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GIUSEPPE MAZZOCCHI Università ilei Piemonte Orientale (Vercellt) A proposito della nuova Grammatica spagnola di Manuel Carrera Díaz La Grammatica spagnola di Manuel Carrera Díaz (Roma, Laterza, 1996) ha tutte le qualità per essere a lungo uno strumento di studio e consultazione per ispanisti più o meno in erba, e in generale per tutti coloro che devono, per le più diverse ragioni professionali, servirsi dello spagnolo come strumento di comunicazione. La dichiarazione della quarta di copertina ("colma un vuoto storico") non è - una volta tanto iperbolica; e il libro era anche atteso, se già nel 1994 la signorina Morreale ne annunciava la preparazione in questi termi- ni: "si lamenta la mancanza di grammatiche spagnole di taglio moderno desti- nate a parlanti italiani; per gli ispanofoni ha fornito un utile avvio Manuel Carrera Díaz, Curso de lengua italiana. I Parte teórica, II Parte Práctica, Barce- lona, Ariel, 1984; il Carrera attende ora all'inversione del metodo stesso, dedi- cata agli italofoni" '. La Grammatica di Carrera, italianista dell'Università di Siviglia che si è già occupato in più occasioni di linguistica contrastiva italo- spagnola, presenta infatti caratteristiche peculiari che la distinguono da ogni prodotto consimile. In particolare, credo, bisogna sottolineare la decisa scelta di campo che presenta: il libro è infatti una descrizione rigorosa e completa dello spagnolo d'oggi, in una prospettiva eminentemente contrastiva rispetto all'italiano, e non include quindi esercizi, dialoghi, letture, nomenclature. Una grammatica, dunque, che non vuole essere lo strumento unico di appren- dimento della lingua, che non si pone in dialogo o in alternativa con alcuna metodica dell'insegnamento dello spagnolo; ma che da - a chi ne ha bisogno, quando ne ha bisogno, nella misura in cui ne ha bisogno - un quadro preciso e dettagliato dello spagnolo contemporaneo. L'esperienza della stesura del pre- 1 Margherita Morreale, Un contributo italiano recente allo studio della lingua spagnola, Roma, Consejería de Educación. Embajada de España en Roma, 1994, p. 23.

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GIUSEPPE MAZZOCCHIUniversità ilei Piemonte Orientale (Vercellt)

A proposito della nuova Grammatica spagnola diManuel Carrera Díaz

La Grammatica spagnola di Manuel Carrera Díaz (Roma, Laterza, 1996)ha tutte le qualità per essere a lungo uno strumento di studio e consultazioneper ispanisti più o meno in erba, e in generale per tutti coloro che devono, perle più diverse ragioni professionali, servirsi dello spagnolo come strumento dicomunicazione. La dichiarazione della quarta di copertina ("colma un vuotostorico") non è - una volta tanto — iperbolica; e il libro era anche atteso, se giànel 1994 la signorina Morreale ne annunciava la preparazione in questi termi-ni: "si lamenta la mancanza di grammatiche spagnole di taglio moderno desti-nate a parlanti italiani; per gli ispanofoni ha fornito un utile avvio ManuelCarrera Díaz, Curso de lengua italiana. I Parte teórica, II Parte Práctica, Barce-lona, Ariel, 1984; il Carrera attende ora all'inversione del metodo stesso, dedi-cata agli italofoni" '. La Grammatica di Carrera, italianista dell'Università diSiviglia che si è già occupato in più occasioni di linguistica contrastiva italo-spagnola, presenta infatti caratteristiche peculiari che la distinguono da ogniprodotto consimile. In particolare, credo, bisogna sottolineare la decisa sceltadi campo che presenta: il libro è infatti una descrizione rigorosa e completadello spagnolo d'oggi, in una prospettiva eminentemente contrastiva rispettoall'italiano, e non include quindi esercizi, dialoghi, letture, nomenclature.Una grammatica, dunque, che non vuole essere lo strumento unico di appren-dimento della lingua, che non si pone in dialogo o in alternativa con alcunametodica dell'insegnamento dello spagnolo; ma che da - a chi ne ha bisogno,quando ne ha bisogno, nella misura in cui ne ha bisogno - un quadro precisoe dettagliato dello spagnolo contemporaneo. L'esperienza della stesura del pre-

1 Margherita Morreale, Un contributo italiano recente allo studio della lingua spagnola,Roma, Consejería de Educación. Embajada de España en Roma, 1994, p. 23.

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cedente Curso di italiano ha sicuramente giovato all'autore, che già in quell'oc-casione dava prova, nel confronto tra le due lingue sorelle, di una non comunecapacità di approfondimento, e di uno sforzo inedito per non lasciare nulla inombra o senza spiegazione sotto la speciosa illusione della "somiglianzà". Indiverse occasioni gli schemi e gli esempi elaborati per il Curso, "il cui versantecontrastivo è stato ampiamente sfruttato in questa grammatica spagnola" (p.Vili), sono evidentemente alla base della trattazione della Grammatica.

In quest'ottica, quindi, possiamo tralasciare ogni oziosa preoccupazioneglottodidattica sullo spazio che nell'insegnamento di L2 deve essere riservatoalla teoria grammaticale2, solo segnalando l'eccellente e veramente analiticoindice, in cui si registrano termini grammaticali, ma anche i vocaboli trattatiin un'ottica grammaticale.

Passando ad esaminare alcune scelte operate dall'autore, bisogna rimarca-re in primo luogo la ridotta teoricità dell'esposizione: questioni molto dibattu-te dai linguisti (ad esempio la natura modale del condizionale, p. 324; o lastruttura interrogativa, p. 506) sono accennate, ma per scelta di praticità si ri-mane normalmente legati alla nomenclatura classificatoria tradizionale; allostesso criterio di praticità risponde l'assenza - salvo sporadiche eccezioni - diriferimenti bibliografici: "Per non appesantire ulteriormente la non lieve moledi questo volume, abbiamo preferito omettere un dettagliato elenco della bi-bliografìa consultata o consigliata, limitandoci a citare, nelle poche note, leopere a cui si è fatto riferimento esplicito nel testo o rispetto alle quali si han-no concreti debiti puntuali" (p. Vili). Potrebbe essere utile, in una prossimaedizione, aggiungere in appendice una bibliografia ragionata di riferimentosugli strumenti indispensabili per lo studio della grammatica spagnola.

La varietà di spagnolo presa a campione è quella castigliana (pp. 5-6), maquesto non esclude frequenti riferimenti alle varietà regionali (così ad esem-pio, nel capitolo 45 sui diminutivi, o nel capitolo 12 sui tempi passati dell' in-dicativo) e allo spagnolo americano, non senza distinzioni fra gli usi delle varierepubbliche.

