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Argomentazione e informazione (m) (6) 36 ore (II modulo di Argomentazione, informazione e semiotica multimediale) 2010/2011 prof. F.L. Marcolungo L’esame scritto consisterà in un certo numero di domande a risposta breve (e quindi non a scelta multipla), che richiederanno una sufficiente precisione di linguaggio. Prima dell’esame, lo studente dovrà effettuare e inviare via mail al docente una esercitazione scritta (vedi sotto). Programma con riferimento alle pagine del testo del corso (Boniolo- Vidali, Modelli per ragionare, Bruno Mondadori 2002): pp. 1-21 (a metà); 25-26; 30 (a metà)-36; 44-79 (in alto); 85 (a metà)-126; 143 (a metà)-147; 156-159. Come esercitazione scritta (max sei pagine in tutto; cartelle di 2500 battute), lo studente è tenuto a inviare via mail la presentazione di almeno due spot o prodotti multimediali accessibili sul web. Ogni presentazione di due/massimo tre pagine avrà le seguenti caratteristiche: all’inizio va messo l’indirizzo web del filmato che esaminate (youtube o altro). Poi va esaminata in dettaglio la struttura narrativa (argomentativa); vanno suddivise le scene (timeline), evidenziati i media utilizzati (parlato, musica, immagini, sequenze) mettendo in luce le diverse figure retoriche o argomentative utilizzate; occorre quindi dire in che senso le diverse strumentazioni e i diversi media concorrono al risultato. La presentazione va fatta in word senza riprodurre il filmato, che deve invece essere rintracciabile sul web; ma l’analisi fatta non

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Argomentazione e informazione (m) (6) 36 ore

(II modulo di Argomentazione, informazione e semiotica multimediale)2010/2011

prof. F.L. Marcolungo

L’esame scritto consisterà in un certo numero di domande a risposta breve (e quindi non a scelta multipla), che richiederanno una sufficiente precisione di linguaggio.Prima dell’esame, lo studente dovrà effettuare e inviare via mail al docente una esercitazione scritta (vedi sotto).

Programma con riferimento alle pagine del testo del corso (Boniolo-Vidali, Modelli per ragionare, Bruno Mondadori 2002):pp. 1-21 (a metà); 25-26; 30 (a metà)-36; 44-79 (in alto); 85 (a metà)-126; 143 (a metà)-147; 156-159.

Come esercitazione scritta (max sei pagine in tutto; cartelle di 2500 battute), lo studente è tenuto a inviare via mail la presentazione di almeno due spot o prodotti multimediali accessibili sul web.Ogni presentazione di due/massimo tre pagine avrà le seguenti caratteristiche:all’inizio va messo l’indirizzo web del filmato che esaminate (youtube o altro).Poi va esaminata in dettaglio la struttura narrativa (argomentativa); vanno suddivise le scene (timeline), evidenziati i media utilizzati (parlato, musica, immagini, sequenze) mettendo in luce le diverse figure retoriche o argomentative utilizzate; occorre quindi dire in che senso le diverse strumentazioni e i diversi media concorrono al risultato.La presentazione va fatta in word senza riprodurre il filmato, che deve invece essere rintracciabile sul web; ma l’analisi fatta non deve essere puramente astratta, ma fare riferimento al filmato e alla sua articolazione interna.

Avvertenza: gli appunti sono stati preparati nel corso delle lezioni e comprendono solo alcuni dei temi trattati.Termine: categorematico oppure sincategorematicoOgni proposizione è composta da termini: l’albero è verde: albero, verde sono termini che hanno senso in sé; è, oppure e, con, fra, di, sono termini che si capiscono solo con (in greco syn-) altri termini.Un termine di per sé non è né vero, né falso. Un enunciato invece può essere vero o falso.

Enunciati dichiarativi ed enunciati ipotetici: il sole si oscura, l’albero è verde, sono enunciati dichiarativi; se il sole si oscura, allora torno a casa, è un enunciato ipotetico (il primo dei due).Non sempre quello che si dice, lo si dice per affermare qualcosa; ma spesso, per indicare una eventualità.

enunciato-proposizione-giudizio: il primo è l’espressione linguistica: l’insieme di due termini; la proposizione è l’enunciato pensato nel suo significato, che rimane tale anche se espresso in lingue diverse; il giudizio è l’atto mentale di pensare la proposizione.Ci sono tre livelli: linguistico (enunciato), logico (proposizione), mentale (giudizio.

Gli enunciati possono essere singolari (Mario è biondo), universali (tutti gli studenti studiano), particolari o esistenziali (alcuni studenti studiano).

Il ragiomento è la sequenza di enunciati collegati tra loro: ci sono enunciati che fungono da premesse, altri che indicano le conclusioni, altri ancora che rappresentano il passaggio dalle premesse alla conclusione.

I termini possono essere sensati o no (tavolo può indicare qualcosa di cui conosciamo le caratteristiche), gli enunciati possono essere veri o falsi e quindi possono essere false o vere le premesse o le conclusioni, i passaggi delle inferenze possono essere validi o non validi, i ragionamenti possono essere giusti o sbagliati.Tutti i tedeschi sono asiatici (enunciato falso), James è tedesco (enunciato vero), James è asiatico (conclusione sbagliata o falsa, ma valida o corretta.C’è una sola regola che mi garantisce la verità della conclusione: che le premesse siano vere e che il ragionamento sia corretto.

A implica B, ma A, quindi B: implicazione materiale, o dimostrazione: un atleta deve saper correre, ma Mario è un atleta, quindi deve saper correre.Se la ricchezza dà la felicità, e Mario è ricco, allora è felice (il ragionamento è corretto, la premessa forse no).In Italia è stata introdotta la legge sul divorzio, e quindi sono aumentate le separazioni (il ragionamento si fonda su una premessa vera, ma trae una conseguenza discutibile).Se sono a Roma, sono nel Lazio; ma io sono nel Lazio, quindi sono a Roma (fallacia, perché posso essere nel Lazio, senza essere a Roma: fallacia dell’affermazione del conseguente).

Ci sono quindi dei ragionamenti dimostrativi (primo esempio), dei ragionamenti argomentativi (secondo esempio, ossia ragionamenti non necessari nelle conclusioni o con premesse probabili), dei ragionamenti fallaci (ossia che contengono errori nei passaggi).

Logica formale o fregeana da FREGE che per primo ha proposto il calcolo logico così come noi lo esprimiamo.Ogni enunciato può essere indicato con una lettera p, q, r, ...: ognuno di queste è una proposizione atomica (ossia, piove, c’è il sole, è verde), l’insieme di questi enunciati mi dà un enunciato complesso o composto.Gli enunciati composti sono legati tra loro da dei connettivi logici.Ogni enunciato nella logica formale può essere Vero o Falso, V o F: due valori di verità.

Il primo connettivo logico è la negazione, che viene indicata con meno (–) ():tavola di verità della negazione:p -pV FF V

Secondo connettivo: la congiunzione, indicata con una v rovesciata ()p qV V VV F F F F VF F F

ieri Ti ho portato i fiori e una torta

congiunzione ()perché si dia un risultato vero, occorre che siano soddisfatte entrambe le condizioni, sia A che B

A B (A B)

V V V V VV F V F FF V F F VF F F F F

disgiunzione ( Ú ) perché si dia un risultato vero, basta che sia soddisfatta anche una sola delle due condizioni, ossia A o B

P q (p Ú q)V V VV F VF V VF F F

qui si parla del valore logico del connettivo latino “vel”, di solito distinto dall’ “aut”

da premesse vere si ricava in modo corretto una conclusione vera; da premesse vere non si ricaverà mai in modo corretto una conclusione falsa; da premesse false (o vere solo in parte) si potranno ricavare in modo corretto conclusioni vere o false indifferentemente.IMPLICAZIONE MATERIALE“se... allora...”, rapporto causalep q (p q)V V VV F FF V VF F Vl’implicazione materiale equivale a dire che non si dà p senza q, non si può essere sportivi se non si hanno le Nike; se sei sportivo, avrai le Nike = non si dà uno sportivo che non abbia le Nike- (p -q) = p q - (p - q)V V F F VF V V V FV F F F VV F F V F

doppia implicazione () c’è un legame stretto tra p e q, tutti gli sportivi comperano Nike, e tutti coloro che comperano Nike sono sportivi

p q (p q)V V V V VV F V F FF V F F VF F F V F

equivale a dire che essere sportivi significa comperare Nike e comperare Nike significa essere sportiviP q (p q) (q p)V V V V V V V V VV F V F F F F V VF V F V V F V F FF F F V F V F V FContraddizione: p - p (sempre falsa)p -pV F FF F V Principio di non contraddizione:- (p – p)

è sempre vero, ossia è una tautologia, corrisponde a un’identità

la tautologia può essere indicata anche come la possibilità che si dia una cosa o l’altra indifferentemente:p v - pV V F VF V V Fprincipio del terzo escluso: p v – p

dal falso segue sia il vero che il falsodal vero segue il vero

Logica predicativaFunzione proposizionale:L’enunciato “Socrate è mortale” si può considerare come composto di due parti:l’argomento (x è Socrate) ela funzione (x è mortale): di x si predica che è mortale: fxLa funzione satura o completa l’argomento.

