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a cura di: dott.ssa Alida Favro 1 5° unità didattica Concetti di base dell’accertamento clinico: I SEGNI VITALI

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5° unità didattica

Concetti di base dell’accertamento clinico:

I SEGNI

VITALI

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5° unità didattica: i segni vitali

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5° unità didattica: i segni vitali

SEGNO = indicazione dell’esistenza di qualcosa. VITALE = necessario o pertinente alla vita.

I segni vitali sono espressione della funzione nervosa e metabolica, cardiocircolatoria , respiratoria.

• I segni vitali corrispondono a:v temperatura corporea; v polso; v pressione arteriosa; v funzione respiratoria.

• La rilevazione dei segni vitali fornisce dati (parametri vitaliparametri vitali) che consentono di determinare lo stato di salute di basestato di salute di base di un paziente.

• Valori isolati dei parametri vitali sono poco utili, è invece opportuno esaminare una serie di valori per stabilire l’andamento di ciascun assistito. Un andamento deviante dalla norma è più significativo di valori anormali isolati.

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5° unità didattica: i segni vitali

I parametri vitali fanno parte della serie di dati raccolti dagli infermieri durante

l’accertamento.

• L’accertamento dei segni vitali costituisce la prima parte dell’esame obiettivo.

• Rappresentano una modalità veloce ed efficace per monitorare le condizioni del paziente ed identificare la presenza di problemi o di valutare la risposta del paziente ad alcuni interventi.

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5° unità didattica: i segni vitali

• L’infermiere che assiste il paziente è responsabile della rilevazione dei segni vitali.

• Quando si rilevano i segni vitali, si devono capire e interpretare i valori, collegandoli ad altri dati raccolti, si devono comunicare i reperti, soprattutto in caso di cambiamenti repentini, e si devono adottare gli interventi necessari.

• Un’alterazione dei segni vitali può segnalare la necessità di interventi medici o infermieristici.

• L’accertamento dei segni vitali è una componente fondamentale nella collaborazione tra medico ed infermiere, in modo che essi possano determinare lo stato di salute del paziente.

• La rilevazione e il monitoraggio di segni vitali selezionati in pazienti stabili clinicamentepazienti stabili clinicamente può essere attribuita al personale di supporto.

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5° unità didattica: i segni vitali

• L’infermiere deve conoscere il range normale (parametri nella norma) dei segni vitali del paziente.

• Alla prima rilevazione dei parametri vitali del paziente, i valori sono confrontati con i limiti normali. Dopo varie rilevazioni i valori usuali del paziente rappresentano un riferimento di base da confrontare con reperti successivi.

• L’infermiere deve conoscere l’anamnesi del paziente, le malattie e le terapie, in particolare i farmaci assunti. Alcune malattie o alcuni trattamenti possono provocare cambiamenti prevedibili dei segni vitali. Alcuni farmaci influiscono su uno o più segni vitali e si somministrano in base ai loro valori.

• L’infermiere deve decidere la frequenza con cui rilevare i segni vitali sulla base delle condizioni del paziente e in collaborazione con il medico.

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5° unità didattica: i segni vitali

Range normale dei segni vitali per gli adulti

• TEMPERATURA: 36 – 38°Cv Temperatura media ascellare: 36,5°Cv Temperatura media timpanica/orale: 37°Cv Temperatura media rettale: 37,5°C

• POLSO: 60 – 100 battiti al minutov Frequenza cardiaca media: 72 battiti al minuto

• PRESSIONE ARTERIOSA: 100–140 / 60–90 mmHgv Valori pressori medi: 120/80 mmHg

• FUNZIONE RESPIRATORIA: 12 – 20 atti respiratori al minuto

v Frequenza respiratoria media: 16 atti respiratori al minuto

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5° unità didattica: i segni vitali

Quando rilevare i segni vitali

• All’ammissione in una struttura sanitaria

• Secondo gli schemi di routine in ospedale o altra struttura sanitaria

• Prima e dopo un intervento chirurgico

• Prima e dopo una procedura diagnostica invasiva

• Prima, durante e dopo la somministrazione di farmaci che influenzano i segni vitali, cioè che hanno effetti sulla funzione cardiocircolatoria, respiratoria o sul controllo della temperatura

• Quando le condizioni fisiche generali del paziente cambiano (perdita della coscienza, aumento del dolore, ecc.)

