A RISTANO E SOTTA, NON FU SOLO A RTE - corriere.it · cui parla nella "Nascita della Tragedia". È...

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LA GENESI COSÌ IL TEMA DELL’ AMORE PROIBITO IRROMPE ANCHE NELLA VITA DI WAGNER LA FILOSOFIA INTERVISTA A MASSIMO CACCIARI Relazione impossibile Si invaghì di Mathilde, moglie del suo mecenate. Ma invece che anelare al Nulla, si gettò anima e corpo nel lavoro Con Schopenhauer e Nietzsche una storia di «malintesi» Il misticismo cristiano Fu uno dei temi che lo separò dai due pensatori DI FABIO CUTRI DI ENRICO GIRARDI T RISTANO E I SOTTA, NON FU SOLO A RTE O ve si tenga per buona la distinzio- ne tra Opera e Dramma musicale come Wagner stesso la suggerì — le pri- me (anche cronologicamente parlan- do) suddivise in numeri musicali, i se- condi concepiti come un tutt’uno —, il catalogo teatrale dell’autore si compo- ne, lavori d’apprendistato a parte, di tre «Grandi Opere Romantiche» («Die flie- gende Holländer», «Tannhäuser» e «Lohengrin») e sette Drammi musicali. «Tristan und Isolde», come terzo «e mezzo» di questi ultimi, si pone dun- que al pieno centro della parabola crea- tiva del Wagner maturo. Ma perché terzo «e mezzo»? Perché nel giugno 1857, giunto ormai quasi al- la fine del secondo atto di «Siegfried», terzo titolo del «Ring des Nibelungen» dopo «Das Rheingold» e «Die Walküre», Wagner decise di interrom- pere la composizione del monumenta- le ciclo per dedicarsi anima e corpo al soggetto ricavato dalla leggenda corte- se medievale che aveva letto tre anni prima nella versione di Gottfried von Straßburg. «Siegfried» rimase poi addor- mentato sotto un tiglio per ben 12 anni, durante i quali venne alla luce anche «Die Meistersinger von Nürnberg».Due «incontri» in questi anni lasciarono un segno profondo sulla sua identità di uo- mo e d’artista. Il primo è quello con il pensiero di Schopenhauer, di cui lesse «Il mondo come volontà e rappresenta- zione» per merito dell’amico Georg He- rweg, l’altro è l’incontro assai più con- creto con Mathilde, moglie di Otto We- sendonck, un commerciante zurighese suo ammiratore che per permettergli di lavorare tranquillo gli aveva messo a di- sposizione una villetta e considerevoli prestiti in denaro. Fu il classico amore a prima vista, una relazione sul cui corso non v’è biografo che non abbia ricama- to ogni sorta di «gossip» immaginabile. È anche vero però che se l’influenza di Schopenhauer è ravvisabile in ogni pie- ga dell’opera, l’influenza di tale passio- ne va sempre filtrata alla luce dell’esteti- ca del tempo. Era infatti Wagner il più classico degli artisti romantici, uno di quelli al cui riguardo è sempre bene do- mandarsi se fosse l’arte a essere influen- zata dalla vita piuttosto che questa da quella. In altre parole, non pare impro- babile ipotizzare che il geniale musici- sta non compose «Tristano» perché in- namorato della bella svizzerotta, ma che si fosse innamorato perché stava componendo «Tristano». Certo è che quella era relazione desti- nata a sublimarsi in sacrificio e rinun- cia. Le convenienze sociali — le stesse che Wagner aveva minato alla base con l’esaltazione dell’amore incestuoso dei gemelli Siegmund e Sieglinde in «Walki- ria» — avrebbero presto imposto le loro leggi. Le relazioni con il tema dell’Inno alla notte, come luogo e tempo dell’as- soluto — e della morte, quale sua eter- nizzazione —, sono evidenti. Arte e vita sembrano combaciare. Ma Richard e Mathilde, diversamente da Tristano e Isotta, non si rinchiudono in una grotta per celebrare il rito dell’amore, né aspi- rano al Nulla, né tantomeno si trasfigu- rano nella Morte. Lui, anzi, lavora ala- cremente. Di solito usava un metodo collaudato in tre tappe: stesura del te- sto in prosa, versificazione e composi- zione musicale. Nel caso di «Tristano» invece lavora atto per atto in tre distinti getti creativi. Al primo atto attende a Zu- rigo dal giugno 1857 all’estate del ’58; al secondo a Venezia dall’autunno 1858 al marzo 1859; al terzo a Lucerna dal mar- zo all’agosto ’59. Poi dovrà dannarsi per trovare un interlocutore disposto a finanziare un allestimento. Progetti falli- ti a Karlsrühe e a Vienna, finché entra in scena Luigi II re di Baviera, che si di- mostra ancora una volta protettore e mecenate