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Quando dico di credere nell’autorità della Bibbia, quale libro totalmente ispirato da Dio, noto in quelli che mi ascoltano un atteggiamento di benevolo compatimento. DEVIAZIONI NELL’ INTERPRETAZIONE, INCREDULITÀ, DERISIONE ... SONO COMPONENTI CHE FANNO PARTE DELLA PRESA DÌ POSIZIONE DÌ QUANTI NEGANO L’ISPIRAZIONE DIVINA E L’AUTORITÀ DELLA BIBBIA D’innanzi all’aria indulgente, a volte sprezzante, di quanti con autosufficienza dissentono dalle nostre dichiarazioni di semplice fiducia nell’Evangelo, non bisogna mai reagire ma, amorevolmente, cercare di spiegare a questi nostri interlocutori i motivi della nostra dichiarazione di fede. Infatti, per mezzo dello Spirito Santo, Gesù vivente continua ad ammaestrare e a far comprendere il senso della Sua Parola a tutti coloro che ne riconoscono la fondamentale importanza. IL PAPA DÌ CARTA In genere, quando si parla di ispirazione della Scrittura la reazione più comune delle persone è la derisione, che d’altronde rappresenta un atteggiamento esteso a tutto ciò che è religione. Per costoro, la Bibbia non è altro che un insieme di miti e leggende superstiziose. La ragione di questa presa di posizione è dovuta all’opinione che la dottrina dell’ispirazione della Scrittura non sia razionalmente fondata. Perciò, molto spesso gli evangelici sono considerati coloro che, invece di un “papa in carne ed ossa”, hanno scelto un “papa di carta”: la Bibbia. RIPUDIO DEL CONCETTO DÌ AUTORITÀ In ogni essere umano esiste un’avversione innata per l’autorità, anche perché nel corso della storia ne è stato arbitrariamente distorto il valore in forma di crudele dispotismo, schiavizzando milioni di persone. La paura di ricadere sotto una sorta di schiavitù ideologico-religiosa spinge molti a dichiararsi indifferenti e non impegnati. L’uomo contemporaneo ha voluto esprimere liberamente questa sua avversione per l’autorità in ogni campo della convivenza sociale, richiedendo la massima autonomia e libertà di scelta. Dal punto di vista teorico, questa posizione, pur essendo estrema, può essere possibile ma è bene puntualizzare che praticamente, alla fin fine, tutti siamo influenzati da “persuasori occulti” che dirigono le scelte individuali e collettive. Nel campo religioso esiste un disaccordo sul riconoscimento del principio di autorità. L’autorità di Cristo è ammessa da tutti i cristiani, ma le difficoltà sorgono quando deve essere intesa e definita. General- mente si parla di tre tipi di autorità: a. Autorità delegata E’quella che Cristo avrebbe dato al “Magistero della Chiesa”, intendendo quest’ultimo come non specificatamente riferito all’una o all’altra chiesa istituzionalizzata, ma anche ai vari “capi carismatici” sorti di tempo in tempo durante questi ultimi venti secoli. Tra costoro molti hanno affermato di essere “inviati” da Gesù Cristo con specifiche rivelazioni e messaggi messianici, ai quali nessuno deve obiettare

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Quando dico di credere nell’autorità della Bibbia, quale libro totalmente ispirato da Dio, noto in

quelli che mi ascoltano un atteggiamento di benevolo compatimento.

DEVIAZIONI NELL’ INTERPRETAZIONE, INCREDULITÀ, DERISIONE ... SONO COMPONENTI CHE FANNO PARTE DELLA PRESA DÌ POSIZIONE DÌ QUANTI

NEGANO L’ISPIRAZIONE DIVINA E L’AUTORITÀ DELLA BIBBIA D’innanzi all’aria indulgente, a volte sprezzante, di quanti con autosufficienza dissentono dalle nostre dichiarazioni di semplice fiducia nell’Evangelo, non bisogna mai reagire ma, amorevolmente, cercare di spiegare a questi nostri interlocutori i motivi della nostra dichiarazione di fede. Infatti, per mezzo dello Spirito Santo, Gesù vivente continua ad ammaestrare e a far comprendere il senso della Sua Parola a tutti coloro che ne riconoscono la fondamentale importanza. IL PAPA DÌ CARTA In genere, quando si parla di ispirazione della Scrittura la reazione più comune delle persone è la derisione, che d’altronde rappresenta un atteggiamento esteso a tutto ciò che è religione. Per costoro, la Bibbia non è altro che un insieme di miti e leggende superstiziose. La ragione di questa presa di posizione è dovuta all’opinione che la dottrina dell’ispirazione della Scrittura non sia razionalmente fondata. Perciò, molto spesso gli evangelici sono considerati coloro che, invece di un “papa in carne ed ossa”, hanno scelto un “papa di carta”: la Bibbia. RIPUDIO DEL CONCETTO DÌ AUTORITÀ In ogni essere umano esiste un’avversione innata per l’autorità, anche perché nel corso della storia ne è stato arbitrariamente distorto il valore in forma di crudele dispotismo, schiavizzando milioni di persone. La paura di ricadere sotto una sorta di schiavitù ideologico-religiosa spinge molti a dichiararsi indifferenti e non impegnati. L’uomo contemporaneo ha voluto esprimere liberamente questa sua avversione per l’autorità in ogni campo della convivenza sociale, richiedendo la massima autonomia e libertà di scelta. Dal punto di vista teorico, questa posizione, pur essendo estrema, può essere possibile ma è bene puntualizzare che praticamente, alla fin fine, tutti siamo influenzati da “persuasori occulti” che dirigono le scelte individuali e collettive. Nel campo religioso esiste un disaccordo sul riconoscimento del principio di autorità. L’autorità di Cristo è ammessa da tutti i cristiani, ma le difficoltà sorgono quando deve essere intesa e definita. General-mente si parla di tre tipi di autorità: a. Autorità delegata E’quella che Cristo avrebbe dato al “Magistero della Chiesa”, intendendo quest’ultimo come non specificatamente riferito all’una o all’altra chiesa istituzionalizzata, ma anche ai vari “capi carismatici” sorti di tempo in tempo durante questi ultimi venti secoli. Tra costoro molti hanno affermato di essere “inviati” da Gesù Cristo con specifiche rivelazioni e messaggi messianici, ai quali nessuno deve obiettare

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ma soltanto sottostare. È evidente che questo concetto di autorità delegata non trova alcun fondamento biblico ed è contrario alla logica più semplice, perché in tal caso Dio avrebbe lasciato il mondo alla mercé della volontà di individui isolati, dovendosi gli altri fondare sulle loro dichiarazioni incontrollabili; b. Luce interiore Altri tendono a individuare l’autorità di Cristo nella “luce interiore” e personale attraverso la quale il Signore si rivela direttamente all’uomo senza l’ausilio della Bibbia. Questa posizione, che mette da parte ogni possibilità di verifica del messaggio ricevuto, è molto pericolosa. Ogni persona ha una sensibilità diversa, esisterebbero quindi in seno alla chiesa molteplicità di dottrine, spesso in antitesi fra loro senza alcuna possibilità di controllo. Anche in questo caso è chiaro il rifiuto di ogni forma individualistica di rivelazione di Dio all’uomo. Questa tendenza rivela ancora una volta il senso di orgoglio più profondo e il ripudio totale del concetto di autorità; c. Autorità della Scrittura La posizione cristiana evangelica riconosce, invece, l’autorità della Bibbia; i credenti e le comunità cristiane per mezzo della Parola di Dio si sottomettono all’autorità di Cristo; l’invito divino è amore: “Chi ha orecchio ascolti ciò che lo Spirito dice alle chiese ...” (Apocalisse 2:7); questo è un richiamo ad ascoltare le Scritture, mediante le quali lo Spirito Santo parla ancora. Il Signore Gesù stesso ripetutamente sottolinea l’autorità delle Scritture. Basti ricordare il bellissimo episodio evangelico dei due discepoli sulla via di Emmaus per notare che “... cominciando da Mose e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo concernevano” (Luca 24:27). È importante anche la dichiarazione entusiasta degli stessi discepoli: “... Non ardeva il cuor nostro in noi mentr’egli [Gesù, N.d.A.] ci parlava per la via, mentre ci spiegava le Scritture” (Luca 24:32). In un’altra occasione, Gesù risorto disse ai Suoi discepoli: “... che tutte le cose scritte di me nella legge di Mose, nei profeti e nei Salmi, fossero adempiute” (Luca 24:44); segue poi questa importante dichiara-zione: “Allora aprì loro la mente per intendere le Scritture ...” ( Luca 24:45). Questa è l’unica “luce interiore” che i credenti evangelici accettano, quando Gesù stesso, per mezzo dello Spirito Santo, apre la mente e ci fa comprendere il senso della Sua Parola. Nella Bibbia è Dio stesso che si rivela per istruirci alla salvezza: “... queste cose sono scritte, affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figliuol di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome” (Giovanni 20:31), e ancora: “Io v’ho scritto queste cose affinché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuol di Dio” (1 Giovanni 5:13). Gesù dice: “Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l’amerò e mi manifesterò a lui” (Giovanni 14:21). È evidente che la Bibbia stessa afferma di essere la rivelazione divina per istruirci alla salvezza. Essa è l’unico mezzo per credere in Gesù Cristo, per essere certi della salvezza in Cristo e per vivere secondo le norme che Cristo stesso ha lasciato. L’autorità della Bibbia, quindi, è fondamentale; la Parola di Dio ha autorità sugli uomini perché essa è stata pronunciata da Dio stesso: “Iddio, dopo aver in molte volte e in molte maniere parlato anticamente ai padri per mezzo de’ profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi mediante il suo Figliuolo, ch’Egli ha costituito erede di tutte le cose, mediante il quale pure ha creato i mondi” (Ebrei 1:1, 2). La dottrina della suprema autorità della Bibbia scaturisce, quindi, dall’autorità divina e da Cristo Gesù, il Creatore e il Salvatore.

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Gli increduli continuano ad esprimere benevoli sorrisi di compatimento, i veri cristiani evangelici preferiscono un “Papa di carta” perché, oltretutto, conoscono a priori le scelte da fare e le norme da seguire.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Perché non osserviamo molte norme dell’Antico Testamento?La Bibbia non è tutta

Parola di Dio? L’ANTICO TESTAMENTO DEVE ESSERE INTERPRETATO ALLA LUCE DEL

NUOVO TESTAMENTO PERCHÉ IN CRISTO C’ È STATO RIVELATO IL PIANO PERFETTO DELLA SALVEZZA.

La domanda è molto importante in quanto esistono gruppi di credenti i quali affermano che non possiamo considerarci cristiani fedeli alla Scrittura se non siamo disposti ad ubbidire a tutte le regole dell’Antico Testamento. Il testo più famoso, che sempre viene citato, è rappresentato dalla dichiarazione di Gesù: “Non pensate ch’io sia venuto per abolire la legge od i profeti; io son venuto non per abolire ma per compire; poiché io vi dico in verità che finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà, che tutto non sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti ed avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno de’ cieli; ma chi li avrà messi in pratica ed insegnati, esso sarà chiamato grande nel regno dei cieli”(Matteo 5:17-19). Indubbiamente queste parole sono non soltanto importanti ma autorevoli. Prima di tutto precisiamo cosa voleva attestare Gesù con le parole: “... io son venuto non per abolire ma per compire”. Il verbo originale greco tradotto “compire”ha almeno trenta significati diversi, ma i più usati nel contesto sono: “compire”e anche “espletare”, “adempiere”e “attuare”. Gli ultimi due significati riportati, adempiere ed attuare, sembrano riferirsi all’ubbidienza che Gesù manifestò nella Sua vita terrena. Infatti, soltanto Lui ha potuto dire: “Chi di voi mi convince di peccato? ...”(Giovanni 8:46). Gli altri due significati, invece, si riferiscono al fatto che Gesù ha completato, ha perfezionato la legge ed i profeti, cioè l’Antico Testamento, con il Nuovo Patto o Nuova Alleanza. Tanto è vero che è detto: “... la legge non ha condotto nulla a compimento ...”(Ebrei 7:19), per questo Gesù “... è mediatore di un patto anch’esso migliore, fondato su migliori promesse”(Ebrei 8:6). Per questa ragione accettiamo l’intera Bibbia, Antico e Nuovo Testamento, come l’ispirata Parola di Dio, unica e perfetta regola della nostra fede e della nostra condotta. Ma veniamo al nocciolo della domanda: se accettiamo tutta la Bibbia, perché molte prescrizioni dell’Antico Testamento non sono attuate? UNA VALUTAZIONE INDISPENSABILE Nel Nuovo Testamento viene messo bene in evidenza un fatto importante e cioè che una parte dell’Antico Testamento è sostituita dall’opera di Gesù. La lettera agli Ebrei tratta proprio questo argomento per esteso, mettendo in risalto la superiorità della legge di Cristo sulla legge antica, la superiorità del Nuovo Patto sull’Antico e, quindi, il superamento di tutte le leggi cerimoniali.

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Infatti, è scritto che tutti gli atti di culto del “... primo tabernacolo ...”erano “... una figura per il tempo attuale”(Ebrei 9:8, 9) e “... la legge, avendo un’ombra dei futuri beni, non la realtà stessa delle cose, non può mai con quegli stessi sacrifici, che sono offerti continuamente, anno dopo anno, render perfetti quelli che s’accostano a Dio”(Ebrei 10:1). Gesù ha compiuto la redenzione “per riscattare quelli che erano sotto la legge, affinché noi ricevessimo l’adozione di figliuoli. E perché siete figliuoli, Dio ha mandato lo Spirito del suo Figliuolo nei nostri cuori, che grida: Abba, Padre”(Galati 4:5, 6). E’ evidente, quindi, che la legge, della quale “... neppure un iota o un apice ... passerà ...”(Matteo 5:18), è quella perfetta che Gesù ha completato con la Sua opera vicaria, mediante il Suo sacrificio sul Calvario. Con il Suo sangue Cristo ha mediato il Nuovo Patto di certezza e di grazia, nel quale tutti i cristiani si identificano e sul quale stanno saldi, stabilendo quella che la Scrittura definisce “... la legge di Cristo” (Galati 6:2) che può essere adempiuta dalla presenza dello Spirito Santo nel credente. I principi generali dei Comandamenti sono stati da Gesù non soltanto confermati ma riaffermati in una forma nuova che non si limita più all’adempimento esteriore, ma al sentimento interiore. Egli ripeterà molte volte nel Sermone sul Monte: “Voi avete udito che fu detto agli antichi ... ma io vi dico…” (Matteo 5:21, 22; 27, 28; 31,32; 33,34; 38, 39; 43, 44). La legge antica, autorevole e perfetta, è interpretata da Gesù nel senso divino nel quale è stata promulgata. Dio considera prima il sentimento e poi la manifestazione esteriore. LA TESTIMONIANZA DELLA CHIESA DEL NUOVO TESTAMENTO Come interpretavano le parole di Gesù i cristiani dell’era apostolica? Considerare questo aspetto è molto importante per almeno due ragioni: la prima perché la Chiesa del Nuovo Testamento è la Chiesa modello per quella di tutti i tempi; poi perché, essendo molti di quei cristiani d’estrazione giudaica, erano più facilmente portati a considerare la legge di Mosè come ancora valida e da osservare. Indubbiamente, al principio si verificò uno scontro tra la mentalità giudaica ed i cristiani convertiti dal paganesimo, che sul piano culturale e religioso era ben comprensibile. Per porre fine a questi problemi, che erano motivo di turbamento e di dissensione, circa quindici anni dopo la Pentecoste, gli apostoli, gli anziani, Paolo e Barnaba ed altri dei loro collaboratori si radunarono a Gerusalemme e, dopo un ampio resoconto di quello che Dio aveva fatto tra i non ebrei, i convenuti, “riuniti di comune accordo”, scrissero ai cristiani non ebrei: “... è parso bene allo Spi-rito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie; cioè: che v’asteniate dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione ...”(Atti 15:28, 29). È quindi praticamente provato, sul fondamento della Scrittura, che tutte le regole cerimoniali della legge di Mosè sono state superate dal Nuovo Patto rimanendo in vigore soltanto quelle pratiche che, per la loro natura spirituale e morale, dovevano essere considerate valide in ogni tempo. Dal punto di vista dottrinale, invece, l’epistola agli Ebrei, com’è stato già osservato, è un commentario cristiano su tutto l’argomento della superiorità del Nuovo Patto sull’Antico.

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QUAL É IL VALORE DELL’ANTICO TESTAMENTO? L’Antico Testamento è Parola di Dio, siccome è scritto che esso è “... un’ombra dei futuri beni ...”(Ebrei 10:1); “... figura e ombra delle cose celesti ...”(Ebrei 8:5); “... ombra di cose che doveano avvenire ...”(Colossesi 2:17). Infatti, Gesù ha adempiuto tutti i tipi e le figure della legge con la Sua vita immacolata e la Sua morte vicaria. “… la legge è stata il nostro pedagogo per condurci a Cristo, affinché fossimo giustificati per fede”(Galati 3:24). Il pedagogo era l’istitutore privato per i figliuoli in minore età. Ora, noi, come figliuoli di Dio a pieno diritto per mezzo di Cristo, il nostro Fratello maggiore, possiamo per fede comprendere l’Antico Testamento e trarne applicazioni spirituali e morali per afferrare il piano mirabile di Dio per la salvezza dell’umanità, come affermava un noto predicatore: “Nell’Antico Testamento è nascosto il Nuovo e nel Nuovo Testamento è rivelato l’Antico”. La rivelazione divina all’umanità sarebbe incompleta ed imperfetta se togliessimo dalla Bibbia l’Antico Testamento; vero tesoro di spiritualità e mezzo di edificazione profonda, dimostra il piano divino per la redenzione dell’umanità e rappresenta “... la parola profetica, più ferma, alla quale fate bene di prestare attenzione come a una lampada splendente in luogo oscuro, finché spunti il giorno ...”(II Pietro 1:19). L’Antico Testamento, però, deve essere interpretato alla luce del Nuovo, in quanto in Cristo ci è stato rivelato il piano perfetto della salvezza per fede. Gesù stesso protesta autorevolmente contro il concetto che l’entrata nel regno di Dio dipenda dall’osservanza esteriore della legge e riafferma che la giustizia cristiana deve superare quella degli Scribi e dei Farisei e lo può unicamente se facciamo Cristo nostra “... sapienza e giustizia e santificazione e redenzione”(I Corinzi 1:30).

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Le parabole sono leggende o realtà?Perché Gesù le ha usate così spesso?

LE PARABOLE DÌ GESÙ, CON UNA SERIE DI IMMAGINI REALI, TRATTEGGIANO ALCUNE LEZIONI SPIRITUALI DI VALORE ETERNO.

Molti sono coloro che rimangono perplessi sull’uso così comune delle parabole nell’insegnamento di Gesù Cristo. I suoi denigratori d’ogni tempo hanno voluto paragonare questo mezzo didattico utilizzato da Gesù alle leggende mitologiche delle varie religioni pagane, per evidenziare la presunta fragilità del messaggio cristiano. CHE COS’E’ UNA PARABOLA? E’ un modo di esprimersi servendosi di un’immagine per illustrare un pensiero. Questo metodo d’insegnamento era molto comune nell’antichità, anche fuori del giudaismo, e serviva ad illustrare in modo semplice dei concetti astratti. Oggi, il modo di parlare metaforico, proprio della civiltà rurale, è stato sostituito dallo stile astratto. Tuttavia, l’illustrazione del pensiero astratto viene espressa con un’immagine che non è più parlata: l’utilizzazione dei mezzi audiovisivi, come disegni animati, diagrammi televisivi e l’uso di lavagne, sia tradizionali che luminose, non fanno altro che provare quanto sia necessario accompagnare l’esposizione verbale con l’immagine. In questo senso, quindi, le parabole hanno una validità sempre attuale anche se il lettore moderno deve immedesimarsi con l’ambiente storico e culturale del tempo di Cristo e dei Suoi contemporanei. La parabola, però, non è una leggenda né una storia inventata ma, come afferma un noto studioso, “la parabola è ciò che qualcuno ha fatto”, quindi un “fatto terreno con significato celeste”. Ad esempio, basta esaminare la prima delle parabole di Gesù riportata nei Vangeli, quella del “seminatore”, e notare come Gesù parli di qualcosa che sta indicando al suo uditorio: “Ecco, il seminatore ...” (Matteo 13:4). L’avverbio “Ecco” è usato per richiamare l’attenzione su qualche fatto che accade improvvisamente o per indicare una persona o una cosa che compare ad un tratto. A questo proposito, è utile confrontare il testo biblico in questione con Giovanni 19:5 “... Ecco l’uomo!”. Nel corso dell’esposizione della parabola del seminatore, sembra che Gesù richiami l’attenzione dei Suoi ascoltatori su di un seminatore, la cui sagoma si stagliava all’orizzonte, e, da questo fatto della vita quotidiana, Egli mirabilmente ne trae un insegnamento spirituale. LE CARATTERISTICHE Le parabole di Cristo presentano le Verità divine in modo convincente, tratteggiandole con una serie di immagini in modo da permettere all’uditorio di afferrare certe verità bibliche facendo un confronto con quanto è comunemente noto. La parabola è una forma didattica che utilizza alcuni elementi fondamentali:

a. La sintesi - Un fatto è espresso in modo breve e denso di significati. La brevità della narrazione giunge immediatamente allo scopo;

b. L’immediatezza - Tutte le componenti della parabola risultano sfocate e di contorno

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mentre emergono i personaggi centrali o i gruppi di persone che, come ha affermato qualcuno, non superano mai il numero tre. Questo avvicinarsi rapidamente all’oggetto principale della parabola è un vero e proprio “zoom” per evidenziare la ragione stessa della narrazione. “Zoom”, termine usato nel mondo televisivo e cinematografico, deriva dall’inglese ed esprime proprio la ripresa con un obiettivo tranfocatore per avvicinarsi rapidamente all’oggetto che si sta riprendendo e farne un “primo piano”;

c. L’incisività - Chi ascolta o, per usare una frase di Gesù, “Chi ha orecchio per udire ... ” scopre immancabilmente che questi “fatti della vita quotidiana” lo coinvolgono e, perciò, hanno quel qualcosa in più che lo induce ad una profonda riflessione. Sotto la forma semplice della narrazione c’è una componente autorevole che rimane scolpita nella mente dell’ascoltatore;

d. Il narratore - La morale finale della parabola non è tutto quello che può essere dedotto dall’uditorio ma, nel caso della parabola di Gesù, Egli non può rimanere nascosto. La Sua divina personalità fa da “Regista”. Infatti, il Maestro divino generalmente conclude con una Sua esortazione;

e. La conclusione - C’è sempre una conclusione morale e pratica che l’uditorio non può assolutamente evitare. Il fatto diviene una specie di “proverbio”, un insegnamento tanto enfatico che non può essere ignorato senza creare un senso di colpa.

