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sala di Botticelli. E ci s’avvedrà che non spartisce con altri quadri, come invece succedeva alla Sacra Famiglia di Michelangelo, la sua parete; bensì da solo vi campeggia, sollecitando i visitatori a sostare al suo cospetto. Cosa che difficilmente gli capitava quand’era nell’aula vasta botticellia- na, a stretto ridosso delle creazioni di Sandro (capaci di monopolizzare ogni sguardo) e all’ombra del trittico di Hugo van der Goes, stagliantesi come un gigante sul medesimo muro. E, proseguendo nel tragitto di questi rinnovati vani, sarà facile notare che dello stesso privilegio godono tant’al- tre opere qui esibite: dalle tavole soa- vemente austere del Perugino per San Giusto degli Ingesuati alla solenne ‘Pala degli Otto’ di Filippino, dalla trasognata Incarnazione di Piero di Cosimo all’umanistica Madonna col Sala dei Veneti, terzo e quarto decennio del XX secolo Nelle sale della Fonderia Le otto sale espositive degli Uffizi che oggi, grazie alla partecipazione del gruppo Ferragamo, si presentano rinnovate nel loro assetto museografi- co hanno invero una storia lunga di secoli. Vi si entrava dall’inizio del terzo corridoio della Galleria, “fra la fine degli Uffizi e principio del corri- dore verso Arno” come registrato nel Seicento; qui aveva sede, già dal tempo di Francesco I de’ Medici, la Fonderia (attuali sale Cosimo Rossel- li 26, Perugino 27, Lorenzo di Credi 29, Doriforo 30, Signorelli 31). L’ala di ponente degli Uffizi, al piano della Galleria storica, forse per il fatto di non aver accolto in origine le cose più importanti, è quella che nel corso del tempo ebbe le maggiori trasformazio- ni. Per quasi tutto il diciassettesimo secolo, a fianco e lungo il terzo corri- doio, oltre agli ambienti detti della Fonderia c’erano dunque solo soffitte e terrazze. Nel laboratorio in cui si elaboravano preparati farmaceutici erano presenti dei “fornelli murati sotto un gran camino” come si vedo- no disegnati nel muro che divideva le due stanze principali dell’officina (attuali sale Cosimo Rosselli 26 e Perugino 27); vi si distillavano e pre- paravano “acque di fiori odorati, e d’herbe, ed olij di drogherie, e spezie- rie, trahendone la quinta essentia, e untioni e con pestilenza, e li veneni, e polveri, e medicine di possente virtù”, essenze con probabilità prove- nienti anche dal giardino pensile in fondo al corridoio, piantato sopra la Loggia della Signoria, e lasciate essiccare sul “ben aggiustato terraz- zo scoperto al mezzogiorno rivolto” (attuale sala Filippino Lippi 28). La Fonderia era pure fornita di un con- gegno idraulico che dalla cantina, per mezzo di un “rotone” progettato, come si diceva, dal Buontalenti, face- va affluire l’acqua dell’Arno al piano della Galleria; tracce di questa appa- recchiatura, che abbiamo trovato nel corso dei lavori di restauro in seguito all’esplosione del 1993, si sono volu- te conservare negli ambienti posti in corrispondenza verticale, al di sotto delle stanze della Fonderia. Le mera- viglie non finivano qui, per esempio nella prima stanza detta “dell’Arse- nale” o anche “dei Nicchi” (attuale sala Ghirlandaio 25) i pochi osserva- tori che ebbero il permesso di esservi ammessi, come hanno scritto, resta- vano impressionati da tutta una con- gerie di oggetti esotici e curiosità naturali – l’elefante, l’ippopotamo, l’alce, il coccodrillo, corna di rinoce- ronte, conchiglie, coralli, fossili di animali e minerali di ogni tipo –, mentre più avanti, nell’ultima sala (attuale seconda sala Signorelli 32) dopo la Fonderia, si potevano vedere mummie egizie di varie dimensioni, alcune ancora fasciate all’interno delle loro originali casse dipinte e decorate o in contenitori di cristallo, insieme a “pesci stravaganti e cose impietrite”. Un universo di oggetti che ancora rive- lava come la Galleria fosse il luogo della conoscenza più ampia, secondo i principi di un vasto sapere, prima che, per le riforme lorenesi in omaggio alle classificazioni dell’Illuminismo, fos- sero fondati il museo di scienze natu- rali (La Specola) e il museo archeolo- gico, dove questi materiali andarono a confluire. A causa del riordinamento e delle trasformazioni avvenute in Galle- ria per volontà di Pietro Leopoldo d’A- sburgo Lorena, l’officina venne dismessa e gli ambienti svuotati per diventare