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Superare gli stereotipi pubblicitari sulle donne (e sugli uomini)Qualche giorno fa mi sono trovata a parlare di pubblicità sessista, di donne, di Gender Gap Index edel bisogno urgente di cambiare le cose in Italia.

Un discorso non facile davanti a una platea non facile, e in un contesto impegnativo: l’assembleaannuale dell’UPA (Utenti Pubblicitari Associati), l’associazione a cui fa capo la stragrandemaggioranza delle imprese che investono in pubblicità nel nostro paese. Sono quelle che determinano stili e contenuti della comunicazione commerciale nazionale, suimass media classici (tv, stampa periodica e quotidiana, radio, affissione, cinema) e sul web. E che,acquistando spazi pubblicitari, finanziano in misura rilevante l’intero sistema dei media.

Solo pochi anni fa, l’idea che gli investitori pubblicitari italiani potessero interrogarsi a propositodegli stereotipi pubblicitari sulle donne – e che potessero farlo all’interno di un momentoistituzionale – sarebbe apparsa del tutto irrealistica.

Se le cose sono cambiate è merito dell’instancabile attivismo, sul web e non solo, di decine digruppi di opinione. Di alcune prese di posizione forti, come quella di Laura Boldrini. E, come attesta Eurisko, è anche merito di un’accresciuta sensibilità nazionale: parlo di un numerocrescente di cittadini che, in un paese da vent’anni privo di coesione, visione, progettualità ecapacità di immaginare un nuovo sviluppo, ridisegnano individualmente e radicalmente i propriconsumi e i propri stili di vita cercando qualità, senso, autenticità, memoria, consapevolezza,appartenenza, etica.

All’assemblea dell’UPA mi sono proposta di lanciare, argomentandoli, tre messaggi: 1) lapartecipazione delle donne allo sviluppo economico e politico del paese è ancora oggi troppobassa. Questo non è solo scandaloso, ma pesa in modo negativo sul pil e sul nostro indice disviluppo umano, quindi sul benessere generale e sulla crescita.

2) Questa situazione è aggravata e rinsaldata dal fatto che i mass media rappresentino l’universodelle donne italiane in modo a volte offensivo, troppo spesso stereotipato e sempre carente.Potrebbero e dovrebbero invece da una parte dar conto della varietà e della ricchezza dell’universofemminile, dall’altra offrire nuovi positivi e necessari modelli di ruolo.

3) la pubblicità è solo una parte minoritaria del sistema mediatico, ma è efficace e, per definizione evocazione, persuasiva. Le imprese possono contribuire al rinnovamento (anzi, come dice Eurisko,alla rigenerazione del paese) superando gli stereotipi che oggi, nella narrazione pubblicitaria,intrappolano sia gli uomini sia le donne. È una sfida di cambiamento e di visione.

È provato che gli stereotipi influenzano significativamente i comportamenti, l’immagine di sé e laperformance delle persone che ci si trovano intrappolate. Qui uno dei primi studi, notissimo ecitatissimo (ne sono stati ormai prodotti decine) sul tema dello stereotype threat (la minaccia­stereotipo). Qui un ottimo e argomentato commento in italiano, con alcuni link interessanti.

Ecco il video dell’intervento.

Annamaria Testa all'assemblea Upa 2013

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Un intero e completo corso di

prevenzione e primo soccorso pediatrico

in soli 33 minuti di video. Guardate e fate

girare. Qui tutta la storia.

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sessista stereotipi UPA web Posted 08/07/2013 by Annamaria Testa in home, punti di vista

Dopo le prime battute, la macchina da presa inquadra anche alcune delle tavole che ho proiettato,e seguire il testo è più facile. Qui trovate l’intero slideshow che ho presentato e, se volete, potetescaricarlo. Su ciascuna delle tavole che riportano dati trovate la citazione delle fonti. Qui trovate latraccia del testo: i numeri corrispondono alle tavole dello slideshow.

