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Sete di Parola XII Settimana del Tempo Ordinario DAL 21 AL 27 GIUGNO 2015

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Sete di ParolaXII Settimana del Tempo Ordinario

DAL 21 AL 27 GIUGNO 2015

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VANGELO DEL GIORNOVANGELO DEL GIORNOCOMMENTOCOMMENTOPREGHIERAPREGHIERAIMPEGNOIMPEGNO

Domenica, 21 giugno 2015San Luigi Gonzaga, religioso

Liturgia della ParolaGb 38,1.8-11; Sal 106; 2Cor 5,14-17; Mc 4,35-41

LA PAROLA DEL SIGNOREIn quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui. Ci fu una grande

tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?». E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?».…È MEDITATA"Passiamo all’altra riva". Questo comando di Gesù ai discepoli, che apre la narrazione evangelica di questa domenica, interroga in maniera particolare la tentazione di fermarsi, di rinchiudersi in se stessi, nel proprio orizzonte abituale. La narrazione evangelica ci fa intuire che la traversata non è affatto facile. Sembra iniziare di sera (lo fa

pensare il sonno di Gesù). C’è una analogia ai nostri giorni; la caduta di orizzonti ideali, l’assenza di visioni nuove. È necessario un orizzonte nuovo, più grande. Ma questo è possibile solo se si obbedisce al comando di Gesù. Sulla sua parola i discepoli salgono sulla barca. Ma ecco che, poco dopo, si scatena una tempesta; un

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fenomeno frequente nel lago di Genezaret. I pescatori, in genere, fanno appena in tempo ad accorgersi della furia del vento che già l’imbarcazione è in balìa delle onde. La scena accennata dall’evangelista è emblematica. La barca è sballottata nella tempesta e Gesù dorme; gli apostoli si preoccupano sempre più e la loro paura cresce, mentre Gesù continua a dormire tranquillo. Un atteggiamento che appare quantomeno sconcertante ai discepoli. Sembra che a Gesù non importi nulla di loro, della loro vita, delle loro famiglie. Lo spavento cresce sempre più sino a che i discepoli svegliano Gesù e lo rimproverano: "Non t’importa nulla che moriamo?". È un grido di disperazione, ma possiamo leggerci anche la fiducia in quel maestro; ha un sapore forse un po’ rozzo, ma contiene una speranza. Anche la nostra preghiera talvolta è simile ad un grido di disperazione teso a svegliare il Signore. Quanti di noi sono colti dalla tempesta e non hanno altro a cui aggrapparsi se non il grido di aiuto, mentre sembra che il Signore dorma? Quel grido è vicino a tante situazioni umane, talora a popoli interi provati sino alla morte. Il sonno di Gesù può significare il trovarsi a suo agio tra i discepoli in quella traversata, ma certamente indica la sua piena fiducia nel Padre: sa che non lo abbandonerà. Prendere con noi il

Signore vuol dire imbarcare la sua fiducia e il suo potere.Al nostro grido si sveglia, si alza ritto sulla barca, e minaccia il vento e il mare in tempesta. Subito il vento tace e si fa bonaccia. Dio ha vinto le potenze ostili che non permettevano la traversata (a tale proposito va notato che nell’Antico Testamento. la creazione viene descritta come un combattimento di Dio contro il mare, rappresentato come un mostro). L’episodio si chiude con una notazione singolare. I discepoli furono presi da una grande paura, e si dicevano l’un l’altro: "Chi è dunque costui?". Il testo di Marco parla di paura più che di stupore. Ed è una paura più grande di quella che avevano sentito poco prima per la tempesta: non si identifica con l’angoscia, ma può accompagnarsi ad una completa fiducia nel Signore. Questa seconda paura non solo non è meno forte della precedente, ha dei caratteri incisivi, che giungono fin nel profondo dello spirito. Potremmo dire che qui si tratta del santo timore di stare alla presenza di Dio: il timore di chi si sente piccolo e povero di fronte al salvatore della vita; il timore di chi, debole e peccatore, viene comunque accolto da colui che egli ha offeso e che lo supera nell’amore; il timore di non disperdere l’unico vero tesoro di amore che abbiamo ricevuto; il timore di non saper profittare della vicinanza di Dio nella nostra vita di

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ogni giorno; il timore di non disperdere il "sogno" di un nuovo mondo che Gesù ha iniziato anche in noi e con noi. È proprio questo timore il segno che ci fa comprendere di stare già sull’altra riva.-------------------------------------------Non ti importa che moriamo?La risposta è senza parole ma ha la voce forte dei Mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei

importante. Mi importano i passeri del cielo e tu vali più di molti passeri, mi importano i gigli del campo e tu sei più bello di loro.Tu mi importi al punto che ti ho contato i capelli in capo e tutta la paura che porti nel cuore. E sono qui a farmi argine e confine alla tua paura. Mi troverai dentro di essa, nel riflesso più profondo delle tue lacrime.

