L'innovazione va fatta quando non serve - Conversazioni imprenditoriali

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La testimonianza di 27 imprenditori del legno e dell’arredo.

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L’idea di creare una collana di Quaderni di FederlegnoArredo nasce dal desiderio di comunicare il grande patrimonio di esperienze imprenditoriali e umane che “vivono” all’interno della Federazione.

Moderatore delle Conversazioni Imprenditoriali: Pietro Bazzoni, direttore esecutivo Officine Italiane Innovazione

© 2012 FederlegnoArredo SrlForo Buonaparte, 6520121 Milanotel. 02.806041fax 02.80604392www.federlegnoarredo.it [email protected]

Progetto editoriale: FLA MediaGrafica e impaginazione: Chiara Rossi

Tutti i diritti sono riservati.È vietata la riproduzione, anche parziale, dell’opera, in ogni forma e con ogni mezzo, inclusi la fotocopia, la registrazione e il trattamento informatico, senza l’autorizzazione del possessore dei diritti.

Sommario pag.

Chi è FederlegnoArredo 5Prefazione di Roberto Snaidero 6Introduzione di Giovanni De Ponti 7

Conversazioni

Massimo Cianci, Mario Formica, Mauro Mastrototaro 9L’uomo di fronte alla crisi: l’insopprimibile bisogno di ricominciare

Pietro Bellotti, Angelo Candiani 15Formazione professionale: le imprese tornano protagoniste dell’educazione

Matteo Plotini, Massimiliano Vaj 21C’è ancora spazio per la creatività? Il genio dell’umano

Giuliano Cappelletti, Mauro Cazzaniga, Maurizio Riva 25Riscoprire i mestieri. Il fascino del “fare con le proprie mani”

Giovanni Anzani, Massimo Buccilli, Marco Bordioli, Livia Monari, Giorgio Vittadini 31Innovazione e ricerca. La bellezza dell’ignoto

Paolo Ninatti, Emanuele Orsini, Giovanni Pastorino 35Tutelare il saper fare italiano per rilanciare il paese

Chiara Benincà, Claudio Giust, Fausto Iaccheri 41Per crescere occorre cambiare: la scossa viene dai giovani

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Stefano De Colle, Enzo Micali 47L’export non è solo per i grandi. L’incontro è la migliore strategia

Gian Marco Budri, Vittorio Livi, Ciro e Cosimo Messina 53Essere imprenditore oggi: la scommessa di un io responsabile

Giuseppe Invernizzi, Massimo Ottone 59Da studente a lavoratore: accettare la sfida della realtà

Primo Barzoni, Gianni Cantarutti, Alberto Conficconi, Angelo Scaroni 65L’impresa nel suo territorio: protagonista del bene comune

Fausto Crema, Michela Sgoluppi 71Legno, risorsa da riscoprire: un ambiente a misura di uomo

ChièFederlegnoArredo

FederlegnoArredo è il cuore della filiera italiana del legno-arredo.

Dal 1945 difendiamo il nostro saper fare,sosteniamo lo sviluppo delle nostre imprese,siamo ambasciatori del gusto dell’abitare italiano in tutto il mondo.

Guardiamo al futuro con la certezza che questo patrimonio contribuirà ancora alla crescita del nostro paese.

LA NOSTRA MISSION

Incontrare gli imprenditori del legno e dell’arredo per sostenere il desiderio di fare impresa.

Crescere in numeri, forza e consapevolezza.

Creare opportunità di business.

Sviluppare la capacità di rispondere al mercato che cambia.

FLA: incontrare per crescere

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PrefazioneQualche mese fa, in occasione del Salone Internazionale del Mobile, ho affermato che anche nei momenti difficili i nostri imprenditori sono sempre stati capaci di trovare una scintilla da cui ripartire e combattere le congiunture negative. Avevo chiamato quel momento la riscossa dell’io, cioè quando solo un io cosciente può aiutare a ripartire. Per questo posso dire che è giunto il tempo della persona. Permettetemi di guardare da vicino questo fenomeno: quali sono le caratteristiche di questa persona? Quali sono le caratteristiche di questi imprenditori?Nella mia esperienza ci sono alcune parole che ritengo decisive per una trasformazione che la nostra federazione ha già iniziato a intraprendere: Coraggio, Fiducia, Opportunità, Cambiamento e Miglioramento.

Per queste ragioni mi permetto di rilanciare uno slogan, a me caro, che proviene dalla mia esperienza del terremoto del 1976. “Quando la mattina seguente mi sono recato nello stabilimento per una prima stima dei danni (il 50% dei 100.000 metri quadrati erano ridotti a macerie), tutti i miei collaboratori hanno espresso un unico desiderio, ripartire! Il messaggio che ho sentito allora, e che dobbiamo attualizzare alla situazione economica del nostro Paese, è stato “Prima le fabbriche, poi le case” e, esattamente un anno dopo, abbiamo inaugurato il nuovo capannone”.Prima vengono le fabbriche e poi le case vuole sottolineare l’importanza e la dignità del lavoro, del riconoscimento del valore del lavoro nella sua natura: con questo voglio sottolineare che il cambiamento è nella condivisione degli obiettivi, anche nel mondo imprenditoriale senza distinzione tra imprenditore e dipendenti.

“Dobbiamo lavorare tutti insieme per fare ripartire le nostre aziende e, quindi, il nostro amato Paese. Imprenditori, banche, politica devono avere come unico obiettivo quello di uscire dalla crisi”.

Lasciatemi concludere sottolineando la radice del problema: la riscossa dell’io comincia dall’educazione. Per questa ragione FederlegnoArredo è sempre più determinata a incontrare gli imprenditori per sostenere il loro desiderio di fare impresa, crescendo in numeri, forza e consapevolezza.

Roberto SnaideroPresidente FederlegnoArredo

Introduzione

“Incontrare per crescere” è la sintesi della mission di FederlegnoArredo che oramai da diversi mesi abbiamo fatto diventare punto di riferimento costante. Significa incontrare il mercato, le sue esigenze, ma innanzitutto significa incontrare gli imprenditori che ogni giorno accettano questa sfida e la fanno diventare parte della propria esperienza. Le Conversazioni Imprenditoriali iniziate nel 2011 (format fortemente voluto dal presidente Roberto Snaidero) rappresentano un luogo d’incontro e di racconto delle esperienze di chi negli ultimi decenni ha contribuito a creare, sostenere e affermare il Made in Italy della filiera legno-arredo. A oggi abbiamo incontrato oltre 50 imprenditori ascoltando le loro storie, le loro difficoltà e i loro successi, pubblicando questi racconti in una collana che ha suscitato grande interesse anche da parte dei media.

La ragione che ci ha spinti a svolgere questa attività su tutto il territorio italiano, visitando le aziende e incontrando gli imprenditori a casa loro (particolare che, ci tengo a evidenziare, sottolinea la vicinanza di FederlegnoArredo ai suoi imprenditori) è duplice:

• innanzitutto rappresenta la scoperta di come continuamente si possa imparare dall’incontro fra uomini che hanno il desiderio di costruire e di essere parte attiva della storia. Posso solo dire che ogni “conversazione” è stata ricca di stupore, scoprendo cose che tutti noi crediamo già di sapere ma che in realtà non si conoscono;

• in secondo luogo la volontà di dare luce e visibilità, nei canali tradizionali della comunicazione, a un fattore che si è perso, nel tempo, anche negli istituti accademici e universitari: la politica industriale. Non è più pensabile che gli unici temi ripresi dai maggiori media italiani riguardino esclusivamente l’economia finanziaria. Si tratta di una svolta culturale fondamentale, un nuovo modo di usare lo strumento del pensiero a servizio dell’industria. Solo da qui può rinascere la volontà di sfidare il periodo di crisi del nostro Paese.

Nulla è più inutile della risposta a una domanda che non viene posta: per questo le Conversazioni Imprenditoriali sono l’inizio di risposta a un desiderio sempre più presente negli uomini e nelle donne delle imprese di FederlegnoArredo e di cui, personalmente, sono fiero di essere al servizio.

Giovanni De PontiDirettore Generale FederlegnoArredo

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19 AGOSTO 2012 - RIMINI

“L’UOMO DI FRONTE ALLA CRISI: L’INSOPPRIMIBILE BISOGNO DI RICOMINCIARE”

INCONTRO CON MARIO FORMICA (Alfad), MASSIMO CIANCI (Holzbau Sud)E MAURO MASTROTOTARO (F.lli Mastrototaro e Co.)

De Ponti: dopo l’esperienza positiva al Meeting dell’anno scorso le “Conversazioni imprenditoriali” sono proseguite per tutti i mesi suc-cessivi su tutto il territorio nazionale, portando la testimonianza di un modo di far impresa che ha permesso alle nostre aziende di crescere e diventare un esempio a livello internazionale. Ed è par-tendo dalle esperienze precedenti che quest’anno abbiamo deciso di raddoppiare le conversazioni che vedranno la partecipazione di oltre 30 testimoni.

Siamo riuniti per un momento di incontro, di discussione, di dialo-go. Vorrei partire da una provocazione: due anni fa il Censis faceva una fotografia dell’Italia che riproduceva una società totalmente priva di un elemento: il desiderio di costruire, di fare, di rischia-re. Un desiderio che, venendo a mancare, è capace di bloccare la ripresa. Ora, a distanza di due anni, siamo qui a sentire da tre testimoni come hanno affrontato questo difficile periodo.

Mastrototaro: siamo stati uniti. Infatti, dietro le nostre aziende c’è una famiglia che sin dagli esordi (l’attività è partita nel lontano 1956) ha operato con serietà fino a creare una società di capitali che ci permette di esprimerci al massimo come produttori di imballaggi. Quattro anni fa, sempre con una decisione condivisa della famiglia,

AlfadSpaNata nel 1987 Alfad in pochi anni è diventata una consolidata realtà industriale a livello nazionale, ora proiettata anche verso i mercati esteri. Realizza da grandi stand personalizzati a piccoli moduli preallestiti, come anche strutture e allestimenti per mostre d’arte ed eventi in genere.

F.lliMastrototaroeCo.SrlAttività di famiglia creata nel 1956 per la produzione di imballaggi in legno. Utilizza materia prima di provenienza nazionale, in prevalenza pioppi. Nel 2008 la famiglia Mastrototaro amplia il proprio business investendo in un’azienda locale specializzata nella produzione di conserve alimentari.

RubnerHolzbauSudSpaParte del Gruppo Rubner, leader in Europa nelle costruzioni in legno, è la più importante azienda del settore presente nell’Italia meridionale. Nella sede di Calitri in provincia di Avellino, dal 1991 produce, progetta e installa qualunque tipo di struttura in legno lamellare ingegnerizzata.

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abbiamo investito in un’azienda che produce conserve alimentari che ci ha dato la possibilità di esprimerci in un altro settore. Voglio sot-tolineare l’importanza di avere una famiglia alle spalle che ha permes-so a tutti noi di credere fermamente nei valori che ci ha trasmesso mio padre. La famiglia (elemento, tra l’altro, ben rappresentato qui al meeting) è ciò che ti offre l’opportunità di cambiare. Infatti, met-tere al centro la famiglia ci ha premesso di osare e, di conseguenza, di abbattere il muro della crisi.

Essere al centro del cambiamento al Sud è sicuramente più impor-tante che esserlo al Nord…

Cianci: la nostra è una piccola realtà del sud Italia, e per avere suc-cesso abbiamo trovato una grande forza nelle risorse scarse. Una forza che ci ha consentito di lavorare tutti insieme per la realizza-zione di un prodotto migliore. Ovviamente bisogna anche investire, da qui la creazione di un ufficio tecnico molto importante e i grandi investimenti negli ultimi quattro anni in nuove tecnologie che hanno portato all’installazione di diversi centri di lavoro a controllo nume-rico per i quali sono stati formati gli operai per poterli utilizzare al meglio. In breve direi che siamo sempre stimolati a fare meglio, pun-tando sempre al gioco e alla corresponsabilità.

Fare impresa vuole anche dire saper ricominciare…

Formica: nella mia vita ho cambiato tre volte o, meglio, ho ricomin-ciato tre volte. L’ultima volta ha visto il mio ingresso nel settore degli allestimenti, un’esperienza nata del tutto casualmente qui al Mee-ting. Ogni periodo della mia vita è stato scandito da diversi momenti particolari e oggi, dopo trent’anni, con tre figli tutti perfettamente inseriti in azienda in ruoli di responsabilità devo dire che la passione è la stessa di allora ed è una delle leve forti che ti permettono di ricominciare da capo. Vede, alcuni anni fa mi sono dato due obiettivi: creare valore (senza di ciò l’impresa non cresce) per le donne e gli uomini che lavorano da me, decuplicare l’attività in dieci anni. Bene, oggi siamo in 120 e nei momenti più duri della crisi ho sempre tenuto a mente la missione che mi ero dato tempo prima: abbiamo messo al centro le persone e abbiamo rifondato il progetto originario co-gliendo l’opportunità della crisi come un’occasione di cambiamento. Non dimentichiamoci che le nostre imprese hanno costruito questo

Paese e, come nel dopoguerra, devono continuare ad andare avanti puntando sulla “risorsa uomo”, investendo e coinvolgendo le persone in progetti innovativi e nuovi prodotti. Senza questa spinta non si va lontano. Nell’esperienza lavorativa bisogna mettersi quotidianamen-te in discussione in modo da ripartire ogni giorno, tutti insieme. Ecco perché in azienda sono circondato da numerosi e capaci collaboratori e da tre figli che, ci tengo a precisarlo, sono stati assunti dal mio direttore che gli ha ritagliato un ruolo adatto alle loro capacità. Non volevo che fossero semplicemente i “figli del titolare”, ma desideravo che diventassero professionisti seri.Il risultato di questo modo di operare è sotto gli occhi di tutti: zero ore di cassa integrazione, un risultato ottenuto anche grazie alla rinuncia al margine o a una parte di esso. Del resto, vale la pena rinunciare a qualcosa oggi per garantire il futuro a se stessi e alle persone che lavorano con te.