L’INTERPRETAZIONE DELLE PARABOLE Gli elementi fondamentali delle parabole sono spiegati direttamente da Gesù come nel caso di quelle del seminatore (cfr. Matteo 13:18-23) e delle zizzanie (cfr. Matteo 13:36-43). L’interpretazione data dal Signore stesso serve poi per spiegare gli elementi ricorrenti in altre parabole. Tuttavia, gli studiosi della Bibbia ritengono che nell’interpretare le parabole di Cristo occorre ricordare qualche principio basilare: a. Nessuna dottrina biblica può fondarsi esclusivamente sugli elementi di una parabola; b. L’insegnamento fondamentale della parabola è derivato da tutta la narrazione e non da qualche particolare; c. La parabola è una narrazione che usa immagini e forme tipologiche ed i particolari non possono essere spiritualizzati. LO SCOPO DELLE PARABOLE “... Perché parli loro in parabole?” (Matteo 13:10); questo chiesero i discepoli al Signore. Ancora oggi molti restano perplessi dinanzi a questo metodo didattico di Gesù ed affermano che sarebbe stato più semplice parlare in modo diretto. Bisogna ricordare, però, che il Maestro Divino iniziò ad usare le parabole nel Suo insegnamento soltanto quando, dopo il periodo della popolarità, sopraggiunse l’opposizione da parte dei Suoi contemporanei. La ragione di questo mutamento di metodo è spiegata in Matteo 13:11-16. In questo passo dei Vangeli, il Signore fa capire ai Suoi discepoli che i “segreti” del Suo Regno sono riservati soltanto ai sudditi. In altre parole, non è giusto che coloro i quali seguono per mera curiosità, o al solo scopo di critica, chiudendo gli occhi per non vedere, e gli orecchi per non sentire ed il cuore per non comprendere, debbano venire a conoscenza dei privilegi del Regno di Dio. Non si tratta però di un giudizio sugli increduli, ma piuttosto di un ulteriore profondo sentimento della misericordia divina che oltrepassa il senso legale della giustizia. Gli increduli ed i detrattori di Cristo, della Sua signoria e della Sua dottrina, sarebbero stati ancora

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più colpevoli se avessero conosciuto di più della legge divina e dei privilegi che i credenti hanno la possibilità di conoscere. Soltanto coloro che hanno accettato per fede Cristo Gesù come Sovrano ed unico Signore, entrano a far parte di questo Regno che non è appariscente e terreno, ma interiore e spirituale. A loro, e soltanto a loro, è dato di conoscere i “segreti” del Regno di Dio. UNA LEZIONE PERENNE Ogni volta che si legge o si ascolta una parabola del Signore, oltre al significato prezioso, alla morale divina, alla possibilità di entrare direttamente in contatto con il divino “Narratore” e con il Suo mirabile insegnamento, rimane vivido l’autorevole richiamo e l’amabile esortazione a fare un esame introspettivo. Ogni lettore ed ogni ascoltatore è spinto a chiedersi: Sono credente o incredulo? Sono un suddito del Regno di Dio o uno straniero? Appartengo al numero di quelli ai quali Dio rivela i Suoi “segreti; oppure al numero di quelli che hanno il cuore insensibile? Sono io tra quelli che vedono, ascoltano, comprendono, si convertono e sono guariti? Questa è la lezione sempre attuale delle parabole del Signore; possa Egli, per lo Spirito Santo, usarle per la nostra istruzione, elevazione e benedizione.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Se Dio è amore, come può condannare quelli che non hanno mai udito l’Evangelo?

L’IDEA CHE DIO È AMORE E SALVA TUTTI È ORMAI COMUNE, SIA TRA I CREDENTI SIA TRA I NON CREDENTI, CIOÈ SIA FRA COLORO CHE AFFERMANO

DI ESSERE RELIGIOSI SIA FRA QUELLI CHE SI DICHIARANO INDIFFERENTI È significativo che persone le quali si disinteressano della condizione di milioni di individui colpiti dalla carestia, dalla povertà e dall’indigenza, inaspettatamente acquistino una particolare sensibilità per il loro destino eterno. Normalmente, questa domanda è formulata soltanto per fare dell’accademia ed allontanarsi dalle responsabilità dirette che essi hanno nell’accettare Cristo come l’unico Salvatore. Oltretutto, il quesito serve ad affermare che alla fine tutti gli uomini saranno salvati, perché Dio è amore e quindi non occorre accettare Gesù ora per “sacrificare” la propria esistenza con “limitazioni” di carattere religioso o confessionale. Ne consegue che non é necessario evangelizzare, tanto, prima o poi, tutti, in un modo o nell’altro, saranno salvati; addirittura l’evangelizzazione in questo caso sarebbe più un male che un bene, perché coloro che rifiutano Cristo sarebbero condannati, invece se non sanno nulla di Lui presto o tardi Dio dovrà salvarli. Se mediante la Bibbia potremo provare che la condanna eterna è giusta per coloro che rigettano Cristo, il problema dei nostri interlocutori è risolto. UNA TEORIA MOLTO COMUNE L’idea che Dio è amore e salva tutti è ormai comune sia tra i credenti sia tra i non credenti, cioè sia fra coloro che affermano di essere religiosi sia fra quelli che si dichiarano indifferenti. Questa teoria affonda le proprie radici nei primi secoli del cristianesimo quando cominciò ad affermarsi l’idea che, in ultima analisi, gli insegnamenti di Socrate e Platone potevano essere considerati una preparazione all’Evangelo universale. Molte altre teorie sostengono questa idea universalista, anche Karl Barth afferma che in Cristo crocifisso tutta l’umanità fu riprovata e condannata ed in Cristo risorto tutta l’umanità è eletta e giustificata. Ma questa teoria, per quanto sentimentale possa essere, non trova conferma nella Sacra Scrittura, essa è il risultato delle soluzioni umane ad un problema che Dio soltanto sa come risolvere. Tuttavia, bisogna ricordare che Dio è perfetto in amore e in giustizia. In Lui non c’è riguardo personale, e dubitare della Sua giustizia è come dubitare del Suo amore. Inoltre, non bisogna mai confondere la fede personale in Cristo Gesù, il divino Signore, con la sincerità di coloro che seguono sistemi religiosi pseudo cristiani o pagani. UN FALSO OTTIMISMO Con dosaggi diversi, secondo le differenti opinioni e correnti teologiche e filosofiche, l’universalismo, non tenendo in alcun conto le affermazioni della Bibbia, rivela un ottimismo falso e pericoloso. Infatti, riesce ad illudere la gente che non esiste il problema della sorte eterna dell’individuo e mescola credenti e non credenti, atei e devoti pagani, facendone le vittime dì quella che possiamo ormai definire «civiltà post-cristiana”. Questa forma di dignitosa uguaglianza si fonda sulla nozione teosofica, secondo la quale tutte le religioni salgono allo stesso monte e si incontrano sulla stessa vetta per raggiungere lo stesso traguardo spirituale.

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Al massimo, qualcuno afferma, l’inferno non è mai l’ultima destinazione dei perduti, ma soltanto una tappa del viaggio verso l’eternità. Alla fine anche quel luogo di pena resterà vuoto, perché Dio, che è amore, perdonerà tutti, perfino Giuda l’Iscariota. MA COSA DICE LA BIBBIA? Fino ad ora abbiamo soltanto accennato alle varie opinioni e teorie umane ma che cosa dice la Bibbia? Nessun testo biblico afferma la salvezza finale e universale. L’universalismo è una speculazione teologica che disconosce i passi del Nuovo Testamento riguardanti il giusto giudizio di Dio. Come si possono disconoscere le parole di Gesù: “In verità io vi dico che il paese di Sodoma e di Gomorra, nel giorno dei giudizio, sarà trattato con meno rigore di quella città” (Matteo 10:15). Gesù dice ancora: “... vi dichiaro che nel giorno del giudizio la sorte di Tiro e di Sidone sarà più tollerabile della vostra.... io lo dichiaro, nel giorno del giudizio la sorte del paese di Sodoma sarà più tollerabile della tua” (Matteo 11:22, 24); “Or io vi dico che d’ogni parola oziosa che avranno detta, gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio… I Niniviti risorgeranno nel giudizio con questa generazione e la condanneranno, perché essi si ravvidero alla predicazione di Giona ... La regina del Mezzodì risusciterà nel giudizio con questa generazione e la condannerà ...” (Matteo 12:36, 41, 42). Nel resto del Nuovo Testamento la dottrina del giudizio e della retribuzione eterna è molto esplicita: “... essi ricolmi d’ogni ingiustizia ... pur conoscendo che secondo il giudizio di Dio quelli che fanno codeste cose son degni di morte, non soltanto le fanno, ma anche approvano chi le commette ... pensi tu, o uomo che giudichi quelli che fanno tali cose, e le fai tu stesso, di scampare al giudizio di Dio? Ovvero sprezzi tu le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza e della sua longanimità, non riconoscendo che la benignità di Dio ti trae a ravvedimento? Tu invece, seguendo la tua durezza e il tuo cuore impenitente, t’accumuli un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene operare cercano gloria e onore e immortalità; ma a quelli che son contenziosi e non ubbidiscono alla verità ma ubbidiscono alla ingiustizia, ira e indignazione. Tribolazione ed angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male... poiché dinanzi a Dio non c’è riguardo a persone. Infatti, tutti coloro che hanno peccato senza legge, periranno pure senza legge; e tutti coloro che hanno peccato avendo legge, saranno giudicati con quella legge”. (Romani 1:29, 32; 2:3-9, 11, 12); “... è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27); “Il Signore sa trarre i pii dalla tentazione e riserbare gli ingiusti ad esser puniti nel giorno del giudizio” (II Pietro 2:9). I testi biblici citati, e molti altri ancora, non possono essere annullati dalle opinioni umane, tutti parlano della certezza del giudizio e della retribuzione. MA QUELLI CHE NON SANNO? Per la verità, non dovremmo proprio farci questa domanda, perché in questo modo esprimeremmo dei dubbi sulla perfezione della giustizia, dell’amore e della sapienza di Dio. Ci basti considerare che se a noi povere creature terrene sembra ingiusta la condanna di quelli che non hanno conosciuto l’Evangelo, è impensabile che un Dio di Giustizia Infinita, di Amore Immenso e Sapienza Perfetta non sappia agire con obiettività. Gesù stesso afferma: “Quel servitore che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la volontà di lui, sarà battuto di molti colpi; ma colui che non l’ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, sarà battuto di pochi colpi” (Luca 12:47,48). Queste parole di Gesù sembrano dirci che nessuno sulla terra sia totalmente nell’ignoranza di Dio e della Sua volontà. Vi è una componente dello spirito umano che intuisce quello che è giusto e quello che è

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errato, perché esiste una parziale rivelazione divina alla coscienza umana che spinge al pentimento. Infatti, la Scrittura afferma: “… quel che si può conoscer di Dio è manifesto in loro [tutti gli uomini, N.d.A.], avendolo Iddio loro manifestato; poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divi-nità, si vedon chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue; ond’è che essi sono inescusabili ...” (Romani 1:19,20). É detto ancora: “.... in qualunque nazione, chi lo teme ed opera giustamente gli è accettevole” (Atti 10:35); perché Dio “... non si sia lasciato senza testimonianza ...” (Atti 14:17). Dio, quindi, giudicherà tutti gli uomini per quello che hanno fatto, secondo la luce che è stata data a ciascuno; questo metodo è assolutamente giusto da parte del Creatore, e come Suoi figli noi lo accettiamo. Il Sovrano dell’universo “... giudicherà il mondo con giustizia ...” (Salmo 9:8); Egli è “... l’Iddio giusto che prova i cuori e le reni” (Salmo 7:9); “... tutte le cose sono nude e scoperte dinanzi agli occhi di Colui al quale abbiam da render ragione” (Ebrei 4:13). IL DOVERE DEI CRISTIANI Se siamo saggi non spenderemo troppo tempo a discutere di teorie umane che cercano di risolvere quello che Dio ha già risolto. Il nostro privilegio ed il nostro dovere di seguaci di Gesù Cristo è di annunciare “Tutto L’Evangelo” e non di formulare delle congetture riguardo alla sorte eterna di coloro che non avranno occasione di ascoltarlo. Dio sa come trattare quest’ultimi: Egli è giusto e misericordioso. Un giorno sapremo quel che ha fatto e non avremo motivo di obiettare. Nel frattempo consideriamo il grande bisogno spirituale dell’umanità, che è quello del perdono, della grazia e della rigenerazione in Cristo. Uniamo i nostri sforzi per far conoscere Gesù, l’unico che “... può anche salvar appieno quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio ...” (Ebrei 7:25).

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Dio, che conosce la natura umana, non potrebbe essere più tollerante con il peccatore ?

L’AMORE E LA GIUSTIZIA DI DIO NON SONO CONTRASTANTI, MA ESPRESSIONI DELLA SUA ETERNA PERFEZIONE. LE OBIEZIONI UMANE NON SCALFISCONO LA

SOSTANZA STESSA DEL SUO CARATTERE SANTO Questo problema ha diviso per secoli credenti ed increduli. Probabilmente perché molti, interpretando superficialmente la dottrina di Dio nell’Antico Testamento, Lo hanno presentato come un Padre adirato in contrapposizione ad un amabile Figlio, Gesù il Redentore. L’OBIEZIONE La dottrina della redenzione, per l’opera compiuta da Gesù sulla croce, certamente illustra l’amore di Cristo per il peccatore, ma, secondo alcuni, getterebbe un’ombra di dubbio sulla stessa personalità di Dio, il Padre. Addirittura altri considerano quasi immorale che Dio debba punire Gesù al posto nostro; costoro non possono comprendere per quale ragione il Signore non possa perdonare i peccatori senza bisogno dell’espiazione di Cristo. Questi dubbi potrebbero sembrare legittimi da un punto di vista umano se non si tenesse conto del piano biblico della redenzione divina. LA SOLUZIONE Perché Dio non può perdonarci senza l’opera di Cristo? a. Per la Sua stessa natura Egli è il Sovrano morale dell’Universo, oltre ad esserne il Creatore ed il Sostenitore. Che cosa si direbbe di un magistrato troppo indulgente verso le offese, che non applicasse la legge che egli stesso rappresenta? La Bibbia intera rivela Dio non soltanto come il Sovrano dell’universo, ma anche come il Giudice supremo e il perfetto Legislatore. Le Sue leggi non sono arbitrarie, sono la verità. Esse scaturiscono dallo stesso Suo essere. Disubbidirle non vuol dire commettere un reato contro uomini, lo Stato o la proprietà; il peccato stesso è giudicato perché esso è in prima analisi, ribellione contro Dio, ma poi anche trasgressione degli interessi personali più naturali oltre che di quelli altrui. Nessuno sarebbe disposto ad avere un’attitudine di tolleranza generalizzata per colpe come il furto, la menzogna, l’immoralità, che invece scusiamo nel nostro comportamento individuale. Nella società questo principio creerebbe il caos totale. - Se Dio dovesse perdonare senza alcun prezzo, cancellerebbe la distinzione tra bene e male, e, in pratica, affermerebbe che il bene non è importante ed il male Gli è indifferente. - Se il perdono non può essere un diritto acquisito è allora un atto di totale generosità da parte dell’offeso. - Dio non è soltanto amore, ma “... anche un fuoco consumante” (Ebrei 12:29) ed il Suo amore si manifesta anche nella Sua giustizia. - Dio è Santo, Giusto ed Amorevole, questo è il triplice insegnamento di Cristo che ci impedisce di pensare che l’amore di Dio modifichi la Sua stessa giustizia. Uno dei testi biblici dei Vangeli che evidenzia l’amore di Dio, insieme alla Sua santità e giustizia, è il seguente: “E come [Gesù, N.d.A.] si fu avvicinato, vedendo la città, pianse su lei, dicendo: Oh, se tu pure avessi

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conosciuto in questo giorno quel ch’è per la tua pace! Ma ora è nascosto agli occhi tuoi. Poiché verranno su te de’ giorni nei quali i tuoi nemici ti faranno attorno delle trincee, e ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; e atterreranno te e i tuoi figliuoli dentro di te, e non lasceranno in te pietra sopra pietra, perché tu non hai conosciuto il tempo nel quale sei stata visitata” (Luca 19:41-44). L’amore di Dio sì esprime con il pianto di Gesù, che non può fare altro dinanzi ad un atto di giudizio. Il Suo amore non annulla né la Sua santità e la Sua perfetta giustizia, né la libera volontà degli uomini, L’amore di Dio si manifesta nella Sua pazienza “... non volendo che alcuni periscano, ma che tutti giungano a ravvedersi” (II Pietro 3:9). Con le braccia aperte sulla croce, Dio in Cristo ha sbarrato la strada verso la perdizione eterna. Ma se quell’amore divino è ignorato e rifiutato fino alla fine, verrà il tempo quando si potrà manifestare soltanto con le lacrime di dolore di Gesù, mentre l’individuo si allontana deliberatamente da Lui, non riconoscendo la Sua opera redentrice; b. Per la Sua posizione di Sovrano dell’universo Abbiamo già detto che Dio non è un privato che può passare sopra le offese senza tenere conto della legge stabilita. Egli è l’origine ed il sostegno morale dell’universo. Come tale, essendo l’Iddio santo e giusto, non può avere alcun rapporto con il peccato: “... Il giudice di tutta la terra non farà egli giustizia?” (Genesi 18:25); “L’Eterno è lento all’ira, è grande in forza, ma non tiene il colpevole per innocente ...” (Nahum 1:3). “... per dimostrare la Sua giustizia, avendo Egli [Dio, N.d.A.] usato tolleranza verso i peccati commessi in passato, al tempo della sua divina pazienza; per dimostrare ... la sua giustizia nel tempo presente, ond’Egli sia giusto e giustificante colui che ha fede in Gesù” (Romani 3:25, 26). Una parafrasi moderna dello stesso testo afferma: “In questo modo Egli [Dio, N.d.A.] è interamente giusto, anche se non punì quelli che peccarono in tempi passati. Perché riguardava quando Cristo sarebbe venuto e avrebbe tolto quei peccati. Ed ora nel tempo presente Egli può accettare i peccatori allo stesso modo, perché Gesù ha tolto i loro peccati. Ma non è ingiusto da parte di Dio liberare dei criminali e affermare che essi sono innocenti? No, perché Egli fa questo sulla base della loro fiducia in Gesù il quale ha tolto i loro peccati” (Trad. da The Living Bible). UN’ALTRA OBIEZIONE Altri increduli affermano che il concetto di perdono per mezzo del sacrificio di Cristo, il quale sostituisce il colpevole agli occhi di Dio, è in contrasto con il concetto comune di perdono. Dio, infatti, per perdonare ha bisogno di una terza persona, cioè Gesù. Affermare, però, che Cristo è una terza persona completamente estranea alla questione, è disconoscere la stessa natura divina di Gesù. Egli è il “... solo mediatore …”(I Timoteo 2:5), è Dio “... manifestato in carne ...” (I Timoteo 3:16). Non soltanto Dio “... riconciliava con sé il mondo in Cristo ...” (II Corinzi 5:19), ma esprimeva nell’opera del Figliuolo la massima estensione del Suo amore, soffrendo Egli stesso per i colpevoli, identificandosi con loro ed offrendo cosi un mezzo di riconciliazione “gratuito” a tutti coloro che avrebbero posto la propria fiducia in Gesù. Perciò, non è assolutamente contro giustizia e contro il senso comune affermare che Dio può salvare l’uomo e perdonarlo soltanto per mezzo del sacrificio espiatorio di Gesù. In questo modo Cristo “... ci è stato fatto da Dio sapienza, e giustizia, e santificazione, e redenzione” (I Corinzi 1:30). Cristo è morto per i nostri peccati come nostro sostituto; esclamando “... Padre perdona loro ...” (Matteo 23:34), sottolineava che in quell’attimo stava soffrendo e morendo per ogni colpevole che si sarebbe identificato con quel perfetto sacrificio vicario. La nostra natura umana è decaduta e debole, “ma Iddio mostra la grandezza del proprio amore per noi, in quanto che, mentre eravamo peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5:8).

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Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Ho incontrato delle persone che pur definendosi cristiane non riconoscono la divinità di Gesù. Che

cosa dice la Bibbia al riguardo? L’ARGOMENTO DELLA DIVINITÀ DI GESÙ E’ STATO PIU’ VOLTE TRATTATO SU

QUESTE PAGINE TUTTAVIA DESIDERIAMO PRENDERLO DI NUOVO IN ESAME IN QUANTO MOLTI ALTRI LETTORI CI PONGONO LA STESSA DOMANDA.

In genere, gli uomini non trovano difficoltà a vedere in Gesù un santo, un uomo potente in opere e in parole. In Lui ammirano tante doti straordinarie, tante virtù e capacità, ma non riescono a convincersi che Egli possa essere il Figlio di Dio. Un giorno ci fu chi si volse a Cristo chiamandoLo “Maestro buono”. Gesù rispose con le parole che per molti costituiscono un vero enigma: “...Perché mi chiami buono? niuno è buono,se non un solo, cioè: Iddio ...” (Matteo19:17; Vers. Diodati). Voleva forse negare di essere Dio? Voleva forse dire che non era buono? Niente di tutto questo, ma semplicemente: “Non sarei buono, se non fossi Dio; e se non puoi riconoscere che io sono Dio, non devi chiamarmi buono”. Se Gesù non fosse Dio, non potrebbe esser definito buono e santo: Egli avrebbe soltanto ingannato gli uomini; sarebbe un bugiardo, un grande mistificatore; avrebbe sottratto a Dio la gloria e l’onore che appartengono, invece, soltanto a Lui. Come potrebbe ritenersi buono un essere simile? IL SIGNIFICATO DELLA DIVINITÀ DI CRISTO Riferendoci alla divinità di Cristo intendiamo dire che Egli è Dio nel senso più pieno della parola. Le Scritture insegnano che Dio è un Essere Uno e Trino: Padre, Figliuolo e Spirito Santo. Gesù è il Figliuolo. Il termine di cui si serve la Scrittura, “ unigenito Figliuolo ...” (Giovanni 1:18), indica la particolare relazione di Cristo con la Divinità. Egli, non è un figlio di Dio, ma il Figlio di Dio. Noi possiamo essere figli di Dio, ma non nel senso in cui lo è Cristo. La divinità di Cristo è la pietra fondamentale sulla quale poggia l’edificio dell’intera fede cristiana. LE PROVE DELLA DIVINITÀ DI CRISTO Non è difficile provare la divinità di Gesù Cristo, se si ammette la veridicità della testimonianza della Bibbia. Soltanto chi rigetta questa divina testimonianza potrebbe negare la divinità di Cristo che si evince anche dalle seguenti ragioni:

a. Nomi divini che Gli vengono dati. Gesù Cristo viene chiamato Dio (cfr. Giovanni 1:1; Ebrei 1:8; Giovanni 20:28; Romani 9:5; I Giovanni 5:20). È chiamato “Figlio di Dio” (cfr. Matteo 16:16, 17; 8:29; 14:33; Marco 1:1; 14:61; Luca 1:35; 4:41; Giovanni 5:25; 10:36; 11:4). Viene chiamato “Signore” (cfr. Atti 4:33; 16:31; Luca 2:11; Atti 9:17; Matteo 22:43-45).

