazione) so-no a tutti gli effetti documenti di Ateneo e come tali devono essere gestiti,tenuti e tutelati, si è ritenuto opportuno creare un’unica procedura checomprenda l’efficacia giuridico-probatoria (quindi la registrazione a reper-torio) e l’efficienza gestionale (quindi la classificazione e la fascicolazioneintegrate nell’iter procedurale).

Si è quindi analizzato il documento e i suoi requisiti diplomatici affin-ché il documento stesso possa ritenersi efficace ed efficiente nel sistemagenerale dei flussi documentali dell’Ateneo.

Si è passati in un secondo momento allo studio e all’analisi delle fasi checostituiscono il percorso delle delibere (dalla proposta di delibera allapubblicazione del deliberato) per capire il flusso stesso dei documenti ecome poter semplificare, migliorare e snellire le procedure fino ad ora uti-lizzate.

Si è quindi arrivati al progetto Titulus Organi che permette da una par-te di gestire le varie fasi della proposta di delibera e il deliberato attraversouna procedura informatica più snella, veloce ed affidabile, dall’altra di fa-cilitare una ricerca collegata al fascicolo archivistico e al repertorio gene-rale.

Titulus Organi è dunque un sistema informativo documentale per la ge-stione e l’archiviazione dei provvedimenti degli organi, ma anche un soft-ware, collegato alla procedura del protocollo informatico Titulus 97, che

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permetterà la creazione di un’unica banca dati informatica dei documentiprodotti dal nostro Ateneo, rispettando sempre il vincolo archivistico diciascuno di essi.

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DONATO TAMBLÈ

La valorizzazione degli archivi dalla teoria alla prassi:il caso degli archivi universitari

Noi siamo la nostra memoria, siamo questo museo chimerico di forme incostanti,

questo mucchio di specchi rottiJORGE LOUIS BORGES

L’applicazione del concetto di valorizzazione agli archivi è una conse-guenza del riconoscimento del loro carattere di bene culturale.

Il concetto di valorizzazione trae la sua origine da considerazionid’ordine filosofico o economico.

Valorizzazione vuol dire dar valore o incremento di valore a una cosa.Ciò che si qualifica come bene ha già, per la sua stessa natura di “bene”,un valore. Dunque nel caso dei beni culturali la valorizzazione è da un in-tendersi come identificazione del valore insito nel bene ed eventuale in-cremento di quel valore. Infatti si valorizza ciò che ha in sé un contenutooggettivo che può essere fatto fruttare.

Il bene culturale è un capitale e come tale se adeguatamente trattatopuò aumentare di valore. In passato il concetto di valorizzazione era impli-cito in quello di conservazione, nel quale era ricompreso.

Ma è solo con l’istituzione del Ministero per i beni culturali che si faespresso riferimento alla valorizzazione.

Già il Decreto-legge 14 dicembre 1974, n. 657 all’Art. 2. Recitava:«Il Ministero provvede alla tutela ed alla valorizzazione delpatrimonio culturale del Paese»

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A sua volta la 805/1975 poneva fra i compiti del Ministero:«Art. 1. - Il Ministero per i beni culturali e ambientali prov-vede alla tutela e alla valorizzazione dei beni culturali e am-bientali, archeologici, storici, artistici, archivistici e librarisecondo la legislazione vigente.»

E all’art.2 coniugava l’azione statale con quella compiuta dalle regioni: «Le regioni concorrono all’attività di valorizzazione secon-do programmi concordati con lo Stato.».

Con il DL 368/1998, la rifondazione e il cambio di denominazione delMinistero portano il legislatore a porre più esplicitamente l’accento sullefunzioni e i compiti di valorizzazione

Infatti nell’art.1 comma 2 del Decreto Legislativo 20 ottobre 1998, n.368, si legge:

«Il Ministero provvede, secondo quanto previsto dal decre-to legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e dalle disposizioni delpresente decreto, alla tutela., gestione e valorizzazione deibeni culturali e ambientali e alla promozione delle attivitàculturali.»

E più avanti:«Il Ministero esercita, in particolare, le funzioni amministra-tive statali nelle seguenti materie: a) tutela, gestione e valo-rizzazione dei beni culturali e dei beni ambientali».

Ancora, all’art. 10: «Il Ministero ai fini del più efficace esercizio delle sue fun-zioni e, in particolare, per la valorizzazione dei beni culturalie ambientali può: a) stipulare accordi con amministrazionipubbliche e con soggetti privati; b) costituire o parteciparead associazioni, fondazioni o società.»

A sua volta il Regolamento di organizzazione del Ministero per i Beni ele Attività Culturali prevede espressamente i compiti di valorizzazione, siatrattando dei Comitati tecnico-scientifici (art.11) che dei sovrintendentiregionali (art. 24) ed in particolare per gli Archivi di Stato (Art. 26) per iquali si afferma chiaramente che

«svolgono funzioni di tutela, conservazione e valorizzazionedel patrimonio documentario dello Stato, secondo le dispo-sizioni vigenti. A tal fine, in particolare: conservano, tutela-

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no e valorizzano: gli archivi degli Stati italiani preunitari; idocumenti degli organi giudiziari e amministrativi dello Sta-to non più occorrenti alle ordinarie esigenze del servizio,acquisiti a norma dell’articolo 30 del Testo Unico; tutti glialtri archivi e singoli documenti che lo Stato abbia in pro-prietà o in deposito per disposizione di legge o a qualsiasi ti-tolo” ed inoltre “curano lo studio, la ricerca, l’ordinamento,l’inventariazione, la riproduzione e la conservazione dei do-cumenti conservati, e possono sottoscrivere, per tali fini eper quelli di didattica e valorizzazione, convenzioni con entipubblici ed istituti di studio e ricerca».

È chiaro dunque che per il legislatore gli archivi in quanto beni cultu-rali sono oggetto di valorizzazione.

Passando dalla legislazione alla teoria cerchiamo di vedere il contenutodel bene culturale archivistico.

Occorre anzitutto tenere conto della natura ontologica degli archivi:ogni documento è un bene culturale in quanto permanenza della storia.Infatti ogni documento è stato parte delle vicende del passato, è una tes-sera ancorchè piccola di un grande mosaico, che lo storico cerca di ri-costruire.

Il documento d’archivio è quindi parte essenziale del patrimonio cultu-rale della nazione ed è perciò esso stesso, in quanto bene culturale in sé eper sé, oggetto di salvaguardia, conservazione, utilizzazione. Ma gli archivi,che ci danno l’immagine puntuale delle vicende delle istituzioni umane, cioffrono gli strumenti più precisi per leggere nel contesto storico tutto ilpatrimonio culturale, dandoci quindi motivi e mezzi di intervento sui beniculturali per l’opera di conoscenza, tutela e valorizzazione. Senza i docu-menti si perderebbe gran parte della consapevolezza storica e culturale de-gli altri beni, artistici, architettonici, archeologici, ambientali.

Lévi Strauss ha scritto efficacemente che «se un cataclisma distruggessei nostri documenti autentici... risentiremmo di questa perdita come di undanno irreparabile che ci colpisce nel più profondo di noi stessi... non èche si annullerebbe il nostro passato, ma esso rimarrebbe privo di quel chevorremmo chiamare il sapore diacronico».

Per questo tutti coloro che si occupano di beni culturali devono tenerepresente una concezione scientifica unitaria e non dimenticare che occorresalvaguardare gli archivi e trarre da essi il valore diacronico dei fatti e degliatti, delle istituzioni e delle creazioni umane, in una parola il senso dei beni

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culturali, preziose eredità del passato che ci danno una migliore compren-sione del nostro presente e che integre dobbiamo trasmettere come legatoai posteri, valorizzate col nostro apporto.

La conoscenza dei documenti dà concretezza allo studio storico diqualsiasi disciplina. Sono infatti gli archivi a dare dimensione alla storia, inquanto persistenza di ciò che è stato, specchio delle attività concretizzateattraverso la redazione dei documenti e quindi, in un certo senso, autobio-grafia della società in tutti i suoi aspetti.

La cura per il tesoro comune della memoria, per gli archivi, lungidall’essere fine a se stessa, produce nuova cultura e nuova civiltà, èun’assicurazione su futuro, una garanzia di progresso, un investimentoredditizio.

Ecco quindi la valorizzazione del capitale archivi, che non esaurisconola loro funzione nel diritto e nella storia, ma proiettano nelle azioni delpresente la loro potenzialità informativa.

La conservazione stessa degli archivi è strumento di tutela degli altribeni culturali, artistici, storici, architettonici, archeologici, librari, musicali,etno-antropologici. I beni archivistici sono funzionali alla conoscenza edalla tutela dei beni culturali in genere, sono base scientifica insostituibile diogni studio storico, ma sono anche fonte di ricerca e avanzamento in moltisettori e per molteplici campi d’azione.

L’uso storico degli archivi è ben noto e collaudato mentre nuovo e piùinsolito finora (anche se non raro e certamente suscettibile di continuosviluppo) è l’uso scientifico degli archivi per tutte le discipline che richie-dono dati ed elementi obiettivi tratti dalla documentazione, analisi quanti-tative, studi di lungo periodo, dati statistici, stratificazioni, ecc. Negli ar-chivi si può trovare spesso l’elemento determinante, il dato che permettel’intervento.

Il documento d’archivio permette poi di ricostruire la formazione e lacostituzione dei beni culturali, delle architetture e delle città, dei quadri,delle sculture, degli oggetti d’arte, dei libri, la composizione dei giardini, latrasformazione dell’ambiente, le tracce anche di siti e monumenti poisommersi dalla storia o sensibilmente modificati, oltre a dar modo di rico-struire quello che è stato nelle diverse epoche il sentire, l’agire, il legiferarein materia, portando così a ricomporre il quadro dei rapporti fra individuie classe politica, fra arte e amministrazione, la dialettica fra pubblico e pri-vato.

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È ovvio infatti che ogni studio che voglia essere completo e scientifico,non può limitarsi alle analisi delle strutture, agli elementi stilistici, alle ti-pologie, alla funzionalità, alle motivazioni ideologiche delle architetture,ma deve arrivare a questi singoli studi specialistici e trarne conclusioni in-terpretative ed operative attraverso lo studio dei documenti, perché sonole fonti che non solo ci permettono di inquadrare storicamente in modoesatto le opere dell’uomo, ma ci forniscono tutta una serie di informazionipreziose ed uniche che ci fanno penetrare la materia, vedere l’opera d’artedalla progettazione alla realizzazione, conoscerne stadi e fasi che si sono al-ternate e stratificate, modificazioni profonde e perfino opere non più esi-stenti. Sono le fonti documentarie che ci fanno intravedere il vissuto uma-no che sta dietro le vicende costruttive e creative, permettendoci di risalireindietro nel tempo attraverso il «segno burocratico», «l’orma documenta-ria» che hanno lasciato tutti coloro che per motivi diversi hanno avuto par-te alla realizzazione anche nei suoi aspetti amministrativi, contabili e giuri-dici più spiccioli.

Sono gli archivi che ci offrono conoscenze non fini a se stesse o a studieruditi, ma da calare nella realtà pratica attuale, nell’attività professionale,nella prospettiva socio culturale del presente, in un’azione politico cultu-rale che per essere efficace deve saper coniugare storia e attualità.

Basta pensare alla complessa problematica del restauro dove il docu-mento d’archivio è elemento indispensabile per qualsiasi intervento scien-tifico. Certo, l’utilizzazione dei beni archivistici presuppone una specificametodologia, molta pazienza, e soprattutto la coscienza dell’interdiscipli-narietà della ricerca.

Una lettera ufficiale, una deliberazione, un progetto tecnico, una certi-ficazione contabile, un contratto, non sono una semplice espressione, masono una funzione che bisogna comprendere se si vuol recepire la comuni-cazione, interpretare storicamente il messaggio. L’archivista si presenta perl’appunto come il mediatore di questo messaggio per qualsiasi tipo di ri-cerca.

Va quindi particolarmente sottolineato il ruolo precipuo degli archivistiper quanto riguarda la storia delle istituzioni e del loro funzionamento.Tale studio compiuto dagli archivisti per il corretto riordinamento dellecarte secondo la struttura originaria dell’archivio e per la loro descrizioneinventariale, è anche la migliore chiave di ricerca e di interpretazione pergli storici e per tutti coloro che vogliono giovarsi dei documenti. Pertantosi può dire che gli archivisti nel loro lavoro primario e specifico della loro

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professione, compiono la prima e fondamentale opera di valorizzazione,rendendo leggibili i documenti d’archivio nel loro contesto da parte diqualsiasi utente.

Gli archivi non sono infatti magazzini di carte conservate per pochieruditi, ma sono luoghi della memoria e centri di ricerca e promozioneculturale nei quali gli archivisti non sono certo aridi amministratori e bu-rocratici guardiani del patrimonio culturale affidato loro, ma ne sonoscientifici custodi e valorizzatori.

Ma è necessaria soprattutto una sempre maggiore coscienza collettivache faccia sentire tutti custodi e valorizzatori dei beni culturali, che costi-tuiscono il patrimonio comune della civiltà.

Compito degli archivisti, da sempre custodi della memoria, è oggiquello di esserne anche i propugnatori e di additarla come bene fonda-mentale per la conoscenza.

Per quanto riguarda la valorizzazione degli archivi storici universitari,oggetto specifico del progetto Studium 2000, si può ricordare che le tipo-logie di ricerca attuali sono molto più vaste che in passato. Infatti oltre allostudio della storia dei singoli atenei e della ricerca su studenti e professoricelebri, sono possibili nuovi utilizzi strategici per tematiche che vannodalla storia della didattica alla storia delle specifiche discipline e della loroevoluzione, e dalla storia della scienza e della ricerca a quella dell’arte edell’architettura, specie per antiche Università che hanno sede in palazzistorici, come Roma e, appunto, Padova.

Il caso dell’antico archivio dell’Università di Roma, conservato come ènoto presso l’Archivio di Stato di Roma, è emblematico di una grande po-tenzialità d’uso finora solo in parte sfruttata.

Tale archivio, che conserva documentazione dal secolo XV a quasi tuttoil secolo XIX (la parte successiva è tuttora presso l’Università “La Sapien-za”) va integrato con documentazione conservata presso l’Archivio SegretoVaticano, come un fondo di una sessantina di pezzi del collegio degli Av-vocati Concistoriali, che gestivano lo Studium Urbis.

Altre notizie sullo Studium Urbis, ma anche sulle altre università delloStato pontificio (Bologna, Camerino, Ferrara, Macerata, Perugia e Urbino)possono trovarsi nel fondo della Sacra Congregazione degli Studi, semprepresso l’Archivio di Stato di Roma.

Gli archivi universitari conservati dagli atenei possono poi trovare inte-grazioni attraverso lo studio di tutte le fonti complementari. Archivi di ac-cademie e istituzioni culturali, archivi di personalità del mondo della cul-

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tura e della politica, archivi di organi legislativi, sono suscettibili di essereutilizzati per la storia delle università. L’ampliamento di conoscenza e dipossibilità di correlazione fra i documenti che ne deriva valorizza gli archi-vi nelle loro specificità e nel loro complesso.

In conclusione con la valorizzazione e attraverso il lavoro scientifico de-gli archivisti si possono riportare a unità gli specchi rotti della nostra me-moria scritta, recuperando così il riflesso della storia, non più museo chi-merico di forme incostanti ma “laboratorio di ricerca”, luogo di certezza, dipermanenza storica.

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FERRUCCIO FERRUZZI

Il codice di deontologia per i trattamenti di dati personalia scopi storici effettuati da archivisti e utenti

Il codice di deontologia per il trattamento dei dati personali a fini stori-ci da parte di archivisti e utenti è previsto dalla legge 675/96 (art.31) e daldecreto legislativo 281/99 (art. 6). Il rispetto del codice per la legge è“condizione di liceità dei trattamenti”, e quindi esso non obbliga solo chivi aderisce volontariamente, ma è un vero e proprio regolamento di attua-zione delegato dalla legge, avente quindi portata generale, nel senso che itrattamenti effettuati in violazione del codice sono automaticamente desti-tuiti di legittimità e ricadono sotto le sanzioni generali previste per le vio-lazioni alla legge 675/96.

Alla stesura hanno partecipato l’ANAI, le divisioni II e III dell’UfficioCentrale per i beni archivistici e l’Archivio Centrale dello Stato, rappresen-tato dalla Sovrintendente Paola Carucci, anche membro della Commissio-ne sulla consultabilità dei documenti riservati istituita presso il Ministerodell’Interno, istituti e società scientifiche, come gli Istituti di Storia delMovimento di Liberazione, l’Istituto storico italiano per l’età moderna econtemporanea, la Società italiana di storia contemporanea, il Centro didocumentazione ebraica, la Giunta centrale per gli studi storici, l’AICI(rappresentata dalla Fondazione Basso), l’IRSIFAR di Roma e la Commis-sione consultiva per la consultabilità. La discussione si è protratta durantediversi mesi, con numerose successive modifiche e integrazioni, che il Ga-rante ha recepito effettuando ulteriori aggiustamenti sotto il profilo giuri-dico ed alcune mediazioni. Il codice è stato sottoscritto dai partecipantialla sua elaborazione il 28 febbraio e il suo testo definitivo è consultabile

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sul sito del Garante www.garanteprivacy.it. Se ne attende l’uscita in Gaz-zetta entro marzo 2001.

Fra i temi più rilevanti per gli archivisti recepiti nella bozza finale sonol’ampliamento a tutti gli effetti della definizione dell’“archivista” soggettoal codice e delle relative norme agli archivisti professionisti incaricati a va-rio titolo di interventi sugli archivi, l’inclusione nella normativa a parità dicondizioni anche degli archivi privati non dichiarati di notevole interessestorico che possono effettuare trattamenti ai fini di ricerca storica,l’accesso ai documenti riservati — alle condizioni fissate dal codice - pertutti gli utenti indipendentemente dalla loro qualifica, nazionalità e livellodi istruzione, la parità di obblighi e diritti fra archivisti e utenti.

Altro punto fondamentale su cui la nostra insistenza ha ottenuto un no-tevole risultato è stata la delimitazione delle potenziali conseguenze para-dossali dei diritti di rettifica, integrazione e aggiornamento dei dati relativialle persone decedute previsti senza alcun limite cronologico dall’art. 13della legge 675/96 a favore di “chiunque vi abbia interesse”. Così l’art. 7,c.3 del codice prevede che la valutazione della sussistenza di tale interessesia effettuata “anche in riferimento al tempo trascorso”. Il criterio è inevi-tabilmente generico, in quanto non vi è attualmente (ma è stata auspicata epromessa) copertura legislativa per la fissazione di definiti termini crono-logici in merito.

Di portata generale per gli archivisti anche il principio limitativo intro-dotto al c. 2 dell’art.7 su nostra segnalazione, per cui in presenza di richie-ste generalizzate di individuazione di dati in intere serie documentarie opiù fondi, l’archivista è tenuto solo a indicare le fonti, a fornire gli stru-menti di ricerca e ad assistere l’utente nella loro utilizzazione, e non ad in-dividuare personalmente tutti i singoli dati.

Data la novità e la complessità della materia, nonché il fatto essenzialedella presenza di posizioni diverse su alcuni punti, la bozza risulta uncompromesso che potrà non soddisfare pienamente tutti, ma è certamentefrutto di un approfondito lavoro e di una mediazione equilibrata da partedel Garante. Su molti punti sarebbero necessari ulteriori approfondimentie precisazioni di carattere tecnico e operativo, ma è sembrato ai promotorie al Garante più opportuno che essi debbano emergere da una prima am-pia sperimentazione e discussione del codice nel mondo degli archivi edella ricerca storica. Uno di questi è la prescrizione per l’utente di presen-tare un “progetto di ricerca che illustra le finalità della ricerca e le modali-

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tà di diffusione dei dati” (art.10, c.4), che dovrà evidentemente essere de-finito con la competente assistenza dell’archivista addetto.

Il testo è anche il risultato di un dibattito più generale nel gruppo di la-voro sui principi cui doveva ispirarsi il codice. In tale dibattito è chiara-mente emerso che il principio fondamentale su cui si basa il codice è unasorta di “negozio”, in base al quale da una parte viene consentito al ricer-catore di accedere per scopi storici a dati personali — anche, si noti, appar-tenenti al contesto più ampio comprendente quelli che saranno poi effetti-vamente utilizzati — che normalmente la legge escluderebbe dalla liberaconsultazione (in questo senso il coordinamento in materia fra l.675/96 ed.p.r. 1409/63 effettuato dal d.l.vo 281/99 è risultato incompleto, mentre èdel tutto carente quello col successivo T.U. sui beni culturali). Dall’altraparte il ricercatore deve impegnarsi sotto la sua responsabilità a diffonderesolo i dati che risultano effettivamente “pertinenti e indispensabili” alla ri-cerca dichiarata. L’archivista vede così alleviarsi il proprio compito di“censore” preventivo dei documenti da consultare, essendosi trasferito talecompito all’utente in sede di diffusione dei dati, mentre dovrà d’altra parterichiedere una più precisa definizione della ricerca, della quale l’utentestesso potrà avvalersi nei confronti dei terzi eventualmente controinteres-sati (per es. danneggiati dalla diffusione indebita e impropria di dati). Inaltri termini, è l’utente stesso ad essere garantito nei confronti dei terzidallo scrupoloso rispetto del codice, nel senso che questi non potrannovedersi riconosciuto dal giudice che dovesse esaminare la controversia unpreteso danno dalla diffusione di dati, se questi sono effettivamente perti-nenti e indispensabili ad una ricerca storica effettuata nel rispetto del co-dice.

Il testo, che nelle intenzioni di tutti i promotori è da considerarsi unprimo tentativo naturalmente soggetto a correzioni e approfondimenti, èquindi ora aperto alla più ampia discussione da parte degli archivisti e deiricercatori storici, e potrà così essere integrato da specificazioni tecnico-operative delle modalità di attuazione di numerose norme che suonanocome enunciazioni di principio ancora alquanto generiche.

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MARIA GRAZIA PASTURA

Il progetto Studium 2000:un primo (economico e archivistico) bilancio

Come ha ricordato in apertura il Direttore generale, siamo ormai giuntial terzo appuntamento padovano dedicato ai problemi degli archivi delleUniversità Italiane, che, ancora una volta, vede archivisti ed universitariincontrarsi per discutere di un problema comune ed importante: il rag-giungimento di una piena efficienza amministrativa e la tutela della memo-ria storica, attraverso la buona gestione dei documenti del presente e delpassato, individuando correttamente nella prima esigenza la premessa in-dispensabile per conseguire la seconda.

A questo proposito, non occorre che mi soffermi sul topos (molto fre-quentato da chi mi ascolta) dell’atipicità del bene culturale-archivio, peraffermare la necessità che una vigile e competente presenza tecnica nelmomento della formazione degli archivi correnti delle pubbliche ammini-strazioni, prevista dalla legge archivistica per le amministrazioni dello Sta-to, sia necessaria anche per gli archivi degli enti pubblici.