…È PREGATADonaci Signore, la capacità di sentirti sempre presente soprattutto nelle situazioni più tempestose della nostra vita. Amen.

…MI IMPEGNASe Lui non risponde quando e come voglio io, allora si è addormentato. Se Lui non risolve i miei pasticci, allora è lontano e distante. Se le mie preghiere sembrano cadere nel nulla, è perché Lui ha altre cose per la testa. Mi viene da pensare che, in questi casi, ad essere addormentato non è Gesù, ma la nostra fede! Ecco allora una domanda preziosa: chi dorme? Io o il mio Dio? La mia fede o il Rabbì Gesù?

Lunedì, 22 giugno 2015Liturgia della Parola

Gn 12,1-9; Sal 32; Mt 7,1-5LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non giudicate, per non essere giudicati; perché con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati voi e con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi. Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? O come dirai al tuo fratello: “Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio”, mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e

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allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello».…È MEDITATAGesù esorta i discepoli a non giudicare per non essere giudicati. E' un'affermazione grave: Dio pronuncerà su di noi lo stesso giudizio che noi formuliamo sugli altri. Chi vuole un giudizio generoso e misericordioso, deve usare generosità e misericordia verso i fratelli. Al contrario, chi giudica in modo freddo o addirittura in malevolo riceverà lo stesso trattamento. L'affermazione di Gesù non è astratta, è legata ad una radicata abitudine che anche noi ben conosciamo: essere sempre indulgenti con noi stessi e molto duri con gli altri. E' una versione del peccato di egoismo e di orgoglio che, come scrive il libro della Genesi, sta notte e giorno accovacciato davanti alla porta del nostro cuore. Tutti, infatti stiamo ben attenti a considerare la "pagliuzza" presente nell'occhio degli altri, mentre siamo più che indulgenti nel tollerare la "trave"

che è nel nostro occhio. E' un atteggiamento che avvelena la vita quotidiana rendendola violenta e amara. Gesù, dicendo di non giudicare, non esorta il discepolo al disinteresse per gli altri; al contrario, chiede che ciascuno sia attento all'altro con amore e con preoccupazione fraterna. In tal senso l'amore per gli altri richiede attenzione e giudizio, misericordia e fermezza, correzione e aiuto.---------------------------------------------

Non è vostro fratello che voi condannate, ma voi stessi; siete voi che vi preparate un temibile tribunale, davanti al quale dovrete rendere conto rigoroso del vostro comportamento. Come Dio ci perdonerà i nostri peccati nella misura in cui noi avremo perdonato agli altri, così anche ci giudicherà nella misura in cui avremo giudicato gli altri. S. Giovanni Crisostomo

…È PREGATADammi occhi nuovi, Signore! Occhi facili a scoprire il bene, nell’ osservare quanto di positivo è negli altri, specie nelle persone con cui vivo. Dammi occhi puri per guardare tutti col tuo amore, con la tua misericordia.

…MI IMPEGNAIl Signore ci chiede di giudicare con correttezza, con misericordia, senza astio, senza rabbia, mettendoci nei panni degli altri. Guardare la trave che portiamo nel nostro occhio, significa evitare di salire sullo

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scranno del giudice, del saccente, per accomodarci, invece, in quello accanto al fratello che sbaglia. Impegniamoci, in questa settimana, a giudicare gli eventi, gli altri e noi stessi col metro con cui li giudica Dio: con benevolenza, con compassione, con comprensione e verità. 