Il taglio sincronico è deciso, anche se non mancano talora squarci sul

2 Che l'autore, giustamente, non demonizzi l'insegnamento teorico della grammaticaemerge da quanto dichiara — con condivisibile scetticismo - nella Premessa: "Nel volubilemondo delle metodologie dell'apprendimento linguistico, pare ormai indubbio - o almeno lopare in questo momento - che in uno studente adulto la lingua madre giochi un ruolo decisivonel processo di acquisizione di altre lingue" (p. VII).

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passato (ad esempio sull'uso di ser come ausiliare della forma attiva, p. 140; osul carattere culto del superlativo assoluto sintetico, p. 470). Ci si chiede sequesti ultimi non potrebbero essere più frequenti, visto il livello non elemen-tare dell'opera. Talvolta, la spiegazione - essenziale - di grammatica storicapermetterebbe di cogliere le ragioni dell' uso attuale: così, ad esempio, per leforme cantas, tenes del voseo (che vengono definite semplicemente "alterate",p. 32); per il plurale di quien (pp. 497-498); per se lo = glielo (p. 277, dove sidice, in modo un po' oscuro, che "Nonostante l'identità formale, questo senon ha niente a che vedere con il se riflessivo: è, ripetiamo, una semplice va-riante combinatoria del pronome complemento di termine le (alla stessa ma-niera in cui in italiano ce è una variante di et)"); per il congiuntivo vamos (p.489, che come esortativo è sincope di vayamos, non "presente indicativo, chesi può adoperare anche in senso imperativo"3). La spiegazione sincronica dicerte irregolarità verbali risulta piuttosto meccanicistica, poiché non scaturiscedalla fonetica storica: "In certi casi, alla variazione vocalica si aggiunge una tra-sformazione consonantica (una -b- diventa -p-, e una -n- diventa -s-n (p. 149,per spiegare le forme supe e puse). Dire che l'articolo el usato per agua o ham-bre è la "forma maschile" (p. 54), può indurre a considerare assurdo il funzio-namento della concordanza in spagnolo. Che Tarento sia "adattamento dellaforma italiana sdrucciola 'Taranto'" (p. 17) è almeno discutibile: si ha, piutto-sto, la fedeltà al lat. TARENTUM.

La distribuzione della materia non segue rigidamente la successione ca-nonica delle parti del discorso, ma è finalizzata a rendere possibile anche unostudio metodico e continuativo del libro. Così lo studio morfologico esintattico-funzionale dei tempi verbali e dei vari modi è svolto in parallelo alresto, e distribuito lungo tutto il volume; gli usi principali delle preposizonisono esaminati in appositi schemi sparsi qua e là nel volume ed avulsi dallatrattazione generale (il che, in qualche misura, sacrifica l'analisi di una partedel discorso così delicata e complessa), e in generale la materia si organizza -quanto a scansione ed ampiezza degli spazi occupati - a seconda della proble-maticità contrastiva che di volta in volta assume. Il criterio di organizzazionedel materiale è saggiamente flessibile, e muove ora da criteri funzionali (cap.13, La funzione temporale, cap. 38, L'interrogazione e l'esclamazione), ora dal

3 Basti rimandare a Ramón Menéndez Pidal, Manual de gramática histórica española,Madrid, Espasa-Calpe, 198217, 116.5.

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bisogno di utilizzare su certi problemi ingrandimenti maggiori di quelli sinoraimpiegati nelle opere consimili, ahimè tutte scolastiche nel senso deteriore deltermine (cap. 30, Le perifrasi con l'infinito; cap. 39, II periodo ipotetico). Del re-sto molte problematiche corrispondenze tra le due lingue - le "equivalenzespagnole del costrutto italiano DA+INFINITO" (pp. 374-376), quelle di ne eci (pp. 297-302), o l'uso italiano di j&re+infinito (pp. 271-274) ad esempio -superano la partizione tradizionale, e richiedono la pratica elasticità di cuil'autore da prova4.

A chi presenta un'opera di questa natura, dopo averla letta con l'atten-zione che ha potuto e dopo averne fatto il manuale di riferimento per i propristudenti, si richiede, oltre la lode dovuta, l'apporto critico al miglioramentofuturo. Già Pasquali, si licei me componete magnis, recensendo una grammaticadi italiano per italofoni scriveva: "Ho detto fin qui soltanto bene di questo li-bro; ne dirò d'ora in poi male, com'è dovere professionale di ogni recensore,qualunque sia l'opera recensita. Ma quelle che a me paiono lacune o pecche,sono tutte tali che possono e debbono in edizioni venture essere colmate o

corrette"5.

Ecco quindi un mazzetto di schede su questioni di dettaglio o generali,che costituiscono una serie di proposte di discussione (prima che di eventualecorrezione); poca cosa, se si tengono presenti le 650 pagine del volume, paginein cui, per di più, le parole si usano solo se servono. Il lettore saprà distinguereda sé dove la questione è di tipo espositivo e didattico, o dove è di sostanza;dove l'intervento che si propone è circoscritto, o dove (molto più di rado) essosuppone un ripensamento più ampio.

P. 41. L'espressione "Espor tu bien" 6 non pare riconducibile alla "causa ofinalità", essendo semmai una tipica espressione di vantaggio.

P. 43. Estar para non si usa solo in frasi negative nel senso di 'non esserein condizione di', come sostiene Carrera, ma anche, sebbene più raramente, in

4 Talora, nel caso del ¿¿z+infìnito ad esempio, al di là dell'innegabile efficacia degliesempi, si vorrebbe una maggiore profondità di analisi, che, individuando gli assai diversi valo-ri del costrutto, permettesse al lettore di orientarsi con più consapevolezza.

5 Giorgio Pasquali, Pagine stravaganti, Firenze, Sansoni, I, 1968, p. 258 (lo scritto è del1934).

6 Do in corsivo gli esempi che traggo letteralmente dalla Grammatica.

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frasi affermative7, nel senso di 'essere nella predisposizione per': "Hoy estoypara penas solamente" (Miguel Hernández), "Hoy estoy para matarle", "estarpara el arrastre".

P. 47. Carrera non ammette l'uso di ser con l'aggettivo beo, a meno chel'aggettivo non sia sostantivato dall'articolo (¿'Antonio es un loco"); e tuttavial'uso lo consente, anche se è maggioritario estar ("Un primo suyo es loco y lofue un hermano de su madre"8).

P. 55. Fra i casi in cui il nome del giorno della settimana non ha l'artico-lo non si registra il più comune, la dipendenza da ser. "Hoy es martes".