Quantificazione degli enunciati:quantificatore universale: quantificatore esistenziale:

Una funzione proposizionale può avere un predicato (predicati unari o monadici) oppure una relazione (predicati diadici, triadici, ecc.): Giovanni è fratello di Franco, Giuseppe e Carlo.

(x)fx enunciato quantificato universale: a tutti gli x spetta la funzione f: tutti gli x sono f

(x)fx enunciato quantificato esistenziale: a un x spetta la funzione f: esiste un x che possiede la funzione f

Quadrato semioticoDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.Vai a: navigazione, cercaIl quadrato semiotico

Il quadrato semiotico, noto anche come quadrilato semiotico, rettangolo di Greimas o rettangolo semantico, è un metodo di classificazione dei concetti pertinenti ad una data opposizione di concetti quali maschile-femminili, bello-brutto, ecc. e di classificazione dell'ontologia pertinente. È stato introdotto dal linguista e studioso di semiotica lituano Algirdas Julien Greimas, derivato dal quadrato logico di Aristotele. A partire da un'opposizione data di concetti S1 e

S2, il quadrato semiotico per prima cosa presuppone l'esistenza di altri due concetti, ossia ~S1 and ~S2, che stanno tra loro nelle seguenti relazioni:

* S1 e S2: sono contrari * S1 e ~S2, S2 e ~S1: sono contraddittori * ~S1 e ~S2: sono subcontrari (possono avere in comune delle zone intermedie) * S1 e ~S2, S2 e ~S1: complementarietà (sono legati da una relazione di implicazione)

Il quadrilatero semiotico introduce anche prodotti, i cosiddetti meta-concetti, che sono dei composti. Tra questi, i più importanti sono:

* S1 e S2 * né S1 né S2

Per esempio, dalla coppia di concetti opposti maschile e femminile, si può ottenere:

* S1: maschile * S2: femminile * ~S1: non maschile * ~S2: non femminile * S1 e S2: maschile e femminile, cioè ermafrodite, bisessuale * né S1 né S2: né maschile né femminile, asessuato

Alcune varianti alternative al quadrilatero semiotico sono state proposte in letteratura, come ad esempio il diagramma concettuale o la matrice concettuale.

Dal quadrato semiotico è possibile ricavare altre strutture: il "Quadrato di veridizione" usato soprattutto per descrivere la situazione dei personaggi e il "Quadrato di Floch" usato per classificare diversi tipi di pubblicità.[modifica] Bibliografia

Introduzione della negazione(x)fx

tutti sono europei

(x)fx non tutti sono

europei =esiste un non

europeo

(x)fxtutti sono non

europei = nessuno è europeo =

non esiste un europeo

(x)fxesiste un europeo

(x)fxnon esiste un

europeo = nessuno è europeo = tutti sono non europei

(x)fxesiste un non

europeo =non tutti sono

europei

Regola dello scambio dei quantificatori: applicato a un predicato equivale alla negazione del applicato alla negazione dello stesso predicato;

A univ. aff. E univ. neg.(x)fx

=(x)fx

(x)fx=

(x)fx

I partic. aff. O partic. neg.(x)fx

=(x)fx

(x)fx=

(x)fx

A e E sono contrari, I e O subcontrariA e O, E e I tra loro sono contraddittoriI e O sono subcontrariA e I subalterni, come E e O

Due contrari possono essere entrambi falsi, anche se non possono essere entrambi veri;due contraddittori sono invece senz’altro l’uno vero e l’altro falso.I subcontrari non si escludono a vicenda.

I quattro enunciati categorici aristotelici:A = enunciato universale affermativoE = enunciato universale negativoI = enunciato particolare affermativoO = enunciato particolare negativo

DISTRIBUZIONE : un termine è distribuito quando si prendono in considerazione tutti gli elementi dell’insieme a cui si riferisceENUNCIATO Soggetto Predicato

A“Tutti i greci sono europei”

Distribuito(si prendono in considerazione tutti i greci)

Non distribuito(ci sono europei che non sono greci)

E“Nessun greco è europeo”

Distribuito(si prendono in considerazione tutti i greci)

Distribuito(si escludono i greci da tutto l’insieme degli europei)

I“Qualche greco è europeo”

Non distribuito(si prendono in considerazione solo alcuni greci)

Non distribuito(ci sono europei che non sono greci)

O“Qualche greco non è europeo”

Non distribuito(si prendono in considerazione solo alcuni greci)

Distribuito(si escludono quei greci di cui parlo da tutto l’insieme degli europei)

QUADRATO LOGICO

Enunciati contraddittori:uno dei due è vero, l’altro falsoEsempi: A (“Tutti i greci sono europei”) e O (“qualche greco non è europeo”)

E (“Nessun greco è europeo”) e I (“qualche greco è europeo”)

Con riferimento al MTT, basta anche un solo caso contrario per contraddire, ossia per falsificare un enunciato universale affermativo o negativo.

inferenza materiale: se p, allora qMPP = modus ponendo ponensse si dà l’antecedente (p), allora si dà anche il conseguente (q): se piove, allora fa umidoFallacia dell’affermazione del conseguente: fa umido, e quindi piove; no, può far umido anche per altri motivi.

MTT = modus tollendo tollensse non si dà il conseguente, allora non si dà nemmeno l’antecedente: non fa umido, allora non pioveFallacia della negazione dell’antecedente: se non piove, allora non fa umido: potrebbe far umido per altri motivi.

Enunciati contrari:non possono essere entrambi veri, ma possono essere entrambi falsi

Esempi:A (“Tutti i greci sono europei”) e E (“Nessun greco è europeo”) Con riferimento alla possibilità che siano entrambi falsi, posso dire che non è sicuro che esistano dei greci.

Enunciati subcontrarinon possono essere entrambi falsi, ma possono essere entrambi veri

Esempi:I (“qualche greco è europeo”) e O (“qualche greco non è europeo”)Infatti qualche greco è o europeo o non europeo (principio del terzo escluso), ma può anche darsi che siano veri entrambi (prendiamo l’esempio: I “qualche greco è filosofo” e O “qualche greco non è filosofo”)

Enunciati subalterni:quelli che sono ricavati come caso particolare rispetto agli enunciati universali, e quindi sono entrambi veri o entrambi falsi

Esempi: I (“qualche greco è europeo”) deriva da A (“Tutti i greci sono europei”); se questo è vero, allora anche l’enunciato I è vero

O (“qualche greco non è europeo”) deriva da E (“Nessun greco è europeo” oppure “Tutti i greci non sono europei”); se questo è vero, allora anche l’enunciato O è vero

Una volta chiarito il quadrato logico e le relazioni tra enunciati contraddittori, contrari, subcontrari e subalterni, possiamo controllare come si trovano gli enunciati corrispondenti e a partire da enunciati veri o falsi, se siano senz’altro veri o falsi gli enunciati corrispondenti o se siano indeterminati, ossia non si possa sapere se sono veri o falsi.

A = V E = F I = V O = FSe A è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (O) è falso, così come il suo contrario (E), mentre il subalterno (I) è vero. Esempio: se “tutti i greci sono europei”, allora è falso che “qualche greco non sia europeo” così come che “tutti i greci non sono europei”, mentre è vero che “qualche greco è europeo”.

E = V A = F I = F O = VSe E è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (I) è falso, così come il suo contrario (A), mentre il subalterno (O) è vero. Esempio: se “nessun greco è europeo”, allora è falso che “qualche greco sia europeo” così come che “tutti i greci sono europei”, mentre è vero che “qualche greco non è europeo”.

I = V A indt E = F O indtSe I è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (E) è falso, mentre il suo subcontrario (O) e quello di cui è subalterno (A) è indeterminato. Esempio: se “qualche greco è europeo”, allora è falso che “nessun greco sia europeo”, mentre è indeterminato che “qualche greco non sia europeo” e che “tutti i greci siano europei”.

Altro esempio: se “qualche italiano è imbroglione”, allora è falso che “nessun italiano sia imbroglione”, mentre è indeterminato se “qualche italiano non sia imbroglione” oppure se “tutti gli italiani siano imbroglioni”.

O = V A = F E indt I indtSe O è vero, allora senz’altro il suo contraddittorio (A) è falso, mentre il suo subcontrario (I) e quello di cui è subalterno (E) è indeterminato. Esempio: se “qualche greco non è europeo”, allora è falso che “tutti i greci siano europei”, mentre è indeterminato che “qualche greco sia europeo” e che “nessun greco sia europeo”.Altro esempio: se “qualche italiano non è imbroglione”, allora è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”, mentre è indeterminato se “qualche italiano sia imbroglione” oppure se “nessun italiano sia imbroglione”.

In modo analogo avviene con gli enunciati falsi.

A = F E indt I indt O = VSe A è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (O) è vero, mentre il suo contrario (E) e il subalterno (I) è indeterminato. Esempio: se è falso che “tutti i greci siano europei”, allora è vero che “qualche greco non è europeo”, mentre è indeterminato che “nessun greco sia europeo” e che “qualche greco sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”, allora è vero che “qualche italiano non è imbroglione”, mentre è indeterminato che “nessun italiano sia imbroglione” e che “qualche italiano sia imbroglione”.