sede della direzione e ammi- nistrazione del museo con la bibliote- ca, un gabinetto di antiche medaglie e l’esposizione di alcuni quadri di scuo- la toscana, che nel primo Ottocento furono sostituiti dalla scuola veneta; vi si conservavano pure negli anni pre- cendenti l’Unità d’Italia alcuni reperti etruschi. In epoca postunitaria, ancora nell’Ottocento, vi giunsero Lorenzo Monaco col monumentale polittico e Botticelli, desta stupore vedere simili opere in tali ristretti e angusti ambien- ti, però esclusivamente destinati ai conoscitori e allo studio. Per qualche tempo, all’inizio del Novecento, que- sto giro di sale fu allestito per intero Bambino in un tondo, fra musicanti pastori nudi, di Signorelli. Tutto quan- to è esposto nei vani che oggi s’apro- no ha, comunque, il respiro largo che un testo figurativo reclama. L’intervento odierno è uno dei più cospicui fra quelli compiuti al piano storico della Galleria, giacché nell’a- nello di sale di cui si ragiona muta financo la destinazione: ospitava – come s’è detto – il Cinquecento e ora accoglie il secondo Quattrocento. Tutte le stanze erano di colore bianco e ora sono tinteggiate di quel verde che s’è scelto per connotare appunto la pittura del XV secolo (il visitatore d’altronde n’è stato avvertito nelle sale di Lorenzo Monaco, di Gentile da Fabriano e nella saletta d’Antonello da Messina, affacciate sul corridoio dirimpettaio; dove di verde è dipinta una porzione di parete o un pannello a far da fondo a brani cruciali dell’arte italiana del Quattrocento). Ogni lavo- ro condotto per il recupero di quest’a- la del museo (lavoro di restauro, d’a- deguamento impiantistico, d’imbian- catura, d’allestimento, e altro ancora) è stato diretto dai tecnici della Galleria degli Uffizi in virtù d’una generosa donazione della famiglia Ferragamo. Senza questo contributo – sia detto fuori d’ogni retorica oggi non potremmo salutare il nuovo capitolo degli Uffizi di domani. Con la riapertura di queste otto sale e l’abbattimento del diaframma drizza- to nel 2014 a conclusione del restauro dei vani dedicati ai marmi greci e al Giardino di San Marco, sarà di nuovo completamente agibile il circuito cui s’accede – come s’è detto – all’esor- dio del corridoio di ponente, subito prima della porta che immette nel Corridoio Vasariano. Un circuito che – per tener ben desta la vocazione degli Uffizi (fin dai primordi osserva- ta) a far convivere antico e moderno, l’un l’altro esaltandosi – si chiude dunque con due ambienti in cui sono esibite sculture giustappunto antiche. Ma anche nel cuore delle sale con la pittura dei maestri del secondo Quat- trocento si troverà un locale (quello che prima accoglieva quadri emiliani di piccolo formato, soprattutto di Ludovico Mazzolino), che, spogliato d’ogni dipinto e munito d’una quinta a esedra, accoglie e alla stregua d’una nicchia quasi ostenta il celebre torso in basanite verde, replica parziale e mutila (eppure così lirica) del Dorifo- ro di Policleto. Ritagliandosi su quel- l’emiciclo alto, di tinta chiara, l’ope- ra si offre al riguardante icastica, nella sua polita epidermide, quale modello d’alte virtù antiche; quelle stesse che i pittori lì intorno si forza- rono a emulare. In ultimo, rivolgo un pensiero grato ai colleghi architetti preposti alla direzione dei “Nuovi Uffizi”. Pur esulando quest’intervento dal proget- to di generale riassetto e restauro del museo, la loro disponibilità è stata per noi, anche nel caso attuale, di conforto. Antonio Natali Direttore della Galleria degli Uffizi con autoritratti; i dipinti dei toscani e dei veneti erano stati intanto trasferiti nel braccio di levante degli Uffizi, dove un cospicuo numero di ambienti si era aggiunto alla Galleria, soppal- cando l’aula del Teatro mediceo. Fu dopo il primo conflitto mondiale che, sotto la direzione di Giovanni Poggi (1911-1926), le otto sale furono oggetto di una considerevole modifica dei muri interni, che ne determinò la facies giunta invariata sino ad oggi. Risalgono a quel tempo la regolariz- zazione del perimetro delle stanze, gli allineamenti delle porte, in successio- ne dalla sala 25 alla 29, e le loro pre- ziose incorniciature di marmo fior di pesco o breccia medicea (le fasce perimetrali e zoccolature di bardiglio a pavimento sono invece riferibili ai lavori dopo l’ultimo evento bellico). Gli