È indicato come “il Primo e l’Ultimo”, “l’Alfa e l’Omega” (cfr. Apocalisse 1:17; Isaia 41:4; 44:6; 48:12; Apocalisse 1:8; 22:13, 16). Tutti questi appellativi ci parlano chiaramente della Sua divinità;

b. Attributi divini che Cristo stesso dichiara di possedere. Egli dice di essere uguale a Dio: “Io ed il Padre siamo uno” (Giovanni 10:30; cfr. 5:17). I Suoi seguaci attestano che Egli si riteneva essere Dio: “Il quale [Gesù, N.d.A.], essendo in forma di Dio non riputò rapina l’essere uguale a Dio” (Filippesi 2:6); lo stesso dicevano anche i Suoi più irriducibili nemici (cfr. Giovanni 10:33). In una circostanza Filippo chiese a Gesù che gli facesse conoscere il Padre, e Cristo rispose: “... Da tanto tempo sono con voi e

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tu non m’hai conosciuto, Filippo? ...” (Giovanni 14:9). In Giovanni 5:17-32, Gesù spiega diffusamente la Sua uguaglianza con Dio. I Suoi nemici cercarono di lapidarLo proprio per queste Sue affermazioni (cfr. v. 18). Dice che opera assieme al Padre (cfr. v. 17), che l’onore di Dio è in Lui (cfr. v. 23), che, come il Padre, Egli ha autorità di giudicare anzi Gli è stata attribuita un’autorità anche di portata più ampia (cfr. v. 22). Egli, dunque, dichiara di possedere perfetta uguaglianza con il Padre, completa unità di mente, di opere e di fine;

c. Cristo viene adorato come Dio. Gesù disse, più e più volte, che soltanto Dio deve essere adorato; questo pensiero è espresso in modo chiarissimo in tutte le pagine della Scrittura; eppure sappiamo che permise agli uomini, mai proibendolo ad alcuno, di adorarLo come Dio. I discepoli Lo adorarono dopo aver dubitato di Lui e dopo averLo abbandonato per timore (cfr. Giovanni 20:28; Matteo 14:33). Lo adorarono dopo la Sua risurrezione (cfr. Matteo 28:9); prima dell’Ascensione (cfr. Matteo 28:17) e dopo di essa (cfr. Luca 24:52). I Magi Lo adorarono quando era ancora un bambino (cfr. Matteo 2:2); Lo adorò l’indemoniato che si aggirava tra le tombe ed il povero lebbroso guarito (cfr. Marco 5:6; Matteo 8:2). Tutti costoro videro in Gesù non soltanto l’uomo saggio, il grande operatore di miracoli, il nobile condottiero, ma il vero Dio, l’Essere degno della più profonda adorazione.

d. Attività, ed opere di Cristo. La divinità di Cristo viene confermata dalle opere meravigliose che ha compiuto. In tutta la Sua attività terrena vediamo sempre risplendere il raggio della natura divina che era in Lui. Le Sue opere, le Sue parole, i Suoi prodigi sono stati quelli di Dio. Forse la prova più convincente della Sua divinità è proprio questa: Egli stesso invitava i nemici a considerare le Sue opere e a giudicare da quelle se era o no il Figlio di Dio: “Credetemi che io sono nel Padre e che il Padre è in me ...”, diceva Gesù, “... se no, credete a cagion di quelle opere stesse” (Giovanni 14:11).

Se abbiamo difficoltà ad ammettere ciò che Cristo afferma, consideriamo la Sua attività, esaminiamo le Sue opere e non potremo non esser vinti dalla loro evidenza: sono opere meravigliose e divine: “Se non faccio le opere del Padre mio, non mi credete”, disse Gesù in una occasione (Giovanni 10:37). Ed anche: “Ma io ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni, perché le opere che il Padre mi ha dato a compiere, quelle opere stesse che io fo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Giovanni 5:36). Anche Nicodemo dovette dire: “... Maestro, noi sappiamo che tu sei un dottore venuto da Dio; perché nessuno può fare questi miracoli che tu fai, se Dio non è con lui” (Giovanni 3:2). Nel grande sermone del giorno della Pentecoste, Pietro dichiarò: “... Gesù il Nazareno, uomo che Dio ha accreditato fra voi mediante opere potenti e prodigi e segni che Dio fece per mezzo di lui ...” (Atti 2:22). C’è qualcuno che potrebbe chiudere gli occhi davanti a tanta evidenza? Non soltanto guarì i malati e fece tornare in vita alcuni morti, ma dimostrò di possedere il più assoluto dominio sulle stesse forze della natura. Egli trasformò l’acqua in vino (cfr. Giovanni 2:1-11), fece inaridire la pianta che non dava frutto (Matteo 21:18-20; Marco 11:12-14) e calmò il mare sconvolto dalla tempesta (Matteo 8:23-27; Giovanni 6: 16-21). Soltanto Dio ha un tale potere sugli elementi della natura. LE AFFERMAZIONI DI CRISTO SULLA SUA DIVINITÀ Alcuni pensano che Cristo non pretese mai di possedere delle prerogative divine. La Bibbia è molto chiara: Egli riconobbe di possedere tali prerogative e non fece nulla per impedire che altri Gliele riconoscessero:

a. Si appropriò del Nome santo di Dio. “... Prima che Abramo fosse nato, io sono” (Giovanni 8:58), con queste parole si servì dello stesso nome “Yahwèh” con il quale Dio indicò Sé stesso a Mosè (cfr. Esodo 3:14). Per tanti secoli gli uomini avevano avuto un sacro terrore di quel Nome divino, e quando Gesù lo attribuì alla Sua Persona, i Giudei tentarono di lapidarlo: Lo considerarono un bestemmiatore;

b. Pretese dì avere la potestà di rimettere i peccati. Quando quattro uomini Gli deposero davanti un povero paralitico, calandolo dal tetto, Gesù si rivolse all’infelice con le semplici parole: “... ‘Figliolo, coraggio, i tuoi peccati ti sono perdonati’” (Matteo 9:2; Vers. N.R.). I capi della religione, che erano lì soltanto per

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trovare in Lui qualcosa da criticare, si mostrarono scandalizzati e dissero che Gesù aveva bestemmiato, perché pensavano: “... Chi può perdonare i peccati se non Dio solo?” (Luca 5:21; Vers. N.R.). Gesù vide la loro reazione e affermò che Gli apparteneva questa prerogativa divina, dicendo: “... affinché sappiate che il Figlio dell’uomo ha sulla terra autorità di perdonare i peccati, Io ti dico (disse ai paralitico), alzati, prendi il tuo lettuccio, e vattene a casa tua” (Marco 2:10, 11; Vers. N.R.). Possiamo concludere che soltanto Iddio può rimettere i peccati, Infatti, dopo averLo visto operare un tale miracolo, ammettiamo senza difficoltà che Gesù possedeva quella prerogativa e che, quindi, è Dio;

c. Pretese di possedere il dominio assoluto sulla vita e sulla morte. Gesù mostrò di possedere un potere che nessuno sulla terra aveva mai posseduto: Egli poteva dare e togliere la vita. Tutti gli altri erano stati mandati; Lui solo era venuto. Egli fissò il tempo, il luogo ed il modo della Sua nascita terrena. Egli stesso stabili le circostanze che l’avrebbero visto venire al mondo. “Son proceduto dal padre - disse Gesù - e son venuto nel mondo; ora lascio il mondo, e torno al Padre” (Giovanni 16:28). E in un linguaggio ancora più chiaro: “... io depongo la mia vita, per ripigliarla poi. Nessuno me la toglie, ma la depongo da me. Io ho potestà di deporla e ho potestà di ripigliarla ...” (Giovanni 10:17, 18). Soltanto Dio potrebbe parlare così; Gesù Cristo, dunque, é Dio. Quindi, la speranza della salvezza è riposta sulla divinità di Cristo. Se non fosse il Figliuolo di Dio, nessuno potrebbe ottenere il perdono dei peccati; se non fosse il Figliuolo di Dio, il riscatto del peccatore sarebbe impossibile, e l’uomo non potrebbe mai vedere Iddio. Cristo, inoltre, non sarebbe il Messia promesso e noi saremmo ancora sotto una condanna di morte. Dio “... è stato manifestato in carne ...” (I Timoteo 3:16) e noi siamo liberi.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Ho detto ad alcuni amici che Cristo è eterno mentre essi Lo consideravano soltanto come un martire per

alti ideali. Come posso dimostrare l’eternità di Cristo?

LA PREESISTENZA ETERNA DI CRISTO È UNA “PIETRA ANGOLARE” DELLA DOTTRINA DELLA SALVEZZA!

La domanda non sembra a prima vista tanto importante, in quanto molto spesso l’eternità di Cristo viene considerata un attributo implicito della Sua natura divina. Senza dubbio è così per coloro che non vogliono “torcere le Scritture”, ma purtroppo nel caotico mondo delle false dottrine si cercano cavilli per sminuire l’eternità del Figliuolo di Dio. La storia della dottrina intorno alla persona di Cristo è un continuo susseguirsi di tentativi di adulterazioni della verità biblica. Si potrebbe continuare ancora a lungo enumerando tutte le eresie che hanno accentuato, questo o quell’aspetto della dottrina biblica, oltre a quelli che hanno negato. Nel nostro secolo queste antiche eresie continuano ad essere presenti in modo più o meno latente. Per questo si impone un continuo studio delle Scritture per comprendere e sapere chi è veramente Cristo Gesù. In nessuna parte della Bibbia troviamo argomenti per dimostrare l’esistenza di Dio. Questa verità è una prova evidente della dottrina biblica della giustificazione che avviene appunto per la fede in un Dio personale. La stessa cosa avviene per quanto riguarda la preesistenza di Cristo. La Sua nascita a Betleem non segna l’inizio della Sua esistenza: Egli esisteva già prima che fosse scritto il primo versetto della Genesi. Gesù, il Figliuolo di Dio, chiamato anche la Parola vivente, è esistito assieme a Dio fin da tutta l’eternità ed ha condiviso con il Padre la gloria e la natura divina. Questo è un fatto che la Bibbia afferma molto chiaramente, è una pietra angolare che sostiene tutto l’edificio della nostra fede cristiana. ETERNITÀ DELLA PREESISTENZA DI CRISTO I primi diciotto versetti del Vangelo secondo Giovanni costituiscono una specie di prologo o introduzione a tutto il Vangelo. In questo prologo possiamo rilevare l’essenza della verità che riguarda la natura, la preesistenza e l’incarnazione di Cristo. I tre versetti chiave: 1, 14, 18, rivelano la preesistenza di Cristo, la Sua natura divina e la Sua incarnazione: v. 1: “Nel principio era la Parola, e la parola era con Dio, e la Parola era Dio”; v. 14: “E la Parola è stata fatta carne ed ha abitato per un tempo fra noi ...”; v. 18: “Nessuno ha mai veduto Iddio; l’unigenito Figliuolo ... l’ha fatto conoscere”. Il primo versetto da noi citato è un vero capolavoro di concisione; in esso Giovanni ci presenta Cristo, il Figliuolo di Dio. Nessun preliminare; non ci viene detto che Gesù era anche Figlio dell’uomo, figlio di Abramo e di Davide: si parla soltanto di ciò che veramente è importante, cioè della eterna preesistenza di Cristo, della Sua Personalità ben distinta e della Sua Divinità. Giovanni ci riporta ai primordi di tutto il creato per dirci che Cristo non ha avuto un principio. Tutte le cose hanno un inizio; soltanto Dio non ha e non può avere un principio, come non ha e non può avere una fine. Dio è sempre esistito e anche Cristo, essendo Dio, è sempre esistito. Egli precede tutte le cose. È Sua l’affermazione: “... Prima che Abramo fosse nato, io sono” (Giovanni 8:58). I Giudei restarono sbalorditi a queste parole, e compresero molto bene che Egli non intendeva dire che era vissuto prima di Abramo, ma che la Sua esistenza non aveva mai avuto principio, cioè che Egli era Eterno e, quindi, era Dio. Le parole “Nel principio ...” riallacciano la verità della preesistenza di Cristo alle prime parole della Genesi, dove si afferma l’eterna esistenza di Dio. Più tardi, in una delle sue lettere, Giovanni ritorna con maggior forza e chiarezza su questa verità: “Quel che era dal principio, quel che

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abbiamo udito, quel che abbiam veduto con gli occhi nostri, quel che abbiamo contemplato e che le nostre mani hanno toccato della Parola della vita” (I Giovanni 1:1). Per chi conosce il greco biblico non possono esservi dubbi: il termine “Parola” (Logos) indica soltanto Cristo. Apocalisse 19:13 afferma che la “Parola” è Colui che ha versato il proprio sangue per la nostra salvezza. Chi potrebbe dubitare che questo termine indichi Cristo? La parola è necessaria per esprimere i nostri pensieri, i nostri desideri, per tenerci in comunicazione con i nostri simili, ed è la Parola divina che reca agli uomini il Pensiero di Dio. “Iddio ... ha parlato a noi mediante il suo Figliuolo ...”(Ebrei 1:1, 2). La Parola e l’opera di Dio sono meravigliosamente combinate nella Persona di Cristo. Gli scrittori della Bibbia non soltanto ci dicono che Cristo esisteva fin da tutta l’eternità, ma ci assicurano che Egli, più e più volte, lo ha chiaramente affermato. Nella Sua preghiera detta “sacerdotale” udiamo queste parole: “Ed ora, o Padre, glorificami tu presso te stesso della gloria che avevo presso di te avanti che il mondo fosse” (Giovanni 17:5). Egli, dunque, afferma che è stato vicino al Padre, anche prima della creazione del mondo; afferma poi che è vissuto anche prima che Abramo fosse e ci assicura di aver condiviso con Dio la gloria divina. Infine, come per togliere dalla nostra mente ogni dubbio, Egli dichiara: “Io ed il Padre siamo uno” (Giovanni 10:30). Quindi, non soltanto sostiene che tra Egli ed il Padre vi è assoluta eguaglianza, ma che esiste anche una perfetta unità di azione, di scopo e di natura. LA RELAZIONE ETERNA DI CRISTO CON LA TRINITÀ Le persone divine che formano la Trinità (cfr. Atti 17:29; Romani 1;20; Colossesi 2:9) sono il Padre, il Figliuolo e lo Spirito Santo. Si tratta quindi della Personificazione di una triplice relazione esistente in Dio. Questa divina Trinità è stata rivelata da Dio stesso. Gesù è la seconda Persona della Trinità; di Lui, infatti, è detto: “... in lui abita corporalmente tutta la pienezza, della Deità” (Colossesi 2:9). Cristo è: a. L’Unigenito Figliuolo di Dio. La frase “Unigenito Figliuolo” non è molto usata nella Bibbia (cfr. Giovanni

3:16; I Giovanni 4:9). Oggigiorno la udiamo tanto spesso che non facciamo più caso al suo significato. Contiene semplicemente l’affermazione che Gesù Cristo ha con Dio una relazione tutta particolare, riservata soltanto a Lui;

b. Uguale al Padre. Gesù ha detto di essere uguale al Padre (cfr. Giovanni 10:30). Paolo scrive che Cristo, a buon diritto, si è posto sullo stesso piano di Dio (cfr. Filippesi 2:6). Anche i Suoi nemici ed accusatori Gli rimproveravano di considerarsi Dio (cfr. Giovanni 10:33). Gesù è il Figliuolo di Dio, ma non è inferiore al Padre.

c. Il Prediletto dal Padre. In due occasioni dal Cielo venne una Voce con la quale il Padre manifestò il Suo affetto e la Sua predilezione per il Figliuolo. Ciò accadde in occasione del battesimo di Gesù nel fiume Giordano e della Sua trasfigurazione sul monte (cfr. Matteo 3:17;17:5).

d. Partecipe della gloria del Padre. Fin dal “principio” Cristo condivise con il Padre la gloria divina. Soltanto per un tempo mise da parte lo splendore di questa gloria per realizzare la redenzione a favore dell’umanità (cfr. Giovanni 17:5; Ebrei 1:3).

L’ATTIVITÀ PREESISTENTE DI CRISTO NELL’ETERNITÀ L’opera di Dio può essere seguita dalla prima apparizione dell’uomo sulla terra fino ai giorni nostri. Allo stesso modo sono note tutte le attività di Cristo. Noi conosciamo ciò che operò nei trentatré anni che visse sulla terra, conosciamo quel che fece “nel principio” della presente dispensazione e quel che compie oggi. Creatore di tutte le cose. Assieme al Padre ed allo Spirito Santo, Gesù Cristo è il Creatore di tutte le cose. Era l’Iddio Trino Colui che disse: “... Facciamo l’uomo a nostra immagine...” (Genesi 1:26). Non prese parte all’attività creatrice di Dio soltanto in quella occasione, ma sempre, poiché è scritto in Giovanni 1:3: “Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei [la Parola, N.d.A.]; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta”. Colui che controlla tutte le cose. Il nostro Signore è anche Colui che controlla tutte le cose. Per volontà Sua tutto continua a sussistere. Sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, Paolo scrive: “... e tutte le cose sussistono in lui” (Colossesi 1:17).

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Cristo perfeziona le cose create. L’opera iniziata da Cristo con la creazione non è ancora compiuta. Colui che dal caos primordiale trasse l’ordine prodigioso dell’universo saprà far sorgere la perfezione e l’ordine meraviglioso della grazia dal disordine causato dal peccato. Senza di Lui il mondo non avrebbe alcuna speranza (cfr. Efesini 4:13; Filippesi 1:6; Giovanni 17:23; l Corinzi 13:10). PERCIÒ ... Se Cristo non fosse preesistito non sarebbe Dio. E se non fosse Dio non potrebbe essere il Creatore ed il Redentore. Ma Gesù è Dio, è il nostro Creatore ed il nostro Redentore. Stringiamoci, quindi, a Lui con fiducia e abbandoniamoci tranquillamente all’efficacia della Sua grazia.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Che cosa vuol dire l’affermazione: “Gesù è andato a predicare ai morti”?

LA DISCESA DI CRISTO “NEL SOGGIORNO DEI MORTI” E’ UNA REALTA’ DICHIARATA DALLA BIBBIA! LO SCOPO DELLA SUA VISITA NELL’ADES E BEN

DEFINITO! Il lettore certamente si riferisce a due testi contenuti nella prima epistola di Pietro la cui interpretazione è stata sempre controversa fin dall’antichità: “... Cristo ha sofferto una volta per i peccati, egli giusto per gl’ingiusti, per condurci a Dio; essendo stato messo a morte, quanto alla carne, ma vivificato quanto allo spirito; e in esso [spirito,N.d.A.] andò anche a predicare agli spiriti ritenuti in carcere, i quali un tempo furon ribelli, quando la pazienza di Dio aspettava, ai giorni di Noè ...” (I Pietro 3:18-20); “Essi renderanno ragione a colui ch’è pronto a giudicare i vivi ed i morti. Poiché per questo è stato annunziato l’Evangelo anche ai morti ...” (I Pietro 4:5, 6). LE DIFFICOLTÀ Questi testi, indubbiamente, presentano difficoltà d’interpretazione, ma siamo certi che la Parola di Dio non si contraddice. Molti esegeti, alcuni dei quali famosi nell’antichità, utilizzano i seguenti versetti biblici per sostenere la dottrina della discesa di Cristo nell’Ades. Ma esistono dei gravi problemi dottrinali che spingono a trovare una interpretazione diversa. Eccone alcuni: a. Affermare che Gesù andò a “predicare” nell’Ades ai morti della generazione di Noè, cioè “... agli spiriti ritenuti in carcere ...”, significherebbe ammettere che esiste un’opportunità di salvezza dopo la morte. Sarebbe illogico pensare che avendo una seconda opportunità di ravvedimento dopo la morte, questi increduli contemporanei di Noè non si convertano dinanzi alla realtà palpitante dell’aldilà dove si trovano. Questa teoria tanto simile, e forse ne è addirittura all’origine, a quella che afferma l’esistenza del purgatorio, è totalmente contraria alla Scrittura: “... è stabilito che gli uomini muoiano una volta sola, dopo di che viene il giudizio” (Ebrei 9:27); b. Il termine “predicare”, in greco kerusso, ha nelle Scritture anche il senso di “proclamare” come in Marco 1:45: “... si dette a proclamare e a divulgare il fatto ...”. Nel caso di Gesù, se il testo eventualmente deve essere collegato alla Sua discesa nell’Ades, il termine è riferito soltanto alla proclamazione della Sua vittoria; c. Se Cristo fosse andato a predicare alla generazione che precedette il diluvio, la quale non aveva creduto alla predicazione di Noè in quanto non aveva una legge scritta come quella di Mosè, si dovrebbe ammettere che Dio fa riguardo alla qualità delle persone; infatti in ogni tempo esistono generazioni che non conoscono la legge di Dio, perfino oggi vi sono tribù non raggiunte dall’Evangelo. La generazione precedente il diluvio non era diversa da qualsiasi altra, tanto è vero che Gesù la prende come esempio della vita sociale degli ultimi tempi. Se si accetta una teoria simile, oltre che accettare l’idea del purgatorio, si dubiterebbe dell’obiettività della giustizia divina; d. Inoltre, si dovrebbe ammettere la teoria universalistica, e cioè che alla fine tutti gli uomini saranno salvati. Appare strano che, nonostante questa teoria di una seconda opportunità di pentimento, quei morti ri-mangano ribelli a Dio anche davanti alla realtà di un’eternità di sofferenze. La Bibbia è contraria all’universalismo, infatti nel caso del ricco e Lazzaro è scritto: “oltre a tutto questo, fra noi e voi è posta una gran voragine, perché quelli che vorrebbero passar di qui a voi non possano, né di là si passi da noi” (Luca 16:26);