Domanda dal pubblico: fare impresa oggi al Sud è però ancora mol-to difficile. Voi come fate a operare in tale contesto?

Cianci: in Irpinia non abbiamo il concetto settentrionale di fabbrica come luogo che produce ricchezza. Bisogna dimostrare nel tempo cosa si è capaci di fare e, quindi, il valore di un’attività.

Mastrototaro: le faccio un esempio: abbiamo due aziende, una è specializzata nella realizzazione di imballaggi in legno e la materia prima, prevalentemente pioppi, è coltivata nel nord del Paese con tutte le problematiche legate a una logistica difficile e alla mancanza di infrastrutture adeguate. Per quanto riguarda l’altra realtà dico solo questo: se consideriamo che in Europa l’economia che sta an-dando meglio è quella tedesca è evidente che per noi la Germania è il mercato più appetibile e promettente,ma anche in questo caso la mancanza di infrastrutture ci penalizza rispetto, ad esempio a un mio collega che ha la sede a Parma o a Bologna. Se dovessi sinte-tizzare il concetto direi che al sud abbiamo una tradizione borbonica (cioè dormiamo un po’) e ci confrontiamo con l’energia dell’impero austro-ungarico. Fortunatamente, però, rispetto a soli 30 anni fa questa differenza si è assottigliata e nel frattempo siamo stati in grado di valorizzare le nostre ricchezze tra cui il sole grazie al quale crescono i prodotti della nostra terra.

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Domanda dal pubblico: crisi come opportunità è sicuramente una frase a effetto, ma vorrei sentire la vostra esperienza che ha dato sicuramente una risposta…

Formica: la crisi ti porta a prendere delle decisioni. Devi decidere come sostenere quotidianamente la tua azienda (cioè come reperire le risorse finanziarie) e cosa puoi fare per rimanere sul mercato. Cambiare il personale e i collaboratori in tempo di crisi non è difficile (direi che sono capaci tutti di farlo), la vera sfida è come continuare con quelli che hai garantendo loro benessere. Ci vuole responsabilità verso di loro ed è quindi necessario inventare nuovi modelli produttivi tenendo sempre presente che vendendo servizi è facilissimo perdere un cliente e molto faticoso trovarne di nuovi. Forti di questa consa-pevolezza bisogna mettersi in discussione per scoprire che ci pos-sono essere tante opportunità e tanti mercati molto diversi. Noi, ad esempio, abbiamo investito tantissime risorse nella ricerca sull’eco-compatibilità e oggi stiamo incominciando a raccogliere importanti risultati. Non bisogna mai fermarsi, anzi è indispensabile ripensare sempre ciò che facevi e fai.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Mastrototaro: le testimonianze che ho potuto ascoltare conferma-no il mio pensiero. Quando ho aperto il mio intervento con la famiglia non conoscevo le storie di Mario e di Massimo. Tutti abbiamo la fami-glia al centro e mi auguro in futuro di avere tutti i miei cari a lavorare in azienda. Non è un’esigenza, ma una condizione che ti dà la forza di superare anche momenti difficili come questi. È il secondo anno che vivo questa manifestazione e devo dire che rappresenta un importan-te momento di riflessione.

Formica: affrontare quotidianamente la realtà sapendo che se acca-de qualcosa è perché c’è sempre una ragione, ma anche essere con-sapevoli che dopo di noi ci saranno sempre uomini e donne in grado di portare avanti dei progetti. Mi piace pensare all’infinito come idea di portare avanti quanto hai fatto fino a oggi, magari anche meglio.

Cianci: prendere la crisi come stimolo e prendere le cose con amore, questo è il mio rapporto con l’infinito.

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20 AGOSTO 2012 - RIMINI

“FORMAZIONE PROFESSIONALE: LE IMPRESE TORNANO PROTAGONISTE DELL'EDUCAZIONE”

INCONTRO CON PIETRO BELLOTTI (Bellotti) E ANGELO CANDIANI (Aslam)

Da sempre le nostre imprese sono anche delle scuole ricoprendo un ruolo che, sin dalle origini che affondano le radici nella bottega rinascimentale, ha permesso di fare uscire i talenti di chi vi la-vorava. Partendo da questa considerazione qual è il valore di cui hanno bisogno oggi le nostre aziende per affrontare le sfide del mercato?

Bellotti: credo che oggi l’impresa possa essere un’officina, ovvero un luogo pregnante del nostro sistema Paese per poter ripartire come ha detto il premier Monti alla platea del Meeting. Ho senti-to Vittadini parlare di nucleo famigliare, non dobbiamo dimenticarci che le nostre piccole imprese sono delle grandi famiglie perché sono composte da persone e imprenditori che da anni e con grandi sforzi le mandano avanti. Imprese famigliari come la mia, in un paese di 10.000 abitanti nel cuore della Brianza che dobbiamo contribuire a far prosperare. Per far si che nel tempo non si impoveriscano è necessario innanzitutto mantenere l’occupazione e quello che sta facendo FederlegnoArredo in collaborazione con Aslam (Associazione scuola lavoro alto milanese) va in quella direzione: un polo formativo

AslamL’Associazione Scuole Lavoro Alto Milanese nasce nel 1996 come associazione di persone, connotandosi come ente di formazione. Negli anni è diventata un’agenzia formativa e di servizi al lavoro che realizza un servizio pubblico.

BellottiSpaDal 1927 Bellotti opera nel settore del legno e dei suoi derivati sul mercato nazionale ed internazionale. L’azienda è leader nella produzione di compensati speciali assemblati con materiali innovativi e tecnologici ed è specializzata nella commercializzazione di legnami e semilavorati provenienti da tutto il mondo.

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che nel giro di 4/5 anni consenta alle aziende di trovare forza lavoro preparata e motivata.Sono dell’idea che andrebbe bloccato per alcuni anni l’accesso alle università che non consentono un immediato accesso al mondo del lavoro, andrebbe invece potenziata la pubblicità alle scuole professio-nali che garantiscono un futuro ai giovani. Pensate che una ricerca recente ha evidenziato che nel nostro Paese c’è bisogno di 1.100 meccanici (e non si trovano), mentre abbiamo oltre 1.200 neolaure-ati in scienze dell’informazione che non trovano lavoro. Quindi, grazie al progetto del Polo formativo del legno arredo potremo aiutare i giovani a trovare un lavoro.

Potresti dirci quali difficoltà avete a cercare figure professionali?

Bellotti: la nostra è una piccola-media azienda, ma nonostante ciò tre anni fa siamo passati da semplici produttori di semilavorati a produttori di sistemi. Il risultato più importante derivante da questa decisione è la realizzazione dei pavimenti per il treno Frecciarossa, un segmento di mercato che ci sta dando parecchie soddisfazioni. Per fare questo salto è necessario avere sia le tecnologie sia gli operai specializzati a farle funzionare al meglio, ma qui iniziano le difficoltà: trovare persone specializzate nelle tecnologie a controllo meccatronico.Grazie a FederlegnoArredo cerchiamo di colmare questo gap con il mondo del lavoro, che però si riuscirà a superare completamente solo quando le famiglie incoraggeranno i ragazzi a seguire corsi di studio professionali per figure altamente specializzate. Abbiamo tan-te aziende che hanno un disperato bisogno di queste figure.

Possiamo dire che in questo periodo le aziende tornano finalmente protagoniste?

Candiani: viviamo tutti un momento in cui ci si aspetta un miracolo per venire fuori da una situazione che vede crescere la distanza tra le generazioni, e lo scollamento fra i due mondi è sempre più grande. È una sfida perché i giovani di oggi hanno tutto, ma non dobbiamo temere di far loro delle proposte. Dobbiamo essere capaci di offrire qualcosa che permetta loro di realizzarsi attraverso l’apprendimen-to e noi vogliamo che tutti che i ragazzi che escono da un percorso

scolastico qualsiasi siano pronti a entrare nel mondo del lavoro. Per fare ciò non dobbiamo lasciarli soli. Dobbiamo essere consapevoli che non puntiamo a mettere a loro disposizione solo un sapere, ma pun-tiamo a favorire l’incontro tra chi ha le conoscenze e chi ha voglia di imparare. È una sfida impegnativa, ma affascinante.La maggior parte dei ragazzi che viene da noi non riesce a stare sui libri e fatica a stare all’interno di percorsi tradizionali. Per questi giovani la nostra scuola è una benedizione perché dopo qualche anno lavorano con soddisfazione su macchine utensili. Quando si mette in moto un ragazzo lo si mette in moto perché si riesce a impiegare una piccola parte se stessi per trasformare la realtà. Invece quante persone hanno avuto paura che insegnare ad altri potesse mettere a rischio il proprio posto di lavoro? Sono convinto che la crescita della responsabilità sia la prima sfida del sistema educativo, così come il senso di appartenenza: tutti i ragazzi che ho avuto modo di conoscere in questi anni hanno dimostrato un forte attaccamento all’Aslam e quando un ragazzo ha sviluppato questo sentimento sta-te sicuri che l’imprenditore lo prende subito.

In questa sfida gli imprenditori hanno deciso di impegnarsi in prima persona. Pietro, come ipotizzi la tua collaborazione nella scuola?

Bellotti: mi sono trovato emotivamente molto coinvolto in questa importante iniziativa di FederlegnoArredo e Aslam perché sono certo che tra qualche anno avremo giovani preparati e motivati pronti a entrare nelle nostre aziende per dare un contributo alla crescita. Vi faccio un esempio: prima di firmare il contratto con Trenitalia per re-alizzare i pavimenti del Frecciarossa, ricordo che ci siamo trovati con il responsabile di produzione e insieme abbiamo riunito i ragazzi per comunicargli che saremmo partiti con questa nuova esperienza. Cre-detemi, dopo i primi esperimenti i responsabili di produzione voleva-no tornare indietro alla produzione tradizionale, mentre gli operatori hanno insistito con grande tenacia e, giorno dopo giorno, tentativo dopo tentativo, siamo riusciti a realizzare un prodotto vincente. Ciò vuol dire che se una persona viene coinvolta in un’esperienza emotiva vale molto di più di mille corsi di formazione industriale. Dopo questa esperienza ho deciso di mettere dei cartelli in azienda che evidenzia-no cosa sta contribuendo a realizzare ogni addetto. Il lavoro manua-le, infatti, vale molto di più di tante professioni e questo secondo me va assolutamente messo in evidenza.

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Possiamo dire che è giunto il momento di riappropriarci di una tradizione tecnico-scientifica che è stata dimenticata per troppi anni. Angelo, raccontaci quale esperienza fanno i ragazzi che en-trano nelle aziende dopo gli studi professionali.

Candiani: parto da un’immagine. C’è in giro una tale povertà nel ma-nifatturiero che quando formiamo un ragazzo, l’imprenditore non ci pensa due volte a prenderlo con sé a lavorare. Consapevole dell’im-portanza di un tale atteggiamento il ragazzo è soddisfatto ed è spro-nato a capire cosa succede dopo. Non dimentichiamoci che nella for-mazione professionale abbiamo il vantaggio che il 30 per cento delle ore i ragazzi le passano in azienda: una grande risorsa.L’unione tra insegnamento pratico e principi di apprendimento è il se-greto del successo di questa formula; mentre chiediamo ai ragazzi di apprendere facciamo in modo che comprendano se stessi e il risulta-to è che quando sentiamo gli imprenditori ci dicono che l’esperienza è stata estremamente positiva. Del resto, prima di mandarli in azienda a fare lo stage spieghiamo loro che il lavoro è una cosa seria e che quando fanno questa esperienza è come se stessero già lavorando. La nostra vita si esprime attraverso il lavoro e l’impatto con la realtà cambia il modo con cui ci si approccia alla vita. Abbiamo ancora tanta strada da fare, ma è proprio questa consapevolezza che mi rende felice di fare questo lavoro.

De Ponti: cosa succede agli imprenditori dopo un’esperienza con questi ragazzi? Cambiano anche loro?

Candiani: da quel momento guardano in maniera diversa chi lavora con loro. Anche qui voglio fare un esempio. Da alcuni anni collaboria-mo con una piccola azienda meccanica e da diversi anni prendono i ragazzi a fare stage e tutte le volte ci dicono che non possono au-mentare gli stage. Ma, come ci è stato detto dai responsabili, grazie alla presenza di questi giovani chi già lavora all’interno dell’azienda è molto più responsabile. Sta di fatto che un giorno un nostro collabo-ratore si è ricordato che un cliente aveva chiesto tempo prima una pompa che non era a catalogo, ha proposto di realizzarla insieme ai ragazzi di Aslam e adesso rappresenta il 10% del fatturato.

Domanda dal pubblico: trovo molto interessante l’esperienza di Bellotti. Sono d’accordo sul fatto che ci siano troppi laureati di-

soccupati, mentre la formazione professionale garantisce lavoro ed è per tutti. Un messaggio che deve assolutamente passare.

Candiani: quando sto con i ragazzi vedo il loro entusiasmo. Io stesso ho fatto una scuola professionale e sono felice di questa scelta. Pen-sate che in Aslam abbiamo un corso per “Addetti alla manutenzione di aeromobili” a cui chiedono di iscriversi persone già laureate in quanto rappresenta una reale opportunità di avere una professione che consente di provare la soddisfazione di vedere qualcosa realizza-to con le proprie mani.