effetti della conflagrazione delle mine tedesche che nel 1944 distrusse- ro via Por Santa Maria si manifestaro- no più che altro proprio in questa parte della Galleria, tant’è che la sua riapertura avvenne nel 1952, rispetto a quella dell’opposta ala di levante nel 1948. I lavori presentati nel 1952, svolti dall’architetto Guido Morozzi col direttore Roberto Salvini, furono consistenti, interessarono parti strut- turali e funzionali; come riportato dalle cronache si erano realizzate innovazioni tecniche e di allestimento come “la bonifica integrale delle sof- fitte”; si installarono anche al di sotto dei lucernari esterni apparecchi di regolazione della luce naturale trami- te un sistema di persiane ad alette metalliche, gli stessi che ora abbiamo doverosamente ripristinato e reso ope- ranti con motori elettrici. L’intervento, iniziato la scorsa primavera e che oggi la Direzione degli Uffizi presenta, oltre al nuovo allestimento e alle necessarie attrezzature, ha riguardato la completa ristrutturazione relativa agli impianti elettrici e speciali, i sistemi di allarme, rilevamento, con- trollo, protezione e sicurezza, la cli- matizzazione, l’illuminazione artifi- ciale e naturale; ogni dato è trasmesso online, rilevabile ed operabile tramite un aggiornato sistema di control- building. Nella sala 30 dove si espone il torso di Doriforo, dovendo determi- nare un vano tale da favorire, in un spazio raccolto e isolato, la contem- plazione dell’oggetto, la memoria non poteva che ricondurci a quell’esem- plare soluzione ideata nel 1956 dal gruppo BBPR (G.L. Banfi, L. Bel- gioioso, E. Peresutti, E.N. Rogers) per la Pietà Rondanini di Michelangelo, oggi forse inconsapevolmente cancel- lata e di cui si è voluta riproporre qui fedele citazione. Antonio Godoli Direttore del Dipartimento di Architettura e degli allestimenti museografici Traccia per un percorso nella pittura del tardo Quattrocento La revisione dell’allestimento delle sale dei ‘primitivi’ e del Rinascimen- to operato nell’ambito del progetto “Nuovi Uffizi”, come pure l’incre- mento delle opere esposte, ha deter- minato lo slittamento nei primi ambienti del terzo corridoio della pit- tura del tardo Quattrocento toscano e umbro, fino a pochi mesi fa sistema- ta nelle sale 8-15 accanto ai capola- vori di Filippo Lippi, Botticelli, Leo- nardo, la cui notorietà non di rado catalizza l’attenzione dei visitatori a scapito di altre opere non meno importanti. Le sale che ora accolgo- no i dipinti del tardo Quattrocento, caratterizzate da un ordinamento meno costipato, articolato per nuclei monografici, vanno dunque a chiu- dere la stagione del Rinascimento e introducono alla ‘maniera moderna’, a compimento di un percorso crono- logico e culturale che dalla pittura del Duecento, ospitata nella prima sala del museo, giunge fino a Miche- langelo, cui è dedicata la sala 35. Dal presente allestimento sono state escluse le opere di Leonardo da Vinci che, per esigenze legate ai flussi di pubblico, si è reputato più opportuno mantenere nella sala 15, destinata ad ospitare, secondo il progetto di Anto- nio Natali, dipinti di artisti legati alla bottega del Verrocchio. Il percorso nelle nuove sale si apre dunque con le opere di due protago- nisti nella pittura fiorentina del secondo Quattrocento, Alesso Baldo- vinetti e Domenico Ghirlandaio. Il tondo con l’Adorazione dei Magi eseguito da quest’ultimo per i Torna- buoni nel 1487 campeggia dove fino a non molti mesi fa stava il Tondo Doni di Michelangelo; per la bottega del Ghirlandaio transitò del resto il giovane Buonarroti, seppure egli ne denigrasse il magistero. Emerge dai depositi la tavola raffigu- rante la Giustizia di Biagio d’Anto- nio, esempio di arte civica i cui emblemi ne ricordano l’originaria appartenenza alla Magistratura del Sale. La sala 26 si compone quasi per intero di opere finora ingiustamente escluse dall’allestimento permanen- te, che illustrano l’importante e anti- ca tradizione delle botteghe pittori- Torso di Doriforo, I secolo d.C., basanite verde Pianta della Galleria, 1775 circa. Praga, Archivio di Stato. È indicata la zona dell’attuale intervento Le soffitte ristrutturate con i lavori successivi alla guerra (1952) La sala del Signorelli e la veduta del Centro storico Sala di Lorenzo Monaco, penultimo e ultimo decennio del XIX secolo