• Quando un paziente riferisce sintomi specifici di malessere (nausea, vomito, vertigini, stanchezza, sentirsi strano, ecc.)

• Prima e dopo interventi infermieristici che influenzano i segni vitali (mobilizzazione, deambulazione, ecc.)

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LA TEMPERATURA

CORPOREA

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5° unità didattica: i segni vitali-la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI• La temperatura interna del corpo umano rimane relativamente relativamente

costante, intorno ai 37°Ccostante, intorno ai 37°C,, senza essere influenzata dall’ambiente esterno (animale omeoterme). Mentre la temperatura della superficie cutanea può variare notevolmente in base alle condizioni ambientali e all’attività fisica.

• Le cellule e i tessuti sono in grado di funzionare solo in un intervallo relativamente ristretto di valori di temperatura (variazioni di qualche decimo di gradoqualche decimo di grado nelle 24 ore, minime nelle ore mattutine e massime nelle ore pomeridiane). Per un funzionamento ottimale, quindi, gli organi del corpo richiedono una temperatura interna costante.

• La rilevazione della temperatura corporea avviene tramite il termometro. Quello italiano è graduato secondo la SCALA CELSIUS (in cui lo 0°C corrisponde alla temperatura di fusione del ghiaccio e 100°C alla temperatura di ebollizione dell’acqua). Il termometro clinico è graduato da 35°C a 42°C ed ogni grado è diviso in 10 parti, o decimi di grado.

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI

• La regolazione della temperatura corporea (TERMOREGOLAZIONE) richiede la coordinazione di molti coordinazione di molti sistemi corporeisistemi corporei: affinché la temperatura interna rimanga nella norma, la produzione (TERMOGENESI) e la perdita (TERMODISPERSIONE) di calore devono corrispondere per per mantenere l’OMEOSTASI.mantenere l’OMEOSTASI.

• L’IPOTALAMOL’IPOTALAMO, collocato nella ghiandola pituitaria nel cervello, funge da termostato (CENTRO TERMOREGOLATORE)(CENTRO TERMOREGOLATORE). Percepisce le variazioni anche minime della T.C. e stimola i necessari cambiamenti:

ü nel sistema nervoso e ormonale (segnali termici); ü nel sistema circolatorio (vasocostrizione o vasodilatazione); ü nella cute (perspiratio insensibilis); ü nelle ghiandole sudoripare (perspiratio sensibilis);ü nel sistema muscolare (contrazione muscolare volontaria o involontaria).

• I NEURONI ricevono SEGNALI TERMICI sia localmente che dalla periferia. I segnali LOCALI sono dati dalla temperatura del sangue circolante nel S.N.C., quelli PERIFERICI, invece, raggiungono i centri per via nervosa e sono inviati da termocettoritermocettori superficiali e profondi presenti nelle varie regioni dell’organismo, che avvertono le variazioni della temperatura sotto o sopra i 37°C.

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CONCETTI FISIOLOGICI: produzione di calore o termogenesi

• Il corpo produce in continuazione calore come sottoprodotto delle reazioni chimiche, catalizzate dagli enzimi, che avvengono a livello delle cellule, trasformando l’energia chimica in energia calorica (60%) oltre che legami altamente energetici dell’ATP, mediante i processi ossidativi, il cui esito consiste nella produzione di CO² e H²O.

• La conversione continua dell’energia chimica in energia termica interna costituisce il processo metabolico. La velocità con cui si produce l’energia interna determina il livello metabolico della persona definito anche METABOLISMO (dal greco metabolikos: variazione, cambiamento).