Domanda dal pubblico: qual è l’elemento che ha fatto scattare la collaborazione con FederlegnoArredo?

De Ponti: dopo un’attenta ricerca realizzata all’interno della federa-zione con la stretta collaborazione dei nostri imprenditori abbiamo contattato Aslam e devo dire che sin da subito si sono appassionati a questo progetto.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Bellotti: quando l’ho letto per la prima volta, il titolo mi ha lasciato un po’ frastornato. L’infinito è qualcosa con cui tutti, prima o poi, dobbiamo fare i conti. Leggendolo mi è venuta in mente la frase di Nelson Mandela “L’istruzione e la formazione sono le armi più potenti che si possono utilizzare per cambiare il mondo”. Questo, unito alla lettura del messaggio del Papa “Ciascuno di noi ha la possibilità di trasformare la crisi in un’opportunità…”, mi fa dire che ognuno di noi può contribuire a mettere un piccolo mattone nella propria vita.La scuola di FederlegnoArredo avrà successo se tutti noi faremo un efficace passaparola sulla sua utilità. Sono sicuro che l’entusiasmo che ho visto qui a Rimini è lo stesso che ci sarà nel Polo formativo se tutti noi ci impegneremo per promuoverlo.

Candiani: vado sulla natura dell’uomo che è infinita e il nostro com-pito si può riassumere in una frase di Don Gnocchi sul fondatore dell’Università Cattolica: “Lui, Gemelli, intendeva l’educazione come mettere dentro qualcosa, io la intendevo come estrarre qualcosa”.

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20 AGOSTO 2012 - RIMINI

C’È ANCORA SPAZIO PER LA CREATIVITÀ? IL GENIO DELL’UMANO

INCONTRO CON MASSIMILIANO VAJ (WAY) E MATTEO PLOTINI (Plotini Allestimenti)

De Ponti: il motivo che ci ha spinti a organizzare le “conversazioni imprenditoriali” è stato la volontà di guardare al futuro con la consapevolezza che il patrimonio delle nostre imprese contribuirà ancora alla crescita del nostro Paese. Oggi sentiremo la testimonianza di due giovani imprenditori impegnati nel settore degli allestimenti fieristici.

Abbiamo con noi due testimoni che ci possono raccontare la loro esperienza su uno dei temi più pregnanti per il nostro Paese: la capacità di creare qualcosa di nuovo che ci differenzia dai competitor.

Plotini: ho iniziato a lavorare a 19 anni. Avevo intenzione di fare altro, ma dopo la maturità mio padre mi ha proposto di seguire i montatori allo Smau, ho accettato e mi sono immediatamente reso conto della bellezza di un mestiere unico che offre l’opportunità di seguire da vicino tutto il ciclo di vita del prodotto. Si crea, si realizza, si smonta e si passa a fare altro, è tutto estremamente veloce ma tutte le volte, al termine di questo processo straordinariamente veloce, si è sempre imparato qualcosa.Il nostro è un bel mestiere ed è questa consapevolezza la molla che mi spinge ad andare avanti. Inoltre, siamo sempre di fronte a qualcosa di diverso e dobbiamo essere creativi in tempi rapidissimi,

PlotiniAllestimentiSrlNata a Milano nel 1937, la Plotini Allestimenti si è sempre occupata di allesti-menti di stand, mostre, fiere ed eventi, arredamento di negozi, punti vendita, uffici, showroom e musei. L’azienda negli oltre 70 anni di attività ha collaborato con i più importanti studi di architettura nella realizzazione dei loro progetti, in Italia e all’estero.

WAYSpaNata nel 1916, la WAY ha consolidato negli anni la sua principale attività di allestimenti per mostre, stand, congressi ed eventi vari. L’arricchimento tecnico acquisito nel tempo e la continua collaborazione con architetti, agenzie e proget-tisti hanno portato la WAY ad essere uno dei leader di mercato.

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infatti il nostro è uno di quei pochi mestieri dove si impiega più tempo a ideare che a realizzare il lavoro.Nel nostro team tutte le pedine sono importanti e devono essere integrate alla perfezione perché l’unica cosa certa è che noi alla data ora dobbiamo essere pronti a consegnare il lavoro. Un lavoro che vede l’unione di fantasia, esperienza e tecnologie all’avanguardia, mix sicuramente affascinante che contribuisce alla specificità della nostra professione.

Massimiliano, qual è lo spazio per la creatività in un’azienda come la vostra che ha più di 100 anni di vita?

Vaj: direi che di spazio c’è n’è tanto perché, anche se in un certo senso siamo spettatori della creatività altrui, lavoriamo a stretto contatto con alcuni dei più importanti nomi dell’architettura e da cui abbiamo l’opportunità di imparare qualcosa. Del resto, la nostra non è una creatività in senso specifico, ma riusciamo a essere creativi grazie a un team di collaboratori che lavorano in modo affiatato per arrivare a un obiettivo temporale molto limitato. La nostra creatività, infatti, consiste nel trovare sia soluzioni pratiche-costruttive sia organizzative che consentano di collaborare con il progettista per creare un allestimento dove non è assolutamente consentito sforare nei tempi. Inoltre, i tecnici hanno lo spazio per la creatività e per studiare soluzioni che consentano di dare vita a stand sempre unici in tempi strettissimi. Uno degli esempi più recenti ci ha visti partecipare a una gara a Milano per l’allestimento di una mostra d’arte. La richiesta ci è stata consegnata il 28 luglio, il 2 di agosto abbiamo inviato la proposta e l’allestimento si sarebbe dovuto completare entro l’8 settembre. Potete immaginare cosa vuol dire organizzarsi e lavorare in un periodo in cui la maggior parte dei fornitori è chiuso per ferie. È sempre una scommessa, ma “allestire” vuol dire “fare in fretta”.

Essere messi in condizioni estreme vi aiuta o vi è di ostacolo?

Plotini: quando si lavora nel settore degli allestimenti si ha sempre poco tempo a disposizione per la realizzazione, ma soprattutto assistiamo a picchi di lavoro legati alla stagionalità. Devo dire che paradossalmente si lavora meglio in emergenza rispetto a quando abbiamo più tempo a disposizione. Certo, nel primo caso i costi sono sicuramente più alti, ma il risultato è sempre al massimo livello.

Vaj: nel nostro lavoro la sedia brucia, siamo in costante movimento, ti confronti con tutti e si crea sempre adrenalina, a volte anche troppa... Da noi c’è l’operosità che si trova in un formicaio. Può sembrare un processo caotico, ma in realtà è un processo molto organizzato che vede l’utilizzo di macchinari avanzatissimi e tanta manualità. Un mix che ci rende unici e che è anche apprezzato all’estero come ci è recentemente capitato con la Harley Davidson che, dopo essere rimasta colpita dal nostro allestimento, ci ha chiesto i diritti per poter passare il layout al loro allestitore asiatico.

Domanda dal pubblico: lavorate spesso sotto stress, ma mi pare di capire che i vostri collaboratori non si lamentano…

Vaj: come si diceva pocanzi il nostro è un lavoro stagionale, quindi ci sono anche periodi di calma non solo quelli di alto stress. Di certo posso dire che non è un lavoro per gente lenta nel prendere le decisioni.

Plotini: onestamente penso che una delle ragioni principali per cui i nostri collaboratori sono così coinvolti è che ognuno si sente protagonista di una squadra in cui collabora in maniera sostanziale. Nelle nostre aziende lavora tutta gente appassionata.Certo, ci vuole la creatività dell’imprenditore affinché i periodi di tranquillità siano più brevi possibile. Il fatto di essere trasversali a molti settori ci consente di essere molto più flessibili rispetto alle grandi realtà del contract, e questo spesso si traduce in un vantaggio di mercato.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Vaj: quando si lavora, purtroppo, ci si estranea da questi pensieri. Venire coinvolti da un processo produttivo veloce ti lascia poco spazio per riflettere. Io, e per quello che ho visto mio padre e mio nonno, cerco di mantenere un ambiente lavorativo ricco di valori e di persone che li condividono. Valori senza i quali non riuscirei a lavorare e grazie ai quali riusciamo a garantire la durata dell’impresa.

Plotini: condivido pienamente questo ragionamento. Il lavoro va fatto con etica e va fatto al 100% rispettando tutti. In breve, facendo le cose per bene e comportandosi con etica.

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21 AGOSTO 2012 - RIMINI

RISCOPRIRE I MESTIERI. IL FASCINO DEL "FARE CON LE PROPRIE MANI"

INCONTRO CON MAURIZIO RIVA(Riva Industria Mobili), GIULIANO CAPPELLETTI (architetto), MAURO CAZZANIGA (Confartigianato)

De Ponti: oggi è una giornata diversa dalle altre perché abbiamo con noi il presidente di FederlegnoArredo, Roberto Snaidero, a cui rivolgo una domanda. Presidente, come mai ha insistito per avviare questo genere di incontro con gli imprenditori?

Snaidero: dopo l’esperienza dell’anno passato, fortemente voluta dal mio predecessore, Rosario Messina e che ha visto un grande entu-siasmo, ho deciso di ripeterlo anche quest’anno. Presentando ciò che i miei colleghi hanno nella loro storia (che è anche la storia del mobile italiano), ma anche parlando ai giovani, elementi indispensabili per continuare a crescere.

Abbiamo tre testimoni che hanno fatto una grande esperienza nel-la vita. Potreste raccontarcela?

Riva: prima vorrei inquadrare la mia persona. Sono già nonno e mi sento responsabile di lavorare per i miei nipoti e per i giovani orga-nizzando numerosi eventi e iniziative: vado nelle università a parlare di legno, ho organizzato un concorso di idee che ha visto la parteci-pazione di 1.200 designer da tutto il mondo, è nato il concorso sul recupero delle botti di San Patrignano... È un modo per garantire un futuro ad un’Italia di cui dobbiamo prenderci maggior cura come negli

RivaIndustriaMobiliSpaTutto nasce negli anni 20 del secolo passato, con la produzione di arredamenti che già proponevamo finiture naturali. Dal 1992 passa dal livello artigianale ad un’azienda con 30 collaboratori e il marchio passa da Riva Arredamenti a R1920, proponendo mobili con finiture naturali, calore del legno e design curato, che vengono riconosciuti ed apprezzati anche all’estero.

ConfartigianatoOrganizzazione autonoma che rappresenta tutte le componenti geografiche, set-toriali e culturali dell’imprenditoria artigiana e delle piccole imprese italiane.

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altri Paesi. Credo sia importante anche avere cura del proprio luogo di lavoro che deve sempre essere pulito e ordinato come la propria casa. Aggiungerei anche che la crisi quando terminerà avrà contribu-ito a trasformare le aziende in realtà eccellenti e ancor più capaci di dare servizio. Come imprenditore ho sempre pensato che il mio ruolo debba essere quello di lasciare qualcosa che migliori il nostro Paese e per fare ciò ritengo utile creare rapporti personali. Ricevo spesso e-mail di architetti e a tutti rispondo personalmente a mano o, se ho tempo, li chiamo personalmente. Un rapporto molto intenso, come quello che ho con il legno e con le piante: proprio ieri ero nel bosco a pulirlo perché mi piace averne cura. Non è un caso quindi che chi compra un prodotto della Riva riceva anche un alberello da piantare.

Cappelletti: vengo da una famiglia di artigiani e sin dalla culla ho re-spirato segatura. La città da cui provengo (Cantù) ha fatto la storia del nostro territorio, grazie anche alla presenza della scuola dei me-stieri di Cantù che negli anni si è però trasformata in Liceo artistico. Ora, per merito di FederlegnoArredo, si riparte con un polo formati-vo fondamentale per il nostro territorio perché, voglio sottolinearlo, dobbiamo iniziare a progettare per i prossimi 20 anni e non più per l’immediato. Sono convinto che grazie al nuovo Polo formativo del legno arredo riusciremo a creare qualcosa di positivo per il nostro Paese perché, se da un lato gli artigiani possono avere dei limiti, dall’altro la loro capacità sarà fondamentale per garantire la cre-scita dell’industria dando vita a un binomio sicuramente vincente in grado di garantire un futuro ai giovani.

Cazzaniga: un’azienda artigiana si discosta dalla grande azienda. Le problematiche e le esigenze sono diverse, ma abbiamo un obiettivo comune - il cambiamento – che possiamo ottenere solo coinvolgen-do le giovani generazioni. Posso confermarlo in quanto in azienda sono entrato da giovane e, se all’inizio l’amore per il legno non era così grande, con il passare degli anni è diventato una vera e propria passione. Passione che deve ancora guidare il nostro lavoro perché anche se oggi abbiamo tutti macchine a controllo numerico e un pro-getto si può salvare in pochi secondi su una chiavetta, è l’esperienza che ti consente di conoscere i segreti di un materiale meraviglioso come il legno. Se il legno è umido o secco lo si può sapere solo toccandolo.Nel tempo il legno è diventato una parte di me ed è questa passio-

ne che ci porta a essere qui a parlare ai giovani che sono il nostro futuro. Quando nel ’81 sono entrato in azienda non era un periodo facile, ma siamo comunque andati avanti e giorno dopo giorno siamo usciti dalla bottega alla conquista dei mercati. Oggi siamo in tutto il mondo con i nostri mobili e siamo considerati dei veri e propri “sarti del legno”.

Domanda dal pubblico: in questi tempi di crisi i giovani fanno sem-pre più fatica a trovare lavoro. La scuola va sicuramente nella direzione giusta, ma le vostre aziende avranno la possibilità di accogliere i ragazzi una volta completati gli studi?

