LP. Io penso che la vita è una molto triste buffoneria, poiché abbiamo in noi, senza poter sapere...

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Io penso che la vita è una molto triste buffoneria, poiché abbiamo in noi, senza poter sapere né come né perché né da chi, la necessità di ingannare di continuo noi stessi con la spontanea creazione di una realtà (una per ciascuno e non mai la stessa per tutti) la quale di tratto in tratto si scopre vana e illusoria. Chi ha capito il giuoco, non riesce piú a ingannarsi; ma chi non riesce piú a ingannarsi non può piú prendere né gusto né piacere alla vita. Cosí è. La mia arte è piena di compassione amara per tutti quelli che si ingannano; ma questa compassione non può non essere seguíta dalla feroce irrisione del destino, che condanna l'uomo all'inganno. Questa, in succinto, la ragione dell'amarezza della mia arte, e anche della mia vita.

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Clima da seduta spiritica (G.Macchia)Ossessione del personaggio

Quand’ero matto (1902): l’autore come un albergo aperto a tutti

Lettera a Luigi Natoli (1904): al servizio dei personaggi, che lo assediano nello scrittojo (loro miseria)

Personaggi (1906): gabbati, disillusi, mezzi matti; Leandro Scoto, teosofo; le apparenze prendono le qualità del pensiero stesso, sfuggendo al controllo del loro creatore, godendo di vita propria, a seconda dell’intensità del pensiero che ne tiene insieme le parti; servetta Fantasia (cfr. Sei personaggi)

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Tragedia di un personaggio (1911): si apre come Personaggi, del 1904: il dottor Fileno è finito in un romanzo sbagliato, l’autore non ha compreso che storie ne avrebbe potuto ricavare (anticipa temi dei Sei personaggi)

Colloquii coi personaggi (1915): siccome siamo in guerra, le udienze sono sospese (colloquio con la madre)

Lettera a Stefano P. del 23 luglio 1917: annuncia il romanzo Sei personaggi ecc. – non sappiamo quando passa dal romanzo alla commedia.

Inverno ‘20-21: scrive la commedia, pubblicata nel 1921; 1923 (frequenti modifiche); 1925 (ediz. definitiva): novità – la Prefazione

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Il Padre – sulla cinquantinaLa figliastra – diciottenne bella e spavaldaLa Madre – donna matura velataIl Figlio – accigliato e chiuso in séIL Giovinetto – timido e spaesatoLa Bambina – quattro anni, vestita di bianco

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Chi sono ? Personaggi nati dalla fantasia dell’autore che li concepì, ma, poi, non seppe, o non volle, realizzarli. Vivi, senza vita.

Sono giunti in teatro per trovare un autore che dia loro vita compiuta. Lì, cominciano a esporre il dramma che ciascuno ha in sé e che desidera vivere sulla scena.

Ma l’incomprensione del Capocomico e degli attori impedisce di rendere la loro realtà. I personaggi, allora, tentano in ultimo di dar vita all’epilogo della loro vicenda, ma il rifiuto del Figlio ne impedisce lo sviluppo e l’azione precipita nel tragico finale: la Bambina annega nella vasca del giardino e il Giovinetto si spara, uccidendosi.

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Il dramma dei PersonaggiL’incomunicabilità della parola Il sesso come “miseria” della carne I fatti nei quali restiamo imprigionatiSentirsi “uno “e scoprirsi “tanti”“Illusione” della realtà, “realtà” dell’illusione

Il tormento della creazione artisticaSuperiorità del personaggio sulla persona

Il discorso sul teatroAttori volgari mestieranti Inutilità della criticaPalcoscenico come luogo di veritàPersonaggio “in rivolta” che si impone una nuova

visione del dramma

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Per i Sei personaggi, Pirandello si affida alla compagnia di Niccodemi, aperto alle novità contemporanee.

Eccezionale battage pubblicitario P. legge agli attori il testo: grande entusiasmo

Vera Vergani (la Figliastra) Luigi Cimara (il Figlio) Luigi Almirante (il Padre)Prima: 9 maggio al teatro ValleIncasso: 11.479 lireAlla fine del terzo atto, si scatena la bagarre: fischi, urla, scontri

sulla pubblica via; P. e la figlia Lietta escono dal retro del teatro.La critica non comprende la novità dell’opera, soprattutto la bravura

degli attori; il 13 maggio la commedia venne tolta dal cartellone.Milano: 27 settembre, Teatro Manzoni, grande successo; buona

accoglienza da parte della critica.Torino: 30 dicembre, teatro Carignano. Aspre critiche; solo Gobetti

coglie la bravura della Vergani e il nucleo ideale e artistico di P.

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E’ probabile che dopo l’insuccesso di Roma, nelle recite milanesi siano stati apportati dei tagli alla parte del Padre, soprattutto nel terzo atto, ritenuto causa della caduta della commedia al Valle (i tagli del ’23 sarebbero quindi stati apportati già nel ’21).