P. 57. Non si avverte che "i nomi di luogo esteso" sono articolati quandosono aggettivati o specificati.

P. 59. Non è esatto dire che "Dopo la preposizione con davanti a unnome di oggetto materiale nei complementi di caratterizzazione o strumentosi omette l'articolo determinativo"; negli esempi addotti si ha oggetto materia-le solo in "Elgato con botas", ma non in "Habla con acento españoF e in "Estenombre se escribe con mayúscula".

P. 60 (e 106). Si registra una singolare caratteristica del castigliano qualel'omissione dell'articolo "davanti a certi nomi indicanti in genere servizi pub-blici: voy a Correos (vado alla Posta), voy a Telégrafos (vado alla Posta), voy aTráfico (vado alla Motorizzazione)". Non convince però la spiegazione offerta:"ciò è dovuto al fatto che è stato soppresso il sintagma 'a la oficina de' davantial nome (l'espressione completa sarebbe voy a la oficina de Correos), e la sop-pressione si è trascinata dietro il relativo articolo" (p. 106). In realtà, credo chela spiegazione sia un'altra: l'omissione dell'articolo (e non solo nelle indicazio-ni di luogo) serve a sottolineare l'aspetto istituzionale del sostantivo, equipara-to in questo modo a un nome proprio. E così come il nome proprio di un'a-zienda non si articola mai ("Trabaja en Iberia"), un "ir a Correos" sottolinea ilcarattere istituzionale del sostantivo comune. Si spiega così la duplicità d'usotra "Los correos están al lado de la Plaza Mayor" o "Correos está al lado de laPlaza Mayor"; entrambe le forme sono corrette, anche se nel primo caso si evi-denzia la fisicità di un edificio, nel secondo (dove anche il numero grammati-

7 Ricardo Navas Ruiz-Concha Moreno, Ser y estar. La voz pasiva, Salamanca, Publica-ciones del Colegio de España, 1984, p. 23.

8 María Moliner, Diccionario de uso del español, Madrid, Gredos, 19982, II, p. 210. Cf.anche Ricardo Navas Ruiz, Ser y estar. Estudio sobre el sistema atributivo del español, Salamanca,Universidad de Salamanca, 1963, p. 176.

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cale - singolare per un soggetto morfologicamente plurale - sottolinea che diun'istituzione unica si tratta) la disponibilità di certi servizi. In banca ci si puòsentir dire "Pase usted por Caja" (la sezione funzionale dell'organismo), ma,sempre articolato, "Pase por la caja tres" (la fisicità di uno sportello). La diffe-renza di articolazione tra "El libro lo ha publicado el Ministerio de Defensa" e"El libro lo ha publicado Defensa" evidenzia che nel primo caso il carattereistituzionale dell'espressione è fuor di dubbio, mentre nel secondo dev'esserel'omissione dell'articolo a rimarcarla. Così spiego la non omissione in un'isti-tuzione come "Gobierno Civil" ("Tiene un cuñado en el Gobierno Civil").Non condivido, perciò, neppure la spiegazione secondo cui "come in italiano,può mancare l'articolo anche nei casi in cui il nome si riferisce a una realtà concui il parlante ha una notevole familiarità. Un docente di una facoltà o scuolaabituato a frequentare per ragioni burocratiche la segreteria dell'istituto, diràprobabilmente voy a secretaría (vado in segreteria), mentre il padre di uno stu-dente dirà sicuramente [ = seguramente?] voy a la secretaría" (pp. 106-107).Come la messa a fuoco delle due situazioni lascia intendere, è appunto la per-cezione del sostantivo come istituzione e non come luogo a spiegare la diffe-renza.

P. 67. "Non si usa mai l'articolo indeterminativo davanti all'aggettivootro". In realtà anche quand'è pronome otro non ammette l'articolo indeter-minativo (come si indica correttamente a p. 359). L'omissione dell'articolo in-determinativo "nelle espressioni delle ore, davanti a cuarto", non ha luogo per"Falta un cuarto para...". Non si registra cierto a proposito dell'omissione del-l'articolo indeterminativo; e a p. 354 la precisazione "può essere precedutodall'articolo indeterminativo" risulta poco chiara.

P. 69. Nello studio del secondo campo (ese/codesto) dei dimostrativi Ca-rrera lascia intendere giustamente che esso in italiano è moribondo: "Le formeproprie dei tre campi si mantengono saldamente nella lingua, diversamente daquanto è successo in italiano, dove quelle del secondo campo (codesto) non siadoperano più nella lingua standard usuale". L'affermazione suppone ormaidecaduto il prestigio dell'uso toscano, posizione su cui concordano sia Carre-ra9, sia tutti gli studiosi dell'italiano d'oggi, ma non sempre i professionisti

9 Nel suo Manual de gramática italiana (Barcelona, Ariel, 1997), versione abbreviata delCurso già ricordato, Carrera, a proposito del sistema fonetico, osserva: "Tradicionalmente seproponía corno norma el modelo florentino, secularmente arropado por un justo prestigio lite-rario. Pero hoy este sistema se nos antoja casi tan regional como cualquiera de los otros, y con

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dell'insegnamento dell'italiano come L2. Se si pensa, in particolare, all'esten-dersi di uno standard nazionale che trova la sua nuova fiorentinità a Milano edè stato individuato con decisione a partire dagli anni Ottanta10, fa piacere cheCarrera, appunto, dimostri anche altrove di tenere come norma quella setten-trionale, ad esempio quando confronta le due lingue sulla differenza tra passa-to prossimo e passato remoto (p. 152). Ma, tornando all'uso di ese, bisogne-rebbe evidenziare maggiormente che la coincidenza con codesto è solo parziale.Se, come è vero, "Le forme del secondo campo [ese] si usano principalmenteper far riferimento a ciò che è materialmente più vicino all'ascoltatore che alparlante [ = codesto], a ciò che non è presente in quel momento concreto o altesto del discorso attribuibile all'interlocutore o ad una terza persona" (p. 69),non ha riscontro nell'italiano codesto, ma (se l'uso regionale non mi tradisce)in quello, l'uso di ese per "aludir a lo que no está presente" n .

P. 96. Dei verbi che mutano in i la e del tema c'è un elenco che ne inclu-de solo alcuni; una lista parziale delle possibili terminazioni per quelli che se-guono il modello di pedir è a p. 147, e solo a p. 539 compare di queste ultimel'elenco completo. Analogamente, per i verbi in -acer, -ecer, -ocer, ucir non siva al di là dell'indicazione dei più comuni alle pp. 97 e 427, e solo a p. 28 sievidenzia il criterio di appartenenza alla classe. Non tutti gli irregolari assolutivengono trattati in tutte le forme irregolari. La scelta di non esaustività si puòforse giustificare per esigenze didattiche di gradualità, ma nelle prossime edi-zioni, se non lascerà posto ad una sistematicità maggiore, dovrebbe implicareun dizionarietto-appendice sui verbi irregolari, che potrebbe utilmente regi-strare anche tutti i dittongati.

