A Il Covile B · e varia umanitÀ ISSN 2279–6924 Penetriamo nuovamente in epoche che non...

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B A ANNOXIII N°781 18 DICEMBRE 2013 RIVISTA APERIODICA DIRETTA DA STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI E VARIA UMANIISSN2279–6924 ¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬ Penetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dal filosofo né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila A N D RE A G. S CIFFO EP I ST O LAR I O C O R T I AN O Lettere dei lettori a un narratore «magistrale» U AUTUNNO digrada verso l’inizio dellinverno, con un corteggio di nubifragi («mai visto prima, in mille anni» si è detto con falso candore a proposito della devastazione in Sardegna) e con giornate d’oro, la cui dolcezza tra- scorre magnifica e indierente a qualunque indierenza umana. Si può dire che questo 2013 sia stato l’anno più lungo: altri aggetti- vi sarebbero inesatti, ingiusti, nel tentare di esprimere tutto l’antico e il nuovo acca- duto sotto il sole degli ultimi dodici mesi. È come se il tempo avesse rallentato e acce- lerato nello stesso momento. L’ Scrivo queste impressioni di stampo ago- stiniano mentre vado e vengo per i colli di Brianza, presso i quali vive il nonagenario Eugenio Corti. Ho avuto la fortuna di far- gli visita ripetutamente, durante l’anno in corso. E nel frattempo, allautore de Il Cavallo Rosso è stato dato di vivere un ulterio- re anello intorno al tempo degli uomini: fruttuoso, se osservato con gli occhi del cuore; sempre pprossimo allardua senten- za dei posteri, se si considera che persino in tempi tanto devastati l’editore Ares ha im- messo nel maremagnum editoriale una nuova edizione del libro d’esordio di Corti, quel diario di guerra intitolato I più non ritor- nano (Ares, Milano, 2013; pp. 336 €12,90) che pare uscito tutto armato e polito dalla pen- na dellautore (allora poco pche venten- ne) come Atena dalla testa di Zeus. Purtroppo però, da parte di istituzioni, enti, cultori e affini non è stato fatto il gra- to sforzo di sottolineare il trentennale dalla pubblicazione del romanzo maggiore, la tri- logia de Il Cavallo Rosso (magari con un con- vegno di studi o una raccolta di scritti cele- brativi): però a questa mancanza grave sem- bra che abbia voluto sopperire la realtà stes- sa delle cose, con la sua generosa supplenza. È successo che laddove non è arrivata la cri- tica o gli assessorati, si siano spesi i lettori. Ecco allora il perché di questa mini- antologia delle interpretazioni critiche che Il Covile, ISSN 2279–6924, è una pubblicazione non periodica e non commerciale, ai sensi della Legge sullEditoria n°62 del 2001. Direttore: Stefano Borselli. ☞Reda- zione: Francesco Borselli, Riccardo De Benedetti, Aude De Kerros, Pietro De Marco, Armando Ermini, Luciano Funari, Giuseppe Ghini, Ciro Lomonte, Roberto Man- fredini, Ettore Maria Mazzola, Alzek Misheff, Pietro Pagliardini, Almanacco romano, Gabriella Rouf, Nikos A. Salìngaros, Andrea G. Sciffo, Stefano Serani, Stefano Silvestri, Massimo Zaratin. ☞ © 2012 Stefano Borselli. Questa rivista è licenziata sotto Creative Commons. Attribuzione. Non commerciale. Non opere de- rivate 3.0 Italia License. ☞Email: il.covile@gmail.com. ☞Arretrati www.ilcovile.it ☞Font utilizzati: per la testata i Morris Roman di Dieter Steffmann e i Morris Orna- ment della HiH Retrofonts, per il testo i Fell Types realizzati daIgino Marini, www.iginomarini.com. ☞Software: impaginazione LibreOffice, immagini GIMP.