Qui, invece, trovate il video della relazione di apertura, tenuta dal presidente Lorenzo Sassoli deBianchi. Contiene sei proposte per la comunicazione 3.0 e l’invito, rivolto a tutte le aziende, adattuare una seria riflessione sul ruolo della donna nella pubblicità. (…) una sensibilità condivisa suquesto tema rende più efficace la comunicazione, fa bene alla marca e permette alla società nelsuo insieme di rompere il soffitto di cristallo e alle donne di continuare a chiedere uomini migliori.

Tutto ciò può sembrarvi poco, ma credo che non lo sia. Il segnale è forte e inedito. Tutto ciò può sembrarvi tardivo (e questo è vero). Ma l’inerzia del sistema è grande, e credo cheogni indizio di cambiamento vada comunque accolto con favore, supportato e rafforzato, senzacedere al vizio nazionale di lamentarsi per ciò che avrebbe dovuto essere, trascurando poi dialimentare quel che di buono e di nuovo potrebbe nascere, finalmente.

Questo post appare anche su Internazionale.it

13 Commenti a Superare gli stereotipi pubblicitari sulle donne (e sugliuomini)

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Emanuela 08/07/2013Un intervento davvero interessante, ben costruito e argomentato. Complimenti egrazie.

Flavia TTV 09/07/2013Complimenti. Oggi mi sono imbattuta anche in questohttp://video.repubblica.it/mondo/bambine­contro­gli­stereotipi­lo­spot­usa/134082/132623

Ugo Sgrosso 09/07/2013Condivido, al 100%, questo articolo. Sono convinto che, seguire i tuoi consigli, farebbe evolvere anche la figura di noiuomini, che ne abbiamo tanto bisogno.

Bianca Fasano 06/08/2013Le pubblicità oggi? Spesso un “carosello” antieducativo per i giovani ed offensivoper le donne.

E’ recente l’indignazione del Ministro per le pari opportunità Elsa Fornero che, in data 28marzo 2013, ha fatto sì che il governo ordinasse lo stop immediato di una pubblicità cheevocava il femminicidio. La stessa ha precisato:­“Ho immediatamente provveduto a chiedereall’Istituto per l’autodisciplina pubblicitaria il ritiro della pubblicità dello “straccio magico” visibile

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Donna è web 2012 ­ Primo premio nella

categoria "Buone prassi"

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nella categoria "Web"