P. 101. Il criterio di scelta tra haber ( = esserci) ed estar quando precedo-no il soggetto è così enunciato: "E quando "esserci", anziché esprimere la no-zione di esistenza, si usa esplicitamente con il significato di presenza / assenza

mayores dificultades de asimilación por parte de un hispanohablante. Por ello, propondremosen esta gramática la adopción de un modelo compuesto, basado fundamentalmente en las ha-blas septentrionales, el cual, si bien no coincide con una variedad regional concreta, tampocoserá rechazado por ningún interlocutor italiano, con el que, desde luego, quedarán aseguradasperfectamente las posibilidades de comprensión e intercomunicación" (p. 13).

10 Si veda, in particolare, la monografia di N. Galli de' Paratesi, Lingua toscana in boccaambrosiana, Bologna, II Mulino, 1984.

11 Real Academia Española, Esbozo de una nueva gramática de la lengua española, Ma-drid, Espasa-Calpe, 1973, 2.6.2.

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o di ubicazione o localizzazione spaziale, il verbo corrispettivo spagnolo non èpiù haber, ma estar". In realtà in "hay hombres en el patio" si esprime lo stessoconcetto di presenza/assenza o ubicazione che si ha in "están los hombres en elpatio". Deve quindi essere introdotto il concetto dell'indefìnitezza/defìnitezza(non impressionistico, ma determinato dalle marche grammaticali: sostantivocomune non articolato vs nome proprio; articolo indeterminativo, aggettivoindefinito, numerale non articolato vs articolo determinativo12). Non ha per-ciò senso parlare di una omissione dell'articolo indeterminativo "con il verboimpersonale hay" (p. 58): l'uovo dell'articolo viene prima della gallina del ver-bo, e alla frase di Carrera "En nuestra clase hay pupitres" può corrispondere"En nuestra clase están los pupitres" se per il parlante la cosa non è genericama determinata.

P. 116. Si registra la locuzione por entre, così come a p. 346 quella a por,ma manca uno studio sistematico del cumulo prepositivo (più frequente inspagnolo che in italiano); bisognerebbe almeno registrare la locuzione para contra gli usi di para.

Pp. 128-129. Nella descrizione dell'accentazione delle parole contenentidittonghi, sarebbe didatticamente opportuno offrire una definizione di dit-tongo e di trittongo. Quest'ultimo concetto renderebbe superflua la farragino-sa spiegazione seguente: "Se abbiamo le vocali -/- o -«- toniche seguite da undittongo e -s, l'accento è obbligatorio: decíais (dicevate), parecíais (sembrava-te)" (p. 129).

P. 142. L'elenco (molto selettivo) dei verbi con doppio participio passatorichiede alcune precisazioni. Freído non ha praticamente uso, e anche nella co-niugazione verbale si impiega frito. Confuso è participio forte di confundir, macome aggettivo si impiega pure confundido (per altro, con distinzione semanti-ca netta).

P. 159. È fuorviante la spiegazione sulla differenza d'uso tra desde e desdehace: "Quando la narrazione cronologica è costituita semplicemente da un av-verbio o sostantivo non preceduto da un numerale ordinale, anziché unaquantificazione abbiamo una localizzazione temporale, e allora si usa desde";come spiegare allora la quantificazione senza numerale in "desde hace (mu-

12 Statisticamente insignificante il mancato rispetto di questa regola: ne registra qualchecaso Manuel Seco, Diccionario de dudas y dificultades de la lengua española, Madrid, Aguilar,19653, p. 234.

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cho) tiempo"? Distinguere tra durata {desde hace) e inizio {desde) dell'azionepuò essere didatticamente più produttivo.

P. 164. Sobremesa, facendo cosi torto ad una gloriosa tradizione che resi-ste tenacemente in provincia, è ridotto a "termine fondamentalmente televisi-vo e radiofonico equivalente a 'pomeriggio'".

P. 174. Non si contempla l'uso di siquiera per ni siquiera in frase negati-va, frequente specialmente dopo il verbo.

Pp. 179-182. L'esposizione delle funzioni dell'imperfetto indicativo puòesemplificare come talora un grande pregio dell'opera (la sua precisione) possatralignare in un'eccessiva minuziosità. Non mi sembrano infatti individuabilicome funzioni esclusive dell'imperfetto T'ironia o censura" (p. 180 "ya sabíayo que la cosa iba a terminar asf), la "spiegazione o scusa" (p. 181 "Lo siento,pero yo no sabía la verdad"), la contrarietà (p. 181 "Hoy que tenía sueño, no medejan dormir"). Ho anche qualche perplessità sul "valore modale di 'suggeri-mento'" dell'imperfetto, che si estrinsecherebbe "quando il parlante vuoleproporre o suggerire, in maniera attenuata, un'idea": "Podíamos salir a dar unavuelta = Potremmo uscire a fare una passeggiata". Qui opera, credo, con il va-lore imperfettivo del tempo {podíamos &pudimos) l'uso come condizionale ap-parente degli indicativi passati di poder e deber13, uso che la Grammatica nonregistra: si veda anche l'infelice traduzione italiana di "Yapodías habérmelo di-cho" in "potevi avermelo detto" (p. 321).

P. 183. Per il trapassato prossimo si osserva che "tutti gli usi [...] coinci-dono in entrambe le lingue, per cui è sufficiente il semplice trasferimento diessi"; in realtà l'italiano abusa di questo tempo (anche quando non sia in giocola necessità di esprimere l'anteriorità rispetto a un passato), mentre lo spagno-lo lo impiega parcamente (come, in generale, tende fortemente a limitare l'usodi tutti i tempi composti).

Pp. 186-188. Nella spiegazione dell'uso dell'avversativa sino può essereutile introdurre la simmetria sinolbensì.

P. 196. "Le forme mi, tu e su non si accordano di solito con il genere del-la cosa posseduta": in realtà non è mai possibile la distinzione di genere.

P. 198. Si indica l'uso della forma tonica del possessivo posposto al so-

13 "El pretérito imperfecto de indicativo de los verbos «deber, poder» o «tener que», se-guido de un infinitivo simple o compuesto, se puede emplear en lenguaje coloquial en substi-tución del potencial, para expresar vacilantemente una opinión respecto a la conveniencia oprocedencia de una cosa" (María Moliner, op. cit., II, p. 1472).

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stantivo se quest'ultimo è preceduto da un numerale, e si esemplifica con "Hatelefoneado un amigo tuyo"; sarebbe opportuno introdurre la distinzione tra ar-ticolo indeterminativo e numerale.