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sala di Botticelli. E ci s’avvedrà chenon spartisce con altri quadri, comeinvece succedeva alla Sacra Famigliadi Michelangelo, la sua parete; bensìda solo vi campeggia, sollecitando ivisitatori a sostare al suo cospetto.Cosa che difficilmente gli capitavaquand’era nell’aula vasta botticellia-na, a stretto ridosso delle creazioni diSandro (capaci di monopolizzareogni sguardo) e all’ombra del tritticodi Hugo van der Goes, stagliantesicome un gigante sul medesimo muro.E, proseguendo nel tragitto di questirinnovati vani, sarà facile notare chedello stesso privilegio godono tant’al-tre opere qui esibite: dalle tavole soa-vemente austere del Perugino per SanGiusto degli Ingesuati alla solenne‘Pala degli Otto’ di Filippino, dallatrasognata Incarnazione di Piero diCosimo all’umanistica Madonna col

Sala dei Veneti, terzo e quarto decenniodel XX secolo

Nelle sale della Fonderia

Le otto sale espositive degli Uffiziche oggi, grazie alla partecipazionedel gruppo Ferragamo, si presentanorinnovate nel loro assetto museografi-co hanno invero una storia lunga disecoli. Vi si entrava dall’inizio delterzo corridoio della Galleria, “fra lafine degli Uffizi e principio del corri-dore verso Arno” come registrato nelSeicento; qui aveva sede, già daltempo di Francesco I de’ Medici, laFonderia (attuali sale Cosimo Rossel-li 26, Perugino 27, Lorenzo di Credi29, Doriforo 30, Signorelli 31). L’aladi ponente degli Uffizi, al piano dellaGalleria storica, forse per il fatto dinon aver accolto in origine le cose piùimportanti, è quella che nel corso deltempo ebbe le maggiori trasformazio-ni. Per quasi tutto il diciassettesimosecolo, a fianco e lungo il terzo corri-doio, oltre agli ambienti detti dellaFonderia c’erano dunque solo soffittee terrazze. Nel laboratorio in cui sielaboravano preparati farmaceuticierano presenti dei “fornelli muratisotto un gran camino” come si vedo-no disegnati nel muro che divideva ledue stanze principali dell’officina(attuali sale Cosimo Rosselli 26 ePerugino 27); vi si distillavano e pre-paravano “acque di fiori odorati, ed’herbe, ed olij di drogherie, e spezie-rie, trahendone la quinta essentia, euntioni e con pestilenza, e li veneni, e

polveri, e medicine di possentevirtù”, essenze con probabilità prove-nienti anche dal giardino pensile infondo al corridoio, piantato sopra laLoggia della Signoria, e lasciateessiccare sul “ben aggiustato terraz-zo scoperto al mezzogiorno rivolto”(attuale sala Filippino Lippi 28). LaFonderia era pure fornita di un con-gegno idraulico che dalla cantina, permezzo di un “rotone” progettato,come si diceva, dal Buontalenti, face-va affluire l’acqua dell’Arno al pianodella Galleria; tracce di questa appa-recchiatura, che abbiamo trovato nelcorso dei lavori di restauro in seguitoall’esplosione del 1993, si sono volu-te conservare negli ambienti posti incorrispondenza verticale, al di sottodelle stanze della Fonderia. Le mera-viglie non finivano qui, per esempionella prima stanza detta “dell’Arse-nale” o anche “dei Nicchi” (attualesala Ghirlandaio 25) i pochi osserva-tori che ebbero il permesso di esserviammessi, come hanno scritto, resta-vano impressionati da tutta una con-gerie di oggetti esotici e curiositànaturali – l’elefante, l’ippopotamo,l’alce, il coccodrillo, corna di rinoce-ronte, conchiglie, coralli, fossili dianimali e minerali di ogni tipo –,mentre più avanti, nell’ultima sala(attuale seconda sala Signorelli 32)

dopo la Fonderia, si potevano vederemummie egizie di varie dimensioni,alcune ancora fasciate all’interno delleloro originali casse dipinte e decorate oin contenitori di cristallo, insieme a“pesci stravaganti e cose impietrite”.Un universo di oggetti che ancora rive-lava come la Galleria fosse il luogodella conoscenza più ampia, secondo iprincipi di un vasto sapere, prima che,per le riforme lorenesi in omaggio alleclassificazioni dell’Illuminismo, fos-sero fondati il museo di scienze natu-rali (La Specola) e il museo archeolo-gico, dove questi materiali andarono aconfluire. A causa del riordinamento edelle trasformazioni avvenute in Galle-ria per volontà di Pietro Leopoldo d’A-sburgo Lorena, l’officina vennedismessa e gli ambienti svuotati perdiventare sede della direzione e ammi-nistrazione del museo con la bibliote-ca, un gabinetto di antiche medaglie el’esposizione di alcuni quadri di scuo-la toscana, che nel primo Ottocentofurono sostituiti dalla scuola veneta; visi conservavano pure negli anni pre-cendenti l’Unità d’Italia alcuni repertietruschi. In epoca postunitaria, ancoranell’Ottocento, vi giunsero LorenzoMonaco col monumentale polittico eBotticelli, desta stupore vedere similiopere in tali ristretti e angusti ambien-ti, però esclusivamente destinati aiconoscitori e allo studio. Per qualchetempo, all’inizio del Novecento, que-sto giro di sale fu allestito per intero

Bambino in un tondo, fra musicantipastori nudi, di Signorelli. Tutto quan-to è esposto nei vani che oggi s’apro-no ha, comunque, il respiro largo cheun testo figurativo reclama.L’intervento odierno è uno dei piùcospicui fra quelli compiuti al pianostorico della Galleria, giacché nell’a-nello di sale di cui si ragiona mutafinanco la destinazione: ospitava –come s’è detto – il Cinquecento e oraaccoglie il secondo Quattrocento.Tutte le stanze erano di colore biancoe ora sono tinteggiate di quel verdeche s’è scelto per connotare appunto lapittura del XV secolo (il visitatored’altronde n’è stato avvertito nellesale di Lorenzo Monaco, di Gentile daFabriano e nella saletta d’Antonello daMessina, affacciate sul corridoio