E = F A indt I = V O indtSe E è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (I) è vero, mentre il suo contrario (A) e il subalterno (O) è indeterminato. Esempio: se è falso che “nessun greco sia europeo”, allora è vero che “qualche greco è europeo”, mentre è indeterminato che “tutti i greci siano europei” e che “qualche greco non sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “nessun italiano sia imbroglione”, allora è vero che “qualche italiano è imbroglione”, mentre è indeterminato che “tutti gli italiani siano imbroglioni” e che “qualche italiano non sia imbroglione”.

I = F A = F E = V O = VSe I è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (E) è vero, così come il suo subcontrario (O), mentre l’enunciato di cui è subalterno (A) è falso. Esempio: se è falso che “qualche greco sia europeo”, allora è vero che “nessun greco sia europeo” così come che “qualche greco non è europeo”, mentre è falso che “tutti i greci siano europei”.Altro esempio: se è falso che “qualche italiano sia imbroglione”, allora è vero che “tutti gli italiani non sono imbroglioni” e che “qualche italiano non è imbroglione”, mentre è falso che “tutti gli italiani siano imbroglioni”.

O = F A = V E = F I = VSe O è falso, allora senz’altro il suo contraddittorio (A) è vero, così come il suo subcontrario (I), mentre l’enunciato di cui è subalterno (E) è falso. Esempio: se è falso che “qualche greco non sia europeo”, allora è vero che “tutti i greci siano europei” così come che “qualche greco è europeo”, mentre è falso che “nessun greco sia europeo”.Altro esempio: se è falso che “qualche italiano non sia imbroglione”, allora è vero che “tutti gli italiani sono imbroglioni” e che “qualche italiano è imbroglione”, mentre è falso che “nessun italiano sia imbroglione”.

FIGURE DEL SILLOGISMOsillogismo vuol dire “insieme (syn) di loghismòi”, o di “lògoi”: ossia un insieme di proposizioni o asserti: di solito si distingue l’asserto come proposizione in senso materiale, studiata dal punto di vista grammaticale o sintattico; la proposizione nel suo significato è studiata sia dalla sintassi e quindi dalla logica, sia dalla semantica (scienza dei segni, delle parole, studia che cosa significano dal punto di vista del significato (lingua) e del referente o denotazione empirica).

Il sillogismo è l’insieme di almeno tre proposizioni, delle quali due sono le premesse, e la terza è la conclusione. Tutti gli uomini sono mortali (premessa maggiore), Socrate è uomo (premessa minore), Socrate è mortale (conclusione). Il segreto del sillogismo è che nelle due premesse vi sia un termine che le collega (termine medio, uomo), il quale deve essere assunto nello stesso significato (Nel cielo c’è la costellazione del cane, i cani abbaiano, nel cielo qualcuno abbaia: sillogismo errato perché il termine medio ha due significati diversi).In logica bisogna distinguere tra verità delle premesse e della conclusione e correttezza dei ragionamenti. C’è un’unica regola che mi può assicurare che la conclusione sia vera: occorre che le premesse siano vere entrambe e che il ragionamento sia corretto.Esempio di premesse vere e di ragionamento scorretto: un professore chiede: ieri pioveva e avevo l’ombrello, oggi c’è il sole e non ho l’ombrello, quanti anni ho? Uno studente risponde: Lei ha quarant’anni, perché io ho un fratello che è mezzo matto, e ha vent’anni, quindi ... Lei che è matto del tutto, avrà quarant’anni.Da premesse false, o da premesse una vera e una falsa, si ricava in modo corretto sia una conclusione vera che una conclusione falsa.Io sono certo solo che da premesse vere con un ragionamento corretto ricavo conclusioni vere.

Il sillogismo della forma classica può essere espresso nella formula di implicazione materiale: se..., allora...:P Q, P = QP Q = Q P : Vero quando sia P che Q sono veri

P v Q = Q v P : Vero quando almeno uno dei due è veroP Q = se e solo se P, allora Q : condizione necessaria e sufficiente.

Spesso accade che una condizione necessaria venga scambiata come sufficiente, o comunque che un’implicazione materiale venga scambiata come necessaria e reciproca.

FIGURE del sillogismoattenzione: il soggetto della conclusione va ricavato dalla premessa minore

I figura t.medio sogg. p. maggiore e pred. p. minoreTutti gli uomini sono mortali, Socrate è uomo; Socrate è mortale

II figura t. medio pred. mag. e min.Nessun cane è un felino; Tutti i gatti sono felini; nessun gatto è un cane

III figura t. medio sogg. mag. e min.Qualche animale è feroce; tutti gli animali sono esseri viventi; qualche essere vivente è feroce

IV figura t. medio pred. magg. e sogg. minore: Qualche europeo è cristiano, tutti i cristiani credono in Dio, qualche credente in Dio è europeo

Regole di validità dei sillogismi:1) devono esserci solo tre termini;2) i termini maggiore e minore devono essere distribuiti in modo uguale nelle premesse;3) il termine medio non deve essere presente nella conclusione e 4) deve essere distribuito in almeno una delle due premesse;5) da due premesse negative non segue alcuna conclusione; 6) da due premesse affermative segue una conclusione affermativa;7) da due premesse particolari non segue alcuna conclusione; 8) la conclusione segue sempre la parte più limitativa, peggiorativa, delle premesse.

sillogismi indeboliti:invece che l’universale affermativa o negativa, si conclude con la particolare subalterna

Tutti i pesci vivono nell’acqua;tutte le trote sono pesci;quindi tutte le trote (indebolito: qualche trota) vivono nell’acqua

Gli enunciati singolari non sono enunciati particolari, ma dal punto di vista logico-aristotelico possono essere considerati come universali: Socrate è uomo; nella logica di Frege: tutti coloro (argomento) che hanno la proprietà (funzione)

di essere Socrate sono anche uomini (funzione) x (fS fU) (esiste qualcuno che assolve alla funzione Socrate e insieme a quella di essere uomo)

IIa figura:qualche australiano sa l’italianoqualche inglese sa l’italiano

IIIa figura:Socrate è filosofoSocrate è calvoQualche calvo è filosofo

Sillogismo disgiuntivo: A Ú Bqui abbiamo l’aut aut: o questo o quello non indifferentemente, ma alternativamente:quest’oggi o ho guadagnato o ci ho perso; non ho guadagnato, quindi ci ho perso

sillogismo ipotetico puro: Se Callia è calvo, allora Callia non usa il pettine; Se Callia non usa il pettine allora non lo compra; Se Callia è calvo allora non compra il pettine.

sillogismo ipotetico misto: una delle due premesse è un’affermazione (o negazione), ossia non è ipotetica:Se Callia è calvo, allora Callia non usa il pettine; ma Callia è calvo, quindi non usa il pettine (modus ponendo ponens MPP)

Se Callia è calvo, allora non usa il pettine; ma Callia usa il pettine, e allora vuol dire che non è calvo (modus tollendo tollens MTT)

Entimema: dal greco enthys, dentro: il discorso tiene nascoste alcune cose: o la premessa maggiore, o la minore, o anche la conclusione: dal punto di vista retorico l’entimema è all’ordine del giorno.Callia è buono, quindi va amato: si nasconde o si dà per scontato che le persone buone vadano amate; manca la maggioreTutti i greci sono liberi, quindi tutti gli ateniesi sono liberi (manca la minore: tutti gli ateniesi sono greci)Nessun governatore onesto si lascia corrompere; ma c’è qualcuno al governo che si è lasciato corrompere (manca la conclusione: qualcuno al governo non è onesto)

Sillogismo congiuntivo: Tutti gli ateniesi sono greci, Callia e Cleone sono ateniesi, quindi Callia e Cleone sono greci: potevo fare due sillogismi distinti.

polisillogismo: una catena di sillogismi, in cui la conclusione del primo diventa premessa maggiore del successivo;

posso abbreviarlo e allora avrò un SORITE, ossia una catena di sillogismi e di entimemi, dove non vengono ovviamente esplicitati tutti i passaggi.

nota notae est nota rei ipsiusla nota della nota è nota della cosa stessa: Socrate è filosofo, ma un filosofo ragiona, Socrate ragiona

p q,p,q MPP

p q,-q,-p MTT

[(p q) p] q MPP[(p q) - q] - p MTT

RAA riduzione all’assurdo: dimostrazione indiretta: parto dal contrario di quello che voglio dimostrare e ricavo delle conseguenze contraddittorie e quindi dimostro per assurdo che la proposizione contraria non è vera:due rette parallele ad una retta, sono parallele tra loro; supponiamo che non lo siano, allora si incontreranno in un punto; ma così ci saranno due parallele ad una retta che passano per un punto solo, e questo va contro il V postulato: per un punto esterno ad una retta data, passa una e una sola parallela.Su che fa forza la RAA? anzitutto sul principio di non contraddizione: parto dall’ipotesi contraddittoria rispetto a quella che voglio dimostrare; poi sul principio del terzo escluso: elimata una, resta l’altra ipotesi; non ce n’è una terza.

