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NUOVO QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-2020 a cura di Patrizia TOIA

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NUOVO QUADRO FINANZIARIO PLURIENNALE 2014-2020

a cura di

Patrizia TOIA

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INDICE

Presentazione di Patrizia Toia

Contributo di Goran Farm

Contributo di Ivailo Kalfin

Capitolo I

Le Linee Generali del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale 2014 - 2020

Capitolo II

Le risorse proprie

Capitolo III

I principali settori di spesa

Competitività per la crescita e l’occupazione

Coesione

Politica Agricola

Affari interni

Giustizia

Capitolo IV

Le prospettive del negoziato sul QFP e sulle risorse proprie

Capitolo V

Falsi miti sul bilancio europeo

Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti & Democratici al Parlamento europeo

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Presentazione di Patrizia TOIA

Il dibattito europeo, in questi mesi in cui lo stesso futuro dell'Europa può essere a rischio, si

concentra sui temi essenziali del rafforzamento della governance economica dell’UE, del futuro

delle prospettive finanziarie e dei bilanci pubblici di molti Stati membri, delle conseguenze della

crisi greca e spagnola, dei rischi di contagio e, più in generale, della situazione economica e

finanziaria europea, preoccupazioni, queste che rischiano di pesare, in modo determinante, sul

bilancio comunitario attuale e soprattutto sulle prospettive finanziarie post 2013. Vogliamo e

dobbiamo scongiurare il pericolo che questa situazione si traduca in un blocco del bilancio

dell'UE, o peggio ancora in una riduzione, insomma in un bilancio di austerità, che,

nascondendosi dietro l'esigenza di "better spending", in realtà cerchi di determinare cambiamenti

riduttivi nel modo di utilizzare le risorse del bilancio comunitario, ma soprattutto che possa

spingere l'Europa e gli Stati membri a limitare gli investimenti necessari per la crescita e

l'occupazione.. Non possiamo accettare di costruire per il nostro domani, una "gabbia", cioè un

"bilancio di crisi" perché abbiamo bisogno di tornare a crescere e dobbiamo dunque preparare un

bilancio di investimenti e di sviluppo e professionale. In questo quadro anche la Politica di

Coesione deve tornare in primo piano, anche come dotazione finanziaria, perché può essere una

potente leva per la competitività dei territori, per il superamento di storici "ritardi" e per una

qualificazione del capitale umano. Un rilancio dell'Unione Europea non può dunque prescindere

da un ambizioso finanziamento per la politica di coesione 2014-2020. Cifre inferiori, rispetto a

quelle stabilite dalla Commissione, come qualche paese vorrebbe per ridurre la spesa pubblica,

chiuderebbero la porta a importanti opportunità, essenziali per le economie dei 27 paesi membri. I

negoziati sul futuro della Politica di coesione post 2013 si accompagnano con un dibattito acceso

sul bilancio, la sua struttura e la ripartizione delle dotazioni finanziarie tra le varie categorie di

regioni che va ormai di pari passo con una discussione sui modi per aumentare il "valore

aggiunto" di questa politica, ottimizzandone i risultati e il necessario ritorno sugli investimenti.

I risultati della politica di coesione si sono identificati spesso con il racconto degli errori e dei

ritardi rispetto ai traguardi raggiunti che, invece, ci sono e sono consistenti. Basti pensare che

l'Italia, grazie ai fondi regionali, ha beneficiato di circa 27,4 miliardi di euro nel periodo 2000-

2006 e di 29 miliardi nel periodo 2007-2013. Secondo i dati della Commissione europea, grazie

ai fondi regionali, sono stati investiti:

9,6 miliardi di euro per la R&S e l’innovazione;

4,1 miliardi di euro per le infrastrutture di trasporto, incluse le TEN-T;

2,7 miliardi di euro per l’imprenditorialità e le PMI;

più di 1,6 miliardi di euro per le TIC.

Inoltre 20 000 imprese nelle regioni dell’Italia meridionale e 15 000 PMI in tutto il resto del paese

hanno ricevuto un sostegno; sono stati modernizzati 350 km di strade ferrate, costruiti 690 km di

strade; sono stati creati 63 nuovi impianti di smaltimento dei rifiuti, insomma non possiamo

permetterci, proprio in questo momento, di rinunciare a questa opportunità. Concretamente, il

pacchetto legislativo all'esame del Parlamento Europeo, si compone di diversi regolamenti che

stabiliscono: il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il Fondo sociale europeo (FSE), il

Fondo di coesione (FC), il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e il futuro

Fondo europeo per gli affari marittimi e pesca (FEAMP) e perseguono obiettivi strategici

complementari, attraverso la concentrazione tematica, prevedendo una gestione concorrente tra

gli Stati membri e la Commissione. Molto importante sarà, inoltre, aumentare al massimo

l´efficienza di tutti gli strumenti strutturali in termini di realizzazione degli obiettivi generali e di

ottimizzazione delle sinergie. Importantissimo sarà il ruolo delle regioni, attraverso gli accordi di

partenariato, e noi vogliamo valorizzare anche quello delle città, sempre più protagoniste, in

prima persona, dello sviluppo locale.

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Per questo motivo sono stati individuati degli obiettivi tematici prioritari:

rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l´innovazione;

migliorare l´accesso alle tecnologie dell´informazione e della

comunicazione, nonché l´impiego e la qualità delle medesime;

promuovere la competitività delle PMI, il settore agricolo e il settore della

pesca e dell´acquacoltura;

sostenere la transizione verso un´economia a basse emissioni di carbonio in

tutti i settori;

promuovere l´adattamento al cambiamento climatico, la prevenzione e la

gestione dei rischi;

tutelare l´ambiente e promuovere l´uso efficiente delle risorse;

promuovere sistemi di trasporto sostenibili ed eliminare le strozzature nelle

principali infrastrutture di rete;

promuovere l´occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori;

promuovere l´inclusione sociale e combattere la povertà;

investire nelle competenze, nell´istruzione e nell´apprendimento permanente;

rafforzare la capacità istituzionale e promuovere un´amministrazione

pubblica efficiente.

Nella proposta della Commissione Europea viene anche fissato un budget minimo per i settori

prioritari. Nelle regioni più sviluppate (PIL>90% media UE27) e nelle regioni in fase di

transizione (75%>PIL<90%), almeno l´80% delle risorse FESR a livello nazionale dovrebbe

essere destinato all´efficienza energetica, alle energie rinnovabili, all´innovazione e al

sostegno delle PMI e almeno il 20% di tale finanziamento dovrebbe essere destinato

all´efficienza energetica e alle energie rinnovabili. Le quattro regioni meno sviluppate (PIL<75%

media UE27), avranno la possibilità di scegliere tra un maggior numero di priorità, che riflettano

l´ampiezza delle loro esigenze. Tuttavia dovranno destinare almeno il 50% delle risorse RESR

all´efficienza energetica e alle energie rinnovabili, all´innovazione e al sostegno delle PMI.

Queste le proposte, il Parlamento cercherà, tuttavia, di renderle più flessibili per consentire una

maggiore libertà di scelta e, dunque, una maggiore responsabilità delle autorità regionali e locali.

L'obiettivo della concentrazione delle risorse è del tutto condivisibile, consente, infatti, attraverso

un'adeguata massa critica di mezzi finanziari, di aumentare l'efficacia dei risultati, ma questa

concentrazione tematica non deve limitarsi all'imposizione di priorità, anche perché, soprattutto le

regioni più sviluppate, hanno spesso già raggiunto e superato i traguardi indicati per alcuni ambiti,

quindi potrebbero avere esigenze di investimento in altri settori. Le iniziative legislative orientano

la futura Politica di coesione sui risultati e attuano le riforme necessarie per conseguirli.

L'approccio qualitativo proposto risponde all'esigenza di conciliare una maggiore efficacia della

spesa pubblica con una limitazione (e se possibile il definitivo superamento) dei ripetuti errori

finanziari e delle inadempienze che hanno accumulato residui di fondi e lasciato molte opere a

metà. La necessità di fornire agli Stati membri, agli enti regionali e locali un aiuto diretto e

determinante per la ripresa, è perfettamente coerente con gli obiettivi della Strategia UE2020, che

dovrebbero riportare l'Unione Europea a crescere. In questo contesto, l'Italia deve fare la sua parte

per conciliare rigore e sviluppo o, meglio, finalizzare il rigore alla crescita.

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L'Italia, in quanto paese contributore netto, cioè paese che dà all'Unione più di quanto ritorni, è

estremamente interessata a tale politica, proprio perché deve colmare il saldo negativo, che spesso

è il risultato di una nostra (pubblica e privata) incapacità di accedere positivamente ai fondi

comunitari. Dunque la nostra duplice veste italiana di generosi contribuenti del bilancio europeo,

da un lato, e di importanti beneficiari della politica di coesione, dall'altro, ci impone di acquisire

una più forte e diffusa capacità di protagonismo e di efficacia relativamente ai fondi strutturali

che sono una delle più importanti leve di sviluppo territoriale che avremo a disposizione nei

prossimi anni. Il volano di crescita di tali fondi, per altro, è ulteriormente potenziato perché altri

fondi potranno essere utilizzati in modo collegato, in particolare quelli di Horizon 2020 (ricerca e

innovazione) e quelli del COSME, cioè il sostegno alle PMI. Concludendo, occorre raggiungere

la massima efficacia e, allo stesso tempo, garantire che tutte le istanze locali, pubbliche, sociali ed

economiche, dalle regioni ai comuni, passando per le province e le grandi città metropolitane,

siano parte attiva nella definizione dei programmi per assicurare la giusta combinazione e

integrazione tra obiettivi, politiche e progetti. Nell'interesse del nostro paese l'indicazione di

priorità e target precisi dovrà tener conto del principio di sussidiarietà, affidando la responsabilità

di tracciare gli interventi direttamente alle istanze più vicine ai territori. Solo così, sul territorio,

nelle regioni e nelle città, dal basso, ma nel quadro di una più vasta programmazione, si realizzerà

quel salto di qualità che potrà far crescere socialmente ed economicamente la comunità. La

concentrazione sui temi dell’agenda di Europa 2020 rappresenta per l’Europa un’opportunità

unica e irripetibile per sviluppare la crescita, sperando di migliorare tanto la competitività del

continente quanto la sua equità sociale, che devono andare di pari passo.

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Contributo di Goran Farm

Deputato S&D Svezia, Coordinatore Commissione Bilancio

Le implicazioni politiche del Quadro Finanziario Multiannuale (QFM) per il post 2013

L’attuale contesto politico ed economico sfavorevole comporta che il futuro dell’Europa come

entità politica verrà messo a rischio nel corso delle future negoziazioni sul quadro finanziario di

lungo periodo. Lo stesso vale per la capacità dell’Unione di affrontate in maniera adeguata le

nuove sfide globali ed europee e per la capacità di adattarsi ad un ambiente in costante

cambiamento. Le future negoziazioni sul budget decideranno la capacità dell’UE di offrire – o

meno – dei risultati su queste politiche. Queste negoziazioni sono particolarmente importanti in

quanto riguardano la completa riorganizzazione delle spese UE. Dato l’attuale contesto

economico, adesso più che mai, il prossimo MFF deve riflettere le nostre priorità politiche per i

lavori e per la crescita, offrendo un contributo europeo per la soluzione della crisi.

La natura del budget UE

Il budget UE è purtroppo vittima di molte incomprensioni. Quando incontro i miei elettori, questi

tendono a pensare che il budget UE sia un peso crescente sui contribuenti. Fanno fatica a

credermi quando dico che il budget UE rappresenta solamente poco di più del 2% della spesa

pubblica europea, che la maggior parte delle risorse torna agli stati membri – con un profilo di

maggiore solidarietà - e che nel corso degli ultimi 20 anni il tasso di crescita è stato minore di

quello dei budget nazionali. Questa affermazione è vera nonostante il rapido sviluppo delle

responsabilità UE tramite vari nuovi trattati e un processo di allargamento che ha quasi

raddoppiato il numero di Stati Membri. Oggi il budget rappresenta una quota percentuale delle

economie degli Stati Membri che è minore di quella degli anni 90’, quando l’UE era composta da

soli 15 Stati. E’ anche vero che il profilo del budget è cambiato in maniera radicale. La spesa

legata ad una crescita più “moderna”, in particolare in termini di R&D, innovazione ed

infrastrutture è cresciuta rapidamente. Il Titolo 1 “Crescita sostenibile” è il maggior titolo di

budget, e la politica di coesione è la maggiore area di policy, considerevolmente più importante

dei sussidi all’agricoltura. Nonostante i miglioramenti, poter svolgere questi nuovi e crescenti

compiti, offrendo migliori risultati, con meno risorse, sta per diventare un compito impossibile. I

nuovi compiti poi, non sono facoltativi; sono parte del trattato! Gli Stati Membri hanno deciso

che l’Unione deve essere uno strumento importante per affrontare delle sfide enormi, come le

strategie comuni per la crescita e l’occupazione, con la Strategia di Europa 2020; combattere i

cambiamenti climatici e fare investimenti strategici per sviluppare l’energia rinnovabile e la

produzione sostenibile di cibo; rafforzare il ruolo dell’UE nel mondo, per promuovere una nuova

direzione per la sicurezza mondiale, missioni di pace, aiuto per lo sviluppo, diritti umani, etc. La

lista è lunga.

Perché difendere la spesa UE in periodo di austerità?

La crisi ha messo il budget UE in una posizione difficile, rendendo le negoziazioni tra le due parti

dell’Autorità di Budget (Il Consiglio dei ministri e il Parlamento Europeo) più controverse di

quanto siano state per decenni. Il Consiglio – sotto pressione a causa della crisi – è stato preso

ostaggio da alcuni governi a guida conservatrice ed euroscettici. I governi inglese, olandese e

svedese sembrano determinati a ridurre il budget in maniera sostanziale. Questo vorrebbe dire

ridurre le ambizioni UE, abbassare l’influenza europea e di conseguenza, attraverso la porta di

servizio, riportare la UE allo stato passivo ed intergovernativo che aveva prima dei trattati sia di

Lisbona, ma persino prima di Maastricht, Amsterdam e Nizza, prima dell’allargamento, prima

della Strategia di Lisbona e dell’Agenda UE2020. La maggioranza degli Stati Membri – sotto

pressione delle necessità di austerità nazionale – ha accettato uno sviluppo molto restrittivo del

budget, un sostanziale congelamento, anche se non condividono l’agenda inglese/olandese/

svedese. Sfortunatamente la “logica di un budget di crisi” supporta l’agenda strategica di alcuni

Stati Membri, focalizzandosi sulla riduzione del ruolo dell’UE in maniera permanente.

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Questo ovviamente deve riflettersi ad un livello politico ed ideologico, ma è importante notare

che non è possibile paragonare il budget UE a quelli nazionali, per varie ragioni:

Mentre i budget nazionali sono principalmente utilizzati per la spesa pubblica, in ambiti

come il pagamento del sistema di welfare, gli stipendi di insegnanti e infermiere, i costi

di esercizio del trasporto pubblico etc, il budget UE è principalmente utilizzato per

investimenti transfrontalieri, per costruire il mercato interno, supportare lo sviluppo di

lungo periodo delle regioni più povere e la cooperazione amministrativa strategica

europea, spesso con una prospettiva di pianificazione di 7 anni. Il 94% del budget è

usato per investimenti ed altri scopi strategici, dentro e fuori dall’UE! Tagli in queste

aree porterebbero a più conseguenze strategiche e di lungo periodo rispetto a tagli ai

budget nazionali;

Il budget UE è uno strumento per la solidarietà europea, nella quale i paesi più ricchi

supportano lo sviluppo delle regioni più povere. La conseguenza è che dei tagli al

budget colpiscono le regioni più povere e sono solo utili ai Paesi Membri pagatori netti,

più ricchi.