Pp. 201-202. La possibilità di scelta tra le due forme (atona e tonica) delpossessivo in dipendenza dal verbo ser è mal esemplificata con la coppia "Estees mi libro - Este libro es mio"; equivalente alla prima frase sarebbe "Este es el li-bro mío", mentre la seconda vede una diversa distribuzione sintattica dei ma-teriali lingustici che fa del possessivo non un aggettivo ma un pronome.

P. 214. Alle "formazioni colloquiali" quinceañero e cuarentón, vanno ag-giunte anche (fra le più usuali) veinteañero, cincuentón, sesentón.

P. 229. L'estensione geografica del leísmo è più ampia di quanto appaiadall'indicazione "Madrid e province limitrofe".

P. 230. Si segnalano alcuni casi in cui "l'equivalenza non si stabilisce tralo spagnolo = lo italiano, ma tra lo spagnolo = ne italiano". Gli esempi addottirichiederebbero una più approfondita analisi. Sono infatti i seguenti: "Graciaspor tu regalo. Te lo agradezco mucho" (con agradecer la cosa per cui si ringraziacostituisce sempre il complemento oggetto); "¿Necesitas este libro? - No, no lonecesito" (anche qui il verbo è in spagnolo transitivo rispetto alla locuzione in-transitiva italiana "aver bisogno di"); e infine, "¿Tienes dinero?No, no lo tengo"(frase da assimilare a quelle - p. 298 - in cui il ne italiano fa riferimento a unaquantità indeterminata). La transitività del verbo spagnolo per spiegare l'usodi lo (spagnolo) in luogo di ne (italiano) è per altro evidenziata a p. 299, dovesi sottolinea che il pronome complemento oggetto compare in questi casi"quando al verbo italiano di costruzione indiretta [ne] corrisponde in spagno-lo uno di costruzione diretta". Qui ritorna il già visto agradecer, ma insieme arogar e dudar, che sono transitivi, appunto, solo con il tuttofare lo (sull'am-piezza d'uso di quest'ultimo si vedano le note delle pp. 230-231).

P. 235. Per illustrare il fatto "che in spagnolo non esiste una forma paral-lela al ne italiano, certi complementi oggetto non vengono ripresi da nessunpronome quando compaiono dislocati a sinistra per motivi di messa in rilie-vo", si danno due esempi: l'ineccepibile "Yo ostras no como porque me hacen da-ño" ("Io ostriche non ne mangio, perché mi fanno male"); e il discutibile"Ellos libros tienen cantidad" ("Loro di libri ne hanno tanti"). Nel secondo casoparrebbe più corretto parlare, per lo spagnolo, di anacoluto, come dimostraanche il fatto che libros non può essere spostato dopo il verbo, mentre ostrasdel primo esempio sì.

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P. 259. Asomar è dato come verbo solo transitivo, mentre ha anche il va-lore intransitivo del riflessivo asomarse ("Asoman las primeras hojas de los ár-boles" 14).

Pp. 261-262. Non mi convince la distinzione tra caerse ("per indicare chela caduta è stata involontaria e fortuita") e caer ("quando la caduta è frutto diun movimento volontario e provocato"). La precisazione di Maria Moliner misembra più utile per guidare uno straniero all'interno della particolare predi-sposizione del castigliano per i verbi riflessivi: "Se usa exclusivamente «caer» yno «caerse», cuando no existe un momento preciso de desprendimiento o nose piensa en él, o se piensa especialmente en el movimiento durante la caída oen el sitio en que la caída termina [...]. En casi todos los casos en que no se danesas circunstancias, pueden usarse indistintamente ambas formas, aunque esmás frecuente el empleo de la pronominal" 15.

P. 265. Nell'esemplificazione dei verbi riflessivi in spagnolo ma non initaliano, sembra inutile la registrazione delle coppie "convertirse/diventare", e"derrumbarse/'crollare", visto che i verbi non hanno né la stessa base etimologi-ca (come nel precedente "adherirse/'aderire"), né parallelismo di formazione(come, per il caso inverso dei riflessivi in italiano ma non in spagnolo,"enfermar/ammalassi" p. 266).

P. 308. "[Ahora] seguito dall'avverbio ya equivale all'italiano "ormai":(24) Ahora ya no hay nada que hacer = Ormai non c'è più niente da fare". Inrealtà, sia ahora sia ya possono da soli equivalere a ormai, e nell'esempio citatoahora potrebbe benissimo essere reso con ora, adesso. Il valore avversativo("ma") della locuzione ahora que in frasi come "Sobre este asunto puedes decir loque quieras, ahora que yo no te voy a creer" richiede di essere studiato più in det-taglio: non ci si trova infatti dinanzi alla locuzione temporale ahora que (v. in-fra), e lo dimostra anche la realizzazione fonosintattica, che richiede una fortepausa tra le due componenti; si ha semmai l'avverbio ahora, con il valore av-versativo che è anche dell'italiano ora, e un que con valore eminentementecausale: dimostra l'ipotesi il fatto che le due componenti possono essere sepa-rate da un elemento rafforzatore della prima {bien), e che ahora potrebbe an-che essere omesso. Fonte probabile dell'errore è il Diccionario de uso di MariaMoliner, dove compaiono sullo stesso piano un ahora que (ma sarà meglio

14 Maria Moliner, op. cit., I, p. 275.15 Ibidem, I, p. 453, con esempi molto convincenti.

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scrivere ahora, que) con valore avversativo ("Es verdad lo que dices; ahora, queeso no es todo"), e l'uso con certi verbi di pensiero cui si farà ora cenno. Il nes-so ahora que è studiato anche nel suo valore temporale ("quando, proprio orache"): "Ahora que tengo coche, no me gusta conducir= Ora che ho la macchina,non mi piace guidare"; ma non è chiaro dire che "con verbi di pensiero, è unamarca del discorso che annuncia l'esposizione di un'idea". Nell'esempio ad-dotto ('lAhora que me acuerdo, me he dejado las llaves en la otra chaqueta") è ilverbo acordarse che, semmai, introduce l'esposizione di un fatto. Qui si ha for-se il parziale fraintendimento di quanto nota appunto Maria Moliner: "Seemplea [ahora que] con verbos como «ocurrirse» o «acordarse» en frases queinician la exposición del pensamiento que se ocurre o se recuerda"16.

P. 310. Aun: è molto incompleto dire che è solo congiunzione concessi-va; i suoi valori sono tutti registrati correttamene a p. 127.