LOGICA MODALEcapitolo 5

Il valore della copula, ossia del verbo essere o di qualsiasi altro connettivo, fa sì che il valore dell’enunciato cambi:un conto dire: è morto (di fatto), forse è morto (dubitativo), potrebbe esser morto (possibilità), oppure: da quel che è successo, doveva per forza morire (necessità di fatto, non una necessità logica)

implicazione stretta, ossia quella in cui il rapporto tra antecedente e conseguente è necessario, si adopera il segno :p qper indicare la possibilità si adopera il segno : pper indicare la necessità il segno

oppure: - – p (p q) = - (p - q) p = - – p

Necessario p = - – p

Impossibile – p = - p

Possibile– – p = p

Contingente– p = – p

Necessario e contingente sono contraddittori; così come possibile e impossibile.

necessità di fatto: non si può cambiare quello che è accaduto, anche se quello che è accaduto è contingente, ossia poteva essere diverso;necessità di un’argomentazione:necessità logica

possibile: logicamente, ossia non contraddittorio; di fatto, ossia se ci sono le condizioni per raggiungere il risultato.

contingente: è possibile che sia così e anche altrimenti; p - p

sensu composito e sensu diviso:è possibile che Socrate sia in piedi oppure sia seduto: qui io prendo le due affermazioni insieme con la disgiuntiva, e il discorso è vero. Naturalmente, quando invece che “oppure” dico: “e” sia seduto; detto così il discorso è falso: perché sarebbe come dire: “è possibile che Socrate sia insieme in piedi e seduto” (in sensu composito); mentre dovrei dirlo in modo diviso: è possibile che Socrate sia in piedi e è possibile che Socrate sia seduto, oppure Socrate è in piedi ed insieme è possibile che sia seduto. (x)(fx - fx): errato: in sensu composito(x)(fx (- fx)): giusto: in sensu diviso(x)( fx (- fx)): giusto, ma c’è qualcuno che può essere seduto e può essere in piedi

Capitolo 6 Logica, dialettica e retorica

Finora abbiamo chiarito la logica dimostrativa; adesso dobbiamo passare all’aspetto argomentativo: qui abbiamo una razionalità aperta, ossia una razionalità che parte da premesse non evidenti e segue passaggi non sempre corretti. Il risultato è alla fine opinabile, ossia soggetto a discussione.

La dimostrazione si serve di un ragionamento apodittico (ossia che parte da premesse e se le premesse vere e la deduzione è corretta, allora la conclusione è vera); l’argomentazione si serve di un ragionamento anapodittico (non ha premesse evidenti o necessariamente vere e si serve di passaggi non sempre rigorosi).

Anche la dimostrazione però deve partire da dei princìpi che non possono essere a loro volta dimostrati da altri princìpi. I primi princìpi non possono essere dimostrati, ma devono essere difesi per via di argomentazione, oppure per via di confutazione. Aristotele difende il principio di non contraddizione mediante un procedimento che in greco si dice elenchos (confutazione): l’elenchos procede traendo le conseguenze dall’affermazione opposta a quella che si intende difendere (o dimostrare in senso generale).La difesa consiste nel chiedere all’avversario di dire qualcosa; se dice qualcosa di determinato, già riconosce il principio, ossia che le sue parole hanno un determinato significato e non il suo contrario. Anche chi nega il principio, è così costretto a riconoscerlo.In modo analogo si può dire che l’argomentazione occupa uno spazio più vasto e in un certo senso più importante della dimostrazione in senso tecnico: anche la dimostrazione deve fondarsi alla fine su una argomentazione.

Dialettica e retorica in AristoteleTutti noi conosciamo quello che A. dice negli Analitici (primi e secondi, che trattano della dimostrazione), ma forse si dimentica che Aristotele ha scritto nelle sue opere logiche (Organon) anche di argomentazione (Topici, Confutazioni sofistiche, De interpretatione).Topici indica i luoghi (topos), ossia quei punti di partenza e quelle figure retoriche che sono presenti nell’argomentazione.Questi luoghi in latino vengono detti loci communes, luoghi comuni, in greco éndoxa, che vuol dire opinioni (doxai) innate (en-): i luoghi comuni fanno parte di quel patrimonio di ovvietà, dalle quali partiamo nelle nostre argomentazioni.

Oltre alla dimostrazione (sillogismo) c’è spazio in A. anche per la dialettica: per A. la dialettica è l’arte dell’a. e parte da premesse probabili e si serve poi dei canoni della dimostrazione, ma il risultato sarà appunto probabile, o meglio avrà il valore delle premesse.La dialettica impone delle regole alla discussione, ma non può trasformare le premesse probabili in premesse necessarie. Naturalmente in ogni discussione ci sono dei punti di partenza, delle ovvietà che sono date per scontate: pensiamo al linguaggio della pubblicità, dove si dà per scontato che giovane = magro = bello = atletico.Anche la dialettica ha un valore epistemologico, ossia di criterio per impostare un discorso scientifico. Ogni ricerca parte da dei presupposti, che alle volte sono di dominio comune e cerca di operare in modo controfattuale, ossia di non dare per scontato quello che di solito si dice. Eppure non c’è ricerca che possa fare a meno di presupposti, o di opinioni condivise dalla comunità scientifica.

Platone aveva usato per primo il termine dialettica, l’arte del dialogo, come procedimento che aiuta a risalire dalla sensazione all’opinione, dall’opinione alla ragione o intelligenza discorsiva (diànoia), da questa al nous (intelligenza o contemplazione delle Idee).Ovvio che la dialettica, comunque, non è scienza nel senso aristotelico del termine, ossia dimostrazione che ricava in modo rigoroso le conclusioni a partire da princìpi evidenti (o assiomi).

Oltre alla dialettica per A. e P. è importante la retorica: anche la retorica è una forma di sapere anapodittico, non rigoroso. Per P. è oggetto di attacchi, perché i retori sono appunto i sofisti.Retore di per sé ha un significato neutro: è colui che parla in pubblico: in latino reor vuol dire parlare ma anche giudicare: ratum è ciò che è stato detto o definito da una sentenza.L’esempio del retore è Gorgia, al quale P. dedica un dialogo: l’utilità della retorica sta nel persuadere, ossia nel convincere il pubblico, l’uditorio, la giuria, ecc. Si convincono gli altri attraverso delle argomentazioni, che cercano allora il consenso, non la verità.A. sottolinea che di per sé persuadere non è sinonimo di falsità: si può persuadere per il vero, così come per il falso, e quindi avremo una buona retorica e una cattiva retorica.Ci sono argomenti per i quali non esistono dimostrazioni rigorose, ma che devono essere trattati in via argomentativa, probabile, ecc.: pensiamo alla giurisprudenza, alle decisione politiche, ecc.

Anche la retorica si serve però del principio di non contraddizione, deve presentare dei discorsi che siano persuasivi e quindi applica a argomenti sui quali non c’è certezza dimostrativa le stesse regole della dimostrazione.

Le nuove teorie dell’argomentazione: Perelman: Il trattato dell’argomentazione. La nuova retorica (1958). Toulmin: Gli usi dell’argomentazione (1958).Toulmin: l’arg. è importante anche dal punto di vista scientifico, perché dobbiamo ragionare anche su argomenti non rigorosi e spesso le prove scientifiche sono anticipate da ipotesi e da congetture. Nella logica della scoperta scientifica valgono le argomentazioni, più che le dimostrazioni, che invece hanno un peso notevole nella logica della scienza nella sua veste ufficiale. I trattati partono da premesse scontate e da scoperte, che sono state fatte senza avere manuali a disposizione.

Per questo Toulmin distingue tra argom. analitiche e argom. sostanziali. L’argom. analitica è una dimostrazione esposta in modo formale, in cui tutti i passaggi sono evidenziati, il ragionamento è corretto e consequenziale, ecc.L’argom. sostanziale presuppone invece molte cose, va dritta all’argomento, al problema, suggerisce ipotesi, esplicita intuizioni, è qualcosa di complesso, che non permette di vedere tutti gli aspetti del problema.L’argom. analitica ha dalla sua la semplicità: come in matematica, i passaggi devono essere rigorosi, non uno di più, devono servire alla conclusione;

nell’argom. sostanziale c’è molto di più, c’è una zavorra, che può rendere pesante, ecc. un discorso, ma forse riesce a renderlo persuasivo.Anche nella scienza, ma soprattutto nella comunicazione a livello comune, sono decisive le argom. sostanziali; mentre la semplicità delle argom. analitiche rischia di essere una semplificazione: ossia una riduzione indebita di aspetti che avrebbero dovuto essere tenuti presenti.

Perelman: è più importante il verosimile e il probabile che non il vero. Già A. diceva che alle volte il vero è inverosimile. Per persuadere un pubblico non devo introdurre discorsi veri ma poco plausibili, devo piuttosto servirmi di argomentazioni che dando per scontato quello che il pubblico ritiene di dominio comune, partano dal verosimile e dal probabile.L’argom. cerca di indurre l’uditorio a determinate azioni: prevale quindi la funzione pragmatica del linguaggio, ossia un linguaggio che mira al fare, che invita a un comportamento, che è esso stesso un fare più che un dire.Perelman critica in questo Cartesio: da ciò che è chiaro e distinto (evidente) si deve passare a ciò che è verosimile e probabile.La dimensione pragmatica implica inoltre che quello che dico sia sempre legato all’uditorio al quale mi rivolgo. Ossia il target (obiettivo) al quale mi rivolgo. Se voglio che la mia comunicazione sia efficace devo tener conto dell’aspetto pragmatico del mio discorso.

Capitolo 7 Gli argomenti

7.1 Gli argomenti deduttivi

La classificazione degli argomenti tiene anzitutto conto della differenza tra dimostrazioni e argomentazioni: ci sono argomentazioni che si servono della deduzione al pari delle dimostrazioni, ma partendo da premesse discutibili o comunque non evidenti, portano a conclusioni altrettanto discutibili o passibili comunque di riesame.Questo accade negli argomenti deduttivi, dove il carattere argomentativo nasce dalla natura delle premesse di partenza.