Sugli investimenti, l’Europa è rimasta indietro nei confronti dei suoi concorrenti. In teoria la

conseguenza dovrebbe essere che questa situazione deve essere migliorata, in pratica invece il

focus sull’austerità per i budget sia locali che regionali, nazionali ed europei porterà l’Europa

nella direzione opposta. Gli investimenti nella UE-27 sono scesi già a partire dall’inizio della

crisi, dall’inizio della crisi nel 2008 la discesa è stata anche più radicale – in alcuni paesi di un

terzo o più in pochi anni. La richiesta di ridurre il budget UE porterà alla riduzione degli

investimenti per alcuni programmi chiave europei in aree come la ricerca, l’energia, le tecnologie

verdi, la creazione di lavori, la coesione, il supporto alle PMI, e renderà impossibile sfruttare il

completo potenziale del mercato interno. Inoltre l’austerità renderà quasi impossibile passare

dall’attuale 2% all’obiettivo 2020 del 3% del PIL speso su R&D. Il risultato di questa stretta sugli

investimenti sarà una pericolosa perdita di competitività. Ridurre la dimensione del budget UE,

essendo questo uno strumento per aumentare la leva sugli investimenti, potrà solamente

peggiorare la situazione.

Per riassumere – credo che:

- L’UE e gli Stati Membri debbano accettare che la sola austerità non può portarci fuori

dalla crisi, e che un budget UE ben gestito possa offrire vantaggi su alcuni investimenti

chiave comuni, importanti per la crescita e l’occupazione;

- Si debba rompere lo stallo politico sul budget UE. La Commissione Europea e il

Consiglio Europeo devono mostrare della leadership politica nello sviluppo del budget,

non limitandosi a rispondere passivamente la moda dell’austerità. Rispetto gli attuali

limiti sul tetto delle Risorse Proprie (1,29% sugli impegni e 1,23% sui pagamenti), ma

rimane ancora molto che si può fare sotto tale tetto;

- L’UE debba appoggiare la propria politica agenda con un budget sufficiente. Con le

risorse necessarie possiamo raggiungere l’obiettivo di un’Unione Europea più

importante ed ambiziosa. Le competenze ed ambizioni politiche UE stanno crescendo,

mentre il budget si sta riducendo, il risultato è un’equazione impossibile. Ridurre

ulteriormente il budget UE renderà impossibile mettere l’Europa in una posizione di

leadership mondiale e renderà la UE sempre meno rilevante;

- Sulla Riforma delle Risorse: per liberarsi del dibattito sul ritorno delle risorse ed invece

introdurre un nuovo sistema. Dovrebbe mirare ad ottenere dei migliori e più forti

collegamenti democratici tra cittadini, operatori economici e il budget UE. Dovrebbe

essere fiscalmente neutrale, i cittadini non dovrebbero pagare più tasse per la semplice

esistenza dell’Unione Europea e dovrebbe rispettare le competenze del Trattato UE;

- Creazione di maggiori sinergie tra il budget UE e le finanze pubbliche nazionali, per

migliorare i risultati dell’Europa, il suo valore aggiunto e per trovare risparmi basati su

delle azioni più coordinate.

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Contributo di Ivailo Kalfin

Deputato S&D Bulgaria – Relatore MFF per il Parlamento Europeo

Il budget dell’Unione Europea è un potente strumento per raggiungere gli obiettivi politici

dell’Europa. Se la UE deve mantenersi coerente e credibile, gli impegni politici, fatti dai capi

di stato e di governo devono essere supportati da una quantità di risorse adeguata. Per

esempio quando il Consiglio Europeo ha deciso, nel giugno di quest’anno, di stimolare la

crescita e la creazione di lavori con un programma da 120 mld di euro, ci si sarebbe aspettati

che fornisse i necessari mezzi per realizzarlo. Il Gruppo S&D rifiuta qualsiasi approccio che

preveda di mettere a rischio le premesse di stimolo della crescita e della creazione di lavoro a

causa della riluttanza a preservare la stabilità del budget Europeo. Il budget UE non

dovrebbe essere confuso con lo sforzo per stabilizzare alcune economie nazionali. La

stabilità della zona euro richiede uno sforzo straordinario che coinvolge molte risorse, da

fornire con poco preavviso. Dall’altro lato il budget UE è adottato su una base settennale e

mira a finanziare le politiche e soprattutto le priorità dell’UE. Programmi di lungo periodo e

profondamente radicati dell’UE, come la PAC, la coesione, il programma quadro orientato

alla ricerca, i programmi di scambio per giovani e studenti come l’Erasmus e il Leonardo,

dei quali beneficiano centinaia di milioni di cittadini europei, sarebbero impossibili senza un

finanziamento adeguato. Il budget UE è principalmente uno strumento di investimento.

Il 94% del budget europeo viene rimandato agli Stati Membri. Nella maggior parte dei casi

questi soldi creano un effetto leva e portano degli investimenti ulteriori, co-finanziati dai

budget nazionali, da contribuzioni private o da speciali strumenti finanziari, progettati dalla

Banca Europea di Investimenti, dall’EBRD o da altre istituzioni finanziarie. In periodi nei

quali tutti gli stati membri stanno tagliando le spese dei loro bilanci, in cui le economia sono

in stagnazione, l’unica possibilità di generare fondi per gli investimenti pubblici sono i fondi

UE. In effetti, nella maggior parte dei paesi europei, la maggioranza degli investimenti

pubblici in progetti non sarebbe possibile senza il co-finanziamento europeo. Noi tutti

sappiamo che i paesi europei non possono trovare un’uscita alla crisi attuale con i soli

strumenti nazionali. In periodo di crisi vediamo in particolare il bisogno di solidarietà.

Nessun paese UE può farcela da solo. Abbiamo bisogno di decisioni e misure comuni per

stabilizzare l’eurozona, ma anche per I programmi di medio-lungo periodo per migliorare la

competitività UE. Nessun paese è riuscito a trovare una via d’uscita dalla crisi solamente

tagliando le spese. E’ invece vero l’opposto, ci sono molti esempi di paesi nei quali la

riduzione della spesa pubblica ha colpito ulteriormente l’economia, portando povertà ed

abbassamento degli standard di vita. E’ fuori questione che i programmi di consolidamento

fiscale debbano essere accompagnati da misure per stimolare l’economia. E queste misure

possono essere finanziate dal bilancio UE. Questa non è solo un’espressione di solidarietà,

questa è una situazione in cui tutti vincono, nella quale i fondi pubblici UE sono utilizzati

nella maniera migliore, portando valore aggiunto a tutta l’Unione.

La dimensione del budget UE è relativamente piccolo. E’ circa 45 volte più piccolo della

somma dei budget nazionali degli stati membri. Raggiunge a malapena l’1% dell’economia.

Costa ad ogni cittadino il prezzo di un caffè al giorno – 0,67 euro. Inoltre, nei passato 20

anni, il bilancio UE si è ridotto, a paragone dell’economia UE, mentre i bilanci nazionali

sono cresciuti. Questo significa che gli obiettivi sempre più ambiziosi dell’UE sono

finanziati con meno risorse. Questa situazione non è sostenibile. La logica che afferma che

tagliando i bilanci nazionali sia necessario tagliare quelli dell’UE non è corretta. Prima di

tutto perché i bilanci nazionali sono tagliati adesso per coprire i debiti, risultato dei deficit

eccessivi degli anni passati. Questa ragione non è valida per il budget UE che, per

definizione, non può avere un deficit. Secondo, perché non possiamo togliere all’Europa il

suo solo strumento di investimento.

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Il Gruppo S&D del Parlamento Europeo combatterà contro tutti quelli che vogliono vedere il

budget UE ridursi ulteriormente. Il nostro principale obiettivo politico è di creare gli

strumenti per rafforzare la crescita economica e la creazione di occupazione in Europa.

Siamo particolarmente preoccupati con il tasso di disoccupazione particolarmente alto tra i

giovani. Di conseguenza abbiamo bisogno di un bilancio UE che sia stabile e robusto, per

ottenere il massimo vantaggio dalle sinergie dell’Unione e per aiutare gli Stati Membri ad

uscire dalla crisi economica e ritornare sui mercati.

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Capitolo I

Le linee generali della nuova programmazione comunitaria 2014-2020

Lo scorso 29 giugno, la Commissione europea ha presentato la Comunicazione "A Budget for

Europe 2020" (COM (2011) 500), nella quale vengono enunciate le linee direttive delle

prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020. La Comunicazione è accompagnata da cinque

proposte legislative:

Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce il quadro finanziario pluriennale

per il periodo 2014-2020 (COM (2011) 398);

Progetto di accordo interistituzionale tra il Parlamento europeo, il Consiglio e la

Commissione sulla cooperazione in materia di bilancio e la sana disciplina finanziaria

(COM (2011) 403);

Proposta di decisione del Consiglio relativa al sistema delle risorse proprie dell'Unione

(COM (2011) 510);

Proposta di regolamento del Consiglio che stabilisce misure di esecuzione del sistema di

risorse proprie (COM (2011) 511);

Proposta di regolamento del Consiglio recante applicazione della decisione 2007/436/

CE-Euratom relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee,

concernente le modalità e la procedura di messa a disposizione delle risorse proprie

tradizionali e della risorsa basata sul RNL, nonché le misure perfar fronte al fabbisogno

di tesoreria (COM (2011) 512).

Il quadro finanziario pluriennale (QFP) non costituisce il bilancio dell’Unione europea per un

periodo di sette anni, è invece un meccanismo volto a garantire che la spesa dell’UE sia

prevedibile e allo stesso tempo soggetta a una rigorosa disciplina di bilancio.

Il QFP definisce gli importi massimi («massimali») disponibili per ciascuno dei principali settori

di spesa («rubriche») del bilancio dell’Unione. Nell’ambito di questo quadro, il Parlamento

europeo e il Consiglio, che rappresentano l’«autorità di bilancio» dell’Unione, devono concordare

ogni anno il bilancio per l’anno successivo.

Il QFP di fatto fissa le priorità politiche per gli anni a venire e pertanto costituisce un quadro

politico, oltre che di bilancio, indicando in quali settori l’UE dovrebbe investire di più in futuro.

L’obiettivo di questo quadro finanziario pluriennale è principalmente realizzare la strategia di

crescita dell'UE, con particolare riferimento agli obiettivi dalla strategia Europa 2020, cioè una

crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.

Infatti, sulla base di questa “linea guida” la Commissione propone:

di aumentare gli importi stanziati per la ricerca e l'innovazione, l'istruzione e lo sviluppo

delle PMI;

di valorizzare maggiormente il potenziale del mercato unico fornendo le infrastrutture di

cui necessita per funzionare;

di rendere la politica agricola comune più efficiente sotto il profilo delle risorse, per

garantire prodotti alimentari di alta qualità, salvaguardando l'ambiente e lottando contro

i cambiamenti climatici.

La proposta contiene impegni pari all'1.05% del reddito nazionale lordo (RNL), che si traducono

in pagamenti pari all'1% provenienti dal bilancio UE, cui andranno aggiunti uno 0.02% di spese

potenziali non incluse nel quadro finanziario e uno 0.04% di spese non comprese nel bilancio UE,

per un totale dell'1,11% del RNL, rispetto a poco più dell'1% delle Prospettive Finanziarie 2007-

2013. Il bilancio UE è chiamato in primo luogo a finanziare le politiche comuni; a sostenere lo

sviluppo delle regioni più deboli permettendo all'UE di funzionare come uno spazio economico

unico; a finanziare le azioni per il completamento del mercato interno (riducendo le costose

duplicazioni fra regimi nazional)i; a garantire sinergie ed economie di scala, agevolando la

cooperazione e la soluzione comune di questioni che non possono essere risolte al livello degli

Stati membri (ad esempio, la ricerca e l'innovazione, la cooperazione in tema di immigrazione e

giustizia); a rispondere alle sfide che richiedano un approccio comune e almeno europeo (come la

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salvaguardia dell'ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici). Sulla base di questi obiettivi il

QFP si concentra sulla realizzazione delle priorità strategiche fondamentali, sul valore aggiunto

UE, sull'impatto e i risultati, sulla necessità di fornire vantaggi reciproci in tutta l'Unione europea.

A partire da queste considerazioni, la Commissione ha inteso modernizzare il bilancio,

ridistribuendo le risorse in settori prioritari e dando il massimo rilievo alle priorità strategiche

trasversali. In base alle proposte della Commissione, la politica agricola e la politica di coesione

rimarrebbero anche nel periodo 2014-2020 le due principali aree di spesa del bilancio europeo,

assorbendo circa il 75% delle risorse complessive, ma con una sensibile riduzione degli

stanziamenti rispetto alle Prospettive Finanziarie 2007-2013. C’è invece un forte aumento, in

termini percentuali, delle risorse destinate alle misure riconducibili alla Strategia 2020 nonché di

quelle relative alle politiche interne e alle azioni esterne.

Vediamo nel dettaglio:

· lo stanziamento complessivo proposto per la coesione economica, sociale e territoriale

(rubrica 1) sarebbe pari a 376 miliardi di euro, a fronte dei 348,4 miliardi dell’attuale

programmazione. Tenendo però conto del fatto che 40 miliardi sarebbero riservati al

nuovo meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility), le risorse

disponibili per gli interventi dei fondi strutturali scendono a 336 miliardi di euro, con

una diminuzione significativa degli stanziamenti per le regioni dell’obiettivo

convergenza (162,5 miliardi, il 20% in meno rispetto agli stanziamenti attuali) e la

contestuale introduzione di una nuova categoria di “regioni in transizione”;

· per quanto riguarda la politica agricola, si registrerebbe una riduzione, rispetto al

periodo 2007-2013, degli stanziamenti complessivi della rubrica 2 (che comprende

anche interventi per l’ambiente) del 12% delle risorse destinate ai pagamenti diretti o

connesse al mercato (da 322 a 281 miliardi di euro) ed un decremento, anche se

inferiore, di quelle per lo sviluppo rurale (da 96 a 89,9 miliardi);

· gli interventi riconducibili alla Strategia 2020 (anch’essi inclusi nella rubrica 1)

ammonterebbero complessivamente a circa 114 miliardi (a fronte degli 89,3 dell’attuale

periodo di programmazione) che salirebbero a 154 miliardi se consideriamo anche il

Meccanismo per collegare l'Europa ( che è formalmente inserito nell’ambito della

politica di coesione). In particolare si evidenzia un forte incremento delle risorse per le

infrastrutture (da 13 a 50 miliardi di euro, + 287% rispetto alle attuali), per la ricerca e

l’innovazione (da 55 a 80 miliardi, +46%), per l’istruzione e cultura (da 9 a 15

miliardi, +68%);

· incrementi significativi sono prospettatati anche per la sicurezza e cittadinanza (da

11,5 a 18,5 miliardi di euro, +62%) e le relazioni esterne dell’UE (da 59 a 70 miliardi,

+19%);

· le spese amministrative crescerebbero di circa il 12 % (da 55,9 miliardi a 62,6).