• Quando si parla di METABOLISMO si intende in generale l’insieme delle modificazioni chimiche che hanno luogo nell’organismo umano. Ogni attività dell’organismo richiede energia. L’energia è fornita dai processi di combustione e di ossidazione che avvengono nei tessuti per l’apporto di sostanze nutritive con conseguente liberazione di calore. I processi che si verificano possono essere di tipo anabolico, con processi di sintesi per la conservazione della sostanza vivente (accumulo di energia e formazione di nuovi tessuti), e di tipo catabolico, con processi di scissione per la trasformazione della stessa (liberazione di energia e distruzione di materiale cellulare invecchiato). L’equilibrio dei due processi è importante per la vita dell’organismo.

• Il calore è prodotto: 1) dai processi metabolici basali; 2) dalla introduzione degli alimenti; 3) dal lavoro muscolare.

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CONCETTI FISIOLOGICI: produzione di calore

• Il METABOLISMO BASALE (M.B.), consiste nel minimo consumo energetico per il mantenimento della circolazione, respirazione, peristalsi intestinale, tono muscolare, temperatura corporea, attività ghiandolare e altre funzioni vegetative (cioè che funzionano involontariamente o inconsciamente).

• La termogenesi di un soggetto a digiuno e in assoluto riposo in

ambiente termicamente neutro, rappresenta il M.B.,M.B., il cui valore, rapportato alla superficie corporea, è compreso tra 1.400 e 1.800 calorie al giorno (circa 70 calorie/ora).

• Questo valore subisce in tutti un aumento dal calore prodotto dall’attività fisica che varia da circa 1.000 calorie, se si conduce vita sedentaria, a circa 6.000 calorie, se si eseguono lavori pesanti o intensa attività sportiva.

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore

• Il CALORE, prodotto nell’organismo dall’attività metabolica e dall’esercizio fisico, è una forma di energia non ulteriormente degradabile, che viene disperso con vari meccanismi:

Evaporazione (29%);Conduzione;Convenzione; (70%); Irraggiamento;Minzione ed evacuazione (1%)

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore

• L’EVAPORAZIONE: • è il meccanismo più efficiente per perdere calore prodotto in eccesso.

È il trasferimento di calore quando un liquido si trasforma in gas. La La sottrazione di calore avviene perché il velo liquido di sudore sottrazione di calore avviene perché il velo liquido di sudore evaporando sottrae calore al luogo ove è depositato, cioè la cuteevaporando sottrae calore al luogo ove è depositato, cioè la cute. Il calore con questo meccanismo viene eliminato, in quantità minore attraverso l’aria espirata, prevalentemente per evaporazione del sudore (secreto dalle ghiandole sudoripare) che, in quantità minima e, generalmente impercettibile, ricopre la cute costantemente (PERSPIRATIO INSENSIBILIS: 300 ml/die). Durante uno sforzo prolungato o quando fa caldo, la quantità di sudore è maggiore e allora è chiaramente percepito, se non visibile (PERSPITATIO SENSIBILIS: anche litri/die) definito anche sudorazione o diaforesi.

• Questo meccanismo è il più efficiente non solo perché la cute è estesa, ma anche perché la dispersione aumenta con la dilatazione dei vasi sanguigni superficiali della cute (rossore da accaldamento, al contrario pallore da raffreddamento). E’ l’unico meccanismo ad essere efficace in ambienti surriscaldati e sotto i raggi del sole. Il raffreddamento è proporzionale alla quantità di sudore prodotto e alla rapidità con cui avviene l’evaporazione: quindi dipende dalla dimensione della superficie scoperta, dall’umidità dell’ambiente, dalla velocità dell’aria e dalla sua temperatura (clima secco o umido, ventilato oppure no).

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore

• LA CONDUZIONE: è il processo con cui il calore passa da un corpo caldo il calore passa da un corpo caldo ad uno ad uno adiacenteadiacente freddo. freddo. Quando la cute calda tocca un oggetto più freddo, si perde calore. Si può aumentare la dispersione applicando una borsa di ghiaccio o viceversa se si applica una borsa di acqua calda. C’è anche uno scambio di calore diretto tra gli strati più profondi e la cute, ma il grasso sottocutaneo fa da isolante, e vi si oppone (ecco perché i magri soffrono di più il freddo). E’ ancora la conduzione che provoca la perdita di calore introducendo cibi e bevande fredde, ovvero acquisisce calore se gli alimenti sono caldi.