Pp. 330-331. "Si usa il condizionale composto in italiano, e non in spa-gnolo [...] per far riferimento ad un'azione o circostanza la cui realizzazione sa-rebbe possibile nel futuro, ma anche per qualsivoglia motivo è vista come or-mai irrealizzabile. In spagnolo si usa in questo caso il condizionale semplice:(27) Hoy iría de buena gana al cine, pero no me encuentro muy bien = Oggi sareiandato volentieri al cinema, ma non mi sento molto bene; (28) Me gustaría sa-lir mañana con vosotros, porque sé que me divertiría = Mi sarebbe piaciuto usciredomani con voi, perché so che mi sarei divertito". L'italiano ammette anche ilcondizionale semplice (nel secondo esempio, per consecutio, anche nella dipen-dente); e del resto lo spagnolo consente anche il condizionale composto.

P. 331. Non escluderei il condizionale passato nelle dipendenti da tempostorico anche quando "l'azione è imperfettiva". Il tipo trionfante "Nos dijeronque vendrían a las ocho" non ha soppiantato "Nos dijeron que habrían veni-do".

Pp. 333-335. Non si ha una spiegazione chiara ed univoca della differen-za d'uso dei pronomi indefiniti alguien (nadie) e alguno {ninguno), non paren-domi sufficiente, nel suo meccanicismo, quella data a p. 335 che tra l'altro siesclude la serie negativa: "l'equivalenza italiana alguno = qualcuno [...] si verifi-ca quando il pronome ha un referente esplicito precedentemente citato (semanca questo referente, allora abbiamo l'equivalenza qualcuno = alguien

16 Ibidem, I, p. 100.

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Pp. 341 e 355. Non si spiega la differenza tra cada e todo riferiti a sostan-tivo singolare, e non la si può dedurre neppure confrontando quanto si dice aproposito di todo usato al singolare (p. 341 "L'espressione ha, in questo caso, enonostante le apparenze, un senso universale e plurale") e la spiegazione sucada (p. 355 "spesso il valore distribuzionale legato a 'ciascuno' acquista unsenso globale; e allora equivale a 'ogni' o 'tutti'").

P. 343. Agli aggettivi e agli avverbi bisognerebbe aggiungere anche i par-ticipi dove si illustra l'uso di muy vs mucho; analogamente per tan vs tanto (pp.349 e 596).

P. 356. Mismo, se è posposto al nome in funzione enfatica, può essereusato avverbialmente ed è allora invariabile ("Vi los sucesos desde mi casa mis-mo"), ma anche come aggettivo ("Todos los corredores saldrán de la plaza mis-ma" 17), ipotesi esclusa da Carrera che scrive: "In questa funzione enfatica puòcomparire dopo il nome (sempre al maschile singolare): Nació en París mismo(o anche Nació en el mismo París) = è nato nella stessa Parigi". Nelle espressionidi luogo e di tempo l'uso avverbiale può essere favorito, naturalmente, oltreche dal valore accentuatamente avverbiale delle locuzioni spazio-temporali("Podemos ir a Santander cuando quieras, en Navidades mismo")18. El'espressione prima citata "desde mi casa mismo" è appunto un'espressione diluogo. Sarebbe inaccettabile "Es una novela de la Pardo Bazán mismo"

P. 356-357. L'uso antienfatico di mismo per indicare una scelta casuale("Que venga un niño cualquiera. Antonio mismo") si ha anche, contrariamen-te a quanto suggerisce Carrera con l'anteposizione dell'aggettivo al sostantivo("el mismo Antonio"); e, se posposto, mismo non è necessariamente avverbia-le, ma ammette anche la concordanza di genere e numero. La Moliner nonesclude infatti il tipo "Que venga una niña cualquiera. Antonia misma", e am-mette anzi l'uso avverbiale solo per avverbi ed espressioni spazio-temporali:"También en esta acepción tiene [ = puede tener] «mismo» carácter adverbial,es decir, es invariable, no sólo cuando se aplica a un adverbio, sino tambiéncuando se aplica a un nombre de tiempo o de lugar, siempre, en este caso, pos-puesto al nombre: «Podemos reunimos en mi casa mismo»".

P. 405. La perifrasi "darle (a uno) por" non serve solo "per indicare chequalcuno inizia a ripetere un'azione in maniera immotivata e capricciosa, o al-

17 Maria Moliner, op. cit., II, p. 360.18 Nella spiegazione del fenomeno coincido con Manuel Seco, op. cit., p. 234.

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meno senza una ragione apparente"; può infatti avere un accentuato valorepuntuale: "Le dio por matar a su suegra".

P. 407. Non emerge che l'uso di llegar (all'indicativo presente) rf+infìnitonella protasi dell'irrealtà si riferisce al passato: "Si lo llego a saber no vengo = Selo vengo a sapere non vengo".

P. 415. Fra i numerosi casi di costruzione participiale assoluta non am-messa dallo spagnolo, con disimmetria rispetto all'italiano, si registrano anche"alcuni verbi transitivi seguiti da un complemento oggetto" e si esemplificacon "Giovanni, prese le valige, si avviò verso il treno" per cui non si ritienepossibile la corrispondenza "Juan, cogidas las maletas, se dirigió hacia el tren".Mi chiedo: anche se la costruzione participiale fosse collocata in inizio assolutodi periodo?

P. 419- Si allude - come possibile equivalenza di un participio presenteitaliano - ai participi passati con valore attivo (nell'esempio divertida = diver-tente); sarebbe utile elencare i principali.

Pp. 431-432. Non si indica il que tra gli antecedenti di un congiuntivoche esprima augurio (come ojalá o asi); "que os divirtáis", "que ganéis la Li-

ga".Pp. 456-457. Si indica come unica possibilità, il congiuntivo piuccheper-

fetto: a) "nelle completive che dipendono da un verbo principale di opinioneo supposizione (non necessariamente al passato), quando questa viene presen-tata come irreale nel passato: (41) Creo que hubieras tenido éxito = Credo cheavresti avuto successo [...]; b) nelle interrogative indirette che si riferiscono adun'eventualità nel passato: (43) Nos preguntábamos qué hubieras hecho tú = Cichiedevamo che cosa avresti fatto tu". In entrambi i casi è però ammesso an-che il condizionale.

P. 461. Bien "può enfatizzare il contenuto di un verbo posteriore" ("Biense ve que no eres de aquf), ma anche di un verbo anteriore ("Se ve bien...").

P. 481. Il tipo sintattico comparativo "Tiene más dinero del que puedegastar", con de invece di que a introdurre il secondo termine di paragone, vaaccostato ai casi in cui "la comparación se establece no entre dos cosas por ra-zón de su cantidad o un nùmero, sino directamente de una cosa con una can-tidad o nùmero"19, e in particolare alle espressioni con i numerali ("El paseo

19 María Moliner, op. cit., II, p. 1503.

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tiene más de 2 kilómetros de largo", "No tiene más de veinte años"20) cheCarrera ignora, così come ignora le espressioni eccettuative ("No tiene másque veinte años") da contrastare con le precedenti.