La presentazione della proposta della Commissione europea per il nuovo quadro finanziario

pluriennale è disponibile sul sito web: http://ec.europa.eu/budget/reform/index_en.ht

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QFP 2007-2013 e proposte per il QFP 2014-2020 a confronto

RUBRICHE DI SPESA 2 0 0 7 -

2013

2 0 1 4 -

2020

Variazione

percentuale

1. Crescita intelligente ed Inclusiva 443,1 490,9 + 11%

- Competitività 75,4 114,9 + 52%

- Coesione territoriale (incluso il mecca-

nismo per connettere l’Europa) 367,7 376,0 + 2%

2. Crescita sostenibile: risorse na-

turali 432,2 382,9 - 11%

- di cui Spese di mercato e pagamenti

diretti PAC 322,0 281,8 - 12%

3. Sicurezza e cittadinanza 11,5 18,5 + 61%

- Libertà, Sicurezza e Giustizia 7,6 11,6 + 53%

- Cittadinanza 3,8 6,9 + 80%

4. Europa Globale 58,9 70,0 + 19%

5. Amministrazione (incluse pensio-

ni e scuole europee) 56,9 62,6 + 10%

- di cui spese amministrative delle Istitu-

zioni UE 48,4 50,5 + 4%

Totale Stanziamenti 1.002,6 1.024,9 + 2%

In % dell’RNL UE-27 1,12% 1,05% - 0,07

Margine disponibile (in %

dell’RNL) 0,17% 0.23% +0,04%

Massimale Risorse proprie (in %

dell’RNL) 1,23% 1,23% 0%

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Le proposte della Commissione prospettano in alcuni settori una riduzione e razionalizzazione

dei programmi di spesa, mediante la fusione dei programmi esistenti (istruzione e cultura) o la

loro rielaborazione (ricerca e sviluppo, coesione), e la loro concentrazione su un numero limitato

di priorità. Per gran parte dei programmi sarebbero introdotte, inoltre, regole di condizionalità

per garantire un collegamento tra il finanziamento e l’effettivo raggiungimento di risultati.

Un’altra importante novità è l’introduzione di una maggiore flessibilità all'interno e fra

rubriche di bilancio e il rafforzamento di cinque strumenti non compresi nel QFP (Riserva per

gli aiuti d'urgenza, Strumento di flessibilità, Fondo di solidarietà, Fondo europeo di adeguamento

alla globalizzazione e un nuovo strumento per reagire alle situazioni di crisi nel settore agricolo).

el caso in cui sia necessario ricorrere a tali strumenti sarà possibile iscrivere in bilancio

stanziamenti di impegno oltre i limiti dei massimali fissati dal QFP.

Gli strumenti finanziari innovativi

Un altro elemento chiave del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale è l’utilizzo di strumenti

finanziari innovativi. Questi strumenti sono già stati utilizzati in collaborazione con la BEI

attraverso il meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi (RSFF), utilizzato per il

settimo programma quadro e lo strumento di garanzia dei prestiti per i progetti TEN-T. La

Commissione ha fissato l’obiettivo di aumentare gli stanziamenti complessivi del bilancio

europeo destinati a sostenere l’emissione di strumenti finanziari innovativi dall’1%, previsto

nell’attuale periodo di programmazione 2007-2013, al 2%, nel 2014-2020 (pari a circa 20

miliardi di euro). Questi strumenti finanziari innovativi rispondono all’esigenza di reperire sul

mercato, finanziamenti per investimenti strategici nei settori dei trasporti, ambiente, energia e

tecnologie digitali. I documenti relativi agli strumenti finanziari innovativi sono stati presentati

dalla Commissione nel mese di ottobre 2011.

Si tratta nello specifico di:

una comunicazione (COM(2011)662) che illustra la strategia e un quadro

di standard comuni per l’individuazione degli strumenti finanziari innovativi

nell’ambito del periodo 2014-2020;

una comunicazione (COM(2011)660) che prospetta l’avvio di un progetto pilota per

l’emissione di prestiti obbligazionari privati al fine di finanziare progetti

infrastrutturali (cosiddetti Project Bond) già nel periodo 2012-2013;

una proposta di regolamento (COM(2011)659) che, modificando la decisione n. 1639/2006/CE, istitutiva del programma quadro per la competitività e l'innovazione (2007

-2013) e il regolamento (CE) n. 680/2007, recante i principi generali per la concessione di

un contributo finanziario della Comunità nel settore delle reti transeuropee dei trasporti e

dell'energia, per l’avvio nel periodo 2012-2013 del progetto per l’emissione di Project

bond.

Capitolo II

Le risorse proprie

Le risorse proprie sono i mezzi di finanziamento del bilancio dell’Unione e sono attualmente

disciplinate dalla decisione 2007/436/CE, Euratom, per il periodo 2007-2013. L’attuale sistema

delle risorse proprie comprende:

● i diritti riscossi nel quadro della politica agricola comune;

● i dazi doganali

● un'aliquota dello 0,30% applicata alla base imponibile dell'IVA. La base imponibile da

prendere in considerazione non eccede il 50% del Reddito nazionale lordo di ciascuno Stato.

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● un'aliquota, da determinare secondo la procedura di bilancio tenuto conto di tutte le altre

entrate, applicata alla somma dei redditi nazionali lordi (RNL) di tutti gli Stati membri ("risorsa

RNL")

● altre entrate dell’UE (ovvero le imposte pagate dai funzionari, le ammende inflitte dall'Unione

alle imprese, gli interessi di mora, ecc.). Le prime due risorse sono definite risorse proprie

tradizionali e sono destinate integralmente al bilancio dell’UE, detratta una percentuale del 25%

trattenuta dagli Stati membri a titolo di riscossione. La proposta della Commissione europea sulla

riforma del sistema delle risorse proprie si articola in tre elementi principali:

l’introduzione di nuove risorse proprie;

la semplificazione dei contributi degli Stati membri;

la riforma dei meccanismi di correzione.

Il massimale delle risorse proprie per il periodo 2014 -2020 sarebbe fissato all’1,29% del

Reddito nazionale lordo totale degli Stati membri dell’UE (RNL) in impegni e all’1,23 % del

RNL in pagamenti, rispetto all’attuale 1,31% del RNL in impegni e all’1,23% del RNL in

pagamenti, per il periodo 2007-2013.

La Commissione propone:

una riduzione della percentuale delle spese di riscossione sulle risorse proprie

tradizionali, trattenute dagli stati membri, dall’attuale 25% al 10%.

la soppressione della risorsa propria basata sull’IVA a partire dal 31 dicembre 2013, in concomitanza con l’introduzione di nuove risorse proprie.-

l’introduzione di due nuove risorse proprie a decorrere al più tardi dall’1 gennaio

2018: una tassa sulle transazioni finanziarie e un nuovo regime IVA europeo, che

dovrebbe sostituire l’attuale sistema di riscossione fondato sulla raccolta di una parte

dell'IVA su base nazionale.

La tassa sulle transazioni finanziarie

Il 28 settembre 2011 la Commissione europea ha presentato la proposta di direttiva relativa ad

un sistema comune d’imposta sulle transazioni finanziarie e recante modifica della direttiva

2008/7/CE (COM(2011)594).

L’imposta si applicherebbe ad ogni transazione finanziaria definita come:

l’acquisto e la vendita di uno strumento finanziario prima della compensazione e del

regolamento, compresi i contratti di vendita con patto di riacquisto e di acquisto con

patto di rivendita, nonché i contratti di concessione e assunzione di titoli in prestito;

il trasferimento tra entità dello stesso gruppo del diritto di disporre di uno strumento finanziario a titolo di proprietario e qualsiasi operazione equivalente che implica il

trasferimento del rischio associato allo strumento finanziario, se non soggetta al punto

precedente;

la stipula o modifica di contratti derivati.

Nell’ambito di applicazione dell’imposta ricadrebbero tutti gli strumenti negoziabili sul mercato

dei capitali, strumenti del mercato monetario (a eccezione degli strumenti di pagamento), quote o

azioni di organismi d’investimento collettivo e contratti derivati, incluse le transazioni negoziate

fuori borsa. Sarebbero invece escluse le transazioni con la Banca Centrale Europea e con le

banche centrali nazionali per evitare ripercussioni sulle possibilità di rifinanziamento degli enti

finanziari o sulle politiche monetarie in generale. Il luogo di imposizione sarebbe lo Stato

membro sul cui territorio risiede un ente finanziario coinvolto nella transazione. L’imposta

sarebbe esigibile nel momento in cui avviene la transazione finanziaria. Il suo successivo

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annullamento non sarebbe considerato motivo di non esigibilità dell’imposta, fatti salvi i casi di

errori.

Le aliquote sarebbero fissate da ogni Stato membro come percentuale della base imponibile e non

possono essere inferiori a:

0,1% in relazione alle transazioni finanziarie su tutti gli strumenti finanziari eccetto i derivati;

0,01% in relazione alle transazioni finanziarie sui contratti derivati.

Nella valutazione di impatto che accompagna la proposta di direttiva la Commissione stima che

l’applicazione dell’aliquota dello 0,1% assicurerebbe un gettito totale compreso tra 73,3 (in caso

di forte diminuzione dei volumi delle transazioni) e 433,9 miliardi di euro (con una ridotta

diminuzione dei volumi), pari, rispettivamente, allo 0,60% al 3,54% del PIL dell’UE. Il termine

di recepimento della direttiva negli ordinamenti nazionali è fissato al 31 dicembre 2013, di modo

che la nuova imposta si applichi a partire dal 1° gennaio 2014.

La nuova risorsa IVA

La nuova risorsa IVA consisterebbe in una quota dell’imposta sul valore aggiunto (IVA)

applicabile alle forniture di beni e servizi, agli acquisti intracomunitari di beni e alle importazioni

di beni soggetti a un’aliquota IVA normale in ogni Stato membro a norma della direttiva

2006/112/CE (sesta direttiva IVA). L’aliquota applicabile sarebbe definita con un apposito

regolamento e in ogni caso non dovrebbe essere superiore al 2% dell’aliquota normale. La

Commissione europea ha presentato il 9 novembre 2011 la proposta di regolamento relativa al

calcolo e alla messa a disposizione della risorsa basata sull’imposta sul valore aggiunto (IVA)

(COM(2011)737). La proposta, che stabilisce il metodo che gli Stati membri devono utilizzare

per calcolare la nuova risorsa IVA prevede, in particolare, di allineare il calendario di

introduzione della nuova risorsa IVA a quello della nuova imposta sulle transazioni

finanziarie: utilizzare la nuova risorsa IVA a partire dal 1° gennaio 2014.

Il metodo di calcolo della nuova risorsa IVA si fonda sui seguenti principi e fasi:

si utilizzano come punto di partenza i dati relativi alle entrate IVA, in possesso degli Stati membri. Onde garantire che siano considerate solo le entrate IVA, circa la metà

degli Stati membri dovrà continuare a correggere i dati per escludere interessi e

sanzioni;

si propone che la Commissione provveda a determinare una proporzione media,

unica per tutta l'Unione, delle entrate IVA provenienti da forniture al consumo finale

(cioè alle famiglie o altri soggetti non aventi diritto alla deduzione dell'IVA pagata)

che sono soggette a un'aliquota IVA normale in ogni Stato membro;

gli Stati membri applicano la proporzione media unica per tutta l'Unione alle

proprie entrate adeguate. L'importo risultante di "entrate IVA imponibili" è

convertito in un valore di base, al netto dell'imposta, usando l'aliquota IVA normale

effettiva di ciascuno Stato membro. La proposta non prenderebbe quindi in

considerazione le aliquote ridotte.

una volta determinato il valore della base imponibile, per calcolare il contributo

effettivo è applicata la quota stabilita dal regolamento di esecuzione della decisione

relativa alle risorse proprie. Non è previsto un livellamento artificiale delle basi

imponibili.

In sintesi, ogni mese gli Stati membri effettuano un calcolo utilizzando le loro entrate IVA

(adeguate) del mese, la proporzione media - unica per tutta l'Unione e stabilita dalla Commissione

- delle entrate IVA provenienti da forniture al consumo finale soggette a un'aliquota IVA

normale, la loro aliquota normale e la quota definita per la nuova risorsa propria IVA. La

Commissione ritiene, che rispetto al metodo attuale, il nuovo metodo semplificato consentirebbe

di:

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ridurre il numero delle correzioni che gli Stati membri devono applicare alle loro

entrate IVA;

eliminare la necessità di calcolare le compensazioni;

eliminare la necessità per gli Stati membri di calcolare un'aliquota media

ponderata (AMP) per l'interesse posto esclusivamente sulle forniture al consumo

finale sistematicamente soggette a un'aliquota IVA normale, assieme alla proposta di

calcolare a livello centralizzato una proporzione media, unica per tutta l'Unione, di tali

operazioni.

Capitolo III

I principali settori di spesa

Competitività per la crescita e l’occupazione (rubrica 1)

Quadro strategico per ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico

Tra novembre 2011 e gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di

proposte relative al programma quadro “Horizon 2020” (Orizzonte 2020), che riunirà in un

unico strumento i finanziamenti attualmente erogati dall’UE nell’ambito del settimo Programma

Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico (7PQ) e della parte innovazione del Programma

per la Competitività e l'Innovazione (CIP) nonché gli stanziamenti per l'Istituto Europeo di

Innovazione e Tecnologia (EIT). La dotazione finanziaria sarà di 80 miliardi di euro che per due

terzi saranno destinati alla ricerca applicata e all'innovazione e per un terzo alla ricerca

accademica. Tale dotazione sarebbe integrata da significativi stanziamenti per la ricerca e

l'innovazione nell’ambito dei fondi strutturali (circa 60 miliardi di EUR). La logica che sottende

la struttura del nuovo programma é basata su una separazione in tre aree: 1) “eccellenza

scientifica” (27.818 M€) basata su un approccio bottom up con spazi liberi previsti per lanciare

progetti più vicini alle imprese; 2) “leadership industriale” (20.280 M€) 3) “sfide sociali” (35.888

M€) volta a rispondere ai problemi del cittadino attraverso la creazione di un ponte tra le idee .

Horizon 2020 avrà un approccio multidisciplinare in cui si vuole superare la logica di tanti

budget distinti per singole tematiche, interventi settoriali. Il nuovo programma quadro vuole

puntare all’eccellenza, vuole creare un ponte fra ricerca accademica e imprese, attraverso un

programma unico e coerente nei settori legati alla ricerca e all’innovazione, destinato alle

università, agli istituti di ricerca e in particolare alle PMI che generalmente accedono con

difficoltà ai fondi comunitari a causa della complessità delle procedure burocratiche e delle

minori risorse economiche e di capitale umano di cui dispongono. Si vuole puntare a più

innovazione, dalla ricerca alla commercializzazione, tutte le forme di innovazione

Competitività e Pmi

La Commissione intende, nell’ambito del prossimo quadro finanziario, promuovere interventi per

le PMI attraverso due canali differenti:

misure per favorire l’accesso delle PMI a tutti i programmi di spesa dell'UE (in

particolare Horizon 2020 e i fondi strutturali);

lo specifico "Programma per la competitività e le PMI", con una dotazione

finanziaria di 2,4 miliardi di euro.

La Commissione europea ha presentato il 30 novembre 2011 la proposta relativa al nuovo

programma COSME (COM(2011)834), che intende aumentare la competitività delle imprese

e delle PMI.

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Il nuovo programma si rivolge a:

1. imprenditori, soprattutto PMI, che beneficeranno di un accesso agevolato ai

finanziamenti per le proprie imprese

2. cittadini che desiderano mettersi in proprio e devono far fronte alle difficoltà legate alla

creazione o allo sviluppo della propria impresa

3. autorità degli Stati membri che riceveranno una migliore assistenza nella loro attività di

elaborazione e attuazione di riforme politiche efficaci.