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore

• LA CONVENZIONE: è il trasferimento del calore in un liquido o gas trasferimento del calore in un liquido o gas (acqua o aria) mediante proprio il trasferimento del (acqua o aria) mediante proprio il trasferimento del fluido da una zona più calda a una zona più freddafluido da una zona più calda a una zona più fredda. La temperatura dell’aria vicina alla cute aumenta per conduzione, e questo la rende meno densa della restante aria più fredda. Di conseguenza l’aria calda sale ed è rimpiazzata dall’aria fredda che si trova vicino stabilendo una circolazione d’aria che trasferisce calore. La convenzione diventa più importante se c’è vento, in quanto vi è un continuo ricambio dello strato d’aria vicino alla cute. Un ventilatore favorisce la dispersione tramite la convenzione.

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CONCETTI FISIOLOGICI: dispersione di calore

L’IRRAGGIAMENTO: si intende la trasmissione di calore da un corpo caldo trasmissione di calore da un corpo caldo a un corpo freddo senza contatto diretto attraverso a un corpo freddo senza contatto diretto attraverso l’emissione di radiazionil’emissione di radiazioni (luce, infrarossi , ultravioletti). Tutti i corpi irraggiano: corpi a temperatura ambiente emettono in prevalenza radiazioni infrarosse (raggi calorifici), mentre corpi ad alta temperatura, come il filamento di una lampadina, emettono radiazioni sia infrarosse che visibili. Nelle persone questo avviene solo nelle zone scoperte, perché i raggi vengono trattenuti dai vestiti. Quindi un corpo nudo perde più rapidamente calore, a meno che sia esposto alle radiazioni di un corpo più caldo ancora, come il sole d’estate. In questo caso il processo si inverte. La posizione esalta la perdita di calore, per esempio stare in piedi espone una maggiore area irradiante, mentre stare in atteggiamento fetale riduce la perdita di calore.

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CONCETTI FISIOLOGICI: meccanismi di dispersione di calore

CONDUZIONE

CONVENZIONE

SUDORAZIONEIRRAGGIAMENTO

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CONCETTI FISIOLOGICI: termoregolazione del corpo

• Per mantenere la temperatura interna del corpo umano a 37°C, il corpo impiega diversi meccanismi al fine di uguagliare l’aumentata velocità metabolica. Il corpo non tollera a lungo la differenza tra queste due velocità.

• Durante un esercizio fisico per esempio la velocità di cessione di calore deve aumentare per uguagliare la quantità di calore ceduta al secondo con quella prodotta dal metabolismo. Il centro termoregolatore è in grado di valutare la temperatura corporea interna (tramite misurazione diretta della temperatura del sangue che lo perfonde) e la temperatura cutanea (misurata da recettori situati sulla cute, i cui impulsi sono trasmessi per via nervosa).

• Quando la temperatura dell’ipotalamo è superiore ai 37°CQuando la temperatura dell’ipotalamo è superiore ai 37°C , vengono immediatamente attivati i meccanismi che favoriscono la cessione di calore come la VASODILATAZIONE (per aumentare il flusso di sangue alla cute) e attiva la SUDORAZIONE.

• Quando la temperatura dell’ipotalamo scende al di sotto dei 37°CQuando la temperatura dell’ipotalamo scende al di sotto dei 37°C. vengono attivati i meccanismi di conservazione e di produzione del calore quali la VASOCOSTRIZIONE (per diminuire il flusso ematico alla cute) e se non basta il BRIVIDO (per aumentare la produzione di calore viene stimolato l’aumento del tono muscolare involontario, cioè l’aumento delle contrazioni muscolari, anche con vere e proprie scosse muscolari).

• Tutto ciò ha un limite: l’organismo non è in grado di resistere a lungo in un ambiente che sia straordinariamente freddo o eccessivamente caldo.