Martedì, 23 giugno 2015Liturgia della Parola

Gn 13,2.5-18; Sal 14; Mt 7,6.12-14LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti.Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».…È MEDITATAÈ bellissimo quanto fa oggi Gesù! Trasforma in positivo la ‘regola d'oro' molto ben conosciuta nell'antichità: dal giudaismo a Seneca a Confucio. E questo dice quanto stia a cuore a Dio: come egli voglia che tutti gli uomini la facciano norma della loro vita.Gesù trasforma il "non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi" con "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro". Non ci chiede di ‘non fare' ciò che nuoce agli altri, ci invita a fare il bene, a donare, a servire. Basterebbe vivere questa ‘regola' per uscire dal nostro egoismo (io al centro) e a dare una svolta alla nostra vita. Gesù ci chiede di immaginare di essere

nella situazione del prossimo che incontriamo e di trattarlo come vorremo essere trattati noi al suo posto. Ha bisogno di un aiuto? Ne ho bisogno io, e glielo do. È solo senza amici? Lo sono anch'io a volte, gli offro la mia amicizia. È nel dubbio? Lo sono io e condivido le sue pene. Certo, una vita così non mi porterebbe sui rettilinei o sulle scene della storia; forse sarò riconosciuto solo dopo la mia morte, come capita per tanti ‘artigiani dell'amore altruistico'. La vita mi farà sperimentare ‘la porta stretta', cioè la fatica e la delusione del dono, il dolore della gratuità... ma ne varrà la pena poiché in cambio mi è promessa la gioia e la

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piena realizzazione: diventerò così ciò che sono!-------------------------------------------Ogni prossimo, che incontriamo nella nostra giornata, amiamolo così. Immaginiamo di essere nella

sua situazione e trattiamolo come vorremmo essere trattati noi al suo posto. La voce di Dio che abita dentro di noi suggerirà l'espressione d'amore adatta ad ogni circostanza. Chiara Lubich

…È PREGATAFa’ o Dio, che i nostri occhi siano capaci di vedere quella porta stretta e il nostro cuore capace di lasciarsi attirare da Te per intraprendere la strada ardua che porta alla vita. Aiutami, Signore, a chiamare per nome quei "cani e porci" da cui mi dici di guardarmi e dammi il coraggio di dare un taglio netto a tutto ciò che smentisce la mia fede.

…MI IMPEGNAPer passare da una porta stretta devi liberarti da ogni ingombro, peso o valigia che sia. E così per passare attraverso la porta che ti immette negli spazi della vita da veri figli di Dio, devi buttar via tanto ingombro di voglie e atteggiamenti e possessi egoistici.Mercoledì, 24 giugno 2015

NATIVITÀ DI SAN GIOVANNI BATTISTA

SolennitàLiturgia della Parola

Is 49,1-6; Sal 138; At 13,22-26; Lc 1,57-66.80LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAPer Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla

luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».  Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante si aprirono la sua bocca e la sua lingua, e parlava benedicendo Dio. Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor

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loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui. Il bambino cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.…È MEDITATAGiovanni è l'unico santo di cui celebriamo la nascita e a morte, tanto è importante il suo ministero per il Regno. Gesù stesso dirà che egli è il più grande tra gli uomini. Gioiamo e benediciamo Dio per il dono dei persone così straordinarie!Zaccaria di fronte al miracolo della nascita del Battista non può trattenere la sua gioia. Ha riconosciuto dopo il momento della incredulità - che la Parola di Dio è forte ed efficace. E ora diventato un credente. Non è più muto, la sua lingua si scioglie, e può parlare; il suo cuore è pieno di gioia per questo figlio, ch'è un frutto della Parola di Dio. E la nascita di Giovanni crea meraviglia non solo nella casa di Zaccaria, ma anche tra i vicini, come sempre accade ogni volta che il Vangelo viene ascoltato e messo in pratica. Il Vangelo crea sempre un clima nuovo tra la gente. Zaccaria, come Maria, giustamente non può trattenere la gioia e prorompe in un canto di letizia — il noto canto del "Benedictus" - per il piccolo Giovanni, che "andrà

innanzi al Signore a preparargli le strade". La gioia di Zaccaria può essere anche la nostra. Essa si manifesta infatti ogniqualvolta ci sono uomini e donne che sanno accogliere il Vangelo. Allora gli uomini si apriranno all'amore e usciranno dall'ombra di morte dirigendo i loro passi sulla via della pace.-------------------------------------------Ogni uomo ha il nome "Giovanni". "Tutti si chiedevano: che sarà mai questo bambino? E davvero la mano del Signore era con lui". Ogni uomo è un atto d'amore di Dio: la vocazione di ogni uomo è di capire e vivere personalmente il dono che egli è, senza paura e senza falsificazione. L'esistenza di ogni uomo che vive l'amore che egli è, non può che essere una meraviglia, perché ha la certezza che "la mano del Signore è con lui". La Liturgia, facendoci celebrare la nascita di Giovanni, ci fa rivivere la grazia che a ciascuno di noi è data, di esistere come "dono di Dio".