nei cartelloni affissi nelle strade della città di Napoli. Pubblicità siffatte, che prendono spuntodal drammatico fenomeno del femminicidio, oltre a svilire l’immagine della donna, istigano adingiustificati e gravissimi comportamenti violenti. L’attenzione per le donne ed i loro diritti –conclude il Ministro – passa anche attraverso una pubblicità corretta che non svilisca la lorodignità”. Possiamo anche annotare che, oltre all’immagine con l’uomo che ripuliva le provedell’omicidio, vi era anche quella di una donna che compiva gli stessi gesti. Poco bella, in ognicaso, anche quella. La pubblicità, di cui siamo sommersi ogni giorno, cade nel vuoto o poco meno, quandos’impatta in persone che difficilmente la seguono con l’intenzione di prenderla sul serio. Ma sela percentuale di tali persone fosse alta, ovviamente non sarebbero tante e diversificate perprodotti le “categorie da colpire”. Evidentemente è il contrario. Ad essere “preso di mira”, è spesso l’uomo, altrimenti non si spiegherebbero le tante pubblicitàa sfondo erotico. Non le nomineremo, ma “accenneremo soltanto” a qualcuna: Un vino, la cuicoppa, abilmente piazzata a livello giusto nella siluette di una donna, invita a degustare “lapassera delle vigne…”; due seni di donna che invitano, invece, a degustare le mozzarelle; unviso di donna su cui è stato versato del latte, invita ad “allattarsi”; un bel culetto maschiletastato da mani femminili (…), pubblicizza salumi al peperoncino. L’elenco sarebbe lungo.Restando nel mondo al femminile, occorre dire che le donne sono presentate spesso conproblemi che, al contrario delle pubblicità precedenti, Non stimolano l’attenzione dell’uomo.Quasi tutte “perdono” da qualche parte, qualche tipo di liquido. Molte “puzzano” e se nepreoccupano costantemente entrando in ascensore, praticamente tutte sono piene di peli edhanno bisogno assoluto di un deodorante per essere accettabili. Anche gli uomini “puzzano” e,in ogni caso, sudano. A tal punto che, privati per un’ascella del loro deodorante preferito, nonalzano e non usano il braccio “privo di deodorante”. Ma la donna che sta con lui comprendesubito il problema: anche lei se non si riempie di deodorante, ahimè, emana cattivo odore,suda e macchia abiti e magliettine sexi. Sono poi numerosissime ed inquietanti le pubblicitàrivolte verso i teenagers. Presi di mira dal settore, rappresentano purtroppo unimportantissimo target group. Personalmente, come insegnante, mi rendo spesso conto dicombattere una battaglia contro un nemico troppo invadente ed agguerrito. Uno dei miei“giochi” è quello di chiedere alla classe in cui mi trovo in una data ora ad insegnare, sia aimaschi che alle femmine, quali di loro indossino un capo firmato. Si alzano alcune mani, siabbassano alcuni sguardi di chi non li indossa e si sente a disagio per questa “mancanza”. E’il momento in cui, armata di un bel gesso bianco e di una gonna nera, scrivo la mia sigla sullagonna, sorrido e dico:­”oggi sono uscita senza il capo firmato! Fa nulla, lo firmo io. La miafirma vale molto di più: è unica!” Poi, sotto lo sguardo divertito dei miei allievi, aggiungo,fissandoli negli occhi uno ad uno:­“Firmate i vostri cervelli!”­ Le pubblicità li riempiono di stereotipi e falsi miti, li strumentalizzano, li convincono di non potervivere senza di questo o quel prodotto di cui, appena un minuto prima, non conoscevanoneanche l’esistenza (e forse non esisteva davvero). C’è da augurarsi che, fortificati in famigliae/o, da una buona preparazione nelle scuole, i giovani, come parte interessata, in ambiti comemoda e nuove tendenze, abbiano la capacità di utilizzare al meglio il mezzo pubblicitarioassimilandone soltanto i contenuti che a loro interessano maggiormente. Dobbiamo, però, farei conti con il compito dei pubblicitari, ossia quello di attirare l’occhio del teenager, persuaderlocon mezzi di cui loro sono certamente forniti, giocare con la loro necessità di rendersi esentirsi importanti nel gruppo dei pari. Non è bello notare che un giovane, proveniente dafamiglie non molto ricche, stringa tra le mani “l’oggetto del desiderio”, ossia un cellulare supermoderno, tentando di nasconderlo abilmente. “Gioca” nascostamente, viene “beccato”, gli èsottratto lo smartphone e si preoccupa soltanto allora per le conseguenze, ossia,principalmente, che non si rompa. Da persona “a conoscenza dei fatti”, essendomi da pocopresa una laurea a scopo culturale, posso affermare che accade anche durante i corsiuniversitari. Un genitore avrà speso l’equivalente della metà del proprio stipendio allo scopo dipermettere al proprio figlio di non essere attento alle lezioni? Non è a conoscenza del fatto cheil figlio conduca con sé il cellulare a scuola? Poco credibile, visto che molti genitori chiamano ifigli proprio durante le ore di lezione. Certo: le scuole fanno di tutto per “dribblare” il problemama, nonostante le leggi e le attenzioni rivolte al caso, il problema esiste. Per non parlare delmondo di filmati girati in qualche modo nelle ore scolastiche, che non possono essereconsiderati un vanto per nessun istituto italiano o estero. Ma le pubblicità spingono all’acquistocon ogni mezzo lecito e, senza dubbio, chi vende i prodotti poco s’interessa delleconseguenze fisiche o psicologiche che potranno avere sull’acquirente. Spesso mi sorprendoa pensare quanta poca stima debbano avere di sé, della loro “arte”, del loro “personaggio” itanti attori, più o meno famosi (ma anche giornalisti e persone note del mondo dello sport),che, pur di guadagnare, svendono la loro immagine, spesso la tradiscono ed ancora piùspesso “imbrogliano” quanti li ritengono “sinceri”, pubblicizzando un qualsivoglia prodotto. Chesia un biscotto, un caffè, un gelato, poco importa. Sanno essere convincenti, in qualche casointerpretano costantemente “un personaggio” come si trattasse del “tenente Colombo”.Io alloro posto mi vergognerei. Ma non sono al loro posto e posso soltanto imporre il silenzio allamia TV, quando passano le loro immagini sullo schermo, disturbandomi. Bianca Fasano