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e. I Pietro 4:6 si riferisce a quelli che ora sono morti, ma che sono stati evangelizzati nel corso della loro vita terrena. Una versione letterale del testo così traduce: “Ecco perché la Buona Notizia [l’Evangelo, N.d.A.] fu predicata [durante il tempo della loro vita, N.d.A.] anche ai morti” (A.N.T.). Interpretato in altro modo, il testo proverebbe la possibilità di ravvedimento dopo la morte. I succitati versetti della prima epistola di Pietro, se interpretati come riferiti alla discesa di Cristo nell’Ades, sosterrebbero dunque le false dottrine del purgatorio, della possibilità di ravvedimento dopo la morte e dell’universalismo. UNA VALIDA ESEGESI L’interpretazione che non scalfisce alcun insegnamento della dottrina biblica, che tra l’altro è stata sostenuta da scrittori cristiani come Agostino e Beda il Venerabile, è quella che i versetti succitati non si riferirebbero alla discesa di Cristo nell’Ades, che come vedremo è provata da molti altri testi biblici, ma piuttosto al fatto che il Signor Gesù Cristo, prima ancora della Sua incarnazione, per quello Spirito che Lo risuscitò dai morti, per mezzo di Noè, predicò alla generazione corrotta prima del diluvio che ora si trova nell’Ades in attesa di giudizio. Noè, “…predicator di giustizia ...” (II Pietro 2:5), fu lo strumento attraverso il quale Cristo predicò agli uomini prima del diluvio, purtroppo senza risultati perché non si convertirono in quel tempo, mentre Dio pazientava per condurli a ravvedimento. Questa esegesi è confermata dalla stessa epistola di Pietro: “Questa salvezza è stata l’oggetto delle ricerche e delle investigazioni dei profeti che profetizzarono della grazia a voi destinata. Essi indagavano qual fosse il tempo e quali le circostanze a cui lo Spirito di Cristo che era in loro accennava...” (I Pietro 1:10, 11). Alla luce di questa interpretazione si può concludere che i succitati testi si riferiscono soltanto allo Spirito di Cristo, il Quale, per mezzo di Noè, esortò i contemporanei prima del diluvio a ravvedersi. I TESTI DELLA DISCESA DI CRISTO NELL’ADES Cristo non andò nell’Ades a predicare il ravvedimento a una determinata generazione di morti, perché, come abbiamo visto, questa interpretazione è contraria all’insegnamento della Scrittura. Egli andò, invece, a proclamare la Sua onnipotente opera di salvezza a quanti erano morti nell’attesa del Messia promesso, i quali “... pur avendo avuta buona testimonianza per la loro fede, non ottennero quello ch’era stato promesso, perché Iddio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, ond’essi non giungessero alla perfezione senza di noi” (Ebrei 11:39-40). Di seguito riportiamo i testi che riguardano la discesa di Cristo nell’Ades e del Suo intervento perché i morti in fede dell’Antico Testamento ottenessero “... quello ch’era stato promesso ...”: a. “... tu non abbandonerai l’anima mia in poter della morte [Ebraico Sheol, nota al testo], né permetterai che il tuo santo vegga la fossa” (Salmo 16:10); b. “… tu non lascerai l’anima mia nell’Ades, e non permetterai che il tuo Santo vegga la corruzione” (Atti 2:27); c. “... per questo che è detto: Salito in alto, egli ha menato in cattività un gran numero di prigioni ed ha fatto dei doni agli uomini. Or questo è salito che cosa vuol dire se non che Egli era anche disceso nelle parti più basse della terra? Colui che è disceso, è lo stesso che è salito al disopra di tutti i cieli, affinché riempisse ogni cosa” (Efesini 4:8-10); d. “... egli mise la sua man destra su di me, dicendo: Non temere; io sono il primo e l’ultimo, e il Vivente; e fui morto, ma ecco son vivente per i secoli dei secoli, e tengo le chiavi della morte e dell’Ades” (Apocalisse 1:17,18). Cristo è sceso nell’Ades (seno d’Abramo) per manifestarsi a quelli che erano morti nella Sua attesa. Oggi l’Evangelo è predicato agli uomini, perché, prima di passare dal tempo all’eternità, si ravvedano e

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credano che Gesù è l’unico Signore e Salvatore. Nessuno si illuda, “Oggi è il tempo della grazia”, dopo questa vita non v’è più alcuna possibilità di salvezza. Oggi, se udiamo la Sua voce non induriamo i nostri cuori.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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La risurrezione di Gesù è una leggenda?Come posso provare il contrario ad alcuni miei amici

increduli? LA RISURREZIONE DI GESÙ È UN FATTO BASATO UNICAMENTE SULLE

SCRITTURE, TUTTAVIA ESISTONO EPISODI CHE LA LOGICA UMANA NON PUÒ SPIEGARE SE NON CREDENDO ALLA PAROLA DÌ DIO

Come cristiani fondati sull’Evangelo, bisogna prima di tutto ricordare che la Sacra Scrittura fa delle affermazioni e non propone fatti che debbono essere provati; quindi a degli increduli non si può provare razionalmente la risurrezione di Gesù, come non si può provare l’esistenza di Dio. PROVA O CONFERMA? Molto spesso si sente parlare di “prove razionali” che riguardano le Persone divine ed il loro rapporto con gli uomini. Questo termine è stato usato da esperti di teologia certamente non “rigenerati”, i quali si fondano sul principio: “credo perché comprendo”, dando la priorità all’intelligenza umana piuttosto che alla fede. Infatti, per prova s’intende “un elemento che dimostra la verità di un fatto” e quindi è in contrasto con il principio biblico: “... chi s’accosta a Dio deve credere ch’Egli è, e che è il rimuneratore di quelli che lo cercano” (Ebrei 11:6). Se bastasse l’intelligenza umana per afferrare la promessa di Dio, allora la fede non avrebbe alcun valore. Per il raziocinio umano è inconcepibile la risurrezione di Gesù in quanto, fondandosi solamente sul “visibile” e sul “materiale”, è naturale la conclusione secondo la quale con la morte finisca tutto. Soltanto la fede può farci guardare in alto ed arricchirci della visione dell’eternità. La morte non è la fine di tutto, ma soltanto un mezzo per farci cambiare condizione di esistenza. Come credenti, quindi, accettiamo per fede quanto la Sacra Scrittura afferma e crediamo “... che Cristo è morto per i nostri peccati, secondo le Scritture; che fu seppellito; che risuscitò il terzo giorno, secondo le Scritture” (I Corinzi 15:3, 4) La logica della nostra fede non si fonda, perciò, sulle opinioni umane ma unicamente sulla Parola di Dio. Piuttosto di prova, allora, dobbiamo parlare di conferma, anche se, a prima vista, la differenza fra i due termini non sembra essere notevole. Per conferma s’intende: “l’atto di rendere più ferma, di rafforzare una certa verità”. Come credenti fondati sull’Evangelo, accettiamo e crediamo per fede quanto affermato dalla Sacra Scrittura, ma possiamo anche presentare delle conferme logiche che rafforzano in noi la verità meravigliosa della risurrezione di Cristo. La Bibbia è fondamentale per la nostra salvezza eterna in Cristo Gesù, perché: “... se Cristo non è risuscitato, vana é la [nostra, N.d.A.] fede ...” (I Corinzi 15:17). Ecco alcune conferme: LA TOMBA VUOTA In una tavola rotonda televisiva, qualcuno ironicamente ha chiesto ad un teologo: “Se fosse scoperta una tomba con i resti del corpo di Gesù il cristianesimo potrebbe ancora sopravvivere?”. Tra lo stupore dei veri credenti, il teologo ha risposto: “Sì”. Ma sarebbe veramente cosi? Forse il cristianesimo

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continuerebbe a sussistere come una forma di filosofia morale, o come programma di riforma sociale, ma non come una fede dinamica quale esso è. La tomba vuota è la conferma della risurrezione di Gesù. La tomba del Signore era stata scavata nella roccia ed era stata rotolata “... una pietra contro l’apertura del sepolcro” (Marco 15:46). Le pie donne che il primo giorno della settimana andavano alla tomba con gli “aromati” “… dicevano tra loro: Chi ci rotolerà la pietra dall’apertura del sepolcro?” (Marco 16:3). Da questo si può dedurre che questa pietra era molto grande ed occorrevano molte braccia per rimuoverla. Tuttavia, quando le donne giunsero al sepolcro “... videro che la pietra era stata rotolata ...” (Marco 16:4). Soltanto un miracolo poteva aver compiuto ciò, infatti “... un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra, e vi sedette sopra” (Matteo 28:2). Questo intervento angelico spiegherebbe la ragione per cui le guardie non vennero condannate dai capi sacerdoti per non aver ben vigilato presso la tomba. Se fossero stati i discepoli a rubare il corpo del Signore, poiché la pietra che chiudeva il sepolcro era “molto grande”, avrebbero necessariamente fatto del rumore richiamando l’attenzione delle guardie, ammesso che queste si fossero distratte. La grossolana ingenuità della menzogna, fatta circolare a Gerusalemme, è un’altra conferma della risurrezione di Gesù. Secondo la consuetudine ebraica, anche Gesù fu avvolto in un “... panno lino netto” (Matteo 27:59). “... Nicodemo ... venne … portando una mistura di mirra e d’aloe di circa cento libbre ... presero il corpo di Gesù e lo avvolsero in pannilini con gli aromi, com’è usanza di seppellire presso i Giudei” (Giovanni 19:39,40). Queste bende, o “pannilini”, con cui avvolsero il corpo di Gesù e gli aromi offerti da Nicodemo, dovevano pesare totalmente circa quarantacinque chilogrammi. I “pannilini”, che avvolgevano il corpo del Signore, formavano un involucro simile a quello delle mummie egizie, e il tutto aveva un peso equivalente a due corpi umani. Quando Pietro e Giovanni andarono al sepolcro “correvano ambedue assieme; ma l’altro discepolo [Giovanni, N.d.A.] corse innanzi più presto di Pietro, e giunse primo al sepolcro; e chinatosi, vide i pannilini giacenti, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro, e vide i pannilini giacenti, e il sudario ch’era stato sul capo di Gesù, non giacente coi pannilini, ma rivoltato in un luogo a parte. Allora entrò anche l’altro discepolo [Giovanni, N.d.A.) che era giunto primo al sepolcro, e vide, e credette” (Giovanni 20: 4-8). Quando Giovanni si inchinò, dall’esterno guardò all’interno della tomba e vedendo le bende al loro posto pensò che il corpo del Signore fosse ancora là. Pietro vide i “pannilini” ordinati, notò, però, che il sudario non copriva più il volto di Gesù, perché il Suo corpo non era più tra le bende. Il Signore era risorto e il Suo corpo uscì dalle bende senza che fossero svolte. Come una farfalla che esce dal bozzolo, Cristo glorificato uscì dai “pannilini” ed allora anche Giovanni entrando nel sepolcro “...vide, e credette”. In nessun altro modo poteva accadere questo tranne che per un atto divino e miracoloso. Se il corpo di Gesù fosse stato rubato, non vi sarebbe stata alcuna ragione di toglierlo dalle bende, e se lo avessero fatto, tutti gli aromati, mirra e aloe, sarebbero stati sparsi sul pavimento della tomba. Ma tutto, invece, era in ordine, soltanto il sudario era fuori posto. Le bende del sepolcro divengono così un’ulteriore conferma della risurrezione di Cristo. LA PENTECOSTE L’effusione dello Spirito Santo è una conferma della risurrezione di Cristo. Egli aveva promesso: “... è utile ch’io me ne vada; perché, se non me ne vo, non verrà a voi il Consolatore; ma se me ne vo, io ve lo manderò” (Giovanni 16:7). Un Cristo morto non avrebbe mai potuto battezzare nello Spirito Santo, ma come Pietro proclamò nel suo primo sermone: “Questo Gesù, Iddio l’ha risuscitato; del che noi tutti siamo testimoni. Egli dunque,

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essendo stato esaltato dalla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite” (Atti 2:32, 33). Un Cristo morto sarebbe stato soltanto un esempio di virtù, martire di un alto ideale, ma non il Salvatore del mondo. Egli non è soltanto morto, ma è risorto! “... Gesù, nostro Signore ... è stato dato a cagione delle nostre offese, ed è risuscitato a cagione della nostra giustificazione. Giustificati dunque per fede, abbiam pace con Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Romani 4:24-5:1). L’ESPERIENZA “... Se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati” (I Corinzi 15:17). Questa conferma è la più valida ed importante, cioè la trasformazione che avviene nell’individuo, il quale accetta Cristo per fede e permette allo Spirito Santo d’operare nella sua vita. Gesù risorto incontrò di nuovo i Suoi discepoli ed una “metamorfosi” inspiegabile e miracolosa avvenne in loro. Tutto quello che non era accaduto negli oltre tre anni del loro rapporto con Gesù, avvenne quando Egli, risorto, venne e “... soffiò su loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo” (Giovanni 20:22). Essi divennero “nuove creature”, nacquero di nuovo, furono trasformati dalla potenza di Dio. Attesero poi, secondo l’ordine di Gesù, di ricevere potenza, quando lo Spirito Santo sarebbe venuto su loro e sarebbero diventati Suoi “... testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Equipaggiati dallo Spirito Santo, poterono annunciare a tutti la buona notizia della salvezza in Cristo, e poiché Egli è risuscitato, la Sua opera ha valore eterno per tutti gli uomini: “... in nessun altro è la salvezza; poiché non v’è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad esser salvati” (Atti 4:12). “... Il Signore è veramente risuscitato ...” (Luca 24:34) perché Egli opera nella vita degli uomini ancora oggi; Cristo fu “... dichiarato Figliuolo di Dio con potenza secondo lo spirito di santità mediante la sua risurrezione dai morti ...” (Romani 1:3, 4). Dio Padre, che aveva annunciato sia in occasione del battesimo di Gesù che in occasione della trasfigurazione: “Questo è il mio diletto Figliuolo”, con la risurrezione di Cristo, ha proclamato all’umanità intera in ogni tempo che “Gesù Cristo è il Signore!”

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Lo Spirito Santo è una persona divina come il Padre e il Figlio?Esistono evidenze bibliche al riguardo? LA TESTIMONIANZA DELLA SCRITTURA È CHIARA ED INEQUIVOCABILE, SU

QUESTA FONDIAMO LA NOSTRA FEDE: GLI ATTI DELLO SPIRITO SANTO SONO GLI ATTI DI DIO

Dopo aver dimostrato con la Sacra Scrittura che lo Spirito Santo è una Persona e non una mera influenza impersonale, ora consideriamo la Sua divinità. Sempre la rivista di cui stiamo parlando, a pagina 20 afferma: “...è il Figlio che amministra lo Spirito ...” (Giovanni 15:26). Egli quindi è più grande dello Spirito. Queste Scritture annullano e provano falsa la supposizione che lo Spirito Santo sia una persona distinta di rango uguale a quello del Padre e del Figlio” (L.P.V.Feb. ‘88 pag. 20). LE EVIDENZE BIBLICHE DELLA DIVINITÀ DELLO SPIRITO SANTO Nell’Antico Testamento tutto quello che è detto dell’Eterno viene dichiarato anche dello Spirito dell’Eterno e quell’ultima forma non è una semplice perifrasi del nome “Eterno”, quindi deve esser certamente divino anche lo Spirito dell’Eterno. Nell’Antico Testamento l’espressione “L’Eterno disse” e lo “Spirito disse” sono intercambiabili perché gli atti dello Spirito Santo sono gli atti di Dio. 1. Le citazioni dell’Antico Testamento nel Nuovo confermano questa verità. Infatti notiamo: a. “Ed Egli [l’Eterno, N.d.A.] disse: Va’ e dì a questo popolo: Ascoltate, sì, ma senza capire; guardate, si, ma senza discernere!” (Isaia 6:9). - “.... Ben parlò lo Spirito Santo ai vostri padri per mezzo del profeta Isaia dicendo: Va’ a questo popolo e dì: Voi udrete coi vostri orecchi e non intenderete; guarderete coi vostri occhi, e non vedrete” (Atti 28:25, 26). b. “Ma questo è il patto che farò con la casa d’Israele, dopo quei giorni, dice l’Eterno: io metterò la mia legge nell’intimo loro, la scriverò sul loro cuore Poiché io perdonerò la loro iniquità, è non mi ricorderò più del loro peccato” (Geremia 31:33, 34). - “E anche lo Spirito Santo ce ne rende testimonianza. Infatti, dopo aver detto: Questo è il patto che farò con loro dopo quei giorni, dice il Signore: Io metterò le mie leggi ne’ loro cuori, e le scriverò nelle loro menti, egli aggiunge: E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro iniquità” (Ebrei 10:15-17). “Perciò costantemente la lingua di Dio è citata come lingua dello Spirito Santo. I profeti erano messaggeri di Dio, essi pronunciavano le Sue parole, annunciavano i Suoi ordini, dichiaravano le Sue minacce e proclamavano le Sue promesse, perché parlavano mossi dallo Spirito Santo. Essi erano gli strumenti di Dio, in quanto erano gli strumenti dello Spirito. Lo Spirito perciò deve essere Dio” (C. Hodge - Sistematic Theology I/pag. 527). 2. Il Nuovo Testamento, come è stato detto, rivela inconfutabilmente la Persona divina dello Spirito Santo, infatti: Padre, Figlio e Spirito Santo sono inseparabilmente uniti nell’opera della salvezza: a. “Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo” (Matteo 28:19); b. “Or vi è diversità di doni, ma v’è un medesimo Spirito. E vi è diversità di ministeri, ma non v’è che un medesimo Signore. E vi è varietà di operazioni, ma non v’è che un medesimo Iddio, il quale opera tutte le cose in tutti” (I Corinzi 12:4-6);

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c. “La grazia del Signor Gesù Cristo e l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi” (II Corinzi 13:13 ); d. “Poiché per mezzo di lui [Cristo, N.d.A.] e gli uni e gli altri abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito” (Efesini 2:18). e. “Eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, ad ubbidire ed essere cosparsi dal sangue di Gesù Cristo …” (I Pietro 1:2). 3. Lo Spirito Santo è chiamato Dio a. “... Anania, perché ha Satana così riempito il cuor tuo da farti mentire allo Spirito Santo ... Tu non hai mentito agli uomini ma a Dio” (Atti 5:3,4). b. “Ed in lui [Cristo, N.d.A.) voi pure entrate a far parte dell’edificio che ha da servire di dimora a Dio per lo Spirito” (Efesini 2:22). - “E non sapete voi che il vostro corpo è il tempio dello Spirito Santo che è in voi ...” (I Corinzi 6:19). 4. Lo Spirito Santo possiede gli attributi divini a. Eternità (cfr. Ebrei 9:14); b. Onnipresenza (cfr. Salmo 139:7-10); c. Onniscienza; (cfr. I Corinzi 2:10-11); d. Onnipotenza (cfr. Salmo 104:30; I Pietro 3:18); e. Spiritualità (cfr. Giovanni 4:24); f. Amore (cfr. Romani 15:30). 5. Lo Spirito Santo compie opere divine a. Creazione - “… lo spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque ...” (Genesi 1:2). “I cieli furono fatti dalla parola dell’Eterno, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca” (Salmo 33:6). b. Rigenerazione- “… quel che è nato dallo Spirito, è spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: Bisogna che nasciate di nuovo ...” (Giovanni 3:6, 7). -“Egli [Dio, N.d.A.] ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo” (Tito 3:5). c. Risurrezione- “... vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del Suo Spirito che abita in voi” (Romani 8:11). LE INDICAZIONI BIBLICHE Se Gesù ha detto: “... io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché stia con voi in perpetuo” (Giovanni 14:16), questo Consolatore, indicato come il Suo Vicario, doveva continuare la Sua opera. Quando Gesù parlò di un “... altro Consolatore ...” certamente voleva sottolineare che, quanto Egli aveva compiuto per i discepoli durante il Suo ministerio terreno, lo avrebbe anche fatto lo Spirito Santo in futuro. E soltanto una Persona divina poteva continuare la Sua opera. In Giovanni 14:26 Gesù dice: “... il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v’ho detto”. Lo Spirito Santo che il Padre manderà “… nel mio nome ...”, quale mio Delegato, mio Vicario, per fare le mie veci, cioè nello stesso modo in cui Gesù è venuto “nel nome del Padre”: Infatti, Egli diceva ai Suoi contemporanei: “Io son venuto nel nome del Padre mio, e voi non mi ricevete ...” (Giovanni 5:43); come Gesù era venuto per operare in nome del Padre (cfr. Giovanni 10:25) e per dire le parole del Padre (cfr. Giovanni 12:49), lo Spirito Santo, venuto nel

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nome di Cristo, avrebbe continuato a operare, a testimoniare di Gesù nel mondo. Naturalmente, coloro che vogliono cavillare presuppongono di vedere nei testi citati l’idea della subordinazione del Figlio al Padre, ma costoro non hanno il senso delle cose di Dio e ritengono che il rapporto tra le tre Persone divine possa essere paragonato ai rapporti umani, in un senso gerarchico e prettamente terreno. Dove regna l’amore, anche quaggiù sulla terra, non esiste subordinazione, né maggiore né minore. In Dio, “perfetto amore”, tutto è armonico. UNA RIFLESSIONE Il Nuovo Testamento indica la personalità divina dello Spirito Santo uguale e distinta, come quella del Padre e del Figliuolo, perché, nei testi dove appaiono, le tre Persone divine non sono messe sempre nello stesso ordine, ad esempio: a. “... v’è un medesimo Spirito ... un medesimo Signore, un medesimo Iddio ...” (I Corinzi 12:4-6) b. “La grazia del Signore Gesù Cristo l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi”

(II Corinzi 13:13) c. “... per mezzo di lui [Cristo, N.d.A.] ... abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito” (Efesini 2:18) d.”... prescienza di Dio Padre ... santificazione dello Spirito ... sangue di Gesù Cristo ...” (i Pietro 1:2) Basti notare come la disposizione delle Tre Persone divine non è mai la stessa per poter affermare che Padre, Figliuolo e Spirito Santo sono uguali e distinti. Non esiste alcun dubbio sulla divinità e personalità dello Spirito Santo. Egli non è un’energia impersonale ma, insieme al Padre e al Figliuolo, è Dio Onnipotente. Come cristiani evangelici di fede pentecostale non possiamo fare a meno di riaffermare questa grande verità. Abbiamo cercato di rendere semplice la risposta sull’argomento sperando che lo scopo sia stato raggiunto. La testimonianza della Scrittura è chiara ed inequivocabile, su questa fondiamo la nostra fede. Un noto scrittore evangelico, spesso non molto tenero nei confronti del nostro movimento, ha dovuto però ammettere: “Il modo migliore nel quale il pentecostalismo ha beneficiato la Chiesa è stato quello di rendere più difficile che mai parlare dello Spirito Santo non chiamandolo: Egli!”.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Il suggello, la caparra, il pegno dello Spirito Santo sono simboli che si riferiscono alla rigenerazione del

credente o al battesimo dello Spirito Santo? TUTTI I CRISTIANI HANNO BISOGNO DI UN POTENTE E GENUINO BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO E, PIUTTOSTO DI SPECULARE SUI TERMINI, È MEGLIO

DESIDERARE DI REALIZZARE LE PROFONDE ESPERIENZE CON DIO Prima di dare un’interpretazione di questi simboli dello Spirito Santo espressi nel Nuovo Testamento, sarà utile elencare i versetti biblici che riguardano l’argomento: a. “Or Colui che con voi ci rende fermi in Cristo e che ci ha unti, è Dio, il quale ci ha pur segnati con il proprio sigillo, e ci ha data la caparra dello Spirito nei nostri cuori” (II Corinzi 1:21,22);

b. “Or Colui che ci ha formati per questo stesso è Dio, il quale ci ha dato la caparra dello Spirito” (II Corinzi 5:5); c. “In lui [Cristo, N.d.A.] voi pure, dopo aver udito la parola della verità,l’evangelo della vostra salvazione, in lui avendo creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso, il quale è pegno della nostra eredità fino alla piena redenzione di quelli che Dio s’è acquistati, a lode della sua gloria” (Efesini 1:13, 14);

d. “... non contristate lo Spirito Santo di Dio col quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione” (Efesini 4:30); e. “Ma pure il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: ‘il Signore conosce quelli che son suoi ...’” (II Timoteo 2: 1 9).