…È PREGATASan Giovanni Battista, che hai sussultato di gioia, ancor prima della nascita, al sentire la voce di Maria, madre del Redentore, fa' che ricerchiamo sempre motivi di gioia e di serenità per i nostri cuori e per le nostre famiglie. Tu che hai preparato la

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strada al Redentore, aiuta noi cristiani a preparare il cuore dei nostri piccoli e dei nostri giovani, a conoscere ed amare nostro Signore. Tu che lo hai indicato al tuo popolo nel fiume Giordano, aiutaci a riconoscerlo nella sua Parola, nei Sacramenti, nei fratelli, soprattutto i più poveri e bisognosi. Tu che hai lottato fino alla morte per i principi e i valori più nobili, aiutaci ad impegnarci anche noi perché nelle fabbriche e negli uffici regni l'onestà, il rispetto e la solidarietà. Tu che ti sei lasciato uccidere pur di non tacere la verità, aiutaci ad essere coraggiosi testimoni della libertà e della giustizia in ogni momento e comportamento della nostra vita. Tu che sei stato definito da Cristo il più grande profeta, aiutaci ad essere anche noi, nel nostro ambiente di vita, con semplicità, ma con coerenza, profeti e testimoni della verità e della nostra fede. Amen.

…MI IMPEGNAZaccaria era rimasto muto perché non aveva creduto all'annuncio dell'angelo. Ha chiuso l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire. Indicazione che mi fa pensoso: quando noi credenti, noi preti, smarriamo il riferimento alla Parola di Dio e alla vita, diventiamo afoni, insignifican-ti, non mandiamo più nessun messaggio a nessuno. Eppure il dubitare del vecchio sacerdote non ferma l'azione di Dio. Qualcosa di grande e di consolante: i miei difetti, la mia poca fede non arrestano il fiume di Dio.

Giovedì, 25 giugno 2015Liturgia della Parola

Gn 16,1-12.15-16; Sal 105; Mt 7,21-29LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa

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sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande».Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi, le folle erano stupite del suo insegnamento: egli infatti insegnava loro come uno che ha autorità, e non come i loro scribi.

…È MEDITATASi chiude il discorso della montagna, il primo grande discorso di Gesù nel Vangelo di Matteo. Il confronto con queste pagine è decisivo. Dice Gesù: "Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, può essere paragonato a un uomo saggio che costruì la sua casa sulla roccia", mentre "chi non le mette in pratica, può essere paragonato a un uomo stolto che costruì la sua casa sull'arena". L'esempio continua: venne la pioggia a dirotto, i fiumi strariparono, soffiarono i venti e si abbatterono su quelle due case; sono le tempeste della vita che tutti sperimentiamo. Ebbene, la prima casa, fondata sulla pietra, restò salda; l'altra, fondata sulla sabbia, crollò. Sono due immagini efficaci con le quali Gesù paragona gli ascoltatori del Vangelo a dei costruttori. Non si ascolta il Vangelo per una esercitazione letteraria e neppure per qualche buon sentimento. E' una parola donataci per costruire la vita su una base solida e stabile. Per questo Gesù invita ad ascoltarla e

soprattutto a metterla in pratica. Ogni giorno pertanto il discepolo deve nutrirsi di questa parola per fondare la propria vita non su se stesso, sulla propria arroganza o sulle proprie convinzioni (che sono come la sabbia, inconsistenti e mutevoli). Il Vangelo è la roccia, il fondamento della nostra vita. E' parola di un maestro diverso da tutti i maestri di questo mondo. Egli insegna con l'autorità di chi ama sino a dare la sua vita per tutti.

Gesù, nostro Signore, stabilì non una sottile linea divisoria, ma una gran differenza non già tra gli uditori delle sue parole e coloro che non l'ascoltano, ma proprio tra coloro che l'ascoltano [...]. Ascoltare quelle parole significa edificare. In questo sono alla pari gli uni e gli altri, ma nel mettere o non mettere in pratica ciò che ascoltano sono tanto diversi, quanto un edificio basato sulla solidità della roccia è diverso da quello che, privo di fondamenta, è

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travolto dalla facile mobilità dell'arena. S Agostino.