L’Amministrazione si è adeguata da alcuni anni a questo nuovo corsodella tutela, interpretando in maniera evolutiva i compiti affidati dalla leg-ge archivistica. Non occorre neppure ricordare che la necessità della pre-senza di un organo tecnico nel momento della definizione delle regole perl’impostazione e la gestione degli archivi è stata sentita proprio dagli am-ministratori di Enti pubblici, in conseguenza dell’introduzione della Legge241/90 (la cosiddetta legge sulla trasparenza), della legge 675/1996 (la co-siddetta legge sulla privacy), della adozione di sistemi informatici e, soprat-tutto, della sempre più diffusa coscienza dell’importanza strategica degliarchivi, in quanto potenziali fonti di informazioni essenziali per gli indiriz-

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zi di politica “aziendale”. È quindi un fenomeno relativamente recentequello delle sempre più frequenti richieste di consulenza rivolte all’Ammi-nistrazione archivistica, alla quale si riconosce una competenza tecnicaspecifica, da chiamare in causa appunto perché funzionale al raggiun-gimento di un obiettivo considerato vitale: la formazione corretta degli ar-chivi. Il caso delle Università italiane rientra quindi in questo panorama,che si va infittendo, anche in ragione delle nuove norme in materia di pro-tocollazione ed archiviazione elettronica recate dal decreto legislativo428/1998, ora confluito nel testo unico del documento amministrativo(decreto legislativo 445 del 28 dicembre 2000).

Le novità normative dello scorcio del 2000 hanno sancito questa prassi,attribuendo alle Soprintendenze compiti di consulenza per l’impianto de-gli archivi correnti degli enti pubblici. È quanto stabilisce il decreto legi-slativo 441 del 29 dicembre 1999, che completa in tal modo, con disposi-zioni operative, l’enunciato del testo unico sulle norme di tutela dei beniculturali ed ambientali, che attribuisce la qualità di bene culturale ad unarchivio pubblico, statuale o non, fin dal momento della sua formazione.

Ho voluto fare questa premessa per significare che i temi affrontatinelle altre sessioni del convegno sono, per l’Ufficio che rappresento, tantoimportanti quanto quelli di questa sessione, dedicata agli archivi storicidelle Università italiane, cioè al progetto Studium 2000. L’archivio pubbli-co è un bene culturale, e in quanto tale degno di tutela, in ogni fase dellasua storia: dal momento della sua costruzione al momento della sua conse-gna alla conservazione permanente.

A questi principi è informato il decreto legislativo 29 ottobre 1999,n.490, recante il testo unico delle leggi in materia di beni culturali edambientali

Questo nuovo testo normativo, riprendendo i principi già contenutinella vecchia legge archivistica, li sviluppa in un’azione di tutela che inte-ressa l’archivio pubblico in ogni fase della sua storia: dal momento dellasua formazione al momento della sua consegna alla conservazione perma-nente.

Nel nostro Paese, la conservazione e la salvaguardia degli archivi è, perantica tradizione, affidata ai soggetti produttori, pubblici e privati.L’organizzazione amministrativa e la legislazione di tutela che lo Stato si èdato nel corso di oltre un secolo hanno assecondato il “policentrismo dellaconservazione”, assicurando tuttavia sempre più consapevolmente unita-

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rietà di indirizzi per la salvaguardia e la trasmissione del patrimonio stori-co-documentale ed ha realizzato, in tal modo, un sistema istituzionale“originale e tutto italiano” che ha ispirato legislazioni estere.

Il Testo unico, che ha riordinato la materia della tutela e valorizzazionedei beni culturali e ambientali, ha mantenuto in vita questo assetto. Tutta-via, nel compiere il difficile esercizio di comporre i principi di decentra-mento cui è informata la più recente legislazione di riforma della pubblicaamministrazione con una normativa di tutela di stampo accentratore, qualera la legislazione del 1939 e, per gli archivi, la disciplina recata dal DPR1409 del 1963, compie alcuni passi sulla via della cooperazione tra istitu-zioni per la salvaguardia e la trasmissione del nostro patrimonio culturale.

La nuova normativa, cioè, mentre mantiene fermo il principio che iprimi destinatari degli obblighi inerenti l’attuazione di questo progetto ditutela sono, come nella tradizione, i proprietari, possessori o detentori de-gli archivi, ai quali fa capo infatti, in via primaria, l’obbligo di conservarli,come pure l’obbligo di consentire l’accesso agli utenti, diversamente arti-cola e disciplina le funzioni di tutela, pertinenti allo Stato, e quelle di con-servazione e valorizzazione del patrimonio culturale, attribuite allo Statostesso, alle Regioni e agli enti locali.

È anche diversamente disciplinato l’apporto dello Stato all’opera di sal-vaguardia degli archivi: non solo in termini di indirizzo, ma anche in ter-mini di partecipazione finanziaria alla loro realizzazione. Le nuove dispo-sizioni, infatti, consentono di porre a carico dell’erario statale interventi direstauro, riordinamento ed inventariazione sugli archivi storici degli entipubblici, quando l’amministrazione giudichi l’intervento indispensabileper il raggiungimento degli obiettivi di tutela che sono il suo munus pereccellenza. Il contributo dello Stato, che di norma non può superare il50% della spesa prevista, può tuttavia coprire percentuali più elevate, epersino l’intera spesa, quando si tratti di beni culturali di particolare im-portanza, o aperti alla pubblica fruizione.

È in virtù di questi nuovi strumenti normativi, sostenuti anche da unbudget ordinario che negli ultimi anni è significativamente aumentato, chel’Ufficio centrale ha dato avvio, dal 1999, ad alcuni importanti progetti na-zionali. Studium 2000 è il primo tra questi. In occasione della 2ª Conferen-za degli archivi delle Università italiane, ricordai che i progetti dei qualioggi si discute, ed in particolare Studium 2000, rientrano tra i progetti“strategici” dell’Amministrazione archivistica, che ha sempre consideratola tutela degli archivi universitari come uno dei principali obiettivi

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dell’azione di vigilanza: le istituzioni universitarie sono infatti, per lorostessa natura, chiamate a svolgere un ruolo di grande rilievo, poiché essesono centri di attrazione di archivi di grandissimo interesse e hanno la pos-sibilità di valorizzarli ricorrendo alle risorse interne della ricerca. Ci siaspetta dal lavoro degli Atenei italiani e sugli Atenei italiani un effetto ditrascinamento anche per altre realtà: è infatti nelle università che si forma-no i ceti dirigenti, ed è bene che in ambiente universitario si resusciti laconsapevolezza, che nell’ultimo ventennio si è appannata, dell’importanzadegli archivi e del profilo di civiltà che contrassegna il comune compitodella trasmissione patrimonio documentale alle generazioni che verranno.

Non occorre che io rammenti che le Università italiane hanno parteci-pato con entusiasmo all’iniziativa della quale Padova si è resa protagonista.In conclusione citerò atenei e dati economici del progetto, come il titolodella mia relazione richiede. Vorrei però sottolineare che il metodo ha fat-to scuola, coinvolgendo anche realtà molto vicine, quali gli Osservatoriastronomici (per essi è stato avviato un progetto nazionale, finanziato confondi statali, che coinvolge in questa prima fase, cioè nel 2001, gli osserva-tori di Brera, Bologna, Roma, Palermo, Padova, Catania), e realtà meno vi-cine e comunque coerenti con la ricerca universitaria, quali gli archivi degliOspedali, in particolare di quelli psichiatrici, soggetti a gravissimi rischi didispersione dopo la chiusura definitiva dei manicomi. In ognuna di questeesperienze, il dato più rilevante è che le iniziative hanno suscitato un nuo-vo interesse degli enti per il proprio patrimonio documentale, oltre chel’impegno alla sua valorizzazione, che è poi la ragione fondamentale dellaconservazione.

Ma veniamo al bilancio di questi primi due anni di lavoro, sul quale piùdettagliatamente ci riferirà Gianni Penzo, coordinatore, per contodell’Ufficio centrale, del gruppo di lavoro interdisciplinare che ha pilotatoquesta prima, positiva esperienza. Come ho ricordato l’anno scorso,l’obiettivo del progetto, per il 2000, era il proseguimento dei lavori di in-ventariazione degli archivi degli Atenei di Padova, Perugia e Napoli, cioèdegli atenei che per primi hanno aderito al progetto, e l’avvio di altri:l’Università di Siena, che intende completare il proprio sistema, censendoe inventariando i fondi acquisiti; l’Università di Firenze, presso la quale èstata costituita una commissione archivi che, d’intesa con la Soprintenden-za, ha redatto un progetto per l’archivio dell’Ateneo, la Statale di Milano,gli atenei di Salerno e Bari e nonché l’Università per stranieri di Perugia.Era anche l’avvio di un lavoro di censimento, utile a quantificare il fabbi-

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sogno dei successivi interventi, degli archivi degli atenei piemontesi, lom-bardi, emiliani, e dell’università La sapienza di Roma. Si è anche ricordatoil lavoro che, con risorse europee, sta svolgendo, all’interno di questoprogetto, l’Università di Catania e le iniziative degli atenei di Cagliari eSassari.

I fondi a suo tempo stanziati per questi progetti, pari a lire 424.000.000su una richiesta complessiva di lire 624.000.000 avanzata dalle soprinten-denze, sono stati tutti erogati dall’Ufficio centrale. Gli obiettivi, come me-glio dirà Gianni Penzo, sono stati quasi ovunque raggiunti. Dico quasiperché in un caso, quello di Firenze, il lavoro, pur finanziato, non è statoiniziato poiché l’università non ha ancora trovato una destinazione, unluogo dove conservare in maniera adeguata e aprire alla pubblica fruizionegli archivi storici, una volta riordinati. Una notazione non felice che tutta-via mi offre il destro per una ulteriore considerazione.

La valorizzazione degli archivi è la ragione stessa della loro conserva-zione. Aprire alla fruizione dei cittadini gli archivi è non solo un obbligosancito per gli enti pubblici dalla legge di tutela, ma anche uno strumentopedagogico oltre che un obiettivo di crescita civile, come ricorda la racco-mandazione europea, che proprio gli Atenei dovrebbero porsi. Studium2000, l’ho appena ricordato, ha per l’appunto questo obiettivo: far sì chequesti immensi giacimenti, finora accessibili a pochi, siano aperti alla frui-zione di tutti. L’impegno dell’Ufficio centrale non può prescindere da as-sunzione di analoghi oneri da parte degli atenei, come da parte degli enticoinvolti negli altri progetti nazionali ai quali mi sono riferita.

Veniamo ora al futuro. Per breve accenno il Direttore generale harammentato che il progetto sugli archivi delle Università italiane ha otte-nuto un finanziamento straordinario dalla Presidenza del Consiglio, sullaquota dell’8 per mille dell’IRPEF 2000. Questo finanziamento, di 950 mi-lioni, è stato destinato al proseguimento di Studium 2000, ma ancheall’avvio del progetto nazionale sugli archivi degli osservatori astronomici,che ha anch’esso un nome di battesimo: Specola 2000.

Nell’ambito di Studium 2000 sono stati finanziati per il 2001, con i fon-di dell’ otto per mille:

il completamento degli interventi sull’archivio storicodell’Università degli Studi Bari 30.000.000

dell’Università Federico II di Napoli 50.000.000

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dell’ Università per stranieri- Perugia 65.000.000

La prosecuzione del riordinamento dell’archivio storico Universitàdegli Studi diFirenze 65.000.000Milano 50.000.000Perugia 100.000.000Padova 50.000.000Siena 35.000.000

La prosecuzione del censimento informatizzato degli archivi storici isti-tuzioni universitarie

dell’ Emilia — Romagna 10.000.000della Lombardia 30.000.000dell’Università di Roma La Sapienza 40.000.000Per la stessa Università, è stato concesso un finanziamento di lire 24

milioni per il riordinamento e l’inventariazione dell’Archivio Matacotta.È stato inoltre dato avvio ad un progetto di recupero degli archivi stori-

ci dell’Università di Torino, totalmente sommersi dal fango in occasionedell’alluvione che ha colpito il Piemonte 150.000.000

Come ho accennato, una parte dei fondi sono stati utilizzati per l’avviodel progetto nazionale sugli archivi degli osservatori astronomici: giaci-menti documentari molto più contenuti, dei quali è stato fatto un censi-mento molto accurato ad opera della professoressa Giorgia Foderà Se-rio, dell’Università di Palermo, e della dottoressa Agnese Mandri-no,archivista dell’Osservatorio astronomico di Brera. La somma stanziata aquesto fine, complessivamente modesta(circa 200 milioni) consentirà diavviare (per completarli in un lasso di tempo che va da uno a tre anni) ilriordinamento degli archivi degli osservatori astronomici di Bologna, diMilano_Brera, di Palermo, di Catania, di Monteporzio Catone (in questocaso si tratta della prosecuzione di un progetto avviato l ‘anno scorsocon fondi ordinari) e di Padova. Notazione d’obbligo, considerata la sedein cui ci troviamo: Padova ha avuto il finanziamento più alto, che dovreb-be consentire di completare il lavoro, cioè 60.000.000.

Fin qui i dati, normativi e finanziari, della tutela. Vorrei tuttavia ram-mentare che il quadro normativo delineato dal decreto legislativo490/1999, e confermato dalla legge di riforma costituzionale recentementeapprovata in via definitiva dal Parlamento italiano, prevede un profondo

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coinvolgimento delle istanze locali in tema di conservazione e di valorizza-zione.

Per l’appunto in tema di “valorizzazione”, di tutela attiva, come è stataanche definita, la collaborazione tra soggetti pubblici diviene sistema, an-che con il coinvolgimento di soggetti privati. Rispetto a questo obiettivo,interessanti prospettive sono aperte anche dal decreto legislativo n.368 del20 ottobre 1998, di riorganizzazione del Ministero per i beni e le attivitàculturali.

Io ritengo dunque che il progetto Studium 2000, concepito e fin qui so-stenuto dallo Stato e dagli atenei italiani, possa e debba raccogliere ade-sioni anche da altri soggetti, pubblici e privati, disponibili a mettere a fat-tor comune le proprie risorse per la sua prosecuzione. In quest’opera di“proselitismo”, se mi passate il termine, tutti possiamo considerarciugualmente impegnati. Mi auguro, quindi, che la 4ª Conferenza organizza-tiva degli archivi delle università italiane veda riunite intorno a questo ta-volo anche altre istituzioni, altri soggetti pubblici e privati, impegnati aportare avanti con noi il difficile e meritorio compito.

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GIANNI PENZO DORIA

Il 1° Rapporto sugli archivi storici delle università italiane

Gli obiettivi di Studium 2000 sono la tutela e la valorizzazione degli ar-chivi storici delle Università italiane; nel concreto, pertanto, i risultati atte-si sono la redazione dei mezzi di corredo (censimento, riordinamento, in-ventario informatizzata, etc.) e la realizzazione di iniziative di promozionedidattica delle fonti e della ricerca archivistica.

Da queste considerazioni generali è scaturita l’idea di verificare lo statodegli archivi, progettando una pubblicazione che raccogliesse i dati relativiad un patrimonio straordinario e spesso sconosciuto perfino agli stessi entiproduttori. L’idea di un rapporto generale non poteva però non essere ac-compagnata dalla collaborazione degli operatori universitari. Per questomotivo, si è deciso di operare in due fasi distinte ma integrate: in un primotempo di mettere a disposizione di tutti le informazioni raccolte dalle So-printendenze archivistiche nel corso degli anni e di stampare, con i daticosì raccolti, una bozza provvisoria del rapporto; in un secondo tempo,raccolte le osservazioni, le modifiche e le integrazioni dei diretti interessatidi pubblicare il Rapporto vero e proprio.

Le schede che qui si presentano, nella forma di un pre-print, intendonodunque offrire all’attenzione dei responsabili delle Università, degli stu-diosi di archivistica, dei funzionari delle Soprintendenze, un primo risulta-to delle indagini promosse dal gruppo di coordinamento del progetto Stu-dium 2000, con l’intento, appunto, di munirsi, innanzitutto, di uno stru-mento operativo per la realizzazione del progetto e, allo stesso tempo, por-re le basi per un futuro, più preciso, esaustivo ed organico censimento.

Il panorama che emerge da questo primo approccio è estremamente di-versificato, fedele (e crudele) specchio di una realtà purtroppo sedimenta-

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tasi nel tempo. Le schede contengono informazioni molto spesso disomo-genee, come disomogenea è la situazione sul territorio. A fianco di Univer-sità che hanno avviato da qualche tempo organici interventi di recuperodel patrimonio documentario ve ne sono altre rispetto alle quali il compila-tore della scheda non ha potuto che alzare le mani, sconfitto. Più frequen-temente, si è potuto solo dar conto di metri lineari, scatoloni, e via dicen-do. Talvolta la prima impressione, o la prima risposta ricevuta chiedendonotizie ai responsabili degli Atenei, lasciava pensare che tutte le carte fos-sero andate perdute: un esame più accurato ha spesso portato a scoprirepatrimoni sconosciuti. È motivo di un qualche orgoglio constatare i positi-vi risultati — verificati sul campo proprio con questa richiesta di informa-zioni — dei lavori di ordinamento già intrapresi. Laddove Studium 2000 ègià diventato una realtà operante i dati sono più sicuri, più completi anchese, magari, ancora settoriali.

Sono state date alcune scarne indicazioni di lavoro: censire i dati com-plessivi di consistenza, fornendo gli estremi cronologici e, quando possi-bile, articolare le informazioni per unità archivistiche (buste, registri, vo-lumi); segnalare la presenza di archivi aggregati, inserire in nota ogni os-servazione ritenuta utile e pertinente. Quello degli archivi aggregati è ap-parso immediatamente un settore di notevole rilievo: in particolare, èemersa con evidenza (anche se sostanzialmente il fenomeno era già noto)la significativa presenza di carte personali di ricercatori, docenti, studiosi.La bibliografia è, in larga misura, quella indicata dai compilatori delleschede, con la segnalazione ulteriore, aggiunta dal gruppo di lavoro, distudi e saggi complessivi e repertori ormai “classici”.

La sfida — e questo è il nostro impegno — è quella di trasformare questiprimi dati "sparsi" in un organico rapporto sugli archivi storici delle Uni-versità italiane. Il successo dipende, in massima parte, dal parallelo pro-gredire dei lavori di censimento e ordinamento di Studium 2000, comeprogress su più fronti che si intrecciano e si compensano, e dalla collabora-zione che - ci auguriamo - troveremo negli atenei. Il fatto, di rilevanza stra-tegica, di consegnare questa prima bozza durante la 3ª Conferenza organiz-zativa degli archivi delle università italiane è sicuramente un primo passoverso la collaborazione più ampia.

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SALVATORE CONSOLI

Gli archivi delle università siciliane

Gli archivi storici delle università della Sicilia non sembrano presentarea prima vista grandi novità rispetto alla situazione rilevata nel 1994 (in-chieste Lodolini e Bonfiglio Dosio).

È stato nominato il direttore dell’archivio storico - da tempo ricono-sciuto di particolare importanza - dell’Università di Palermo, che di recen-te ha riservato particolari attenzioni alle problematiche del protocollo edell’archivio corrente.

L’archivio dell’Università di Messina - funestato dalla perdita dell’ar-chivio antico, relativo al periodo cinque-seicentesco, e di quello moderno acausa degli eventi dell’ultima guerra mondiale - è tuttora segno di un co-spicuo lavoro di ricostruzione storiografica. A fronte di ciò, il complessoarchivistico rimane in attesa di iniziative che ne curino l’ottimale conserva-zione e fruizione.

L’archivio dell’Università di Catania - non solo la parte storica - ha co-nosciuto negli ultimi tre anni significativi interventi che nell’insieme dise-gnano un quadro nuovo e in progressiva evoluzione.

L’impulso venne inizialmente dato dall’avvio del Progetto Catania-Lecce, finanziato con fondi dell’Unione Europea e finalizzato al recuperoe alla valorizzazione del patrimonio culturale delle università di Catania edi Lecce. Lo svolgimento del lavoro progettuale ha consentito fra l’altrol’istituzione della sezione separata, che nel febbraio 2000 è stata ricono-sciuta di particolare importanza ai sensi del DPR 1409/63.

Dallo scorso febbraio è iniziata l’opera di ricognizione e inventariazionedel nucleo antico dell’archivio storico, quello sul quale informa la schedaelaborata per Studium 2000, i cui estremi vanno dal 1661 al 1884. Scopo

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progettuale è la compilazione di un inventario aggiornato, elaborato concriteri archivistici, che consenta una migliore fruizione del fondo: ad essa ealla valorizzazione dell’archivio mira anche la rilevazione di immagini informato elettronico, che consentiranno di consultare anche a distanza unacerta parte della documentazione.

Altrettanto importante è tuttavia il recupero della documentazione ot-to-novecentesca rimasta nei depositi. Sono stati censiti alcuni km di do-cumentazione: di questa, 1.500-2.000 metri lineari sono pertinenzadell’archivio storico, essendo anteriori al 1960. Col software Arianna sonostate compilate oltre 5.000 schede di censimento e inventariazione, relativea varie serie documentali individuate nei depositi nei quali s’erano andateammucchiando per lo più in disordine: si possono citare le importanti se-rie dei registri delle deliberazioni del Senato Accademico, dei Consigli diFacoltà, del Consiglio di Amministrazione; e poi i registri delle carrierescolastiche, delle lezioni, degli esami; i fascicoli del personale e quelli deglistudenti, etc. (molta altra documentazione, soprattutto contabile e delleamministrazioni decentrate, deve essere ancora censita).

Il riordino dei depositi è appena all’inizio: difatti nell’estate 2000 unanotevole massa di documentazione - composta prevalentemente da fasci-coli personali degli studenti - è stata trasferita in un locale appositamenteacquistato e attrezzato come archivio di deposito. Proprio i fascicoli deglistudenti sono stati al centro dell’opera di selezione e scarto chel’amministrazione ha intrapreso nelle forme previste dalla normativa: i ri-sultati conseguiti finora mostrano come la razionalizzazione degli spazi chene consegue incida positivamente sulla conservazione.

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ANGELA MUSCEDRA

Gli archivi universitari pugliesi

Le schede elaborate per le Università pugliesi, nell’ambito del 1° Rap-porto sugli archivi universitari, si riferiscono all’Università degli Studi diBari, all’Università degli Studi di Lecce, al Politecnico di Bari eall’Università degli Studi di Foggia.

Per la LUM Jean Monnet, prima Università privata del Mezzogiorno, èstata compilata una scheda nella quale sono stati riportati solo alcuni rife-rimenti essenziali.

Le informazioni riportate nelle schede, relativamente agli enti, agli ar-chivi e alle recenti iniziative, riguardano dati già acquisiti dalla Soprinten-denza archivistica per la Puglia, per l’occasione aggiornati o integrati. Inparticolare, per l’Ateneo barese, che ha già aderito al Progetto Studium2000, sono stati forniti dati sintetici su serie e unità archivistiche oggetto diinterventi di censimento, riordinamento ed inventariazione informatizzata— in corso — nell’ambito di un Progetto di tutela e valorizzazionedell’archivio storico finanziato dal Ministero per i beni e le attività cultu-rali-Ufficio centrale beni archivistici (ora Direzione generale degli archivi).Per l’Università degli Studi di Lecce sono state invece rese note le primeiniziative adottate dall’Ateneo e dal Consorzio universitario salentino perla tutela degli atti più antichi conservati presso le rispettive sedi. Si segnalainoltre che la riflessione sulle complesse e lunghe vicende che hanno de-terminato, nel corso del XX secolo, la nascita delle quattro Università sta-tali, estesa — per Bari, Lecce e Foggia- alle strutture formative (collegi, li-cei, scuole, istituti, cattedre) che nei secoli precedenti avevano soddisfattol’esigenza di istruzione superiore a livello universitario, ha lasciato intrave-dere “piste di ricerca” per archivi o serie archivistiche di quelle stesse isti-

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tuzioni. La Università degli Studi di Napoli, unico centro di formazioneintellettuale nel Mezzogiorno d’Italia - per privilegio garantito dal suofondatore Federico II e difeso nei secoli successivi — è naturalmente un ri-ferimento importante e indispensabile per studiare le origini degli Ateneipugliesi e di tutte le Università meridionali.