Argomenti pseudo-deduttivi: hanno l’apparenza di essere deduttivi, ossia di avere una rigorosa forma logica, mentre invece non è così.

Pseudo-identità Una definizione presuppone tutto un contesto e quindi può far sembrare identici i discorsi, mentre non lo sono: uomo non comprende tutti gli esseri razionali:

uno potrebbe dire: ci sono anche uomini non del tutto razionali, oppure ci sono segni di razionalità anche negli animali. La razionalità è condizione sufficiente ma non necessaria per dire che qualcuno è uomo: è uomo anche il matto o il bambino.Si parte sempre nelle discussioni da definizioni, che servono per carpire il consenso: possono essere naturalmente anche tacite: l’identità rischia di funzionare in modo implicito.Identità perfetta è solo quella delle tautologie: quelli che non sono sposati sono scapoli.

Incompatibilità Un’argomentazione opposta che fa leva sul sillogismo disgiuntivo: o questo, o quello, non c’è via di mezzo. Nella realtà ci sono infinite gradazioni: tu o sei coraggioso, o sei codardo; forse è vero che in certe circostanze posso essere coraggioso, in altre codardo, oppure che ci sia una via di mezzo.L’errore è quello di generalizzare, di non ammettere eccezioni, ecc.Di solito cerco il consenso sulla denuncia di qualcosa di negativo, e poi, sulla base dell’incompatibilità tra due posizioni, chiedo che uno accetti la posizione opposta.

Pseudo-contraddizione Quando io individuo un elemento che potrebbe essere in contrasto con quello che uno afferma, senza però esserlo davvero.Per esempio, posso mettere a confronto delle affermazioni estrapolandole dal contesto: non posso pensare che uno sia in contraddizione solo perché prendo due frasi e le metto insieme: bisogna vedere quando e perché uno ha detto qualcosa.

Ritorsione Tu dici una cosa, ma poi concludi in un altro modo: io ti faccio vedere che sulla base di quello che dici, dovresti concludere diversamente, perché tu stesso vai contro quello che avevi detto prima: ritorco contro l’altro quello che lui stesso dice.Quando dobbiamo convincere, ci appigliamo a tutto e cerchiamo di far valere quello che uno aveva detto.

Dilemma Di fronte a un problema, avrò due possibili soluzioni; comunque io le prenda, troverò la soluzione a me più favorevole. Il dilemma può essere risolto introducendo delle distinzioni: il patto tra Protagora e il suo allievo riguardava l’aver vinto una causa: quella che Protagora adesso intenta al suo allievo è una causa diversa dalla prima causa: e quindi di per sé se Euatlo non ha mai vinto una causa, e questa è la prima, allora ci troveremmo in una contraddizione: la vince o la perde? in realtà il patto riguardava l’aver vinto una causa, ossia una causa distinta da questa.Il dilemma va sciolto, ossia occorre vedere se effettivamente sta insieme.

Supponiamo che Euatlo abbia vinto in precedenza, allora Protagora ha ragione nel pretendere di essere pagato, ma ha torto per la motivazione che adesso propone: mi deve pagare per questa causa; anche Euatlo ha torto perché anche lui pretende di non pagare sulla base di questa causa, e non del fatto che prima ne ha vinto un’altra.

Autofagia Vietato vietare, bisogna essere spontanei, sono costretto ad essere libero, tutte espressioni che si contraddicono almeno se prese in senso letterale. Occorre distinguere tra linguaggio e metalinguaggio.

Pseudotransitività A implica B, B implica C, ecc.: se A > B, e B > C, anche A > C:non si può dare per scontato il discorso al di fuori dell’ambito matematico: ‘gli amici degli amici sono miei amici’, non è detto che sia così, perché non c’è una transitività nel rapporto di amicizia. Nei ragionamenti non c’è un legame seriale di rapporto tra i singoli momenti del discorso.

Tutto e parte Dal punto di vista deduttivo, dal tutto si passa alla parte; in modo corrispondente, dal punto di vista induttivo, si opera viceversa.Passando dal tutto alla parte, bisogna vedere se la parte è ricompresa pienamente nel tutto, o se per caso deborda rispetto al tutto: l’uomo è parte della natura, ma non totalmente parte della natura, perché va oltre la natura.Non è detto che quello che si fa verso una parte, equivalga a farlo per il tutto. Io posso essere generoso verso qualcuno, ma non verso tutti, e quello che è giusto verso qualcuno, può non esserlo verso tutti.

Ad humanitatem Il mio discorso si rivolge ad un consenso universale: tutti tendono ad essere felici, e quindi anche tu, ecc. Di per sé ogni generalizzazione va giustificata: ossia un’affermazione generale non comprende di per sé che anche i singoli rientrino in quell’affermazione: occorre controllarlo.

Compensazione Un’argomentazione che cerca di far leva sul fatto che “un colpo al cerchio, e un colpo alla botte”, ossia azioni che sembrano contrarie in realtà si compensano: per raggiungere un equilibrio, devo ammettere qualcosa che solo in apparenza è il contrario.

7.3 Gli argomenti a priori

EssenzaUn’argomentazione che fa leva su alcuni dati che sono conosciuti ad entrambi gli interlocutori; e quindi se c’è una costante, ossia un’essenza delle cose che

rimane uguale anche se le situazioni cambiano, posso argomentare che anche adesso mi trovo di fronte alla stessa situazione.

Il termine essenza, natura, carattere ecc. è un termine positivo: ossia indica una norma, un modello al quale posso poi riferire i casi che sto esaminando. Introducendo questi termini, io accuso gli altri di essere fuori della norma, oppure di rientrare nella norma anche se non lo vogliono.

Uso indica quello che è conforme alla natura di qualcosa: la forza fisica può servire al bene come al male: se incidentalmente qualcuno stringendo una mano la stritola, non è necessario che uno si tagli la mano per evitare il pericolo.L’abuso non toglie l’uso: se qualcuno esagera, non per questo devo elimanare la possibilità stessa dell’errore.

DirezioneIl problema del senso ossia del verso delle cose, ossia la direzione verso cui andiamo. Dietro c’è il presupposto che come sono andate le cose ieri, così andranno domani; che siamo sempre su una strada che non sappiamo dove andrà a finire e tuttavia conosciamo per averla percorso fino ad ora. E’ l’idea del finalismo: un fine nelle cose e nei nostri comportamenti.Simile a questo argomento è l’antico adagio latino: principiis obsta, resisti agli inizi di una cosa, perché quando finalmente penserai di porvi rimedio, sarà troppo tardi.

PropagazioneUna pianta cattiva, se non viene estirpata, rischia di invadere tutto il giardino; c’è una consequenzialità che va al di là delle nostre intenzioni: occorre saper prevedere il futuro. Max Weber diceva che il politico deve essere lungimirante.

SuperamentoLe situazioni andranno pure avanti secondo quella direzione, quella brutta piega che hanno preso, però alla fine si accorgeranno e gli eccessi di oggi potranno servire per il domani.

Regola di giustiziaAnche i comportamenti più difformi devono rispettare almeno alcune regole, e alla fine ci deve essere equanimità, ossia devo anch’io rispettare certe regole anche se vorrei fare il contrario.Le eccezioni di per sé ci sono sempre, ed è anche giusto prevedere certe eccezioni: il massimo del diritto è il massimo dell’ingiustizia. Non si possono trattare tutti alla stessa maniera, occorre tener conto che non tutti sono eguali, non tutti sono nelle stesse condizioni.

A fortioriPrendo un esempio che naturalmente trova il mio interlocutore d’accordo; poi dico: hai fatto cento, cosa ti costa fare uno in più, ossia fare centouno?

ComplementaritàQuesto che tu mi neghi, non è che l’altra faccia della medaglia di quello su cui eri d’accordo; non c’è nulla al mondo che sia del tutto buono, ma è sempre mescolato a qualcosa di cattivo: non ci sono rose senza spine.Non c’è fede, che non sia legata ad un dubbio, ad una incertezza: le due cose vanno insieme.

Riduzione al superioreRinvio per farmi accettare a un argomento che vale più in generale: ossia chiedo che uno mi creda sulla base di un discorso più vasto o più importante rispetto al quale quello che dico non è che una conseguenza o un’applicazione.

EtimologiaLa parola vuol dire questo, quindi se tu usi questa parola dovresti essere d’accordo su quello che l’etimologia indica da sempre. Ovvio che in questo caso deve essere effettivamente così, ossia che quella parola voglia dire effettivamente quello che le attribuisco.

FacileIl mio discorso vale più del tuo, perché è più semplice, più chiaro, lo capisce anche un bambino.Naturalmente il problema è di vedere se ad essere complicata è la realtà, non il mio discorso, ossia se la situazione non richieda un’argomentazione più sofisticata, più complicata, di quella che mi verrebbe facile da dire.Il criterio della maggiore semplicità non è sempre attendibile.Già gli antichi dicevano che bisogna stare attenti a complicare i discorsi anche se si ha ragione, perché si rischia, naturalmente con le persone comuni, di sembrare sofistici e poco credibili, di fronte a chi dice il contrario ma in modo più semplice e immediato.