dirimpettaio; dove di verde è dipintauna porzione di parete o un pannello afar da fondo a brani cruciali dell’arteitaliana del Quattrocento). Ogni lavo-ro condotto per il recupero di quest’a-la del museo (lavoro di restauro, d’a-deguamento impiantistico, d’imbian-catura, d’allestimento, e altro ancora)è stato diretto dai tecnici della Galleriadegli Uffizi in virtù d’una generosadonazione della famiglia Ferragamo.Senza questo contributo – sia dettofuori d’ogni retorica – oggi nonpotremmo salutare il nuovo capitolodegli Uffizi di domani.Con la riapertura di queste otto sale el’abbattimento del diaframma drizza-to nel 2014 a conclusione del restaurodei vani dedicati ai marmi greci e alGiardino di San Marco, sarà di nuovocompletamente agibile il circuito cuis’accede – come s’è detto – all’esor-dio del corridoio di ponente, subitoprima della porta che immette nelCorridoio Vasariano. Un circuito che– per tener ben desta la vocazionedegli Uffizi (fin dai primordi osserva-ta) a far convivere antico e moderno,l’un l’altro esaltandosi – si chiudedunque con due ambienti in cui sonoesibite sculture giustappunto antiche.Ma anche nel cuore delle sale con lapittura dei maestri del secondo Quat-trocento si troverà un locale (quelloche prima accoglieva quadri emilianidi piccolo formato, soprattutto diLudovico Mazzolino), che, spogliatod’ogni dipinto e munito d’una quintaa esedra, accoglie e alla stregua d’unanicchia quasi ostenta il celebre torsoin basanite verde, replica parziale emutila (eppure così lirica) del Dorifo-ro di Policleto. Ritagliandosi su quel-l’emiciclo alto, di tinta chiara, l’ope-ra si offre al riguardante icastica,nella sua polita epidermide, qualemodello d’alte virtù antiche; quellestesse che i pittori lì intorno si forza-rono a emulare.

In ultimo, rivolgo un pensiero gratoai colleghi architetti preposti alladirezione dei “Nuovi Uffizi”. Puresulando quest’intervento dal proget-to di generale riassetto e restauro delmuseo, la loro disponibilità è stataper noi, anche nel caso attuale, diconforto.

Antonio NataliDirettore della Galleria degli Uffizi

con autoritratti; i dipinti dei toscani edei veneti erano stati intanto trasferitinel braccio di levante degli Uffizi,dove un cospicuo numero di ambientisi era aggiunto alla Galleria, soppal-cando l’aula del Teatro mediceo. Fudopo il primo conflitto mondiale che,sotto la direzione di Giovanni Poggi(1911-1926), le otto sale furonooggetto di una considerevole modificadei muri interni, che ne determinò lafacies giunta invariata sino ad oggi.Risalgono a quel tempo la regolariz-zazione del perimetro delle stanze, gliallineamenti delle porte, in successio-ne dalla sala 25 alla 29, e le loro pre-ziose incorniciature di marmo fior dipesco o breccia medicea (le fasceperimetrali e zoccolature di bardiglioa pavimento sono invece riferibili ailavori dopo l’ultimo evento bellico).Gli effetti della conflagrazione dellemine tedesche che nel 1944 distrusse-ro via Por Santa Maria si manifestaro-no più che altro proprio in questaparte della Galleria, tant’è che la suariapertura avvenne nel 1952, rispetto aquella dell’opposta ala di levante nel

1948. I lavori presentati nel 1952,svolti dall’architetto Guido Morozzicol direttore Roberto Salvini, furonoconsistenti, interessarono parti strut-turali e funzionali; come riportatodalle cronache si erano realizzateinnovazioni tecniche e di allestimentocome “la bonifica integrale delle sof-fitte”; si installarono anche al di sottodei lucernari esterni apparecchi diregolazione della luce naturale trami-te un sistema di persiane ad alettemetalliche, gli stessi che ora abbiamodoverosamente ripristinato e reso ope-ranti con motori elettrici. L’intervento,iniziato la scorsa primavera e che oggila Direzione degli Uffizi presenta,oltre al nuovo allestimento e allenecessarie attrezzature, ha riguardatola completa ristrutturazione relativaagli impianti elettrici e speciali, isistemi di allarme, rilevamento, con-trollo, protezione e sicurezza, la cli-matizzazione, l’illuminazione artifi-ciale e naturale; ogni dato è trasmessoonline, rilevabile ed operabile tramiteun aggiornato sistema di control-building. Nella sala 30 dove si esponeil torso di Doriforo, dovendo determi-nare un vano tale da favorire, in unspazio raccolto e isolato, la contem-plazione dell’oggetto, la memoria nonpoteva che ricondurci a quell’esem-plare soluzione ideata nel 1956 dalgruppo BBPR (G.L. Banfi, L. Bel-gioioso, E. Peresutti, E.N. Rogers) perla Pietà Rondanini di Michelangelo,oggi forse inconsapevolmente cancel-lata e di cui si è voluta riproporre quifedele citazione.