COSME si concentrerà sugli strumenti finanziari e sul sostegno all'internazionalizzazione delle

imprese e sarà semplificato per agevolare la partecipazione delle piccole imprese..

Gli obiettivi generali del programma sono:

Migliorare l'accesso ai finanziamenti destinati alle PMI sotto forma di capitale o

debito. Innanzitutto, uno strumento di capitale proprio per gli investimenti in fase di

sviluppo che fornirà alle PMI, tramite intermediari finanziari, finanziamenti di capitale

proprio rimborsabili ad orientamento commerciale, principalmente sotto forma di

capitale di rischio. In secondo luogo, uno strumento di prestito che prevede accordi di

condivisione dei rischi diretti o di altro tipo con intermediari finanziari per coprire i

prestiti destinati alle PMI

Agevolare l'accesso ai mercati sia dell'Unione che mondiali. Servizi di sostegno alle

imprese orientate alla crescita, tramite la rete Enterprise Europe, per favorirne

l'espansione commerciale nel mercato unico. Questo programma fornirà inoltre

sostegno commerciale alle PMI al di fuori dell'UE. Non mancherà inoltre il sostegno

alla cooperazione industriale internazionale, in particolare per ridurre le differenze nei

contesti normativi ed imprenditoriali tra l'UE e i suoi principali partner commerciali.

Promozione dell'imprenditorialità. Le attività in questo settore comprenderanno lo

sviluppo di abilità e attitudini imprenditoriali, in particolare tra i nuovi imprenditori, i

giovani e le donne.

L'accesso al credito sarà più facile, specie per gli imprenditori che desiderano avviare attività

transfrontaliere, con 3,5 miliardi di prestiti e investimenti aggiuntivi previsti per le imprese

europee. Dei 2,5 miliardi di euro di dotazione finanziaria per l'attuazione del programma,

1,4 miliardi saranno destinati agli strumenti finanziari.

Istruzione, formazione, cultura

La Commissione, per il periodo 2014-2020, propone di stanziare 15,2 miliardi di EUR a favore

del settore dell'istruzione e della formazione e 1,6 miliardi di EUR a favore del settore della

cultura. Questo finanziamento sarebbe integrato da un significativo sostegno per l'istruzione e la

formazione derivante dai fondi strutturali, analogo a quello già erogato nel periodo 2007-2013

(pari a circa 72,5 miliardi di EUR).Il 23 novembre 2011 la Commissione ha proposto il

programma “Erasmus per tutti” (COM(2011)788) che, con uno stanziamento totale di 19

miliardi di euro nel settennio (+70%rispetto al 2007-2013), intende porre rimedio all’attuale

frammentazione dei programmi e degli strumenti operanti nei settori dell'istruzione, della

formazione, della gioventù e dello sport. In particolare, il nuovo programma intende riunire i

sottoprogrammi - attualmente separati – del programma sull'apprendimento permanente con i

programmi internazionali esistenti (Erasmus Mundus, Tempus, Alfa ed Edulink) nonché con i

programmi di cooperazione con i paesi industrializzati.

Il nuovo Erasmus si concentra su tre azioni fondamentali:

sostegno alla mobilità per l’apprendimento a livello sia transnazionale, sia

internazionale;

promozione di cooperazione tra gli istituti di istruzione e il mondo del lavoro per

stimolare la modernizzazione dell'istruzione, l'innovazione e l'imprenditorialità;

sostegno alle riforme di settore negli Stati membri.

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Sempre il 23 novembre 2011, la Commissione ha proposto il programma "Europa

creativa" (COM(2011)785), che con un bilancio di 1,8 miliardi di euro (+37%rispetto al 2007-

2013) intende riunire gli attuali programmi UE "Cultura", "MEDIA" e "MEDIA Mundus" a

sostegno ai settori della cultura e degli audiovisivi.

Il programma sarà strutturato in tre sezioni:

una sezione transettoriale, che comprende uno strumento finanziario innovativo,

gestito dal gruppo BEI, per fornire finanziamenti del debito e conferimenti di capitale

in tutti i settori culturali e creativi, con particolare attenzione alle piccole e medie

imprese;

una sezione Cultura che riguarda i settori culturali e creativi;

una sezione MEDIA che riguarda il settore audiovisivo.

Il programma Europa creativa sarà gestito a livello centrale dall'Agenzia esecutiva per

l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura (EACEA).

Coesione

La Commissione propone di ripartire i 376 miliardi di euro stanziati per la politica di coesione in

coerenza con il nuovo assetto dei fondi strutturali definito dalle specifiche proposte legislative

presentate il 6 ottobre 2011.

A differenza del quadro finanziario precedente la coesione non sarà un’autonoma sottorubrica, ma

parte integrante della rubrica 1, insieme agli stanziamenti per le azioni connesse direttamente alla

competitività, alla ricerca e all’innovazione.

La nuova articolazione della politica di coesione

Le proposte legislative presentate il 6 ottobre 2011 prevedono una parziale modifica degli

obiettivi della coesione e della ripartizione dei relativi stanziamenti. In particolare, si stabilisce:

la conservazione degli obiettivi convergenza (riservato alle regioni con un PIL pro

capite inferiore al 75% della media UE-27) e competitività (che sarebbe aperto alle

regioni con un PIL pro capite superiore al 90% della media dell'UE). Nel prossimo

periodo di programmazione rientrerebbero nell’obiettivo convergenza Campania,

Obiettivi e fondi 2014-2020 2007-2013

Convergenza 162,6 miliardi 199.3 miliardi

Regioni in transizione 38,9 miliardi 25.3 miliardi

Competitività 53,1 miliardi 43,6 miliardi

Cooperazione territoriale 11,7 miliardi 8,7 miliardi

Fondo di coesione 68,7 miliardi 69,5 miliardi

Meccanismo per collegare l'Eu-

ropa

40 miliardi -

Totale 376,02 miliardi 348,41 miliardi

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Calabria, Sicilia e Puglia; rientrerebbero nell’obiettivo competitività le regioni del

Centro Nord non incluse nel nuovo obiettivo regioni in transizione;

la riduzione di circa il 20% degli stanziamenti destinati alle regioni dell’obiettivo

convergenza ed un aumento di quasi il 30% di quelli per le regioni dell’obiettivo

competitività;

l’introduzione di un nuovo obiettivo dei fondi strutturali che includerebbe le

cosiddette "regioni in transizione", con un PIL pro capite fra il 75% e il 90%

della media UE-27 che sostituirebbe l'attuale sistema di phasing-out e phasing-in

dagli obiettivi preesistenti.

La proposta di regolamento recante regole comuni per i Fondi strutturali (COM(1011)695)

include nel nuovo obiettivo:

le regioni attualmente ammissibili all'obiettivo "convergenza", ma il cui PIL

pro capite ha superato nel corso della programmazione 2007-2013 il 75% della

media dell'UE-27, che manterrebbero i due terzi della loro dotazione attuale;

le regioni che, anche se attualmente non ammissibili a titolo dell'obiettivo

"convergenza", hanno un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della

media dell'UE-27.

L'entità del sostegno dovrebbe variare in funzione del livello del PIL, cosicché le

regioni con un PIL prossimo al 90% della media dell'UE potrebbero beneficiare

di un'intensità di aiuto simile a quella delle regioni dell’obiettivo competitività.

Per l’Italia rientrerebbero in tale categoria di regioni Abruzzo, Molise, Basilicata

e Sardegna.

la concentrazione degli stanziamenti su un numero limitato di priorità,

strettamente connesse alla strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020

(investimenti in istruzione, ricerca e sviluppo; competitività e innovazione delle

PMI; efficienza energetica ed energie rinnovabili; sistemi di mobilità sostenibili;

promozione della mobilità professionale; lotta contro la povertà e l’esclusione

sociale; rafforzamento dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni);

la previsione a favore del Fondo sociale europeo (FSE) – che sostiene interventi

per il mercato del lavoro, l’istruzione, la formazione, l’inclusione sociale,

l’adattabilità dei lavoratori, le imprese e gli imprenditori e la capacità

amministrativa – di quote minime per ciascuna categoria di regioni (25% per le

regioni dell'obiettivo convergenza, 40% per quelle in transizione, 52% per le

regioni dell'obiettivo competitività) in base al presupposto che il Fondo di

coesione continui a rappresentare un terzo degli stanziamenti relativi alla politica

di coesione negli Stati membri ammissibili e escludendo la cooperazione

territoriale).

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QFP 2007-2013 - RIPARTIZIONE DELLE RISORSE PER ANNO E PER OBIETTIVO

Stanziamenti per la coesione non inclusi nel QFP

Ulteriori interventi di carattere riconducibili alle finalità della politica di coesione sarebbero

finanziati mediante il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e il Fondo di

solidarietà dell'Unione europea. Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG),

istituito con regolamento (CE) n. 192/2006, sostiene il reinserimento dei lavoratori colpiti da

licenziamenti derivanti direttamente da trasformazioni profonde negli scambi commerciali

internazionali. Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, istituito con regolamento (CE) n.

2012/2002, interviene principalmente in caso di grave calamità naturale con serie ripercussioni

sulle condizioni di vita, sull'ambiente naturale o sull'economia di una o più regioni di uno Stato

membro o di un paese candidato all'adesione.

Politica infrastrutturale (Meccanismo per Collegare l'Europa)

La Commissione propone, nell’ambito della politica di coesione, uno stanziamento di 40

miliardi di EURO per il periodo 2014-2020 a favore del meccanismo per collegare l'Europa,

da integrare con 10 miliardi di EURO aggiuntivi riservati a investimenti correlati ai trasporti

2 0

07

200

8

200

9

201

0

201

1

201

2

201

3

T o -

tale

Convergenza (Calabria Campa-

nia, Puglia, Sicilia) 2 .

8 5

2 . 9

10

2 . 9

69

3 . 0

28

3 . 0

88

3 . 1

50

3 . 2

13

21.2

11

Phasing-out (Basilicata) 90 81 73 62 53 41 30 430

Competitività regionale e oc-

cupazione (regioni del Centro-

Nord, Abruzzo e Molise)

7 2

0 734 749 764 780 795 811

5 .35

3

Phasing-in (Sardegna) 2 2

9 196 160 124 86 88 89 972

Cooperaz. territoriale 1 1

1 113 117 120 125 128 132 846

Totale 4 .

0 0

4 . 0

34

4 . 0

68

4 . 0

98

4 . 1

32

4 . 2

02

4 . 2

75

28.8

12

QFP 2007-2013 QFP 2014-2020

Fondo europeo di adegua-

mento alla globalizzazione

Massimale annuo di 500 milio-

ni di euro (totale: 3,5 miliardi)

3 miliardi per tutto il

periodo

Fondo di solidarietà dell'U-

nione europea

Massimale annuo di 1 miliardo

di euro (totale: 7 miliardi)

7 miliardi per tutto il

periodo

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nell'ambito del Fondo di coesione. Il "meccanismo per collegare l'Europa" (Connecting

Europe Facility) finanzierà progetti che completano i collegamenti mancanti delle reti

individuate e renderà l’economia europea più verde, grazie all’introduzione di trasporti

meno inquinanti, collegamenti a banda larga e ad alta velocità e un uso più esteso delle

energie rinnovabili, in linea con la strategia Europa 2020. Inoltre il finanziamento delle reti

energetiche renderà più integrato il mercato interno dell'energia, riducendo la dipendenza

energetica dell'UE e rafforzando la sicurezza degli approvvigionamenti. Per facilitare il

finanziamento del meccanismo, la Commissione ha adottato l'iniziativa Project Bond nel

quadro di Europa 2020 (prestiti obbligazionari per il finanziamento di progetti).

Quest’iniziativa, la cui fase pilota è già in corso, diventerà uno degli strumenti di condivisione dei

rischi al quale il meccanismo potrà attingere per attrarre finanziamenti privati per i progetti.

Ponendo l’accento su reti di trasporto, di energia e digitali intelligenti, sostenibili e totalmente

interconnesse, il meccanismo per collegare l'Europa contribuirà a completare il mercato unico

europeo. La Commissione ha selezionato i progetti nei quali gli ulteriori investimenti stanziati

dall'UE potranno risultare più redditizi. In particolare si prevede che dando credibilità ai progetti

infrastrutturali e diminuendo i loro profili di rischio tali investimenti potranno attrarre ulteriori

finanziamenti da parte del settore pubblico e privato.

E’ la prima volta che la Commissione propone un unico strumento di finanziamento per i

tre settori.

Il Presidente José Manuel Barroso ha dichiarato: "Il meccanismo per collegare l'Europa e

l'iniziativa Project bond sono un esempio lampante del valore aggiunto fornito dall'Europa:

consentiranno di costruire le strade, le ferrovie, le reti energetiche, le condutture e le reti a banda

larga che sono così importanti per i nostri cittadini e per le imprese, fornendo i collegamenti

mancanti delle reti infrastrutturali europee che altrimenti non sarebbero costruiti. Questi

investimenti favoriranno la crescita e l'occupazione e, allo stesso tempo, faciliteranno il lavoro e

gli spostamenti per milioni di cittadini e per le imprese in Europa". Grazie al meccanismo per

collegare l'Europa sarà più facile reperire finanziamenti privati e gli strumenti finanziari

innovativi, come le garanzie e i project bond, potranno ottenere maggiori ripercussioni attraverso

questo apporto di fondi dell'UE. La Commissione europea opererà in stretta collaborazione con la

BEI per sfruttare appieno l'interesse degli investitori del mercato dei capitali per le opportunità di

investimento a lungo termine a reddito stabile.

I trasporti

Il meccanismo per collegare l'Europa prevede un investimento di 31,7 miliardi di euro per

ammodernare le infrastrutture di trasporto europee, costruire i collegamenti mancanti ed

eliminare le strozzature. Ciò comprende 10 miliardi di euro accantonati nel Fondo di coesione per

progetti di trasporto nei paesi della coesione, mentre i rimanenti 21,7 miliardi sono stati messi a

disposizione di tutti gli Stati membri per investimenti nelle infrastrutture di trasporto. L'obiettivo

è di migliorare i collegamenti tra le diverse parti dell'UE, per facilitare gli scambi di merci e la

circolazione delle persone tra i paesi. Concentrandosi sui modi di trasporto meno inquinanti, il

CEF punta a un sistema di trasporto più sostenibile e a dare ai consumatori una più ampia scelta

su come viaggiare. In Europa i sistemi di trasporto si sono tradizionalmente sviluppati lungo assi

nazionali, per cui, al momento della pianificazione, della gestione e del finanziamento dei progetti

transfrontalieri l'UE dovrà svolgere un ruolo cruciale di coordinamento tra gli Stati membri. Una

rete ben funzionante è fondamentale per il buon funzionamento del mercato unico e per

promuoverne la competitività. La Commissione ha proposto di creare corridoi per coprire i più

importanti progetti transfrontalieri, prevedendo che, entro il 2020, saranno necessari 500 miliardi

di euro per realizzare una rete veramente europea, di cui 250 miliardi saranno destinati a

eliminare le strozzature e a completare i collegamenti mancanti nella rete principale.