7.4 Gli argomenti a posteriori

Induzione Va evitato di confondere l’induzione con una sorta di applicazione che ci fa passare dal caso particolare alla legge universale, nel senso che l’induzione non mi dà mai l’universale in senso proprio, ma mi dà una certa generalizzazione.Ecco perché qui viene ricordata nell’ambito delle argomentazioni: la conclusione è solo probabile, inoltre è al di là, oltre i dati delle premesse.

L’induzione completa non è un’induzione, perché è la somma dei casi particolari. Non è di per sé un’induzione, perché prende in esame tutti i casi e quindi non si tratta di una conclusione probabilistica, ma necessaria.

La vera induzione è anzitutto l’induzione da un solo caso: in questo modo generalizzo le caratteristiche di questo caso a tutti i casi simili. Questo è simile

all’esempio: un caso particolare che aiuta a capire delle caratteristiche più generali.L’induzione per enumerazione semplice prende in esame i singoli casi uno ad uno e procede a trovare quello che hanno in comune.

Induzione per eliminazione: un’induzione complessa che si serve di strumenti particolari: ossiatavole di presenza, di assenza, dei gradi, e poi l’esperimento cruciale. Bacone, Mill

L’induzione cerca di ricavare dall’esperienza delle notizie che mi possono servire in altri casi simili.Nell’argomentazione devo semplificare la vita mia e altrui mediante dei processi che siano intuitivamente comprensibili e allora mi servo dell’induzione ossia dei mille casi particolari che mi possono venire in mente (esempi)

Condizioni necessarie e condizioni sufficienti: spesso nei discorsi si cambiano le une per le altre: è vero che non posso andare a Roma se non ho le scarpe; tuttavia non è sufficiente per andare a Roma avere le scarpe.

Post hoc = dopo di questo; allora quello che segue dovrebbe essere l’effetto di quello che c’era prima: se c’è una novità, devo spiegarla con i dati che avevo a disposizione, con quello che doveva esserci prima che accadesse.Non si può dire post hoc ergo propter hoc = dopo di questo e quindi a causa di questo. Quindi è sbagliato dal punto di vista logico ricavare la causa dalla semplice precedenza temporale.

In genere nella comunicazione multimediale, cioè quando si uniscono messaggi, suoni, figure, ecc. io non posso che suggerire con l’immagine una successione per indurre lo spettatore ad interpretarla in senso causale.Esempio: trucchi cinematografici; sequenza delle immagini che suggeriscono un rapporto causale tutto da dimostrare (visione di un prodotto; la contentezza di chi l’ha comperato)

81: Argomento dell’effettoParto da determinati principi per spiegare quello che succederà poi: il sovrano sa che quando lui morirà non ci sarà subito un erede, perché non ha figli, e quindi possiamo prevedere che ci sarà un momento di confusione. Dalla causa ricavo un possibile effetto.

84: Dalla priorità della causa sull’effetto. Ciò che è più perfetto è causa di ciò che è meno perfetto. Un allenatore che finora ha ottenuto determinati risultati può garantire che anche in futuro riuscirà ad ottenerli.

Causa prima: nella serie delle cause, quella che è decisiva è la causa che dà inizio alla serie: se non ci fosse questa prima causa, non ci sarebbero le altre.

Tutti noi sappiamo che la ricchezza nasce dalla circolazione del denaro, ma all’inizio ci deve essere chi garantisce che il denaro messo in circolazione abbia valore.

A contrario (p. 85): certe volte basta per principio dire il contrario di quello che uno dice per far perdere di credibilità tutto un discorso. Una generalizzazione viene colpita al cuore quando posso far vedere dei casi contrari.

Ad consequentiam: mostro dove si fa a finire con determinate affermazioni: e dalle conseguenze porto ad un giudizio positivo o negativo su quello che sto dicendo.Nietsche diceva che la storia può diventare nociva per la vita, perché si vive solamente guardando al passato.E tuttavia se io non guardo al passato, avrò come conseguenza che non capisco nemmeno il mio presente.Cercare le conseguenze significa superare la prospettiva di partenza e valutare il pro e il contro di determinate affermazioni: diventa importante fare presenti le conseguenze di determinati comportamenti, per far capire la necessità di determinate regole.

Spreco: non si può buttar via la fatica fatta; tutte le volte che non riesco a vedere un risultato, e tuttavia sono lì lì per ottenerlo.

Superfluo: ci sono degli elementi che sono inutili ai fini causali, ossia per ottenere un determinato risultato. Di solito capita che uno parla, dice tante cose e non conclude nulla: perché perdi tanto tempo per convincermi, quando non cogli il punto essenziale?

Consolidamento: dall’esperienza posso ricavare argomenti per consolidare una determinata affermazione. A forza di criticarci, noi italiani diventiamo autolesionisti; pensiamo che in tutti i casi gli altri siano migliori di noi, mentre invece alle volte siamo noi a dare lezioni agli altri.

7.5 Argomenti strutturali: certi indovinelli di psicologia fanno leva sulla somiglianza di struttura di determinate figure.Tutti ragioniamo mediante figure (Gestalt, immagini che hanno un senso) che ci permettono di ricostruire le cose.La ricostruzione della Gestalt opera a partire da un determinato punto, rispetto al quale, come con le coordinate, io ricostruisco le altre figure.L’immagine di un becco d’anitra oppure delle orecchie del coniglio: ricostruisco la scena a partire da determinati particolari; nelle riprese di un film, si inquadrano determinati particolari per fare capire un discorso e poi si ricostruisce la scena con delle carrellate.

Analogia è appunto una somiglianza di rapporti, oppure può espressa tramite metafore, ossia analogie condensate.

Metafora = traslato = trasporre, trasferisco il rapporto da un piano all’altro. Il surplus di significato dato dalla metafora permette di esprimere quello che altrimenti rimarrebbe inespresso: è chiaro che bisogna saper leggere le metafore. Quando sento un determinato motivo musicale, lo associo alle scene di un determinato film; adoperando quella musica per una determinata pubblica creo un’analogia, che può essere ovviamente letta da tutti (quelli che hanno visto il film).

Paragone: cerco di far accettare quello che dico, facendo vedere l’uguaglianza di rapporto con altre situazioni.

Doppia gerarchia: nei paragoni si fanno anche i confronti sulla base del rapporto diverso che si può istituire tra gli elementi in gioco.

7.6.Pragmatica: nel linguaggio il discorso non vale solo per quello che dice, ma anche per quello che induce a fare; non è mai puramente teorico, astratto, ma ha delle implicazioni concrete, e soprattutto dal punto di vista dell’agire.

Ad hominem (si distingue dal discorso ad personam, perché quest’ultimo nasconde una fallacia: il discorso riguarda non la persona in quanto tale, ma la situazione in cui si trova o il ruolo che una persona riveste): ad hominem vuol dire che io ad un certo punto uso la seconda persona singolare o plurale: ossia invito chi mi ascolta ad un determinato comportamento e quindi lo sollecito a far mente locale come se il discorso lo riguardasse direttamente.Teniamo presente che molti dei nostri discorsi sono discorsi ad hominem, perché ci riferiamo a situazioni concrete e facciamo dei discorsi che non hanno valore puramente teorico, ma spingono o inducono a fare. Questo soprattutto nella pubblicità: vengono presentate delle situazioni particolari e poi si conclude: tu compòrtati nella stessa maniera.

modello: l’esempio a cui devo guardare: è ovvio che uno può rispondere: io sono io e non lui; il modello serve perché fa vedere in concreto quello che altrimenti rimarrebbe astratto: così io capisco come si dovrebbe fare. Modello o ideale al quale devo guardare: l’ideale sarebbe di comportarsi alla stessa maniera.Quando devo fare qualcosa, devo avere di fronte una persona concreta: ognuno di noi cerca di imitare qualcuno.Tuttavia, l’argomentazione sulla base di un modello rischia di essere manchevole: io non sono lui e quindi non riuscirò a fare altrettanto.Accanto al modello ci sono anche gli antimodelli: delle persone concrete che inducono a comportarsi in maniera opposta: in fondo noi siamo più d’accordo su quello che non si deve fare, che su quello che si deve fare. L’antimodello può essere condiviso più che il modello.

esempio: tutti noi abbiamo bisogno di avere di fronte dei casi concreti per capire i discorsi e soprattutto inquadrare le situazioni che ci vengono proposte.

Sulla base dell’esempio, che spontaneamente condividiamo, operiamo una generalizzazione, un’induzione, e concludiamo che devo assumere anch’io un determinato comportamento. Come facevano Esopo e Fedro, si prendono esempi dagli animali per raccontare qualcosa che ha valore morale. Nella favola del lupo e dell’agnello, una volta capìto il discorso e fatta una valutazione (il lupo è violento e si comporta ingiustamente), sarò costretto ad applicare la stessa conclusione quando mi si farà capire che anch’io mi sto comportando come il lupo.

illustrazione: prendo un elenco di persone che possono illustrare, illuminare il discorso che ho fatto.Se il calciatore X e poi Y e poi Z ... si comporta così, allora anche tu, se vuoi vincere la gara, devi allenarti allo stesso modo.

autorità: quando si tratta di fare, ossia di operare, bisogna rimboccarsi le maniche: ossia bisogna scendere con i piedi per terra e allora se c’è qualcuno che ha già fatto, che può dirmi come fare, tanto meglio. Quando voglio convincere, presento qualche personalità che parli a nome mio: interviste ai diversi scienziati, uomini politici, pensatori, ecc. Chi si presta a fare da testimonial per una determinata campagna pubblicitaria, deve avere una certa autorevolezza.