del musicista e il 10 giugno 1865 l’opera va in scena al Teatro di Cor- te di Monaco sotto la direzione di Hans von Bulow. Un’opera semplice e lineare, con po- chi personaggi, senza eccessivo ingom- bro spettacolare, popolare nella sua liri- ca assolutezza e dunque facile a circola- re sul palcoscenico: così Wagner confi- dava a Liszt che avrebbe voluto «Tri- stan». Ed è a partire da tale considera- zione molto pratica che va letto il pro- cesso di semplificazione cui l’autore sot- topose la leggenda del ciclo arturiano. Di lì probabilmente l’idea di trasforma- re buona parte dell’azione in un antefat- to che vive tutto nel ricordo dei due amanti (e dei rispettivi «confidenti» Ku- rwenal e Brangäne), lungo il primo at- to. Un atto dunque, il primo, tutto rivol- to al passato: Tristan che ferisce mortal- mente in battaglia il promesso sposo della principessa d’Irlanda, rimanendo- ne ferito a sua volta; Isolde che lo cura amorevolmente pur riconoscendo in lui il carnefice; Tristan che torna in Ir- landa a prendere Isolde come bottino di guerra per il suo re. Il presente sarà poi il tempo del secondo atto: il con- gresso notturno degli amanti, il deside- rio di morte, la corte che li scopre, il nuovo ferimento di Tristan. Il terzo na- turalmente sarà tutto volto al futuro: Tri- stan che attende, gli amanti che assolu- tizzano il loro amore nella notte eterna della morte. A Lipsia, all’università, studia Schelling. Negli anni Qua- ranta si appassiona a Platone, Aristotele, Hegel. Diven- ta poi un fervente feuerbachiano. Ma l’incontro decisivo di Wagner è con Schopenhauer: a lui — ammette — deve l’ispirazione delle figure di Tristano e Isotta. Professor Cacciari, che cosa trovò di illuminante il compositore nella lettura del «Il mondo come volontà e rappresentazione»? «Come altri della sua epoca, era particolarmente attratto dal tema della noluntas , della volontà di vita che arriva al suo acme proprio nella negazione di se stessa. Il venir me- no, la notte, la morte sono i temi più insistiti del "Tristano". Quello di Wagner è però uno Schopenhauer tutto riletto in chiave erotico-patetica, mentre nel filosofo l’amore è inte- so come compassione». Anche l’adorazione che Nietzsche prova per Wagner è legata a Schopenhauer? «Tutt’altro: in Wagner Nietzsche non coglie l’elemento estatico-ascetico ispirato da Schopenhauer, vede piuttosto la rinascita del teatro nell’accezione classico-dionisiaca di cui parla nella "Nascita della Tragedia". È un’ammirazione basata su un colossale — e geniale — fraintendimento». Che cosa scatena il successivo e violento rinnegamen- to di Wagner da parte di Nietzsche? «Ecco, Nietzsche si avvede appunto dell’ispirazione scho- penhaueriana, cioè della tendenza ascetico-estatica che permea l’opera wagneriana. Succede man mano che il filo- sofo matura la sua critica alla metafisica: la volontà di po- tenza nicciana sta agli antipodi di una volontà che si nega. Oltre a ciò, Nietzsche vede emergere in Wagner il mistici- smo cristiano, altra cosa che detesta profondamente». Dunque gli atteggiamenti critici del filosofo e del com- positore nei confronti del Cristianesimo non hanno nes- sun tratto in comune? «Nessuno. Anche perché il Cristianesimo in Wagner si mescola a mitologie germaniche, e ciò dà a Nietzsche anco- ra più fastidio. Non c’è infatti nessun altro filosofo che ab- bia scritto contro i tedeschi cose tanto dure quanto lui. Si badi, però: la critica nicciana al Cristianesimo è tutt’altro che semplice "filosofia del martello", non si limita ad essere distruttiva. È assai più complessa e profonda di quella che ad esempio continua a intendere papa Ratzinger: basta leg- gere ciò che Nietzsche scrive di Gesù». C’è poi la questione dell’antisemitismo a dividerli. «Una distinzione netta e radicale, semplicemente perché Nietzsche non ha nulla a che fare con l’antisemitismo. La sua è una critica all’intera tradizione giudaico-cristiana: se lui è antisemita, beh, allora anche Simone Weil lo è». IN SCENA Waltraud Meier (Isotta) e Gerd Grochowsky (Kurwenal) durante le prove del «Tristano e Isotta» (foto Brescia). La prima sarà trasmessa sul canale Classica di Sky, per l’occasione accessibile a tutti gli abbonati 3 Eventi Scala Venerdì 7 Dicembre 2007 Corriere della Sera