Nella lista dei progetti preidentificati che riguardano l’Italia troviamo:

I porti di Trieste, Venezia e Ravenna nell’ambito del Corridoio Baltico-

Adriatico

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Nell’ambito del corridoio mediterraneo le ferrovie Lione-Torino, Milano-

Brescia, Brescia-Venezia-Trieste, Trieste-Divaca

Nell’ambito del corridoio Helsinky-Valletta le ferrovie Fortezza- Verona,

Napoli-Bari, Napoli-Reggio Calabria, Messina-Palermo e le connessioni

portuali Palermo-Valletta

Nell’ambito del corridoio Genova –Rotterdam la ferrovia Genova-Milano/

Novara-Svizzera

L'energia

Quanto all'energia, 9,1 miliardi di euro saranno investiti nell'infrastruttura

transeuropea, il che dovrebbe consentire di conseguire gli obiettivi nel settore climatico e

dell'energia fissati dall'UE per il 2020. Il meccanismo per collegare l'Europa consentirà

inoltre di risolvere i problemi di finanziamento e di eliminare le strozzature nella rete. Il

mercato interno dell'energia sarà ulteriormente sviluppato attraverso migliori

interconnessioni, il che garantirà la sicurezza degli approvvigionamenti e la possibilità di

trasportare energie rinnovabili a costi ragionevoli attraverso il territorio dell'Unione. I

cittadini e le imprese devono poter contare sulla disponibilità di energia in ogni momento

e a prezzi accessibili. I finanziamenti stanziati da questo meccanismo serviranno a

mobilitare finanziamenti supplementari da parte di investitori privati e pubblici. Nella lista

dei progetti preidentificati che riguardano l’Italia troviamo:

Interconnessione nord-sud per l’elettricità in Europa sud occidentale (NSI West

Electricity)

Interconnessione nord-sud per il gas in Europa occidentale (NSI West Gas)

Interconnessiomi nord-sud per l’elettricità in Europa centro-orientale e sud-

orientale (NSI East Electricity)

Interconnessiomi nord-sud per il gas in Europa centro-orientale e sud-orientale

(NSI East Gas)

Corridoio meridoniale del gas (SGC)

Telecomunicazioni e TIC

Il meccanismo per collegare l'Europa prevede almeno 9,2 miliardi di euro per sostenere gli

investimenti in reti a banda larga veloci e ultraveloci e in servizi digitali paneuropei.

Basandosi su stime relativamente prudenti, la Commissione ritiene che il finanziamento per le

infrastrutture di rete promuoverà investimenti pari a oltre 50 miliardi di euro. L'agenda digitale

europea fissa obiettivi per l'accesso universale alla banda larga nel 2020 di almeno 30 Mbps,

prevedendo che almeno il 50% delle famiglie acquistino velocità superiori a 100 Mbps. Per

quanto riguarda i servizi digitali, il meccanismo prevede sovvenzioni per costruire le

infrastrutture necessarie per l'identificazione elettronica, gli appalti pubblici elettronici, le cartelle

cliniche elettroniche, Europeana, eJustice e servizi doganali. I fondi serviranno a garantire

l'interoperabilità e a finanziare i costi di gestione e di interconnessione delle infrastrutture a

livello europeo.

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Le aree prioritarie che riguardano tutti gli Stati sono:

Introduzione di reti intelligenti

Accelerare l’adozione di tecnologie di rete intelligenti in tutta l’Unione per integrare in

maniera efficiente i comportamenti e le azioni di tutti gli utenti collegati alla rete elettrica

Autostrade elettriche

Sviluppare le prime autostrade elettriche entro il 2020, nell’obiettivo di costruire un sistema

di autostrade elettriche in tutto il territorio dell’Unione

Rete transfrontaliera dell’anidride carbonica

Preparare la costruzione di infrastrutture per il trasporto dell’anidride carbonica tra Stati membri

alla luce dell’introduzione della cattura e dello stoccaggio di anidride carbonica

Il meccanismo per collegare l'Europa sostituirà gli attuali programmi:

TEN-T

TEN-E

Marco Polo 2

Politica agricola

La Commissione propone di mantenere la struttura di base a due pilastri della PAC:

il primo pilastro continuerà a fornire aiuto diretto agli agricoltori e a sostenere le

misure di mercato, con finanziamento interamente erogato dal bilancio dell'UE;

il secondo pilastro, relativo allo sviluppo rurale (miglioramento della competitività dei settori agricolo e forestale e promozione della diversificazione dell'attività

economica e della qualità della vita nelle zone rurali) continuerà ad essere

cofinanziato dagli Stati membri, per rafforzare l’effetto leva degli investimenti

previsti e contribuire anche agli obiettivi di coesione dell'UE.

Le risorse per la politica agricola previste nell’ambito della rubrica 2 saranno integrate da ulteriori

15,2 miliardi di EUR stanziati nell’ambito di altre rubriche del QFP:

4,5 miliardi di EUR per la ricerca e l'innovazione in materia di sicurezza

alimentare, la bioeconomia e l'agricoltura sostenibile (nell'ambito di Horizon 2020)

2,2 miliardi per la sicurezza alimentare, nell’ambito della rubrica 3

2,5 miliardi per gli aiuti alimentari agli indigenti nella rubrica 1

3,5 miliardi per una nuova riserva per crisi nel settore agricolo

QFP 2007-2013 QFP 2014-

2020

Primo pilastro: spese relative al mercato e

pagamenti diretti

322 miliardi 281,8 miliar-

di

Secondo pilastro: sviluppo rurale 96 miliardi 89,9 miliardi

di EUR

Totale 418 371,7

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fino a 2,5 miliardi nell’ambito del Fondo europeo di adeguamento alla

globalizzazione.

Le proposte di riforma della PAC, presentate il 12 ottobre 2011 (quattro proposte di

regolamento sulle principali questioni: pagamenti diretti, OCM unica, sviluppo rurale,

regolamento orizzontale sul finanziamento, gestione e monitoraggio della PAC; tre proposte

concernenti la gestione della transizione alle nuove regole), prospettano, peraltro, interventi volti

a collegare maggiormente la politica agricola e dell’ambiente alla gestione sostenibile del

territorio e ad integrarla all'interno della strategia Europa 2020.

Pesca

La Commissione propone di concentrare gli stanziamenti per la pesca, pari a 6,7 miliardi, nel

Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e negli accordi internazionali di

pesca/ORP In base alle proposte sopra richiamate, il FEAMP – che dovrebbe costituire il pilastro

della riforma della politica della pesca in relazione alla quale la Commissione presenterà

specifiche proposte legislative – rientrerebbe nel quadro strategico comune per i fondi strutturali

e sarebbe strutturato intorno a 4 pilastri:

pesca intelligente ed ecocompatibile (a gestione concorrente) per favorire il passaggio alla pesca sostenibile;

acquacoltura intelligente ed ecocompatibile (a gestione concorrente);

sviluppo territoriale sostenibile e inclusivo (a gestione concorrente);

politica marittima integrata (a gestione centralizzata diretta), per sostenere priorità

trasversali che gli Stati membri non intraprendono di propria iniziativa, quali la

ricerca marina, la pianificazione dello spazio marittimo, la gestione integrata delle

zone costiere e la sorveglianza marittima integrata e l'adattamento agli effetti avversi

del cambiamento climatico sulle zone costiere.

Le azioni del FEAMP sarebbero integrate da due strumenti internazionali:

gli accordi di partenariato nel settore della pesca (APP) che istituiscono il quadro giuridico, economico e ambientale delle attività di pesca svolte dai pescherecci

dell'UE nelle acque dei paesi terzi che non sono in grado, da soli, di sfruttare

pienamente i loro stock ittici in modo sostenibile;

le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORP), organismi internazionali

di cui fanno parte Stati, organizzazioni di integrazione economica regionale (l'UE) e

gli organismi di pesca istituiti al fine di garantire la conservazione e la sostenibilità

delle risorse alieutiche in alto mare.

Ambiente e azione per il clima

La Commissione, oltre ad integrare le priorità della politica ambientale in tutti i principali

strumenti UE di finanziamento (compresi i programmi relativi a coesione, agricoltura, pesca,

ricerca e innovazione, aiuti esterni), propone di mantenere il programma specifico LIFE+ per

finanziare azioni nei settori dell'ambiente e dell'azione per il clima. La proposta relativa a

LIFE+, presentata il 12 dicembre 2011 (COM(2011)874), prevede uno stanziamento complessivo

di circa 3,6 miliardi di euro. Il programma sarà articolato in due sottoprogrammi: uno per

l’ambiente, che, con una dotazione di circa 2,7 miliardi di euro, sosterrà interventi nei settori

della biodiversità, dell’attuazione della politica ambientale dell’UE e dell’efficienza delle risorse;

un altro per il clima che, con una dotazione di circa 900 milioni di euro, sosterrà interventi di

attenuazione e adattamento dei cambiamenti climatici a livello locale e regionale, con particolare

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attenzione al coinvolgimento delle PMI nel collaudo di tecnologie su piccola scala a bassa

emissione di carbonio e di tecnologie di adeguamento.

Affari interni

La Commissione propone di semplificare la struttura degli strumenti di spesa, riconducendo gli

interventi a due soli programmi:

il Fondo per la migrazione e l'asilo che sosterrà azioni in materia di asilo e di

migrazione, integrazione di cittadini di paesi terzi e rimpatrio;

il Fondo per la sicurezza interna fornirà assistenza finanziaria per le iniziative nell'ambito delle frontiere esterne e della sicurezza interna.

Entrambi i fondi avranno una dimensione esterna per assicurare la continuità territoriale dei

finanziamenti, a partire dall'UE e a seguire nei paesi terzi (n particolare, per quanto riguarda il

reinsediamento dei rifugiati, gli accordi di riammissione, i programmi di protezione regionale, la

lotta contro l'immigrazione illegale, il rafforzamento della gestione delle frontiere e la

cooperazione di polizia con i paesi confinanti).

Giustizia

Anche in questo settore la Commissione propone di ricondurre gli interventi in due soli

programmi Giustizia e Diritti e cittadinanza. Il programma riunisce tre programmi esistenti

(Programma Diritti fondamentali e cittadinanza; programma Daphne III per la lotta alla violenza

contro le donne, e giovani e i bambini; Programma Progress, limitatamente alle sezioni "diversità

e lotta contro la discriminazione" e "parità fra uomini e donne"). La dotazione finanziaria

proposta per l’esecuzione del programma "Diritti e cittadinanza", per il periodo 2014- 2020, è pari

a 439 milioni di euro, confermando sostanzialmente gli stanziamenti per il periodo 2007-2013.

La proposta di regolamento che istituisce il programma Giustizia prevede anch’essa la

sostituzione di tre programmi attuali (Giustizia civile; Giustizia penale; Prevenzione e

informazione in materia di droga) e avrà una dotazione finanziaria pari a 472 milioni di euro

(superiore a quelle prevista per il 2007-2013).

Dotazione complessiva 2014-2020 8,23 miliardi di euro

Fondo per la migrazione e l'asilo 3,4 miliardi di euro

Fondo per la sicurezza interna 4,1 miliardi di euro

Sistemi informatici (tra cui SIS II e

VIS)

730 milioni di euro

Dotazione complessiva 2014-2020 802 milioni di euro

Programma Diritti e cittadinanza 387 milioni di euro

Programma Giustizia 416 milioni di euro

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I due programmi si concentreranno su alcune priorità tematiche e finanzieranno attività che

offrano un chiaro valore aggiunto a livello UE, quali:

la formazione degli operatori del diritto (giudici e pubblici ministeri);

il consolidamento delle reti, intese quali organizzazioni a livello UE per agevolare la

preparazione delle future iniziative in questo settore, nonché promuovere la loro

applicazione uniforme in Europa;

la cooperazione transnazionale, ad esempio mediante l'istituzione di sistemi di allarme

per i minori scomparsi, o il coordinamento della cooperazione antidroga a livello

operativo e transfrontaliero;

l'informazione e la sensibilizzazione del pubblico, ivi compreso il sostegno a

campagne nazionali ed europee per informare i cittadini circa i loro diritti garantiti

dalla normativa europea e i mezzi per farli valere.

Salute e consumatori

Il nuovo programma "Salute per la crescita" sosterrà la collaborazione con gli Stati membri per

proteggere i cittadini dalle minacce sanitarie transfrontaliere, accrescere la sostenibilità dei servizi

sanitari e migliorare la salute della popolazione, favorendo al tempo stesso l'innovazione in

campo sanitario. Il programma per i consumatori sarà incentrato sul miglioramento del flusso

di informazioni ai consumatori e sulla rappresentanza degli interessi dei consumatori. In

particolare, esso sarà inteso a sostenere l'effettiva applicazione delle norme a tutela dei

consumatori attraverso la cooperazione tra le autorità e le organizzazioni responsabili della loro

attuazione, l'informazione, l'istruzione e la risoluzione delle controversie.

Dotazione complessiva 2014-2020 2,75 miliardi

Sicurezza alimentare 2,2 miliardi

Programma Salute per la crescita 396 milioni

Programma per i consumatori 175 milioni

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Azione esterna dell’UE

Il 7 dicembre 2011 la Commissione ha presentato le proposte di regolamento che istituiscono i

seguenti strumenti:

lo strumento di cooperazione allo sviluppo, già operante nell’attuale QFP, che

sarebbe affiancato dal Fondo europeo di sviluppo (FES), relativo alla cooperazione

con i paesi ACP (paesi dell’Africa dei Caraibi e del Pacifico) e i PTOM (paesi e

territori d’oltremare) che dovrebbe rimanere al di fuori del bilancio anche per il 2014-

2020, con una dotazione di 34,276 miliardi di euro. Nella proposta di regolamento

(COM (2011) 840) è previsto un importo totale dello strumento di cooperazione allo

sviluppo pari a 23,295 miliardi di euro;

lo strumento di assistenza preadesione, inteso a garantire che i paesi candidati o

candidati potenziali siano adeguatamente preparati per l'adesione. Nella proposta di

regolamento (COM (2011) 838) è previsto un importo totale pari a 14,110 miliardi di

euro;

lo strumento europeo di vicinato, che finanzierà la cooperazione con i paesi vicini dell'UE. Nella proposta di regolamento (COM (2011) 839) è previsto un importo totale

pari a 18,182 miliardi di euro;

lo strumento di partenariato è un nuovo programma inteso a fornire un sostegno ad

hoc per la cooperazione con tutti i paesi terzi (in via di sviluppo e non in via di

sviluppo), con un'attenzione specifica ai partner strategici e alle economie emergenti.

Nella proposta di regolamento (COM (2011) 843) è previsto un importo totale pari a

1,131 miliardi di euro;

Dotazione complessiva 2014-2020 70 miliardi

Strumento di cooperazione allo sviluppo 20,6 miliar-

di

Strumento di preadesione 12,5 miliar-

di

Strumento europeo di vicinato 16,1 miliar-

di

Strumento di partenariato 1 miliardo

Strumento di stabilità 2,5 miliardi

Strumento europeo per la democrazia e i diritti umani 1,4 miliardi

Politica estera e di sicurezza comune 2,5 miliardi

Strumento per l'aiuto umanitario 6,4 miliardi

Capacità di reazione di protezione civile alle emergenze 0,2 miliardi

Corpo volontario europeo di aiuto umanitario 0,2 miliardi

Strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare 0,56 miliar-

di

Assistenza macrofinanziaria 0,6 miliardi

Fondo di garanzia per le azioni esterne 1,26 miliar-

di

Riserva per aiuti d'urgenza 2,45 miliar-

di

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lo strumento europeo per la democrazia e i diritti dell'uomo (EIDHR) sarebbe

rafforzato e concentrato su due attività: a) lo sviluppo di società civili quale strumenti

di cambiamento e di difesa dei diritti umani e della democrazia e il rafforzamento delle

capacità dell'UE di reagire prontamente alle violazioni gravi dei diritti dell'uomo; b)

sostegno alle missioni di osservazione elettorale e al miglioramento delle procedure

elettorali. Nella proposta di regolamento (COM (2011) 844) è previsto un importo

totale pari a 1,5 miliardi di euro;

lo strumento di stabilità è inteso a finanziare interventi per la reazione alle crisi, tra

cui le calamità naturali, nonché per la prevenzione dei conflitti e il consolidamento

della pace e delle istituzioni statali. Nella proposta di regolamento (COM (2011) 845)

è previsto un importo totale pari a 2,8 miliardi di euro;

o strumento per la cooperazione in materia di sicurezza nucleare mira alla promozione della sicurezza nucleare a sostegno delle normative internazionali e

all'applicazione di misure di salvaguardia concernenti il materiale nucleare nei paesi

terzi. Nella proposta di regolamento (COM (2011) 841) è previsto un importo totale

pari a 631 milioni di euro.