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MICHELA SESSA

Tra razionalizzazione e valorizzazione:l’esperienza di Studium 2000 in Campania

L’esperienza del progetto Studium 2000 in Campania assume alcune ca-ratteristiche particolari: lasciando alle schede pubblicate nel 1° Rapportol’analisi più specifica di ciascun ateneo, vale la pena di sottolineare alcuniaspetti.

Il progetto ha sicuramente determinato un impulso all’attività di vigi-lanza della Soprintendenza in questa particolare tipologia di archivi, che siè tradotta in visite ispettive, censimenti, selezioni di materiale da avviareallo scarto. D’altro canto gli atenei erano già in molti casi avviati alla solu-zione dei problemi archivistici da eventi concomitanti: l’autonomia deglienti con susseguente riorganizzazione delle strutture, la forte accelerazioneall’informatizzazione dei procedimenti — soprattutto l’adozione del proto-collo elettronico. Non va dimenticato il forte impatto delle iniziative pado-vane di Titulus 97.

Uno dei primi risultati è stata la creazione di “Commissioni perl’archivio” negli atenei maggiori — Napoli Federico II e Salerno —, con loscopo precipuo di raccogliere intorno ad un tavolo tutti i soggetti coinvoltinella gestione archivistica: amministrativi, informatici, docenti, funzionaridella Soprintendenza. L’intento è anche quello di soddisfare, accanto adesigenze ormai consolidate di descrizione dei fondi e di selezione per loscarto, il bisogno di aggiornamento e formazione del personale degli ate-nei. È da segnalare che, anche a seguito del lavoro della Commissione,l’ateneo salernitano ha indetto un concorso per archivista di VIII livello,che si sta espletando.

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L’attività più specifica prodotta per Studium 2000 ha interessato per lamassima parte l’archivio storico dell’ateneo federiciano: nel 1999 è statoavviato un progetto di precatalogazione - finanziato dall’Ufficio Centraleoggi Direzione degli archivi — dedicato al censimento dei fondi costituentil’archivio storico dell’Università Federico II di Napoli; tale progetto, che siconclude quest’anno, ha consentito un completo censimento dei fondi ar-chivistici presso le strutture amministrative e didattiche dell’Università,portando alla luce e decrivendo le serie ed i fondi che costituirannol’archivio storico di prossima istituzione.

Anche l’Università di Salerno aderisce al progetto e si avvia a definire lerisorse che intende dedicarvi.

In conclusione, tra gli effetti più appariscenti di Studium 2000 si segnalal’incremento di possibilità di lavoro per gli archivisti liberi professionisticampani, tormentati in un recente passato da un mercato sicuramenteasfittico che mostra, finalmente, segnali di risveglio.

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MICAELA PROCACCIA

Il caso della “Sapienza” di Roma

Dopo il convegno sulle università svoltosi a Padova nel 1994 fu avviatadalla Divisione Vigilanza una prima riflessione sulle questioni aperte, conil proposito di mettere a punto le linee guida di una organica politica di tu-tela degli archivi universitari, da realizzare, non appena avuta la disponibi-lità di risorse finanziarie per intervenire sugli archivi degli enti pubblici.

La situazione che ci si trovava ad affrontare era sicuramente complessa:da una parte, in tempi recenti, alcune università, che per tradizione hannosempre ereditato le carte dei propri docenti, avevano avviato una politicadi acquisizioni, operate anche sul mercato antiquario, avente per oggettoarchivi di famiglia, personali, di imprese, che spesso sono stati valorizzati emessi a disposizione degli studiosi, talvolta costituendo appositi Centri,spesso divenuti punti di riferimento per la ricerca e poli di attrazione perla conservazione di materiale documentario. Sono ben conosciuti il“Centro di ricerca sulla tradizione manoscritta di autori moderni e con-temporanei” (Università di Pavia) o dell’“Archivio progetti Angelo Masie-ri”, sorto presso l’Istituto universitario di architettura (IUAV) di Venezia.Allo stesso tempo, gli archivi “propri” delle università spesso non riscuo-tevano la stessa attenzione, finendo col trovarsi in situazioni di disordine,quando non di degrado, che li rendevano totalmente inutilizzabili non soloper la ricerca storica, ma anche, talvolta, per la ricerca amministrativa che— in talune occasioni — può riguardare anche carte ultradecennali.

Il caso dell’Università “La Sapienza” di Roma appare emblematico: laparte preunitaria si trova presso l’Archivio di Stato ed è studiata e valoriz-zata, mentre la documentazione postunitaria, ancora conservata nell’Ate-neo non è accessibile. Nell’intervento di E. Lodolini pubblicato negli Atti

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del Convegno “La storia delle Università italiane; archivi, fonti, indirizzi diricerca” (Padova 27-29 ottobre 1994)”, Padova 1996, la situazione delladocumentazione conservata presso le strutture universitarie è così descrit-ta: “parte in ordine (studenti, docenti), parte in assoluto disordine,[l’archivio] accatastato alla rinfusa e con gravi lacune dovute a distruzioniaccidentali e all’incuria”. Non era neppure ben conosciuta l’esatta colloca-zione fisica di tutta la documentazione, al di là della massa di carte giacen-te presso il Rettorato. Si tratta, a prima vista di un caso eclatante, che ri-guarda proprio gli anni in cui l’ateneo romano diventa l’università per ec-cellenza dello Stato italiano, cioè un luogo di complesso intreccio fra cul-tura, ricerca, propaganda, potere, come sarà ancora più evidente nel ven-tennio fascista.

Nello stesso tempo, in anni recenti, anche l’Università di Roma ha av-viato la costituzione di un Centro di documentazione dedicato alla conser-vazione di archivi e documenti relativi all’attività di critici e scrittori delNovecento. Una sorta di contraddizione, se vogliamo, ma comune: unaepitome di un quadro generale, di proporzioni più evidenti all’internodella “Sapienza” romana, a causa delle gigantesche proporzionidell’Ateneo.

In questa situazione l’intervento dell’Ufficio centrale per i beni archivi-stici ha assunto il carattere di un intervento di frontiera, il cui primo sforzoè stato quello di ricavare una serie di dati, anche sommari ma certi,dall’esame di una situazione a prima vista di caos ingovernabile. Graziealla fondamentale collaborazione della Scuola speciale per archivisti e bi-bliotecari dell’Università, sono stati censiti i luoghi di conservazione ed èstata avviato, almeno, il lavoro di identificazione e quantificazione delle se-rie conservate presso il Rettorato e nei sotterranei delle segreterie. I datidella consistenza riportati, risultano dal censimento avviato con il contri-buto del Ministero e riguardano i Verbali del Senato accademico, del Con-siglio della Casa dello studente, del Comitato direttivo, dei Consigli di fa-coltà, del Consiglio di direzione, del Consiglio di amministrazione, i regi-stri di protocollo, di concorsi, di amministrazione, il carteggio generale(1872-1970), l’archivio della prima Ripartizione (Affari generali). 170 sca-toloni contengono materiale documentario delle ripartizioni I,III,V. Vi so-no, inoltre, non quantificati, gli archivi delle matricole e della ragioneria.Presso la sede della Ripartizione IV, situata all’aeroporto dell’Urbe, si tro-vano i fascicoli personali degli studenti a partire dagli anni ‘60 e parte delletesi di laurea che saranno trasferite con le altre, che per il momento si tro-

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vano ancora in precarie condizioni nei depositi sotterranei dell’Università,presso il nuovo locale di via S.Bargellini. Come è evidente, siamo ancoraall’inizio, anche se è pronto un piano di prosecuzione del lavoro, che pre-vede anche una operazione di scarto (per la quale è stato predisposto unelenco). Inutile sottolineare come la ricognizione effettuata abbia messoancora più in evidenza l’inadeguatezza e l’inidoneità degli spazi attualmen-te adibiti alla conservazione della documentazione, ad eccezione del mate-riale della Ripartizione I, ospitato nei sotterranei del Rettorato. Alla primafase di lavoro è seguita quella di individuazione della documentazione isti-tuzionale destinata a confluire nell’archivio storico, in buona parte conser-vata nel deposito sottostante le segreterie. Per il futuro, si prevede unaanalisi approfondita della documentazione, con l’obbiettivo di individuarele serie prevalenti e gli estremi cronologici. Sarà, inoltre, analizzato il mate-riale conservato presso il deposito dell’Urbe, per ricavarne indicazioni cir-ca la facoltà di appartenenza e gli estremi cronologici. Si verificherà, infine,l’esistenza di altri depositi, attualmente sconosciuti.

Mi sembra importante sottolineare come, garanzia del buon inizio delleoperazioni, che ci ha portato, quanto meno, a conoscere dati sufficienti aprogrammare un intervento assai più mirato e articolato di quanto non sipotesse immaginare all’inizio, sia stata la collaborazione di due organismi:la Scuola speciale (ufficialmente investita del problema dal Rettore) e,prima ancora, la Commissione per l’Archivio storico dell’Università chehanno costituito — allo stesso tempo — un interlocutore istituzionale di rife-rimento ed un competente sostegno operativo per la Soprintendenza ar-chivistica. Grazie a questo positivo concorso di intenti, anche nel casodella “Sapienza”, spesso citata come un “monstrum” (purtroppo non nelprimitivo significato etimologico di “meraviglia”) ingovernabile, possiamo— per quanto riguarda i futuri sviluppi e mantenendo un occhio vigile sulprossimo riassetto dell’Università — immaginare prospettive più rosee.

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GIOVANNA GIUBBINI

Il progetto Studium 2000 e gli archivi storici delle universitàdell’Umbria: esperienze e prospettive

La Soprintendenza archivistica per l’Umbria sta effettuando,nell’ambito del progetto Studium 2000, interventi di riordinamento ed in-ventariazione sull’archivio storico dell’Università degli Studi di Perugia esull’archivio di deposito e storico dell’Università per stranieri di Perugia.

Si tratta di due realtà completamente diverse per la storia, la prima ri-sale al secolo XIV mentre la seconda al 1921, per la quantità di documen-tazione conservata e per la complessità delle strutture organizzative delledue istituzioni. In questa sede non si ritiene opportuno soffermarsi sullevicende dei due enti poiché notizie dettagliate in merito sono state comu-nicate nel corso della 2ª conferenza organizzativa degli archivi delle Uni-versità italiane1 e sono, altresì, reperibili nel 1° rapporto sugli archivi stori-ci delle Università presentato nel corso dell’attuale conferenza.

Nell’intervento previsto nell’ambito della tavola rotonda Una fotografiada mettere a fuoco: i dettagli del primo rapporto sugli archivi storici uni-versitari, si illustreranno, in modo particolare, gli esiti che hanno prodottogli interventi in corso sui complessi archivistici dei due atenei di Perugia.

Un importante punto su cui riflettere è costituito dalla scelta operatadall’Amministrazione archivistica di elaborare, unitamente all’Università

1 Nel corso della 2ª conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane (Padova,11-12 novembre 1999) sono state presentate due relazioni sulle università umbre, preci-samente L’avvio del progetto Studium 2000 sull’archivio dell’Università per stranieri di Pe-rugia a cura di Mario Squadroni; I primi risultati del progetto Studium 2000 sull’archiviodell’Università degli Studi di Perugia a cura di Giovanna Giubbini.

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degli Studi di Padova, un progetto nazionale sugli archivi delle università,anziché limitarsi a sostenere interventi su isolati complessi documentari.

La politica attuata dalla divisione vigilanza dell’Ufficio centrale per ibeni archivistici ha introdotto un nuovo modo di esercitare la vigilanza daparte dello Stato, vorrei sottolineare in modo particolare la costanza concui ha seguito lo svolgimento dei lavori presso le singole realtà ed il fortesostegno, dal un punto di vista scientifico e finanziario, con il quale ha so-stenuto l’attività delle Soprintendenze archivistiche.

Per quanto riguarda le università umbre va sottolineato che l’iniziativaintrapresa con Studium 2000 ha richiamato l’attenzione degli amministra-tori delle Università sul proprio patrimonio archivistico, in entrambi i casi,fino a poco tempo fa, abbastanza sottovalutato. Oggi, a due annidall’inizio dell’intervento sull’archivio dell’Università degli Studi di Peru-gia, l’amministrazione universitaria ha preso importanti determinazioniper creare una struttura archivistica dove conservare l’archivio di depositoe quello storico, prevedendo, tra l’altro, ampi spazi destinati agli uffici delpersonale e alla sala per la consultazione della documentazione. Analogheiniziative sono state intraprese dall’Università per stranieri di Perugia.

L’interesse che le antiche carte hanno suscitato presso gli organi diri-genti amministrativi dell’Ateneo perugino ha indotto questi ultimi a com-prendere la necessità di riorganizzare e razionalizzare la gestionedell’archivio corrente e di quello di deposito.

Nel caso umbro, per entrambe le università, l’intervento effettuato dallaSoprintendenza archivistica sull’archivio storico ha costituito un volanoper intraprendere una politica di profonda innovazione in tutto il settorearchivistico.

Infine si ritiene utile offrire uno spunto di riflessione sul ruolo svoltodall’Amministrazione archivistica nei confronti del personale esterno, i co-siddetti archivisti liberi professionisti, incaricato degli interventi di censi-mento, riordinamento e inventariazione degli archivi storici delle università.

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FELICE LUIGI PREVITI

Gli archivi universitari toscani

Nella relazione svolta in occasione della Conferenza di Padova del 22-23 ottobre 1998 ricordavo l’esistenza, in Toscana, di diversi e importantiatenei e istituti di istruzione universitaria, alcuni di antiche origini e tradi-zioni, altri di istituzione assai più recente, ricchi, nel loro insieme, di unostraordinario patrimonio archivistico, ancora poco conosciuto e non ade-guatamente valorizzato.

Oggi possiamo dire che, in conseguenza del lavoro di indagine, di cen-simento, ma anche di riordino e di inventariazione svolto in questi due an-ni e mezzo, di tale patrimonio (che risulta ancora più cospicuo di allora)cominciamo ad avere un quadro o se vogliamo una fotografia più completanell’insieme e più nitida nei dettagli, e che si stanno gettando le basi per ilsuo recupero e la sua valorizzazione. A dare impulso e motivazioniall’attività di conoscenza e di censimento degli archivi universitari hannoconcorso, intrecciandosi, diversi fattori, con effetti di moltiplicazione reci-proca. In primo luogo, direi, le iniziative ed i progetti nazionali Titulus 97,Thesis 99, Studium 2000, che hanno suscitato un nuovo e ampio interessenei riguardi di questa tipologia di archivi, a lungo trascurati e misconosciu-ti, ai quali vanno accostate altre importanti iniziative di censimento e divalorizzazione di fonti e di archivi, quali quelli relativi alla storia dellascienza, che hanno nessi e legami culturali, scientifici, ma anche archivisti-ci, assai stretti con il patrimonio documentario conservato presso le uni-versità. In secondo luogo, per quanto riguarda la nostra Regione,l’ulteriore sviluppo del Progetto sugli “Archivi della cultura del Novecentoin Toscana”; la pubblicazione, nel 2000, della seconda guida agli archivi dipersonalità della cultura tra ’800 e ’900, dedicata all’area pisana, ha messo

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in risalto, come già era avvenuto con la prima, relativa all’area fiorentina,la consistente presenza di questo tipo di fondi archivistici nelle università,e in special modo presso facoltà, dipartimenti ed altri istituti didattici e diricerca.

I dati salienti della fotografia toscana, quali emergono dalla lettura delleschede, sono i seguenti: i complessi archivistici delle università di Firenze,Pisa, Siena, comprendono oltre 26000 pezzi, per un arco cronologico cheva dal XV° secolo alla fine del secolo scorso, riferibili agli archivi storici“centrali”; circa 11000 unità archivistiche riconducibili agli archivi cosid-detti aggregati, di origini in molti casi ancora più antiche (si pensiall’archivio Salviati, conservato presso la Scuola Normale di Pisa, checomprende documenti del XII sec); oltre 30000 documenti, del XIX e XXsecolo, prodotti da alcune strutture didattiche e di ricerca, ed in esse con-servati; più di 70 archivi privati, in grande prevalenza di personalità dellacultura, anch’essi classificabili tra gli archivi aggregati, ma conservati, perla gran parte, presso Facoltà, Dipartimenti, Istituti e Musei universitari.Esistono strumenti di corredo più o meno perfezionati, tra i quali si se-gnalano due inventari a stampa, (Università di Siena e Università per stra-nieri di Siena), inventari dattiloscritti, elenchi, e le due guide di archivi dipersonalità della cultura prima ricordate.

I progetti finanziati nell’ambito di Studium 2000 sono tre, e riguardanol’archivio storico dell’Università di Firenze, l’archivio ad esso aggregatodelle Montalve alla Quiete, e gli archivi di natura privata conservati pressoalcune Facoltà dell’Università di Siena. Solo quest’ultimo progetto, checonsiste nel censimento e nella inventariazione di tali fondi (quasi tutti distudiosi ed ex docenti universitari) è stato per il momento avviato.

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LEONARDO GRANATA

L’Archivio storico del Seminario maggiore di Padova.Analisi della documentazione conservata dall’Istituzione

I lavori per un complessivo intervento archivistico sulla documentazio-ne conservata nel Seminario maggiore di Padova hanno preso avvio nelfebbraio del 1999 e sono proseguiti fino al mese di gennaio di quest’anno,grazie ad un assegno biennale per attività di ricerca finanziato dal Dipar-timento di Storia dell’Università degli Studi di Padova.

Sia pure in maniera necessariamente parziale e provvisoria, trattandosidi una ricerca rimasta, allo stato attuale, ancora aperta, si desidera offrirein questa sede una prima relazione sui risultati conseguiti, con una analisid’insieme sopra la documentazione conservata dall’ente. In conclusioneverranno tracciate le linee guida per eventuali futuri sviluppi del progetto.

Ambito del progetto

L’Archivio storico del Seminario maggiore di Padova rappresenta unarealtà archivistica complessa, stratificatasi con continuità nel corso di oltrequattrocento anni (dalla costituzione del primo Seminario o Seminariovecchio, fra il 1569 ed il 1570, alla fondazione del nuovo Seminario volutada Gregorio Barbarigo nel 1670, fino ai giorni nostri). Conserva la docu-mentazione prodotta dall’ente, sia come importante istituzione culturale,in stretti e costanti rapporti con Padova e l’Università, sia nell’ambito diattività economiche e patrimoniali che servirono a garantire lo svolgimentoe lo sviluppo dei compiti istituzionali, ponendosi inoltre come polo attrat-tivo di archivi aggregati di considerevole rilevanza storica.

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Soprattutto a partire dalla seconda metà dell’ottocento l’Archivio hatuttavia in parte smarrito una propria precisa identità, a causa certamentedel diverso contesto storico in cui il Seminario si trovò ad operare dopol’unità d’Italia, ma anche, all’interno della stessa istituzione, per la man-canza di una adeguata strategia conservativa che portò a ripetuti trasferi-menti di locali del complesso documentario. L’Archivio è inoltre privo distrumenti di corredo, sia antichi che moderni, che ne consentano l’accessoed una adeguata conoscenza e tutela, con la limitata ma significativa ecce-zione per una parte della documentazione più antica dell’Archivio ammi-nistrativo.

Anche sotto il profilo strettamente archivistico il complesso documen-tario non è mai stato nel suo insieme oggetto di organici studi, anche sedocumenti in esso conservati risultano spesso conosciuti ed utilizzati daglistudiosi (ma con ovvi problemi di ricerca e identificazione data la mancan-za di strumenti di accesso), specialmente per quando riguarda il periododella rifondazione barbariciana (1664-1697); solo in questi ultimi anni so-no state condotte alcune specifiche ricerche con metodi e finalità propria-mente archivistiche, riguardanti tuttavia ancora porzioni limitate della do-cumentazione.

L’attuazione del progetto

Lo stato di disordine in cui è stato trovato l’insieme dei documentiall’inizio dei lavori ha reso necessaria una ricognizione preliminare perl’identificazione del materiale archivistico e dei principali nuclei documen-tari, collocati in diversi ambienti del Seminario (Siberia2, Rettorato, Biblio-teca, Amministrazione). Durante questa fase i documenti sono stati separa-ti da materiale eterogeneo e di scarto e, per quanto possibile, dai libri cuierano talvolta frammisti, superando, sia pure provvisoriamente, la man-canza di spazi disponibili, idonei a ricevere i pezzi archivistici che veniva-no progressivamente rinvenuti e schedati.

2 Dai chierici del Seminario, che qui avevano le loro camerate, vennero definiti con il no-me di Siberia quattro ampi ambienti ed un lungo corridoio di collegamento postiall’ultimo piano dell’ala sud del corpo centrale dell’edificio prospiciente via Memmo. Ilocali sono ora adibiti a deposito librario della Biblioteca del Seminario e contengonoinoltre la maggior parte dei documenti del complesso archivistico. Nella guida topografi-ca all’archivio ho ritenuto opportuno mantenere il termine Siberia in quanto entrato datempo in uso corrente nel Seminario per identificare con precisione questa zonadell’edificio.

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Il lavoro di ricerca è proseguito con la schedatura preliminare di 2173pezzi ed un primo riordinamento provvisorio del complesso documenta-rio, ottenendo una più precisa definizione dell’archivio ed in particolaredell’Archivio amministrativo.

Per la schedatura preliminare dei pezzi, la conseguente elaborazionedell’albero fisico e la prima definizione di quelli logici dell’archivio è statoutilizzato il software Arianna, passando dalla versione sperimentale, utiliz-zata durante il primo anno di ricerca, a quella definitiva.

Principali fondi archivistici conservati dall’ente

Il complesso archivistico è caratterizzato da una struttura articolata e dauna eterogeneità di tipologie documentarie, in relazione all’ampio arcotemporale ricoperto, ai diversi produttori ed alle attività svolte dal Semina-rio. Accanto a documenti di natura contabile e patrimoniale, si trovanonuclei sparsi, più o meno cospicui, relativi alla Tipografia, alla casa editriceGregoriana, a vari corsi scolastici (ginnasio e liceo) fino alla Facoltà Teolo-gica ottocentesca, documenti di sacerdoti, docenti e studiosi, che operaro-no in Seminario.