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BAANNOXIII N°781 18 DICEMBRE 2013

RIVISTA APERIODICA

DIRETTA DA

STEFANO BORSELLI dIl Covilef RISORSE CONVIVIALI

E VARIA UMANITÀ

ISSN2279–6924¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬Penetriamo nuovamente in epoche che non aspettano dal filosofo né una spiegazione né una trasformazione del mondo, ma la costruzione di rifugi contro l’inclemenza del tempo. Nicolás Gómez Dávila

ANDREA G. SCIFFO

EPISTOLARIO CORTIANOLettere dei lettori a un narratore «magistrale»

U

AUTUNNO digrada verso l’iniziodell’inverno, con un corteggio dinubifragi («mai visto prima, in

mille anni» si è detto con falso candore aproposito della devastazione in Sardegna)e con giornate d’oro, la cui dolcezza tra-scorre magnifica e indifferente a qualunqueindifferenza umana. Si può dire che questo2013 sia stato l’anno più lungo: altri aggetti-vi sarebbero inesatti, ingiusti, nel tentaredi esprimere tutto l’antico e il nuovo acca-duto sotto il sole degli ultimi dodici mesi.È come se il tempo avesse rallentato e acce-lerato nello stesso momento.

L’

Scrivo queste impressioni di stampo ago-stiniano mentre vado e vengo per i colli diBrianza, presso i quali vive il nonagenarioEugenio Corti. Ho avuto la fortuna di far-gli visita ripetutamente, durante l’anno incorso. E nel frattempo, all’autore de IlCavallo Rosso è stato dato di vivere un ulterio-re anello intorno al tempo degli uomini:fruttuoso, se osservato con gli occhi delcuore; sempre più prossimo all’ardua senten-za dei posteri, se si considera che persino intempi tanto devastati l’editore Ares ha im-messo nel maremagnum editoriale unanuova edizione del libro d’esordio di Corti,quel diario di guerra intitolato I più non ritor-nano (Ares, Milano, 2013; pp. 336 €12,90) che

pare uscito tutto armato e polito dalla pen-na dell’autore (allora poco più che venten-ne) come Atena dalla testa di Zeus.

Purtroppo però, da parte di istituzioni,enti, cultori e affini non è stato fatto il gra-to sforzo di sottolineare il trentennale dallapubblicazione del romanzo maggiore, la tri-logia de Il Cavallo Rosso (magari con un con-vegno di studi o una raccolta di scritti cele-brativi): però a questa mancanza grave sem-bra che abbia voluto sopperire la realtà stes-sa delle cose, con la sua generosa supplenza.È successo che laddove non è arrivata la cri-tica o gli assessorati, si siano spesi i lettori.

Ecco allora il perché di questa mini-antologia delle interpretazioni critiche che

Il Covile, ISSN 2279–6924, è una pubblicazione non periodica e non commerciale, ai sensi della Legge sull’Editoria n°62 del 2001. ☞Direttore: Stefano Borselli. ☞Reda-zione: Francesco Borselli, Riccardo De Benedetti, Aude De Kerros, Pietro De Marco, Armando Ermini, Luciano Funari, Giuseppe Ghini, Ciro Lomonte, Roberto Man-fredini, Ettore Maria Mazzola, Alzek Misheff, Pietro Pagliardini, Almanacco romano, Gabriella Rouf, Nikos A. Salìngaros, Andrea G. Sciffo, Stefano Serafini,Stefano Silvestri, Massimo Zaratin. ☞ © 2012 Stefano Borselli. Questa rivista è licenziata sotto Creative Commons. Attribuzione. Non commerciale. Non opere de-rivate 3.0 Italia License. ☞Email: [email protected]. ☞Arretrati www.ilcovile.it ☞Font utilizzati: per la testata i Morris Roman di Dieter Steffmann e i Morris Orna-ment della HiH Retrofonts, per il testo i Fell Types realizzati daIgino Marini, www.iginomarini.com. ☞Software: impaginazione LibreOffice, immagini GIMP.

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| ( 2 ) |fornisco qui sotto; le tre e-mail con cuiesordisco mi sono state date brevi manu dallaconsorte dell’autore besanese, e subitosono apparse emblematiche del momento, edell’esigenza di rendere pubblico un simileflusso. A Eugenio Corti i lettori scrivono datrent’anni, grati, confortati soprattutto,qualche volta perplessi o provocati: lettere,posta elettronica e timido desiderio di un in-contro personale. Il dialogo epistolare tra ilettori e un narratore «magistrale» (si notil’aggettivo usato da persone diverse, ovvia-mente ignare l’una dell’altra…) non si è an-cora concluso. Per questo riporto di seguitogli stralci che seguono.