Antonio GodoliDirettore del Dipartimentodi Architettura e degli allestimentimuseografici

Traccia per un percorso nellapittura del tardo Quattrocento

La revisione dell’allestimento dellesale dei ‘primitivi’ e del Rinascimen-to operato nell’ambito del progetto“Nuovi Uffizi”, come pure l’incre-mento delle opere esposte, ha deter-minato lo slittamento nei primiambienti del terzo corridoio della pit-tura del tardo Quattrocento toscano eumbro, fino a pochi mesi fa sistema-ta nelle sale 8-15 accanto ai capola-vori di Filippo Lippi, Botticelli, Leo-nardo, la cui notorietà non di radocatalizza l’attenzione dei visitatori ascapito di altre opere non menoimportanti. Le sale che ora accolgo-no i dipinti del tardo Quattrocento,caratterizzate da un ordinamentomeno costipato, articolato per nucleimonografici, vanno dunque a chiu-dere la stagione del Rinascimento eintroducono alla ‘maniera moderna’,a compimento di un percorso crono-logico e culturale che dalla pitturadel Duecento, ospitata nella primasala del museo, giunge fino a Miche-langelo, cui è dedicata la sala 35. Dalpresente allestimento sono stateescluse le opere di Leonardo daVinciche, per esigenze legate ai flussi dipubblico, si è reputato più opportunomantenere nella sala 15, destinata adospitare, secondo il progetto di Anto-nio Natali, dipinti di artisti legati allabottega del Verrocchio.Il percorso nelle nuove sale si apredunque con le opere di due protago-nisti nella pittura fiorentina delsecondo Quattrocento, Alesso Baldo-vinetti e Domenico Ghirlandaio. Iltondo con l’Adorazione dei Magieseguito da quest’ultimo per i Torna-buoni nel 1487 campeggia dove finoa non molti mesi fa stava il TondoDoni di Michelangelo; per la bottegadel Ghirlandaio transitò del resto ilgiovane Buonarroti, seppure egli nedenigrasse il magistero.Emerge dai depositi la tavola raffigu-rante la Giustizia di Biagio d’Anto-nio, esempio di arte civica i cuiemblemi ne ricordano l’originariaappartenenza alla Magistratura delSale. La sala 26 si compone quasi perintero di opere finora ingiustamenteescluse dall’allestimento permanen-te, che illustrano l’importante e anti-ca tradizione delle botteghe pittori-

Torso di Doriforo, I secolo d.C., basanite verde

Pianta della Galleria, 1775 circa.Praga, Archivio di Stato.È indicata la zona dell’attuale intervento

Le soffitte ristrutturate con i lavori successivialla guerra (1952)

La sala del Signorelli e la vedutadel Centro storico

Sala di Lorenzo Monaco, penultimoe ultimo decennio del XIX secolo

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Sale del secondo Quattrocento toscano

Gli Uffizi

In copertina:La ‘Pala degli Otto’di Filippino Lippi

e la sequenza delle sale

Presentazioni

Un’altra ala della Galleriadegli Uffizi si riapre al

pubblico con allestimenti del tuttomutati. Le sale cui s’accedeall’inizio del terzo corridoio, cheprima erano dedicate alla pitturadel Cinquecento italiano(Michelangelo, Raffaello, Andreadel Sarto, Rosso, Pontormo,Tiziano, Sebastiano del Piombo,Parmigianino, Dosso Dossi,Veronese e Tintoretto), vengono orariservate all’arte del secondoQuattrocento, soprattutto fiorentino,ma anche umbro (Ghirlandaio,Baldovinetti, Perugino, Rosselli,Filippino Lippi, Piero di Cosimo,Lorenzo di Credi e Signorelli).Si tratta di opere, spesso di grandidimensioni, che passano dallestanze del primo corridoio a quelleche s’affacciano sul corridoiodirimpettaio. Il colore delle pareti èquel verde che, scelto perconnotare il quindicesimo secolo,già contrassegna alcuni ambientiiniziali del museo, con le creazionidi Lorenzo Monaco, Gentile daFabriano e Antonello da Messina,fra le più ragguardevoli di tutto ilQuattrocento. La nostra gratitudineper questi vani restaurati va, oltreche ai colleghi degli Uffizi, allafamiglia Ferragamo, che con unadonazione generosa ha consentitodi pervenire agli esiti eleganti daoggi sotto gli occhi dei sempre piùnumerosi visitatori del museofiorentino. Il loro gesto dimecenatismo, che fa seguito aimolti registrati in questi ultimianni, è la prova dell’affetto e dellastima che gli Uffizi si sonoguadagnati.