Archivio amministrativo

L’Archivio amministrativo costituisce la parte più rilevante della docu-mentazione conservata nel Seminario e copre un arco temporale di settesecoli, dal materiale più antico (sec. XVI, ma con singoli documenti risa-lenti ai secc. XIV-XV), fino a quello più recente, riguardante i primi de-cenni del sec. XX, per un numero complessivo di 2173 pezzi. Comprende295 tomi entro i quali sono stati condizionati nel corso dei secoli XVII-XVIII atti amministrativi, carteggi, pratiche giudiziarie e documenti ri-guardanti il Seminario vecchio (1565-1670) e il Seminario maggiore (dal1670); la documentazione contabile, dal 1577 al 1945, costituita da qua-derni, partitari, registri, libri a tagli, dozzine, consuntivi, documenti diversicondizionati in buste e cassette, cartelle contenenti carte catastali riguar-danti le proprietà del Seminario e disegni relativi ai diversi interventi di ri-strutturazione e restauro a cui furono soggetti gli edifici del Seminario indiversi momenti fra il 1670 ed il primo Novecento. Si trovano inoltre 45tomi provenienti dall’archivio del Monastero di S. Biagio di Padova e 13tomi provenienti dal Collegio Tornacense o Campione.

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Scuole

L’entità della documentazione che costituisce l’archivio delle istituzioniscolastiche, rilevante per il materiale relativo al ginnasio, al liceo, a corsi edistituzioni speciali in diverso modo a questi connessi, alla Facoltà teologi-ca, è attualmente valutabile intorno ai 500 pezzi (registri, quaderni, casset-te, fascicoli, fogli condizionati in pacchi), ora separati dal materiale pro-priamente contabile ed amministrativo e solo parzialmente e provvisoria-mente schedati. La documentazione è conservata sparsa in due diversi lo-cali della Siberia, in Biblioteca e presso il Rettorato

Altri fondi

Il restante materiale archivistico conservato dal Seminario è costituitoprincipalmente dall’Archivio della Tipografia, da documenti della casaeditrice Gregoriana, da documenti diversi, che a loro volta possono costi-tuire fondi anche cospicui, connessi con l’attività svolta da sacerdoti e do-centi che hanno operato in Seminario; parte di questa documentazione èconservata nella Biblioteca, trattandosi di materiale che possiamo conside-rare di confine fra il documentario e bibliotecario.

Tutti questi fondi necessiteranno in futuro di interventi analoghi aquello condotto nei trascorsi due anni sull’archivio amministrativo, inquanto il materiale documentario si trova anche commisto con altro, inuno stato di disordine.

Conclusioni

La schedatura preliminare ha consentito di elaborare un albero di ag-gregazione fisica della struttura del complesso archivistico, organizzatosulla base degli ambienti entro i quali i documenti sono oggi collocati.Sempre partendo dalla schedatura preliminare è possibile proporre un al-tro albero della struttura archivistica, riguardante in questo caso le aggre-gazioni logiche, con l’identificazione dei singoli archivi. Grazie a questoiniziale intervento di riordinamento fisico l’archivio ha comunque oggi ri-preso una sua più precisa identità ed autonomia e potrà disporre tra brevedei primi strumenti di corredo ed accesso.

Nella prosecuzione del progetto si prevede di pubblicare una guida deifondi dell’Archivio storico del Seminario maggiore; seguirà la pubblica-zione della schedatura analitica dei pezzi che costituiscono l’Archivio am-

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ministrativo, con l’obiettivo di giungere al riordinamento ed alla redazionedell’inventario.

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CIRO MADDALONI

Le applicazioni pratiche di XML

Data la vastità dei possibili impieghi di XML, sono stati individuati al-cuni scenari di utilizzo dello standard, particolarmente significativi nelcontesto della Pubblica Amministrazione. Essi riguardano:1. Portali per la pubblicazione di informazioni e l’accesso a servizi e basi

documentali;2. Interscambio dei dati;3. Cooperazione applicativa.

PORTALI PER LA PUBBLICAZIONE DI INFORMAZIONI E L’ACCESSO

A SERVIZI E BASI DOCUMENTALI

Il Progetto “Norme in Rete”

Il Progetto "Norme in Rete" si propone di favorire e semplificare lacreazione gestione e fruizione della documentazione normativa e giuridica.L’obiettivo del progetto è quello di individuare tutta la documentazionegiuridica resa disponibile dai diversi Organismi Istituzionali e renderlafruibile “in rete” in modo omogeneo. A tale scopo è stato realizzato il por-tale http://www.normeinrete.it per facilitare il reperimento della docu-mentazione giuridica, costruendo un indice centralizzato per la ricercafull-text dei materiali giuridici, e collegando l’utente al sito dell’organismoproduttore del documento per la visualizzazione del testo. La funzione edil concetto stesso di portale per la pubblicazione di informazioni e per

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l’accesso a servizi presuppone che l’infrastruttura sia in grado di gestire in-formazioni provenienti da archivi diversi ed anche distribuiti, e sia in gra-do di poterle integrare e presentarle su molteplici piattaforme utente. Inquesto contesto le opportunità di applicazione dello standard XML sonoparticolarmente indicate. Si prevede un’evoluzione del progetto mediantela definizione di un formato elettronico standard per la strutturazione emarcatura dei documenti normativi basato su XML e sulla famiglia di lin-guaggi correlati (XSLT, XSL-FO, RDF, Xlink, Xpointer, XPath…). Strut-turare un testo, separandolo in più parti distinte da elementi descrittivi (imarcatori o tag), permette di migliorare i risultati di una ricerca. Infatti,l’utilizzo di XML aumenta le capacità di classificazione dei documenti equindi l’efficacia dei motori di ricerca e degli strumenti informatici per laredazione di documenti XML, dei DTD per la definizione della strutturanormativa, delle meta-informazioni e RDF (Resource Description Fra-mework) per la “classificazione”. Si possono, inoltre, gestire i link per ilcollegamento fra normative per identificare le risorse tramite URNs (Uni-form Resource Name).

Per accelerare questo processo di sviluppo sono stati costituiti quattrogruppi di lavoro che hanno avuto il compito di approfondire le tematichespecifiche e di indicare le soluzioni da adottare nella realizzazione del si-stema finale. I gruppi di lavoro sono:� Gruppo Software applicativo XML con l’obiettivo di individuare il

software XML da adottare� Gruppo Uniform Resource Name con l’obiettivo di identificare le ri-

sorse tramite URNs� Gruppo Document Type Definition con l’obiettivo di fare l’analisi e lo

sviluppo del DTD per la Normativa� Gruppo Metainformazione con l’obiettivo di individuare le metain-

formazioni da descrivere nei nuovi documenti XML

Memorizzare documenti, codificandoli con una tecnica che consenta diesprimere il “significato” dei documenti stessi o di porzioni di essi, peresempio attraverso l’uso dei marcatori, amplia molto la capacità di gestio-ne dei documenti elettronici e consente di assicurare funzionalità elemen-tari quali ad esempio: la possibilità di effettuare ricerche puntualiall’interno del documento, di gestire automaticamente i dati in esso conte-nuti, ecc. quindi si amplificano le capacità di gestione e manutenzionedelle basi documentali stesse. Le possibilità offerte dal formato XML

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quindi, grazie alla disposizione gerarchica degli elementi, sono molto am-pie. I successi della linguistica computazionale hanno dimostrato, primadell’introduzione di SGML e XML, che il tipo di indicizzazione di testipiù efficiente è quello fondato sull’utilizzo di strutture ad albero, e di algo-ritmi di hashing per dati a bassa frequenza di aggiornamento ove, al livelloatomico, ogni singolo carattere costituisce un nodo. Tali tecniche sonoconnaturate e applicabili senza variazioni alla struttura gerarchica di XML,e allo stesso modo all’indicizzazione di singoli elementi o alla ricerca full-text in un documento, tale struttura si presenta quindi come la forma piùefficiente per la memorizzazione, l’indicizzazione, la ricerca e la manipola-zione di informazioni testuali.

Pubblicare documenti in formato XML consente inoltre che questi pos-sano essere utilizzati/fruiti anche su device diversi dal tradizionalebrowser. Infatti, lo stesso documento, con contenuto invariato, potrà esse-re visualizzato, ad esempio su un telefonino WAP, utilizzando un foglio distile (XSL) specifico in grado di definire come l’informazione dovrà esserevisualizzata su quel device.

Oppure sarà possibile “navigare” con la voce il contenuto del docu-mento stesso. XML consente infatti di classificare puntualmente il conte-nuto dei documenti, quindi questi possono essere localizzati con precisio-

XML (dati)

XSL Voce e/o WML

XSLDesk Top

XSLPalmtop

Utilizzo di XML per inviare i dati a qualsiasi tipo di “terminale”

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ne da un motore di ricerca e possono essere “letti” agli utenti che si sonocollegati al servizio documentale utilizzando un sistema di sintesi vocale.

Questa potrebbe rappresentare in futuro una delle principali motiva-zioni per utilizzare XML per pubblicare informazioni su Internet. Infatti,se si potesse utilizzare il telefono per “navigare” i contenuti di un sito siaumenterebbe di molto il numero di utenti che possono accedere ad unservizio. Si pensi ai disabili, ma anche a situazioni in cui si è impossibilitati,ad esempio, ad utilizzare le mani perché si sta guidando un automezzo.

Un altro grande vantaggio offerto da XML è quello che consente dimantenere le informazioni sul data base per estrarre queste“dinamicamente” nel momento in cui si vuole realizzare il documentoXML. Al documento XML viene applicato il foglio di stile XSL specificoper creare “dinamicamente” la pagina che deve essere pubblicata.

INTERSCAMBIO DEI DATI

L’utilizzo di XML per la registrazione dei contratti di locazione

La registrazione dei contratti di locazione, da parte di Enti pubblici eprivati (soggetti pubblici o privati che effettuano almeno 100 registrazioniannuali) presso gli Uffici del Registro, impone la presenza sul contrattodelle informazioni necessarie (dati anagrafici del “locatore”, dati anagraficidel “conduttore”, dati identificativi dell’immobile concesso in locazione, ecc.)per la registrazione del Contratto di Locazione, come previsto dalle norma-tive vigenti. Si rende necessario, quindi, adottare un formato di documen-to che consenta il reperimento e l’elaborazione dei dati significativi conte-nuti nel testo del contratto di locazione. Poiché esistono sul mercato diver-si editori di testo e poiché il contratto di locazione può avere un formatoed una struttura diversa, in base al tipo di contratto di locazione da regi-strare, risulta particolarmente difficile il reperimento di questi dati dalcorpo del testo del contratto. L’analisi effettuata ha evidenziatol’impossibilità di:� Imporre un editore di testo specifico, perché si identificherebbe anche

un fornitore specifico;� Imporre uno schema contrattuale a struttura fissa, perché limiterebbe

le possibilità di formazione e descrizione dei contratti di locazione;

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� Imporre l’invio dei dati significativi del contratto in una tabella da as-sociare al testo del contratto, perché si potrebbero verificare degli er-rori di associazione “dati-testo_contratto” che comprometterebbero lacapacità dell’Ufficio di reperire, visualizzare e riprodurre il contrattooriginale in caso di richiesta da parte degli utenti.

Per risolvere questo problema, è stata effettuata un’analisi delle solu-zioni di publishing per verificare se una fra queste potesse contribuire a ri-solvere i problemi menzionati. L’analisi ha identificato nell’adozione dellostandard XML la soluzione al problema.

Registrazione telematica degli atti immobiliari

La registrazione telematica degli atti immobiliari (procedure telemati-che per gli adempimenti in materia di registrazione, trascrizione e volturadegli atti relativi a diritti sugli immobili) presso gli Uffici del Territorio edelle Entrate del Ministero delle Finanze, viene effettuata dai Notai attra-verso l’uso della rete pubblica.

La procedura telematica è articolata in diverse fasi e vede coinvolte di-versi soggetti interni ed esterni all’Amministrazione:� L’utente telematico (Notaio);� L’Anagrafe Tributaria;� Gli Uffici delle Entrate;� Gli Uffici del Territorio.

L’utente telematico predispone il file, contenente tutti i dati necessariper gli adempimenti tributari in materia di atti immobiliari (registrazionedell’atto, trascrizione, iscrizione e annotazione nei registri immobiliari, vol-tura catastale), in formato XML, secondo le specifiche tecniche fornitedall’Amministrazione Finanziaria. I dati vengono prima sottoposti ad uncontrollo di validità utilizzando un client fornito dall’Amministrazione equindi vengono inviati all’Amministrazione mediante collegamento tramiteInternet (http — upload) o mediante Notartel. In questo caso vengono uti-lizzati servizi propri della rete notarile per raccogliere i contratti dal clientdei notai, mentre lo scambio con il Ministero avverrà anche in modalitàB2B con il server di Notartel.

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COOPERAZIONE APPLICATIVA

XML ed i protocolli correlati consentono di attivare procedure automa-tizzate, per lo scambio di dati strutturati e per la gestione e l’elaborazioneautomatizzata dei dati in formato XML (il modello classico e rappresenta-to dagli ambienti di cooperazione applicativa B2B).

Utilizzo di XML per realizzare la cooperazione applicativa

L’XML consente di definire, in modo semplice, il formato standarddella struttura dei dati che devono essere scambiati tra due applicazioni.

La struttura dei dati può essere pubblicata su Internet e chiunque desi-dera scambiare dati con quella applicazione potrà, senza accordi preventi-vi tra le parti, avviare la cooperazione, semplicemente attenendosi al for-mato standard richiesto.

Questa metodologia permette un’ampia flessibilità alle parti che avvia-no la collaborazione, perché i dati possono essere formattati per essereelaborati e archiviati o per un’eventuale pubblicazione/utilizzazione deglistessi nel formato più consono alle specifiche esigenze.

I tracciati record possono essere modificati senza modificare le applica-zioni legacy, infatti, si utilizzerà il parser per estrarre i dati significativi ri-chiesti (elementi) e si selezioneranno di volta in volta, con XQL, quelle ri-chieste dall’applicazione legacy.

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Il Sistema Informativo dei Trapianti (SIT)

Il SIT nasce, nell’ambito del Sistema Sanitario Nazionale, conl’obiettivo di supportare le attività che governano la domanda e l’offerta diorgani per i trapianti.

L’organizzazione in cui il SIT si colloca è composta da strutture opera-tive (Reparti di Rianimazione e Centri Trapianti) che fanno capo ai CentriRegionali. Le attività operative sono coordinate dai Centri Interregionali(CIR), a loro volta supervisionati dal Centro Nazionale Trapianti (CNT).Le finalità del SIT sono:� la raccolta della manifestazione di volontà dei cittadini (dichiarazioni

di consenso alla donazione),� il supporto alle interazioni tra gli organismi competenti per la gestione

della domanda/offerta di organi,� il monitoraggio delle attività e l’ausilio al governo del settore attraverso

opportuni strumenti di modellizzazione, analisi e previsione.L’architettura del sistema informativo si basa sulle tecnologie e sugli

standard emergenti dal mondo Internet che, sempre più, si stanno rivelan-do strumenti versatili ed efficaci per realizzare applicazioni, comunquecomplesse, in ambienti aperti. In particolare viene adottato lo standardXML che permette di definire in modo unificato il formato e l’organiz-zazione dei dati scambiati nelle interazioni tra applicazioni. Lo standardXML, oltre ad essere un prezioso strumento per la normalizzazione dellestrutture dati (ad esempio nel caso dei trapianti potrà essere definito unoschema di livello nazionale per i dati del donatore e per descrivere e le ca-ratteristiche cliniche) consente di realizzare, in maniera semplice, nuove epiù efficaci forme di cooperazione applicativa.

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Centro Nazionale

FigFig. 1 . 1 -- IL CIRCUITO DEI TRAPIANTIIL CIRCUITO DEI TRAPIANTI

Lista delle urgenze

Rianimazione CR

segnalazione

Segnal.

Segnalazione

lettura

letturalettura

Lista diattesa CIR

CT

Tra i diversi strumenti adatti a tale forma di interazione, si è verificatoche le infrastrutture basate su XML (Application Servers XML) permet-tono l’interazione tra sistemi mediante gli strumenti tipici di Internet (pro-tocollo HTTP). Il vantaggio di tale scelta consiste nel fatto che essa per-mette di superare lo schema di interazione tradizionale sistema-centricoconsentendo la cooperazione diretta tra i sistemi (in particolare tra i Webserver). Con essa è dunque possibile attuare il modello detto “B2B” che siavvale della capacità di un sistema informatico di innescare opportuneazioni in un altro sistema informatico per realizzare la cooperazione tra or-ganismi diversi. Oltre ad assolvere tali funzioni, l’infrastruttura informaticadeve avere caratteristiche di elevata affidabilità e sicurezza, apertura versoreti esterne, flessibilità ed indipendenza dalle piattaforme tecnologiche.

Anagrafe Tributaria ed Enti Locali del Friuli Venezia Giulia.

Il progetto ha l’obiettivo di realizzare un modello di cooperazione ap-plicativa che consente alle porte delegate degli Enti Locali (tipicamente icomuni) di richiedere dei servizi erogati dal Ministero delle Finanze, qualiad esempio:� Richiesta di attribuzione del codice fiscale individuale ad un nuovo na-

to, a partire dai suoi dati anagrafici;

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� Comunicazione di variazione di residenza di un cittadino;� Comunicazione di decesso di un cittadino.

utilizzando la “porta applicativa”, preposta dalla Regione Friuli per ilservizio Comuni, gli enti locali possono inoltrare le proprie richieste, alservizio preposto dal Ministero delle Finanze.

Il sistema per il trasporto, tra “porta applicativa” e “porta delegata”, sibasa su una infrastruttura MOM. (Per la realizzazione di un modello co-operativo asincrono). L’applicazione preposta è in attesa dei messaggi chevengono accodati su una coda locale del sistema.

Questo consente di realizzare una modalità di colloquio non vincolataad una sola soluzione architetturale, e comunque aderente ai modelli dicooperazione applicativa già proposti in sede AIPA per il dominio deiComuni. Su queste code vengono compiute le seguenti operazioni:� prelievo (GET) dei messaggi dalla coda locale;� invio dei dati all’applicazione che provvede a strutturarli in formato

XML, secondo le specifiche previste;� incapsulamento dei dati in formato XML, nella struttura, anch’essa in

XML, utilizzata per il trasporto;� invio (PUT) del messaggio così realizzato alla coda remota del sistema

reciproco.Il livello di trasporto utilizzerà le informazioni ad esso relative, sia per

spostare il messaggio dal sistema origine al sistema di destinazione, sia perindividuare il livello applicativo preposto per l’erogazione del servizio, alquale sottomettere le informazioni di pertinenza.

Mentre, il livello applicativo utilizza quella parte di messaggio, che deveessere gestita direttamente dall’applicazione, quando questo gli viene con-segnato.

L’XML ha consentito di trasportare il contenuto informativo di un“aggregato di oggetti”, così com’è definito nel modello AIPA del dominiocomuni, quale argomento di una funzione.

Nello stesso tempo l’XML ha reso possibile la trasposizione della strut-tura informativa dell’aggregato in un tracciato record gestibile automati-camente dal servizio già realizzato dal Ministero delle Finanze.

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GIANSALVATORE MECCA

A Glimpse at XMLSchema (and Other Related Standards) withthe Database Researcher’s Eyes

1. INTRODUCTION

XML is rapidly imposing itself as a reference technology in manyclasses of applications. This is causing some hype around the standard andaround the W3 Consortium activities. Many new technologies are beingintroduced, which promise to complement the bare XML with new fea-tures — like hyperlinks, schemas, query languages, etc. — that should makethe adoption of XML more effective in different fields.

Being a rather simple and self-describing syntax, XML is in fact a natu-ral candidate for many classes of applications. We can count at least threemajor fields in which XML is likely to play a central role in the next years:� Document archiving and management: since XML was born as a sim-

plified subset of SGML, the reference markup language for structureddocuments, it is easy to predict that XML will inherit the large diffu-sion of its ancestor in this field;

� Web publishing: XML has in fact been conceived primarily as a meansto simplify document publishing on the Web, in order to offer a clea-ner platform than HTML to separate content and presentation in Websites and allow for easier accessibility and reuse of data through thenetwork; in this respect, XML comes with a bunch of related stan-dards that are primarily aimed at easing its use for Web publishing,

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like hyperlinking formalisms (XLink and XPointer), stylesheet formats(XSLT and CSS), and other related standard like RDF;

� Structured data exchange: one last but not least category of applica-tions of XML is the one related with data exchange by cooperative ap-plications that interact through the network, like, for example, B2Bapplications; these applications focus on a slightly different use ofXML than the previous two; first, data are not usually stored in nativeXML format, but rather in conventional DBMSs; the XML is usuallyproduced at some end of the wire whenever data exchange is needed,sent through the network, and consumed at the other end by import-ing it into the target application. In essence, XML is used as a tempo-rary exchange format, and data is typically more structured than in do-cument-oriented applications. The main focus, here, is on the defini-tion of schemas for XML messages — the so-called XMLSchemas.

This paper focuses on the latter class of applications for XML — i.e.,those related with structured data exchange — and tries to give an overviewof some of the main activities of the Consortium in this field. Special atten-tion will be devoted to XMLSchema, with quick glimpses at other relatedstandards, like XML Infoset — a more abstract reference model for XMLdata than the simple stream of chars upon which XMLSchema is based —and XML Query Languages. The effort will not be that of giving a detai-led presentation of these technologies, but rather that of re-interpretingthe standards under development with the database researcher’s eyes.

2. RELEVANT TECHNOLOGIES FOR STRUCTURED DATA EXCHANGE

There are four W3C activities/standards, either completed or still un-der development, that can be considered as primarily relevant in structu-red data exchange applications. These are the following:XML Information Set (XML InfoSet), an abstract and essentially tree-based model of XMLdocuments;XML Path Language (XPath), a syntax for writing path-expressions on an XML tree;XML Schema, a formalism for building schemas to constrain the structure of an XML tree,in the spirit of databases;XML Query Languages (XML Query), a set of technologies for querying XML trees.

To help the reader in understanding the aims of these four activities, wemay draw an analogue with relational databases: in this respect, we maysay that

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XML InfoSet is an attempt to provide a view of XML based on logicalstructures that are more abstract than the physical string representation, inthe same way as it happens with relational databases, where developersprefer to see data as organized in tables, tuples and fields rather than infiles, disk records and bytes;

XPath, which has a very specific goal, is a syntax for making referencesto portions of an XML dataset; this is similar to the “dot notation” in rela-tional databases for making references to fields in tables, which allows todistinguish the person.name field from the department.name field,or address all fields in table “person” as person.*;

XMLSchema allows to specify and constrain the organization of XMLdatasets, exactly in the same spirit as a catalogue of a database specifies thestructure of tables and the datatypes of fields;

finally, XML Query aims at extending to XML the query functionalitiesprovided by SQL on relational databases or OQL on object ones.

In the following sections, we will first give a rapid glance at XML Info-Set and XPath, and then concentrate on XMLSchema. We will finallybriefly discuss XML Query, of all the least mature technology.

3. PRELIMINARIES: XML INFOSET AND XPATH

3.1 XMLINFOSET

The goal of XML InfoSet [XMLInfoSet 1999] is to provide an abstractdescription of the content of an XML documents, in terms of its informa-tion items; although it is conceived to be implementation independent,from the practical viewpoint the easiest way to think of the InfoSet of adocument is as a tree, whose nodes are the different information items inthe documents, each with a specific type and a set of children (in this re-spect, XML InfoSet can also be thought of as an evolution of DOM).XML InfoSet defines 15 different types of information items that may oc-cur in a document; the main ones are the following:� The document information item, i.e., the document itself, that can be

considered the root of the tree;� Element information items, one for each element in the XML code;� Attribute information items, one for each attribute of an element;

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� Character information items, one for each character in an element orattribute value.