Sacrificio: ha a che fare con la credibilità di chi parla: se uno è disposto a pagare di persona sarà certamente più credibile di chi fa i discorsi a vanvera.Prevale l’aspetto soggettivo di chi ci propone un determinato comportamento. Ovviamente non basta questo aspetto, occorre che ciò che uno mi dice di fare meriti di essere attuato. Si può cadere nella fallacia dell’argomento ad misericordiam, ossia nella pretesa di voler avere ragione, solo perché uno di fronte a tanti sacrifici dovrebbe pur commuoversi.

Ridicolo: la battuta di spirito. Un’argomentazione è tanto più efficace, quanto più riesce a smontare tutto un discorso con una battuta, ossia inducendo al ridicolo.L’umorismo in genere nasce da un contrasto unito ad una somiglianza.

8. Gli argomenti fallaciL’argomento fallace è di per sé un para-argomento: questo per sottolineare che gli argomenti hanno un loro valore, anche se non sono dimostrazioni. L’argomento fallace invece fa leva sui sentimenti, sulla sfera emotiva e quindi trae in inganno. La presenza di fallacie è all’ordine del giorno, dato che spesso si cerca di convincere ad ogni costo.Le fallacie possono trovare un riscontro con le dimostrazioni: ossia sono false dimostrazioni. L’errore può nascondersi nelle premesse, nella deduzione, ecc. Quindi per vincere le fallacie, dobbiamo ricordarci di che cosa è una dimostrazione.

8.1 Nella definizione: quando si pone la domanda si possono usare termini che sono più o meno appropriati.1. una definizione è troppo larga quando andrebbe bene anche per definire qualcosa d’altro.2. troppo stretta quando chiede troppo, ossia esclude anche quello che dovrebbe comprendere.Quando si discute si adoperano concetti, categorie, definizioni e si rischia di girare a vuoto se non si raggiunge il punto.3. Definizione oscura: quando qualcuno vuol intimorire l’interlocutore piazza una definizione in latino: spiega le cose oscure con qualcosa di ancora più oscuro, obscurum per obscurius4. def. circolari: accade come rafforzativo ma non spiega nulla: il leone è il leone, ma cos’è un leone?5. def. autocontraddittoria: più difficile da accorgersi tuttavia quando il discorso è complesso.6. Ambiguità: nella definizione non chiarisco il significato delle mie parole: è disumano chi uccide un bambino e quindi è una bestia: ovvio che il termine disumano è usato in modo ambiguo.7. anfibolia: un discorso che può essere letto da due parti. Quando si fanno dei discorsi, si rischia sempre di far capire una cosa diversa solo perché non si rispettano certe regole, oppure non si mettono le virgole.

8. accento: un espediente tipico del linguaggio parlato, ma che è presente anche nello scritto (ossia nell’enfasi che si mette su una determinata parola).Nello scritto l’enfasi si può notare nel modo con cui vengono disposte le parole. Nella multimedialità alle volte sono le immagini o i suoni che fanno la differenza; il testo è uguale, ma è diverso il significato perché l’immagine o il suono che l’accompagna richiamano l’attenzione su determinate frasi.

9. linguaggio pregiudizievole: quando si fa capire un giudizio senza dirlo espressamente: ci sono termini connotati negativamente.10. L’accento viene posto su un aspetto del discorso in modo da influenzare il giudizio in un senso o nell’altro.

8.2 Fallacie di spiegazione (c’è qualcosa da spiegare = explanandum) (c’è qualcosa che dovrebbe darmi la spiegazione = explanans)

La ricerca della causa può indurre in errori:1. Explanans ad hoc = la spiegazione non è una spiegazione perché in fondo si torna nella spiegazione a invocare lo stesso caso particolare (ad hoc); quest’oggi sei caduto, perché non hai allacciato le scarpe; ma io posso essere caduto perché manco di equilibrio e sono stato ammalato.

2. Assenza di explanandum = assenza di qualcosa da spiegare, ossia si cerca una spiegazione per qualcosa che non chiede spiegazione oppure non è vero

3. Explanandum minato = ciò che si vuol spiegare è già limitato nel suo significato: secondo il tale, gli scapoli...In questo caso si riprende l’opinione di qualcuno e ognuno ha diritto di avere la propria opinione

4. Explanans inverificabile=la spiegazione è per principio inverificabile, cioè non è una spiegazione

Queste sono tutte fallacie legate all’uso del principio di causa; non è facile individuare il nocciolo del problema e non è facile dare una risposta: spesso si fa una grande confusione.

8.3 Fallacie sillogistiche: qui si mettono in luce le fallacie relative al mancato rispetto delle regole del sillogismo o del MPP o del MTT

8.4 Fallacie pseudo-deduttive

1.falsa disgiunzione: o A o B, ma non B, quindi A (Sillogismo disgiuntivo): nascono problemi quando si ragiona su situazioni che non si conoscono, o su argomenti dei quali non si sono esaminate le diverse possibilità.

2. dall’ignoranza, sia in negativo come in positivo: non puoi dimostrare questo e quindi quello che dici non è vero; non puoi rispondermi nulla, quindi quello che dico è vero; la fallacia consiste nel non distinguere tra verità e dimostrazione: qualcosa può essere vera, anche se non sono in grado di dimostrarla. E viceversa.

3. doppia domanda: hai finito di comportati così? Dico una cosa (hai finito...) ma intendo un’altra (come ti sei comportato?). Hai rinunciato alla tua cattiva condotta? (due domande: hai rinunciato, ossia hai cambiato atteggiamento; e la tua condotta non era buona)

4. domanda complessa: chiedo di per sé due cose diverse e le lego insieme e pretendo che uno mi dica di sì a tutte e due: la libertà dei singoli non equivale al permesso di portare le armi.

5. Conclusione irrilevante: dopo tanti discorsi concludo con una banalità, che sapevo già prima, oppure non affronto il problema.

8.5 Fallacie a priori8.5.1 da un genere all’altro: si fa un discorso e si invoca una analogia con qualcosa che appartiene a un genere diverso

8.5.2 l’accidente: una regola può benissimo prevedere delle eccezioni: non è detto che debba essere comunque rispettata in tutti i casi. Occorre poi vedere se queste eccezioni sono applicabili al caso particolare

8.5.3 falsa etimologia è un modo per millantare credito: devi accettare quello che dico, perché, come vedi, la parola stessa che usi vuol dire proprio questo.Eludere significa togliere il discorso, mentre invece vuol dire giocare con le parole.

8.6 Fallacie a posteriori

8.6.1. Fallacie induttive: generalizzazioni indebite, da un caso particolare oppure da un insieme di casi alla totalità degli individui di una classe, da un esempio non rappresentativo, da un esempio contrario o comunque estremo, da una controevidenza (tutto sembra dire che le cose vanno in un certo modo, ma si può dire sulla base di una controevidenza che questi casi sono stati delle eccezioni), oppure sulla base dell’esclusione dei casi contrari al discorso che voglio fare.

8.6.2. Fallacie causalihoc post hoc, ergo propter hoc (questo dopo di questo e quindi a causa di questo), effetti congiunti, irrilevanza causale, causa complessa (ogni evento è dovuto a più cause, bisogna stabilire quali sono quelle necessarie e quali quelle sufficienti o determinanti), inversione causale (si scambia la causa con l’effetto), oppure un discorso basato sulle conseguenze (che magari non ci sono: andando avanti così, chissà dove arriviamo...).

8.7. Fallacie strutturali: la falsa analogia tra Stato e azienda

9 I para-argomentisembrano argomentare, ma in realtà o non aggiungono nulla di nuovo dal punto di vista logico (logicamente irrilevanti) oppure non portano motivazioni nuove rispetto a quello che si dovrebbe argomentare (razionalmente irrilevanti).

9.1Logicamente irrilevante è ripetere nella motivazione quello che si è detto nelle premesse (petizione di principio): Dato che non sto mentendo, allora sto dicendo la verità.Oppure rinviare continuamente a spiegazioni ulteriori, senza mai arrivarne a capo (regresso all’infinito).

9.2 Razionalmente irrilevanti:

ad baculum (bastone): ti conviene scrivere sul giornale che le cose sono andate così, altrimenti l’editore ti licenzia; la minaccia di un pericolo (ad baculum) non argomenta se non a livello di paure e di attenzioni di convenienza, non certamente sul piano della verità di quello che si dice o si dovrebbe dire.

Ad verecundiam (vergogna): se dici certe cose, o se ti comporti in un certo modo, dovresti vergognarti.Assomiglia all’argomento prammatico di autorità, ma fa leva sulla vergogna che uno dovrebbe provare se non segue quello che l’autorità in questione.L’argomento può sfociare anche nella diceria: si fa appello non a un’autorità precisa, ma all’opinione pubblica, a quello che dicono gli altri, per indurre a non mettersi nemmeno in testa di sostenere un’opinione diversa.