14 settembre 2013ENTILISSIMO dott. Corti, immagino che riceverà molte lettere

di «ammiratori» e non mi aspetto che pos-sa dedicare più che uno sguardo alla mia,che non può che aggiungere poco a tutto ilbene che di lei si dice (certo, non da partedi tutti).

G

Cercherò quindi di essere il più possibilestringato, anche se la lettura dei suoi librimi porterebbe a divagazioni ben più prolis-se.In sintesi, sono tre le cose che vorrei dirle:1. ho 47 anni, di cui 15 passati come do-cente nei licei, soprattutto classici e soprat-tutto statali. Un’esperienza che mi rendeorgoglioso. Eppure, io sono un perfettofrutto della disinformazione del sistemamediatico e culturale che ci governa. Senon ci fosse stata una coppia di cari amici(uno dei quali è anch’egli figlio di un redu-ce dalla Russia) che al mio compleanno il20 aprile scorso mi hanno regalato Il ca-vallo rosso, io continuerei serenamente adignorare l’esistenza di Eugenio Corti, di

cui non ho MAI trovato nemmeno unariga di prosa nei libri di Ginnasio, di solitoaperti alla letteratura contemporanea (ma,appunto, solo a «certa» letteratura). Sco-perta tardiva, quindi, con ritardo forsenon tutto imputabile a mie colpe, ma certomi dispiace del tempo perduto.2. i complimenti, adesso, doverosi: partitoper leggere solo la prima parte (poi capiràperché) in un periodo di grande lavoro, homandato al diavolo pomeriggi per finire laprima e poi attaccare la seconda e termina-re la terza. Una settimana fa ho recuperatoanche I più non ritornano grazie alla tempe-stiva ristampa Ares e l’ho divorato in duegiorni. Non voglio spacciarmi per criticoletterario, voglio solo dirle che tra le millepagine degne di considerazione ho trovatoun capolavoro assoluto di sensibilità il per-sonaggio di Colomba, nell’ultima partedel romanzo e nella sua vicenda di amoremorto due volte prima di sbocciare, che leitratteggia in modo magistrale.3. ma c’è anche una nota personale: miopapà si chiamava Manlio, era tenente e poicapitano medico Bersagliere a Cerkovo,come lei, dove ha meritato una medaglia dibronzo (andava a recuperare i feriti nellaterra di nessuno, c’è scritto nel clangoredella prosa della motivazione) e si sfasciòun ginocchio. So poco di più, mio papà eradi quelli che della Russia non parlava mai,quel che so (medaglia compresa) l’ho sco-perto nei documenti militari che ho trova-to dopo la sua morte. Non nego che ho spe-rato di vederlo affiorare dalle sue pagine,ma magari lo ha conosciuto lo stesso, an-che se non ne parla.Sia come sia per mio padre, restano l’am-mirazione per la sua opera letteraria e losconcerto per la congiura del silenzio chea tratti la circonda. Ma per fortuna lei cre-de nell’esistenza di un Tribunale più alto,dove queste meschinerie non arrivano.Con ammirazionesuoErmanno Malaspina (Torino)

18 Dicembre 2013 Anno XIII

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| ( 3 ) |28 ottobre 2013

ARISSIMI Vanda ed Eugenio, stamattina ho ricevuto il pacco po-

stale che, molto generosamente e gentil-mente, mi avete inviato. Il contenuto, il li-bro I più non ritornano, è giunto in condi-zioni perfette ed io ho apprezzato immen-samente il vostro gesto. Grazie per averdato valore al volume con la dedica ma-noscritta.