La Commissione propone di mantenere fuori dal quadro finanziario pluriennale tre ulteriori

strumenti rilevanti per l’azione esterna: il Fondo europeo di sviluppo, con una dotazione di 30,3

miliardi, il Fondo mondiale per il clima e la biodiversità e la riserva per gli aiuti d'urgenza,

con dotazione di 2,5 miliardi.

Spese amministrative

La spesa amministrativa non ha subito modifiche sostanziali negli ultimi anni, nonostante

l’allargamento, il numero crescente di Istituzioni e organismi con sede in tutta l'UE, i compiti

supplementari e la conseguente crescita numerica del personale e, successivamente, anche dei

pensionati. La spesa per il funzionamento delle Istituzioni sarebbe così ripartita: Parlamento

europeo (circa 20%), Consiglio europeo e Consiglio (7%), Commissione (40%), altre

istituzioni e organi (15%).

Capitolo IV

Le prospettive del negoziato sul QFP e sulle risorse proprie

Le istituzioni dell'Unione Europea hanno avviato un nuovo ciclo di negoziati per la definizione

del nuovo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) - MFF - Multiannual Financial Framework -

che dovrà stabilire le priorità del bilancio dell'UE per il periodo che va dal 2014 al 2020. I

negoziati dovrebbero concludersi entro la fine del 2012, in modo che il nuovo QFP possa entrare

in vigore nel 2014, dopo l'adozione dei singoli provvedimenti relativi alle varie politiche settoriali

di competenza comunitaria. La Commissione europea ha presentato numerose proposte inerenti il

nuovo quadro finanziario pluriennale (“pacchetto QFP”) e le discussioni avviate sul tema non

riguardano solo quanto denaro potrà spendere l’Unione Europea e dove dovrà reperirlo, ma

analizzano anche gli obiettivi e i metodi di spesa dei fondi e, quindi, i progetti che potranno essere

Dotazione complessiva 2014-2020 62,6 miliardi di euro

Spesa amministrativa delle istituzioni 50,45 miliardi di euro

Spesa per le pensioni e le scuole europee 12,2 miliardi di euro

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realizzati in linea con quanto previsto dalla legislazione. Nello specifico, la Commissione

europea ha presentato circa 70 proposte settoriali. Queste proposte vanno a definire le

condizioni di ammissibilità e i criteri per la ripartizione dei fondi e vedono come aree di

intervento:

Ricerca

Politica di Coesione

Agricoltura e Pesca

Ambiente

Giustizia e Affari Interni

Affari Esteri

Gli elementi politici chiave e le determinanti implicazioni finanziarie di queste proposte sono

esaminati a livello politico nell'ambito dei negoziati sul QFP. L'obiettivo dei negoziati è, dunque,

quello di definire a grandi linee per il prossimo ciclo di bilancio (2014-2020): i limiti di spesa in

ciascun ambito; le regole che definiscano i programmi e stabiliscano la destinazione delle

risorse;..

I negoziati determinano pertanto in larga misura l'archittettura delle politiche dell'UE, il ruolo

dell'Unione europea e il suo margine finanziario per almeno 5 anni.

Ai negoziati prendono parte la Commissione europea (che ha presentato le proposte di base del

QFP), il Consiglio (che adotta le proposte della Commissione, dopo averle discusse con i 27 Stati

membri, i quali devono cercare di raggiungere una posizione comune) e il Parlamento europeo

(che esprime un parere sulle proposte presentate dalla Commissione e partecipa ai negoziati con il

Consiglio europeo) .

I negoziati si svolgono su quattro livelli diversi:

Esperti tecnici (gruppi di lavoro)

Ambasciatori (Comitato dei Rappresentanti permanenti)

Ministri (Consiglio)

Capi di Stato o di governo (Consiglio europeo)

Il regolamento QFP non corrisponde al bilancio annuale dell’Unione Europea ma stabilisce gli

importi massimi annui - massimali - che l'UE può spendere nei vari settori d'intervento nell'arco

di almeno cinque anni. Esso fissa inoltre un massimale globale per la spesa totale.

Poiché le spese dell'UE devono essere totalmente coperte dalle entrate, le risorse proprie sono

strettamente collegate al regolamento QFP. Attualmente esistono tre tipi di risorse proprie:

le risorse proprie tradizionali - principalmente dazi doganali e contributi sullo zucchero

le risorse proprie basate sull’imposta sul valore aggiunto (IVA);

le risorse proprie basate sul reddito nazionale lordo (RNL).

Attualmente sono in atto negoziati per la modifica dell’IVA e per l’introduzione della Tassa sulla

Transazioni Finanziarie e quest’ultima costituirebbe un’altra voce di entrata che andrebbe ad

incrementare le risorse proprie dell’Unione europea.

Maggiori informazioni sul Quadro Finanziario Pluriennale sono disponibili sul sito:

www.consilium.europa.eu/special-reports/mff?lang=it

QFP al Parlamento Europeo

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Nel corso di questi mesi i parlamentari europei hanno lavorato sulle varie proposte presentate

dalla Commissione e le hanno discusse e negoziate in appositi gruppi di lavoro riguardanti i vari

settori di intervento. Inoltre, si è costituito anche un apposito gruppo di lavoro MFF (o QFP), con

funzione di raccordo e coordinamento tra i vari ambiti, al fine di realizzare una linea politica

omogenea. I gruppi hanno cercato di elaborare soluzioni e di aggiornare i documenti di partenza

facendo in modo di assumere decisioni condivise e valide per tutti. Inoltre, al fine di coordinare

l’operato dei singoli gruppi e trarre una posizione il più possibile omogenea dal punto di vista

dell’indirizzo politico, è stato creato anche un apposito gruppo dedicato al quadro finanziario

pluriennale che ha il compito di rappresentare il Parlamento Europeo nei negoziati con le altre

istituzioni (Commissione e Consiglio). La principale attività del gruppo di lavoro dei Socialisti e

Democratici dedicato al quadro finanziario pluriennale è stata, di coordinare le discussioni e le

decisioni inerenti la trattativa sul QFP, al fine di ottenere che nessuna commissione concluda

accordi preliminari che non tengano conto di un accordo complessivo sia su entrate che su spese.

Gli accordi preliminari, infatti, secondo gli eurodeputati che hanno lavorato al QFP, tendono a

minare la compattezza del Parlamento e questo rende poi difficile il mantenere una posizione più

unitaria possibile nei confronti della Commissione ed in particolare del Consiglio. Il gruppo di

lavoro istituito per il QFP ha, poi, ovviamente il compito di valutare il documento che rappresenta

le scelte finanziarie e tutta una serie di indicazioni politiche in altri ambiti, è quindi il

"contenitore" delle principali scelte di indirizzo politico. La scelta di costituire un gruppo ad hoc,

ha lo scopo di dare un approccio unitario, orizzontale nella convinzione che così facendo si

possano valorizzare le priorità politiche indicate nei documenti legislativi, senza perdere la

visione di insieme in un momento così importante. Il metodo di lavoro che i parlamentari europei

hanno cercato di seguire è quello del rispetto dell’unità dei gruppi. Gli accordi non sono semplici:

più volte alcuni Stati – all’interno del Consiglio europeo – hanno chiesto un taglio anche

consistente delle spese di bilancio dell’UE, ma il bilancio che si sta elaborando durerà fino al

2020 e quindi occorre lavorare con una prospettiva di lungo periodo.

La Commissione è stata l’organismo che ha mostrato una maggior vicinanza alla posizione

espressa dal Parlamento rispetto al Consiglio europeo (in cui, invece, i singoli Stati membri hanno

cercato di guardare di più a logiche interne nazionali che non all’interesse comune e, per questo, i

deputati europei hanno chiesto di avviare un dialogo tra il Parlamento europeo e quelli nazionali e

continuano a collaborare molto più strettamente con la Commissione per evitare di fare passi

indietro rispetto a quanto presentato.

Struttura e calendario del negoziato

Il negoziato sul quadro finanziario pluriennale (QFP) e sulle risorse proprie per il periodo 2014-

2020 è stato avviato subito dopo la presentazione, il 29 giugno 2011, delle proposte della

Commissione. Il negoziato si svolge in seno al Consiglio Affari generali, che ha competenza

orizzontale sul QFP ad eccezione delle risorse proprie, per cui è competente il Consiglio

ECOFIN. I lavori del Consiglio affari generali sono preparati dal Comitato dei Rappresentanti

permanenti (COREPER), che si avvale del lavoro istruttorio svolto dal gruppo “Amici della

Presidenza”. Le altre formazioni del Consiglio sono chiamate ad occuparsi degli aspetti specifici

per i rispettivi ambiti di competenza, sulla base delle proposte settoriali che la Commissione

europea ha presentato a partire dall’autunno 2011 per le varie politiche di spesa. Il negoziato

all’interno del Consiglio è stato articolato in tre fasi: una fase di chiarificazione e definizione

delle posizioni dei singoli Stati membri; una fase di negoziato vero e proprio per ridurre le

eventuali differenze di posizione dei singoli Stati membri ed una fase finale volta a preparare la

conclusione del negoziato e l’accordo.

Prossime tappe

Nella seconda metà di novembre 2012 (probabilmente il 22) si terrà un Consiglio Europeo

speciale in cui si discuterà del QFP 2014-2020. A questo stanno lavorando Van Rompuy ed il suo

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gabinetto in collaborazione con la presidenza cipriota. Il team negoziale del Parlamento europeo

seguirà da vicino le intenzioni di Van Rompuy sulla questione. Il 10-11 ottobre 2012, la

Commissione BUDG adotterà un rapporto di medio termine (Boge-Kalfin), cui seguirà l'adozione

in sessione plenaria prima del Consiglio di novembre. La bozza di questo rapporto sarà fatta

circolare entro la prima metà di settembre. L’opinione delle varie commissioni parlamentari

aiuterà a formulare le richieste del Parlamento sulle cifre globali e sui tetti globali.

Principali nodi negoziali

Il dibattito in cui il Parlamento Europeo è coinvolto deve essere il frutto di un ampio

consenso. Il prossimo quadro finanziario pluriennale (QFP) dovrebbe consentire di

dimostrare ai cittadini europei che l'Unione ha la capacità di pensare e agire per i loro

interessi a lungo termine e di produrre risultati efficaci nell'assicurare una crescita solida e la

coesione interna. In un contesto in cui molti Stati membri stanno intraprendendo difficili

adeguamenti fiscali, il sostegno del bilancio dell'UE deve essere giustificato nel modo

migliore. Il bilancio dell'UE dovrebbe fornire il massimo livello di valore aggiunto europeo,

dovrebbe essere gestito in modo efficace e impiegare quante più risorse pubbliche e private

possibile. La struttura del prossimo QFP dovrebbe essere realistica, facilitare la continuità

della pianificazione ed evitare le lacune dell'attuale QFP, in particolare la mancanza di

flessibilità tra rubriche. Dovrebbe anche rispecchiare e dare visibilità politica alle dimensioni

della strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva. In

considerazione di tali requisiti, il Parlamento propone:

- di raggruppare in un'unica rubrica tutte le politiche correlate alla strategia Europa

2020;

- di istituire nell'ambito della rubrica Europa 2020, tre sottorubriche per politiche

correlate; al fine di dotare le principali politiche di spesa di un quadro di

programmazione finanziaria stabile, propone di dotare tre sottorubriche di una

maggiore flessibilità così da assicurare che i mezzi di bilancio siano adeguatamente

allineati con lo sviluppo progressivo della strategia 2020;

- di conservare le rubriche cittadinanza (senza sottorubriche), azione esterna e

amministrazione;

- di creare una nuova rubrica per far fronte al possibile intervento del bilancio dell'UE

nel meccanismo europeo di stabilità dopo il 2013.

I deputati dei vari gruppo politici sono anche convinti della necessità di una maggiore

flessibilitàall'interno e fra le rubriche ai fini delle capacità di funzionamento dell'Unione.

Una revisione intermedia, che tenga conto dei risultati raggiunti, dovrebbe essere un obbligo

legalmente vincolante con la concreta possibilità di revisionare i massimali d'accordo con le

decisioni sulle risorse proprie. I meccanismi per la revisione dovrebbero prevedere una

procedura semplificata per i cambiamenti sotto una soglia concordata. Inoltre, la flessibilità

entro i massimali dovrebbe essere favorita in ogni modo possibile. Infine, è di fondamentale

importanza conservare e migliorare l'attuale sistema degli strumenti esterni al bilancio per la

flessibilità, semplificandone ulteriormente l'impiego e fornendoli di dotazioni sufficienti. Il

prossimo QFP dovrebbe individuare il giusto equilibrio tra stabilità, prevedibilità a medio

termine e flessibilità. La flessibilità e la durata sono quindi intimamente correlate. Un primo

elemento di contrasto tra gli Stati membri e tra le Istituzioni dell’UE è costituito dal volume

complessivo del prossimo QFP. La proposta della Commissione di aumentare del 5% sia pure

in valore assoluto, gli stanziamenti complessivi – recependo le indicazioni del Parlamento

europeo – non appare condivisa dai principali Stati contributori netti (Austria, Danimarca,

Finlandia, Francia Germania, Paesi Bassi, Regno unito e Svezia). In base a stime informali i

maggiori contributori netti nel periodo 2007-2013 sarebbero la Germania (con un saldo netto

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medio negativo di 6,3 miliardi), Francia (5,1 miliardi), e Italia (5 miliardi). Con una lettera

congiunta dei rispettivi primi ministri al Presidente della Commissione europea, Regno Unito,

Germania, Francia, Paesi bassi e Finlandia avevano, già nell’ottobre 2010, chiesto di

mantenere il bilancio dell’Ue entro i limiti dei massimali previsti per il periodo 2007-2013 o

ridurne addirittura le dimensioni di almeno 100 miliardi di euro in coerenza con sforzi

straordinari degli Stati membri per riordinare i conti pubblici. A margine del Consiglio Affari

generali del 12 settembre 2011 si è svolta una riunione delle delegazioni degli Stati membri

“contributori netti” alla quale hanno partecipato delegazioni di 9 Stati (Austria, Danimarca,

Finlandia, Francia Germania, Italia, Paesi Bassi, Regno unito e Svezia) a termine di essa è stato

concordato un documento nel quale si sottolinea come in un momento in cui gli Stati stanno

adottando severe misure di consolidamento dei conti pubblici, la spesa pubblica europea non

possa essere esentata dalla disciplina di bilancio. Il documento evidenzia che le proposte della

Commissione europea per il prossimo quadro finanziario sono troppo elevate e si chiede che il

livello complessivo degli stanziamenti dovrà essere pertanto ridotto; inoltre, si chiede e che non

vi siano previsioni di spesa collocate fuori dal quadro finanziario (come ad esempio previsto

dalla Commissione per i grandi progetti ITER e GMES). Il secondo nodo negoziale attiene alla

composizione della spesa, in particolare alla distribuzione degli stanziamenti tra le varie

politiche e in seno a ciascuna di essa, e si è sviluppato anche alla luce delle specifiche proposte

legislative relative ai fondi e ai programmi di spesa settoriali. Su tale questione sono emerse nel

corso del negoziato posizioni differenti: alcuni Stati membri hanno difeso la politica agricola

comune (Francia e Irlanda), altri hanno indicato come prioritaria la politica di coesione

(Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Portogallo, Slovacchia,

Romania, Slovenia, Spagna ed Ungheria); altri ancora le politiche a sostegno della crescita e

dell’occupazione.