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Antonella Viapiana 25/09/2013Abbattere uno stereotipo radicato nella cultura di un paese è davvero un’impresaardua. Ma magari, raccontando la storia di una coppia omosessuale potrebbedestabilizzare sia lo stereotipo femminile che quello maschile, perché non sarà la

differenza di genere sessuale a decidere chi porta la zuppiera, ma l’abilità in cucina. Non saràil genere a stabilire chi torna dall’ufficio, ma la competenza in quel settore. Non sarà il generea stabilire chi deve sorridere, ma l’armonia e la serenità. Ma forse, sto guardando troppoavanti.

Antonella Viapiana 26/09/2013No, forse non ho detto una sciocchezza, basta guardare quello che sta succedendooggi a Barilla, dopo le dichiarazioni pro famiglia tradizionale negli spot e contro lafamiglia gay. Il web è in rivolta, forse questo significa qualcosa. Cordiali saluti.

Marina 15/09/2014Salve, grazie per questi interventi interessanti, grazie per questo spazio. Sono completamente d’accordo con l’intervento della signora Bianca quando parladel modo offensivo con cui sono descritte le donne ogni giorno, in continuazione,

per quanto riguarda le perdite e la puzza. Io sono letteralmente nauseata dalle continue eripetitive pubblicità di assorbenti e similari ad ogni ora. Non è solo il corpo della donna adesser utilizzato dai mass media ma è la donna come genere ad esser continuamente presa ingiro. Spero tanto che le donne intervengano in massa come è già accaduto in passato per porrefine anche a questa grave situazione. I fronti su cui agire sono davvero tanti e la condizionefemminile in Italia migliora a passi decisamente troppo lenti. Grazie.

Cornetta Maria 07/02/2017Il ruolo di una donna nella famiglia è troppo importante perché da questo dipendel’equilibrio sociale. Noi siamo saggezza e, per fortuna, oggi, possiamo ancheaggiungere cultura e consapevolezza della nostra dignità, ma siamo fondamentali e

non dobbiamo dimenticare le nostre responsabilità. Personalmente, ho scelto il ruolo prioritariodi EDUCATRICE e non ho lavorato fuori casa perché i miei figli erano essenziali come l’ariache respiro e della quale non posso fare a meno. Non mi sono mai sentita in ostaggio del mioruolo e penso che, come dice mia sorella: noi mettiamo al mondo gli esseri umani e noipossiamo distruggerli…Non penso che sia arretratezza, né semplice assuefazione allatradizione. Visto come vanno le cose in Italia, su quanto sono disorientati e disorientabili igiovani, il mio è solo un atteggiamento responsabile. Sarò presuntuosa, ma credo che sidovrebbe parlare anche del DONO di sé che molte madri disattendono. Tutte le altre questionie considerazioni etiche dovrebbero riagganciarsi a questo concetto.

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