C

Ho cinquant'anni ma non mi vergogno aconfidarvi che, mentre spacchettavo, nonho saputo trattenere le lacrime. Emozioneintensa quella che ho provato, stato d'ani-mo molto particolare di chi sente di diregrazie per un regalo ma anche un grazieper costituire esempi, modelli esistenziali ecomportamentali.È strano, oppure no, come un essere uma-no si possa sentire fratello di un suo similesenza mai averlo conosciuto di persona. Èstrano, oppure no, come un individuo pos-sa sentirsi parte di una grande famiglia. Ilmio grazie va, anche e soprattutto, a tutticoloro i quali «non ritornarono» ...Sono certo che la lettura di questo libro, inqualche modo, mi arricchirà, amplierà lemie conoscenze e i miei orizzonti.Accettate, cari Vanda ed Eugenio, un ab-braccio. Consentitemi di farlo con unaforma di vero amore universale. Indipen-dentemente dalle fedi o dai credi religiosi,mi permetto di ricordarvi nelle mie pre-ghiere serali. […]Ancora un immenso GRAZIE.A presto,Mario Dho (Chiusa di Pesio, Cuneo)

1 novembre 2013ARISSIMO sig. Corti, Ho appena concluso la lettura del

Cavallo Rosso. Volevo ringraziarla.CFacilmente mi sono immedesimato nellevicende di Manno, Michele, Ambrogio,Luca e Stefano, assaporandone qualità edifetti, gustandone gli atteggiamenti nei

confronti della realtà e verso gli altri chefacilmente ritrovavo anche in me; anzi,quanto più la loro vicenda mi aiutava a ri-leggere la mia, pur tanto diversa nelle cir-costanze che la caratterizzano, tanto piùmi sono appassionato al suo racconto.I libri veri cambiano la vita di chi li legge:il suo sicuramente è per me un grandespartiacque.Più volte mi sono sorpreso a ringraziareDio della grande grazia che mi ha dato inun momento non così semplice della miastoria, l’incontro con il suo testo. Ho riva-lutato tanti miei spunti e idee che non sape-vo se considerare sbagliati; ho riletto tanteesperienze nella luce di quella dei suoi per-sonaggi, soprattutto Manno e Michele, maanche Luca e Ambrogio, desiderando unasemplicità come la loro e chiedendo chetale certa limpidezza nei confronti dellavita avvenga anche in me attraverso la gra-zia della fede.Tante pagine mi hanno davvero scosso; difronte al sommo male (di cui lei presentaesempi in uno stile magistrale) o al beneche tutti gli uomini di buona volontà che siincontrano nel suo testo esprimono, la rin-grazio di aver posto in evidenza ed inmodo convincente innanzitutto la premi-nenza della Storia di Dio nella storiadell’uomo: come giustamente lei esprimeattraverso Michele infatti, tutta la storia èStoria sacra. Piano piano me ne sto renden-do conto anch’io.[…] Anche oggi siamo di fronte a un totali-tarismo del pensiero, più subdolo e nonmeno grave. Anche io sento l’urgenza delmomento, e ho sempre sognato di aiutarela Storia di Dio attraverso una vocazionedi scrittore; per ora essa si è realizzata soloin piccoli racconti e poco altro. Il suo li-bro ha ridestato in me una volta di piùquesto desiderio ardente e bruciante, cheavevo lasciato un po’ sul limitare perchésempre in altre faccende affaccendato: hoappena finito un dottorato in letteraturacristiana antica sulla concezione educativa

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| ( 4 ) |di San Gregorio di Nissa e insegno in unascuola media... Anche da questo passeràcertamente la bellezza di ciò a cui saròchiamato, benché ancora io — come Man-no? — non sappia definire ancora il«come»; grazie al suo racconto però ho ri-scoperto ancora una volta come il deside-rio di scrivere avrà larga parte nel cammi-no al mio compimento.[…] Grazie ancora per la grande fede e spe-ranza che i suoi testi comunicano, indispen-sabili oggi più che mai.Con stima e — se posso — affetto,Cordiali Saluti,Vincenzo PaganoBrugherio (MB)

Sono, queste, delle parole che in un cer-to senso si commentano da sé. Ma chediventano ancora più eloquenti se accostatead altri commenti di altri lettori, pervenutiin altro modo: li ho ottenuti navigando suisiti dove si vendono libri on-line. In calce aitesti cortiani, moltissimi rispondono all’invi-to di lasciare un commento o una recensio-ne, e così io li ho copiati e incollati, senzaglosse, rispettivamente traendoli dawww.ibs.it e da www.amazon.it.