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I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura

• La T.C. presenta delle piccole oscillazioni giornaliere, essendo correlata all’attività fisica ed al sonno. Si dice che esiste una CURVA TERMICA CIRCADIANA, cioè che avviene nell’arco delle 24 ore. Si determina effettuando la misurazione più volte al giorno, metodo detto RILEVAZIONE TERMICA NICTERALE (cioè del girono e della notte). E’ minima nelle prime ore del mattino, ed è massima a metà pomeriggio nel soggetto sano; in caso di malattia si sommano gli effetti della malattia stessa.

• La T.C. nei soggetti sani varia nell’arco della giornata per vari fattori. L’intensa attività fisica aumenta decisamente la T.C.. Nelle donne in età fertile si sovrappone alla curva circadiana un leggero aumento in corrispondenza del periodo ovulatorio fino alla mestruazione (curva circamensile) per effetto del progesterone secreto dopo l’ovulazione dal corpo luteo (utilizzato per verificare l’avvenuta ovulazione). Se si assume contraccettivi (pillola) la T.C. è leggermente più elevata. La temperatura solitamente è più bassa negli anziani. I bambini e gli anziani hanno una instabilità a sostenere le temperature ambientali. Anche lo stress o l’ansia può elevare la temperatura.

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I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura

• La comprensione dei fattori che influenzano la T.C. aiuta l’infermiere ad accertare e interpretare accuratamente il significato delle variazioni:

• ETA’: i neonati hanno una T.C. instabile, perché i loro meccanismi di termoregolazione sono immaturi. Non è insolito che le persone anziane abbiano una T.C. ascellare inferiore ai 36°C.

• AMBIENTE: in genere i cambiamenti della temperatura ambientale non influenzano la T.C. interna, ma l’esposizione prolungata a temperature estremamente calde o fredde può causare delle alterazioni. Se la temperatura interna scende sotto i 25°C si può verificare la morte (assideramento). Se sale oltre i 43/44°C si può verificare uno stato di coma e morte (colpo di calore o colpo di sole).

• ORA del giorno: la T.C. è più bassa verso le 4/5 del mattino e più alta verso le 17/18 del pomeriggio. Può variare anche di 2°C, soprattutto nei neonati. Probabilmente per il variare dell’attività muscolare e digestiva.

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I FATTORI che INFLUENZANO la temperatura

• ESERCIZIO FISICO: la T.C. aumenta con l’attività muscolare attraverso il metabolismo dei grassi e carboidrati che vengono utilizzati per produrre energia.

• STRESS: lo stress stimola il sistema nervoso simpatico ( o sistema nervoso vegetativo o autonomo) con aumento dei livelli di adrenalina e noradrenalina (ormoni della midollare dei surreni) i quali stimolano un aumento del metabolismo, incrementando così la produzione di calore.

• ORMONI: il progesterone secreto durante l’ovulazione aumenta la temperatura di circa 0,5°C sopra i valori di base. Misurando la T.C. quotidianamente le donne possono determinare quando hanno l’ovulazione e quindi il periodo fertile. Dopo la menopausa la T.C. è la stessa per uomini e donne. Gli ormoni tiroidei (tiroxina) e surrenalici (adrenalina e noradrenalina) aumentano la produzione di calore.

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VARIAZIONI DELLA T. C.

• Una variazione può dipendere:

1) da grosse variazioni della temperatura ambientalegrosse variazioni della temperatura ambientale alle quali l’organismo non è in grado ad adattarsi nonostante i meccanismi fisiologici di correzione messi in atto (ipotermia o ipertermia). Queste variazioni possono essere anche chiamate variazioni da causa ESTRINSECA (come l’assideramento, il colpo di calore, il colpo di sole).;

2) da una alterata regolazione dei meccanismi termoproduttori e alterata regolazione dei meccanismi termoproduttori e termodispersoritermodispersori. Queste variazioni possono essere anche chiamate variazioni da causa INTRINSECA (come l’ipotermia intrinseca e l’ipertermia febbrile);