Paola GrifoniSegretario Regionale del Ministerodei beni e delle attività culturalie del turismo per la Toscana

È un onore per la famiglia el’azienda Ferragamo avere

preso parte a questa iniziativa, chevede l’inaugurazione delle sale dellaseconda metà del Quattrocentoumbro e fiorentino in un nuovoallestimento.La Galleria degli Uffizi costituisceuno dei musei più prestigiosi delmondo ed è il simbolo, insieme allaCupola del Duomo e al Battistero,di Firenze.Mio marito, Salvatore Ferragamo,ritornò in Italia nel 1927 dopoalcuni anni trascorsi negli StatiUniti, dove era diventato un famosocalzolaio. Benché fosse originario diun piccolo paese del Meridioneitaliano, scelse Firenze perimpiantare la sua attività,affascinato dalla qualitàdell’artigianato fiorentino,conosciuto in tutto il mondo, e dallebellezze artistiche della città e deisuoi musei, fonte continuad’ispirazione per ogni tipo dicreatività.A Firenze l’azienda SalvatoreFerragamo è stata fondata ed ècresciuta, traendo notorietà eimpulso dall’humus culturale locale.Il contributo alla realizzazione diquesto importante capitolo degliUffizi futuri dimostra ancora unavolta la nostra gratitudine a Firenze,alla sua storia, alla sua cultura, aisuoi artigiani.

Wanda Ferragamo

che fiorentine. È intitolata a CosimoRosselli, l’allievo di Neri di Bicciesponente della corrente più conser-vatrice e arcaizzante della pittura fio-rentina del tardo Quattrocento e tito-lare di una bottega molto apprezzatafra i suoi contemporanei, dove si for-marono maestri del calibro di Pierodi Cosimo e Baccio della Porta,meglio noto poi come Fra Bartolo-meo. Sono inoltre esposte la SacraConversazione di Gherardo di Gio-vanni, pervenuta dalla Galleriadell’Accademia, la quasi inedita Cat-tura di Cristo del Maestro di Marra-di e le vivaci Storie di Ester di Iaco-po del Sellaio, raffinati frammenti diuna coppia di cassoni nuziali cheattestano la ricchezza e la varietà digeneri della pittura fiorentina deltardo Rinascimento.La sala 27 è dedicata a Pietro Perugi-no, pittore umbro che contribuì sen-sibilmente allo sviluppo della pitturafiorentina della fine del Quattrocentosoggiornando lungamente a Firenze,come attestano, fra l’altro, le tre tavo-le con Storie di Cristo provenientidalla chiesa del convento cittadino diSan Giusto degli Ingesuati. Con leopere del Perugino, sono esposti

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Sale del secondo Quattrocento toscano14 settembre 2015

Gli Uffizi. Studi e Ricerche

DirettoreAntonio Natali

RedazioneValentina Conticelli, Antonio Godoli,Francesca de Luca, Antonio Natali,Fabrizio Paolucci, Daniela Parenti

SegreteriaFrancesca Montanaro, Patrizia Tarchi,Rita Toma, Barbara Vaggelli

Gli Uffizi. Studi e RicercheI pieghevoli. 59

Direttore della Galleria degli UffiziAntonio Natali

Progetto museograficoAntonio Natali, Daniela Parenti

Progetto di ristrutturazionearchitettonicaAntonio Godoli

Direttore del Dipartimentodi Antichità ClassicaFabrizio Paolucci

Direttore del Dipartimento delMedioevo e del primo RinascimentoDaniela Parenti

Direttore del Dipartimentodi Architettura e degli allestimentimuseograficiAntonio Godoli

Direttore dell’Ufficio GareCorrado Azzollinicon Stefania Borghesi e Gloria Pasi

Direzione amministrativaSilvia Sicuranza

Direzione del personaleIsabella Puccini

Perizia tecnicaAntonio Russo

Coordinamento tecnicoe impianti meccaniciAntonio Russo con Maurizio Crisante,Giuseppe Russo

Disegni esecutiviMaurizio Crisante

Impianti specialiClaudia Gerola, Antonio Russo

Responsabile del decoroCaterina Campana

CaldaistaDaniele Borsetti

ElettricistiEugenio Brega, Luigi Finelli,Andrea Marchi

Movimentazione e allestimentodelle opereMarco Fiorilli, Michele Murrone,Demetrio Sorace, con Ivana Panti

SegreteriaFrancesca Montanaro, Patrizia Tarchi,Rita Toma, Barbara Vaggelli

Collaboratori esternialla progettazioneMaurizio Coggiola, Italo Cucchi,Alessandro Santini

Impianti elettrici e specialiMasi

Impianti meccanici e speciali(fornitura)Siemens

Sistemi di illuminazioneERCO

Impianti di climatizzazioneMartini e Bernacchioni,Simone Resca

Opere ediliMugelli Costruzioni

Opere di fabbroNenci e Scarti, Mariani

Opere di vetraioArchitetture-restauro, Bruschi,Vetrart-Maioli

Opere di falegnameLemma, Rangoni

Opere di decorazioneP.T. Color

Restauri e manutenzione dei dipintiDaniela Lippi, Letizia Nesi,Silvia Bensi

Restauri ligneiRoberto Buda

Movimentazione e trasportidelle opereArteria, Coop Express

Segretario Regionale, Ministerodei beni e delle attività culturalie del turismo per la ToscanaPaola Grifoni