De Ponti: i giovani che frequenteranno il Polo formativo del legno ar-redo avranno la possibilità di imparare a lavorare con le proprie mani, ma anche di apprendere i fondamenti per diventare operatori com-merciali, due figure particolarmente richieste dalle nostre aziende. Per garantire una formazione completa il Polo lavorerà in stretta e sinergica collaborazione con FederlegnoArredo e il mondo produttivo.

Riva: da diversi anni facciamo percorsi con i giovani e passiamo del tempo insieme ai nostri stagisti facendogli fare un vero percorso scolastico. Abbiamo sempre dovuto muoverci autonomamente per-ché, purtroppo, nel nostro Paese la formazione non è considerata come in altri Paesi. In Svizzera, per fare un esempio, faccio parte del consiglio di amministrazione di un istituto da cui escono tecnici del legno: il governo federale ha messo a disposizione 13 milioni di franchi per lo sviluppo dell’attività scolastica!

Cazzaniga: in azienda abbiamo sempre avuto difficoltà a trovare ra-gazzi che avessero voglia di imparare il mestiere. Purtroppo i giovani d’oggi pensano che fare l’artigiano sia una scelta dequalificante, ma non è così. Parliamo infatti di un mestiere d’oro che solo pochi sono in grado di fare. Inoltre, le botteghe sono luoghi sani anche dal punto di vista ambientale (le nuove leggi garantiscono la presenza di un ambiente salubre e sicuro grazie ad aspiratori, sistemi di sicurezza eccetera). Speriamo solo di uscire presto dalla crisi per continuare a correre come abbiamo sempre fatto.

Cappelletti: la formazione è fondamentale e, fortunatamente, ulti-mamente il vento sta cambiando: se fino a pochi anni fa le famiglie

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erano orientate a lasciare i ragazzi fuori dalla fabbrica adesso, con l’avvento della crisi, si stanno rendendo conto che gli Its (Istituti Tecnici Superiori) sono fondamentali per garantire ai ragazzi un la-voro e, quindi, il loro futuro. Da ragazzino ho frequentato la Scuola d’arte di Cantù perché l’unica alternativa era il liceo e grazie a quella scelta sono diventato architetto. Una cosa è certa, i giovani di oggi dovranno essere sicuramente in grado di affrontare i problemi della vita anche perché la crisi potrebbe durare ancora lungo tempo.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Cazzaniga: l’azienda che deve andare avanti, l’amore per il legno, l’affascinante percorso dalla progettazione alla realizzazione di un manufatto.

Cappelletti: quando la mente naviga dalla commessa, all’ideazio-ne, alla progettazione e, finalmente, alla realizzazione. Per comple-tare tutti questi passaggi ci vogliono mediamente due anni ecco perché vedere il prodotto finito sul mercato è sempre una grande soddisfazione.

Riva: è la base di tutto. Direi anche che è la storia di ognuno. Circa un anno e mezzo fa ho aggiunto un pezzo al museo Riva: il carretto che tiravo a mano più di quarant’anni fa per portare i mobili dall’im-piallacciatore e dal lucidatore. A volte ricordo ai miei dipendenti gli anni in cui tiravo il carretto, magari quando d’estate porto loro i ghiaccioli per una pausa rinfrescante. Anche questo fa parte del mio rapporto con l’infinito.

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21 AGOSTO 2012 - RIMINI

INNOVAZIONE E RICERCA. LA BELLEZZA DELL’IGNOTO

INCONTRO CON MASSIMO BUCCILLI E MARCO BORDIOLI (VELUX Italia), LIVIA MONARI (Monari Pallets), GIOVANNI ANZANI (Poliform), GIORGIO VITTADINI (Fondazione per la Sussidiarietà)

Snaidero: abbiamo fortemente voluto queste conversazioni per di-mostrare la vitalità di un settore che è conosciuto nel mondo e che, nonostante le difficoltà del momento, sta reagendo. Per sottoline-are la nostra attenzione al futuro e alla continuità abbiamo scelto di chiamare a testimoniare anche giovani rappresentanti del nostro settore.Mi auguro quindi che questa manifestazione consenta a tanti dei ragazzi presenti di avvicinarsi a un settore, il nostro, che tutto il mondo ci invidia. Il legno del resto è la nostra vita.

Vittadini: giovani per la crescita, quale esempio migliore di quello che sta offrendo FederlegnoArredo al Meeting di quest’anno. Dob-biamo valorizzare il settore, ma soprattutto dobbiamo salvaguardare il saper fare italiano che ci ha permesso e ci permetterà sempre di vincere sui mercati internazionali. Un esempio di questa capacità è quello della Snaidero Cucine che negli Usa ha venduto un’importante commessa a un cinese che per chiudere l’affare ha chiesto espres-samente che non vi fosse nemmeno un chiodo made in China. Un altro aspetto importante è quello della formazione che dovrà valoriz-zare sempre più quello che chiamo “l’imprevedibile istante”.

Cosa spinge voi imprenditori ad andare avanti, nonostante le diffi-coltà di un mercato che stenta a riprendersi?

Monari: la mia azienda produce quasi tre milioni di pallet all’anno, una

MonariPalletsSrlNasce nel 1970 su iniziativa dello stesso fondatore, Enrico Monari, che avvalen-dosi della sua esperienza maturata nel settore della lavorazione del legno, prima come operaio, poi come piccolo artigiano, avvia l’attuale attività di produzione di imballaggi in legno.

FondazioneperlaSussidiarietàCostituita nel 2002 per iniziativa di Giorgio Vittadini insieme a un gruppo di acca-demici ed esponenti del mondo culturale e imprenditoriale, come luogo di ricerca, formazione e divulgazione intorno ai temi culturali, sociali ed economici, con rife-rimento al principio di sussidiarietà.

PoliformSpaFondata nel 1970, evoluzione di un’impresa artigiana nata nel 1942, l’azienda investe subito nelle nuove tecnologie produttive, evolvendo negli anni la proposta verso i sistemi modulari componibili, imbottiti e complementi d’arredo per la casa. Nel 1996 si aggiunge alla struttura aziendale il marchio Varenna, dedicato alla produzione di cucine.

VELUXItaliaSpaVELUX si affaccia sul mercato italiano nel 1968 grazie alla Lacedelli di Cortina d’Ampezzo, che per prima ne commercializza i prodotti. Nel 1977 nasce la VELUX Italia Spa che oggi occupa oltre 120 collaboratori.

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cifra importante che è cresciuta negli anni. Sono entrata in azienda più di 20 anni fa e ho visto l’evoluzione della produzione che è di-ventata sempre più automatizzata. Oggi è sicuramente più difficile capire gli sviluppi del mercato e cosa ci aspetta nel futuro, ma noi dobbiamo sempre essere pronti a cercare di anticipare gli eventi. Dobbiamo avere tutti i giorni la voglia di creare qualcosa e anche se il pallet potrebbe sembrare un prodotto semplice non dimentichiamoci che coinvolge tutti noi. Le aziende, infatti, lavorano grazie al pallet. Comunque, ci tengo a sottolineare che negli ultimi periodi stiamo lavorando bene, soprattutto con le esportazioni.

Anzani: secondo me la bellezza dell’ignoto è alzarsi la mattina e pen-sare che tutto è da rifare. Gli ultimi anni - che sono stati sicura-mente molto difficili, ma anche decisamente stimolanti - ci hanno visti coinvolti in grandi cambiamenti, nella ricerca di Paesi fino a poco tempo fa sconosciuti. In breve, per superare questi momenti è ne-cessario cercare di penetrare nei mercati con tutto quello che siamo capaci di fare. Seguendo questo stimolo, la passione che non ci man-ca mai riusciamo a superare i momenti difficili, anche se come italiani siamo molto bravi a fare e poco a comunicare.Per superare questo problema abbiamo creato Poliform Lab che rac-coglie in un’unica grande struttura centro ricerche, ufficio comuni-cazione, showroom, ristorante e sale di formazione. Al suo interno da giugno 2011 a giugno 2012 abbiamo ospitato oltre 2.500 perso-ne. Pur avendo un Salone del Mobile come quello di Milano abbiamo sentito la necessità di creare qualcosa di nuovo, e i risultati ci stan-no dando ragione.

Buccilli: la crisi ha fatto da acceleratore per promuovere e fare emergere le aziende più innovative. Cioè quelle che sono state capaci di valorizzare la ricchezza in ogni singolo dettaglio e di seguire tutte le esigenze di una clientela che, inoltre, richiede un prezzo giusto. Una grande mano in futuro verrà anche da internet che aprirà sce-nari sempre più grandi. Come quelli offerti da Velux Lab, l’innovativo centro ricerche a “consumo energetico quasi zero” realizzato pres-so il Politecnico di Milano per ospitare un laboratorio d’eccellenza per la ricerca nell’ambito dell’innovazione sostenibile e dove si svolgeran-no le attività di ricerca dei dipartimenti BEST (Building Environment Science & Technology) ed Energia.

Bordioli: la mia partita la sto giocando come una bella sfida dove

ho capito che è necessario saper pazientare per portare risultati. Certo, negli ultimi anni è cambiato tutto il quadro, ma sono cambiate anche le imprese e noi con esse.

Anzani: il futuro non è nostro ma è dei giovani. Ecco perché ritengo una sfida importante quella di riuscire ad avvicinarli al nostro mondo affascinante dove potranno creare prodotti che piacciono in tutto il mondo. Se riusciremo a fare ciò, non lo nascondo, saremo anche riu-sciti a salvaguardare un saper fare che non possiamo permetterci di perdere. Abbiamo bisogno di “mani intelligenti” da fare entrare nelle nostre aziende e noi dobbiamo riuscire a trovarle.

Vittadini: le università italiane formano persone giuste per le vostre attività o ci sono delle carenze?

Anzani: uno dei più grandi errori commessi nel nostro Paese è stato quello di chiudere le scuole professionali (il caso dell’Istituto d’Arte di Cantù è eclatante) che formavano ragazzi i quali successivamente entravano nelle nostre aziende in vari ruoli e con grande competenza.

Buccilli: devo dire che alcune università si stanno sforzando di av-vicinarsi al mondo del lavoro, ma sono ancora troppo poche. Se vo-gliamo avere un futuro dobbiamo prendere l’esempio dall’estero dove si privilegiano percorsi di respiro internazionale. Nel nostro piccolo cerchiamo di trovare in Italia le persone che, con la loro competenza e capacità, ci consentono di arricchire il nostro prodotto.

De Ponti: dove nasce l’innovazione nei vostri rispettivi settori?

Monari: in azienda siamo quotidianamente alla ricerca di un prodotto in grado di rivoluzionare il futuro, ma non è semplice e, nonostante i nostri sforzi, non riusciamo ancora a trovare un’alternativa.

Bordioli: secondo me l’innovazione è soprattutto quella sociale, non si deve solo pensare al prodotto ma anche alle implicazioni di quest’ultimo nella vita di tutti i giorni.

Anzani: faccio solo un esempio: Oscar Farinetti ha dato vita a Eataly partendo da una semplice intuizione - valorizzare all’estero i prodotti alimentari italiani. E il successo è sotto gli occhi di tutti: nel 2011 il gruppo ha fatturato 220 milioni di euro, mentre per il 2012 la previ-sione è di arrivare a 300 milioni.

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22 AGOSTO 2012 - RIMINI

TUTELARE IL SAPER FARE ITALIANO PER RILANCIARE IL PAESE

INCONTRO CON GIOVANNI PASTORINO (Deltacalor), PAOLO NINATTI (Industria Legnami Tirano) E EMANULE ORSINI (Sistem Costruzioni)

Snaidero: la nostra federazione – che raggruppa tutti i principali pro-duttori del sistema legno-arredo italiano – è vicina al raggiungimento della cifra necessaria per realizzare il nuovo Asilo del Sacro Cuore di Finale Emila, irreparabilmente danneggiato durante il terremoto del maggio scorso. La costruzione del nuovo asilo è un segnale di ottimi-smo e di crescita in un momento congiunturale dove tutti parlano di ripresa vicina. Le nostre aziende credono nelle parole dei governanti, ma sono anche convinto che dobbiamo anche continuare a lavorare con le nostre forze, per noi e per i giovani che vogliamo che entrino a far parte della nostra squadra.

Cosa vuol dire secondo voi “tutelare il saper fare italiano”?

Ninatti: il saper fare lo tocco con mano tutti i giorni vedendo quello che quotidianamente mi insegnano i miei colleghi. Ma il saper fare si scontra quotidianamente con altri problemi. Mi spiego meglio. Vivia-mo in una terra di confine (l’alta Valtellina)e da sempre siamo abituati a fare tutto da soli, ma se vedeste la mia scrivania vi accorgereste immediatamente che per l’80 per cento si tratta di scartoffie che nulla hanno a che fare con il mio mestiere. I miei colleghi stranieri, invece, hanno la scrivania sgombra. Ecco quindi che per recuperare il gap rispetto ai nostri vicini oltre confine dobbiamo lavorare almeno

DeltacalorSrlNasce nel 1993 come azienda produttrice di scalda-salviette in acciaio. Nel 2001, a seguito dell’acquisizione da parte di un gruppo industriale, rinnova il proprio assortimento con linee di prodotto esclusive. La produzione si avvale di moderne tecnologie, dalla saldatura alla verniciatura fino ad un sistema di con-trollo della qualità strutturato con i più elevati standard di mercato.

IndustriaLegnamiTiranoSrlNasce come segheria a Tirano nel 1924, espandendosi poi per tutta la Valtellina. Nel 1992 viene avviato il reparto Seconde Lavorazioni e viene acquisita la Mon-tana Legno, specializzata in arredo urbano, parchi gioco e strutture di legno per uso esterno. Con la nascita della Legnotech nel 2000, l’ITL si apre al comparto della progettazione, produzione e posa di strutture e case in legno.