…È PREGATAGesù, quando dicevi queste cose, "le folle erano stupite". Anch'io vivo il benefico stupore di credere che Tu sei per me roccia di salvezza. Tieni viva la mia fede: una fede che rassereni anche i giorni difficili, nella consegna al tuo Amore.

…MI IMPEGNANon basta dirsi discepoli, non basta dedicare la vita al vangelo, non basta avere continuamente il nome di Dio sulle labbra. Non basta. Misuriamo la nostra fede quando siamo messi alla prova, quando le vicende della vita ci scuotono dalle radici, quando sentiamo che il mare ingrossa e rischiamo di affondare. Succede a tutti, anche ai discepoli. Anche ai buoni discepoli. Periodi in cui la sorte sembra accanirsi contro di noi: salute, lavoro, affari, tutto in salita, tutto in negativo. È allora che verifichiamo se la nostra vita è costruita sulla sabbia. O sulla roccia della Parola.

Venerdì, 26 giugno 2015Liturgia della Parola

Gn 17,1.4-5.9-10.15-22; Sal 127; Mt 8,1-4LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAQuando Gesù scese dal monte, molta folla lo seguì. Ed ecco, si avvicinò un lebbroso, si prostrò davanti a lui e disse: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Tese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio: sii purificato!». E subito la sua lebbra fu guarita. Poi Gesù gli disse: «Guàrdati bene dal dirlo a qualcuno; va’ invece a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè come testimonianza per loro».

…È MEDITATAGesù ha parlato sul monte, davanti a una grande folla. E' stato un discorso lungo, iniziato capovolgendo regole e consuetudini. Ha chiamato beati i poveri, gli afflitti, i miti e quelli che hanno fame e sete di giustizia. Ora

scende dalla montagna e continua a guardare con commozione e simpatia la gente che gli si stringe attorno come alla ricerca di un pastore. Ecco venire un lebbroso che gli si inginocchia davanti. E' un incontro imprevisto, di quelli per

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cui spesso proviamo fastidio perché disturba i nostri piani. Gesù ci insegna a essere compagni di strada di tutti, a non guardare con diffidenza nessuno dei tanti compagni di viaggio che si avvicinano a noi anche non invitati (pensiamo a tanti stranieri!) Quel lebbroso è un uomo disprezzato che nessuno ha potuto (o voluto) aiutare. Costui prega, confessando la sua lebbra ma, assieme, anche la sua fede: "Signore, se vuoi tu puoi sanarmi". Gesù, che più tardi dirà: "Bussate e vi sarà aperto", subito apre la porta della sua misericordia, tocca con la mano il lebbroso e gli parla. E la lebbra scompare. Gesù

non ha timore di fermarsi di fronte a quel malato. Se ne prende cura, lo tocca e gli dice parole di affetto. Così lo guarisce. Gesù mostra ai discepoli di ogni tempo come stare accanto a chi ha bisogno. E afferma chiaramente qual è la volontà di Dio: "Lo voglio, sii guarito". Questa dev'essere anche la volontà dei discepoli e di ogni comunità cristiana.-------------------------------------------Accogliamo il Signore Iddio, il solo autentico medico che sia in grado di guarire le anime nostre, dopo aver tanto sofferto per noi!

…È PREGATASignore mio e Dio mio, tu solo hai potere su quel male nascosto che è la lebbra del mio egoismo e di tutto quello che è rifiuto ad amare. Ti prego, toccami interiormente e risanami.

…MI IMPEGNASe vuoi salire fino al cielo, devi scendere fino a chi soffre e dare la mano al povero. Madre Teresa di Calcutta

Sabato, 27 giugno 2015Liturgia della Parola

Gn 18,1-15; Cant. Lc 1,46-55; Mt 8,5-17LA PAROLA DEL SIGNORE

…È ASCOLTATAIn quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò». Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e

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al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». E Gesù disse al centurione: «Va’, avvenga per te come hai creduto». In quell’istante il suo servo fu guarito. Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaìa:“Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie”.