I SIMBOLI BIBLICI Dopo aver posto davanti a noi tutti i versetti biblici sull’argomento, occorre risalire al significato dei termini “suggello”, “caparra” e “pegno”: suggello o sigillo è “ il pegno di proprietà”. Questo simbolo richiama i seguenti concetti: 1. Proprietà - L’impronta dei sigillo implica una relazione con il proprietario del sigillo stesso ed è garanzia certa di qualche cosa che gli appartiene. I credenti appartengono a Dio e si riconoscono in ciò a motivo dello Spirito Santo che abita in loro. Era questo un uso comune in Efeso, ai giorni di Paolo. Un mercante andava al porto, sceglieva del legnarne e lo stampigliava con il suo sigillo: un riconoscibile segno di proprietà. Più tardi con il suo sigillo, mandava al porto il suo servitore, il quale cercava il legname che recava il marchio corrispondente.

2. Sicurezza - Lo Spirito Santo rafforza il senso della sicurezza e della certezza nel cuore del credente. Infatti, “lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio” (Romani 8:16). 3. Caparra, Pegno - In realtà, nel testo originale queste due parole rappresentano soltanto un unico termine che significava: “caparra, anticipo in denaro depositato dall’acquirente, anche a titolo di penale se l’acquisto non era completato. Nell’uso comune, un pegno; era una garanzia di qualsiasi natura”. Quindi la caparra, o pegno, è un anticipo a garanzia di qualcosa. Infatti, una versione moderna così traduce II Corinzi 1:22: “Ora è Dio che ha reso noi e voi saldi in Cristo. Egli ci ha unto, ha messo il suo suggello di

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proprietà su noi, ed ha messo il Suo Spirito nei nostri cuori quale deposito a garanzia di quanto deve ancora venire”. Dai testi biblici citati e da quanto è stato finora detto, appare evidente uno stretto rapporto tra suggello e caparra o pegno. Infatti, tutte e due le immagini sottolineano il fatto che, mediante lo Spirito Santo, i cristiani posseggono un segno di proprietà, un deposito a garanzia in attesa di qualcosa di più grande che deve ancora concretizzarsi.

QUANDO SI E’ “SUGGELLATI”? Tutto il problema sorge nel determinare il momento in cui questo suggello o questa caparra vengono dati da Dio. Esistono due interpretazioni dei testi, soprattutto di Efesini 1:13. Sottolineando il fatto che Efesini 1:13 si può anche tradurre “da lui, avendo creduto, avete ricevuto il suggello dello Spirito Santo che era stato promesso», alcuni affermano che Cristo Gesù suggella dopo aver creduto e, perciò, identificano il suggello con il battesimo nello Spirito Santo. Altri, e sono la maggioranza, affermano invece che il suggello si riferisce all’opera dello Spirito Santo alla rigenerazione. Certamente la prima interpretazione è più bella e più sentimentale, soprattutto per quanti credono alla necessità del battesimo nello Spirito Santo, ai quali ogni immagine che possa riferirsi a quella benedetta esperienza è sempre bene accolta. Prima di tutto, però, non bisogna dimenticare che il battesimo nello Spirito Santo era la normale esperienza di tutti i credenti del periodo apostolico, perciò non esisteva proprio il problema. PROBLEMI DOTTRINALI CONNESSI Tuttavia, bisogna riconoscere che accettare l’interpretazione secondo cui il suggello o la caparra si identificano con il battesimo nello Spirito Santo, crea una non indifferente difficoltà di carattere dottrinale. Prima di tutto, se il “suggello” è sinonimo del battesimo nello Spirito Santo, il testo: “... non contristate lo Spirito Santo di Dio col quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione” (Efesini 4:30) affermereb-be che chi non è battezzato nello Spirito Santo non è salvato! Questa dottrina è totalmente in contrasto con tutto l’insegnamento della Scrittura che fonda la salvezza sul perfetto ed unico sacrificio di Cristo, in quanto i credenti sono stati riscattati “...col prezioso sangue di Cristo, come d’agnello senza difetto né macchia” (I Pietro 1:19). Ancora, se il suggello, o sigillo, fosse il segno di proprietà e di sicurezza da identificare con il battesimo dello Spirito Santo, allora la certezza del credente non si fonderebbe sulla fede soltanto, ma anche su una esperienza con manifestazione visibile. Poi, il concetto dì caparra o pegno sarebbe riduttivo per il battesimo nello Spirito Santo in quanto rappresenterebbe soltanto un anticipo e non una “pienezza”. Inoltre, in II Corinzi 1:22 è detto: “... ci ha data la caparra dello Spirito nei nostri cuori”. Come è noto, il battesimo nello Spirito Santo è la potenza che viene sul credente, mentre lo Spirito Santo viene a dimorare nel credente alla rigenerazione o “nuova nascita”. In II Corinzi 1:21, 22, oltre al sigillo ed alla caparra, si parla dell’unzione: “Or Colui che con voi ci rende fermi in Cristo e che ci ha unti, è Dio”. Come interpretare questa “unzione”? Le tre immagini, l’unzione, il sigillo e la caparra, si riferirebbero tutte al battesimo dello Spirito Santo? Infatti notiamo: “... Ci rende fermi in Cristo... ci ha unti ...ci ha pur segnati col proprio sigillo, e ci ha data la caparra dello Spirito nei nostri cuori ...”. Nel testo originale “sigillo”, o “suggello”, denota un segno di proprietà e sicurezza come in Apocalisse 7:2 “... il suggello dell’Iddio vivente ...”. In questo versetto il termine è collegato all’idea di destinazione ed identificazione, come in Ezechiele 9:4: “‘Passa in mezzo alla città... e fa’ un segno sulla fronte degli uomini che sospirano e gemono per tutte le abominazioni che si commettono in mezzo di lei”. In II Timoteo 2:19, “... il solido fondamento di Dio rimane fermo, portando questo sigillo: ‘Il Signore conosce quelli che son suoi’ ...”, indica proprietà, autenticità, sicurezza e

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destinazione, e “... ‘Ritraggasi dall’iniquità chiunque nomina il nome del Signore’”, indica una ratifica da parte del credente del determinato consiglio dì Dio che lo riguarda . Questa analisi etimologica dei termini originali di “suggello”,“caparra” o “pegno, sembra sostenere l’interpretazione che il “suggello” si ricolleghi alla nuova nascita in Cristo, quando lo Spirito Santo viene a dimorare nel credente come “pegno” della nostra eredità futura in Cristo,e cioè l’azione continua e la potenza dello Spirito Santo nella vita dei cristiani, fino ad ottenere l’eredità eterna. Tuttavia, la cosa più importante è avere dinanzi il modello dell’era apostolica, quando l’esperienza dei credenti non era frammentata in tante fasi spirituali successive, ma era piuttosto unica ed armonica. Questa permetteva a tutti di essere partecipi di un’unica benedetta vita esuberante nello Spirito Santo. Certamente, la soluzione, nell’interpretazione di questi simboli dello Spirito Santo, è soltanto una: tutti i cristiani hanno bisogno di un potente e genuino battesimo nello Spirito Santo e, piuttosto di preoccuparsi del termine da usarsi, è meglio desiderare ardentemente le esperienze profonde con Dio.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Il soffio alitato da Gesù risorto sui discepoli, come riportato in Giovanni 20:22, è soltanto un atto simbolico del battesimo nello Spirito Santo o

rappresenta qualcos’altro? DI FRONTE ALL’EVIDENZA BIBLICA DOBBIAMO RINUNCIARE ALLE NOSTRE OPINIONI, MOLTE VOLTE FRUTTO DEL PENSIERO COMUNE E NON DI UNA

MEDITAZIONE PROFONDA Questo testo biblico è stato interpretato in vari modi. Alcuni affermano che il soffio di Gesù sui discepoli è soltanto un atto simbolico del battesimo nello Spirito Santo che gli apostoli avrebbero ricevuto il giorno di Pentecoste. Tutto il problema è imperniato sulla comune opinione che, prima della Pentecoste, lo Spirito Santo non fosse stato dato. UN’OPINIONE COMUNE Ma è proprio così? Le parole di Giovanni 7:39 “… lo Spirito non era ancora stato dato, perché Gesù non era ancora glorificato” sono generalmente riferite alla Pentecoste e per “glorificazione” di Gesù si sott’intende la Sua ascensione. Però, se consideriamo attentamente la Scrittura scopriamo che la glorificazione di Gesù avvenne alla Sua risurrezione. Infatti, tutta la predicazione apostolica è incentrata sulla risurrezione di Gesù Cristo, quale segno della Sua divinità e glorificazione. Perché era “... necessario che il Cristo soffrisse e risuscitasse dai morti” (Atti 17:3), e Gesù Cristo nostro Signore è stato “dichiarato Figliuol di Dio con potenza secondo lo spirito di santità mediante la sua risurrezione dai morti ...” (Romani 1:4). Perciò Dio “... ci ha fatti rinascere, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti” (I Pietro 1:3). La glorificazione di Cristo è la Sua risurrezione dai morti, quando Egli, glorioso e trionfante, sciolse “... gli angosciosi legami della morte ...” (Atti 2:24) e, con il Suo corpo glorificato, apparve ai Suoi. Con la risurrezione Egli adempì l’opera di salvezza; infatti Gesù “... è stato dato a cagione delle nostre offese, ed è risuscitato a cagione della nostra giustificazione” (Romani 4:25). Non è un atto simbolico perché i discepoli, dal momento che Gesù soffiò su loro e disse “... Ricevete lo Spirito Santo” (Giovanni 20:22), si dimostrarono totalmente trasformati dalla grazia di Dio e accettarono l’esortazione ad attendere “... il compimento della promessa del Padre, la quale, egli disse, avete udita da me, Poiché Giovanni battezzò sì con [in, N.d.A.] acqua, ma voi sarete battezzati con [nel, N.d.A.] lo Spirito Santo tra non molti giorni” (Atti 1:4, 5). La promessa del Padre non era la “nuova nascita”, ma il battesimo nello Spirito Santo. I discepoli non rimasero più rinchiusi “... per timor de’ Giudei …” (Giovanni 20:19) con le porte serrate, ma in attesa fiduciosa del “... compimento della promessa del Padre ...”. James Stewart, un notissimo commentatore evangelico, afferma: “Il verbo: ‘soffiò’ non si incontra altrove nel testo greco originale del Nuovo Testamento ma è il medesimo usato nella Versione greca LXX per tradurre Genesi 2:7 dove è detto che dopo aver formato l’uomo dalla polvere della terra Dio gli soffiò nelle narici un alito vitale”. Cristo, dunque, con questa parola si identifica totalmente con Yahwèh. Gesù non fa qui una semplice promessa, non dà soltanto un segno di quanto doveva accadere alla Pentecoste, ma comunica realmente lo Spirito Santo come caparra o primizia della maggiore e più gloriosa effusione che doveva avvenire alla Pentecoste. A chi domanda quale relazione si stabilisca fra questa effusione dello Spirito e quella che avvenne alla Pentecoste, così rispondono

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Moulton e Milligan: “Il dono presente si riferisce alla vita interna degli apostoli, il dono futuro alla loro preparazione più esterna per l’opera; ora il Signore vuole farli salire ad un grado superiore di vita spirituale illuminando e vivificando le loro anime, alla Pentecoste li renderà atti a produrre un effetto sugli altri”. Sia il pastore Stewart, notissimo per il Commentario Esegetico-Pratico del Nuovo Testamento, portato a termine dopo la sua morte dal Prof. Enrico Bosio, sia i notissimi commentatori evangelici anglosassoni Moulton e Milligan non possono assolutamente essere accusati di pentecostalismo”, perché pubblicarono le loro opere molti anni prima dell’inizio del “Risveglio evangelico pentecostale”. L’ESPERIENZA DEI DISCEPOLI I discepoli avevano seguito Gesù, avevano ascoltato i Suoi insegnamenti, avevano esercitato il mandato particolare di andare “... alle pecore perdute della casa d’Israele” (Matteo 10:6), ma molto spesso non riuscivano a comprendere tanti aspetti della salvezza e del “Nuovo Patto”. Non capivano quel che era per loro coperto da un velo, “per modo che non lo intendevano, e temevano d’interrogarlo [Gesù, N.d.A.] circa quel detto” (Luca 9:45) e cioè la Sua morte espiatoria. Per quanto riguarda la passione di Gesù è detto: “... essi non capirono nulla di queste cose; quel parlare era per loro oscuro, e non intendevano le cose dette loro” (Luca 18:34). Dopo la passione, morte e risurrezione di Gesù, però, la situazione mutò. Gesù risorto e glorificato apparve loro e, riguardo ai discepoli riuniti, è detto: “Allora aprì loro la mente per intendere le Scritture ...” (Luca 24:45). Quando avvenne questo meraviglioso evento? L’occasione è la stessa: Gesù entra a porte chiuse dove i discepoli erano radunati e, dopo averli rassicurati e mostrato loro i segni della Sua morte vicaria, soffiò su loro e disse: “... Ricevete lo Spirito Santo” (Giovanni 20:22). In quel momento si verificò per loro il miracolo della “nuova nascita” o “rigenerazione” ed essi compresero che “...senza spargimento di sangue non c’è remissione” (Ebrei 9:22) e che Gesù era morto al loro posto ed era risorto, glorioso e trionfante, perché sperimentassero la nuova vita e realizzassero, nel senso più vero, le benedizioni del Regno di Dio. Agli stessi discepoli, in quell’occasione, Gesù glorificato rinnovò la promessa: “... io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso; quant’è a voi, rimanete in questa città, finché dall’alto siate rivestiti di potenza” (Luca 24:49). UNA DUPLICE ESPERIENZA La Scrittura presenta chiaramente una duplice esperienza nell’ambito spirituale: la rigenerazione, necessaria per la salvezza, e il susseguente battesimo nello Spirito Santo, fondamentale per svolgere il servizio cristiano. La via biblica dell’esperienza cristiana è schematizzata nella predicazione di Pietro (cfr. Atti 2:38,39) ed è in questo modo attuata nelle varie esperienze dei primi cristiani, come descritte nel libro degli Atti degli Apostoli. Rigenerazione, o conversione, e battesimo nello Spirito Santo sono evidenziate chiaramente nel caso dei cristiani di Samaria (cfr. Atti 8:12, 14-17), nel caso di Cornelio e di quanti ascoltavano il messaggio di salvezza (cfr. Atti 10:44), nella conversione di Saulo (cfr. Atti 9:17) e nell’episodio relativo ai discepoli di Efeso (cfr. Atti 19:1-6). Gesù stesso sembra fare una precisazione fondamentale. Egli, prima della Sua morte, dichiarò: “... Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Consolatore... Voi lo conoscete, perché dimora con voi, e sarà in voi” (Giovanni 14:16, 17). Poi, dopo la Sua risurrezione promise: “ ... ecco, io mando su voi quello che il Padre mio ha promesso ...” (Luca 24:49); “Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi ...” (Atti 1:8). E’ evidente una triplice opera dello Spirito Santo: a. Con voi - si riferisce all’opera di convinzione che lo Spirito Santo compie nei confronti dell’individuo (cfr. Giovanni 16:8-11). b. In voi - si riferisce alla nuova nascita (cfr. Giovanni 3:3-8), alla rigenerazione.

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c. Su voi - si riferisce al battesimo nello Spirito Santo che riveste il credente e gli dà potenza per una testimonianza coerente con la propria vocazione cristiana. Il soffio di Gesù, descritto in Giovanni 20:22, non può essere soltanto un atto simbolico, perché allora sconvolgerebbe tutto il piano salvifico di Dio, confondendo la nuova nascita con il battesimo nello Spirito Santo, o almeno, facendo di questi due meravigliosi aspetti dell’opera di Cristo, un’unica esperienza. In tal caso, l’esperienza gloriosa della rigenerazione, tanto sconvolgente e profonda da essere assomigliata da Gesù stesso ad una vera e propria nascita, e quella non meno miracolosa del battesimo nello Spirito Santo, sarebbero riconducibili in modo riduttivo unicamente ad una esperienza di solo assenso razionale all’opera redentrice di Gesù Cristo! Grazie a Dio non è così; le esperienze cristiane coinvolgono positivamente e in modo totale l’essere umano: raziocinio ed emozioni, volontà ed affetti. L’esperienza dei discepoli può diventare anche nostra perché “Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi, e in eterno” (Ebrei 13:8) e lo Spirito Santo è altresì potentemente all’opera ancora ai nostri giorni.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Nelle vostre chiese viene dato ampio risalto all’opera dello Spirito Santo. Ma è davvero così

importante? NON POSSIAMO FARE A MENO DELLO SPIRITO SANTO, SENZA IL QUALE

LA FEDE CRISTIANA SI RIDURREBBE AD UNA STERILE FORMA FILOSOFICA, SENZA POSSIBILITÀ DI UNA VERIFICA PRATICA NELL’ESISTENZA

QUOTIDIANA Questa domanda nasconde una vecchia critica mossa ai credenti pentecostali. Alcuni, infatti, sostengono che il messaggio predicato nelle chiese evangeliche di fede pentecostale è un annuncio incompleto dell’Evangelo, come se parlando della Persona e dell’Opera dello Spirito Santo si pongano in secondo piano le altre Persone della Trinità e il loro ruolo nel programma dell’umanità. Tutto ciò è inesatto, tanto è vero che gli evangelici di fede pentecostale, per difendersi da questa accusa illogica ed impropria, coniarono la frase “Pieno Evangelo”, che è stata adottata da gruppi neo-carismatici e neo-pentecostali sorti negli anni ‘60, i quali, molto spesso, a causa della poca importanza data alla dottrina biblica, ne hanno alterato il senso e indotto altri a travisarne il significato. In seguito, a questo stato di cose, per non venire meno ad una precisazione fondamentale del punto di vista biblico, le chiese delle Assemblee di Dio in Italia hanno sostituito quel motto con un altro, assolutamente inequivocabile, che è: “Tutto l’Evangelo”. Il fatto che nelle nostre chiese si metta in risalto la Persona e l’Opera dello Spirito Santo non vuol dire che si riduca l’importanza delle Persone e dell’Opera di Dio Padre e del Figliuolo, perché “Padre, Figliuolo e Spirito Santo sono un solo Dio, benedetto in eterno”. Lo Spirito Santo è stato mandato dal Padre per mezzo del Figliuolo e Gesù stesso afferma: “Egli mi glorificherà ...” (Giovanni 16:14). É fuor di dubbio che i cristiani evangelici di fede pentecostale onorino Dio Padre e il Figliuolo, il divino Salvatore, quanto tutti gli altri cristiani, e forse più degli altri, proprio in virtù del fatto che l’opera dello Spirito Santo ha reso Dio reale ed attuale, in un rapporto personale con ogni “nato di nuovo”. Ma veniamo alla domanda vera e propria: “È davvero così importante l’opera dello Spirito Santo?”. Un noto teologo evangelico ha affermato: “... La persona e l’opera dello Spirito Santo sono concordemente ignorate. La dottrina dello Spirito Santo è la Cenerentola delle dottrine cristiane. Pochi se ne interessano …” Questa dichiarazione risale appena al 1972, e probabilmente questo scrittore non considerava il risveglio evangelico pentecostale come l’intervento di Dio stesso per richiamare l’attenzione dei cristiani alla grande e insostituibile realtà dell’opera dello Spirito Santo nel mondo. Insostituibile perché non è soltanto una riscoperta teologica della terza Persona della Trinità, ma è qualcosa di più: è una riscoperta pratica e palpitante delle promesse bibliche sperimentate da quanti credono in Cristo. Infatti, senza l’opera dello Spirito Santo: NON VI POTREBBE ESSERE l’EVANGELO Non avremmo conosciuto la verità intorno a Dio, al Suo piano di salvezza eterna per tutti coloro che accettano Gesù Cristo come personale Salvatore e Signore. L’Evangelo è stato ispirato dallo Spirito Santo, infatti: “... degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (II Pietro 1:21).

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Parlando del “Consolatore”, Gesù aveva detto ai Suoi discepoli che Egli Lo avrebbe mandato per istruirli in tutta la verità: “... lo Spirito della verità, egli vi guiderà in tutta la verità ... Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annunzierà” (Giovanni 16:13, 14). I discepoli ricevettero da Gesù la promessa: “... il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi rammenterà tutto quello che v’ho detto” (Giovanni 14:26).

Questo insegnamento, che rappresenta la rivelazione della volontà di Dio agli uomini, non poteva essere dato in una forma incerta, trasmesso a voce e quindi suscettibile di mutamenti. Lo stesso Yahwèh, l’Eterno Dio, Creatore dell’Universo, che aveva parlato per mezzo dei profeti spingendoli a porre per iscritto la Sua Parola nell’Antico Testamento, usò lo stesso metodo per fissare la “Nuova Alleanza” in Cristo Gesù. Talché l’apostolo Paolo, ad esempio, scrivendo ai cristiani di Corinto, poteva affermare: “Poiché ho ricevuto dal Signore quello che anche v’ho trasmesso ...” (I Corinzi 11:23) e ancora: “Ogni Scrittura [tutta la Scrittura, N.d.A.] è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, affinché l’uomo di Dio sia compiuto, appieno fornito per ogni opera buona” (II Timoteo 3:16).

“…[Queste cose, N.d.A.] Dio ha preparate per coloro che l’amano … a noi, [afferma Paolo, N.d.A.] Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; perché lo spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio” (I Corinzi 2:9, 10). Per questo motivo l’Evangelo, del quale lo Spirito Santo è l’Autore, rappresenta la rivelazione di Dio all’uomo ed è, appunto, la Parola di Dio.

NON VI POTREBBE ESSERE FEDE IN CRISTO Lo Spirito Santo riesce a produrre fiducia nell’individuo. L’ascolto della predicazione dell’Evangelo, guidata dallo Spirito Santo, riesce ad illuminare gli uomini prima di tutto sulla loro vera condizione di peccatori, poi dona loro Fede per riconoscere che la Scrittura è veramente la Parola di Dio degna di fiducia. Ma è lo Spirito Santo che compie quest’opera: “… quando sarà venuto [lo Spirito Santo, N.d.A.], convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Giovanni 16:8). Nessuno potrà mai convincere le coscienze e donare la fede necessaria per porre la propria fiducia in Cristo tranne che lo Spirito Santo. Le argomentazioni più abili intorno alla verità, senza l’opera dello Spirito di Dio, non potranno mai compiere il miracolo di produrre fede, cioè una totale fiducia per arrendere la propria vita a Gesù Cristo, il divino Salvatore.

NON SAREBBE POSSIBILE LA NUOVA NASCITA Sono precise ed inequivocabili le parole di Gesù a Nicodemo: “... In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il Regno di Dio ... se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel Regno di Dio. Quel che è nato dalla carne, è carne; e quel che è nato dallo Spirito, è spirito” (Giovanni 3:3, 5, 6). La rigenerazione o “nuova nascita” è resa possibile dall’intervento dello Spirito Santo che permette al credente in Cristo di essere purificato “... col lavacro dell’acqua mediante la Parola” (Efesini 5:26).

“Avendo purificato le anime ... coll’ubbidienza alla verità ... poiché siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente” (I Pietro 1:22, 23) e ancora: “... a tutti quelli che l’hanno ricevuto [Cristo, N.d.A.] ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non sono nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo ma son nati da Dio” (Giovanni 1:12, 13).