SistemCostruzioniSrlOpera nel settore delle costruzioni in legno dal 1978, realizzando strutture in legno lamellare e massiccio in Italia e all’estero, avvalendosi di personale tecnico specializzato dalla progettazione alla produzione, utilizzando sofisticati macchinari di ultima generazione.

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cinque ore in più al giorno e spesso lavoriamo anche di sabato. Ma è giusto sprecare il talento in attività inutili? Io non credo proprio!Comunque ho molta fiducia nei destini del Paese perché abbiamo un estro che all’estero manca. Sicuramente alcuni nostri vicini sono più disciplinati e, pur facendo meno di noi, ottengono risultati miglio-ri, ma a noi basterebbe togliere lacci e laccioli per liberare energie formidabili.Chi fa questo mestiere o ama il legno o è meglio che cambi strada. Ci sono molti rischi e molti impegni, in compenso la redditività è scarsa. Ma il legno ti ripaga ogni giorno grazie alle sue qualità intrinseche e al fatto che ogni pezzo è diverso dall’altro e noi dobbiamo scegliere cosa fare con quel singolo elemento. Bisogna saperne tirare fuori il meglio, come con le persone... A questo proposito voglio ricordarne una, mio nonno, di cui porto il nome e che è morto sul lavoro; dandomi il suo nome il mio destino era già segnato e oggi sento il dovere di finire quello che lui non è riuscito a completare.Il primo passo importante in azienda l’ho fatto poco dopo la laurea. Mio padre era andato in ferie (forse per la prima volta in vita sua) e io ne approfittai per creare il primo nucleo per la produzione di semila-vorati. I passi successivi hanno visto la nascita della sezione “arredi per parchi giochi”, di quella “tetti in legno” e, infine, “case ed edifici in legno”.Per far crescere un’azienda è però estremamente importante avere rispetto per i collaboratori. Io, ad esempio, mi sento più un ammini-stratore di condominio che un proprietario: sono il primo servitore dell’azienda. Solo in questo modo si potrà tutelare l’esperienza delle persone che lavorano per me. Bisogna essere in grado di capire e di farsi capire, anche perché si vive insieme per anni e se si vuole che questo menage sia sereno tutti devono essere consapevoli che è giusto dare e avere.

Giovanni, cosa significa per te questa esperienza? Dobbiamo esse-re come dei tutori?

Pastorino: noi realizziamo un prodotto finito che va direttamente al consumatore finale. Siamo una piccola azienda che negli ultimi anni è cresciuta molto grazie a prodotti di alto contenuto di design e a una piccola divisione che realizza prodotti “consumer” destinati ai mer-cati di tutto il mondo; d’altronde il mercato è globale e quando penso alla mia azienda penso a tutto il mondo. Ma in un mercato maturo

una delle più grandi domande è quella su come essere sempre com-petitivi, ovvero cosa si può fare di diverso dagli altri? Essere sempre creativi, questo è il faro che guida la mia attività e quella della mia squadra. Saper innovare ed essere diversi dagli altri, così come es-sere più veloci dei nostri concorrenti stranieri, ci permette di vincere tante sfide anche se con grande fatica, a causa della scarsa tutela e dell’eccessiva burocrazia che ci penalizza. Fortunatamente, la gran-de velocità e il saper tenere contenuti i costi ci consentono di essere ancora competitivi.Non dimentichiamoci che i prodotti li fanno tutti, ma solo noi siamo in grado di sprigionare la creatività tipicamente italiana. In Deltacalor siamo riusciti a creare manufatti vincenti grazie a brainstorming in cui sono stati coinvolti i fornitori.

Emanuele, potresti parlarci del progetto dell’asilo del Sacro Cuore di Finale Emilia?

Orsini: è impossibile descrivere la scossa di terremoto del maggio scorso. Posso solo dire che il giorno dopo abbiamo cercato un po’ tutti di capire cos’era successo: 200mila persone sfollate, 4mila persone senza casa, l’80 per cento delle aziende produttive a nord di Modena andate perdute. La nostra azienda non ha subito danni perché è realizzata in legno, ma nel nostro territorio abbiamo per-so numerosi punti di aggregazione (in totale 46 chiese e 77 scuole danneggiate). Ecco perché come FederlegnoArredo ci siamo attivati immediatamente per portare un aiuto concreto con la costruzione di un nuovo polo scolastico di oltre 2.000 metri quadrati capace di ospitare oltre 240 bambini in sei sezioni di materna e due di nido. La scuola sarà realizzata da dieci aziende associate che si sono rese disponibili a contribuire alla ricostruzione, mentre altre hanno con-tribuito donando materiali vari per le finiture. Ci tengo a sottolineare che nessuno lo ha fatto per pubblicità ma solo a scopo benefico. Al massimo ad inizio novembre i bambini entreranno a scuola, un edificio moderno, innovativo, ecologico, in classe A.

Domanda dal pubblico: ho riscontrato un filo conduttore nei tre in-terventi: quando parlate dei dipendenti usate i termini “colleghi” e “squadra”. Siccome si è parlato anche di innovazione, cosa vuol dire per voi essere innovativi nel rapporto con i collaboratori e i con concorrenti?

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Pastorino: sinceramente non so se sono innovativo o no in questo rapporto (innovazione significa qualcosa di nuovo), ma di sicuro quello che facciamo in azienda è cercare di coinvolgere il più possibile i col-laboratori nelle scelte aziendali per capire quali prodotti nuovi svilup-pare per poi metterli sul mercato. Il risultato è che a volte sono gli operai stessi a realizzare dei prototipi. A volte interessanti a volte meno, ma pur sempre frutto di una creatività che nasce da questa condivisione.

Ninatti: ci sono molti modi di essere innovativi. Uno li adotta in base alle proprie caratteristiche. Apparentemente sono un estroverso, ma in realtà sono socievole e timido. Ho sempre cercato di parlare con gli esempi anche in azienda e non mi sono mai approfittato del mio ruolo. Ho sempre voluto fare nuove esperienze e farle fare a chi lavora con me. Potrei dire che il mio stile è sempre stato quello di partire all’attacco senza timore di voltarmi indietro a cercare chi mi seguiva perché sapevo di averli tutti al mio fianco.

Orsini: quando sono arrivato a Finale e il parroco mi ha comunicato che aveva portato tutti i bambini in Trentino per passare qualche giorno lontano dalle aree terremotate, ho avuto la conferma che i piccoli (che rappresentano la fascia più debole della nostra struttura sociale) devono avere una visione positiva della vita e dobbiamo esse-re noi a dargliela.

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22 AGOSTO 2012 - RIMINI

PER CRESCERE OCCORRE CAMBIARE: LA SCOSSA VIENE DAI GIOVANI

INCONTRO CON CLAUDIO GIUST E CHIARA BENINCÀ (La Edilegno), FAUSTO IACCHERI (Cer Pallets)

Il titolo di questo incontro è di grande attualità, negli ultimi anni infatti sono cambiate le condizioni in cui ci siamo sempre mossi. Il cambiamento è importante per ognuno di noi, per chiunque svolga un’attività lavorativa. Cosa vuol dire “cambiamento” per voi e qual è il vostro rapporto con i giovani?

Giust: la nostra azienda è cambiata moltissimo negli ultimi due anni, passando dalla realizzazione di coperture (prevalentemente solai e tetti) alla costruzione di case di legno. Una scelta dettata dalla vo-lontà di seguire il mercato e che fa parte di un percorso cominciato nel 1991 e che ci ha visti in crescita sin dagli esordi. La prima filiale è stata aperta nel 1995 e negli anni a seguire abbiamo aperto altri uffici in tutta Italia grazie a una crescente richiesta di coperture in legno. Nel 2002 abbiamo rallentato l’attività a causa di un problema personale, ma negli anni successivi abbiamo ricominciato a cresce-re fino a raddoppiare il fatturato nel 2011. Pere quanto riguarda il rapporto con i giovani ci tengo a dire che questi importanti risultati sono stati raggiunti grazie anche all’apporto dei giovani, tant’è che in azienda l’età media è 39 anni e Chiara, la più giovane del team, è con noi da 13 anni e ricopre il ruolo di responsabile tecnico.

Benincà: sono entrata in azienda subito dopo il diploma e sin da su-bito l’impatto è stato molto positivo grazie a una realtà che ha mo-

CerPalletsSrlNasce nel 1974 a Toano, in provincia di Reggio Emilia, su iniziativa di un gruppo di giovani. La Cer Pallets si occupa del recupero e della messa in riserva dei pallets in legno.

LaEdilegnoSrlNata nel 1991 in provincia di Treviso come produttore di carpenteria in legno, negli anni si è specializzata nella realizzazione di case ed edifici in legno che pre-vedono l’utilizzo di materie prime ricavate da boschi a gestione controllata ed ecosostenibile.

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strato di credere in me dandomi responsabilità precise e facendomi crescere in un clima famigliare che mi ha accompagnata per tutto il percorso formativo e che continua ancora adesso. Se dovessi dare un consiglio a un giovane sta per entrare nel mondo del lavoro gli direi di non pensare tanto, ma di concentrarsi sul “fare”, solo così si può imparare ad apprezzare quello che si fa.

Iaccheri: l’importante è essere giovani nello spirito e avere sempre la forza di reagire. E a conferma di quanto sto dicendo vi porto il mio esempio: circa un anno fa, nel pieno della crisi e per cercare di su-perarla, con alcuni imprenditori impegnati nella produzione di pallet abbiamo deciso di unire le forze e dare vita a un nuovo progetto sul noleggio di pallet. L’iniziativa, nata anche grazie al lavoro di Federle-gnoArredo, ha avuto subito un buon successo e adesso operiamo su tutto il territorio nazionale. Non è un lavoro semplice, tenete presente che se una grande azienda alimentare noleggia mille pallet, il giorno dopo ti chiama e ti dice che 30 sono da ritirare a Napoli, 20 a Canicattì, 20 a Palermo e così via. Ma questo per noi non rappresenta un problema, è una sfida. Certo, ci vuole una rete su tutto il territorio ben organizzata e strutturata, ma il risultato finale è un servizio che rende ancora più ecologico un prodotto già “verde” come il pallet. Pensate che il nostro progetto è così interessante che siamo riusciti a convincere a venire a lavorare da noi alcuni ragazzi tedeschi perché in Germania questo servizio è attivo già da alcuni anni e ci stanno dando una grossa mano a strut-turarci al meglio perché se si vuole che il sistema funzioni dobbiamo allargare sempre più la rete.

Che beneficio hai dal lavorare con i giovani?

Iaccheri: ritorno giovane anch’io. Mi ricordo nel 1974 quando ho iniziato a lavorare eravamo tutti ragazzi in un paese piccolo, senza soldi e, come si usava spesso allora, sono andato a studiare in se-minario. Ed è proprio in seminario che sono venuto a contatto per la prima volta con il denaro in quanto i sacerdoti ci permettevano di eleggere un capo classe che sarebbe diventato “sindaco” e ci dice-vano: “Oggi vi diamo dei “talenti”, amministrateli bene e distribuite stipendi e paga”. È stata in quella occasione che ho imparato ad am-ministrare. Allora eravamo tutti giovani e avevamo il mondo davanti. Anch’io, come tutti, avevo degli obiettivi precisi che ho raggiunto con

il passare degli anni partendo dal 1974, l’anno della riforma fiscale, quando ho aperto la mia attività.Purtroppo, devo constatare che la volontà che mi ha spinto da ra-gazzo l’hanno anche i giovani di oggi, il problema è che rispetto a noi non hanno più la possibilità di metterla in pratica. Erano anni in cui le offerte di lavoro ti arrivavano quando ancora stavi studiando: un’altra epoca. Al giorno d’oggi manca l’aiuto ai giovani, che hanno sempre più difficoltà a inserirsi nel lavoro. Stiamo correndo un grande rischio e cioè che la crisi da economica diventi anche sociale, se dovesse accadere rischiamo di perdere per strada un’intera generazione di potenziali talenti.A questo proposito mi viene in mente una ricetta per cercare di risolvere il problema della disoccupazione giovanile: attualmente stia-mo lavorando 40 ore settimanali, perché non le riduciamo a 32 ore, prendiamo il 20% in meno di stipendio e facciamo sì che tutte le ditte che hanno più di cinque dipendenti assumano un giovane? In un col-po solo assorbiremmo il 20% dei giovani disoccupati e avremmo più tempo per noi. Il tutto senza costi aggiuntivi per le aziende. Un’altra strada è quella dei contratti di solidarietà, come avvenuto con suc-cesso nel distretto della ceramica di Sassuolo. Perché non allargare questi strumenti a tutta Europa?

Domanda dal pubblico: ascoltando i vostri interventi emerge il filo conduttore della “necessità di cambiare”. Personalmente osservo una resistenza, anche in me stesso, a essere flessibile e a cercare il cambiamento. Voi invece avete testimoniato che questo proces-so può avvenire con una certa naturalezza. Come si può favorire?

Benincà: tutto parte dalla persona e da quello che può portare all’in-terno dell’azienda. Se il denominatore comune è il clima costruttivo, l’intera azienda seguirà questa strada. Ritengo fondamentale che non ci siano ruoli troppo subordinati e che si concentrino le energie sulla ricerca di un confronto costante.

Domanda dal pubblico: una delle criticità maggiori per il settore degli imballaggi è quella dell’ingresso in azienda delle nuove gene-razioni? Cosa si può fare per superare questo possibile ostacolo?