Other types of information items are for DTD and namespace declara-tions, XML entities, processing instructions and comments. Each info itemhas a set of properties. For example, the document info item, the root ofthe tree, has one child element info item (the root element in the XML co-de) plus a set of notation, entities, and possibly one DTD declaration chil-dren info items. Each element has as many element children as the ele-ments in its content model, and as many attribute children as its attributes.One example of a simple XML documents with a tree-like representationof the associated InfoSet is the following (this example was adapted from[XMLQuery 2000]):<?xml version=1.0?><part name="nutbolt">

<mfg>Acme</mfg><price>10.50</price>

</part>

As it can be seen from the picture, the document contains:� 1 doc. info item� 3 element info items� 1 attribute info item� 16 CDATA items (one for each character in value nodes)

By giving a more abstract description of the content of a document,XML InfoSet provides a good basis for XML processing by applications;

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in fact, it can be used to define standard APIs for accessing and manipula-ting XML (as it has already happened with DOM); at the same time, it fre-es developers from the need of dealing with the pure string-based view ofa document, and solves a priori some tedious syntactic issues, like chec-king well-formedness (the InfoSet cannot be constructed for ill-formeddocuments).

The reason for which we are mentioning the InfoSet here is that almostall other standards we will discuss in this paper make some reference to (avariant of) the InfoSet. Also, this tree view of a document helps in under-standing some of the features of XMLSchema, which somehow departfrom the ones that are common in databases, mostly due to two mainaspects of XML:� XML is to be considered as a hierarchical data format; this means that

relationships between data items are not purely value-based, but inmany cases relative to their occurrences in the tree;

� order is relevant, since the children of a node are usually ordered.It is worth noting that the InfoSet, by itself, does not treat references

across documents (i.e., hyperlinks) neither inter-document references (i.e.,idrefs) as first class citizens. These are considered as conventional attribu-tes with no special role. Second, the InfoSet has been conceived to descri-be one document at a time, and has no special construct to describe a col-lection of documents.

3.2 XPATH

XPath [XPath 1999] is a W3C Recommendation aimed at providing acommon syntax for path expressions to the many other XML-relatedstandards that need to manipulate paths (primarily XSLT and XPointer).The reason for which we are briefly discussing it now is that it is used bothin XMLSchema for expressing integrity constraints and in XML Query asa basis for the syntax of paths in the query language.

XPath is based on a tree-like view of an XML document — a variant ofthe InfoSet — and defines a powerful syntax for path expressions. Thebasic building blocks for these expressions are location paths, i.e., selec-tors that, based on the context in which they are evaluated, allow to selecta set of nodes in the tree; for example, /person/spouse/name selectsall name elements of spouse elements of the root element person. Theselocation paths can be complemented with predicates to filter the result set,

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like, for example, /society/employee[role=“Manager”], whichonly selects those employees in a society whose role is “Manager”. Theycan also be combined with variable reference, function calls and variousoperators to build complex expressions, like id(“cap2”)/para-graph[position()=2], which selects the second paragraph of thechapter whose id attribute is “cap2”. A formal semantics of the paths ex-pressible in XPath has been defined in [Wadler 1999].

4. XML SCHEMA: OVERVIEW

XMLSchema [XMLSchema 2000] is a proposal for the definition ofschemas on XML documents. It can be considered a replacement and de-velopment of DTDs, closer to the spirit of databases. Here the word“schema” is in fact used in the same spirit as in databases, i.e., as a set ofintensional constraints on the structure of data. To be more specific,XMLSchemas are to be considered as constraints on the InfoSets of a classof documents.

Interest around XMLSchema comes primarily by B2B applications, andby the fact that DTDs are considered largely inadequate to the task of su-perimposing schemes on structured data (DTDs are better considered as away to specify a grammar for a structured document). The XMLSchemaactivity inherits from several proposals that have been submitted as notesto the Consortium in the last few years. The most popular one is probablyXML Data [XML Data 1998], sponsored by Microsoft and currently usedin the biztalk.org (www.biztalk.org) schema repository as XML Data Re-duced (XDR, a subset of the original proposal). Other proposals that hadsome influence on the Consortium activity are Schemas for Object Orien-ted XML (SOX) [SOX 1998], and DataTypes for DTDs (DT4DTD)[DT4DTD 2000].

To summarize the current proposal, we may say that XMLSchema pro-vides four main facilities:� a syntax for declaring elements and attributes in a document;� a type system for defining complex types based on the existing ones;� a syntax for the definition of integrity constraints over XML docu-

ments, basically key and referential integrity constraints;� several mechanisms for type reuse through schemas, including the use

of namespaces, schema inclusion and type extension.

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For the purpose of this presentation, we will classify items 1 and 2 abo-ve as “base features”, and items 3 and 4 as “advanced features”. The basefeatures can be roughly considered as equivalent to a form of “DTDs withdatatypes”; advanced features have no counterpart in DTDs and introducemore flexibility but also more complexity in the definition of schemes.

In the following, we will primarily attempt to give a description of basefeatures with the help of some examples and analogies with better knowntype formalisms; we will then provide a brief overview of advanced featu-res.

5. XML SCHEMA: BASE FEATURES

Each XMLSchema is an XML document, i.e., schemas are definedusing an XML syntax. This is a clear departure from the choice made withDTDs, that are based on a non-XML syntax, that brings some opportuni-ties — primarily the fact that schemas can be manipulated exactly in thesame way as their instance documents are — but also some subtleties. Infact, each XMLSchema — which defines the structure of a class of instancedocuments — is in turn an XML document, and therefore one instance of a“metaschema”, i.e. the XMLSchema that describes the structure of allXMLSchemas. This must be kept in mind since it has several consequen-ces on the use of names (and namespaces, as discussed in the followingsections) in schemas. To avoid confusion between reserved element names(i.e., element names like “element”, “attribute”, “complexType”, “sim-pleType” that belong to the syntax of XMLSchema, and whose structureis defined in the metaschema), and element and attribute names newlydeclared in a schema, in the following we will prefix all reserved elementnames by the namespace prefix “xsd:”, conventionally associated with theXMLSchema namespace, i.e.:

xmlns:xsd=”http://www.w3.org/1999/XMLSchema”.A schema3 is composed of three parts, as shown in the example below:

3 Instances of a schema, i.e., documents that are supposed to comply to the schema, mayeither explicitly reference the associated schema, or leave to the application the task oflocate the schema and validate the document. For example, a purchase order applicationmay a priori know that all XML documents it processes must comply to some purchaseorder schema, and validate the documents against the schema even though this is not ex-plicitly mentioned in the XML code. Explicit reference to the schema may be done usingeither the “schemaLocation” or the “noNamespaceSchemaLocation” tags.

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� one header, containing the tag “<xsd:schema>” and one optional na-mespace declaration, announcing that the document is indeed anXMLSchema;

� a documentation section, in which annotations (i.e., comments) can beinserted to describe the schema content;

� a declaration and definition section, in which elements, attributes andtypes are described.

A skeleton of a schema is reported below:<?xml version=“1.0” ?><!—header -->

<xsd:schema xmlns:xsd=“...w3.org/1999/XMLSchema”>

<!–- documentation --><xsd:annotation>

Any comment on the schema</xsd:annotation>

<!–- declarations and definitions -->...

</xsd:schema>

5.1 DECLARATIONS AND DEFINITIONS

A schema is essentially a sequence of element of attribute declarations,possibly intermixed with types definitions. To simplify the description ofthe distinction between declarations and definitions, as several others fea-tures of the standard, we shall use a scholastic but quite effective analogywith programming languages, and in particular with Pascal. Declarationsand definitions work exactly in the same way as in Pascal, where it is pos-sible to declare a variable and contextually define its type, like in:

a) <?xml version=“1.0” ? xmlns:xsi=“www.w3.org/1999/XMLSchema-instance”>

<xsi:noNameSpaceSchemaLocation “http://www.aipa.it/person.xsd”>…

<?xml version=“1.0” ? xmlns:xsi=“www.w3.org/1999/XMLSchema-instance”>

<xsi:schemaLocation “http://www.aipa.it/personhttp://www.aipa.it/person.xsd”>

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var person: RECORDname, familyName : STRING;age : INTEGER

END;

or, in alternative, define a type by giving it a name and then use thename to declare a variable:type personType = RECORD

name, familyName : STRING;age : INTEGER

END;var person : personType;

Correspondingly, in XMLSchema it is possible to declare one element“person” (ignore for now the actual semantics of the type definition):<xsd:element name="person“>

<xsd:complexType><xsd:sequence><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/>

</xsd:sequence></xsd:complexType>

</xsd:element>

or define a type “personType” and then declare element “person” as anelement of the new type:<xsd:complexType name=“typeOfPerson”>

<xsd:sequence><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/>

</xsd:sequence></xsd:complexType>

<xsd:element name="person“ type=“typeOfPerson”/>

5.2 BASE TYPES

Declarations use primarily the large collection of base types offered byXMLSchema. There are 42 different types; some of these are applicable toboth elements and attributes, like “xsd:string”, “xsd:integer”, “xsd:float”,“xsd:date”, “xsd:time”, “xsd:URIReference”; other are reserved to attri-butes, and have been introduced to preserve compatibility with DTDs(“xsd:id”, “xsd:idref”, “xsd:NMTOKEN”).

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Following are some sample element and attribute declarations using ba-se types:<xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/><xsd:attribute name=“country” type=“xsd:string”/>

<xsd:element name=“price” type=“xsd:decimal”/><xsd:attribute name=“currency” type=“xsd:string”/>

It is worth noting that XMLSchema does not address the issue of dis-tinguishing the role of attributes with respect to elements, i.e., the distinc-tion between the ones or the others remains largely unclear. Roughlyspeaking it is possible to assume that elements are used to describe data,whereas attributes are reserved for metadata (with as much uncertainty asit is associated to the distinction between data and metadata).

5.3 USER DEFINED BASE TYPES

Users may define new base types by refining the existing ones, i.e., byadding constraints on the values of the type. There are three main ways ofrefining a base type, namely using:� interval types� enumeration types� pattern types

Interval types and enumeration types are (again) largely equivalent tothose present in Pascal. Following is one example of interval type in Pascaland the corresponding definition in XMLSchema:

type ageType=0..120;

<xsd:simpleType name=“ageType” base=“xsd:integer”><xsd:minInclusive value=“0”/><xsd:maxInclusive value=“120”/>

</xsd:simpleType>

Similarly, here is a definition of an enumeration type in Pascal andXMLSchema (here the semantics is slightly different, since enumerationtypes in XMLSchemas are obtained by enumerating the admitted values ofan existing base type, in this case string).type provinceType=(AN, BS, CA,...);

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<xsd:simpleType name=“provinceType” base=“xsd:string”><xsd:enumeration value=“AN”/><xsd:enumeration value=“BS”/><xsd:enumeration value=“CA”/>...

</xsd:simpleType>

One further way offered by XMLSchema of constraining the values of abase type to yield a newly defined base type is by the use of patterns (thisis not present in Pascal but it is a known concept from other programminglanguages). Here are some examples.

Italian Fiscal Code as a pattern of letters (“[A-Z]”) and digits (“\d”):<xsd:simpleType name="typeOfFiscalCode“ base="xsd:string">

<xsd:pattern value="[A-Z]{6}\d\d[A-Z]\d\d[A-Z]\d{3}[A-Z]"/>

</xsd:simpleType>

and a corresponding instance:<fiscalCode>PLLPNC69S30H501L</fiscalCode>

Italian VAT Number (“partita IVA”) as a sequence of 11 digits:<xsd:simpleType name="typeOfPIVA“ base="xsd:string">

<xsd:pattern value=“\d{11}"/></xsd:simpleType>

<PIVA>96001123452</PIVA>

5.4 TYPE CONSTRUCTORS

XMLSchema offers several type constructors, as shown in the tablebelow, in which we also insist in drawing an analogy with the typical con-structs of programming languages and databases:

XMLSchema Programming Languages and Databasesxsd:sequence (ordered) record or tuplexsd:all (unordered) record or tuplexsd:choice disjoint unionmaxOccurs, minOccurs listsAny any contentRecursive types (T defined in terms of T) Recursive types

A key feature of these type constructors is that, differently from manyprogramming languages and database type systems, in which the physicalorder between instances is not considered relevant at the type level,XMLSchema explicitly differentiate ordered types from unordered ones.

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100 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

The sequence type constructor allows for the definition of elementswhose type is a tuple of other elements, with a constraint on the order inwhich subelements appear in the instance (they need to occur exactly inthe same order as in the type). Here is one example. As usual, it is possibleeither to declare the element using an anonymous type, or to define thetype explicitly and the declare the elements using the type name:<xsd:complexType name=“typeOfPerson”><xsd:sequence><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/>

</xsd:sequence><xsd: attribute name=“sex” type=“xsd:string”/></xsd:complexType>

<xsd:element name="person“ type=“typeOfPerson”/>

Note that “sequence” is considered the default type constructor, so thedefinition above is equivalent to the one below:<xsd:complexType name=“typeOfPerson”><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/><xsd: attribute name=“sex” type=“xsd:string”/>

</xsd:complexType>

Following is a small XML documents valid with respect to the schemafragment above:<?xml version=“1.0” ?><person sex=“M”>

<name>Paolo</name><fName>Rossi</fName><age>40</age>

</person>

Given the constraint on the order of subelements, this other documentscannot be considered valid with respect to the type “person” defined abo-ve.<?xml version=“1.0” ?><person sex=“M”><fName>Rossi</fName><name>Paolo</name><age>40</age>

</person>

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 101

To blur the distinction between the two instances above, it is possibleto use the “all” constructor, which is essentially a database-like tuple con-structor, in which no constraint is imposed on the order of subelements, asfollows.<xsd:complexType name=“typeOfPerson”><xsd:all><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/>

</xsd:all><xsd: attribute name=“sex” type=“xsd:string”/></xsd:complexType>

It is worth noting that the “all” construct, which was probably intro-duced for affinity with relational structures has anyway a number of re-strictions that somehow limit its practical usability; these limitations areprimarily concerned with nesting, as discussed below.

The “choice” construct is used to build disjoint union types. Here is anexample of a choice type, with two valid instances; the code element mayeither be a fiscal code or a VAT number (“partita IVA”):<xsd:element name=“code”><xsd:complexType><xsd:choice><xsd:element name=“CF" type=“typeOfFiscalCode"/><xsd:element name=“PIVA“ type=“typeOFPIVA"/>

</xsd:choice></xsd:complexType>

</xsd:element>

<?xml version=“1.0” ?><code>

<CF>PLLPNC69S30H501L

</CF></code>

<?xml version=“1.0” ?><code>

<PIVA>96003410766

</PIVA></code>

Type constructors can usually be freely nested. Some limitations holdfor “all” types (unordered tuples), which cannot be nested into one anot-

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her, and cannot be nested inside other constructors. Here are some exam-ples of nesting:

Person with a structured address:<xsd:element name="person“><xsd:complexType><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/><xsd:element name=“address”>

<xsd:complexType><xsd:element name=“street“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“city“ type="xsd:string"/></xsd:complexType>

</xsd:element></xsd:complexType>

</xsd:element>

Person with code:<xsd:complexType name=“typeOfPerson“>

<xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“age" type="xsd:integer"/><xsd:element name=“address” type=“typeOfAddr”/><xsd:element name=“code” type=“typeOfCode”/>

</xsd:complexType>

<xsd:complexType name=“typeOfCode”><xsd:choice><xsd:element name=“CF" type="xsd:string"/><xsd:element name=“PIVA“ type="xsd:string"/>

</xsd:choice></xsd:complexType>

The basic way to construct collections in XMLSchema is to define listsof elements. This can be done using recursive types and the recursive defi-nition of lists, but for practical purposes it may be considered artificial.Thus, the standard provides a syntax for declaring lists explicitly. This isnot done using one dedicated element, like for sequence, choice and all,but rather using attributes “maxOccurs” and “minOccurs”, which allowto qualify the minimum and maximum number of occurrences of a givenelement or type. There are various values that these attributes may assume,as in the following examples: maxOccurs=“1” (the element or attributeoccurs at most once; this is the default), maxOccurs=“unbounded”(the element may occur many times), maxOccurs=“5” (the elementmust occur at most 5 times). minOccurs=“1” (the element must occurat least once; this is the default for elements); minOccurs=“0” (the ele-

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 103

ment may not occur; this is the default for attributes); minOccurs=“5”(the element must occur at least five times). By combining these values it ispossible to tune the cardinality of lists. Here are some examples.

Person with one or more citizenships:<xsd:complexType name=“typeOfPerson”><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“citizenship” type=“xsd:string” maxOc-

curs=“unbounded”/></xsd:complexType>

Person with zero or more wifes:<xsd:complexType name=“typeOfPerson”><xsd:element name="name" type="xsd:string"/><xsd:element name=“fName“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“wife” type=“typeOfPerson” minOccurs=“0” maxOc-

curs=“unbounded”/></xsd:complexType>

5.5 CONTENT MODEL

As it happens in DTDs, elements may have different forms of “contentmodels”, i.e., their value may either be composed of subelements only, orby free text and subelements combined together. This is often necessary instructured documents, and may be used, for example, to model the fol-lowing wedding formula:<weddingFormula>

Today, <date>19/07/2000</date>, Mr. <groom>ClarkKent</groom> and

Miss <bride>Lois Lane</bride> have been married by ...</weddingFormula>

Modeling mixed contents is a known problem in DTDs, since the stan-dard way to do it is by using the following, which has a completely differ-ent semantics:

<!ELEMENT weddingFormula(#PCDATA | date | groom | bride )+ >

In fact, this allows for example formulas in which there is no bride orseveral brides.

In XMLSchema, the declaration can be made tighter by using the“content” attribute of a type, that allows to specify whether the content is“elementOnly” (this is the default), “mixed” or “empty” (element with novalue, as for <img src=”img.gif”/>).

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104 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

This is a way to declare the wedding formula in XMLSchema:<xsd:element name=“weddingFormula”>

<xsd:complexType content=“mixed”><xsd:sequence>

<xsd:element name=“date" type="xsd:date"/><xsd:element name=“groom“ type="xsd:string"/><xsd:element name=“bride” type=“xsd:string”/>

</xsd:sequence></xsd:complexType>

</xsd:element>

6. XML SCHEMA: ADVANCED FEATURES

The current version of XMLSchema has several advanced features, ma-ny of which are simply syntactical variants of others. The aim of this sec-tion is not that of giving a complete presentation of the functionalities ofthe standard, but rather to mention some of the advanced features that re-present relevant advancements with respect to base ones, and may deservefurther study. Other facilities — like, for example, the use of groups, attri-bute groups, base type collections, null values — will be omitted for brevi-ty.

We will rather concentrate on two main classes of advanced features,namely:� integrity constraints;� mechanisms for reusing types across schemes.

6.1 INTEGRITY CONSTRAINTS

There are two main forms of integrity constraints: key definitions andreferential integrity. The definition of constraints is based on the use ofXPaths for specifying “locators”, i.e., paths on the InfoSet that identify theset of elements upon which the constraint must hold.…

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6.2 TYPE REUSE

XMLSchema introduces several ways to reuse schemas and types, andto compose schemas from fragments. These ways can be summarized asfollows:� type extension;� connection with namespaces;� schema composition.

Type derivation mimics some of the typical features of object pro-gramming. In essence, it allows to derive “subtypes” from existing ones byextending their content model.

Here is one example: given a type for person (“typeOfPerson”) withname, age and address, as in examples above, we can extend the type toadd a list of cars.

<xsd:complexType name="newPerson“ base="typeOfPerson“ de-rivedBy="extension">

<xsd:element name=“car“ type=“typeOfCar“minOccurs=”0” maxOccurs=“unbounded”/>

</xsd:complexType>

Instances of this new type are also valid instances of the base type .XMLSchema also introduces a notion of “equivalence class” of types —

one set of subtypes of a common ancestor type whose instances can beused interchangeably in a document — and “abstract type”, a type whoseinstances cannot occur in a document, but must be replaced by instancesof a member of an equivalence class associated with the abstract type.

6.2 NAMESPACES

XML Namespaces are nothing more than a naming convention to qua-lify the use of element and attribute names. A qualified name wrt a na-mespace is a pair made by one element or attribute name, and one URI,separated by a colon.

For example: http://www.w3.org:schema. The URI qualifies thedomain in which the name must be interpreted.

This allows to resolve possibly ambiguous usages of the same name. Togive one example, suppose we need to use element name “schema” in onedocument about electric engineering. It may happen that “schema” mustbe used to refer to the electrical notion, or to the database notion. To help

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106 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

readers and applications to avoid ambiguities, we may use two differentnamespaces and two qualified names, as follows:<? xml version=“1.0” ?><root xmlns:elec=“http://www.electricalEngineering.org/”

xmlns:xsd=“http://www.w3.org/1999/XMLSchema”><elec:schema>...</elec:schema><xsd:schema>...</xsd:schema>

</root>

It is important to note that the naming convention discussed above isthe only function of XML Namespaces; in other terms, the notion of na-mespace is a purely abstract one, and it is not concerned in any way withany notion of practical implementation of the collection of names. In par-ticular, a namespace by itself need not to be a physically implementedcollection of names, and the URI representing a namespace need not cor-respond to any physical file or structure.

One interesting feature of XMLSchemas is that they provide a way topractically implement namespaces; in essence, using schemas, a namespacemay be seen as a collection of schemas which concretely define the collec-tion of names in the namespace.

More specifically:� each schema may have a target namespace, which means that the

schema contributes to implement the namespace;� documents may reference the namespace and the corresponding sche-

mas.A word of caution is needed about the use of namespaces. In fact, as di-

scussed above, each schema may on the one side contribute to a targetnamespace (Example: the namespace of the Italian Database ResearchCommunity, http://www.sebd.it); on the other side,, since each schema isin turn an XML document and one instance of the metaschema, i.e., theXMLSchema for schemas, it uses names (like, for example, “element”,“complexType”, “simpleType” ecc.) from a source namespace(http://www.w3.org/1999/XMLSchema).

Whenever we use an element name, we must be very careful about am-biguities. This means that names in a schema must be qualified as to be-long either to the source or to the destination namespace. One source ofconfusion in the standard is related to the fact that schemas may have onedefault namespace, and that the default may either be the source or thedestination namespace. This introduces a number of subtleties in the waynames of the target namespace (“locals”) are treated.

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 107

6.3 SCHEMA COMPOSITION

There are two main ways to compose schemas from fragments:� schema X may include schema Y if the two have the same target na-

mespace;� schema X may import schema Y if the two have different target na-

mespaces.In both cases all types and names defined in Y will be visible in X.

6.4 DISCUSSION

7. EVOLUTION: XML QUERY

The XML Query Languages activity builds on the ones described aboveand has the goal of defining a unifying framework for accessing and ex-tracting data from XML datasets. The expected outcome of this activity,which is still quite young when we write this paper, is a set of techniquesfor querying collections of XML documents in the spirit of databases. Thiswill allow, for example, to express queries like “retrieve all documents inwhich persons have at least on wife” or “retrieve all fiscal codes of personswhose name is Paolo”. This may have interesting applications in severalframeworks, primarily in those cases in which a conventional database isexposed to applications through an XML interface, and queries have to berun against this interface.