…È MEDITATAGesù lasciata Nazareth sceglie di vivere a Cafarnao, capitale della Galilea. E di qui annuncia che il regno di Dio è vicino. Alle parole fa seguire i gesti: guarisce i malati e conforta i deboli. Si avvicina a lui un centurione, uomo estraneo al culto e alle tradizioni d'Israele. Ha un servo malato e viene da Gesù; non sa bene neanche come presentargli il caso. E' sufficiente mettere un po' del proprio cuore nelle mani di Gesù che subito veniamo esauditi. Gesù, infatti, legge nel cuore del centurione e subito gli risponde che andrà a casa sua per guarire il servo. Noi a questo punto forse avremmo approfittato di una generosità così gratuita. Quel centurione, no. Si vergogna ancora di più: si trova davanti a se stesso, alla propria vita, a un giudizio su di sé; e con spontanea verità dice che non è degno che il Maestro si rechi da lui. Si vergogna davanti a un uomo così

buono. E pronuncia quelle splendide parole che ancora oggi ripetiamo nella liturgia: "O Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito". Il servo del centurione, in effetti, guarisce sulla parola di Gesù. Ma anche quell'uomo guarisce dopo il suo incontro con il Maestro: ha scoperto di essere indegno, ma ha trovato chi lo comprende nel profondo; ha visto come l'interesse per gli altri può trasformare in maniera sorprendente la sua stessa vita.----------------------------------------------

-----Il Signore guarda il cuore di ognuno, non è esigente, né severo, e sa vedere anche il più timido accenno di conversione. Chiediamogli, oggi, lo stesso sguardo, la stessa pazienza, la stessa benevolenza nei confronti di coloro che incontreremo sul

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nostro cammino. E che Gesù abbia a stupirsi della nostra fede, come

si è meravigliato della fede dell'ufficiale straniero..

…È PREGATASignore, il tuo Spirito mi illumini e mi guidi sulla strada dell'amore, che è vero solo quando quello che sono che so e che ho lo metto a servizio dei fratelli.

…MI IMPEGNAIl Gesù della vita e delle parabole è un uomo curioso di ogni umanità, attento a cogliere un'azione giusta e un sentimento buono che esce dal cuore dell'uomo. Capace di onorare ogni minima giustizia e bontà, verità e bellezza, misericordia e compassione disseminate nel suo popolo e fuori di esso. E io?

PAPA FRANCESCOUDIENZA GENERALE

Mercoledì, 10 giugno 2015

La Famiglia - Famiglia e malattia

Continuiamo con le catechesi sulla famiglia, e in questa catechesi vorrei toccare un aspetto molto comune nella vita delle nostre famiglie, quello della malattia. E’ un’esperienza della nostra fragilità, che viviamo per lo più in famiglia, fin da bambini, e poi soprattutto da anziani, quando arrivano gli acciacchi. Nell’ambito dei legami familiari, la malattia delle persone cui vogliamo bene è patita con un “di più” di sofferenza e di angoscia. E’ l’amore che ci fa sentire questo “di più”. Tante volte per un padre e una madre, è più difficile sopportare il male di un figlio, di una figlia, che non il proprio. La famiglia, possiamo dire, è stata da sempre l’“ospedale” più vicino. Ancora oggi, in tante parti del mondo, l’ospedale è un privilegio per pochi, e spesso è lontano. Sono la mamma, il papà, i fratelli, le sorelle, le nonne che garantiscono le cure e aiutano a guarire.

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Nei Vangeli, molte pagine raccontano gli incontri di Gesù con i malati e il suo impegno a guarirli. Egli si presenta pubblicamente come uno che lotta contro la malattia e che è venuto per guarire l’uomo da ogni male: il male dello spirito e il male del corpo. E’ davvero commovente la scena evangelica appena accennata dal Vangelo di Marco. Dice cosi: «Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati» (1,29). Se penso alle grandi città contemporanee, mi chiedo dove sono le porte davanti a cui portare i malati sperando che vengano guariti! Gesù non si è mai sottratto alla loro cura. Non è mai passato oltre, non ha mai voltato la faccia da un’altra parte. E quando un padre o una madre, oppure anche semplicemente persone amiche gli portavano davanti un malato perché lo toccasse e lo guarisse, non metteva tempo in mezzo; la guarigione veniva prima della legge, anche di quella così sacra come il riposo del sabato (cfr Mc 3,1-6). I dottori della legge rimproveravano Gesù perché guariva il sabato, faceva il bene il sabato. Ma l’amore di Gesù era dare la salute, fare il bene: e questo va sempre al primo posto!