Iaccheri: tutti i miei colleghi lavorano per lasciare l’attività ai figli, ma a volte si sentono dire no. Del resto i giovani vogliono scoprire

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il mondo da soli ed essere protagonisti della loro vita. Obbligarli è sbagliato.

Claudio, la tua azienda è impegnata nella costruzione dell’asilo di Finale Emilia. Cosa significa per te questo impegno?

Giust: non abbiamo trovato difficoltà a raffrontarci con le altre aziende impegnate in questo progetto. Partecipare alla costruzione dell’asilo ci ha consentito di constatare che ci sono ancora realtà capaci di dare contributi importanti nel momento del bisogno. Faccio un piccolo passo indietro e mi riallaccio alla crisi che stiamo attra-versando. Credo che al momento dello scoppio della crisi eravamo arrivati a un momento di eccessivo benessere dove ciascuno di noi pensava che fosse tutto dovuto. Adesso è il momento di ripartire e i giovani, che stanno soffrendo più di tutti, saranno la molla per il rilan-cio della nostra società. Ragazzi, dovete alzarvi tutti i giorni come se fosse il primo giorno e quando trattate con un cliente fatelo sempre come se fosse il vostro primo cliente. Vedrete che le soddisfazioni non tarderanno ad arrivare.

Benincà: sono d’accordo con Claudio, credo infatti che dobbiamo tornare ad avere rapporti più personali come avveniva una volta.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Iaccheri: come esseri umani dobbiamo renderci conto che abbiamo un inizio e una fine, l’importante è che in questa fine ci sia anche un fine.

Giust: direi avere tanto cuore, tanto amore e tanta voglia di dare sensazioni positive.

Benincà: secondo me infinite possibilità, luoghi e momenti da vivere.

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23 AGOSTO 2012 - RIMINI

L’EXPORT NON È SOLO PER I GRANDI. L’INCONTRO È LA MIGLIORE STRATEGIA

INCONTRO CON STEFANO DE COLLE (Elmar) E ENZO MICALI (Legnoservice)

Recentemente sono usciti i dati dell’export italiano nel primo se-mestre che evidenziano un positivo +4,2%. Il dato conferma che, nonostante la fatica quotidiana, i nostri imprenditori non stanno mollando.

Micali: nel 2008 siamo entrati in contatto con gli arabi, un popolo che solo chi viene dalla Sicilia può capire pienamente in quanto sono arrivati nella nostra terra e hanno lasciato una grande testimonian-za. Invece, nonostante questa grande tradizione, gli arabi vengono spesso considerati ancora un popolo di nomadi in groppa al cammello ed è un errore grandissimo che i nostri colleghi centro-europei hanno commesso e stanno ancora commettendo. Da tempo, infatti, i figli di questi imprenditori sauditi o di altri Paesi si recano a studiare nelle più prestigiose università di tutto il mondo e hanno una preparazione di alto livello. É un po’ come quando ho iniziato a lavorare nei primi anni Sessanta, anche noi siciliani venivamo trattati da “siciliani” e i nostri contratti riportavano addirittura la scritta “colonial”. A oltre cinquant’anni di distanza, grazie a una grande competenza, abbiamo potuto portare la nostra esperienza in questi Paesi e oggi siamo una realtà ben presente sul mercato nonostante non siamo produttori di ciò che vendiamo. Dicevo che tutto è nato nel 2008. In Sicilia ancora non si avvertiva la crisi e ho sentito l’esigenza di mandare mio figlio in Canada per incontrare alcuni fornitori. Gli Stati Uniti si erano appena fermati e quindi pensavo che i produttori di legname canadesi sareb-

ElmarSrlNata nel 1978, Elmar rappresenta oggi un brand dinamico, di forte personalità nella produzione di cucine. Nel corso della sua storia Elmar si è sviluppata con la “normalità” fuori dal comune di chi da sempre ha avuto ben chiara una sua logica, un suo cammino basato su tradizione e design.

LegnoserviceSrlNata negli anni Sessanta in provincia di Catania, l’azienda è specializzata nella commercializzazione di legname. Dal 2008 ha fatto dell’estero il suo principale mercato.

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bero tornati in Europa. Invece mi sbagliavo perché le segherie nel frattempo avevano cessato l’attività. É a quel punto che incontran-do uno degli ex soci di una segheria che mio figlio aveva in programma di visitare è emerso che aveva buoni interessi nel mondo arabo e che era interessato ad acquistare legname del centro Europa per questi mercati. Abbiamo capito immediatamente le opportunità e, visti i no-stri rapporti con alcune delle più importanti aziende centro-europee, ci siamo proposti per fare direttamente l’attività di vendita. Una scelta che con il passare dei mesi è risultata assolutamente felice ed è costantemente cresciuta, nonostante le nostre piccolissime dimensioni: solamente otto persone.

De Colle: sono convinto che la piccola industria può tranquillamente esportare il made in Italy, l’importante è che non rappresenti un semplice tentativo di andare all’estero ma credere in una strategia completa.Noi abbiamo iniziato a esportare negli anni Novanta prima in Spagna e successivamente in Grecia, come spesso accade per un incontro ca-suale attraverso degli intermediari. Da allora è iniziata un’esperienza importante: esportare è quasi un altro lavoro e la dimostrazione viene dal fatto che oggi siamo obbligati a puntare su nuovi mercati in quanto l’industria del mobile è assolutamente sbilanciata verso un mercato interno in forte sofferenza. Certo, la crisi si è sentita anche qui e se fino al 2008 esportavamo il 30% della produzione oggi, dopo il crollo dei mercati greco e spagnolo siamo al 15%. Quella mia di oggi vuole essere una testimonianza che va al di là di un semplice case history, vuol essere la testimonianza di un’azienda che deve affron-tare un mondo che cambia, un mondo complesso. Un cambiamento che deve essere affrontato senza ansia e paura, con grande lucidità e strategia qualunque sia la dimensione dell’azienda. La piccola im-presa, infatti, magari non esporta in tanti Paesi ma esporta con la stessa qualità delle grandi realtà industriali. L’importante per far sì che ciò avvenga è sviluppare il concetto di rete per essere ancora più forti, ma anche accentuare gli aspetti di flessibilità e capacità di ade-guarsi velocemente al mercato. In pratica è fondamentale l’approccio più che la dimensione.A questo proposito voglio ringraziare FederlegnoArredo che suppor-ta molto gli associati nell’export. Del resto l’Italia è il Paese del ben fatto, ma spesso non siamo capaci di venderlo adeguatamente. Sia-mo bravissimi fino a un certo punto, ma poi ci perdiamo. Quindi il

tema del “saper vendere” è fondamentale perché è cambiato il modo stesso di farlo: non si vende più un prodotto, ma un insieme di servi-zi. Faccio un esempio: se vendessimo auto in Cina dovremmo sapere che in quel Paese chi compra l’auto spesso non sa guidare, quindi il venditore con l’auto offre anche le prime lezioni di guida. In India, in-vece è uno status sociale, è una benedizione e l’approccio è diverso.

Qual è stata la difficoltà più grande con cui vi siete scontrati?

Micali: una prima difficoltà storica viene dal fatto di essere sicilia-ni. Ci portiamo appresso una certa immagine non sempre positiva. Voglio raccontare un piccolo episodio accadutomi qualche anno fa a Vancouver. Ero di fronte al direttore di una grande azienda di legname a parlare di lavoro e, a un certo punto della conversazione, saputo che ero siciliano mi chiede: “Talk me about mafia”. La mia risposta è stata semplice: “Vede direttore è una settimana che sono in giro in questa regione dove ho organizzato incontri con aziende interessa-te a esportare ma, guarda caso, quando c’è da chiudere l’affare mi mandano tutti dall’azienda più grande. Sa come chiamiamo questo in Sicilia? Mafia!Tornando alla nostra attuale attività i nostri competitor ci hanno dato prima per falliti, poi hanno detto che eravamo mafiosi e quindi inaffidabili, ora dicono che siamo troppo piccoli e che non possia-mo fare grandi quantitativi. Bene, l’anno scorso abbiamo esportato 100mila metri cubi, quest’anno arriveremo a 120mila, ma abbiamo l’obiettivo di raggiungere quota 200mila. Se avessi la sede in Austria sarei il quarto più grande esportatore. Per rispondere alla sua do-manda queste sono le difficoltà, ma voglio aggiungere che abbiamo trovato una grande disponibilità da parte dei clienti arabi che, seb-bene siano spesso considerati inaffidabili, sono partner molto seri.

De Colle: secondo me parlare di difficoltà non è l’approccio giusto. Ritengo che sia necessario partire dalla realtà per ragionare su una strategia. Vorrei a questo proposito lanciare una riflessione con Fe-derlegnoArredo sull’importanza di saper vendere. Purtroppo riscon-tro che non c’è consapevolezza di questo aspetto fondamentale, nemmeno nel mondo accademico dove troviamo tanto marketing e pochissima vendita. FederlegnoArredo ha lanciato un polo formativo che rappresenta un’opportunità straordinaria per la creazione di fi-gure che un domani ricopriranno un ruolo chiave nelle nostre aziende.

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Ci sono due aspetti che distinguono un grande venditore da uno nor-male: la capacità di stimolare i bisogni degli acquirenti e la grande conoscenza dei mercati. Quando affrontiamo un mercato nuovo è come se versassimo dell’acqua su una superficie porosa, questa vin-ce sul liquido, ecco noi dobbiamo considerare con questo approccio i Paesi dove siamo presenti. Dobbiamo cercare di conoscere bene la “superficie”. Non dimentichiamoci che quando andiamo all’estero siamo visti come il Paese del bello e questo è un plus straordinario su cui dobbiamo lavorare.

Domanda dal pubblico: entrambi avete una predisposizione all’ex-port. Dove nasce?

Micali: il legno è un materiale che internazionalizza chi vi ha a che fare e il perché è semplice: in Italia produciamo appena il 3% della materia prima che serve a far funzionare le nostre imprese e noi sia-mo quelli che portano questo materiale. Mi sono sempre sentito un cittadino del mondo e ciò grazie al legno che ci mette a contatto con il mondo. E insegna anche a relazionarsi con gli altri: pensate che da ragazzo i miei genitori pensavano che fossi autistico perché parlavo poco. Invece, iniziando a lavorare nel settore del legno ho imparato ad avere a che fare con gli altri e a instaurare relazioni umane. Se andiamo in Germania ci ricevono e basta, se vengono in Sicilia o al Sud in generale, si sta a pranzo e ci si incontra anche umanamente.

De Colle: dobbiamo aprirci al cambiamento, ma non un giorno solo. Sempre. Non può più esistere un’azienda piramidale. Dobbiamo esse-re tutti coinvolti in questo processo. É un cambio culturale e come sempre accade in periodi di crisi arrivano anche i grandi cambiamenti.

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23 AGOSTO 2012 - RIMINI

ESSERE IMPRENDITORI OGGI: LA SCOMMESSA DI UN IO RESPONSABILE

INCONTRO CON CIRO E COSIMO MESSINA (F.I. Fabbrica Imballaggi), GIAN MARCO BUDRI (Budri), VITTORIO LIVI (FIAM Italia)

Potreste raccontarci la vostra storia? La storia di un’azienda che da quasi novant’anni opera con successo?

Ciro Messina: essere imprenditori in una terra dura e povera di ma-terie prime come la Sicilia sicuramente è stata sicuramente un’im-presa, ma nonostante queste difficoltà lavoriamo il legno con grande passione sin dalla nostra nascita avvenuta ben 89 anni fa. E conti-nueremo a farlo, generazione dopo generazione, e come io ho pas-sato il testimone a mio figlio, lui un domani lo passerà a mio nipote.

Cosimo Messina: da piccolo ho visto poco mio papà perché usciva di casa presto rientrava molto tardi. Diciamo che l’ho conosciuto tramite mia madre, una figura importantissima che ha fatto da trait d’union tra me e mio padre facendomelo conoscere tramite i suoi racconti. Compiuti i 18 anni e terminati gli studi, senza alcuna in-fluenza da parte dei miei genitori ho deciso di entrare nell’azienda di famiglia. Avevo appena 18 anni. Da quel momento io e mio padre abbiamo incominciato a stare insieme tutti i giorni e fino a 16-18 ore al giorno. Oggi, a distanza di anni dal mio ingresso posso dire che è un amico e consigliere a tutti i livelli.

Budri: anch’io dopo la scuola sono subito entrato in azienda e ho

BudriSrl50 anni di esperienza nella lavorazione del marmo e delle pietre e 20 anni nella lavorazione artistica dell’intarsio. Budri ha acquisito una grande esperienza in campo internazionale nella realizzazione di grandi progetti su misura in marmo come ville, residenze, hotel, boutique ed altri edifici di prestigio.

F.I.FabbricaImballaggiSasNasce a Lentini nel 1926 come laboratorio di falegnameria ed ebanisteria per la produzione di infissi e mobili. Dopo qualche anno si affianca una piccola produzione di imballaggi per agrumi destinata al mercato locale, che negli anni è cresciuta enormemente. Nel 1973, con il passaggio generazionale, diventa Fabbrica Imbal-laggi sviluppando nel tempo nuove lavorazioni con nuovi impianti.

FIAMItaliaSpaFondata nel 1973, FIAM progetta, sviluppa e produce elementi di arredo in vetro curvato, realizzati seguendo processi artigianali e industriali insieme, di fatto fondendo tradizione e innovazione, lavorazione manuale e design.