The issue of query languages for XML has been extensively investigatedin the recent literature, with different approaches. We can classify the va-rious proposals in two main areas: the “conservative” approaches, thatsuggest that object-relational databases with their nested structures andSQL99 query language are a good solution to the XML query problem(Oracle and Informix are advocating this viewpoint), and the “innovative”approaches, which consider XML sufficiently different in its nature withrespect to DBMSs as to require the development of brand new query lan-guages (for a good set of references, see [W3C QL 1998]).

The W3C activity has three primary goals:� the definition of an abstract data model to be used as a basis for the

definition of the query language and for query evaluation;� a query algebra, i.e., one set of operators for processing queries against

instances of the data model;

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108 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

� a concrete syntax for the query language. This will most likely be basedon XPaths.

As of now, only a working draft of the XML Query Language DataModel has been made available through the W3C site. The data model isan enhanced version of the InfoSet, complemented with three main featu-res:� the possibility to describe collection of documents, instead of single

documents only;� some explicit semantics associated with inter and intra-document refe-

rences;� a treatment of XMLSchemas, i.e., the possibility to describe the type of

elements and attributes according to some schema.Here is one example of a document, with an associated XMLSchema

(this example is taken from [XMLQuery 2000].<?xml version=1.0?><p:part xmlns:p=http://www.mywebsite.com/PartSchema

xmlns:xsi=”http://www.w3.org/1999/XMLSchema-instance”xsi:schemaLocation =

"http://www.mywebsite.com/PartSchema

http://www.mywebsite.com/PartSchema.xsd"name="nutbolt">

<mfg>Acme</mfg><price>10.50</price>

</p:part>

<xsd:schema xmlns:xsd="http://www.w3.org/1999/XMLSchema"targetNamespace="http://www.mywebsite.com/PartSchema"><xsd:element name="part" type="part_type"/><xsd:complexType name="part_type">

<xsd:element name = "mfg" type="xsd:string"/><xsd:element name = "price" type="xsd:decimal"/><xsd:attribute name = "name" type="xsd:string"/>

</xsd:complexType></xsd:schema>

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 109

The data model working draft also contains some candidate operatorsfor the algebra.

Some ideas related to the syntax of the query language can be found in[Quilt 2000].

REFERENCES

[XMLSpy 2000] www.xmlspy.com[Xerces 2000] xml.apache.org/xerces-j[XSV 2000] www.w3.org/2000/06/webdata/xsv[W3C 2000] www.w3.org[xml.com (www.xml.com)[Wadler 1999] www.cs.bell-labs.com/who/wadler[Quilt, 2000] www.research.att.com/conf/webdb2000

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110 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

STEFANO PIGLIAPOCO

Dal protocollo alla gestione dei flussi documentali

Negli ultimi anni le Pubbliche Amministrazioni si sono impegnate nellosviluppo di reti di computer estese su tutti i loro uffici, l’A.I.P.A. (Autoritàper l’informatica nella pubblica amministrazione) ha progettato e sta rea-lizzando la Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione (R.U.P.A.), leRegioni stanno estendendo questo network nazionale sul territorio di lorocompetenza dando origine alle R.U.P.A.R.

Allo stato attuale, l’uso della firma digitale, in conformità alla normativavigente, permette di produrre documenti informatici validi e rilevanti adogni effetto di legge, mentre gli algoritmi di crittografia assicurano la riser-vatezza nelle trasmissioni per via telematica.

In materia di firma elettronica si è espressa anche l’Unione Europea conla direttiva del 13 dicembre 1999, n. 1999/93/CE, nella quale si afferma,tra l’altro, che:� le comunicazioni elettroniche e il commercio elettronico necessitano di

firme elettroniche e dei servizi ad esse relativi per l’autenticazione deidati;

� la divergenza delle norme in materia di riconoscimento giuridico dellefirme elettroniche e di accreditamento dei prestatori di servizi di certi-ficazione negli Stati membri può costituire un grave ostacolo all’usodelle comunicazioni elettroniche e del commercio elettronico;

� la normativa negli Stati membri non dovrebbe essere di ostacolo allalibera circolazione di beni e di servizi nel mercato interno;

� le firme elettroniche saranno utilizzate nel settore pubblico nell’ambitodelle amministrazioni nazionali e comunitarie e nelle comunicazioni tratali amministrazioni nonché con i cittadini e gli operatori economici,

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ad esempio nei settori degli appalti pubblici, della fiscalità, della previ-denza sociale, della sanità e dell’amministrazione della giustizia.

In questo scenario, è particolarmente rilevante il progetto nazionaledella carta d’identità elettronica (C.I.E.) che nell’arco di qualche anno do-vrebbe sostituire il tradizionale documento di riconoscimento personale.La normativa sulla C.I.E. stabilisce infatti che su queste carte a micropro-cessore, oltre ai dati identificativi e sanitari, vi possano risiedere anche leapplicazioni occorrenti per la firma digitale e gli elementi per la generazio-ne della chiave biometrica.

Un’altra iniziativa che contribuirà in misura significativa alla diffusionedelle smart card di firma digitale è stata varata da Infocamere, la societàd’informatica delle Camere di Commercio. Entro il 2001 quasi 5 milioni diimprese saranno in grado di dialogare con le Camere di Commercio pervia telematica e svolgere in questo modo le pratiche connesse alla tenutadel Registro delle Imprese.

In definitiva, sembra che proprio tutti, informatici, politici e legislatori,stiano lavorando con lo stesso obiettivo: dare ai cittadini e alle imprese lapossibilità di interagire con gli uffici delle pubbliche amministrazioni pervia telematica in condizioni di assoluta sicurezza e riservatezza.

Non bisogna però dimenticare che per conseguire veramente questo ri-sultato è necessario incidere in modo significativo non soltanto sul frontoffice ma anche sul back office.

Tutto il sistema informativo interno degli enti pubblici deve essere gra-dualmente ammodernato ed il sistema di gestione informatica dei docu-menti, in quanto sistema capace di attestare con valenza giuridica il mo-mento dell’ingresso e dell’uscita di un documento da una Pubblica Ammi-nistrazione, è il primo componente del complesso tecnologico disegnatodall’A.I.P.A. che deve essere realizzato.

Tale sistema deve assicurare la gestione integrata del protocollo infor-matico, dei flussi documentali e dei procedimenti amministrativi, permet-tendo alle unità abilitate di specificare in quali fascicoli confluiscono i do-cumenti ricevuti e prodotti dagli uffici, di seguire su computer i movimentidelle pratiche, di controllare gli stati di avanzamento dei procedimentiamministrativi.

Con una simile base informativa si possono effettuare ricerche di ognigenere. Dagli estremi identificativi di un cittadino, ad esempio, si può ri-salire alle registrazioni di protocollo dei documenti che questi ha inviatoall’Ente o che l’Ente gli ha spedito; selezionando una registrazione di pro-

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tocollo si può vedere il fascicolo che contiene quel documento; a partiredal fascicolo, si possono visualizzare tutti i documenti in esso contenuti,conoscere l’istruttore cui è stata assegnata la pratica e visualizzarne l’iter.Inoltre, realizzando la gestione elettronica dei documenti, si può immedia-tamente visualizzare l’intero fascicolo senza andare in archivio e fotocopia-re gli originali.

La realizzazione di sistemi di protocollo informatico è dunque, in primoluogo, un problema di natura organizzativa ed archivistica.

Non è solo un esercizio per informatici, ma è soprattutto un’occasioneper ridisegnare i flussi documentali con l’intento di conseguire il massimolivello di efficienza, efficacia e trasparenza dell’azione amministrativa.Un’occasione che diventa necessità urgente nella prospettiva, ormai con-creta, della circolazione dei documenti informatici sottoscritti con firmadigitale.

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3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane 113

DARIO ROCCAVINI

Il manuale di gestione del protocollo informatico

L’art. 5 del DPCM 31 ottobre 2000, contenente le Regole tecniche sulprotocollo informatico, prevede che le pubbliche amministrazioni rediganoun Manuale per la gestione del protocollo, dei flussi documentali e degliarchivi.

Si tratta di uno strumento operativo che, per il grado di analisi che ogniamministrazione deve effettuare, può rappresentare un primo e significati-vo passo verso la certificazione di qualità del servizio.

Il dettato del DPCM prevede che il Manuale affronti i seguenti aspetticruciali:a) Pianificazione, tempi, modalità, misure organizzative e tecniche finaliz-

zate alla eliminazione dei protocolli di settore e di reparto, dei proto-colli multipli, dei protocolli di telefax e dei protocolli diversi dal pro-tocollo informatico;

b) Piano di sicurezza dei documenti informatici, a cura del responsabiledel servizio per la gestione informatica dei documenti dei flussi docu-mentali e degli archivi, d’intesa con il responsabile dei servizi informa-tivi automatizzati e con il responsabile della sicurezza dei dati persona-li;

c) Modalità di utilizzo di strumenti informatici per lo scambio di docu-menti all’interno ed all’esterno dell’area organizzativa omogenea (es. e-mail);

d) Descrizione del flusso di lavorazione dei documenti ricevuti, spediti ointerni, incluse le regole di registrazione per i documenti pervenuti se-condo particolari modalità di trasmissione, tra i quali, in particolare, i

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documenti informatici di fatto pervenuti per canali diversi da quelliprevisti dall’art. 15, nonché fax, raccomandata, assicurata;

e) Indicazione delle regole di smistamento ed assegnazione dei documen-ti ricevuti con la specifica dei criteri per l’ulteriore eventuale inoltrodei documenti verso aree organizzative omogenee della stessa ammini-strazione e/o verso altre amministrazioni;

f) Indicazione delle unità organizzative responsabili delle attività di regi-strazione di protocollo, di organizzazione e tenuta dei documentiall’interno dell’area organizzativa omogenea;

g) Elenco dei documenti esclusi dalla registrazione di protocollo ai sensidell’art. 53 R. punto 5 del DPR 445/2000;

h) Elenco dei documenti soggetti a registrazione particolare e relativemodalità di trattamento;

i) Sistema di classificazione con indicazione delle modalità di aggiorna-mento, integrato con le informazioni relative ai tempi, ai criteri e alleregole di selezione e conservazione, anche con riferimento all’uso disupporti sostitutivi;

j) Modalità di produzione e di conservazione delle registrazioni di proto-collo informatico ed in particolare l’indicazione delle soluzioni tecno-logiche ed organizzative adottate per garantire la non modificabilitàdella registrazione di protocollo, la contemporaneità della stessa conl’operazione di segnatura, nonché le modalità di registrazione delle in-formazioni annullate o modificate nell’ambito di ogni sessione di attivi-tà di registrazione;

k) Descrizione funzionale ed operativa del sistema di protocollo informa-tico con particolare riferimento alle modalità di utilizzo;

l) Criteri e modalità per il rilascio delle abilitazioni di accesso interno edesterno alle informazioni documentali;

m) Modalità di utilizzo del registro di emergenza inclusa la funzione di re-cupero dei dati protocollati manualmente.

In considerazione dell’impatto strategico di un simile strumento opera-tivo, le Università degli Studi di Padova, Trieste, Bologna e l’Istituto Uni-versitario di Architettura di Venezia, in collaborazione con il Ministero peri beni e le attività culturali, l’Associazione Nazionale Archivistica Italiana,Infocamere e con la consulenza dell’Autorità per l’Informatica, hanno rea-lizzato un accordo di collaborazione per la redazione di un modello gene-

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rale del manuale di gestione del protocollo informatico per gli atenei ita-liani.

Sulla base di questo modello generale, ogni amministrazione dovrebbepoi procedere alla redazione di quello proprio, adattandolo alla relativarealtà organizzativa. Ciò avvierebbe una normalizzazione critica e rigorosadei comportamenti organizzativi e amministrativi nei confronti del proto-collo informatico, ponendo le basi per la certificazione di qualità del si-stema informativo documentale.

La realizzazione del progetto di un modello generale del manuale di ge-stione del protocollo informatico per gli atenei italiani è stato articolato intre fasi:

• 1ª Fase: 1° febbraio - 31 marzo 2001: lavoro di impostazione al finedi mettere a disposizione degli operatori una versione draft da sot-toporre alla discussione nazionale (presentazione durante questa 3ªConferenza organizzativa);

• 2ª Fase: 7 aprile - 30 aprile 2001: pubblicazione sul web e accogli-mento delle critiche, raccolta delle proposte di integrazioni e modi-fiche da parte di chiunque voglia proporle.

• 3ª Fase: 1° maggio - 30 giugno: redazione della versione (definitiva)da proporre agli atenei italiani.

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ANTONIO MASSARI

La strategia AIPA sul protocollo informatico:situazione attuale e scenari futuri

L’impegno dell’Autorità sul tema della gestione automatizzata dei flussidocumentali e sul protocollo informatico si è concretizzato nel periodo1997-2001 attraverso numerose iniziative, quali la pubblicazione di docu-menti di indirizzo, l’avvio di iniziative sperimentali e la stesura del quadronormativo di riferimento.

Lo sviluppo degli strumenti quali la firma digitale ed il protocollo in-formatico, adeguati all’espansione delle reti di comunicazione telematica,rende possibile la realizzazione effettiva di una gestione completamenteautomatizzata dei flussi documentali e la conseguente attuazione di pro-fonde innovazioni nelle modalità di lavoro delle amministrazioni.

Attraverso lo sviluppo dei progetti di protocollo informatico si vuole ot-tenere il duplice obiettivo di:1. migliorare l’efficienza interna delle amministrazioni attraverso

l’eliminazione dei registri cartacei, la diminuzione degli uffici di proto-collo e la razionalizzazione dei flussi documentali;

2. migliorare la trasparenza dell’azione amministrativa attraverso deglistrumenti che consentano un effettivo esercizio del diritto di accessoallo stato dei procedimenti ed i relativi documenti da parte dei soggettiinteressati (cittadini ed imprese).

La strategia di attuazione del progetto stabilita dall’Autorità deriva daidue obiettivi di fondo ed è basata su un corretto bilanciamento tra le nor-me comuni che devono essere dettate e l’autonomia nelle scelte organizza-tive che va lasciata alle amministrazioni.

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Norme comuni devono essere poste a salvaguardia della trasparenzaamministrativa (per garantire, ad esempio, la non modificabilità delle regi-strazioni, oppure la stretta sequenzialità della numerazione dei documentiecc.), altre norme sono indispensabili per consentire l’interoperabilità trasistemi di protocollo indipendenti o per integrare il protocollo informaticocon gli altri strumenti individuati per il rinnovamento della PA, come lafirma digitale e la posta elettronica.

Viceversa tutti gli aspetti che riguardano il miglioramento dell’efficienzainterna dell’amministrazione — come la scelta sull’organizzazione del flussointerno di lavorazione dei documenti e sul livello di automazione attuabile— è necessario che vengano lasciati alle amministrazioni che opereranno, intale ambito, con la massima autonomia.

La strategia seguita dall’Autorità nel periodo di attuazione del progettoha previsto che -una volta fissate le norme tecniche comuni- venissero for-niti alle amministrazioni indirizzi, percorsi metodologici, e in alcuni casi,un supporto più diretto di tipo consulenziale e finanziario. L’ipotesi difornire soluzioni “preconfezionate” è apparsa troppo limitativa, datal’estrema complessità e diversità delle realtà amministrative interessate, etroppo rischiosa avendo come effetto collaterale una generale deresponsa-bilizzazione delle stesse amministrazioni su scelte che hanno un forte im-patto sia sul lato organizzativo che sul lato umano.

La strategia di non imporre soluzioni standard, tuttavia, non ha impli-cato la rinuncia alla possibilità di fattorizzare gli sforzi e gli investimentiche vengono sostenuti dalle amministrazioni nella realizzazione dei sistemidi protocollo informatico. L’idea del riutilizzo di esperienze, know-how,documentazione, finanche oggetti software, tra pubbliche amministrazioniche condividono medesimi problemi e tipologie di assetti organizzativi, èstata non solo largamente condivisa dall’Autorità, ma promossa anche at-traverso l’avvio di concrete iniziative — come ad esempio la realizzazione diun sito web interamente dedicato all’argomento (accessibile attraverso ilsito dell’Autorità www.aipa.it), oppure l’iniziativa "Paflow" per la realiz-zazione di sistemi di protocollo informatico in modalità “open source” (siveda il sito paflow.sssup.it).

Nel settore della regolamentazione è stato condotto un approfonditostudio che ha portato alla definizione delle regole di interoperabilità tra si-stemi di protocollo informatico dove per interoperabilità tra sistemi diprotocollo informatico può essere assunta la seguente definizione:

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nell’ambito di una comunicazione tra differenti amministra-zioni, o tra differenti sistemi di protocollo della stessa am-ministrazione (quindi appartenenti a diverse Aree Organiz-zative Omogenee), due sistemi di protocollo informatico in-teroperano quando è consentito al sistema ricevente di trat-tare automaticamente le informazioni trasmesse dal sistemamittente al fine di automatizzare le attività ed i processiamministrativi sottostanti.

Per ottenere una effettiva interoperabilità risulta pertanto indispensa-bile stabilire come gli strumenti "protocollo informatico", "firma digitale"e "posta elettronica" possano integrarsi tra loro per fornire alle ammini-strazioni un completo supporto per l’automazione dei processi di gestionedocumentale.

Alcune scelte fondamentali, come il tipo di linguaggio da utilizzare perl’interscambio di dati tra pubbliche amministrazioni o il protocollo di co-municazione da utilizzare, sono espresse nel d.P.C.M. 31-10-2000 recantele regole tecniche per il protocollo informatico di cui al decreto del Presi-dente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 428. Tali regole, in particolare,individuano nel linguaggio XML la modalità di codifica delle informazioniscambiate e nel protocollo di posta elettronica smtp e nel formato MIMEla modalità di trasporto dei documenti e dei dati associati.

Ulteriori aspetti tecnici per rendere effettivamente interoperanti i siste-mi di protocollo informatico delle pubbliche amministrazioni sono statirecentemente definiti dall’Autorità attraverso una circolare. In particolarenella circolare vengono affrontati i seguenti temi:1. La descrizione dello scenario d’uso di riferimento per lo scambio di

messaggi protocollati tra diverse amministrazioni o AOO (Aree Orga-nizzative Omogenee).

2. La descrizione del formato dei messaggi smtp/MIME contenenti do-cumenti protocollati e la specifica della convenzione utilizzata perl’individuazione dei nomi dei files all’interno dei messaggi ed il lorocollegamento alle informazioni strutturate allegate.

3. La specifica DTD (Document Type Definition) dei file XML che pos-sono essere scambiati tra le amministrazioni nei messaggi protocollati.

4. La descrizione delle tipologie di messaggi di ritorno che possono esse-re inviati da una AOO destinataria di un messaggio primario verso laAOO mittente.

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5. Alcuni aspetti relativi alla inclusione dei files firmati nei messaggi ed al-tri aspetti sulla sicurezza delle comunicazioni.

Le regole di interoperabilità sono state utilizzate per alcune importantiiniziative di sperimentazione da parte di amministrazioni centrali e locali.Si citato a titolo di esempio la stessa AIPA, il Ministero delle finanze, laregione Piemonte, la regione Lombardia.

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MARIA GUERCIO

La ricerca sulla conservazione dei documenti informaticie il quadro normativo nazionale

L’intervento affronta in primo luogo i nodi critici e le proposte innova-tive della normativa nazionale in materia di produzione e conservazione didocumenti informatici, con particolare riferimento alla definizione dei re-quisiti funzionali archivistici necessari per la progettazione di sistemi do-cumentari di qualità.

Un’attenzione particolare sarà dedicata alle linee guida sviluppate inambito europeo (progetto Moreq) e alle relazioni tra le linee guida e lanormativa nazionale, con particolare riferimento alle regole tecniche appli-cative del dpr 428/98. Non c’è dubbio, infatti, che il problema della tenutae della conservazione a lungo termine dei documenti informatici non possaprescindere in alcun modo dalla corretta formazione dei documenti in-formatici.

Il problema specifico della conservazione verrà analizzato da un puntodi vista concettuale, alla luce delle considerazioni emerse nel corso dellaricerca InterPARES, ma con specifico riferimento al contesto organizzati-vo, archivistico e normativo nazionale.

In particolare si analizzeranno i concetti di base della conservazione el’insufficienza delle recenti disposizioni italiane ai fini della conservazionedi lungo periodo.

Infine, si presenteranno le prospettive di ricerca che si sono recente-mente aperte in relazione al progetto avviato dagli archivi nazionali diWashington in collaborazione con il Supercomputer Center di S. Diego. Sianalizzeranno le caratteristiche del progetto (anche in rapporto ai contenu-ti del progetto InterPARES e ad altri standard in via di definizione in que-

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sto campo, quale lo standard OAIS) e la natura della partecipazione e delcontributo della comunità archivistica italiana.

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JOAQUIM LLANSÓ SANJUAN

Un Proyecto internacional entre la Università degli Studi diPadova Y la Universidad Pública de Navarra: Eurotitulus

Probablemente, si hubiera que destacar de entre todas las técnicas,operaciones y recursos archivísticos aquellas que mayor trascendenciatienen en el quehacer profesional del archivero, la clasificación ocuparía ellugar más destacado. El cuadro de clasificación es el instrumento en el quese plasma, para cada institución o fondo de archivo, el respeto a losprincipios de procedencia y de respeto al orden originario, y ha sidodurante muchos años, hasta la aparición de los lenguajes documentales, elprincipal instrumento de acceso a la información documental, sobre el quese elaboraban los inventarios y catálogos.

La "archivística moderna", si se pudiera denominar así la incorporacióna la ciencia archivística de las técnicas de gestión documental que hacaracterizado la evolución de la misma desde la segunda mitad del sigloXX, no ha hecho más que afirmar la trascendencia de las operaciones declasificación, si bien ha avanzado en su aplicación sistemática al mismoinstante de la producción del documento, situándose en el propioarranque del ciclo de vida de los documentos. El inventario de losdocumentos y el calendario de conservación son los otros instrumentosque completan la tripleta del corazón de la gestión de documentos. Esaevolución en el seno de la disciplina archivística ha sido posible merced alacercamiento de los planteamientos y técnicas profesionales del archiveroal actuar ordinario de la administración.

No vamos a insistir ahora en la importancia de la clasificación, sino enel interés que tiene en la elaboración de su estructura la existencia de unaserie de principios básicos, que consideramos bien podrían tener unos

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puntos comunes en cuanto a su concepción metodológica y a suplasmación física, en una serie de instituciones de naturaleza y funcionessimilares — si no idénticas —, como son las universidades, que compartenademás un área geográfica y unas instituciones comunes, como es laEuropa comunitaria.

En el caso español, y no hablo únicamente de archivos universitarios,las reflexiones e innovaciones metodológicas en cuanto a clasificacióndocumental que han tenido lugar a lo largo de la última década del sigloXX todavía no han tenido su reflejo en el aporte doctrinal. En mi país, alhablar de clasificación, en el plano teórico, se antepone el término al deordenación y se lo relaciona con la elaboración de inventarios y catálogos,al tiempo que se lo incluye, junto con la ordenación, en el concepto másgenérico de organización. Contrariamente al caso italiano, donde hamadurado la construcción de "titolarios", inclusive adaptados a cada unade las diferentes instancias de componen la administración pública. Laúnica experiencia similar en el caso español se ciñe exclusivamente a laadministración municipal, para la que existe una propuesta conjunta deestructura de clasificación impulsada por los propios archiveros localespara el conjunto del Estado español. En ningún caso, estas estructuras hansido recogidas con carácter normativo por las disposiciones legales. Enresumen, en España no existe ni una metodología ni unos principioscomunes, extendidos y aceptados, más allá de los anteriormente señalados,que rijan la elaboración de estos instrumentos fundamentales del trabajoarchivístico.