Capitolo V

Falsi miti sul bilancio europeo

Sul bilancio dell’UE circolano abitualmente alcune leggende infondate. Proviamo qui a sfatare

alcuni dei più comuni miti sui conti e sulla spesa dell’Unione europea.

Il mito: Il bilancio dell'UE è enorme.

I fatti: Per niente. Nel 2011, il bilancio dell'UE si è attestato sui 140 miliardi di euro, cifra molto

inferiore rispetto alla somma dei bilanci di tutti i 27 Stati membri appartenenti all’Unione, che si

attesta su oltre 6.300 miliardi di euro. In altri termini, il totale della spesa pubblica sostenuta dai

27 Stati membri è superiore di 50 volte al bilancio dell'Unione! Per fare un esempio, un cittadino

dell'Unione ha versato in media 67 centesimi al giorno per finanziare il bilancio annuale

2010. una cifra inferiore a quella che si spende per un caffè, dunque, e che tuttavia è sufficiente

per finanziare progetti che andranno a beneficio di tutti i cittadini europei. Il bilancio europeo è

inferiore anche quello di alcuni Stati membri come l'Austria e il Belgio. Il bilancio dell’UE

rappresenta circa l’1% del prodotto interno lordo dell’Unione a 27 (cioè un valore totale di tutti i

beni e servizi prodotti nel suo territorio), mentre i bilanci degli Stati membri si attesta su una

media del 44% del PIL. Il bilancio dell'UE è sempre il pareggio, il che significa che nessun euro

va rimborso di un debito. Il 94% delle somme che alimentano il bilancio dell'Unione sono,

inoltre, utilizzate dagli Stati membri per sostenere politiche e programmi che vanno direttamente

vantaggio dei cittadini.

Il mito: Il bilancio dell'UE è in aumento mentre i governi nazionali riducono le loro risorse.

I fatti: Falso. I bilanci nazionali non diminuiscono, anzi: tra il 2000 e il 2010, i bilanci nazionali

degli Stati membri dell'Unione europea sono aumentati del 62%, mentre il bilancio comunitario è

aumentato del 37% nello stesso periodo. Nel 2011, 23 dei 27 bilanci nazionali hanno continuato a

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crescere. Nel 2012, secondo le ultime stime ad oggi, 24 dei 27 bilanci nazionali dovrebbero

aumentare.

Il mito: Le risorse dell’Unione sono per lo più destinate a coprire le spese

d’amministrazione

I fatti: Questo è assolutamente falso. Le spese amministrative dell'Unione rappresentano meno

del 6% del bilancio totale dell'Unione, la retribuzione che costituisce quasi la metà. Oltre il 94%

del bilancio dell'Unione europea è destinato a spese per finanziare progetti per i cittadini, le

regioni, i comuni, gli agricoltori e le imprese. Le risorse di bilancio sono destinati allo sviluppo

della crescita e dell'occupazione, la lotta contro il cambiamento climatico, contro l'immigrazione

irregolare, la criminalità transnazionale e di altri problemi che riguardano tutti noi. Il bilancio

dell'Unione contribuisce a promuovere la prosperità, garantendo, ad esempio, una migliore

interconnessione tra i cittadini per l'energia, i trasporti e le infrastrutture ICT, pagamento delle

sovvenzioni alle regioni più povere al fine di creare la crescita e l'occupazione, oltre che nel resto

dell'Unione, e concentrare i nostri sforzi in settori quali la ricerca. Anche la garanzia del nostro

approvvigionamento di cibo è una sfida a cui si deve fare fronte. Infine, le risorse servono per

assicurare che, come gli Stati Uniti e la Cina, l'Unione europea, per le sue dimensioni, possa

giocare sulla scena mondiale il ruolo ad esso assegnato, e aiutare anche le persone più povere del

pianeta. Gli stipendi dei dipendenti sono dati a loro affinché svolgano le mansioni loro assegnate

e possano gestire con successo le politiche dell'UE che hanno un impatto positivo diretto sui

cittadini. Ad esempio, si pensi alla liberalizzazione del trasporto aereo, diritti dei passeggeri o alla

riduzione delle tariffe di roaming. Si pensi che le decisioni adottate dalla Commissione nei casi di

cartelli in cui sono stati truffati i consumatori di milioni di dollari a causa di prezzi gonfiati

illegalmente: si stima che nel 2010 i benefici che i clienti che hanno usufruito delle decisioni della

Commissione in materia di antitrust siano pari a 7,2 miliardi di euro. Il personale è responsabile

della negoziazione di accordi commerciali che contribuiscono alla riduzione dei prezzi dei beni di

consumo e di offrire una più ampia scelta di prodotti a prezzi accessibili. Sono anche coinvolti

attivamente per aiutare l'Unione europea a trarre le giuste lezioni dalla crisi finanziaria ed

economica attraverso la regolamentazione e la vigilanza dei mercati finanziari migliorate. Le

spese amministrative sono rimaste stabili per un lungo tempo e, negli ultimi cinque anni, sono

stati compiuti anche notevoli sforzi per tenerle basse. La Commissione dispone di una politica di

crescita zero nel personale. Si concentra su competenze e nuove priorità, cerca di ridistribuire il

personale esistente e non richiede ulteriori posizioni al di là delle esigenze derivanti

dall'allargamento. La Commissione ha inoltre deciso di congelare le spese amministrative nel

2012. Inoltre, da sette anni, l’UE ha intrapreso una profonda riforma della sua amministrazione,

che comprende a trattamenti per abbassare il costo del lavoro, la creazione di una categoria di

personale a contratto pagato meno, l'aumento dell'età di pensionamento, la riduzione delle

pensioni e l'aumento dei contributi per la previdenza. Questa riforma ha già contribuito a far

risparimiare 3 miliardi di euro al contribuente, 5 miliardi di euro di risparmi aggiuntivi sono

previsti entro il 2020.

Il mito: Il bilancio dell'UE è deciso da euroburocrati in modo non democratico.

I fatti: Falso. Il bilancio annuale dell'Unione è deciso dagli eletti al Parlamento europeo e al

Consiglio, che riunisce gli Stati membri. La Commissione propone soltanto il bilancio e deve

soddisfare i limiti imposti da questi eletti per un periodo (attualmente 2007-2013). La

Commissione propone il Quadro Finanziario Pluriennale (QFP) che viene poi discusso e adottato

in un diritto democratico e trasparente, nel pieno rispetto della sovranità nazionale e democratica.

Per quanto riguarda i costi, la decisione sul regolamento che definisce il nuovo quadro finanziario

pluriennale, che partirà dal 2014, è presa dal Consiglio, che delibera all'unanimità, previa

approvazione del Parlamento europeo, il quale si pronuncia a maggioranza dei suoi membri. Per

quanto riguarda le risorse proprie che finanziano il bilancio, il Consiglio adotta una decisione

all'unanimità, previa consultazione del Parlamento europeo. La presente decisione entra in vigore

una volta adottate da tutti gli Stati membri conformemente alle loro rispettive norme

costituzionali.

Allo stesso modo, il processo decisionale dell'Unione europea per l’approvazione del bilancio

annuale dell'Unione segue severe procedure democratiche simili a quelle utilizzate dalla maggior

parte dei governi nazionali. La proposta iniziale del bilancio annuale viene dalla Commissione. Il

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bilancio è esaminato e approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo. L'accordo finale di

solito si verifica nel mese di dicembre di ogni anno. Ogni cittadino può seguire il processo di

negoziazione di bilancio attraverso il web, su cui sono presenti informazioni e documenti.

Il mito: L’Unione europea costa troppo.

I fatti: Semplicemente non è vero. Un esempio sul "Freedom Tax Day" può aiutare a chiarire.

Questo è il periodo dell'anno fino a cui i contribuenti devono lavorare per pagare il loro onere

fiscale. Nella maggior parte degli Stati membri, i cittadini devono lavorare fino a primavera, fino

all'estate o fino a quando hanno finito di pagare il loro contributo. Al contrario, la media europea

– per coprire con il suo contributo il bilancio UE – sono sufficienti solo quattro giorni, cioè fino al

4 gennaio.

Il mito: È con le tasse dei cittadini che si rimedia alla cattiva gestione in altri Paesi

I fatti: Se vengono scoperti errori e irregolarità, vengono corretti a carico del progetto o del paese

che ne è responsabile.

Il mito: I fondi dell’UE sarebbero spesi meglio se fossero gestiti a livello nazionale

I fatti: In realtà, ben l’80 % dei fondi del bilancio UE viene speso dai governi nazionali o dagli

enti locali degli Stati membri. Sono questi che scelgono i beneficiari e sono responsabili in prima

linea della regolarità delle spese.

Il mito: L’Unione europea finanzia progetti ridicoli come i centri di addestramento per

animali o i concerti.

I fatti: Si tratta di una considerazione errata. Nei casi specifici del centro di addestramento per

cani o di un concerto di Elton John, le autorità competenti devono ripagare ogni centesimo che

avevano erroneamente ricevuto e non costeranno alcun centesimo al contribuente. In generale, le

autorità nazionali e regionali degli Stati membri devono selezionare i progetti che ritengono più

adatti alle loro esigenze in conformità con le strategie e le priorità concordate con la

Commissione. I controlli a diversi livelli (progetto, nazionale, UE) cercano di fornire la migliore

protezione possibile per il denaro del contribuente. Se una richiesta non è legittima, non viene

concesso alcun finanziamento a carico del bilancio dell'Unione.

Il mito: La Commissione intende creare una tassa diretta europea e aumentare il carico

fiscale sui cittadini.

I fatti: Questo è falso. La Commissione non ha mai inteso creare un’imposta diretta europea. Gli

Stati membri mantengono il controllo dell'aumento delle tasse e la Commissione non intende

diventare un ufficio delle imposte. Idee per nuove risorse proprie presentati nel corso della

revisione del bilancio non hanno lo scopo di aumentare le risorse finanziarie destinate a

Bruxelles. Non si tratta di aumentare la pressione fiscale sui cittadini. L'obiettivo è quello di

cambiare la combinazione di risorse che finanziano il bilancio dell'UE. Ogni euro raccolto nel

contesto della revisione del sistema consentirà di ridurre i contributi nazionali degli Stati membri

e per rendere il nuovo bilancio più equo e trasparente. Tutte le decisioni relative al finanziamento

dell'Unione europea richiedono il consenso unanime degli Stati membri e ratificato da loro, in

armonia con le norme costituzionali nazionali in vigore. Le norme di attuazione dovranno essere

approvate dal Parlamento europeo, il che significa che le risorse proprie dell'Unione europea sono

soggette al controllo parlamentare e, quindi, sia la sovranità che i diritti democratici degli Stati

membri sono pienamente rispettati.

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Il mito: La maggior parte dei benefici economici va agli agricoltori europei.

I fatti: Falso. Nel 1985, circa il 70% del bilancio dell'UE è stato destinato al settore agricolo. Nel

2011, gli aiuti diretti agli agricoltori e le spese connesse al mercato hanno raggiunto solo il 30%

del bilancio e delle spese per lo sviluppo rurale 11%. E questa tendenza al ribasso continua.

Questa quota relativamente elevata è pienamente giustificata. L'agricoltura è l'unica politica quasi

interamente finanziata dal bilancio dell'Unione europea. La spesa europea sostituisce, quindi, la

spesa in gran parte interna, e rappresenta una quota significativa del bilancio dell'Unione europea.

Le varie riforme della politica agricola comune (PAC) hanno portato allo spostamento dei sussidi

alla produzione verso il sostegno diretto al reddito degli agricoltori, nella misura in cui

rispondevano ad una serie di criteri e di salute ambientale, nonché per quanto riguarda i progetti

di assistenza per stimolare l'attività economica nelle zone rurali. La PAC è in continua

evoluzione. L'Unione ha, inoltre, visto l'adesione di 12 nuovi Stati membri, la maggior parte dei

quali hanno grandi settori agricoli. Ma il bilancio della PAC non ha ricevuto alcun aumento per

coprire le spese aggiuntive.

Il mito: I prezzi dei prodotti alimentari e delle materie prime sono alti. Possiamo quindi

eliminare gli aiuti concessi agli agricoltori.

I fatti: Anzi, al contrario. L'aumento e le variazioni dei prezzi dei prodotti alimentari e delle

materie prime sottolineano l'importanza di investire in agricoltura per equilibrare meglio l'offerta

e la domanda. Avere prezzi più elevati significa che la domanda è superiore all'offerta. La

domanda globale di cibo è destinata a crescere del 50% entro il 2030, perché la crescita della

popolazione è accompagnata da cambiamenti nei modelli alimentari di molte economie

emergenti. Il problema è globale e mette in evidenza la sfida della sicurezza alimentare e

l'importanza per l'Europa di mantenere il suo potenziale produttivo agricolo in tutti i settori, in

modo da non diventare troppo dipendente dalle importazioni alimentari. Inoltre, l'Europa deve

cercare di estendere la sua zona di produzione e accrescere la produttività grazie a innovazione e

ricerca. La politica di sviluppo rurale dell’UE può incoraggiare gli agricoltori europei a cogliere

nuove opportunità di produzione e accelerare il trasferimento di tecnologie.

Il mito: La politica agricola comune sta causando eccedenze alimentari e danneggia gli

agricoltori dei Paesi più poveri del mondo.

I fatti: Dieci anni di riforme hanno reso la nostra politica agricola più favorevole allo sviluppo.

Ora, i Paesi in via di sviluppo hanno un ottimo accesso al mercato, con tariffe basse o inesistenti,

e distorsioni del mercato sono state ridotte notevolmente. Attualmente, circa il 70% delle

importazioni agricole dall'UE arrivano dai Paesi in via di sviluppo. Inoltre, le sovvenzioni

all'esportazione sono state drasticamente ridotte. Quindici anni fa, l’UE ha speso 10 miliardi di

dollari all'anno in sussidi all'esportazione. Nel 2009, tale importo è stato ridotto a 350 milioni di

euro. Nel contesto dei negoziati dell'OMC, l'UE ha offerto di eliminare tutte le sovvenzioni

all'esportazione entro il 2013. Oggi, il 90% dei pagamenti diretti non distorcono il commercio.

Gli aiuti di Stato ricevuti da un agricoltore medio sono due volte più bassi in Europa che negli

Stati Uniti. L'Unione non è solo il leader mondiale nella fornitura di aiuti allo sviluppo, ma anche

il principale partner commerciale dell'Africa: quasi il 40% delle esportazioni africane UE come

destinazione e il valore dei prodotti agricoli che le importazioni dai Paesi in via di sviluppo

dell'Unione europea supera il 20% della somma delle corrispondenti importazioni provenienti

dagli Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia e Nuova Zelanda.

Il mito: La politica di coesione è un ente di beneficenza che costoso.