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NON SAREBBE POSSIBILE UN RAPPORTO DIRETTO CON DIO Lo Spirito Santo, come Vicario di Gesù Cristo, ci introduce a Dio Padre: “... per mezzo di lui [Cristo Gesù, N.d.A.]… abbiamo accesso al Padre in un medesimo Spirito” (Efesini 2:18). Infatti, per l’opera di Gesù, “Via, verità e vita”, possiamo andare al Padre, ma è lo Spirito Santo che rende attuale questa verità anche per noi che viviamo oggi dopo venti secoli dal sacrificio di Cristo. Questa distanza “storica” è colmata dal fatto che lo Spirito Santo è all’opera in questo tempo come allora e lo sarà fino al ritorno del Signore. Un altro testo che parla di questa “comunione”, o rapporto diretto, attuale e vibrante con Dio, è il seguente: “... lo Spirito sovviene alla nostra debolezza; perché noi non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede egli stesso per noi con sospiri ineffabili” (Romani 8:26). È l’intervento insostituibile dello Spirito Santo che rende potente la preghiera. Questo tipo di rapporto vivo con Dio è descritto mirabilmente dal testo che segue: “Ma voi, diletti, edificando voi stessi sulla vo-stra santissima fede, pregando mediante lo Spirito Santo, conservatevi nell’amor di Dio, aspettando la misericordia del Signor nostro Gesù Cristo per aver la vita eterna” (Giuda 20, 21).

NON SAREBBE REALIZZABILE UNA VITA CRISTIANA VITTORIOSA Senza la presenza e la potenza dello Spirito di Dio, infine, i cristiani sarebbero in continua crisi spirituale, “... sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina, per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore” (Efesini 4:14), alberi d’autunno senza frutti. Ma Gesù promise: “... voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra” (Atti 1:8). Un genuino battesimo nello Spirito Santo non soltanto si manifesterà con l’ineffabile esperienza del “segno iniziale” delle lingue, ma renderà il credente vittorioso con una testimonianza autorevole e fedele a Cristo, per mettere in effetto “tutto quello che Egli ha comandato”, perché “... tutto quello che é nato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede” (I Giovanni 5:4), ed ancora: “... noi siam più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati” (Romani 8:37); “Poiché voi non avete ricevuto lo spirito di servitù per ricader nella paura; ma avete ricevuto lo spirito d’adozione, per il quale gridiamo: ‘Abba! Padre!’ Lo Spirito stesso attesta insieme al nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio; e se siamo figliuoli, siamo anche eredi; eredi di Dio e coeredi di Cristo, se pur soffriamo con lui, affinché siamo anche glorificati con lui” (Romani 8:15-17).

Questo sentimento di sicurezza gioiosa ed ottimistica è fondato sulla realtà della presenza e della potenza dello Spirito Santo nella vita del credente. Non possiamo fare a meno dello Spirito Santo, senza il Quale la fede cristiana si ridurrebbe ad una entusiasmante e teorica forma filosofica, senza possibilità di una verifica sperimentale e pratica nell’esistenza quotidiana.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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L’espressione “Battesimo nello Spirito Santo”, è molto usata ma ho notato però che questa

definizione non è presente nella Bibbia. Perché? IL TERMINE “BATTESIMO” PUÒ ESSERE USATO PER INDICARE L’ESPERIENZA DELL’EFFUSIONE DELLO SPIRITO SANTO, IN QUANTO QUESTA ESPRESSIONE E’CONCORDE CON L’INSEGNAMENTO GLOBALE DEL NUOVO TESTAMENTO

E’ bene precisare che la definizione “Battesimo nello Spirito Santo” non si trova espressa esplicitamente nel Nuovo Testamento, ma è stata coniata per definire l’esperienza fatta dal credente, distinta e susseguente a quella della “nuova nascita” in Cristo, e simile a quella realizzata dai discepoli del Signore il giorno della Pentecoste. La Scrittura indica quest’esperienza biblica e dinamica con espressioni diverse: a. Spandere lo Spirito Santo - “... spanderò il mio spirito sopra ogni carne ...” (Gioele 2:28); - “... spanderò in quei giorni il mio spirito” (Gioele 2:29); - “Finché su noi sia sparso lo spirito dall’alto ...” (Isaia 32:15); - “... spanderò il mio spirito sulla tua progenie …” (Isaia 44:3). b. Battezzare con lo (nello, in) Spirito Santo e con (nel) fuoco(1)

- “... battezzerà con lo Spirito Santo e con fuoco” (Matteo 3:11); - “... battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco” (Luca 3:16). c. Battezzare con lo (nello) Spirito Santo(1)

- “… battezzerà con lo Spirito Santo” (Marco 1:8); - “... quel che battezza con lo Spirito Santo” (Giovanni 1:33 ) -“ ... sarete battezzati con lo Spirito Santo” (Atti 1:5); -“ ... sarete battezzati con lo Spirito Santo” (Atti 11:16). d. La promessa del Padre - “... quello che il Padre mio ha promesso ...” (Luca 24:49); -“ … il compimento della promessa del Padre ...” (Atti 1:4). e. Il dono dello Spirito Santo -“... riceverete il dono dello Spirito Santo” (Atti 2:38); -“... il dono dello Spirito Santo” (Atti 10:45); -“Se dunque Iddio ha dato a loro lo stesso dono ...” (Atti 11:17). f. Rivestimento di potenza “... dall’alto siate rivestiti di potenza” (Luca 24:49); “... riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi …” (Atti 1:8). g. Ricevere Io Spirito Santo - “… essi ricevettero lo Spirito Santo” (Atti 8:17); - “… che colui al quale io imponga le mani riceva lo Spirito Santo” (Atti 8:19); - “… hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi stessi?” (Atti 10:47); - “Riceveste voi lo Spirito Santo quando credeste? ..” (Atti 19 :2). h. Discendere dello Spirito Santo

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-“... lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola” (Atti 10:44); -“... lo Spirito Santo scese su loro, com’era sceso su noi da principio” (Atti 11:15); -“E dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano” (Atti 19:6). i. Dare lo Spirito Santo - “… dando lo Spirito Santo a loro, come a noi; e non fece alcuna differenza fra noi e loro …”(Atti 15:8,9). I SETTE BATTESIMI Nel Nuovo Testamento appaiono sette diversi battesimi. Riportiamo i versetti biblici più significativi che ne rivelano la natura: 1. Il battesimo di Giovanni -“Ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati” ( Matteo 3:6); -“… predicando un battesimo di ravvedimento per la remissione dei peccati” (Marco 1:4). -“... son io venuto a battezzar con [in, N.d.A.] acqua” (Giovanni 1:31). I versetti biblici riguardanti il battesimo di Gesù da parte di Giovanni insegnano la verità relativa alla Sua identificazione con l’uomo peccatore: -“Allora Gesù … si recò … da Giovanni per esser da lui battezzato” (Matteo 3:13); -“... fu battezzato da Giovanni nel Giordano” (Marco 1:9); -“... essendo anche Gesù stato battezzato ...” (Luca 3:21). 2. Il battesimo dei discepoli -“... Gesù ... quivi ... battezzava” (Giovanni 3:22); -“... egli faceva e battezzava più discepoli di Giovanni (quantunque non fosse Gesù che battezzava, ma i suoi discepoli)” (Giovanni 4:1, 2); -“... Colui che mi ha mandato a battezzare con [in, N.d.A.] acqua, mi ha detto: Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quel che battezza con lo [ nello, N.d.A.] Spirito Santo” (Giovanni 1:33). 3. Il battesimo nella sofferenza -“Ma v’è un battesimo del quale ho da esser battezzato; e come sono angustiato finché non sia compiuto!” (Luca 12:50). 4. Il battesimo nella nuvola e nel mare “... tutti furon battezzati, nella nuvola e nel mare, per esser di Mosè” (I Corinzi 10:2). 5. Il battesimo cristiano -“Andate dunque, ammaestrate tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figliuolo e dello Spirito Santo, insegnando loro d’osservar tutte quante le cose che v’ho comandate ...” (Matteo 28:19, 20); -“Chi avrà creduto e sarà stato battezzato sarà salvato; ma chi non avrà creduto sarà condannato” (Marco 16:16); -“ ... Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo” (Atti 2:38); -“Alla qual figura corrisponde il battesimo (non il nettamento delle sozzure della carne ma la richiesta di una buona coscienza fatta a Dio) ...” (I Pietro 3:21). 6. Il battesimo nel Corpo di Cristo -“Infatti noi tutti abbiam ricevuto il battesimo di [da, N.d.A.] un unico Spirito per formare un unico corpo …” (I Corinzi 12:13); - “... voi tutti che siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo” (Galati 3:27). 7. Il battesimo nello Spirito Santo

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- “... sarete battezzati con lo [nello, N.d.A.] Spirito Santo ...” (Atti 1:5); -“... sarete battezzati con lo [nello, N.d.A.] Spirito Santo” (Atti 11:16). Da un esame sia pur sommario, ma esauriente, del Nuovo Testamento risulta che il termine battesimo (in greco, baptismos) è usato 23 volte, mentre il verbo battezzare (in greco, baptizo, forma frequentativa del verbo bapto), nei diversi tempi, è usato 77 volte. Il verbo bapto significa immergere, sommergere o seppellire, qualunque sia l’elemento usato. Per analogia, se esiste un battesimo in acqua come l’atto di immergere, è logico che possa essere coniata la definizione “battesimo nello Spirito Santo”, per indicare l’atto divino di immergere il credente nello Spirito Santo. TRE BATTESIMI OGGI Se si considerano attentamente i sette battesimi indicati precedentemente, si noterà che i primi quattro si riferiscono all’antico patto, prima della morte e risurrezione di Gesù. Nella dispensazione attuale, quella della grazia, invece, sussistono gli ultimi tre: 1. Il battesimo nel corpo di Cristo, che si riferisce alla salvezza: “... il battesimo [da, N.d.A.] un unico Spirito per formare un unico corpo …” (I Corinzi 12:13). In questo caso l’Agente è lo Spirito Santo, che immerge il credente per farlo essere una cosa sola con “l’elemento” comune a tutti i credenti in Cristo, vale a dire “il Suo corpo”, la Chiesa o “compagnia dei rigenerati”. 2. Il battesimo in acqua è la testimonianza del ravvedimento e della vita nuova in Cristo. E’ la “confessione” della conversione a Cristo, avvenuta per l’azione dello Spirito Santo a seguito della predicazione dell’Evangelo. In questo caso l’agente è la persona che battezza e l’elemento è l’acqua. Questo atto è simbolico della morte e della risurrezione del credente con Cristo. 3. Il battesimo nello Spirito Santo è appunto l’immersione del credente nello Spirito Santo. Questa esperienza è susseguente a quella della salvezza, ed ha lo scopo di rendere i credenti ripieni dello Spirito di Dio per essere da Lui controllati e potenziati, per testimoniare nel mondo con una vita di santità e fedeltà a Cristo e all’Evangelo. In questo caso l’Agente è Gesù stesso: “Egli dunque, essendo stato esaltato alla destra di Dio, e avendo ricevuto dal Padre io Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite” (Atti 2:33). L’ “Elemento” evidentemente è lo Spirito Santo. Il termine “battesimo”, quindi, può essere usato per indicare l’esperienza dell’effusione dello Spirito Santo, in quanto questa espressione è concorde con l’insegnamento globale del Nuovo Testamento. _______________________________________________________________________________________ (1) Vedi nota in Matteo 3:11 ecc. su la Sacra Bibbia, Versione Riveduta. L’uso della preposizione “con”

nelle versioni Diodati e Riveduta della Sacra Bibbia in lingua italiana è da attribuire al fatto che Giovanni Diodati credeva al battesimo per aspersione. La Versione Nuova Riveduta, nel versetto

analogo di Luca 3:16, recita: “... Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco” (N.d.R.)

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Il “Battesimo nello Spirito Santo”è un’esperienza limitata al giorno della

Pentecoste, oppure una promessa perenne per tutti i cristiani?

... IO SPANDERÒ IL MIO SPIRITO SOPRA OGNI CARNE, E I VOSTRI FIGLIUOLI E LE VOSTRE FIGLIUOLE PROFETIZZERANNO, I VOSTRI

VECCHI AVRANNO DEI SOGNI, I VOSTRI GIOVANI AVRANNO DELLE VISIONI ... (GIOELE 2:28, 29)

Alcuni affermano che i l r isvegl io evangelico pentecostale è tutto fondato su una erronea interpretazione della Sacra Scrittura e coloro che ricevono “i l battesimo nello Spirito Santo” si i l luderebbero di fare un’esperienza profonda con Dio, mentre sarebbe soltanto i l r isultato di autosuggestione ed emotività. Per procedere ad una analisi obiettiva e serena dell ’argomento sarà necessario prendere in esame i seguenti aspetti: LA TESTIMONIANZA DELLA BIBBIA Dal punto di vista cristiano ed evangelico è fondamentale che ogni dottrina e tutte le esperienze di carattere spirituale siano giudicate al la luce della Parola di Dio. Un assioma molto noto tra gl i evangelici é i l seguente: “Parl iamo quando la Bibbia parla e tacciamo quando la Bibbia tace”. Che cosa dice la Sacra Scrittura riguardo al “battesimo nello Spirito Santo”? Lo Spirito Santo è promesso nell ’Antico Testamento: “E, dopo questo, avverrà che io spanderò i l mio spirito sopra ogni carne, e i vostri f igl iuoli e le vostre f igl iuole profetizzeranno, i vostri vecchi avranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni. E anche sui servi e sulle serve, spanderò in quei giorni i l mio spirito” (Gioele 2:28, 29). Lo Spirito Santo è promesso nel Nuovo Testamento: a. La testimonianza di Giovanni i l Battista “Ben vi battezzo io con acqua, in vista del ravvedimento; ma Colui che viene dietro a me è più forte di me, ed io non son degno di portargli i calzari; egli vi battezzerà con lo Spirito Santo e con fuoco” (Matteo 3:11); “Io vi ho battezzati con acqua, ma lui vi battezzerà con lo Spirito Santo” (Marco 1:8); “Giovanni r ispose, dicendo a tutti : Ben vi battezzo io con acqua; ma vien colui che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogl iere i l legaccio dei calzari . Egl i vi battezzerà con lo Spirito Santo e col fuoco” (Luca 3:16); “E io non lo conoscevo; ma appunto perché egli sia manifestato ad Israele, son io venuto a battezzar con acqua. E Giovanni rese la sua testimonianza, dicendo: Ho veduto lo Spirito scendere dal cielo a guisa di colomba, e fermarsi su di lui . E io non lo conoscevo; ma Colui che mi ha mandato a battezzare con acqua, mi ha detto: Colui sul quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quel che battezza con lo Spirito Santo” (Giovanni 1:31-33); b. La promessa di Cristo stesso “Ed ecco , io mando su voi quello che i l Padre mio ha promesso; quant’è a voi, r imanete in questa città, f inché dall ’atto siate r ivestit i di potenza” (Luca 24:49); “E trovandosi con essi , ordinò loro di non dipartirsi da Gerusalemme, ma di aspettarvi i l

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compimento della promessa del Padre, la quale, egl i disse, avete udita da me. Poiché Giovanni battezzò si con acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo tra non molti giorni … Quell i dunque che erano raunati , gl i domandarono: Signore, è egli in questo tempo che ristabil irai i l regno ad Israele? Egli r ispose loro: Non sta a voi di sapere i tempi o i momenti che i l Padre ha riservato al la Sua propria autorità. Ma voi riceverete potenza quando lo Spirito Santo verrà su voi, e mi sarete testimoni e in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e f ino all ’estremità della terra” (Atti 1:4-8); c. La conferma di Pietro “E anche sui miei servi e sul le mie serventi , in quei giorni, spanderò del mio Spirito, e profeteranno. E farò prodigi su nel cielo, e segni giù sul la terra; sangue, e fuoco, e vapor di fumo. I l sole sarà mutato in tenebre, e la luna in sangue, prima che venga i l grande e glorioso giorno, che è i l giorno del Signore” (Atti 2:18-20). Tutti questi versetti biblic i si r i feriscono al l ’evento storico chiamato universalmente nel cristianesimo “il giorno della Pentecoste”. Ma questa benedizione era soltanto per quell’occasione unica nel suo genere, oppure i l Nuovo Testamento testimonia che è un’esperienza promessa a tutti i cr ist iani d’ogni tempo? Senza ombra di dubbio si può affermare che quel “dono”, quel “regalo” divino è per sempre. Infatti, l ’apostolo Pietro nel suo primo sermone dichiara: “.. . Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati , e voi r iceverete i l dono dello Spirito Santo. Poiché per voi è la promessa, e per i vostri f igl iuoli , e per tutti quell i che son lontani, per quanti i l Signore Iddio nostro ne chiamerà” (Atti 2:38, 39). Una dichiarazione tanto precisa non può assolutamente essere negata, anche se non ci fossero altri versetti bibl ic i a r iprova. I l caso dei Samaritani - I Samaritani avevano “.. . r icevuto la parola di Dio . . .” (Atti 8:14) ed erano stati “. . . battezzati , uomini e donne” (Atti 8,12). Gli apostol i che erano a Gerusalemme “.. . vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali , essendo discesi là, pregarono per loro aff inché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Al lora imposero loro le mani, ed essi r icevettero lo Spirito Santo” (Atti 8:14-17). I l caso di Paolo - “E Anania se ne andò, ed entrò in quella casa; e avendogli imposte le mani, disse: Fratel lo Saulo, i l Signore, cioè Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale tu venivi , mi ha mandato perché tu ricuperi la vista e si i r ipieno dello Spirito Santo” (Atti 9:17); “Io r ingrazio Dio che parlo in altre l ingue più di tutti voi” ( I Corinzi 14:18). I l caso di Cornelio –“Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, r imasero stupiti che i l dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentil i ; poiché l i udivano parlare in altre l ingue, e magnif icare Iddio” (Atti 10:44-46). I l caso dei discepoli di Efeso - “Riceveste voi lo Spirito Santo quando credeste? Ed essi a lui: Non abbiamo neppur sentito dire che ci sia lo Spirito Santo. Ed egl i disse loro: Di che battesimo siete dunque stati battezzati? Ed essi r isposero: Del battesimo di Giovanni. E Paolo disse: Giovanni battezzò col battesimo di ravvedimento, dicendo al popolo che credesse in colui che veniva dopo di lui, c ioè, in Gesù” (Atti 19:2-4). Dai versetti c itati è provato, al di là d’ogni dubbio, che, dopo i l giorno della Pentecoste, l ’esperienza del battesimo nello Spirito Santo si è ripetuta nel tempo. LA TESTIMONIANZA DELLA STORIA Oltre alla testimonianza della Scrittura, che per i cristiani evangelici è l ’autorevole regola di fede e di condotta, abbiamo anche prove storiche di documenti lasciatici da antichi scrittori crist iani: Clemente d’Alessandria (150-212), nella sua prima epistola al capitolo 2, scriveva: “Poiché vi è stata data una pace profonda ed abbondante ed avete avuto un desiderio insaziabile

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di fare i l bene, mentre una piena effusione dello Spirito Santo è stata su tutti voi”. Ireneo (175-202), vescovo di Lione, in Adversus Haereses, prima elaborazione sistematica della teologia cristiana, scriveva: “Vediamo molti fratell i nel la Chiesa che hanno doni profetici e parlano in ogni sorta di l ingua per lo Spirito”. Tertul l iano (160-220) di Cartagine, apologeta cristiano di l ingua latina, afferma che ai suoi giorni si manifestavano doni spiritual i e l ingue straniere. Agostino (354-430) scriveva: “Noi ancora facciamo quello che gli apostol i fecero quando imposero le mani sui Samaritani ed invocarono lo Spirito Santo su loro . . . Si attende che i convertiti parl ino in l ingue nuove”. Tra le molte testimonianze del periodo post-apostol ico possediamo quella di Giovanni Crisostomo (305-407), vescovo di Costantinopoli, i l quale, affermando che nel suo tempo i l “parlare in l ingue” era scomparso, scriveva: “Chiunque era battezzato nei giorni apostolici parlava in l ingue”. Queste sono alcune testimonianze a r iprova che i l battesimo nello Spirito Santo non è un’esperienza unica l imitata al giorno di Pentecoste ma, almeno fino a tutto i l secondo secolo, era esperienza comune tra i crist iani. Antichi scrittori crist iani, s ia greci che latini , testimoniano del fatto che, nel secondo secolo e dopo, era consuetudine pregare perché i cristiani fossero riempiti dello Spirito Santo, come accadeva nei tempi delle origini. Nella Chiesa cristiana dei primi secoli s i è sempre seguito i l modello bibl ico presentato dall ’apostolo Pietro i l giorno della Pentecoste: - conversione, - battesimo in acqua, - battesimo nello Spir ito Santo come distinti passi di fede del credente, tanto è vero che ne è rimasta traccia cristall izzata nella “cresima” o “confermazione” che, sia nella chiesa cattol ica romana che in altre chiese storiche, è r iconosciuta come i l momento quando i l fedele r iceve lo Spirito Santo. LATESTIMONIANZA DI MILIONI DI CRISTIANI Se l’attuale esperienza che i crist iani fanno del battesimo nello Spirito Santo fosse soltanto fondata su un fattore emotivo, bisognerebbe spiegare come questo grande risvegl io cristiano, sorto spontaneamente in diverse parti del mondo al l ’ inizio del nostro secolo, continui ancora oggi a rappresentare un movimento cristiano evangelico che conta oggi oltre sessantadue milioni di credenti sparsi in tutte le parti del nostro pianeta. Centinaia di migl iaia di comunità cristiane, composte da credenti fedeli a “Tutto l ’Evangelo” attivi nel l ’opera di evangelizzazione, come pure opere social i di vario genere (asi l i , orfanotrofi, centri di r iabi l itazione per tossicodipendenti, case di r iposo per anziani, ecc.), r iaffermano praticamente l ’attual ità del messaggio dell ’Evangelo nella società moderna. I l rapido svi luppo del “risvegl io” è soltanto i l r isultato della totale f iducia nel l ’autorità del la Bibbia, “ispirata Parola di Dio, unica, infall ibi le, ed autorevole regola di fede e condotta”. Nella certezza che “Gesù Cristo è lo stesso ieri , oggi, e in eterno” (Ebrei 13:8), siamo cristiani disposti a credere che “i l tempo dei miracoli non è passato” e che Dio per mezzo di Gesù Cristo, i l divino Salvatore, opera ancora oggi e spande lo Spirito Santo per compiere una totale “l iberazione” da ogni forma di paganesimo. I I battesimo nello Spirito Santo è ancora oggi la “Promessa del Padre” ed è una realtà. La promessa è per chi r it iene di appartenere al numero di “. . . quanti i l Signore Iddio nostro ne chiamerà” (Atti 2:39).