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deciso di imparare un mestiere affascinante che ci ha visti diventare un’eccellenza nel mondo nella lavorazione del marmo artistico pur trovandoci in una zona dove questo materiale non è storicamente presente. D’altronde si può diventare un bravo mobiliere anche se vivi in una zona storicamente vocata ad altre attività…

Voi siete stati pesantemente colpiti dal sisma del maggio scorso, ma non vi siete scoraggiati e siete ripartiti in tempi rapidissimi…

Budri: il terremoto è stata un’esperienza molto forte (in pochi minuti è crollato quanto avevamo costruito in 30 anni di attività) che però ci ha fatto crescere. Quando la mattina successiva mi sono reso conto che l’azienda era stata distrutta dal terremoto ho immediatamente preso la decisione di trasferire l’attività vicino a Verona e, dopo solo un mese, siamo ripartiti. Tutti i miei collaboratori mi hanno seguito con le famiglie in questa nuova avventura e, mentre venivano attivate le linee produttive, ho girato il mondo per tranquillizzare i miei clienti. Adesso posso dire che siamo partiti più di prima e meglio di prima. La scossa ci ha fatto reagire, è come una grande forza che ti attra-versa per tutto il corpo. Sei sempre ottimista, motivato, scosso da un’adrenalina che ha poco dell’umano.

Livi: personalmente ho sempre lavorato per passione e non l’ho mai vissuto come un sacrificio. Anche oggi che siamo nel mezzo di una crisi senza precedenti provo un grande entusiasmo a pensare cosa posso fare di più per continuare a fare bene quello che faccio. Fare l’imprenditore è una missione che ti coinvolge soprattutto emotiva-mente. Non passa giorno che io vada a casa senza aver fatto qualco-sa di nuovo, altrimenti mi sentirei una nullità. Certo, essere impren-ditore oggi è sicuramente molto diverso da quando ho cominciato. Allora ho iniziato a fare un mestiere che non esisteva, la lavorazione del vetro per la realizzazione di elementi d’arredo, perché mi sono innamorato di un materiale che ero convinto sarebbe stato il migliore dell’era moderna. Ancora oggi sono convinto che il vetro ci consenti-rà di vivere meglio in futuro grazie alle sue qualità e caratteristiche: atossico e riciclabile all’infinito, naturale al cento per cento, difende dalle intemperie, permette di realizzare oggetti che non occupano spazio... Ci sono poi anche le soddisfazioni personali. Grazie a questa “intuizione” ho avuto la possibilità di incontrare e frequentare i più grandi designer e architetti del mondo e i miei prodotti sono esposti

nei più importanti musei di design e nei migliori negozi del mondo.Ma una delle molle che mi stimolano quotidianamente a fare sempre del mio meglio è la certezza che l’azienda ha un importante valore sociale. È un bene sociale straordinario e il nostro compito è quello di trasmettere questo valore ai nostri collaboratori perché l’azienda è nostra ma anche loro, attori straordinari del cambiamento e del futuro della società. Le aziende sono dei patrimoni inestimabili e se chiudono perdiamo tutto, magari per colpa di un imprenditore che ha incentrato tutto su di sé. Con ciò voglio dire che l’imprenditore ha un ruolo fondamentale, quello di spiegare una vision che tenga ben presenti i cambiamenti che avvengono sempre più rapidamente nella nostra società. Certo, i cambiamenti ci sono sempre stati, ma oggi avvengono a una velocità impressionante (pensate solo ai vari modelli di iPad) e l’obsolescenza è subito dietro l’angolo, è come un respiro, qualcosa che passa come un fiato. Il mio successo è stato decretato da una fotografia che mi ritraeva in piedi su uno sgabello di vetro, una cosa straordinaria per l’epoca, ma pensate oggi cosa vuol dire non essere in grado di controllare la pubblicità, per un’azienda è come rimanere senza ossigeno.

Cosa direste a un giovane che sta per avvicinarsi al mondo del lavoro in questo difficile momento?

Budri: per me la crisi non esiste. Se dovessi dare un consiglio a un giovane che ha appena finito gli studi gli direi di fare le valigie e di an-dare all’estero a farsi un’esperienza che gli servirà per tutta la vita. L’importante è che credano in quello che fanno e che non guardino l’orologio perché per avere successo nella vita, secondo me, non si devono contare le ore.

Livi: faccio solo un esempio: un tempo Pesaro era conosciuta perché faceva i mobili in truciolare per i mercati poveri, ma il mio sogno era quello di fare di Pesaro la capitale del vetro nel mondo. Per raggiun-gere questo obiettivo mi sono impegnato cercando di non fermarmi di fronte a niente.

Candiani: siete disponibili a prendere i ragazzi a fare periodi di tiro-cinio nelle vostre aziende?

Budri: assolutamente sì. Nel nostro settore abbiamo perso l’80%

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delle maestranze e non riusciamo più a trovare ragazzi che vogliano fare questo mestiere. E ciò nonostante non si tratti più del lavoro faticoso di qualche anno fa, ma di una sinergia tra macchina e capa-cità manuale a mio avviso molto affascinante. Pensate che mio figlio, terminata la scuola, è andato a in fabbrica a imparare a tagliare il marmo.

Ciro Messina: la nostra azienda è attiva da diversi anni e mi ricordo bene che quando ero ragazzo c’erano giovani che a 14-15 anni ve-nivano presi come apprendisti per poi essere successivamente as-sunti in azienda. Questo fino agli anni Sessanta, poi è cambiata la tendenza e l’apprendistato è scomparso. Secondo me ci vorrebbe una legge che agevoli l’apprendistato in fabbrica, magari dando delle sovvenzioni alle aziende disposte a prendere i ragazzi.

Livi: la nascita del Bauhaus, una scuola che si preoccupava di inse-gnare il sapere e di applicarlo al fare, risale al 1919 ed era un modello che assurdamente è stato dimenticato da tutto il mondo. Nel nostro nuovo laboratorio sul vetro è prevista una scuola per la formazione professionale perché sono convinto che tra i nostri compiti c’è anche quello di soddisfare la sete di sapere dei giovani. E noi abbiamo non solo il dovere, ma l’obbligo di dissetarli.

Qual è la molla che vi fa continuare ad andare avanti in questo difficile momento?

Ciro Messina: continuiamo ad andare avanti perché crediamo in quello che facciamo e perché vogliamo salvaguardare i nostri collabo-ratori che consideriamo figli stessi della nostra impresa.

Cosimo Messina: è una forza che trovi la mattina quando apri gli occhi e inizi la giornata. Qui al meeting, ad esempio, siamo venuti in automobile perché è stato cancellato il volo, ma non ci siamo sco-raggiati. Bisogna sempre trovare dentro di sé quella reattività che ti consente di superare gli ostacoli.

Budri: la bellezza di saper fare un mestiere. È una grande soddisfazione.

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24 AGOSTO 2012 - RIMINI

DA STUDENTE A LAVORATORE: ACCETTARE LA SFIDA DELLA REALTÀ

INCONTRO CON GIUSEPPE INVERNIZZI (Invernizzi) E MASSIMO OTTONE (Mast 3.0)

Potreste descriverci la vostra esperienza di quando siete entrati in azienda?

Invernizzi: dopo aver conseguito la maturità scientifica ho dovuto decidere quale università frequentare. Mi sono detto, se non faccio una cosa che mi prende al cento per cento non finirò mai. E così, spronato anche dai miei genitori, mi sono iscritto a ingegneria mec-canica, un percorso i studi che mi ha appassionato tantissimo e che ho concluso in sette anni. Da quell’esperienza ho capito che se nella vita c’è la passione si può fare tutto. Passione che è subentrata strada facendo, grazie a un gruppo di lavoro molto affiatato, e che mi ha permesso di raggiungere quello che considero una grande con-quista personale. Ho finito l’università il 30 aprile e il 2 maggio ero già in azienda. Devo dire che il passaggio è stato abbastanza duro, passare dal mondo ovattato dell’università a quello del lavoro non è stato facile, soprattutto perché tutti ti mettono alla prova. Nel primo periodo ho deciso di tenere un profilo basso soprattutto nei confronti di chi era in azienda da più tempo. Diciamo che i primi anni ho ascoltato molto e poi ho iniziato a dare il mio contributo. A 12 anni di distanza dal mio ingresso posso confermare che la scelta è stata corretta perché mi ha permesso di mantenere buoni rapporti con tutti. Un altro aspetto che ho imparato in questi anni è che la mia parola deve essere unica perché il collaboratore ha bisogno di una linea precisa.

InvernizziSpaNasce verso la fine del 1800: una delle prime segherie per produzione di com-pensato in Val Padana. Da questa esperienza, negli anni Quaranta vede la luce la Giuseppe Invernizzi e Figli che si specializza nella produzione di imballaggi in legno per prodotti alimentari, per arrivare poi alla produzione di compensato in pioppo. Dalla fusione con l’altra azienda di famiglia, la IPAS che produce pannelli in truciolare di pioppo, nel 1966 nasce l’Invernizzi Spa.

Mast3.0SrlMAST 3.0 ha introdotto la fibra di carbonio nel mondo dell’arredamento con mo-bili innovativi in cui la tradizione si coniuga con l’innovazione, in cui la produzione artigianale italiana si coniuga con i materiali e il design del futuro.

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Massimo, tu ti sei laureato lavorando contemporaneamente. Come si posso conciliare questi due mondi?

Ottone: devo ammettere che la mia è stata un’esperienza parti-colare. Studiare e lavorare allo stesso tempo è stato sicuramente impegnativo ma mi ha permesso di paragonare quello che studiavo con quello che facevo, portando un metodo nuovo in azienda e ap-prezzando di più quello che studiavo.L’ingresso in azienda è stato decisamente impegnativo anche perché quando mi sono trovato immerso nella realtà del lavoro ero molto giovane (mi sono laureato a 23 anni). Da subito ho capito che avrei dovuto circondarmi di persone competenti per imparare da chi ne sapeva più di me, e così ho fatto. Inoltre, nonostante fossi il figlio del titolare, ho iniziato a delegare perché nel lavoro o ti fidi o non ti fidi. Tornando alla passione vorrei ricordare che quando due anni fa ho finito gli studi eravamo nel pieno periodo della crisi e, nonostante il quadro non fosse dei migliori, ho deciso di creare una mia azienda, la prima al mondo che realizza mobili in carbonio. La molla è scattata quando parlando con un cliente cinese mi ha spiegato che nella sua lingua la parola crisi significa anche opportunità, da lì ho capito che era giunto il momento di iniziare con una nuova attività.

Come vedi il mondo a due anni di distanza da quando hai incomin-ciato a lavorare?

Ottone: ritengo che il segreto per superare i momenti di difficoltà sia quello di non focalizzarsi nello specifico delle cose, ma cercare di apprendere un metodo per affrontare la realtà. Dovessi parlare adesso con un giovane studente gli trasmetterei il seguente mes-saggio: l’università è un luogo pieno di persone con cui condividere le esperienze e il metodo. Inoltre, gli direi di scegliere un’università che lo appassioni.

E tu, Giuseppe?

Invernizzi: a un ragazzo che sta entrando in università consiglierei di fare un’esperienza all’estero. Inoltre, dato che il mondo accademico è troppo spesso lontano dalla realtà ritengo utile negli ultimi anni di corso interfacciarsi con le realtà industriali cercando un inserimen-to (anche part time) in una realtà professionale. Sono certo che se

avessi fatto un paio di anni in un altro settore avrei acquisito ancora più conoscenze. Con i miei figli lo farò sicuramente.

Qual è il valore della persona all’interno di un’azienda?

Ottone: le aziende sono fatte da persone ed è normale e giusto che interagiscano tra loro. Sin da quando ho fatto il mio ingresso in azienda ho fatto sì che, prima di tutto, si creasse un rapporto uma-no come già avevo fatto in università. È stato sicuramente un grosso cambiamento rispetto all’approccio che mio padre aveva impostato in azienda negli anni precedenti, ma sono contento della mia deci-sione perché l’essere umano è il vero valore aggiunto di un’azienda.

Invernizzi: riuscire a portare il concetto di gruppo di lavoro dall’uni-versità all’azienda è indubbiamente un aspetto importante. Quando sono entrato in azienda esisteva già un gruppo ed era ben conso-lidato e motivato. La nostra filosofia è stata quella di mettere le persone al centro di un progetto cercando di valorizzarle al massimo affinché siano sempre stimolate a migliorarsi. Il nostro compito è quello di motivare, offrire stimoli, dare una visione positiva, cercando di non vivere alla giornata anche quando le prospettive sono difficili da intravvedere. Se il dipendente sente che l’imprenditore è “vivo” lavora con maggiore convinzione.

Domanda dal pubblico: nelle imprese del legno come si sta af-frontando il cambio generazionale? Voi siete riusciti a portare innovazione?

Invernizzi: entrato in azienda ho subito avvertito la necessità di svecchiare l’azienda e mi sono dato da fare per seguire nuove aree: sito internet, marketing eccetera. Le mie idee sono state subito ben accolte e sono convinto di aver portato un beneficio.

Ottone: il mio entusiasmo è stato accettato e recepito come un incipit di innovazione. Un giorno in università Bernhard Scholz spiegò che la prima causa della chiusura delle aziende dopo il ricambio gene-razionale è lo “stravolgimento”, ho fatto tesoro di ciò e adesso sto raccogliendo i frutti.

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Domanda dal pubblico: cosa provate quando vedete i vostri prodot-ti andare in tutto il mondo?

Invernizzi: a giugno abbiamo partecipato a una fiera in Francia ed è stata un’enorme soddisfazione vedere che il made in Italy è sempre molto apprezzato. Appena la gente sapeva che eravamo italiani il livello di attenzione cresceva immediatamnte. È la carta vincente per il futuro. Quando alcuni anni fa il mercato è stato “invaso” dai pannelli cinesi siamo riusciti a vincere la sfida semplicemente continuando a fare bene il nostro mestiere.