P. 494. "se l'antecedente è umano, davanti a que [relativo] può compari-re la preposizione a (fatto normale in spagnolo, come sappiamo, con i comple-menti oggetto personali o personificati) e l'articolo"; da aggiungere che è con-sentito anche il semplice que, ma senza preposizione.

P. 497. Come possibili antecedenti del relativo que si indicano anche "unaggettivo" ("No puedes imaginar lo diabólicas que eran") o "un avverbio" (" Yate conté lo bien que nos trataron"); in entrambi i casi, tuttavia, precede un losostantivante21.

P. 508. "Il pronome interrogativo qué può essere seguito da un sostanti-vo che restringe l'ambito informativo della domanda: "¿qué coche tienes? = Chemacchina hai?"). Sarà più sicuro definirlo, nonostante l'etimologia, un aggetti-vo riferito al sostantivo che segue.

P. 532. Si classifica fra gli pseudo periodi ipotetici ("5/ tú escribes bien, yosoy Cervantes", "Si los franceses son europeos los españoles no lo son menos'', "El

tren llegará a las siete, si es que llega"...) anche il tipo "Mira si será rico que en su

garaje tiene cinco coches", che ha invece le sembianze dell'interrogativa indiret-ta, come dimostra anche l'ammissibilità del futuro indicativo 22 che il si condi-zionale di norma rifiuta.

P. 540. "Curiosamente, alcuni gerundi ammettono il suffisso diminutivo-ito: callandito, corriendito". Va precisato, che ciò avviene con la funzione in-tensiva (e non riduttiva) che assume il suffisso -ito con gli aggettivi (come siprecisa, troppo enpassant, a p. 603).

P. 559. A proposito di uno impersonale si omette di chiarire il valoreuno=yo che questo pronome indefinito spesso assume, portando a frasi soloapparentemente impersonali.

P. 588. A proposito della struttura relativa causale de tanto que+yevbo, sinota "Se nella subordinata c'è un complemento oggetto, tanto si può accorda-

20 Ibidem.21 Come precisa Maria Moliner (op. cit., II, p. 825): "El antecedente de «que» puede ser

también un adjetivo o un adverbio precedido de «lo»".22 Che si pone per altro, come succede normalmente per il futuro, in alternativa al pre-

sente: "Mira si tiene [o tendrá] dinero, que..." (ibidem, II, p. 1079).

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re con esso: (56) De tanta cerveza que bebes se te va a dilatar la barriga = A furiadi bere birra, ti si dilaterà la pancia". Ma in realtà l'accordo grammaticale è ne-cessario anche quando nella subordinata c'è un soggetto: "De tanta cervezaque entra en tu casa...".

P. 595. Per il costrutto como para+'mñnito/corno para que+\eibo di modofinito parlerei di struttura consecutiva piuttosto che di " adeguamento a unafinalità".

Come si sarà colto dalle citazioni sin qui riportate, ogni affermazione del-la Grammatica è esemplificata, e ogni esempio è accompagnato dalla corri-spondente traduzione italiana. Bisogna allora precisare che tutti gli esempi mi-rano a riflettere la lingua d'uso attuale, intesa come norma standard del parla-to peninsulare. La scelta, che può certamente essere difesa con buoni argo-menti, non fa dimenticare la possibilità non realizzata di ricorrere, specie perla sintassi verbale, alla lingua scritta, letteraria ma non solo. Pare poi fuori luo-go, in un'opera destinata ad adulti, il rifiuto sistematico del pornolalico. A p.382 si rileva per ir il fatto che "Come il verbo omologo italiano, interviene, so-prattutto all'imperativo, in svariate espressioni che manifestano il rifiuto versouna persona e il desiderio di vederla lontana", ma si esemplifica solo con il sofi"¡Vete a paseo!1; a p. 393 di acabar si dice che in vari paesi latinoamericani "haun significato che rientra nella sfera sessuale", ma non lo si specifica; la listadelle interiezioni improprie delle pp. 523-524 non ne registra nessuna menche corretta sulle labbra di una chica TELVA: manca persino quella derivatada CUNNUS.

Per quanto riguarda la traduzione italiana degli esempi, è fuori discussio-ne che la stessa ha una funzione didattica essenziale perché consente ai desti-natari del libro di lavorare immediatamente in un'ottica contrastiva. Proprioper il valore di quest'aspetto dell'opera, raccolgo qui alcune osservazioni e pro-poste di miglioramento, che si possono raggruppare attorno a due nodi: a) latendenza dell'autore a differenziare più del necessario l'italiano rispetto allospagnolo; b) l'errore o la perfettibilità nella versione italiana.

Per quanto riguarda il primo aspetto, si vedano i passi seguenti:

P. 406. "Se la frase è negativa si perde [in acabar de] il valore di anteriori-tà ed equivale approssimativamente allo schema italiano NON RIUSCIRE A,NON+INFINITO+DEL TUTTO: (18) No acabo de entenderlo bien =

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riesco a capirlo bene"; forse varrebbe la pena di sottolineare che, se pure di im-piego ridotto (oggi quasi solo nei giri "Non finisce di piacermi, non finisce diconvincermi") anche l'italiano presenta la stessa perifrasi23.

P. 407. La perifrasi llegar a è resa come "arrivare al punto di, riuscire a",ma "può anche enfatizzare il carattere di un evento, ed equivale allora a verbo+persino: "Llegó a pedirme che [sic] le hiciera yo el trabajo = Mi chiese persino difargli io il lavoro"; anche in quest'accezione l'italiano ammette "arrivare a/alpunto di".

P. 417. "dar+por+participio: indica che l'azione espressa dal verbo è vistacome compiuta, ed equivale approssimativamente a "ritenere" o "considerare"+participio: (30) Los náufragos han sido dados por desaparecidos = I naufraghisono stati considerati dispersi". Perché, semplicemente, non tradurre "I nau-fraghi sono stati dati per dispersi", in modo da sottolineare la coincidenza trale due lingue?

P. 462. "Allo stesso modo, il costrutto italiano in cui 'bene', posposto alverbo, equivale a 'molto' non ha esatto corrispettivo in spagnolo: (68) Martaguadagna bene = Marta gana un buen sueldo". Accetterei, invece, "Ganabien"24.

P. 519. A proposito degli usi di cómo esclamativo, si nota che "a voltel'enfasi si sposta sulla quantità: (84) "¡Cómo nieva! = Quanto nevica!"; ma an-che in italiano si potrebbe avere "Come nevica!" (così come in spagnolo"¡Cuánto nieva!").