Una lettura riposata

Resta difficile perfino a me, che hovissuto in queste stanze per trentacin-que anni, capacitarmi di come tanteopere del Cinquecento toscano, emi-liano e veneto potessero tutte insiemestare nelle otto sale che oggi inaugu-riamo, votandole soltanto al secondoQuattrocento, principalmente fioren-tino. Non riesco a figurarmi comenella prima di esse (quella col TondoDoni del Buonarroti) potesse essereesposto un numero di tavole di pocoinferiore a quello che ora è nellanuova sala di Michelangelo e dei fio-rentini d’inizio Cinquecento (ch’è trevolte più grande). E parimenti stentoa convincermi che nel vano subitosusseguente fossero esibiti non solo icapi d’opera d’Andrea del Sarto maanche quelli di Raffaello. Eppure cosìdavvero era, prima che nel 2012-2013 s’allestissero, al piano sotto-stante, i numerosi ambienti dedicatigiustappunto al Cinquecento; dove –per intendersi – Andrea può ora con-tare su due vani e Raffaello su unadelle sale più grandi della Galleria.Sia detto – questo – perché risultivieppiù chiara l’ideologia sottesa agliordinamenti concepiti e realizzatiagli Uffizi in quest’ultimi quattr’an-ni. Benché siano stati portati finoranel circuito di visita del museo quasiquattrocento opere, desumendoledalla riserva, quello che interessava etuttora sta a cuore all’attuale Direzio-ne del museo è però una presentazio-ne più quieta dei dipinti. Prima chefossero consegnati alla Galleria itanti locali restaurati al piano nobiledell’edificio, l’esposizione dovevanecessariamente concentrarsi nellesale del livello superiore; e per forzagl’intervalli fra le opere ne sortivanoesigui. E la lettura d’ognuno ne pati-va. Non si trattava dunque di profit-tare dell’ampliamento per dar fondoai depositi, ma di consentire pause didecantazione e di riflessione fra undipinto e un altro.Chi da oggi entri nel giro di sale ches’apre all’esordio del terzo corridoio,troverà nell’iniziale (proprio dirim-petto alla porta d’accesso) non più ilTondo Donima un altro tondo, stavol-ta di Domenico Ghirlandaio, con l’A-dorazione dei Magi, fino a ieri nella

e piuttosto discussa, un embricedipinto con l’effigie di un uomoanziano riferito talvolta a Filippino eanche a Ghirlandaio. Su di esso aleg-gia addirittura il dubbio che si trattidi un’opera non del XV secolo, bensìpiù tarda, ipotesi a parere di chi scri-ve difficile da condividere anchesulla base della storia collezionisticadell’embrice, pervenuto con l’attri-buzione a Masaccio nella raccolta delcardinale Leopoldo de’Medici primadel 1675, epoca in cui non si eraancora affermata l’usanza di eseguire‘falsi’ dei maestri primitivi.La sala 29 è dedicata a Lorenzo diCredi, del quale la tela provenientedalla villa medicea di Cafaggiolo conla dea Venere dialoga, nella classi-cheggiante ponderazione del corponudo, con il torso del Doriforo inbasanite verde esposto nella sala 30.Chiudono il percorso le sale 31 e 32dedicate a Luca Signorelli, del qualetornano in esposizione, fra l’altro, idue monumentali tondi con la SacraFamiglia, uno di commissione medi-cea e l’altro eseguito per la ParteGuelfa, spesso riconosciuti comeimportanti precedenti per il TondoDoni di Michelangelo.

Daniela ParentiDirettore del Dipartimento del Medioevoe del primo Rinascimento

anche il San Vincenzo Ferrer di Fio-renzo di Lorenzo, donato recente-mente dal collezionista Alvaro Saieh,e un’interessante tavola con il Marti-rio di san Sebastiano, attribuita aGerolamo Genga, ma per la qualeancora si attende un adeguatoapprofondimento critico.Nella sala 28 sono confluite le operedi Filippino Lippi, finora espostenella sala affacciata sul corridoio dilevante insieme a quelle del padreFilippo. Si intende in questo modovalorizzare l’originalità creativa e lamodernità del linguaggio di Filippi-no, che dalle opere giovanili diimpianto botticelliano giunge a con-frontarsi con le invenzioni di Leonar-do, tanto da essere chiamato a ese-guire l’Adorazione dei Magi per lachiesa di San Donato a Scopeto insostituzione dell’incompiuta Adora-zione di Leonardo. Seppure non atte-stati dai documenti, stretti rapportidovettero intercorrere fra Filippino ePiero di Cosimo, come è stato ribadi-to anche nella mostra dedicata alsecondo ancora in corso agli Uffizi, ele cui opere, l’Incarnazione prove-niente dalla basilica della SantissimaAnnunziata e la Liberazione diAndromeda già in Palazzo Strozzi,trovano posto in questa sala. Com-pleta l’allestimento un’opera insolita

Il tondo con l’Adorazione dei Magidel Ghirlandaio e le sale in successione,viste dall’ingresso

Il nuovo allestimento delle saleè dovuto a una donazionedi Salvatore Ferragamo SpA