No cabía duda pues, sobre dónde debíamos dedicar nuestros esfuerzosen materia de colaboración archivística cuando tuve la oportunidad decomunicarme con Gianni Penzo Doria, director del Archivio Generale diAteneo de la Università degli Studi di Padova, al que me remitieron doscolegas italianas, las señoras Fosca Pizzaroni y Maura Borgioli, en el cursode un encuentro informal en el marco del XIV Congreso Internacional deArchivos en Sevilla (septiembre de 2000). ¿Casualidad o destino?

Recuerdo que fue el propio Gianni Penzo quien empezó proponiendoeste proyecto de colaboración bilateral, entre otras opciones quebarajamos, y dándole el oportuno nombre de EuroTitulus. Esta denomina-ción, según creo, encaja perfectamente con el objetivo que nos hemos tra-zado: iniciar un proceso de reflexión metodológica, tomando como puntode partida los modelos nacionales de gestión de documentos existentes enel panorama internacional, que nos permita delimitar unas líneas de

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coincidencia en cuanto a organización de la documentación en el ámbitouniversitario europeo, al tiempo que esbozar una estructura declasificación de posible adopción en cualquier archivo universitario de eseespacio común.

El proceso de reflexión: aproximación a los modelos

A mi modo de ver, el proceso de reflexión debería iniciarse mediante elestudio sistemático de los fundamentos metodológicos que inspiran laorganización de la documentación, ya en la fase activa del ciclo de vida delos documentos, en los distintos modelos de gestión de documentos quehan llegado a crear doctrina, de los que tenemos noticia e informaciónsuficiente a través de publicaciones y de la información disponible enInternet.

Entre los modelos metodológicos que deberían inspirar la primera fasede nuestro proyecto deberíamos incluir:

1. Records management

No cabe duda de que el norteamericano es el modelo de gestión dedocumentos más influyente en el panorama internacional, quizá debido aque es el núcleo originario de la "archivística moderna", con teóricos bienconocidos en el panorama internacional como Theodore Schellemberg ysu obra "Modern Archives". De ese modelo han absorbido el resto depaíses la utilidad de los depósitos intermedios y las operaciones deevaluación documental.

En el terreno que nos ocupa, el de la clasificación, interesa destacar ladistinción fundamental y a mi juicio muy bien conseguida entre subjectfiles y case records, junto con otras categorías de documentos que seaplican entorno a esas dos clases fundamentales (como por ejemplo lacorrespondencia transitoria, los case working papers, technical referencematerials y extra convenience copies). Es sorprendente que esta reveladoraestructura no haya cuajado a nivel metodológico en la doctrina archivísticainternacional.

Existe variada información sobre esta metodología de clasificación através del propio NARA y organizaciones profesionales de archivos ygestión de documentos, como por ejemplo ARMA. También sonabundantes las estructuras de clasificación disponibles en institucionesuniversitarias de Estados Unidos y Canadá.

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2. Gestion des documents administratifs

La parte francófona de Canadá ha actuado de enlace entre las prácticasarchivísticas genuinas de los países norteamericanos de habla inglesa yEuropa, a través de su relación con Francia. Quebec ha desarrollado unesfuerzo muy importante para adaptar a su propia realidad institucionallos principios del records management, que ha concluido en la elaboraciónde un modelo que le es característico, acercando a Europa la praxis de la"nueva archivística". En este sentido, Carol Couture y Jean Yves Rous-seau, con su obra clave "Les archives au XXè siècle" - según mi criterio, laobra más influyente del siglo XX tras "Modern Archives" - pueden habersido las piezas clave en este proceso.

En el tema que nos ocupa, la mayor reflexión que ha tenido lugar sobrela importancia de la clasificación sobre la documentación con valoradministrativo la debemos a Michel Roberge, hombre de ideas claras ypluma fácil que con sus aportaciones doctrinales ha acabado inspirando laorganización de la documentación de las instituciones archivísticas líderesen Quebec y, paradógicamente, en España: Administración de laGeneralitat de Cataluña y Ayuntamiento de Barcelona, así como un buennúmero de universidades de reciente creación (Universitat Pompeu Fabra,Universitat Autónoma de Barcelona, Universidad Carlos III de Madrid,Universitat de Girona, Universitat Jaume I, Universidad Pública deNavarra, entre otras). En este marco, el singular éxito de la implantaciónde la metodología de Roberge ha hecho añicos el "paraguas psicológico"argumentado por no pocos profesionales de archivos -singularmenteiberoamericanos- referente a la imposibilidad de la implantación demodelos fuera de sus tradiciones administrativas e históricas de origen.Por otro lado, la particular percepción de Roberge en cuanto a la primacíade la clasificación de los documentos sobre el calendario de conservaciónha supuesto el inicio de una seria reflexión sobre los postulados de la"archivística moderna".

Existe una abundante bibliografía de Michel Roberge, así comoinformación disponible en Internet sobre los ejemplos de aplicación de sumetodología de clasificación, tanto en el ámbito canadiense como español.

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3. Préarchivage

Podemos señalar como origen del préarchivage la llegada de las nuevasteorías de gestión de documentos procedentes de norteamérica, y elinterés en introducir en la administración francesa su adaptación a laspropias necesidades específicas. Esa adaptación dio origen a un nuevomodelo, que influyó no poco en otros países, como por ejemplo en laAdministración Estatal española. Podríamos señalar, entre otros, a YvesPérotin como el padre del préarchivage, fundamentalemente a través de suestudio "L’Administration et les trois âges des archives", entre susexcelentes otros trabajos.

La singularidad de la clasificación francesa viene de la normalización encuanto a la utilización de un mismo instrumento, el thesauro W, y de lapeculiar percepción del concepto "serie" en relación, por ejemplo, a laarchivística española.

La bibliografía disponible permite también conocer en profundidad lascaracterísticas de la clasificación francesa, como lo permite también laexistencia de información a través de Internet. El único punto en el que seprevé algún tipo de conflicto se debe a la escasa implantación de serviciosde archivos en las universidades francesas, si bien los Archivos Nacionalesfranceses disponen de una sección que posiblemente puede resultarenormemente ilustrativa para documentar la experiencia universitaria.

4. Los modelos basados en registros: registratur, registry, registro diprotocollo

La bibliografía coincide en calificar a los registros como el modelo detratamiento documental más antiguo. Nosotros hemos llegado adiferenciar, a través de la bibliografía, tres modelos distintos que respon-den al patrón basado en registros: el inglés, el alemán (ambos muyextendidos en sus respectivas áreas de influencia: Commonweath, en laque destacamos en nuestro propósito a Australia, y los países germánicos)y el italiano, cada uno con sus propias características aunque relacionadospor ese tronco común derivado, en último término, de la Antigua Roma.Nadie como Adolf Brenneke ha estudiado en profundidad el origen de laregistratura. Pese a ser modelos que inciden, y que en último términohallan su justificación en la clasificación de documentos, no siempre estándefinidos o controlados por los archiveros, sino que en su mayor parte son

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procesos administrativos derivados de la propia actuación de laAdministración dotándose de figuras singulares para el cumplimiento de lafunción registradora, en la que no es ajena en ocasiones la equívocadenominación de archivero, según hemos podido constatar a través de labibliografía. Permítanme, por tanto, que les incluya a todos ellos en unamisma categoría, si bien yo personalmente defendería la prevalencia, aefectos de metodología de clasificación de los documentos el modeloitaliano (esto es, el titolario), sobre el que por motivos obvios -¿cómopodría yo caer en la incorrección de destacar, ante ustedes, cualquieraspecto de un sistema que ustedes conocen con mucho mayor detalle?- nome atrevo a entrar.

Cada modelo, sea alemán, inglés o italiano, merece estudiarse demanera separada, destacando a nivel bibliográfico los estudios deBrenneke para el caso alemán (de la que existe traducción al italiano), deMichael Roper para el Reino Unido o de un buen número de italianos(espero que me disculpen por no atreverme a destacar, en este marco, susnombres, debido al riesgo de que alguno se quedara en el tintero).También existe información disponible en Internet referente a archivosuniversitarios que incluye la metodología y la estructura de clasificación.

El proceso de síntesis con miras a un objetivo

He señalado más arriba cómo la incorporación de la metodologíaconcebida por Michel Roberge en la parte francófona de Québec haacabado por influir poderosamente en la articulación de sistemasarchivísticos líderes en mi país en sus respectivas áreas de influencia:administración autonómica, administración local y administraciónuniversitaria. También he señalado que su éxito ha supuesto una enormesorpresa para los detractores de la incorporación de modelos foráneos enámbitos alejados de una misma tradición administrativa o archivística. Esevidente que esa incorporación ha ido acompañada de profundos estudiosde las realidades institucionales antes de su implantación efectiva, demodo que en absoluto ha supuesto un rompimiento traumático de lasmaneras de funcionar de las administraciones, hasta el punto de podermanifestar, con datos manifiestos, que las administraciones modernas -cuidado, no confundir con "administraciones actuales", puesto quemuchas de las cuales funcionan todavía con herencias del siglo XIX- separecen enormemente aunque se sitúen en diferentes contextos. Queda, ami juicio, por resolver una pregunta: ¿Habría sido adaptable a nuestra

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realidad, española y universitaria, algún otro modelo de estructura declasificación, como ha resultado la quebequesa? ¿Sería posible desarrollarun modelo más allá de las nacionalidades respectivas, tras un proceso deanálisis y síntesis de información, partiendo de un profundo conocimientode la institución universitaria? ¿Sería posible definir unas pautas para laelaboración de cuadros de clasificación para las universidades europeas,que pudieran posteriormente adaptarse a las necesidades de cadainstitución de acuerdo con sus singularidades organizativas?

Esas reflexiones personales me han impulsado a proponer el estudioprofundizado de los diferentes modelos disponibles — a buen seguro que aGianni Penzo Doria se le ocurrirían otros si él estuviera en este momentodescribiendo este proyecto de colaboración bilateral: me gustaría mu-chísimo escucharle — para que partiendo de una aproximación “moderna”a la problemática de la clasificación, sobre la base fundamental de lasexperiencias desarrolladas por otros colegas de archivos universitarios querespondan a los parámetros metodológicos de sus respectivas áreas deinfluencia, detectar unas líneas comunes, unos lazos de unión, que nospermitan, en primer lugar establecer unos principios metodológicos de laclasificación en un contexto plurinacional y, posteriormente, su adapta-ción sobre un tipo concreto de institución, las universidades, cuya seme-janza se nos antoja como suficientemente atractiva como para dedicarle unbuen número de horas en la confianza de que el resultado de nuestroproyecto contribuya poderosamente a la mejora de nuestras respectivasinstituciones y pueda servir a otras, fundamentalmente en este espaciocomún que llamamos Europa.

De la colaboración bilateral a la colaboración profesionalentre colectivos nacionales

Me gustaría lanzar a este foro la posibilidad de iniciar, más allá de losproyectos de la colaboración singular entre dos o más instituciones (creoque tanto Gianni Penzo Doria como yo mismo no estamos en absolutocerrados a toda posible colaboración, si bien la vía bilateral parecía en sumomento la opción más operativa), posibles contactos a nivel de colectivosde archiveros italianos y españoles que condujeran a la colaboración enproyectos de indudable interés común, que necesariamente deberíamos

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definir. Hace algunas semanas pedí a Gianni Penzo Doria que en el marcode la 3ª Conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane dieraconstancia del interés del colectivo de archiveros universitarios españoles,organizados bajo de denominación de Conferencia de Archiveros deUniversidades Españolas, por trabajar junto con nuestros colegas italianosen problemáticas que, a buen seguro, nos serán a todos comunes. LaConferencia española se reúne en Sevilla los días 20 y 21 de junio, y ennombre de la misma he invitado a Gianni Penzo Doria para que,haciéndose eco del sentir de los archiveros italianos, pueda allí proponeralgunas líneas de actuación comunes, siquiera bien modestas, con elinterés añadido de poder conocernos todos un poco más y poderplantearnos, como colectivo, y en un futuro no demasiado lejano, cue-stiones de mayor calado. Existen fuentes de financiación para esos pro-yectos en la Comunidad Europea, a los que no sería difícil acceder connuestras propuestas profesionales bien elaboradas. Estoy convencido, ycreo que también Gianni Penzo Doria, de que cualquier esfuerzoorientado en esa dirección dará, tanto a corto como a medio o largo plazo,sobresalientes resultados para nuestras respectivas instituciones.

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LUCIANA DURANTI

The Long-Term Preservation of Authentic Electronic Records

This paper will discuss the InterPARES (International Research onPermanent Authentic Records in Electronic Systems) project, an interna-tional interdisciplinary initiative lead by Canada and involving thirteencountries, the direction of which is funded by SSHRC (Social Sciences andHumanities Research Council).

First, it will present the objectives of the project, its domains of inquiry,the methodologies used to address the various research questions, and theprocedures for the development of instruments of analysis, the definitionand testing of hypotheses, the determination of general outcomes, andtheir subsequent contextualization.

Then, it will discuss the work carried out in the context of the first do-main of inquiry, which aims at establishing the baseline and specific requi-rements for the continuing authenticity of electronic records. The paperwill be concluded by an overview of the research carried out in the contextof the other domains of inquiry and of the way the findings of all domainsare expected to coalesce to produce the project’s objectives.

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DOCUMENTI

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SECONDA VERSIONE DELLA BOZZA DI CODICE DEONTOLOGICO

E DI BUONA CONDOTTA PER IL TRATTAMENTO

DI DATI PERSONALI A FINI STORICI

Viene qui pubblicata la seconda bozza di codice deontologico e di buona condotta per itrattamenti di dati personali a fini storici elaborata da un apposito Gruppo di lavorocomposto da rappresentanti di Associazioni di archivisti e di storici.A tale bozza viene data diffusione per conto di tale Gruppo al fine di raccogliere osserva-zioni e suggerimenti da parte di chiunque sia interessato. Le eventuali proposte potrannoessere fatte pervenire all’Ufficio del "Garante per la protezione di dati personali" tramiteposta ordinaria, Piazza di Monte Citorio, 121 - 00186 Roma, via fax al numero06.69677905.Riferimenti normativi* Art. 27 Direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995* Art. 31 legge n. 675 del 31 dicembre 1996 - Tutela delle persone e di altri soggetti ri-spetto al trattamento dei dati personali* Decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 281 - Disposizioni in materia di trattamento deidati personali per finalità storiche, statistiche e di ricerca scientificaProvvedimenti del Garante* Provvedimento del 10 febbraio 2000 - Codici di deontologia e di buona condotta relati-vi ai dati personali utilizzati per finalità storiche, statistiche, di ricerca scientifica, di inve-stigazioni difensive, e ai dati personali utilizzati da operatori sanitari e da istituzioni ban-carie e finanziarie.PreamboloI sottoindicati soggetti pubblici e privati sottoscrivono il presente codice sulla base delleseguenti premesse:

1) Chiunque accede ad informazioni e documenti per scopi storici utilizza fre-quentemente dati di carattere personale per i quali la legge prevede alcune ga-ranzie a tutela degli interessati (l. 31 dicembre1996, n. 675; dd.lg. 11 maggio1999, n. 135 e 30 luglio 1999, n. 281; d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409).2) L’utilizzazione di tali dati da parte di utenti ed archivisti deve pertanto rispet-tare le previsioni di legge e quelle del presente codice di deontologia e di buonacondotta, l’osservanza del quale, oltre a rappresentare un obbligo deontologico,costituisce condizione essenziale per la liceità del trattamento dei dati ( art. 31,comma 1, lettera h) l. 31 dicembre 1996, n.675; art.6 d. lg. 30 luglio 1999,n.281).3) L’osservanza di tali regole non deve pregiudicare l’indagine, la ricerca la do-cumentazione e lo studio ovunque svolti, in relazione a figure, fatti e circostanzedel passato.4) I trattamenti di dati personali concernenti la conservazione, l’ordinamento e

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la comunicazione dei documenti conservati negli Archivi di Stato e negli archivistorici degli enti pubblici sono considerati di rilevante interesse pubblico (art. 23d.lg. 11 maggio 1999, n.135).5) La sottoscrizione del presente codice è promossa per legge dal Garante, nelrispetto del principio di rappresentatività dei soggetti pubblici e privati interes-sati, ma è altresì espressione delle associazioni professionali e delle categorie in-teressate, ivi comprese le società scientifiche, al fine di assicurare l’equilibrio trale varie esigenze connesse alla ricerca e alla rappresentazione di fatti storici ed idiritti e le libertà fondamentali delle persone interessate (art. 1 l. 31 dicembre1996, n. 675).6) Il presente codice individua per legge, in particolare:a) alcune regole di correttezza e di non discriminazione nei confronti degli utentida osservare anche nella comunicazione e diffusione dei dati, armonizzate conquelle che riguardano il diritto di cronaca e la manifestazione del pensiero;b) particolari cautele per la raccolta, la consultazione e la diffusione di documen-ti concernenti dati idonei a rivelare lo stato di salute, la vita sessuale o rapportiriservati di tipo familiare;c) modalità di applicazione agli archivi privati della disciplina dettata in materiadi trattamento dei dati a scopi storici (art. 7, comma 5, d.lg. 30 luglio 1999, n.281).7) La sottoscrizione del presente codice è effettuata ispirandosi, oltre agli artt. 21e 33 della Costituzione della Repubblica italiana, alle pertinenti fonti e docu-menti internazionali in materia di ricerca storica e di archivi e in particolare:

a) agli artt. 8 e 10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei dirittidell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, ratificata dall’Italia con leg-ge 4 agosto 1955, n.848.b) alla Raccomandazione N. R (2000) 13 del 13 luglio 2000 del Consigliod’Europa;c) agli artt. 1, 7, 8, 11 e 13 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unioneeuropea;d) ai Principi direttivi per una legge sugli archivi storici e gli archivi correnti,individuati dal Consiglio internazionale degli archivi al congresso di Ottawanel 1996, e al Codice internazionale di deontologia degli archivisti approva-to nel congresso internazionale di Pechino del 1996.

SOMMARIO

Capo I (Artt. 1 - 2)Art. 1. Finalità e ambito di applicazioneArt. 2. Definizioni

Capo II - Regole di condotta per gli archivisti e liceità dei relativi trattamenti (Artt. 3- 8)

Art. 3. Principi generaliArt. 4. Conservazione e tutelaArt. 5. Comunicazione e fruizioneArt. 6. Riservatezza

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Art. 7. Aggiornamento dei datiArt. 8. Fonti orali

Capo III - Regole di condotta per gli utenti e condizioni per la liceità dei relativi trat-tamenti (Artt. 9 - 13)

Art. 9. Principi generaliArt. 10. AccessoArt. 11. DiffusioneArt. 12. Applicazione del codiceArt. 13. Violazione delle regole di condottaArt. 14. Entrata in vigore

TESTO

Capo IArt. 1.

Finalità e ambito di applicazione1. Le presenti norme sono volte a garantire che l’utilizzazione di dati di carattere perso-nale acquisiti nell’esercizio della libera ricerca storica e del diritto allo studio eall’informazione, nonché nell’accesso ad atti e documenti, si svolga nel rispetto dei diritti,delle libertà fondamentali e della dignità delle persone interessate, in particolare del dirit-to alla riservatezza e del diritto all’identità personale.2. Il presente codice detta disposizioni per i trattamenti di dati personali effettuati perscopi storici in relazione ai documenti conservati presso archivi delle pubbliche ammini-strazioni, enti pubblici ed archivi privati dichiarati di notevole interesse storico, e si ap-plica, senza necessità di sottoscrizione, all’insieme dei trattamenti di dati personali co-munque effettuati dagli utenti per scopi storici.3. Il presente codice reca, altresì, principi-guida di comportamento dei soggetti che trat-tano per scopi storici dati personali conservati presso archivi pubblici e archivi privati di-chiarati di notevole interesse storico, e in particolare:

a) nei riguardi degli archivisti, individua regole di correttezza e di non discriminazio-ne nei confronti degli utenti, indipendentemente dalla loro nazionalità, categoria diappartenenza, livello di istruzione;b) nei confronti degli utenti, individua cautele per la raccolta, l’utilizzazione e la dif-fusione dei dati contenuti nei documenti.

4. La competente sovrintendenza archivistica riceve comunicazione da parte di proprieta-ri, possessori e detentori di archivi privati non dichiarati di notevole interesse storico o disingoli documenti di interesse storico, i quali manifestano l’intenzione di applicare il pre-sente codice nella misura per essi compatibile.

Art. 2.Definizioni

1. Nell’applicazione del presente codice si tiene conto delle definizioni e delle indicazionicontenute nella disciplina in materia di trattamento dei dati personali e, in particolare,delle disposizioni citate nel preambolo. Ai medesimi fini si intende, altresì:

a) per "archivista", chiunque, persona fisica o giuridica, ente o associazione, abbiaresponsabilità di controllare, acquisire, trattare, conservare, restaurare e gestire ar-

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chivi storici, correnti o di deposito della pubblica amministrazione, archivi privati di-chiarati di notevole interesse storico, nonché gli archivi privati di cui al precedenteart. 1, comma 4;b) per "utente", chiunque chieda di accedere o acceda per scopi storici a documenticontenenti dati personali, anche per finalità giornalistiche o di pubblicazione occa-sionale di articoli, saggi e altre manifestazioni del pensiero;c) per "documento", qualunque testimonianza scritta, orale o conservata su qualsiasisupporto che contenga dati personali.

Capo IIRegole di condotta per gli archivisti e liceità dei relativi trattamenti

Art. 3.Principi generali

1. Nel trattare i dati di carattere personale e i documenti che li contengono, gli archivistiadottano, in armonia con la legge e i regolamenti, le modalità più opportune per favorireil rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali siriferiscono i dati trattati.2. Gli archivisti di enti o istituzioni pubbliche si adoperano per il pieno rispetto, anche daparte dei terzi con cui entrano in contatto per ragioni del proprio ufficio o servizio, delledisposizioni di legge e di regolamento in materia archivistica e, in particolare, di quantoprevisto negli artt. 21 e 21-bis del d.P.R. 30 settembre 1963, n. 1409, come modificati dald.lg. 30 luglio 1999, n. 281, dall’art. 7 del medesimo d.lg. n. 281, e successive modifica-zioni ed integrazioni.3. I soggetti pubblici che svolgono funzioni archivistiche, nel trattare dati di caratterepersonale comuni o sensibili, si attengono ai doveri di lealtà, correttezza, imparzialità,onestà e diligenza propri dell’esercizio della professione e della qualifica o livello ricoper-ti dal dipendente. Conformano il proprio operato al principio di trasparenza della attivitàamministrativa.4. I dati personali trattati per scopi storici possono essere ulteriormente utilizzati esclusi-vamente per tali scopi, e sono soggetti in linea di principio alla medesima disciplina indi-pendentemente dal documento in cui sono contenuti e dal luogo di conservazione, fermerestando le cautele e le garanzie previste per particolari categorie di dati.