P. 588. "De tanta cerveza que bebes se te va a dilatar la barriga = A furia dibere birra ti si dilaterà la pancia" (propongo "Con tutta la birra che bevi...").

Gli errori di traduzione (o i miglioramenti possibili di una traduzione ac-cettabile) sono i seguenti:

P. 43. "Estuvo de alcalde hasta que se celebraron las elecciones = Fece il sin-daco fino a quando si fecero le elezioni". Tradurrei "fece da sindaco" (con il

23 Salvatore Battaglia, Grande dizionario della lingua italiana, Torino, UTET, V, 1968,p. 1045.

24 Maria Moliner (pp. cit., II, p. 1577), registra "Si se lo pagaban bien, haría eso y mu-cho más".

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conforto esplicito dello Zingarelli25) proprio per sottolineare il "riferimento aun lavoro o impiego, visto generalmente come provvisorio".

P. 67. "Déme medio kilo de tomates = Mi dia un mezzo chilo di pomodo-ri". Anche in italiano sarebbe normale l'omissione dell'articolo indeterminati-vo davanti a mezzo in questa frase; l'articolo assume una funzione di approssi-mazione.

P. 168. Bueno, "se si adopera come risposta a una domanda, equivale a'magari': (22) ¿Tomamos el café? - Bueno = Prendiamo il caffè? - Magari". Piùche con magari (che né come ottativo né come dubitativo può essere equiva-lente di bueno) proporrei "ma sì", o, eventualmente "dai".

P. 192. "Encima de que llega siempre tarde, quiere que le aumenten el suel-do = Pur arrivando sempre in ritardo, pretende che gli venga aumentato lo sti-pendio". Trattandosi dell'esemplificazione degli "avverbi aggiuntivi" più chela traduzione come concessiva, sembrerebbe consigliabile quella con "oltre alfatto che".

P. 203. "Mi capitán = signor capitano", "mi coronel= Signor colonnello".I regolamenti militari italiani hanno abolito da alcuni anni l'uso di signor da-vanti al grado nell'uso appellativo da parte dell'inferiore.

P. 266. Per lo spagnolo divorciarse si propone la doppia corrispondenzadivorziare!divorziarsi, ma la seconda non esiste.

P. 398. "Esos problemas lo traen de cabeza = Questi problemi lo tengonocrucciato". Qui (ma potrebbe tradirmi il mio italiano regionale) si ha una noncorrispondenza di registro vistosa fra le due lingue; propongo: "lo fanno usciredi testa".

P. 456. "Habrían estado allí hasta que hubiéramos querido = Sarebbero re-stati lì finché avremmo voluto"; "avessimo voluto", e non il condizionale,come in "Me dijo que cada vez que lo viera, lo saludara = Mi disse di salutarloogni volta che l'avrei visto" (p. 584).

P. 494. "Aquí hay un líquido que tiene color rojo = Qui c'è un liquido cheha il colore rosso". Va omesso l'articolo prima di "colore".

P. 583. "Nada más entrar cerró la puerta = Subito dopo [essere] entratochiuse la porta". "Subito dopo" non può reggere il participio; si potrebbe tra-durre anche con "appena"+participio.

25 Nicola Zingarelli (Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 199612, p.1183) distingue tra "fare il sindaco" e "fare da sindaco".

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P. 588. "De cansado que estoy no me puedo mover = Per quanto sono stan-co, non posso muovermi" ("Da tanto sono stanco..."). La traduzione propostaverrebbe quasi sicuramente interpretata da un italofono come concessiva, so-prattutto perché è collocata in inizio di periodo.

P. 603. Mesilla, più che 'tavolino', è 'comodino', e l'esempio andrebbeaggiunto ai casi registrati di lessicalizzazione prodotta dal suffisso (p. 604).

P. 605. Lentejuela è tradotto "lustrino, pezzo di lamé"; la seconda propo-sta, forestierismo per forestierismo, poteva essere paillette, anche perché dilamé esistono solo fili.

A tratti la forma italiana della trattazione è un po' faticosa. Alcuni (pochi)ispanismi sono filtrati alla spiegazione teorica. Echi più o meno evidenti dellalingua materna dell'autore si possono notare nelle seguenti espressioni: "[prepo-sizione con] Valore concessivo, precedendo un infinito" (p. 139; e p. 207 " [lapreposizione de] precedendo un infinito, può originare schemi dal valore condi-zionale"), "alcuni scrittori, in rari casi, pretendono di conferire un tocco voluta-mente arcaicizzante" (p. 140), "il costrutto è specialmente frequente" (p. 299; ep. 373: "Specialmente interessante è il caso delle proposizioni infinitive"); "Al-cuni linguisti, non completamente a torto, escludono según dall'elenco dellepreposizioni, per le seguenti - tra altre - ragioni" (p. 411); "participio collega-to" (p. 413; direi "congiunto"); "la congiunzione che si prepone ad un impera-tivo quando il comando non si rivolge direttamente alla persona che riguarda"(p. 440); "Dal punto di vista fonetico, le frasi interrogative si caratterizzano peressere enunciate con un'intonazione particolare" (p. 512).

Per le future edizioni segnalo anche i pochi refusi: p. 293 ha,cia {hacia),pp. 362 e 442 che {que), p. 379 dò {do), p. 440 cuando {cuándo), p. 533 tu {tu),p. 583 dire {dire). A p. 440 ci si riferisce a un esempio costruito sul verbo con-tar che non è riportato. Inoltre, manca sistematicamente l'accento grafico sullemaiuscole, per i problemi tecnici che anche l'autore lascia intendere: "Teorica-mente è obbligatorio mettere l'accento grafico, se necessario secondo le regole,anche sulle maiuscole: AFRICA. Ciò non sempre è materialmente possibile"(p. 130). Sembravano superati i tempi in cui un ispanista che stampava in Ita-lia doveva dire: "El curioso lector suplirá, aquí y en el texto, el acento gráficoen la /, que no se ha podido imponer al tipógrafo" 26. Sicuramente un grandeeditore come Laterza troverà modo di rimediare in futuro.

26 Margherita Morreale, Apuntes bibliográficos para el estudio del tema "Dante en España "

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"Mi pare di potermi fermare qui: la recensione si è sciolta verso la fine intante osservazioni marginali, come capita quando si legge un libro di tal gene-re e tanto ricco. Una grammatica pratica non può nascer perfetta; ma la ric-chezza è arra di perfettibilità ogniqualvolta l'impostazione, come qui, è buo-na" 27, dirò anzi eccellente.

hasta el S. XVII", "Annali del corso di Lingue e Letterature straniere della Università di Bari",Vili, 1967, p. 41 dell'estratto.

27 Giorgio Pasquali, op. cit., p. 266.