lilimarlene (09 dicembre 2012)L libro di Eugenio Corti è un libro chesegna profondamente la persona che

lo legge,che non potrà mai scordare,comese lo avesse vissuto personalmente, il dram-ma della guerra. È come poter vedere coipropri occhi anche uno splendido affrescodella Brianza anni 40. Eugenio Corti è unuomo solido e forte e profondamente radi-cato in dei valori umani e cristiani,e li la-scia ai suoi lettori in dono attraverso la sua

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opera. È un libro come ormai pochi se neleggono,scritto per altro molto bene e chea livello qualitativo è nettamente superiorerispetto a ciò che ultimamente ci siamo abi-tuati a leggere.

fuori dal coro, ma veramente! 26 gennaio2011

A impressione trovare un libro diEugenio Corti (anzi, il Libro di Eu-

genio Corti) nella top 100 dei libri più ven-duti. e fa sperare che l'Italia sia meno pes-sima di quello che crediamo. Perché in unmondo intellettuale dove tutti scrivono lestesse cose, citandosi e prendendosi comeesempio a vicenda, premiandosi a vicenda,senza dire nulla, Eugenio Corti è una mo-sca bianca. scrive come nessuno in Italiama non partecipa al coretto monotonodell'intellighenzia. Il cavallo rosso è lungo,molto lungo, ma si beve tutto di un fiato epoi si è cambiati. In meglio.

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un capolavoro 10 settembre 2013URTROPPO questo romanzo non è co-nosciuto dal grande pubblico come

meriterebbe. Eugenio Corti traccia infattiun affresco che abbraccia quasi un trenten-nio della storia italiana, dall'esperienza dialcuni protagonisti sui vari fronti della se-conda guerra mondiale esterni ed interni(memorabile la narrazione dell'impresa di-sastrosa dell'ARMIR lungo il fronte delDon e la conseguente ritirata), ai fermenticostruttivi del secondo dopo guerra, con ledivisioni e differenze tra i sostenitori diuna svolta comunista della politica italianae dall'altro verso il fermento dei sostenito-ri della democrazia cristiana. Nonostantela storia sia complessa e gli intrecci nume-rosi, le pagine volano via e si rimane incol-lati alla lettura lungo tutte le oltre 900 pa-gine. CAPOLAVORO ASSOLUTO dellaletteratura italiana.

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| ( 5 ) |ottimo. 16 luglio 2013

UON testo, va letto però con sensocritico. l'autore si sofferma troppo

sugli aspetti a lui più cari forse, in parti-colare la società brianzola degli anni 20-60, con il risultato di essere a volte ripetiti-vo e prolisso, spesso noioso, in quelle partisi può saltare la lettura di alcune paginesenza perdere il filo del racconto, i perso-naggi sono spesso incolori. E poi mosso daun anticomunismo viscerale, ma palese,quindi onesto. come è palese il suo attacca-mento a una idea cattolica di società civile.

B

Fatta questa premessa, che mette in eviden-za gli aspetti negativi che ho riscontratoio, passiamo agli aspetti positivi. Le partinarranti la guerra sono di una intensità ra-ramente eguagliata, siamo a meta tra il ro-manzo e il diario storico, quando poi sitratta di campagna di Russia allora si rag-giungono momenti di drammaticità narra-tiva assoluti. L'autore ti fa sentire il fred-do, ti fa vedere il paesaggio, si sente la suapresenza diretta sui luoghi. Molti, direiquasi tutti i personaggi sono realmente esi-stiti, e citati in altri testi, probabilmenteCorti li ha sentiti di persona. Anche i fatticitati sono tutti reali, e la grandezza diquesto romanzo è che rende la realtà an-che nelle pagine, da leggere solo con ani-mo saldo. Per chi vuole conoscere la cam-pagna di Russia narrata da un protago-nista, assolutamente irrinunciabile.

Eugenio Corti giovane al fronte russo.