Domanda dal pubblico: avete mai avuto la tentazione di cambia-re? Ci sono buone possibilità per i giovani di entrare in questo settore?

Invernizzi: i primi anni mi sono fatto molte volte questa domanda pur nella consapevolezza di essere il figlio del titolare. Ora non più perché ho capito la passione che ci ha messo mio padre e l’impegno di chi lavora da noi. Per quanto riguarda le possibilità di ingresso nelle aziende del legno direi che sono buone.

Ottone: questa domanda non me la sono mai posta, piuttosto prefe-risco affinare i talenti che mi sono stati dati per metterli al servizio della mia impresa e delle persone con cui lavoro. Spazio per i giovani ce n’è, poi come sempre dipende dalla volontà di ognuno.

Il titolo del meeting di quest’anno (la natura dell’uomo è rapporto con l’infinito) ci porta a riflettere sulla nostra esperienza. Cosa significa per voi essere in “relazione con l’infinito”?

Invernizzi: che l’uomo deve sempre essere mosso da passione e dalla condivisione di tutto.

Ottone: significa che l’uomo ha bisogno dell’infinito. Ho un bisogno quotidiano di infinito.

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24 AGOSTO 2012 - RIMINI

L’IMPRESA NEL SUO TERRITORIO:PROTAGONISTA DEL BENE COMUNE

INCONTRO CON PRIMO BARZONI (Palm), ANGELO SCARONI (Scaroni), ALBERTO CONFICCONI (Cierre Imbottiti), GIANNI CANTARUTTI (Cultura Legno)

Gianni come è nata la passione per il legno che ti ha portato a dare vita a Cultura Legno?

Cantarutti: il desiderio di creare un’associazione che valorizzasse il legno mi è venuto per una semplice ragione. Alcuni anni fa in occasio-ne di un viaggio di lavoro ho visto il rapporto che hanno con il legno e alla domanda di quale fosse la situazione in Italia mi sono trovato spiazzato e ho deciso di fare qualcosa. E qualcosa possiamo farla veramente perché anche noi italiani abbiamo una lunga tradizione che affonda le sue radici nel rinascimento. Non è un lavoro semplice, ma un po’ alla volta cerchiamo di incuriosire nuovamente la gente. Dobbiamo rileggere la nostra storia, si deve fare di più e Federlegno-Arredo sicuramente darà un contributo importante.

Alberto, che ruolo ha l’impresa in questi anni? Che legame avete con il territorio?

Conficconi: innanzitutto quella di rappresentare un bene per il ter-ritorio, che vuol dire anche forte senso di responsabilità verso gli occupati. Le nostre aziende sentono un grande senso del dovere nei confronti delle famiglie che vivono grazie all’indotto e questa at-tenzione è ricambiata, tant’è che dentro quel grande contenitore

CierreImbottitiSrlCierre è stato un progetto condiviso da due persone che nel pieno degli anni ’70 hanno identificato la loro famiglia con il sogno, anno dopo anno, di dare un nuovo senso all’imbottito in pelle. Le collezioni si sono trasformate in progetti creativi, che combinano l’eleganza con la qualità, l’arte con la tecnica.

CulturaLegnoAssociazione per la divulgazione e la conoscenza del legno, è nata da un gruppo di amici appassionati del legno e della natura al fine di realizzare delle iniziative volte a divulgare la cultura del legno nei suoi vari aspetti: storico, architettonico, degli usi e tradizioni, dell’economia in generale.

PalmSpaDa un’impresa artigianale impegnata nella lavorazione del legno fondata negli anni Sessanta, nel 1995 nasce la PALM. Fin dalle origini ha basato la sua strategia competitiva nel mercato dei pallet e degli imballaggi in legno puntando su un approccio innovativo sia nella fase di progettazione sia in quella di realizzazione.

ScaroniSrlLa Scaroni, con sede a Montichiari in una delle zone più industrializzate della Lombardia, è sul mercato dal 1990 e si occupa della produzione e del commercio di pallet.

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denominato “fabbrica” vive e cresce un enorme patrimonio umano. Il legame con il territorio, addirittura, è ancora più forte e a tutti i livelli. L’azienda, infatti, svolge anche un ruolo di “collante” in tutto il distretto. Se ti comporti bene e hai improntato l’impresa su dei valori sani e su prodotti che pagano di più, proverai un sano orgoglio. Esistiamo da 40 anni e siamo all’inizio della terza generazione con mio nipote in azienda già da quattro anni. Ma anche tra i collaborato-ri abbiamo la seconda generazione. È una grande soddisfazione anche perché ho sempre vissuto l’azienda come una famiglia allargata (un approccio che mi è stato inculcato dai miei genitori) e quando riesci a trasferirlo ai collaboratori risulta tutto più facile.

Primo, in che modo la tua azienda rappresenta un valore per il territorio?

Barzoni: porto un esempio: il mantovano ha una lunga tradizione nel pioppo e noi siamo nati nel 1980 con la produzione di semilavorati per produrre pallet. Da alcuni anni il pioppo è sparito e attualmente abbiamo una dipendenza di materia prima dall’estero. Per superare questo gap sin dal 1994 abbiamo iniziato a ragionare su una strate-gia di alleanze per tornare competitivi e, grazie a questa scelta, oggi siamo arrivati a recuperare il 30% della materia prima da piantagioni italiane. La nostra è una realtà capace di trasmettere dei valori e siamo riusciti a far capire l’importanza di valorizzare la materia pri-ma che rappresentava l’anello debole della filiera.

Patrizia (dipendente Palm): la mia avventura con la Palm è nata dopo un colloquio durante il quale mi è stato proposto di fare parte di una squadra dove avrei avuto l’opportunità di crescere. Ho accettato e oggi sono molto felice perché siamo diventati una grande famiglia. In un certo senso non mi alzo la mattina per andare a lavorare, ma per andare a giocare. Ho un mio ruolo preciso (sono responsabile del magazzino materie prime e semilavorati) e ogni mattina accolgo i camionisti provenienti da tutta Europa per poi smistare il legname e seguirne la tracciabilità durante il processo produttivo. Ci tengo a ringraziare Primo che mi ha fatta crescere e apprezzare questo lavoro.

Scaroni: per me l’impresa rappresenta un bene per il territorio. La nostra è un’azienda particolare perché ripariamo bancali sul territo-

rio, tutto il nostro processo (che prevede processi semi-industriali dove l’attività umana è comunque molto importante) avviene local-mente nel raggio di 100-150 chilometri. All’interno dell’azienda il dipendente deve essere integrato molto bene e comportarsi di con-seguenza con la comunità. Questo aspetto, unito alla grande atten-zione verso l’ambiente, ci consente di ottenere risultati importanti.

De Ponti: che possibilità intravvedete per i giovani che vogliono in-serirsi nelle aziende e come ricercate sul territorio il rapporto con loro?

Scaroni: ci stiamo organizzando per far conoscere il nostro lavoro mediante la creazione di un’area all’interno dell’azienda dove portare i bambini delle materne a vedere il ciclo produttivo di un bancale. In questo modo cerchiamo di creare un percorso che permetterà ai bambini di crescere con la consapevolezza che il pallet fa parte della vita di tutti noi.

Conficconi: quattro anni fa ho avuto la delega sull’istruzione presso la Territoriale di Confindustria e da subito ho cercato di dialogare con gli studenti in maniera diretta e costruttiva raccontando loro le nostre storie imprenditoriali. Complessivamente abbiamo contat-tato circa duemila ragazzi e devo dire che qualche segnale positivo l’abbiamo avuto.Quello che mi preme sottolineare, però, è l’assoluta necessità di ri-dare dignità a mestieri che ci hanno permesso di diventare quello che siamo oggi ma che da un quarantennio l’hanno persa.

Barzoni: direi tantissime opportunità, basta saperle cogliere. In Palm, ad esempio, dal 2003 abbiamo creato una cooperativa sociale di orientamento al lavoro che non è solo basata sulla conoscenza ma che punta a offrire reali possibilità di lavoro.Nel fare ciò abbiamo dato vita a un’economia di sistema con un net-work che coinvolge centri di ricerca e università e dove internet ri-veste un ruolo assolutamente strategico. Sono convinto che solo muovendoci in questa direzione riusciremo a vedere la crisi con occhi diversi per poi ripartire con maggiore fiducia.

Cantarutti: per me c’è un grande futuro per i giovani che intendo-no avvicinarsi al mondo del legno, la cosa importante è cercare di

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coinvolgere più gente possibile. Quando ero piccolo mi sono incurio-sito al legno raccogliendo i piccoli pezzetti ammonticchiati vicino alla segheria e imparando a riconoscerli. Per apprezzare il legno ci deve essere osmosi, attrazione. Pensate che recentemente ho conosciu-to un collezionista di Nantes che ha raccolto oltre 100 legni diversi prelevandoli dai pallet. Tempo fa gli è stato diagnosticato un male incurabile, ma lui è da sette anni che gira la Francia per presentare e arricchire la sua collezione!

Qual è la molla che spinge l’imprenditore ad andare avanti nono-stante le difficoltà?

Scaroni: sicuramente amare il proprio lavoro e credere in quello che si fa. Tutte le volte che ho fatto qualcosa e mi hanno copiato ero soddisfatto perché vuol dire che ero sulla strada giusta.

Conficconi: diventare imprenditori oggi è indubbiamente più difficile rispetto a 40 o 50 anni fa. Ma sono convinto che quando uno fa l’imprenditore cercando di allargare la propria famiglia si sente bene e diventa ancora più forte, anche in periodi difficili come quello che stiamo attraversando.

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26 AGOSTO 2012 - RIMINI

LEGNO, RISORSA DA RISCOPRIRE: UN AMBIENTE A MISURA DI UOMO

INCONTRO CON MICHELA SGOLUPPI (SCACF) E FAUSTO CREMA (Mastropack)

Michela potresti le origini della vostra azienda?

Sgoluppi: la nostra azienda è stata fondata da mio nonno e un amico nel 1966 inizialmente come piccola bottega di paese e successiva-mente, dopo grandi sacrifici e passione, cresciuta fino a diventare l’azienda leader nella produzione di cofani in legno massello con 120 dipendenti. Ci tengo a dire in legno massello perché oggi ci sono sul mercato diversi prodotti alternativi, ma le sensazioni (anche olfat-tive) che offre questa splendida materia prima sono assolutamente ineguagliabili. Quando osservo il manufatto non vedo un prodotto fi-nito e basta, bensì un prodotto in legno, profumato, bello, ecologico.Lavoro in Scacf dal 1999, ma posso dire che sono cresciuta all’inter-no dell’azienda. Ricordo ancora quando giocavo a nascondino tra le bare, era divertente! Adesso mi occupo del sistema gestione qualità e del marketing.

Crema: non solo sono rimasto stregato dal legno, ma posso dire che sono nato in un mucchio di segatura. Mi viene in mente uno slogan che girava qualche anno fa in televisione e che recitava “Senza pla-stica che vita sarebbe?”, io mi sento di dire “Se non ci fosse il legno ci sarebbe vita?”. Questa certezza mi ha sempre guidato in quello che faccio sin da giovane quando sono entrato in un’azienda dove si usava ancora il chiodino in bocca e il martello. Adesso, invece, tutto

MastropackSrlDa quattro generazioni nel settore imballaggi ortofrutticoli, dopo vari percorsi societari nel 2005 viene creata la Mastropack, un’azienda a conduzione familiare che adotta le tecniche produttive più avanzate.

SCACFSpaUna delle maggiori industrie di cofani funebri in Europa. Presente sul mercato dal 1966, utilizza moderne tecnologie e personale qualificato per produrre cofani in legno massiccio.

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il processo è automatizzato ed è bellissimo seguire le fasi che por-tano alla nascita di 25/30.000 imballaggi in legno al giorno. Amore e passione che ho cercato di trasmettere ai miei figli e a mio genero che oggi lavorano con me.Posso quindi dire che sono felicissimo di fare questo mestiere che mi permette di stare a contatto quotidianamente con un materiale vivo che finalmente possiamo valorizzare anche al termine del suo ciclo di vita.

Il settore del legno e della sua lavorazione offre buone possibilità lavorative ai giovani?

Sgoluppi: negli ultimi anni sto assistendo sia a una riscoperta delle attività artigianali legate al mondo del legno sia a una forte spinta verso lavorazioni sempre più automatizzate, entrambe strade in gra-do di dare importanti possibilità lavorative ai giovani. Fino a qualche anno fa arrivavano richieste di lavoro legate a un’esigenza contingen-te, oggi invece in sempre più curriculum viene riportata la capacità di lavorare il legno anche con metodi artigianali. Nelle nostre aziende abbiamo necessità di personale dotato di una buona preparazione meccanica (al nostro interno abbiamo quattro persone che si occu-pano di manutenzione) e nell’utilizzo di software avanzati. Le faccio un esempio: fino a pochi anni fa i disegni per i cofani venivano realiz-zati a mano mentre adesso sono realizzati con programmi Cad-Cam.

Crema: lavorare il legno è una delle cose più difficili. Ogni specie ha caratteristiche diverse e difficoltà di lavorazione differenti e forse è proprio per questo che pochi ragazzi si avvicinano al nostro mondo. Ma la soddisfazione che può garantire questa attività è assoluta-mente unica.

Domanda dal pubblico: la crisi sta colpendo tutti i settori, imma-gino anche il vostro…

Sgoluppi: certamente. Anche noi abbiamo sentito la crisi perché la gente ha la necessità di spendere meno e quindi opta per soluzioni più economiche. Se fino a qualche anno fa si sceglievano specie le-gnose più pregiate adesso si registra un aumento delle richieste di prodotti in larice.