I fatti: La politica di coesione aiuta le regioni e i Paesi più poveri per l’accesso e l'integrazione

nel mercato unico. Si tratta di una politica di investimento orientata al futuro, che avvantaggia

chiaramente il resto d'Europa attraverso la creazione di crescita e occupazione. Ad esempio, le

esportazioni all'interno dell'UE alle regioni che beneficiano dei fondi di coesione sono

notevolmente aumentate. Vi è una chiara correlazione tra la politica di coesione e la crescita

nell'UE. Studi hanno dimostrato che, grazie agli investimenti della politica di coesione per il

periodo 2000-2006, il PIL dell'UE-25 Stati membri è stato superiore del 0,7% nel 2009. Secondo

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le stime, il guadagno dovrebbe essere aumentato del 4% entro il 2020. Solo per gli UE-15 Stati

membri, si stima che l'effetto netto cumulato sul PIL raggiungerà il 3,3% entro il 2020. In altre

parole, l'investimento è una fonte di sviluppo regionale in Europa. La crescita di una regione

meno favorita porta all'acquisto di beni e servizi da un'altra regione ricca. Questo stimola lo

sviluppo del mercato unico, che rappresenta tra il 60% e l’80% delle esportazioni degli Stati

membri, un numero significativamente maggiore di quella delle esportazioni verso i Paesi terzi

come la Cina, l'India e gli Stati Uniti. La politica di coesione ha generato nel corso del periodo

2000-2006, un rendimento di 2,1 euro per ogni euro investito. Entro il 2020, si stima che le

prestazioni raggiungerà 4,2 € per ogni euro investito. La politica di coesione ha contribuito ad

innalzare il livello di occupazione. Le stime per il 2009 mostrano un certo numero di persone nel

lavoro di 5,6 milioni di euro grazie alla politica 2000-2006, che corrisponde ad una media di

560.000 posti di lavoro all'anno se la politica di coesione non era esistito. Sulla scia dei recenti

episodi di recessione e crisi del debito, la politica di coesione ha svolto un ruolo vitale nella

ripresa economica e sociale, esercitando leva sugli investimenti in settori in crescita quali

l'efficienza energia. Inoltre aiuta le persone a formare e sviluppare le loro capacità di trovare un

lavoro.

Il mito: Il QFP è un altro esempio dell’evoluzione dell'Unione Europa verso un’economia

pianificata centralizzata.

I fatti: Certamente no. Il quadro finanziario pluriennale (QFP) definisce le priorità dell'Unione

europea a lungo termine e le spese conformemente alle priorità politiche e fissa gli importi

massimi annuali da spendere per ciascuna priorità. Questo quadro si estende su più anni (ad

esempio, 2000-2006 e 2007-2013) per garantire una corretta pianificazione e la sana gestione

finanziaria e di responsabilità. Con questo tipo di quadro finanziario pluriennale, il bilancio

annuale dell’UE non può sfuggire e dovrebbe concentrarsi sulle vere priorità. Il bilancio dell'UE è

sempre in pareggio: non può essere mai in deficit e con debito.

Il mito: La contabilità dell’UE fa acqua da tutte le parti.

I fatti: Al contrario, il giudizio complessivo dei controllori è che i conti dell’UE sono a posto.

Errori e frodi

Un discorso a parte la merita la questione delle frodi. Non bisogna confondere gli errori con le

frodi. Le spese dell’UE hanno un sistema equo, ma rischioso. A differenza di quanto accade a

livello nazionale, la maggior parte dei finanziamenti dell’UE vengono versati a seguito di

domande presentate dai beneficiari, siano essi individui o organizzazioni. Il vantaggio del sistema

è che consente di finanziare direttamente i progetti locali, ma esso comporta anche dei rischi: con

milioni di domande all’anno, è fatale che ci siano degli errori. Occorre quindi prevenire o

correggere gli errori mediante un adeguato sistema di controllo.

Il mito: Le frodi incidono pesantemente sulle spese di bilancio dell’UE.

I fatti: La Corte dei conti europea certifica la salute dei conti dell’UE che si riflettono sul bilancio

dell'Unione. Non è vero: quello che i controllori scoprono sono di solito non frodi, ma errori nei

diversi stadi della procedura finanziaria, specie a livello dei beneficiari finali. Per fare un

esempio, sulle centinaia di operazioni verificate nel 2007, soltanto due presentavano irregolarità

tali da giustificare l’apertura di un’indagine dell’OLAF, l’Ufficio antifrode indipendente dell’UE.

È vero che, per alcune politiche, la Corte dei conti sta ancora lottando per concedere

l’autorizzazione di alcuni pagamenti. Nel contesto della politica di coesione, per esempio, il tasso

di errore è ancora leggermente superiore al 5%, anche se questo rappresenta una riduzione

significativa. La Corte dei conti ha stimato che il tasso di errore della Commissione è tra il 2% e il

5% dei pagamenti UE nell'ambito della politica in questione, mentre ha fissato una soglia

generale del 2%.

Tuttavia, un tasso di errore del 2% al 5% è una soglia minima e, comunque, significa che almeno

il 95% dei pagamenti effettuati dall’UE sono corretti. In ogni caso, gli errori non sono sinonimo

di frode. I sospetti di frode colpiscono una piccola parte del bilancio dell'Unione europea, vale a

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dire 0,2%. Nel mese di maggio, la Commissione ha proposto misure per aumentare la

responsabilità degli Stati membri nella revisione del regolamento finanziario in base al quale i

loro organismi nazionali per distribuire gli aiuti regionali sarebbero tenuti a rendere dichiarazioni

di affidabilità sui fondi in gestione UE (come già avviene in agricoltura). Finora, però, gli Stati

membri non sono stati molto entusiasti di questa proposta.

Il mito: I controlli evidenziano la scomparsa di miliardi di euro.

I fatti: Non è vero, i controlli si limitano ad indicare per ogni settore la percentuale dei pagamenti

che, sulla base del campione sottoposto a controllo, potrebbero presentare degli errori. Questo non

significa che di queste somme non si trova più traccia o che sono state sprecate. Anche quando ci

sono degli errori, non è detto che il progetto non sia stato portato a termine con successo e le

somme indebitamente versate non siano state già rimborsate dal beneficiario o dalle autorità

responsabili.

Un progetto complesso può beneficiare di un cospicuo finanziamento comunitario e deve

quindi rispettare molte regole. Il progetto di costruzione di un ponte, ad esempio, deve: essere

oggetto di una valutazione dell’impatto ambientale, essere oggetto di una valutazione del rapporto

costi/benefici e di un’analisi di redditività, rispettare le norme sugli aiuti di Stato, rispettare le

regole di ammissibilità, rientrare nei massimali prescritti per le percentuali di cofinanziamento,

rispettare le regole sugli appalti pubblici, rispettare i requisiti di pubblicità, presentare domande di

pagamento senza errori, essere eseguito nell’arco di tempo stabilito, conservare documenti

giustificativi sufficienti per una durata fino a 12 anni ecc. Tutte queste regole sono state fissate

per prevenire le frodi e le irregolarità di gestione e assicurare che i soldi siano spesi bene. Ma

questa complessità, pur se necessaria, rende gli errori più probabili. Nel 2007 la Corte dei conti

europea ha stimato che almeno l’11 % del totale delle spese per interventi strutturali (ossia a

favore delle regioni dell’UE e dell’occupazione) non avrebbe dovuto essere rimborsato, perché

presumibilmente viziato da errori. La diagnosi di fondo è che ad oggi ci sono ancora troppi errori,

solitamente commessi dai beneficiari finali dei finanziamenti dell’UE.

Errori tipici:

Documentazione inadeguata

Rimborso di spese non sostenute

Mancato rispetto delle condizioni di rimborso (i programmi comunitari comportano

condizioni particolareggiate che stabiliscono chi ne può beneficiare, quali attività e

acquisti possono essere rimborsati, per quale periodo e così via); non si procede al

pagamento se una qualsiasi di queste condizioni non è soddisfatta o non è stata applicata

correttamente (ad es. in occasione di una gara d’appalto).

Domanda di pagamento gonfiata

Se l’errore appare nei documenti che accompagnano la domanda, può essere corretto subito,

prima del pagamento. È possibile che l’errore venga scoperto più tardi, ad esempio a seguito di

un controllo periodico o di un controllo contabile indipendente. I progetti finanziati dall’UE si

estendono su più anni e si fa di solito in tempo ad apportare una correzione in occasione del

pagamento finale. La Commissione europea può effettuare ulteriori correzioni in sede di

valutazione finale del progetto o di chiusura del programma, sulla base dei controlli contabili

propri o della Corte dei conti.

Gli errori spesso non compromettono il successo di un programma: che sia stato commesso

qualche errore non significa necessariamente che non siano stati raggiunti i risultati voluti. In

occasione del controllo finale di un progetto in Guatemala, sono stati trovati degli errori in quattro

gare d’appalto per la fornitura di materiale medico e la costruzione di ambulatori. La valutazione

globale del programma è stata però positiva: i soldi erano stati spesi in modo efficace e ne

avevano beneficiato circa 130.000 persone. Per 61 dei 65 indicatori verificabili obiettivamente

(come il numero delle strutture sanitarie riqualificate, la percentuale di famiglie collegate

all’acqua potabile ecc.), l’obiettivo era stato pienamente raggiunto, con un tasso di efficacia del

94 %! Il fatto che ci siano stati errori, comunque, non significa necessariamente che i soldi siano

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stati sprecati o persi per il bilancio europeo. Gli Stati membri sono responsabili della prevenzione

e della correzione degli errori per la maggior parte dei finanziamenti comunitari: sono loro a

spendere circa l’80 % del bilancio UE. Se vengono meno a tale obbligo, la Commissione europea

può intervenire e sospendere i pagamenti o esigerne il rimborso (vedi alla pagina successiva).

Essa ha infatti la responsabilità ultima della corretta esecuzione del bilancio UE.

La Commissione europea fa sul serio quando si tratta di eliminare gli errori nelle spese dell’UE.

Per migliorare la gestione finanziaria, essa interviene con dei controlli. Un controllo indipendente

delle spese dell’UE è essenziale per prevenire errori. Se un’organizzazione presenta una domanda

di finanziamento, si può chiederle di far verificare i suoi conti e la sua situazione finanziaria da un

revisore dei conti esterno. Si può anche chiedere a un revisore dei conti indipendente di certificare

che la domanda di pagamento è corretta e corredata da documenti giustificativi adeguati. Le

autorità nazionali e dell’UE commissionano verifiche contabili di interi programmi. La Corte dei

conti europea verifica ogni anno sia le entrate che le spese dell’UE. Infine, anche i governi

nazionali (tramite il comitato del bilancio del Consiglio) e la commissione per il controllo dei

bilanci del Parlamento europeo verificano l’uso dei fondi comunitari. Alla fine, è il Parlamento

europeo che, con una votazione, dà atto alla Commissione della corretta esecuzione del bilancio.

I sistemi di controllo dell’UE mirano ad assicurare l’individuazione degli errori e il recupero dei

pagamenti indebiti che ne risultano. Idealmente le correzioni sono a carico dei beneficiari o dei

progetti che li hanno commessi. Quando ciò non è possibile o quando è difficile calcolare

l’importo esatto, la Commissione può applicare una correzione forfettaria a un paese membro i

cui controlli si siano rivelati inefficaci. Nel maggio 2007 è entrato in vigore il nuovo regolamento

finanziario (il manuale di base per la gestione finanziaria dell’UE), con modalità di applicazione

semplificate che facilitano le cose specie per i piccoli beneficiari. Anche le regole per programmi

specifici sono state semplificate e si ricorre più spesso a finanziamenti forfettari, evitando calcoli

complicati che più si prestano ad errori. Altre misure sono state adottate in materia di

Trasparenza: fino a poco tempo fa solo la Commissione europea era tenuta a pubblicare i nomi

dei beneficiari dei fondi sottoposti alla sua gestione diretta. Non esisteva un obbligo analogo per i

fondi gestiti dalle autorità nazionali e regionali (ossia le sovvenzioni agricole e i fondi strutturali,

pari all’80 % circa del bilancio dell’UE). Oggi, tutti gli Stati membri devono pubblicare i nomi di

coloro che hanno ricevuto finanziamenti dell’UE: a partire dal 2008 per i fondi strutturali e i

finanziamenti allo sviluppo rurale; a partire dal 2009 per le sovvenzioni agricole. Nel 2005,

inoltre, la Commissione europea è passata al sistema della contabilità per competenza (simile a

quello applicato dalle imprese), ponendosi così all’avanguardia del processo mondiale di

passaggio del settore pubblico a questo tipo di contabilità. I conti di ciascun organo dell’UE

incluso nei conti consolidati dell’UE sono firmati dal contabile rispettivo, mentre spetta al

contabile della Commissione firmare i conti dell’UE nel loro insieme.

Maggiori informazioni sono disponibili sul sito:

http://ec.europa.eu/budget/documents/publications_en.htm

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Patrizia TOIA Nata a Pogliano Milanese (Mi); laureata in Scienze politiche all'Università Studi di Milano, si specializza in Pianificazione Strategica all'Università Bocconi. Lavora come dirigente del Servizio Programmazione della Regione Lombardia. La sua carriera politica inizia nella Democrazia Cristiana, per poi proseguire nel Partito Popolare Italiano (PPI). E' consigliere regionale in Lombardia, con incarichi di giunta in diversi periodi: Assessore al Coordinamento per i Servizi Sociali, Assessore alla Sanità, Assessore al Bilancio. Viene poi eletta a Roma alla Camera dei Deputati e al Sena-to della Repubblica poi, come rappresentante dell'Ulivo. Ricopre diversi incarichi istituzionali: Sottosegretario al Mini-stero degli Affari Esteri con delega per i Diritti Umani, per i Rapporti con le Nazioni Unite, per le Relazioni culturali all'estero, per America Latina, Asia e Oceania, per l'Immigrazione e gli italiani all'estero. Nominata Ministro per le Politi-che Comunitarie e successivamente Ministro per i Rapporti con il Parlamento. Coordinatore Provinciale della

Margherita. Dal 2004 è parlamentare europea eletta nelle liste di Uniti nell'Ulivo e facente parte del Gruppo ADLE - Alleanza dei Democratici e Liberali per l'Europa. E'membro della Commissione per l'Industria, la Ricerca e l'Energia; della Delegazione alla Commissione parlamentare mista UE-Cile del Parlamento europeo. E' membro della Commissio-ne Occupazione e Affari Sociali, della Delegazione alla Commissione mista UE-Messico e della Delegazione all'Assem-blea parlamentare euro-latinoamericana. Ha scritto e portato all'approvazione del Parlamento europeo il Rapporto di

Iniziativa sull'Economia sociale di mercato per un maggiore riconoscimento culturale e giuridico di tutte le realtà del mondo associativo, delle imprese sociali, delle cooperative, delle fondazioni e delle mutue. Dal 2009 è riconfermata par-lamentare europea eletta nelle liste del Partito Democratico e facente parte del Gruppo dell’Alleanza Progressista di So-cialisti e Democratici al Parlamento europeo (S&D). E’ Vicepresidente della Commissione per l’Industria, la Ricerca e

l’Energia. E’ inoltre membro della Delegazione all’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE; membro sostituto della Commissione per lo sviluppo e la Delegazione per le relazioni con il Mercosur. E’ componente della Direzione Nazio-

nale del Partito Democratico.

E' Vicepresidente del Gruppo dell’Alleanza Progressista di Socialisti & Democratici al Parlamento europeo (S&D)

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Patrizia TOIA

Vicepresidente Gruppo S&D

Vicepresidente Commissione Industria, Ricerca e Energia

Membro Commissione per lo Sviluppo

e-mail [email protected]

www.patriziatoia.it

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