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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È vero che la “glossolalia” o “parlare in altre lingue” è l’evidenza iniziale del battesimo nello

Spirito Santo? E TUTTI FURON RIPIENI DELLO SPIRITO SANTO, E COMINCIARONO A PARLARE

IN ALTRE LINGUE, SECONDO CHE LO SPIRITO DAVA LORO D’ESPRIMERSI (ATTI 2:4)

Questa è la seconda domanda di un nostro lettore sulla dottrina del battesimo nello Spirito Santo. Dopo aver dimostrato che la benedizione dello Spirito Santo è distintiva per tutta l’era cristiana ed ha un carattere universale, con grande obiettività domandiamoci se si manifesta in modo evidente. UN PRINCIPIO BIBLICO Nel Nuovo Testamento ogni esperienza fondamentale della vita cristiana si manifesta in modo evidente per cui c’è una testimonianza “interiore” ed una “esteriore”. Prendiamo, ad esempio, l’esperienza della “rigenerazione” o “nuova nascita”, che si identifica con la conversione a Dio per mezzo del riconoscimento del sacrificio espiatorio di Cristo per i peccati dell’individuo, e con l’accettazione di Gesù quale personale Salvatore e Signore. Indubbiamente, questa esperienza inizia con la crisi interiore dell’individuo che è condotto dallo Spirito Santo a riconoscersi peccatore e ad implorare a Dio il perdono dei suoi peccati. Ne consegue però che questa “nuova nascita” non soltanto si realizza interiormente con la liberazione dal senso di colpa, con la certezza della vita eterna e la testimonianza dello Spirito Santo il Quale “... attesta insieme col nostro spirito, che siamo figliuoli di Dio” (Romani 8:16), ma si manifesta anche esteriormente con una esistenza trasformata dalla potenza di Dio, con un mutamento di interessi, di carattere e di scopi. Così avviene anche per il battesimo dello Spirito Santo. Il Nuovo Testamento dimostra che è un’esperienza definita sia a livello “interiore” che “esteriore”, sia per colui che la riceve che per coloro che assistono al verificarsi dell’evento.

Sarebbe illogico, quindi, concludere che “esperienze” cristiane manifestatesi nella Scrittura in questo modo avrebbero acquistato, in seguito, un carattere soltanto interiore. Inoltre, inspiegabilmente, mentre ci si aspetta come prova della “rigenerazione” in Cristo una vita trasformata che si chiama dottrinalmente “salvezza”, come anche a riprova della santificazione del credente si attende la testimonianza di una condotta consona all’insegnamento di Cristo in ubbidienza alla Parola di Dio, per il battesimo dello Spirito Santo, invece, si tenta di ridurre l’esperienza a qualcosa di tanto interiore e personale che rimarrebbe totalmente sconosciuto agli altri. L’EVIDENZA DEL BATTESIMO NELLO SPIRITO SANTO Stabilito che biblicamente ogni esperienza fondamentale della vita cristiana ha un’evidenza “interiore” ed una “esteriore”, esaminiamo ciò che il Nuovo Testamento afferma riguardo al battesimo nello Spirito Santo:

a. Il giorno della Pentecoste

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“E come il giorno della Pentecoste fu giunto, tutti erano insieme nel medesimo luogo. E di subito si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, ed esso riempì tutta la casa dov’essi sedevano. E apparvero loro delle lingue come di fuoco che si dividevano, e se ne posò una su ciascuno di loro. E tutti furon ripieni dello Spirito Santo, e cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi” (Atti 2:1-4).

In questa occasione è fuori dubbio che i discepoli interiormente “... furono ripieni dello Spirito Santo ...”ed esteriormente “... cominciarono a parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito dava loro d’esprimersi”.

La promessa universale del “dono dello Spirito Santo” è inequivocabilmente collegata al fatto che il “parlare in altre lingue” sia l’evidenza iniziale di questo “dono”. Infatti, l’apostolo Pietro lo confermerà in seguito, dicendo: “... lo Spirito Santo scese su loro, com’era sceso su noi da principio” (Atti 11:15).

b. I credenti di Samaria Filippo aveva predicato Cristo nella città di Samaria e molti, avendo creduto all’Evangelo, “... furono battezzati ...” (Atti 8:12). “Or gli apostoli ch’erano a Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria aveva ricevuto la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni. I quali, essendo discesi là, pregarono per loro affinché ricevessero lo Spirito Santo; poiché non era ancora disceso sopra alcuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signor Gesù. Allora imposero loro le mani, ed essi ricevettero lo Spirito Santo”. “Or Simone, vedendo che per l’imposizione delle mani degli apostoli era dato lo Spirito Santo, offerse loro del danaro ...” (Atti 8:14-18). In questo caso non è indicata la manifestazione del battesimo nello Spirito Santo, ma l’astuta ed interessata richiesta di Simone prova che certamente v’era stata un’evidenza esteriore. Almeno per via di logica, si potrebbe affermare che vi potevano essere state “altre lingue”, come qualsiasi altra manifestazione. Tuttavia, alla luce delle altre “esperienze pentecostali” susseguenti, le “altre lingue”, come evidenza iniziale del “dono dello Spirito Santo”, soddisfano appieno il contesto. c. L’esperienza dell’apostolo Paolo

La conversione di Saulo da Tarso e il suo riempimento di Spirito Santo, come parte dell’adempimento del mandato divino al cristiano Anania, rivelano che la “pienezza dello Spirito” si manifestò nell’apostolo delle Genti con il segno delle lingue, delle quali parla circa venti anni dopo, quando, scrivendo ai credenti di Corinto, afferma: “Io ringrazio Dio che parlo in altre lingue più di tutti voi” (I Corinzi 14:18).

d. I credenti di Cesarea Nel caso di coloro che si erano riuniti in casa di Cornelio, centurione romano, per ascoltare il messaggio cristiano di Pietro, è detto: “Mentre Pietro parlava così, lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio” (Atti 10:44-46). Senza ombra di dubbio, qui viene dichiarato che l’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo è “il parlare in altre lingue” perché i cristiani ebrei, pieni di pregiudizi verso i non ebrei, dovettero accettare “... che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché, li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio” (Atti 10:45, 46).

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Questa “esperienza” non può fare altro che confermare come nella Chiesa cristiana dell’era apostolica il “parlare in altre lingue” fosse l’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo.

e. I credenti di Efeso

Anche in questo caso i credenti, dopo aver accettato Gesù Cristo come personale Salvatore e Signore ed avere suggellato la propria fede in Lui con il battesimo cristiano, ricevettero lo Spirito Santo, ed a questo proposito è detto: “... furon battezzati nel nome del Signor Gesù; e dopo che Paolo ebbe loro imposto le mani, lo Spirito Santo scese su loro, e parlavano in altre lingue, e profetizzavano” (Atti 19:5, 6). Anche in questo caso, dunque, il “parlare in altre lingue” viene indicato come l’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo.

CONCLUSIONI Il risultato obiettivo dell’esame di quanto afferma il Nuovo Testamento riguardo all’evidenza del battesimo nello Spirito Santo è il seguente:

a. Su cinque casi descritti, tre affermano chiaramente che il segno del “parlare in altre lingue” accompagna l’esperienza del “dono dello Spirito Santo”. Negli altri due casi e cioè, il primo, quello di Paolo, ci viene data una conferma tardiva, ventiquattro anni dopo, dall’apostolo stesso quando scrive ai cristiani di Corinto; il secondo, invece, il caso dei Samaritani, rimarrebbe dubbio, ma sussistono diverse ragioni logicamente valide per credere che anch’essi parlarono in altre lingue;

b. Secondo una tavola cronologica degli eventi del libro degli Atti degli Apostoli (con un margine d’errore di uno o due anni), il giorno della Pentecoste cadde il 30 d.C.; la conversione dei Samaritani uno o due anni dopo; la conversione di Saulo da Tarso tra il 32 e il 35 d.C.; verso il 43 d.C., cioè circa 13 anni dopo la Pentecoste, avvenne la conversione di Cornelio e, nel 54 -57 d.C., l’esperienza dei credenti ad Efeso. Quindi, circa ventiquattro anni dopo la Pentecoste, proprio in quel periodo e probabilmente da Efeso, Paolo scrisse ai Corinzi della sua personale esperienza del “parlare in altre lingue”. Questo conferma che la Chiesa cristiana dell’era apostolica riconosceva “il parlare in altre lingue” come l’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo;

c. Esiste anche un principio stabilito da alcuni esperti di scienze bibliche: la legge della triplice menzione negli scritti dell’Evangelista Luca (Vangelo ed Atti), cioè ogni dottrina cristiana fondamentale è riportata almeno tre volte. Secondo questa “legge”, il caso dell’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo con il segno del “parlare in altre lingue” è ripetuto tre volte, in Atti capitolo 2, 10 e 19; d. All’obiezione di alcuni che il battesimo dello Spirito Santo abbia sempre un’evidenza “esteriore” che non sia necessariamente il segno delle lingue ma può essere una qualsiasi altra manifestazione dei carismi dello Spirito Santo, si può rispondere obiettivamente che se si esaminano, senza alcun preconcetto, i casi descritti negli Atti degli Apostoli, si nota che esistono varianti secondarie come il “suono di vento impetuoso che soffia” e “lingue come di fuoco che si dividevano” in Atti capitolo 2; “magnificavano Iddio” in Atti capitolo 10; “profetizzavano” in Atti capitolo 19, ma l’evidenza costante è sempre quella del “parlare in altre lingue”;

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e. Nel Nuovo Testamento è stato esaminato soltanto il libro degli Atti degli Apostoli, ma non si può dimenticare quanto il Signore stesso ha affermato in Marco capitolo 16: “Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto ... parleranno in lingue nuove” (v. 17). Questo “segno” risulta accettato dalla Chiesa cristiana del Nuovo Testamento e deve, quindi, essere ritenuto valido da quanti desiderano ritornare alla dottrina e all’esperienza della Chiesa cristiana dell’era apostolica.

È importante fare una precisazione conclusiva: il “... parlare in altre lingue, secondo che lo Spirito [dà, N.d.A.] ... d’esprimersi” (Atti 2:4) è soltanto l’evidenza iniziale del battesimo nello Spirito Santo, ma esiste una evidenza pratica continua che si manifesta con una condotta etica e morale totalmente fedele agli insegnamenti di Cristo, così come sono espressi nella Sacra Scrittura.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Come si può riconoscere la voce dello Spirito Santo?

IL PERICOLO PIU’ COMUNE VIENE DALLE TROPPE ATTIVITÀ DELLA MENTE UMANA. OCCORRE LA GIUSTA ATTITUDINE DI UMILTÀ E DI ATTESA PER

DISCERNERE LA GUIDA DIVINA Senza dubbio il risveglio evangelico pentecostale ha fatto rivivere su vasta scala la meravigliosa esperienza dell’opera reale dello Spirito Santo tra i cristiani e nell’ambito delle comunità, ricollegandola alle caratteristiche tipiche della Chiesa cristiana dell’era apostolica. I PERICOLI Pur essendo assolutamente scritturale, tutto questo comporta purtroppo dei pericoli, perché certi credenti, benedetti nella loro dinamica esperienza cristiana quotidiana, talvolta diventano tanto “indipendenti” da estraniarsi da tutti gli altri per rinchiudersi nel loro piccolo angolo, da dove riceverebbero “rivelazioni” private per poi richiamare l’attenzione di fedeli semplici con l’ormai meccanica frase: “Il Signore mi ha detto” o “Il Signore mi ha parlato”. Purtroppo, casi simili creano quasi inevitabilmente degli “insegnanti” eretici e dei “profeti” fanatici. Molti hanno affermato di aver udito la voce dello Spirito Santo che poi si è dimostrata frutto di una totale illusione. Di conseguenza, anime sincere e devote si sono allontanate allarmate, illuse, talvolta disgustate ed hanno perduto la fede necessaria per permettere al Signore di guidarle per la Sua Parola e per il Suo Spirito. Talvolta, presunte rivelazioni divine sono state usate come scusanti ad ogni tipo di follia. Probabilmente, il pericolo più comune inerente a queste “rivelazioni” dello Spirito di Dio viene dalle troppe attività della mente umana, occupata dai nostri piani, intenta a seguire le nostre idee preconcette. Ascoltiamo il nostro cuore e poi rivestiamo la sua voce con autorità divina. Tutti questi pericoli, allora, debbono farci rifiutare ogni possibilità che Dio si riveli per lo Spirito Suo? No, assolutamente! CHE COSA INSEGNA LA SCRITTURA? È impossibile leggere e meditare il libro degli Atti degli Apostoli senza essere colpiti dal modo definito con il quale lo Spirito Santo guidava i cristiani. La Sua voce era udita, riconosciuta ed ubbidita. Rimaniamo interdetti dinanzi a versetti come i seguenti: - “E lo Spirito disse a Filippo: Accostati, e raggiungi codesto carro” (Atti 8:29); - “E come Pietro stava pensando alla visione, lo Spirito gli disse: Ecco tre uomini che ti cercano” (Atti 10:19); - “E mentre celebravano il culto del Signore e digiunavano, lo Spirito Santo disse: ...” (Atti 13:2); - “... avendo lo Spirito Santo vietato loro d’annunziar la Parola in Asia” (Atti 16:6). Il metodo che lo Spirito di Dio usò per comunicare la Sua volontà ai credenti è secondario, e certamente variabile nelle diverse occasioni. Poteva manifestarsi per mezzo di voce udibile, per una visione, per una profonda testimonianza interiore o, come nel caso della chiesa di Antiochia

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(cfr. Atti 13:2), per mezzo di un carisma dello Spirito Santo. Ripetiamo, questo è secondario rispetto al fatto fondamentale che lo Spirito di Dio parlava ai credenti del tempo apostolico e si manifestava tra loro. Certamente, lo Spirito Santo manifestava nella Chiesa dell’era apostolica la Sua guida che era personale e definita. Basta prendere come indicazione due casi notissimi: la chiesa di Antiochia ed il Concilio di Gerusalemme. I due casi tra loro sono estremamente diversi, il primo tratta dell’intervento diretto dello Spirito Santo in una comunità locale, chiamata ad intraprendere un’attività di sostegno verso due servitori di Dio scelti per l’opera missionaria; l’altro tratta di un’Assemblea di ministri dell’Evangelo che si radunava per trattare una questione dottrinale, la quale aveva creato “... non piccola dissensione e controversia ...” (Atti 15:2) tra le chiese; riguardava l’osservanza della legge mosaica da parte dei non ebrei convertiti a Cristo. Tuttavia, in ambedue i casi, lo Spirito Santo “parlò”. L’ATTITUDINE Nella chiesa d’Antiochia essi “... celebravano il culto del Signore ...” (Atti 13:2) o, come dice un’altra versione, “stavano adorando il Signore”. La loro attitudine era quella di totale arrendimento in un atto di adorazione a Dio tanto profondo da decidersi a rimanere in uno stato di “quiete totale”, che non doveva essere turbata neanche da un intervallo per i pasti, per questo “digiunavano”. Nel caso del Concilio di Gerusalemme (cfr. Atti 15) i convenuti si erano presentati alla riunione con le menti turbate, tanto è vero che all’inizio era “... nata una gran discussione...” (v. 7), ma continuando a leggere si nota come gli animi si calmarono. Dopo il resoconto di Pietro “...tutta la moltitudine si tacque; e stavano ad ascoltar Barnaba e Paolo, che narravano quali segni e prodigi Iddio aveva fatto per mezzo di loro fra i Gentili” (Atti 15:12). Soltanto dopo questo mutamento d’atmosfera, lo Spirito Santo poté rivelare la Sua volontà. L’ACCORDO Un altro elemento indispensabile perché lo Spirito Santo “parli” è il “pari consentimento”, il “comune accordo” che si manifestò in ambedue i casi biblici sopra riportati. Nella chiesa di Antiochia, una comunità composta da elementi con ministeri diversi, si manifesta un accordo perfetto nell’ascoltare la voce dello Spirito Santo e nell’ubbidirla (cfr. 13:1-3). La guida dello Spirito Santo che si manifesta nell’ambito della comunità non è il risultato di una interpretazione privata della Sua voce. Non è l’esercizio “clandestino” di un dono, ma è l’uso pubblico del carisma nell’ambito della comunità, talché “altri”, ugualmente guidati dallo stesso Spirito Santo, possano “giudicare” (cfr. I Corinzi 14:29). Come dice una versione “gli altri facciano attenzione, valutino, discernano quanto è detto”. Anche nel Concilio di Gerusalemme vi fu il “comune accordo”, che si manifestò in una collegialità unanime: “... parve bene agli apostoli e agli anziani con tutta la chiesa” (Atti 15:22). Gli apostoli, infatti, poterono affermare che questa unanimità era la volontà dello Spirito di Dio: “... è parso bene allo Spirito Santo ed a noi di non imporvi altro peso all’infuori di queste cose, che sono necessarie; cioè: che v’asteniate dalle cose sacrificate agli idoli, dal sangue, dalle cose soffocate, e dalla fornicazione ...” (Atti 15:28, 29). Il rifiuto di sottomettersi alle indicazioni date dallo Spirito Santo alla comunità e rifiutare di accettare il consiglio di fratelli in Cristo riconosciuti fedeli alla Parola di Dio, conduce inevitabilmente al disastro. Questa attitudine ha la sua origine in una indefinibile forma di orgoglio spirituale, che già da solo dimostra che l’intervento dello Spirito Santo è assente. L’accordo di un certo numero di umili credenti ripieni dello Spirito Santo è la garanzia che Dio ha veramente

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parlato. LO SCOPO Un’altra prova che lo Spirito Santo ha parlato è quella della finalità del Suo intervento. Nella Chiesa di Antiochia, lo Spirito di Dio spinse i credenti verso un impegno nuovo: quello della missione. Questo doveva essere un passo di fede da parte della comunità e una conferma per quanto Paolo e Barnaba sentivano in animo di compiere per la causa di Cristo. Era un richiamo ad essere consacrati per incamminarsi sulla via della rinuncia, del servizio prioritario da rendere a Dio. Lo scopo era un “salto di qualità” nell’esperienza individuale e comunitaria. Nel caso del Concilio di Gerusalemme, la volontà dello Spirito Santo fece tacere dissensioni e controversie: “E quando i fratelli l’ebbero letta, si rallegrarono della consolazione che recava” (Atti 15:31 ). Il ministerio fu incoraggiato e le comunità consolidate nell’insegnamento della Parola del Signore. Basta esaminare quale sia l’attitudine, l’accordo e lo scopo di certe affermazioni per scoprire se è il Signore a parlare e a guidare. Tutto quello che è in contrasto con la sana dottrina biblica, con il comportamento e l’etica cristiana, e che tenta di spostare i “confini” stabiliti da Dio nella Sua Parola deve considerarsi spurio e, quindi, da rigettare. Lo Spirito Santo ci guida soltanto sul sentiero della santità, della giustizia e della verità. Egli spingerà ogni credente, e la Chiesa in generale, a seguire le orme del Signor Gesù. Oggi più che mai i cristiani e le comunità hanno bisogno della guida dello Spirito Santo. I nostri piani, i nostri programmi, le nostre esperienze avranno valore soltanto se permetteremo allo Spirito del Signore di presiedere, quale Vicario di Gesù, ad ogni nostra iniziativa. È scritturale pianificare la nostra vita cristiana in modo sistematico, se però attendiamo fiduciosamente la conferma dello Spirito Santo. Si, certamente Dio parla ancora oggi per lo Spirito Suo. Questi pochi principi scritturali ci aiutino a discernere sempre la Sua voce.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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È vero che esiste un peccato “irremissibile”,o ”imperdonabile”,qual è?

LA SOLUZIONE NON SI TROVA IN NOI, NELLA NOSTRA GIUSTIZIA, RETTITUDINE E CAPACITA UMANE. ESISTE SOLTANTO UNA VIA D’USCITA, QUESTA VIENE DAL

CIELO L’interrogativo non ha lo scopo di sapere fino a che punto l’individuo può errare lontano da Dio senza conseguenze, perché “... il salario del peccato è la morte ...” (Romani 6:23), ma piuttosto di avere chiarimenti su un argomento di grande importanza pratica. PECCATI VENIALI E MORTALI L’interrogativo certamente è posto per chiarire, alla luce della Sacra Scrittura, il concetto di peccato mortale e, quindi, “irremissibile”. La Bibbia non parla di “peccati veniali” e “peccati mortali” ma ricorda che: “Ogni iniquità è peccato ...”(I Giovanni 5:17). Una parafrasi moderna traduce: “Tutto quello che facciamo contro la volontà di Dio è peccato: Infatti, il termine “iniquità” indica tutto ciò che non è secondo la legge e secondo la giustizia divina. Quindi, il concetto di peccati lievi e peccati gravi scompare davanti alla giustizia e alle leggi di Dio: “Poiché chiunque avrà osservato tutta la legge, e avrà fallito in un sol punto, si rende colpevole su tutti i punti” (Giacomo 2:10); “... il peccato è la violazione della legge” (I Giovanni 3:4).

Questi versetti biblici non ci danno alcuna speranza, perché umanamente non esiste alcuna possibilità di non errare o di non violare in qualche modo la legge divina. La soluzione non si trova in noi, nella nostra giustizia, rettitudine e capacità umana. Con l’apostolo Paolo possiamo tutti affermare: “… io so che in me ... non abita alcun bene, vale a dire nella mia carne non abita alcun bene; poiché ben trovasi in me il volere, ma il modo di compiere il bene, no” (Romani 7:18). Se in noi non esiste il modo di compiere il bene, allora esiste soltanto una via d’uscita. Questa via deve, perciò, venire dal Cielo: “... quel che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva debole, Iddio l’ha fatto; mandando il suo proprio Figliuolo …” (Romani 8:3). Ecco la soluzione: “... Iddio l’ha fatto ...” mandando Gesù, “Colui che non ha conosciuto peccato, Egli l’ha fatto esser peccato per noi, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui” (II Corinzi 5:21). Tutti i nostri peccati possono essere perdonati, questa è la consolante ed universale promessa divina in Cristo: “ ... Iddio ... ha mandato il suo Figliuolo per essere la propiziazione per i nostri peccati” (I Giovanni 4:10); “... se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre, cioè Gesù Cristo, il giusto; ed egli è la propiziazione per i nostri peccati; e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo” (I Giovanni 2:1, 2).

UN’ECCEZIONE Questo perdono, totale ed universale per quanti si rivolgono a Dio per mezzo di Gesù, conosce, però, una sola eccezione: esiste, infatti, un peccato “irremissibile”. Infatti, due testi del Nuovo Testamento affermano in modo incontrovertibile l’esistenza di un peccato che non può essere perdonato. Gesù stesso dice: “... Ai figliuoli degli uomini saranno rimessi tutti i peccati e qualunque bestemmia avranno proferita; ma chiunque avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo, non ha remissione in eterno, ma è reo d’un peccato eterno” (Marco 3:28, 29). L’apostolo Giovanni, ispirato dallo Spirito Santo, scrive: “... V’è un peccato che mena a morte; non è per quello che dico di pregare. Ogni iniquità è peccato; e v’è

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un peccato che non mena morte” (1 Giovanni 5:16,17).