Di diverso taglio, infine, è il documentocon cui chiudo, per ora, questa mia corri-spondenza di inviato speciale nelle terre let-terarie briantee: si tratta di qualcosa di piùdi una recensione, anche perché si collocanel clima di strana attesa che precedette ilconvegno monzese, tenutosi il 15 novembredel 2010 su iniziativa degli Assessorati allaCultura delle Provincie di Monza-Brianza eLecco, e dunque connotato politicamente.Quel piovosissimo pomeriggio però fu im-portante nel bene e nel male per le relazionitenute da Vladimir Dimitrijevic e da FrancoBrevini. Dato che erano in preparazione lecelebrazioni per i novant’anni dello scritto-re, vi fu anche una iniziativa per proporne lacandidatura al Premio Nobel per la Lettera-tura, sostenuta da alcuni e nascostamente av-versata da altri. Non m’interessa entrare nelmerito. Importa invece leggere con atten-zione questo scritto di Diego Colombo,giornalista de Il Corriere della Sera, apparsosu www.arengario.net il 15 ottobre 2010 maattualissimo, se mi si passa il termine.

Diego Colombo, 15 ottobre 2010. MANICHEo, integralista e fortementeideologico. Insomma è un libro che

ha in sé pregi e difetti del Novecento. Ep-È

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| ( 6 ) |pure Il cavallo rosso di Eugenio Corti è ungran bel libro. Non solo per la ricostruzio-ne delle guerra e della ritirata di Russia,con la descrizione delle sofferenze immanipatite dai nostri soldati. E nemmeno per lacapacità magistrale di rendere al meglio igulag sovietici e l'ipocrisia del comu-nismo. Per questo, forse, bastavano Tolstoje Solženicyn. E allora? Dietro a quella fac-ciata di cattolicesimo preconciliare (cheporta l'autore a diffidare anche di Maritaine Mounier), io ci ho visto la Brianza dellamia giovinezza. Sì, perché più che la di-sputa ideologica, la forza del libro sta neisuoi personaggi, veri nel modo di essere, dipensare e di affrontare la vita, così comene ho conosciuti tra la fine degli anni Ses-santa e la metà dei Settanta.Il cavallo rosso è un grande affresco dellanostra terra, della sua cultura (non solo cat-tolica, forse, come vuole Corti) e del reali-smo con cui è solita affrontare l'esistenza.Sotto la visione di una moderna filosofiadella storia cattolica (spesso sembra che an-che il cristianesimo stia stretto a Corti), simuovono uomini e donne che hanno unavisione chiara della vita. Sanno cosa fare,conoscono il loro ruolo nel mondo, hanno— con una parola un po' datata oggi —una missione, sono gli eredi consapevoli diuna tradizione. Peccato che Corti veda que-sto — almeno in positivo — soltanto dallaparte dei cattolici. C'è anche negli altri,anche se non emerge abbastanza dal libro,

che resta comunque un capolavoro: dalladescrizione della morte di Stefano sulfronte russo, alla prigionia di Michele, alritorno a casa di Pierello, fino alla mortedi Alma, con quella descrizione inconce-pibile per la mentalità odierna dell'angelocustode che l'accompagna in paradiso, maper nulla stonata nell'intreccio escatologi-co e salvifico di Corti. Anzi, quando fa ilromanziere e si concentra sulla narrazione(la lingua) è più convincente di quando silascia affascinare dal discorso ideologico esociologico.Nel libro appare interessante — almenocosì mi sembra — anche l'accento cheCorti pone sul modo in cui vivono la fede itre personaggi principali del romanzo.Manno è l'entusiasmo di chi si sente per-vaso da Dio e sa di avere una missione dacompiere. La sua è una fede spontanea,senza mediazioni. Diversa è la fede di Mi-chele, in cui l'adesione al mistero ha unaforte connotazione razionale, quasi dialet-tica. Ma proprio per questo incapace didubbi e incertezze. E, poi, c'è Ambrogio,coi suoi tentennamenti, gli smarrimenti difronte ai momenti difficili ma anche con lasua capacità di riprendersi ogni volta.Ecco, Corti qui ammette la diversità, masoltanto all'interno di un quadro di fede.E, infine, c'è — quanto mai centrale — ilsenso di responsabilità dei suoi personaggi:doveri verso se stessi e verso gli altri, di-sponibilità alla sofferenza e al sacrificio.Corti si lamenta che tutto questo è andatoperduto. È così? Sì, Il cavallo rosso è il li-bro di un'epoca che non c'è più, come nonc'è più la Brianza già a partire dalla secon-da metà degli anni Settanta (la parte menobella del romanzo, sarà un caso?). Lo saanche il suo autore che al termine del libroriporta una frase di Eliot: «Ecco, ora svani-scono. I volti e i luoghi, con quella partedi noi che, come poteva, li amava. Per rin-novarsi, trasfigurati, in un'altra trama».E non vale neanche aggrapparsi alla reto-rica del lavoro per salvare quello che non

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Eugenio Corti con i suoi alpini.