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LA GENESI COSÌ IL TEMA DELL’ AMORE PROIBITO IRROMPE ANCHE NELLA VITA DI WAGNER

LA FILOSOFIA INTERVISTA A MASSIMO CACCIARI

Relazione impossibile

Si invaghì di Mathilde, moglie del suo

mecenate. Ma invece che anelare al

Nulla, si gettò anima e corpo nel lavoro

Con Schopenhauer e Nietzsche una storia di «malintesi»

Il misticismo cristiano

Fu uno dei temi che lo

separò dai due pensatori

D I F A B I O C U T R I

D I E N R I C O G I R A R D I

TRISTANO E ISOTTA, NON FU SOLO ARTE

O ve si tenga per buona la distinzio-ne tra Opera e Dramma musicale

come Wagner stesso la suggerì — le pri-me (anche cronologicamente parlan-do) suddivise in numeri musicali, i se-condi concepiti come un tutt’uno —, ilcatalogo teatrale dell’autore si compo-ne, lavori d’apprendistato a parte, di tre«Grandi Opere Romantiche» («Die flie-gende Holländer», «Tannhäuser» e«Lohengrin») e sette Drammi musicali.«Tristan und Isolde», come terzo «emezzo» di questi ultimi, si pone dun-que al pieno centro della parabola crea-tiva del Wagner maturo.

Ma perché terzo «e mezzo»? Perchénel giugno 1857, giunto ormai quasi al-la fine del secondo atto di «Siegfried»,terzo titolo del «Ring des Nibelungen»d o p o « D a s R h e i n g o l d » e « D i eWalküre», Wagner decise di interrom-pere la composizione del monumenta-le ciclo per dedicarsi anima e corpo alsoggetto ricavato dalla leggenda corte-se medievale che aveva letto tre anniprima nella versione di Gottfried vonStraßburg. «Siegfried» rimase poi addor-mentato sotto un tiglio per ben 12 anni,durante i quali venne alla luce anche«Die Meistersinger von Nürnberg».Due«incontri» in questi anni lasciarono unsegno profondo sulla sua identità di uo-mo e d’artista. Il primo è quello con ilpensiero di Schopenhauer, di cui lesse«Il mondo come volontà e rappresenta-zione» per merito dell’amico Georg He-rweg, l’altro è l’incontro assai più con-creto con Mathilde, moglie di Otto We-sendonck, un commerciante zurighesesuo ammiratore che per permettergli dilavorare tranquillo gli aveva messo a di-sposizione una villetta e considerevoliprestiti in denaro. Fu il classico amore aprima vista, una relazione sul cui corsonon v’è biografo che non abbia ricama-to ogni sorta di «gossip» immaginabile.È anche vero però che se l’influenza diSchopenhauer è ravvisabile in ogni pie-ga dell’opera, l’influenza di tale passio-

ne va sempre filtrata alla luce dell’esteti-ca del tempo. Era infatti Wagner il piùclassico degli artisti romantici, uno diquelli al cui riguardo è sempre bene do-mandarsi se fosse l’arte a essere influen-zata dalla vita piuttosto che questa daquella. In altre parole, non pare impro-babile ipotizzare che il geniale musici-sta non compose «Tristano» perché in-namorato della bella svizzerotta, mache si fosse innamorato perché stavacomponendo «Tristano».

Certo è che quella era relazione desti-nata a sublimarsi in sacrificio e rinun-cia. Le convenienze sociali — le stesseche Wagner aveva minato alla base conl’esaltazione dell’amore incestuoso deigemelli Siegmund e Sieglinde in «Walki-ria» — avrebbero presto imposto le loroleggi. Le relazioni con il tema dell’Innoalla notte, come luogo e tempo dell’as-soluto — e della morte, quale sua eter-nizzazione —, sono evidenti. Arte e vita

sembrano combaciare. Ma Richard eMathilde, diversamente da Tristano eIsotta, non si rinchiudono in una grottaper celebrare il rito dell’amore, né aspi-rano al Nulla, né tantomeno si trasfigu-rano nella Morte. Lui, anzi, lavora ala-cremente. Di solito usava un metodocollaudato in tre tappe: stesura del te-sto in prosa, versificazione e composi-zione musicale. Nel caso di «Tristano»invece lavora atto per atto in tre distinti

getti creativi. Al primo atto attende a Zu-rigo dal giugno 1857 all’estate del ’58; alsecondo a Venezia dall’autunno 1858 almarzo 1859; al terzo a Lucerna dal mar-zo all’agosto ’59. Poi dovrà dannarsiper trovare un interlocutore disposto afinanziare un allestimento. Progetti falli-ti a Karlsrühe e a Vienna, finché entrain scena Luigi II re di Baviera, che si di-mostra ancora una volta protettore emecenate del musicista e il 10 giugno1865 l’opera va in scena al Teatro di Cor-te di Monaco sotto la direzione di Hansvon Bulow.