Gesù manda i discepoli a compiere la sua stessa opera e dona loro il potere di guarire, ossia di avvicinarsi ai malati e di prendersene cura fino in fondo (cfr Mt 10,1). Dobbiamo tener bene a mente quel che disse ai discepoli nell’episodio del cieco nato (Gv 9,1-5). I discepoli – con il cieco lì davanti! – discutevano su chi avesse peccato, perché era nato cieco, lui o i suoi genitori, per provocare la sua cecità. Il Signore disse chiaramente: né lui, né i suoi genitori; è così perché si manifestino in lui le opere di Dio. E lo guarì. Ecco la gloria di Dio! Ecco il compito della Chiesa! Aiutare i malati, non perdersi in chiacchiere, aiutare sempre, consolare, sollevare, essere vicino ai malati; è questo il compito.

La Chiesa invita alla preghiera continua per i propri cari colpiti dal male. La preghiera per i malati non deve mai mancare. Anzi dobbiamo pregare di più, sia personalmente sia in comunità. Pensiamo all’episodio evangelico della donna Cananea (cfr Mt 15,21-28). E’ una donna pagana, non è del popolo di Israele, ma una pagana che supplica Gesù di guarire la figlia. Gesù, per mettere alla prova la sua fede, dapprima risponde duramente: “Non posso, devo

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pensare prima alle pecore di Israele”. La donna non recede – una mamma, quando chiede aiuto per la sua creatura, non cede mai; tutti sappiamo che le mamme lottano per i figli – e risponde: “Anche ai cagnolini, quando i padroni si sono sfamati, si dà qualcosa!”, come per dire: “Almeno trattami come una cagnolina!”. Allora Gesù le dice: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (v. 28).

Di fronte alla malattia, anche in famiglia sorgono difficoltà, a causa della debolezza umana. Ma, in genere, il tempo della malattia fa crescere la forza dei legami familiari. E penso a quanto è importante educare i figli fin da piccoli alla solidarietà nel tempo della malattia. Un’educazione che tiene al riparo dalla sensibilità per la malattia umana, inaridisce il cuore. E fa sì che i ragazzi siano “anestetizzati” verso la sofferenza altrui, incapaci di confrontarsi con la sofferenza e di vivere l’esperienza del limite. Quante volte noi vediamo arrivare a lavoro un uomo, una donna con una faccia stanca, con un atteggiamento stanco e quando gli si chiede “Che cosa succede?”, risponde: “ Ho dormito soltanto due ore perché a casa facciamo il turno per essere vicino al bimbo, alla bimba, al malato, al nonno, alla nonna”. E la giornata continua con il lavoro. Queste cose sono eroiche, sono l’eroicità delle famiglie! Quelle eroicità nascoste che si fanno con tenerezza e con coraggio quando in casa c’è qualcuno ammalato.

La debolezza e la sofferenza dei nostri affetti più cari e più sacri, possono essere, per i nostri figli e i nostri nipoti, una scuola di vita - è importante educare i figli, i nipoti a capire questa vicinanza nella malattia in famiglia - e lo diventano quando i momenti della malattia sono accompagnati dalla preghiera e dalla vicinanza affettuosa e premurosa dei familiari. La comunità cristiana sa bene che la famiglia, nella prova della malattia, non va lasciata sola. E dobbiamo dire grazie al Signore per quelle belle esperienze di fraternità ecclesiale che aiutano le famiglie ad attraversare il difficile momento del dolore e della sofferenza. Questa vicinanza cristiana, da famiglia a famiglia, è un vero tesoro per la parrocchia; un tesoro di sapienza, che aiuta le famiglie nei momenti difficili e fa capire il Regno di Dio meglio di tanti discorsi! Sono carezze di Dio.

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Signore, la malattia ha bussato alla mia porta;mi ha sradicato dalle mie consuetudini e dal mio lavoro,

mi ha trapiantato in un altro mondo: il mondo dei malati.E' un'esperienza dura, una realtà difficile da accettare.

Eppure mi ha tolto da tante illusioni;mi ha fatto toccare con mano, più delle parole

la fragilità e la precarietà della vita.Ho scoperto cosa vuol dire dipendere,

aver bisogno di tutto e di tutti.Ho provato la solitudine e l'angoscia

ma anche l'affetto e le premure di tanti.Signore, anche se è difficile ti dico:

"Sia fatta la tua volontà in cielo e in terra".Ti prego, benedici i miei cari e chi mi assiste.

Se vuoi, dona a chi soffre la guarigione.Ho fiducia di te, Signore, Padre dei viventi.