Ad misericordiam (compassione): mette avanti gli sforzi compiuti per ottenere un certo “risultato”, senza accorgersi che il problema è appunto di vedere se c’è il “risultato” oppure abbiamo sprecato fatica inutilmente.

Ad judicium (opinione): ci si richiama all’opinione (sondaggi) o a quello che si dice per indurre un certo comportamento: adesso vinceranno questi, tanto vale salire prima possibile sul carro dei vincitori. L’opinione non è razionalmente rilevante, anche se lo può essere dal punto di vista degli interessi.

Ad populum (appellarsi al sentire del popolo): se siamo italiani, dovremmo ragionare in un certo modo, dobbiamo tifare per la nazionale. L’argomento non è valido dal punto di vista razionale, ma tutt’al più da quello emotivo.

Ad personam 1 (si prende di mira la persona dell’interlocutore in modo diretto): ognuno di noi ha le sue opinioni, ma anche i suoi difetti.Tu puoi anche dirmi di pagare le tasse, proprio tu che ne paghi tante (ironico): so già in partenza quello che vuoi dirmi e quindi... non ti ascolto.Ad personam 2 (si prende di mira un insieme di circostanze, o una categoria, per far capire che il discorso che ci viene presentato non ha valore): tu vieni a dirmi che occorre correre almeno mezz’ora al giorno, tanto so già che fai parte degli istruttori di una palestra e quindi hai interesse a farmi fare allenamento.Ad personam 3 (tu quoque) (anche tu vieni a dirmi queste cose, quando sei il primo a non osservarle, oppure sei proprio quello che ha sempre detto il contrario): quando uno non ha argomenti, cerca di attaccare l’avversario ai fianchi, senza entrare così però nel merito del discorso.

10. Guida all’analisi dialettica e retorica

Spesso la retorica è stata dimenticata, almeno a partire dal pensiero moderno in poi, perché si è privilegiato il modello della dimostrazione scientifica.Cicerone diceva che filosofia (dialettica) e retorica sono legate insieme: questa affermazioni ci ricordano l’importanza dell’argomentazione.

10.1 La struttura argomentativa: occorre servirsi del metodo dell’eliminazione e della traduzione: l’eliminazione serve per trovare lo scheletro, l’ossatura di un determinato discorso; la traduzione serve per dare un nome ai diversi passaggi e quindi serve per capire il loro significato.

Entimemi: i sillogismi che nascondono una o due premesse. Le premesse nascoste vanno evidenziate e discusse; troppo spesso si danno per scontate, e quindi se ci si mette su un determinato piano, si rischia di accettare quello che mai avremmo accettato.Spesso gli entimemi racchiudono dei luoghi comuni (premesse accettate dai più), ma basta trovarsi in un ambiente diverso o con altre persone e allora quei luoghi comuni non funzionano.Inoltre nelle argomentazioni spesso abbiamo solo una conclusione probabile, fondata su un ragionamento induttivo; mentre nella deduzione il modus ponens mi dice che data una relazione (se... allora...) posso avere una certa conclusione, nell’induzione questa conclusione non è necessaria, o per lo meno non è l’unica.

10.2 Analisi della struttura retorica:Francesco Bacone sottolinea che occorre abbandonare la retorica per fondare la nuova scienza (metodo induttivo, ecc.).

Ad Herennium:la retorica serve per persuadere: l’oratore deve convincere l’uditorio;lo stesso fa il politico, il pubblicitario, ecc.infotainment = information + entertainment.

inventio, dispositio, elocutio, memoria, pronuntiatio:1) inventio (invenzione, trovare gli argomenti: richiede l’ingegno, la capacità di farsi venire in mente qualcosa: qualcosa di vero o meglio di verosimile)2) dispositio (disporli, metterli in un certo ordine) (dispositio loci, ricostruzione di una scena specifica)3) elocutio (come esprimerli, dirli)4) memoria (come ricordarli)5) pronuntiatio (come tenere l’impostazione della voce e i gesti corrispondenti per attirare l’attenzione)

l’invenzione dipende dalla nostra esperienza, dalla nostra sensibilità, per cui mettendoci nelle diverse situazioni riusciamo ad essere più convincenti: situazioni possono essere dette anche topoi, luoghi. I luoghi comuni sono legati al verosimile, più che al vero.Gli argomenti possono essere elencati, esemplificati, ecc.: basta trovarli. Luoghi comuni (che appartengono a tutti) o luoghi propri (che appartengono solo ad una certa categoria).Non basta appellarsi ai luoghi comuni, occorre avere una certa competenza per convincere su determinati argomenti. È questo il ruolo dei luoghi propri, che richiedono un linguaggio specifico.

La ricerca degli argomenti passa attraverso delle regole, tra le quali anche la compositio loci, ossia l’ambientazione di un determinato fatto che devo spiegare. Quis, quid, ubi, quibus auxiliis, cur, quomodo, quando

Chi, che cosa, dove, con quali aiuti, perché, in che modo e quandoLe cosiddette 5 W Who, What, When, Where, WhyL’invenzione degli argomenti nasce da una problematizzazione di ciò che voglio dire: ossia mi chiedo che cosa si aspetta il mio uditore e se quello che dico è sufficiente per convincerlo, per esprimere il mio discorso.

Alla fine di pagina 123: la dispositio.Come devo organizzare il discorso:

ovvio che all’inizio devo suscitare l’attenzione (exordium) (Voi vi domanderete che cosa ho da dirvi? niente e tutto...);

poi devo fare un resoconto del problema o della situazione (narratio, racconto, devo ambientare il problema: ricostruisco tutta una situazione, spiego, ecc.);

quindi suddivido le difficoltà e i passaggi del ragionamento (divisio) (vi dirò: 1, questo; 2, quello; ecc.); poi dico le mie ragioni (confirmatio), quindi confuto le opinioni contrarie (confutatio) e quindi traggo la conclusione (conclusio, epilogo) (payoff).

Le suddivisioni della retorica antica si ritrovano anche nel linguaggio dei giornali e della pubblicità: c’è sempre un inizio (titolo, headline), c’è un’argomentazione, c’è una conclusione (payoff).

Elocutio: il modo di dire i discorsi è importante per essere convincenti: l’eleganza, l’interesse di un ragionamento nascono anche dal modo con cui viene espresso.Tropi: modi di dire: traslati: metonimia, sineddoche, metafora, ironia, perifrasi, antonomasia, enfasi, iperbole, ...

Figure (retoriche) di parole (ossia fondate su una parola e sul suo uso) e figure di pensiero (fondate su alcuni modelli di ragionamento): le prime giocano sulla parola e senza quella parola perdono di significato; le seconde possono essere espresse diversamente, con altre parole, senza perdere il loro peso.

Pubblicità: “Chi detta legge, legge”: il diverso uso dell’espressione.

11.6 PubblicitàGhost (Deep Night)In alto a destra: la boccetta del profumo con il nome della ditta (Ghost): a forma di luna, questo è il titolo, punto di attenzione; c’è un alone luminoso e la luce della luna rischiara la donna che sembra in estasi lasciandosi illuminare da quel profumo; sotto, in grande, il nome della ditta e del profumo e sotto ancora la battuta finale “the fragrance of love”.Bisogna capire la metafora (profumo = luna) (luna = donna), l’atteggiamento ripropone l’estasi di santa Teresa d’Avila nella scultura del Bernini.Se vuoi provare queste sensazioni, devi comperare quel profumo.

Struttura della pubblicità:prosopopea (impersonificazione, far parlare gli oggetti come fossero persone): il flacone di profumo ha la forma della luna, è la luna (la impersonifica) ed esercita l’influsso della luna;l’espressione della donna indica un’estasi, perché richiama la posa di santa Teresa d’Avila nella scultura del Bernini: come la santa è colpita dai raggi della gloria divina, così la donna è colpita dai raggi che vengono dalla luna/profumo (transverberazione, trafitta da quei raggi che l’attraversano);l’argomentazione si serve così di una allegoria: come i raggi della luna influiscono sulla crescita e sulla donna, così il profumo ha in sé un potere straordinario.Qui abbiamo la struttura di un sillogismo, che parte da un luogo comune: l’influsso della luna nella vita sulla terra, e conclude esaltando le capacità del profumo che si vuol vendere.Ma si parte anche da un argomento dell’essenza: c’è dentro di noi un bisogno, una necessità, che deve essere soddisfatta.Poi c’è una generalizzazione, per lo più indebita: dall’esempio particolare, si passa ad una affermazione universale: tutti possono sperimentare gli stessi effetti. Ecc.

12. Come si argomenta e come si discute

di-verbium, dia e poi verbum-parola,come dialogo, dia e poi logos: il diverbio è una discussione in cui si rischia di venire alle mani.Discussione con un uditorio che deve essere convinto: e quindi i due interlocutori cercano di esporre i problemi con proprietà e nel modo più efficace.

1) status quaestionis = lo stato del problema: oggi discutiamo di... abbiamo tra noi...

la domandachiarimento dei termini che si adoperanoimportanza del problemapossibili soluzionienunciazione della tesi (della posizione) che si intende difendere

2) argomentazione per difendere la propria posizione: un discorso complesso nel quale possono entrare tutti i modelli di argomentazione che abbiamo visto.

Controargomentare significa rifare il discorso cercando di vedere i punti deboli: il problema è un altro, forse ti esprimevi male, le tue argomentazioni sono irrilevanti, non sono a tema, ecc.