Art. 4.Conservazione e tutela

1. Gli archivisti si impegnano a:a) favorire il recupero, l’acquisizione e la tutela dei documenti. A tal fine, operano inconformità con i principi, i criteri metodologici e le pratiche della professione gene-ralmente condivisi ed accettati, curando anche l’aggiornamento sistematico e conti-nuo delle proprie conoscenze storiche, amministrative e tecnologiche;b) tutelare l’integrità degli archivi e l’autenticità dei documenti anche elettronici emultimediali, di cui promuovono la conservazione permanente, in particolare diquelli esposti a rischi di cancellazione, dispersione ed alterazione dei dati;c) salvaguardare la conformità delle riproduzioni dei documenti agli originali ed evi-tare ogni azione diretta a manipolare, dissimulare o deformare fatti, testimonianze e

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documenti;d) rafforzare la sicurezza dei dati e dei documenti prevista dall’art. 15 della legge 31dicembre 1996, n. 675 e dal d.P.R. 28 luglio 1999, n. 318, sviluppando misure idoneea prevenire l’eventuale distruzione, dispersione o accesso non autorizzato ai docu-menti, e adottando, in presenza di specifici rischi, particolari cautele quali, ad esem-pio, la consultazione in copia di alcuni documenti e la conservazione degli originaliin cassaforte o armadi blindati.

Art. 5.Comunicazione e fruizione

1. Gli archivi sono organizzati secondo criteri tali da assicurare il principio della liberafruibilità delle fonti.2.L’archivista promuove il più largo accesso agli archivi e, attenendosi al quadro dellanormativa vigente, favorisce l’attività di ricerca e di informazione e il reperimento dellefonti.3. L’archivista informa il ricercatore sui documenti estratti temporaneamente da un fasci-colo perché esclusi dalla consultazione.4. In caso di rilevazione sistematica dei dati in collaborazione fra altri soggetti pubblici oprivati, per costituire banche dati di intere serie archivistiche, la struttura interessata sot-toscrive apposita convenzione per concordare le modalità di fruizione e le forme di tuteladei soggetti interessati, attenendosi alle disposizioni della legge 31 dicembre 1996, n. 675,per quanto riguarda il rapporto tra il titolare, il responsabile e gli incaricati del trattamen-to, nonché con soggetti esterni interessati ad accedere ai dati.

Art. 6.Riservatezza

1. Gli archivisti si impegnano a:a) non fare alcun uso delle informazioni non disponibili agli utenti o non rese pub-bliche, ottenute in ragione della propria attività anche in via confidenziale, per pro-prie ricerche o per realizzare profitti e interessi privati. Nel caso in cui l’archivistasvolga ricerche per fini personali o comunque estranei alla propria attività professio-nale, è soggetto alle stesse regole e ai medesimi limiti previsti per gli utenti;b) mantenere riservate le notizie e le informazioni concernenti i dati personali appre-se nell’esercizio delle proprie attività.

2. L’archivista osserva tali doveri di riserbo anche dopo la cessazione dalla propria attivi-tà.

Art. 7.Aggiornamento dei dati

1. L’archivista favorisce l’esercizio del diritto degli interessati all’aggiornamento, alla retti-fica o all’integrazione dei dati, garantendone la conservazione secondo modalità che assi-curino la distinzione delle fonti originarie dalla documentazione successivamente acquisi-ta.2. Ai fini dell’applicazione dell’art. 13 della legge n. 675/1996, in presenza di eventuali ri-chieste generalizzate di accesso ad un’ampia serie di dati o documenti, l’archivista pone adisposizione gli strumenti di ricerca e le fonti pertinenti fornendo al richiedente idoneeindicazioni per una loro agevole consultazione.

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3. In caso di esercizio di un diritto da parte di chi vi abbia interesse in relazione a datipersonali che riguardano persone decedute e documenti assai risalenti nel tempo, ai sensidell’art. 13, comma 3, della legge n. 675/1996, la sussistenza dell’interesse è valutata an-che in riferimento al tempo trascorso.

Art. 8.Fonti orali

1. In caso di trattamento di fonti orali, è necessario che gli intervistati abbiano espresso ilproprio consenso in modo esplicito, verbalmente o meno, anche sulla base di una infor-mativa semplificata che renda nota almeno l’identità e l’attività svolta dall’intervistatore ele finalità della raccolta dei dati.2. Gli archivi che acquisiscono fonti orali richiedono all’autore dell’intervista una dichia-razione scritta dell’avvenuta comunicazione degli scopi perseguiti nell’intervista stessa edel relativo consenso manifestato dagli intervistati.NotaIl testo vigente dell’art. 13 della legge n. 675/1996 non consente, al momento, di introdurrelimiti temporali o di condizionare alla presenza di particolari requisiti l’esercizio dei dirittida esso disciplinati. Le problematiche legate all’applicazione di tale disposizione agli archivistorici , emerse durante le discussioni del Gruppo di lavoro, potranno pertanto essere util-mente affrontate con i decreti legislativi previsti dalla legge n. 676/1996, di cui si attende unimminente rinnovo da parte del Parlamento.

Art. 8.Fonti orali

1. In caso di trattamento di fonti orali, è necessario che gli intervistati abbiano espresso ilproprio consenso in modo esplicito, anche verbalmente, anche sulla base di una informa-tiva semplificata che renda nota almeno l’identità e l’attività svolta dall’intervistatore e lefinalità della raccolta dei dati.2. Gli archivi che acquisiscono fonti orali richiedono all’autore dell’intervista una dichia-razione scritta dell’avvenuta comunicazione degli scopi perseguiti nell’intervista stessa edel relativo consenso manifestato dagli intervistati.

Capo IIIRegole di condotta per gli utenti e condizioni per la liceità dei relativi trattamenti

Art. 9.Principi generali

1. Nell’accedere alle fonti e nell’esercitare l’attività di studio, ricerca e manifestazione delpensiero, gli utenti, quando trattino i dati di carattere personale, secondo quanto previstodalla legge e dai regolamenti, adottano le modalità più opportune per favorire il rispettodei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone interessate.2. In applicazione del principio di cui al comma 1, gli utenti utilizzano i documenti sottola propria responsabilità e conformandosi agli scopi perseguiti e delineati nel progetto diricerca, nel rispetto dei principi di pertinenza ed indispensabilità di cui all’art. 7, del d.lg.30 luglio 1999, n. 281.

Art. 10.Accesso

1. L’accesso agli archivi pubblici è libero. Tutti gli utenti hanno diritto ad accedere agli

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archivi con eguali diritti e doveri.2. Fanno eccezione, ai sensi delle leggi vigenti, i documenti di carattere riservato relativialla politica interna ed estera dello Stato che divengono consultabili cinquanta anni dopola loro data e quelli contenenti i dati di cui agli artt. 22 e 24 della legge 675/1996, che di-vengono liberamente consultabili quaranta anni dopo la loro data. Il termine è di settantaanni se i dati sono idonei a rivelare lo stato di salute o la vita sessuale o rapporti riservatidi tipo familiare.3. L’autorizzazione alla consultazione dei documenti di cui al comma 2 può essere rila-sciata prima della scadenza dei termini dal Ministro dell’Interno, previo parere del diret-tore dell’Archivio di Stato o del sovrintendente archivistico competenti e udita la com-missione per le questioni inerenti alla consultabilità degli atti di archivio riservati istituitapresso il Ministero dell’interno, secondo la procedura dettata dagli artt. 8 e 9 del decretolegislativo n. 281/1999.4. . In caso di richiesta di autorizzazione a consultare i documenti di cui al comma 2 pri-ma della scadenza dei termini, l’utente presenta all’ente che li conserva un progetto di ri-cerca in relazione alle fonti riservate per le quali chiede l’autorizzazione, che illustri le fi-nalità della ricerca e le modalità di diffusione dei dati. Il richiedente ha facoltà di presen-tare ogni altra documentazione utile.5. L’autorizzazione di cui al comma 3 alla consultazione è rilasciata a parità di condizioniad ogni altro richiedente. La valutazione della parità di condizioni avviene sulla base delprogetto di ricerca di cui al comma 4.6. L’autorizzazione alla consultazione dei documenti, di cui al comma 3, prima dello sca-dere dei termini può contenere cautele volte a consentire la comunicazione dei dati senzaledere i diritti, le libertà e la dignità delle persone interessate.7. Le cautele possono consistere anche, a seconda degli obiettivi della ricerca desumibilidal progetto, nell’obbligo di non diffondere i nomi delle persone, nell’uso delle sole ini-ziali dei nominativi degli interessati, nell’oscuramento dei nomi in una banca dati, nellasottrazione temporanea di singoli documenti dai fascicoli o nel divieto di riproduzionedei documenti. Particolare attenzione è prestata al principio della pertinenza eall’indicazione di fatti o circostanze che possono rendere facilmente individuabili gli inte-ressati.8.L’autorizzazione di cui al comma 3 è personale e il titolare dell’autorizzazione non puòdelegare altri al suo posto. I documenti mantengono il loro carattere riservato e non pos-sono essere ulteriormente utilizzati da altri soggetti senza la relativa autorizzazione.

Art. 11.Diffusione

1. L’interpretazione dell’utente, nel rispetto del diritto alla riservatezza, del dirittoall’identità personale e della dignità degli interessati, rientra nella sfera della libertà di pa-rola e di manifestazione del pensiero costituzionalmente garantite.2. Nel far riferimento allo stato di salute delle persone l’utente si astiene dal pubblicaredati analitici di interesse strettamente clinico e dal descrivere abitudini sessuali riferite aduna determinata persona identificata o identificabile.3. La sfera privata delle persone note o che abbiano esercitato funzioni pubbliche deveessere rispettata nel caso in cui le notizie o i dati non abbiano alcun rilievo sul loro ruoloo sulla loro vita pubblica.

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4. In applicazione di quanto previsto dall’art. 7, comma 2, del d.lg. n 281/1999, al mo-mento della diffusione dei dati il principio della pertinenza è valutato dall’utente con par-ticolare riguardo ai singoli dati personali contenuti nei documenti, anziché ai documentinel loro complesso. L’utente può diffondere i dati personali se pertinenti e indispensabilialla ricerca e se gli stessi non ledano la dignità e la riservatezza delle persone.5. L’utente non è tenuto a fornire l’informativa di cui all’art. 10, comma 3 della legge n.675/1996 nei casi in cui tale adempimento comporti l’impiego di mezzi manifestamentesproporzionati.6. L’utente può utilizzare i dati elaborati o le copie dei documenti contenenti dati perso-nali, accessibili su autorizzazione, solo ai fini della propria ricerca, e ne cura la riservatez-za anche rispetto ai terzi.

Art. 12.Applicazione del codice

1. I soggetti pubblici e privati, comprese le società scientifiche e le associazioni professio-nali, che abbiano sottoscritto il presente codice si impegnano, con i modi e nelle formepreviste dai propri ordinamenti, a promuoverne la massima diffusione e la conoscenza,nonché ad incoraggiarne il rispetto.2. Nel caso degli archivi degli enti pubblici e degli archivi privati dichiarati di notevole in-teresse storico, le sovrintendenze archivistiche promuovono la diffusione e l’applicazionedel codice.

Art. 13.Violazione delle regole di condotta

1. Nell’ambito degli archivi pubblici le amministrazioni competenti applicano le sanzionipreviste dai rispettivi ordinamenti.2. Le società e le associazioni che sottoscrivono il presente codice adottano, sulla base deipropri ordinamenti e regolamenti, le opportune misure in caso di violazione del codicestesso.3. La violazione delle prescrizioni del presente codice da parte degli utenti è comunicataagli organi competenti per il rilascio delle autorizzazioni a consultare documenti riservatiprima del decorso dei termini di legge, ed è considerata ai fini del rilasciodell’autorizzazione medesima. L’Amministrazione competente, secondo il proprio ordi-namento, può altresì escludere temporaneamente dalle sale di studio i soggetti responsa-bili della violazione delle regole del presente codice. Gli stessi possono essere esclusi daulteriori autorizzazioni alla consultazione di documenti riservati.4. Oltre a quanto previsto dalla legge per la denuncia di reato cui sono tenuti i pubbliciufficiali, i soggetti di cui ai commi 1 e 2 possono comunicare al Garante i nominativi deisoggetti responsabili della violazione delle regole di condotta per l’eventuale adozione deiprovvedimenti e delle sanzioni di competenza.

Art. 14.Entrata in vigore

1. Il presente codice si applica a decorrere dal ..... 2001.

Roma 2 gennaio 2001

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REGOLAMENTO PER LA PUBBLICAZIONE DEI DOCUMENTI

ALL’ALBO UFFICIALE DI ATENEO(Approvato dal Consiglio di Amministrazione il 12 dicembre 2000

ed emanato con DR 23 gennaio 2001, n. 89)

art. 1.Istituzione e compiti

1. È istituito l’Albo Ufficiale, unicoper tutto l’Ateneo.

2. L’Albo Ufficiale ha il compito digestire e tutelare la pubblicazione le-gale di documenti dell’Ateneo per lacui efficacia è richiesta una forma dipubblicità di rilevanza giuridico-proba-toria, cioè una conoscenza certa achiunque ne abbia interesse.

art. 2.Gestione e procedure

1. La gestione e la tenuta dell’AlboUfficiale sono affidate all’Archivio Ge-nerale di Ateneo.

2. Il repertorio dell’Albo Ufficiale,descritto all’art. 7, è associato al proto-collo unico dell’Amministrazione cen-trale.

3. All’Albo Ufficiale afferisconol’Amministrazione centrale e tutte lestrutture didattiche, di ricerca e di ser-vizio previste dallo statuto (facoltà, di-partimenti, centri, biblioteche, etc.).

art. 3.Altre tipologie

di informazione e comunicazione

1. Per garantire la più ampia cono-scenza dei documenti, il responsabiledel procedimento amministrativo devecomunque assicurare un’attività di in-

formazione e comunicazione interna edesterna, per esempio attraverso l’affis-sione dei documenti alla bachecadell’ufficio o della struttura, oppure ladiffusione per via telematica.

2. Con motivata richiesta, possonoessere pubblicati documenti di altri en-ti o amministrazioni.

art. 4.Modalità di pubblicazione

1. La pubblicazione all’Albo Uffi-ciale coincide con la registrazione a re-pertorio e viene effettuata entro il gior-no lavorativo successivo a quello di ri-cevimento del documento.

2. Il computo dei giorni decorre dalgiorno successivo alla data di pubblica-zione; se l’ultimo giorno coincide conun giorno festivo, la pubblicazione hatermine il primo giorno lavorativo utile.

3. Per garantire la tempestività dellapubblicazione, il documento può esseretrasmesso per telefax; per permettere laconservazione dei documenti su sup-porti duraturi, il documento deve peròessere trasmesso anche in originale en-tro il giorno seguente.

art. 5.Durata della pubblicazione

1. La durata della pubblicazione è,di norma, di quindici giorni.

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142 3ª Conferenza organizzativadegli archivi delle università italiane

2. Con motivata richiesta, possonoessere effettuate pubblicazioni di mag-giore durata, fino a un massimo di ses-santa giorni.

3. Ove ricorrano particolari motividi necessità o di urgenza, il responsa-bile del procedimento può richiedere lapubblicazione per un periodo inferiore.

art. 6.Adempimenti e referta di pubblicazione

1. La pubblicazione di un docu-mento va richiesta compilando il mo-dello prestampato descritto nell’allega-to 1 (o una copia conforme).

2. Il documento da pubblicare deveessere trasmesso in due esemplari inoriginale.

3. Effettuata regolarmente la pub-blicazione, un originale viene conserva-to nel repertorio dell’Albo Ufficiale,l’altro originale va restituito a chi ne harichiesto la pubblicazione, con la refer-ta firmata dal responsabile del servizio.

4. La referta, cioè la dichiarazionedi regolare pubblicazione, contienel’indicazione dei giorni nei quali il do-cumento è stato pubblicato, nonché ladata e il numero di registrazione a re-pertorio.

art. 7.Il repertorio dell’Albo Ufficiale

1. Il complesso dei documenti regi-strati all’Albo ufficiale costituisce unaserie archivistica corredata da un pro-prio repertorio, cioè da un registrocontenente la descrizione dei dati di ef-ficacia probatoria indicati all’art. 8.

2. Il repertorio ha validità annuale:si apre il 1° gennaio e si chiude il 31 di-cembre di ogni anno.

3. Entro il 31 gennaio va stampato ilregistro dell’Albo Ufficiale relativo al-l’anno precedente e conservato nell’ar-

chivio di deposito assieme al complessodei documenti registrati in quell’anno.

art. 8.Elementi obbligatori della registrazione

1. Gli elementi obbligatori per lapubblicazione all’Albo Ufficiale sono iseguenti:

a) numero di registrazione a reper-torio;

b) data di registrazione a repertorio(data di pubblicazione);

c) data di avvenuta pubblicazione(data di restituzione);

d) denominazione del richiedente;e) oggetto del documento;f) numero degli allegati;g) descrizione degli allegati.

art. 9.Pubblicazione di documenti

della medesima tipologia

1. Se viene richiesta la pubblicazio-ne di tre o piú documenti della mede-sima tipologia (per esempio assegni diricerca, bandi di concorso, etc.), assie-me agli originali deve essere allegato unelenco riepilogativo in duplice copia.

2. All’albo verrà pubblicato taleelenco con l’indicazione che il docu-mento integrale è consultabile pressol’Archivio Generale di Ateneo.

art. 10.Accesso e rilascio copie

1. Il diritto di accesso si esercita invia informale richiedendo, anche ver-balmente, copia del documento pub-blicato, precisando gli estremi o glielementi che ne consentano l’individua-zione.

2. La richiesta, esaminata immedia-tamente e senza formalità, è accoltaesibendo il documento o fotoriprodu-cendolo o trasmettendolo per via tele-

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matica oppure con altra modalità con-cordata con il richiedente e fatto salvoil diritto di copia.

art. 11.Annullamento di una registrazione

1. È possibile richiedere, motivandoadeguatamente il provvedimento, l’an-nullamento di una pubblicazione.

2. Poiché non è ammessa la formuladi “Errata-Corrige”, se si riscontranoerrori nel documento pubblicato, si de-ve annullare il documento errato epubblicare il documento corretto, ri-cominciando il computo dei giorni dipubblicazione.

3. La registrazione verrà annullataapponendo la dicitura “Annullato” inmaniera tale da consentire la letturadelle informazioni registrate in prece-denza, indicando la data di annulla-mento, il nome o il codice dell’opera-tore e gli estremi della richiesta.

4. Nello stesso tempo, il documentopubblicato va marcato con la dicitura“Annullato”, posta in maniera ben vi-sibile e lasciato nel medesimo luogo fi-no alla scadenza dei termini di pubbli-cazione precedentemente assegnati.

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Page 144: ABSTRACT - 3^ Conferenza · 8 3ª Conferenza organizzativa degli archivi delle università italiane come sinonimi di progetti ambiziosi e velleitari, bensì saranno “pane quo-tidiano”
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giovedì 5 aprile 2001 ore 8.30 - Verifica iscrizioni e accoglienza

dei partecipanti e dei relatori ore 9.15 Saluti d’apertura

q Giovanni Marchesini, Magnifico Rettore q Salvatore Italia, Direttore Generale dell’Ufficio

Centrale per i beni archivistici del Ministero per i beni e le attività culturali

q Giustiniana Migliardi O’ Riordan, Soprinten-dente archivistico per il Veneto

q Isabella Orefice - Presidente dell’Associazione Nazionale Archivistica Italiana, Verso la Confe-renza europea sugli archivi

1ª Sessione

L’innovazione amministrativa passa dagli archivi

Presiede: Alberto Mirandola - Università degli Studi di Padova

ore 9.50 Giuseppino Molinari, I progetti archivistici

dell’Università degli Studi di Padova ore 10.10 Chiara Ricci Zingone, Lavorare insieme tra

atenei: il manuale di gestione del protocollo informatico

ore 10.30 Donatella Mazzetto e Remigio Pegoraro, Un progetto per la riorganizzazione del fascicolo di persona: Ad personam

ore 10.50 Nino Di Guardo, Ad personam: aspetti di organizzazione del lavoro

ore 11.10 Monica Martignon, Veneziarchivi 2: il progetto continua

ore 11.30 Teresa Buccarelli, Pubblicità e diritto di ac-cesso ai documenti: il regolamento per l’Albo Ufficiale

ore 11.50 Ines Fabbro, Il progetto Almarchivi: dal pro-tocollo all'organizzazione del lavoro

ore 12.10 Carlo Polacchini, L’esperienza bolognese sul-la firma digitale

ore 12.30 Fabio Venuda, Thesis 99: un accordo strategi-co tra Atenei

ore 12.50 Caterina Rea, Gestire e archiviare i documenti

degli organi collegiali: il progetto Titulus Organi ore 13.10 Raffaele Dei Campielisi, La versione 2.0 di Titu-

lus 97 e il Titulus Organi: aspetti informatici ore 13.30 lunch

2ª Sessione Studium 2000: il progetto per la tutela e la valorizzazione degli archivi storici

delle università italiane Presiede:

Giuliano Catoni - Università degli Studi di Siena

ore 14.30 Donato Tamblé, La valorizzazione degli archivi dalla teoria alla prassi: il caso degli archivi uni-versitari

ore 14.50 Ferruccio Ferruzzi, Il nuovo codice di deontolo-gia per la ricerca storica

ore 15.10 Maria Grazia Pastura, Il progetto Studium 2000: un primo (economico e archivistico) bilancio

ore 15.30 Gianni Penzo Doria, Il 1° Rapporto sugli archivi storici delle università italiane

3ª Sessione

Tavola rotonda Una fotografia da mettere a fuoco:

i dettagli del 1° Rapporto sugli archivi storici universitari

Presiede: Elio Lodolini - Università di Roma “La Sapienza”

Interventi di: ore 16.00 Salvatore Consoli ore 16.20 Angela Muscedra ore 16.40 Michela Sessa ore 17.00 Micaela Procaccia ore 17.20 Giovanna Giubbini ore 17.40 Felice Luigi Previti ore 18.00 Leonardo Granata, L’archivio del Seminario

maggiore di Padova. Analisi della documentazio-ne conservata dall’istituzione

ore 18.30 Conclusione dei lavori

venerdì 6 aprile 2001

4ª Sessione

Documenti, protocolli e archivi informatici: lo stato dell'arte

Presiede: Oddo Bucci - Università degli Studi di Macerata

ore 9.00 Ciro Maddaloni, Le applicazioni pratiche di XML

ore 9.30 Giansalvatore Mecca, XML e il progetto eXtra per le università

ore 10.00 Stefano Pigliapoco, Dal protocollo alla gestione dei flussi documentali

ore 10.30 Dario Roccavini, Il manuale di gestione del protocollo informatico

ore 11.00 Coffee break

5ª Sessione

Documenti, protocolli e archivi informatici: una panoramica nazionale e internazionale

Presiede: Giorgetta Bonfiglio Dosio - Università degli Studi di Padova

ore 11.30 Antonio Massari, I nuovi scenari sul protocollo ore 12.00 Mariella Guercio, La ricerca sulla conservazio-

ne dei documenti informatici e il quadro nor-mativo nazionale

ore 12.30 Joaquim Llansò Sanjuan, Un accordo interna-zionale tra l’Università degli Studi di Padova e l’Università publica de la Navarra: Eurotitulus

ore 13.00 Luciana Duranti, The InterPARES Project: A Progress Report

ore 13.30 Conclusione dei lavori