QUAL È? Questo peccato “irremissibile” esiste davvero nella Parola di Dio, ma qual è? A prima vista sembra riferirsi alla bestemmia contro lo Spirito Santo. Sappiamo tutti che questa forma di turpiloquio è molto rara e, d’altra parte, se si legge il contesto si può notare che gli Scribi ed i Farisei dinanzi ad una liberazione miracolosa di un indemoniato ritenevano che Gesù fosse un guaritore che utilizzava la potenza satanica. In Matteo 12:25 è specificato che “... Gesù conosciuti i loro pensieri ...” rispose loro. Sembrerebbe, quindi, che gli oppositori del Signore si fossero limitati a considerare Cristo come un guaritore, ma senza dirlo pubblicamente. In questo caso non vi è stata bestemmia vera e propria. Per molti commentatori,questo passo, riportato nei Vangeli di Matteo e Marco, è enigmatico; infatti, non si spiegherebbe perché chi bestemmi contro Gesù sia perdonato e chi, invece, bestemmi contro lo Spirito Santo non possa esserlo. Se il passo si riferisse alla bestemmia intesa come ingiuria, risulterebbe quasi che lo Spirito Santo sia più importante del Figlio di Dio. L’oltraggio contro lo Spirito Santo manifesta una condizione del cuore umano nei confronti dell’intervento divino e, perciò, senza speranza di perdono perché contrario alla stessa natura morale di Dio. Un’ingiuria contro il Figliuolo dell’Uomo, nel suo stato di umiliazione, può essere perdonata in quanto l’umanità del Figlio di Dio poteva essere incompresa, ma non vi può essere perdono per una bestemmia contro una dimostrazione della potenza dello Spirito Santo. Quindi, il peccato irremissibile, più che essere individuabile in un determinato atto contro Dio, è una presa di posizione contro l’opera che lo Spirito Santo compie. Questo è evidente da alcuni casi tipici di cui la Sacra Scrittura parla. Quando pensiamo, ad esempio, al perdono divino rifiutato al re Saul (cfr. Samuele 28:16,17) e a quello invece concesso a Davide (cfr. Il Sa-muele 12:13), restiamo sconcertati. Secondo la nostra concezione, Davide ha commesso peccati più gravi di quelli di Saul, tuttavia l’uno è perdonato e l’altro no. Perché? L’unica spiegazione si trova nel sentimento profondo dell’individuo che conosce soltanto Dio. Perché mai impedire l’opera dello Spirito Santo conduce al peccato imperdonabile? Lo Spirito Santo è la Persona divina che convince di peccato: “... quando sarà venuto, convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia, e al giudizio” (Giovanni 16:8). Dio aveva già affermato tanti secoli prima di Cristo: “... Lo spirito mio non contenderà per sempre con l’uomo ...” (Genesi 6:3). Quando un individuo resiste, contrasta, oltraggia, insulta Dio e la Sua opera, impedisce allo Spirito Santo di agire e, non potendo Egli compiere l’opera di “convinzione” o “convincimento”, non può esservi

“ravvedimento” e quindi perdono. Purtroppo, questa posizione del cuore umano preclude ogni possibilità di perdono divino e, perciò, di salvezza. C’è però un’esperienza ancora più tragica, quella, come nel caso di Saul, di individui i quali, dopo essersi avvicinati a Cristo ed aver ottenuto il perdono e la trasformazione per opera dello Spirito Santo, in conseguenza della loro opposizione continuata all’azione divina, arrivano a commettere il peccato “irremissibile”. L’apostolo Paolo esorta amabilmente i cristiani di Efeso: “... non contristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione” (Efesini 4:30), ed ancora ai credenti di Tessalonica scrive: “Non spegnete lo Spirito” (I Tessalonicesi 5:19). Se questo rattristare e soffocare l’opera dello Spirito di Dio è persistente, tale attitudine produrrà inevitabilmente uno stato spirituale nel quale il credente non potrà più realizzare l’intervento dello Spirito Santo nella propria esperienza e, di conseguenza, si troverà nella triste condizione di Esaù, il figlio di Isacco, il quale “... quando … volle eredare la benedizione fu respinto, perché non trovò luogo a pentimento, sebbene la richiedesse con lagrime” (Ebrei 12:17). L’unica garanzia per i cristiani di non cadere mai in un’attitudine negativa nei confronti di Dio è quella di

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sottomettersi al Signore permettendo allo Spirito Suo di venire in aiuto alla nostra debolezza, per essere tra quelli che si lasciano guidare dallo Spirito Santo e non seguono i desideri del proprio egoismo.

Dio “... è potente da preservarvi da ogni caduta e da farvi comparire davanti alla sua gloria irreprensibili, con giubilo” (Giuda 24). Quindi, senza il “timore” di venir meno, ogni credente può affidarsi a Colui che è il nostro Paracleto.

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Qualcuno ha affermato che anche i cristiani “nati di nuovo” e perfino battezzati nello

Spirito Santo possono poi essere posseduti da demonii. È possibile?

SE CRISTO DIMORA IN NOI PER LA FEDE NESSUNA POTENZA POTRÀ MAI FARCI DEL MALE, “... PERCHÉ COLUI CHE È IN VOI E’ PIU’

GRANDE DI COLUI CHE È NEL MONDO”(I GIOVANNI 4:4) Ultimamente, i mezzi di comunicazione di massa hanno dato grande risalto a varie forme di demonismo e, addirittura, è stato affermato che Torino sia la sede principale italiana della magia, stregoneria e di varie forme di pratiche spiritiche. Questa constatazione avrebbe spinto l’arcivescovo della città a nominare un certo numero di esorcisti. Inoltre, anche in alcuni ambienti evangelici esteri ci si è posta la domanda se un cristiano possa essere posseduto dal maligno, perché si è manifestato qualche caso di credenti i quali, dopo un periodo sereno di vita spirituale, hanno avuto delle manifestazioni “anomale”, anche dal punto di vista etico e morale, affermando che vi erano stati costretti dal diavolo. Indubbiamente, viviamo in un periodo particolare della storia del mondo, quando le potenze dei male hanno ampia libertà di agire. La nostra società, così tollerante verso tutto, ha ormai perduto ogni senso di pudore e di morale, e il male, in tutte le sue forme, si introduce in maniera subdola fin dalle radici in tutto quel che è santo, puro, prezioso e giusto. In questo ambiente tanto ostile, anche se non ufficialmente, ma ostinatamente opposto a Dio e alla Sua Parola, il cristiano rigenerato è chiamato a fare quotidianamente le sue scelte per non essere coinvolto dalla marea montante dell’iniquità e dell’ingiustizia che sta avvolgendo le nazioni. NON È POSSIBILE LA COABITAZIONE La Parola di Dio chiaramente si esprime riguardo alla contemporanea presenza di Dio e del demonio nella vita del cristiano. Il credente è il tempio dello Spirito Santo, ha in sé la presenza di Dio: “... il seme d’Esso [di Dio, N.d.A.] dimora in lui ...” (I Giovanni 3:9), l’avversario di Dio ed i suoi agenti non possono in alcun modo dimorare in lui. Tanto è vero che Gesù, rispondendo a coloro che Lo accusavano di cacciare “... i demonii se non per l’aiuto di Beelzebub, principe dei demonii” (Matteo 12:24), disse: “... Ogni regno diviso in parti contrarie sarà ridotto in deserto; ed ogni città o casa divisa in parti contrarie non potrà reggere. E se Satana caccia Satana, egli è diviso contro se stesso; come dunque potrà sussistere il suo regno?” (Matteo 12:25, 26). Ogni volta che i demonii si trovavano nella presenza di Gesù dovevano uscire dai posseduti e lasciare definitivamente la presa sull’individuo indemoniato. Quindi, è assolutamente impossibile che un credente, nato di nuovo e perfino battezzato nello Spirito Santo, sia posseduto dal demonio.

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UN CASO PARTICOLARE Gesù fa soltanto un’eccezione riguardo ad un individuo liberato dal demonio, il quale può essere ancora preda dell’avversario di Dio se il suo cuore non è difeso dalla presenza di Cristo, il liberatore e Signore. Ecco le parole di Gesù: “Or quando lo spirito immondo è uscito da un uomo, va attorno per luoghi aridi, cercando riposo e non lo trova. Allora dice: Ritornerò nella mia casa donde sono uscito; e giuntovi la trova vuota, spazzata e adorna. Allora va e prende seco altri sette spiriti peggiori di lui, i quali, entrati, prendon quivi dimora; e l’ultima condizione di cotest’uomo divien peggiore della prima ...” (Matteo 12:43-45). Però, fino a che nella “casa”, cioè nel cuore, dimora Gesù e la presenza dello Spirito Santo, si ha la garanzia che nessuno potrà rapire il credente dalla mano del Signore. UNA CONFUSIONE DA EVITARE Indubbiamente, Gesù stesso parla del tentativo dell’avversario di riprendere la preda che gli è stata strappata con forza ed autorità da Cristo, unico e perfetto Liberatore e Salvatore. Infatti, nel passo appena citato, Egli dice che lo spirito immondo tenta di ritornare nella casa da dove è uscito e, se la trova vuota, spazzata e adorna, “Allora va e prende seco altri sette spiriti peggiori di lui, i quali, entrati, prendon quivi dimora …” (Matteo 12:45). Questo tentativo di conquistare un nuovo possesso risulta inefficace se la casa (il cuore dell’uomo) non è vuota, ma è abitata da Cristo per la fede. Tuttavia, questo attacco nemico può essere favorito da una situazione di crisi spirituale. L’avversario tenta di intimorire il credente e, se riesce a creare il panico, indubbiamente la sua tattica ha un risultato. Esistono crisi “spirituali” dolorose che, però, non debbono essere confuse con la “possessione”. Credenti, in particolarissimo stato di debolezza fisica e psichica, possono manifestare crisi anche gravi, ma che non vanno mai oltre l’oppressione da parte dell’avversario o, in casi estremi, possono portare all’ “ossessione”. Per oppressione si può intendere quel particolare stato mentale che crea una sensazione di ansietà e di profondo turbamento. Per ossessione, invece, si può intendere, sempre a livello mentale, uno stadio ancora più grave che si manifesta con lo smarrimento e che influisce sul comportamento dell’individuo. Ma ambedue i casi descritti non rappresentano assolutamente una forma di possessione. Per meglio spiegare questi due fenomeni si può ricorrere a due esempi: per l’oppressione, il caso di Gesù nel Getsemani: “... cominciò ad esser contristato ed angosciato. Allora disse loro: L’anima mia è oppressa da tristezza mortale ...” (Matteo 26:37,38). Un caso di ossessione può essere quello del credente che ritiene di aver commesso il peccato “a morte” e senza remissione, per cui si considera “scaduto dalla grazia”. L’INTERROGATIVO Come si spiegano allora quei casi in cui dei cristiani dichiarati manifestano evidenti forme di possessione, come quella dello spirito maligno che parla con altra voce e tono per mezzo di loro, come avviene talvolta ai “medium” nelle sedute spiritiche? Se il cristiano, vivendo una vita fedele a Cristo e all’Evangelo, evidenzia inaspettatamente tali manifestazioni dopo che, in qualche caso, si sia perfino ritenuto che avesse fatto l’esperienza del battesimo nello Spirito Santo, si può giungere ad una sola conclusione, e cioè che il battesimo nello Spirito Santo non era stata un’esperienza genuina e che invece quella persona aveva bisogno di essere sciolto da legami esistenti prima della sua conversione.

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LA SOLUZIONE È mai possibile, dirà qualcuno, che vi possa essere tanto facilmente confusione tra una esperienza genuina ed una spuria? “... non c’è da meravigliarsene, perché anche Satana si traveste da angelo di luce” (II Corinzi 11:14). Certamente viviamo negli ultimi tempi, quando l’avversario di Dio userà tutti i mezzi per “… sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti” (Matteo 24:24). Tutto questo, però, non deve intimorire nella ricerca delle esperienze spirituali genuine, perché il Signore ha messo a disposizione di ogni cristiano il “discernimento” e, se ognuno richiede a Dio saggezza, Egli fa sì che i nostri “sensi” spirituali siano “... esercitati a discernere il bene e il male” (Ebrei 5:14). La Parola di Dio esorta: “Diletti, non crediate ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se son da Dio …” (I Giovanni 4:1). Il battesimo nello Spirito Santo è un’esperienza personale, ma non privata, cioè nella Chiesa dell’era apostolica questa benedizione era evidenziata dal segno iniziale delle lingue, che grazie a Dio è sempre ancora attuale per quanti accettano per fede le promesse di Tutto l’Evangelo, ma anche confermata da quanti erano presenti e testimoni: “Mentre Pietro parlava ... lo Spirito Santo cadde su tutti coloro che udivano la Parola. E tutti i credenti circoncisi che erano venuti con Pietro, rimasero stupiti che il dono dello Spirito Santo fosse sparso anche sui Gentili; poiché li udivano parlare in altre lingue, e magnificare Iddio” (Atti 10:44-46). Inoltre, Pietro e gli altri credenti, che l’avevano accompagnato, testimoniarono ancora: “... Può alcuno vietar l’acqua perché non siano battezzati questi che hanno ricevuto lo Spirito Santo come noi stessi?” (Atti 10:47). Ed in seguito, Pietro, dovendo giustificarsi dinanzi ai fratelli per aver battezzato dei pagani convertiti, conferma di nuovo: “... come avevo cominciato a parlare, lo Spirito Santo scese su loro, com’era sceso su noi da principio” (Atti 11:15). Questo metodo apostolico dovrebbe essere sempre seguito. D’altra parte la conferma è rimasta in uso tra le nostre comunità, proprio per evitare che alcuni credenti fossero confusi da esperienze non bibliche e poco autentiche, non soltanto di origine satanica, ma anche in conseguenza di metodologie umane. L’INCORAGGIAMENTO Quanto detto non deve creare però dei problemi a quanti ricercano le benedette promesse divine. Quando si cerca Dio con tutto il cuore non si corre pericolo di sorta: “Se voi ... che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il vostro Padre celeste donerà lo Spirito Santo a coloro che glielo domandano!” (Luca 11:13). Dio premia coloro che Lo ricercano e non permette che quanti hanno ricevuto Cristo come personale Salvatore e Signore siano degli sconfitti e dei turbati, ma desidera fare dei Suoi seguaci dei vincitori. Se Cristo dimora in noi per la fede nessuna potenza potrà mai farci del male, “... perché Colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo” (I Giovanni 4:4).

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA

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Nelle vostre riunioni si sente spesso parlare di “nuova nascita”, “rigenerazione” e “conversione”,

cosa significano queste parole? SECONDO LA BIBBIA, CONVERTIRSI NON SIGNIFICA QUELLO CHE S’INTENDE

COMUNEMENTE: PASSARE DA UNA RELIGIONE AD UN’ALTRA, BENSÌ “MUTAMENTO DI VITA E DI ABITUDINI”

Generalmente i tre termini sono usati come sinonimi, anche se i primi due, “nuova nascita” e “rigenerazione”; esprimono lo stesso concetto, mentre “conversione” è la traduzione di due termini del testo in lingua originale che significano rispettivamente “ritornare, volgersi”, e “cambiamento di mente ed opinione”. Il termine italiano, invece, deriva dal latino e vuol dire rivolgimento e, secondo un dizionario moderno, “mutamento di vita ed abitudini”, “trasformazione”. E’ evidente, quindi, che il termine conversione in senso biblico non è passare da una religione ad un’altra, ma piuttosto “ravvedersi”, cambiare opinione e mentalità, essere trasformati come conseguenza della “nuova nascita” o “rigenerazione”. Spesso le tre parole sono utilizzate senza sfumature di significato, perché l’esperienza della nuova nascita produce necessariamente la trasformazione di mentalità e di carattere.

LA NUOVA NASCITA O RIGENERAZIONE Nel Vangelo di Giovanni (cfr. 3:1-6), Gesù stesso parla della “nuova nascita”, come di quell’atto sovrano dello Spirito Santo per il quale Dio stesso impartisce la Sua vita divina all’individuo e lo rende “figliuolo di Dio”. Comprendere e sperimentare la nuova nascita vuol dire “vedere” ed “entrare nel regno di Dio” (Giovanni 3:3, 5). Nonostante le opinioni umane tanto diverse riguardo alla “nuova nascita”, possiamo con certezza affermare che le parole di Gesù sono attuabili in ogni tempo, perché gli agenti di questa esperienza fondamentale della vita cristiana continuano ad essere:

a. La Parola di Dio “… quand’anche aveste diecimila pedagoghi in Cristo, non avete però molti padri; perché son io che vi ho generati in Cristo Gesù, mediante l’Evangelo” (l Corinzi 4:15); “Egli ci ha di sua volontà generati mediante la parola di verità ...” (Giacomo 1:18); “... siete stati rigenerati non da seme corruttibile, ma incorruttibile, mediante la parola di Dio vivente e permanente” (I Pietro 1:23).

b. Lo Spirito Santo “... se uno non è nato d’acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne, è carne, e quel che è nato dallo Spirito, è spirito” (Giovanni 3:5, 6);

“… son nati da Dio” (Giovanni 1:13);

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“... Dio, nostro Salvatore ... ci ha salvati non per opere giuste che noi avessimo fatte, ma secondo la sua misericordia, mediante il lavacro della rigenerazione e il rinnovamento dello Spirito Santo” (Tito 3:4, 5);

c. La Fede Gesù “... è venuto in casa sua, e i suoi non l’hanno ricevuto; ma a tutti quelli che l’hanno ricevuto egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome” (Giovanni 1:11,12);

“... siete tutti figliuoli di Dio, per la fede in Cristo Gesù” (Galati 3:26). La rigenerazione, o “nuova nascita’’, è indispensabile ed insostituibile, in quanto tutti gli individui sono creature di Dio, ma diventano “figliuoli di Dio” per l’opera redentrice di Cristo, per mezzo di questo atto miracoloso e divino che li fa “nascere di nuovo.”.

OPINIONI ERRATE Da sempre l’uomo ha cercato di deviare dal consiglio preciso di Gesù Cristo e della Sacra Scrittura. Un esempio di questa pericolosa tendenza è riscontrabile nell’incontro di Gesù con Nicodemo, descritto nel Vangelo di Giovanni al capitolo 3. Questo teologo giudeo interpreta le parole di Gesù, “... se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio” (Giovanni 3:3), in senso terreno, ritenendole un paradosso.

La nuova nascita non è una nascita naturale ma soprannaturale: “Quel che è nato dalla carne, è carne; quel che è nato dallo Spirito, è spirito” (Giovanni 3:6). Da allora, studiosi e teologi d’ogni tendenza hanno tentato di dare alle parole di Gesù il significato che più si confà alle proprie opinioni. Qualcuno ha detto che la “nuova nascita” è soltanto una esperienza psicologica: l’uomo in crisi esistenziale sarebbe afflitto dal “complesso di Dio” e, quindi, si illuderebbe di ritrovare calma e serenità in una esperienza religiosa. Altri hanno affermato che per nuova nascita s’intende soltanto un “assenso razionale” alle parole di Gesù, che darebbero all’individuo l’illusione d’essere coerente con se stesso. Altri ancora considerano la “nuova nascita” soltanto un miglioramento morale in conseguenza dell’accettazione delle norme etiche dei cristianesimo. Ma la risposta dell’Evangelo è inequivocabile; la nuova nascita non può essere un’esperienza psicologica né un semplice assenso razionale. Nicodemo, infatti, non riesce e spiegarsi la nuova nascita e dichiara: “... Come possono avvenir queste cose?” (Giovanni3:9).

La meraviglia, con una punta di ironia, che è rivelata dalla risposta di Gesù: “... Tu se’ il dottor d’Israele e non sai queste cose?” (Giovanni 3:10), evidenzia un fatto molto importante: non è possibile afferrare il significato vero della Scrittura sulla base della conoscenza umana, ma Dio lo rivela per mezzo dello Spirito Santo, “... perché lo spirito investiga ogni cosa, anche le cose profonde di Dio” (I Corinzi 2:10).

Ritenere la nuova nascita essere soltanto l’accettazione delle norme etiche insegnate da Gesù, vuol dire giudicarsi capaci di un miglioramento morale, fondandosi sulle proprie abilità, ma questo è totalmente contrastante con il concetto di “grazia” in Cristo: “... è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio. Non è in virtù d’opere, affinché niuno si glori” (Efesini 2:8, 9).

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LA CONVERSIONE Questa esperienza interessa l’aspetto esteriore della vita cristiana della “nuova nascita”. La rigenerazione, o nuova nascita, è una profonda esperienza interiore e personale, che si manifesta esteriormente con la conversione. Se qualcuno è “nato di nuovo” immediatamente lo dimostrerà. La “nuova nascita” si manifesta con la “conversione”, cioè con una vita trasformata dalla potenza dello Spirito di Dio. Nessun passaggio da una forma religiosa ad un’altra, né da una denominazione ad un’altra, potrà mai essere considerata “conversione” in senso biblico, poiché questa esperienza è un atto soprannaturale che lo Spirito Santo compie in quelli che credono e ricevono Cristo come personale Salvatore e Signore. UN ESEMPIO Un caso esemplare di questa “nuova nascita” e “conversione” è quello di Saulo da Tarso, colui che sarebbe diventato Paolo, “l’apostolo delle genti”. Prima del suo incontro soprannaturale con Cristo, ci appare altezzoso, sicuro di sé e minaccioso. Dopo l’esperienza miracolosa sulla via di Damasco ecco il miracolo: crede, accetta Gesù come suo Signore ed immediatamente manifesta i segni incontrovertibili della vera conversione. Si lascia docilmente condurre in città, attende in preghiera chi potrà dargli altri consigli dalla Parola di Dio, accetta il ministerio guidato dallo Spirito Santo, ubbidisce al battesimo in acqua e poi sarà disposto ad essere “... uno strumento ... eletto ...” (Atti 9:15) per portare l’annuncio della salvezza in Gesù tra i popoli e sarà pronto a “... patire ...” (Atti 9:16) per il nome e la causa di Cristo. LA NECESSITÀ DELL’ANNUNCIO Annunciare la nuova nascita, o rigenerazione, e la conversione a Cristo ed all’Evangelo è assolutamente necessario ed è parte della Buona Novella di Dio all’umanità, perché Gesù Cristo il Signore lo ha autorevolmente e perentoriamente affermato: “... In verità, in verità io ti dico che se uno non è nato di nuovo, non può vedere il regno di Dio” (Giovanni 3:3); “... Bisogna che nasciate di nuovo” (Giovanni 3:7). Tutti gli uomini, consapevoli della propria natura decaduta, hanno bisogno di una natura nuova, che può essere donata soltanto da Dio, per mezzo di Gesù Cristo, l’unico Salvatore: “... voi pure ha vivificati, voi ch’eravate morti ne’ vostri falli e ne’ vostri peccati ... Ma Dio, che è ricco in misericordia, per il grande amore del quale ci ha amati, anche quand’eravamo morti nei falli, ci ha vivificati con Cristo Gesù (egli è per grazia che siete salvati), e ci ha risuscitati con lui e con lui ci ha fatti sedere ne’ luoghi celesti in Cristo Gesù” (Efesini 2:1, 4-6). Questo è l’unico modo per “vedere” ed “entrare” nel regno di Dio, un regno che non è terreno, ma è il governo che Dio esercita su quelli che hanno ricevuto Cristo per fede, ai quali “... egli ha dato il diritto di diventar figliuoli di Dio; a quelli, cioè, che credono nel suo nome; i quali non son nati da sangue, né da volontà di carne, né da volontà d’uomo, ma son nati da Dio” (Giovanni 1:12, 13).

Tratto da “A domanda risponde”, Francesco Toppi – edito ADI-MEDIA