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| ( 7 ) |c'è più. Anche perché, forse, sta proprio lìla disfatta del mondo di Corti. Venutomeno il sentimento umano e religioso chelegava quegli uomini, è rimasto soltanto illavoro. Guardarsi indietro non serve. Perrinnovarsi — ha ragione Eliot-Corti — bi-sogna trasfigurarsi in una nuova trama.Quale sia, io non lo so.

Ecco dunque un bell’esempio di criticaacuta e non sterile polemica. Colombo so-stiene tre giudizi, a mio parere, da sottoli-neare subito: primo, quando afferma del ro-manzo che «È manicheo, integralista e for-temente ideologico», dice le tre qualità ap-partenenti anche ad altre opere narrativeomologhe al romanzo cortiano: Alce Neroparla (1932) di John G. Neihardt, La saggezzanel sangue (1952) di Flannery O’ Connor e Ilsignore degli anelli (1954) di J.R.R. Tolkien.Ha colto nel segno.

Secondo, quando sostiene che la terzaparte della trilogia di Corti, quella intitola-ta «L’albero della vita», sia «la parte menobella del romanzo, (sarà un caso?)», Colom-bo riafferma una evidenza aristotelica e cioèche l’arte è rappresentazione dell’oggetto edunque il realismo impone un’arte «menobella» quando essa debba rappresentare unarealtà «meno bella» (eufemismo per gli anniCinquanta e Settanta, narrati nel testo inquestione).

Terzo, la conclusione a cui Colombogiunge, affermando che

Venuto meno il sentimento umano e reli-gioso che legava quegli uomini, è rimastosoltanto il lavoro.

è condivisibilissima, e arruola e lui e Cortinel manipolo dei William Morris, dei Pé-guy, del Bernanos contro le macchine, o deipiù recenti Del Noce e Quadrelli.

Ho finito, o così mi pare. Uno studio si-stematico dei carteggi di Eugenio Corti,magari sin dai tempi in cui, nel 1947, Bene-detto Croce ne elogiò l’opera prima, rivele-rebbe certo tesori preziosi: non sappiamotuttavia né quando né se ciò avverrà.

Restano le parole a testimoniare gli atti.Un esempio? Questo breve capoverso da Ipiù non ritornano

Nel cielo ormai quasi buio s’inseguivano lu-centi pallottole traccianti. In quel cieloc’era Dio: io stavo muto e grigio davanti aLui, nel gran freddo. Vicino a me c’eranola mia miseria e il mio voler continuare a es-sere uomo e capo di uomini, nonostante tut-to.

è una sintesi provvisoria della nostra comu-ne situazione, da scolpirsi a mo’ di epigrafesu pietra. Le parole e gli atti di questo mi-sterioso narratore fuoruscito dal secolo bre-ve vivono nello spazio aperto da quel «nono-stante tutto».

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18 Dicembre 2013 Anno XIIIWehrlos, doch in nichts vernichtet / Inerme, ma in niente annientato (Konrad Weiß Der christliche Epimetheus)

«Fine maggio 1940;avanzando lenti uno a fianco dell'altro

Ferrante e suo figlio Stefano falciavano il prato.Alle loro spalle il cavallino sauro attendeva attaccato

al carro; aveva consumata per intero la bracciata d'erbamessagli davanti da Stefano all'inizio del lavoro: con avidità

l'aveva mangiata, sollevando e squassando di continuo la testaper respingere il collare voluminoso che gli scivolava lungo il

collo. Adesso, senza muoversi d'un passo, protendeva la bocca percarpire le foglie del gelso nella cui ombra era stato lasciato: insieme

con le foglie strappava anche la scorza dei rami più teneri cheapparivano — dove le labbra erano giunte — spezzati

e bianchi come ossicine.»