Un’opera semplice e lineare, con po-chi personaggi, senza eccessivo ingom-bro spettacolare, popolare nella sua liri-ca assolutezza e dunque facile a circola-re sul palcoscenico: così Wagner confi-dava a Liszt che avrebbe voluto «Tri-stan». Ed è a partire da tale considera-zione molto pratica che va letto il pro-cesso di semplificazione cui l’autore sot-

topose la leggenda del ciclo arturiano.Di lì probabilmente l’idea di trasforma-re buona parte dell’azione in un antefat-to che vive tutto nel ricordo dei dueamanti (e dei rispettivi «confidenti» Ku-rwenal e Brangäne), lungo il primo at-to. Un atto dunque, il primo, tutto rivol-to al passato: Tristan che ferisce mortal-mente in battaglia il promesso sposodella principessa d’Irlanda, rimanendo-ne ferito a sua volta; Isolde che lo curaamorevolmente pur riconoscendo inlui il carnefice; Tristan che torna in Ir-landa a prendere Isolde come bottinodi guerra per il suo re. Il presente saràpoi il tempo del secondo atto: il con-gresso notturno degli amanti, il deside-rio di morte, la corte che li scopre, ilnuovo ferimento di Tristan. Il terzo na-turalmente sarà tutto volto al futuro: Tri-stan che attende, gli amanti che assolu-tizzano il loro amore nella notte eternadella morte.

A Lipsia, all’università, studia Schelling. Negli anni Qua-ranta si appassiona a Platone, Aristotele, Hegel. Diven-

ta poi un fervente feuerbachiano. Ma l’incontro decisivo diWagner è con Schopenhauer: a lui — ammette — devel’ispirazione delle figure di Tristano e Isotta.

Professor Cacciari, che cosa trovò di illuminante ilcompositore nella lettura del «Il mondo come volontà erappresentazione»?

«Come altri della sua epoca, era particolarmente attrattodal tema della noluntas , della volontà di vita che arriva alsuo acme proprio nella negazione di se stessa. Il venir me-no, la notte, la morte sono i temi più insistiti del "Tristano".Quello di Wagner è però uno Schopenhauer tutto riletto inchiave erotico-patetica, mentre nel filosofo l’amore è inte-so come compassione».

Anche l’adorazione che Nietzsche prova per Wagner èlegata a Schopenhauer?

«Tutt’altro: in Wagner Nietzsche non coglie l’elementoestatico-ascetico ispirato da Schopenhauer, vede piuttostola rinascita del teatro nell’accezione classico-dionisiaca dicui parla nella "Nascita della Tragedia". È un’ammirazionebasata su un colossale — e geniale — fraintendimento».

Che cosa scatena il successivo e violento rinnegamen-to di Wagner da parte di Nietzsche?

«Ecco, Nietzsche si avvede appunto dell’ispirazione scho-penhaueriana, cioè della tendenza ascetico-estatica chepermea l’opera wagneriana. Succede man mano che il filo-sofo matura la sua critica alla metafisica: la volontà di po-

tenza nicciana sta agli antipodi di una volontà che si nega.Oltre a ciò, Nietzsche vede emergere in Wagner il mistici-smo cristiano, altra cosa che detesta profondamente».

Dunque gli atteggiamenti critici del filosofo e del com-positore nei confronti del Cristianesimo non hanno nes-sun tratto in comune?

«Nessuno. Anche perché il Cristianesimo in Wagner simescola a mitologie germaniche, e ciò dà a Nietzsche anco-ra più fastidio. Non c’è infatti nessun altro filosofo che ab-bia scritto contro i tedeschi cose tanto dure quanto lui. Sibadi, però: la critica nicciana al Cristianesimo è tutt’altroche semplice "filosofia del martello", non si limita ad esseredistruttiva. È assai più complessa e profonda di quella chead esempio continua a intendere papa Ratzinger: basta leg-gere ciò che Nietzsche scrive di Gesù».

C’è poi la questione dell’antisemitismo a dividerli.«Una distinzione netta e radicale, semplicemente perché

Nietzsche non ha nulla a che fare con l’antisemitismo. Lasua è una critica all’intera tradizione giudaico-cristiana: selui è antisemita, beh, allora anche Simone Weil lo è».

IN SCENA Waltraud Meier (Isotta) e Gerd Grochowsky (Kurwenal) durante le prove del «Tristano e Isotta» (foto Brescia). La prima sarà trasmessa sul canale Classica di Sky, per l’occasione accessibile a tutti gli abbonati

3Eventi Scala Venerdì 7 Dicembre 2007 Corriere della Sera