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IPOTERMIA intrinseca

• Si definisce ipotermia da causa intrinsecacausa intrinseca un abbassamento della T.C. al di sotto dei 35°Cabbassamento della T.C. al di sotto dei 35°C che si verifica indipendentemente dalla temperatura ambientale. Fra le cause ricordiamo:

Gravi carenze alimentari;Alcuni stati tossici o infettivi (colera);Gli stati di paralisi muscolare;Alcuni disordini endocrini (ipotiroidismo,

iposurrenalismo)

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IPERTERMIA FEBBRILE o FEBBRE o PIRESSIA

• La febbre è un aumento di T.C. dovuto a disregolazione del termostato ipotalamico: in altri termini, è proprio quest’ultimo a provocare un aumento della temperatura, come difesa dell’organismo nei confronti di alcune malattie (infettive, immunitarie, neoplastiche, ecc.). L’alterazione consiste in un innalzamento della soglia (set-point) di riconoscimento della temperatura di riferimento, per cui i neuroni riconoscono come temperatura di riferimento non quella geneticamente stabilita (37°C), ma una temperatura superiore a questa.

• Se la T. C. supera i 37°C si parla di febbre, se supera i 39,5°C si parla di iperpiressia.

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IPERTERMIA FEBBRILE o FEBBRE o PIRESSIA

• La disregolazione è causata dalla presenza nel sangue di sostanze prodotte dai leucociti dette PIROGENI ENDOGENI o LEUCOCITARI (citochine: interleuchine o interferoni, e prostaglandine (PGE2) in qualità di mediatori della flogosi) in risposta a una serie di eventi:

Infezioni; Presenza di varie tossine; Neoplasie; Traumi cranici; Stati infiammatori cronici; Necrosi tissutali.

• Quindi non è vero che la febbre indichi sempre la presenza di un’infezione, e non è neppure vero che in tutte le infezioni ci sia sempre febbre, come nelle infezioni localizzate lievi (foruncolo, raffreddore) e negli organismi defedati che non sono in grado di difendersi adeguatamente (infezioni apirettiche). Dal punto di vista della patologia umana, le sostanze comunque che rivestono maggior interesse sono i PIROGENI ESOGENI o BATTERICI.

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CARATTERISTCHE METABOLICHE del PROCESSO FEBBRILE

• Il mantenimento della T.C. su valori più elevati del normale, poiché i processi di termodispersione sono operanti, viene ottenuto con un aumento della termogenesi. In pratica una grossa parte dell’energia prodotta viene dissipata come calore e non immagazzinata come ATP. Ciò è una delle cause dell’astenia che si ha nei processi febbrili.

• Prevalgono, inoltre, i processi di tipo catabolico su quelli di tipo anabolico. Catabolismo proteico e diminuzione dell’introduzione di cibo, per disturbi gastrici che accompagnano gli episodi febbrili, portano a disappetenza e quindi un dimagrimento e diminuita funzionalità di vari parenchimi (fegato, rene) e organi. L’aumento del catabolismo lipidico e del glucosio, provoca aumento dei corpi chetonici nel sangue con diminuzione della riserva alcalina. Nei bambini soprattutto vi è il pericolo di crisi acetoniche più o meno gravi. Poiché la diuresi è diminuita si ha ritenzione di scorie azotate (iperazotemia).

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CARATTERISTCHE METABOLICHE del PROCESSO FEBBRILE

• Oltre alle modificazioni di tipo chimico, e probabilmente a causa proprio di queste, si hanno delle alterazioni di vari organi:

A carico del cuore si ha tachicardia (circa 8-10 pulsazioni per ogni grado oltre i 37°C);

A carico dei polmoni si ha polipnea (per eliminare CO2 per compensare lo stato di acidosi);

A carico dell’apparato digerente si ha un interessamento della mucosa e del fegato (con inappetenza, nausea e vomito);

A carico del sistema nervoso centrale (S.N.C.) si ha una sofferenza dovuta alla carenza energetica e all’azione diretta del calore (cefalea, convulsioni, delirio).

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IL DECORSO DELL’ EPISODIO FEBBRILE

• Un episodio febbrile è normalmente caratterizzato da 3 fasi cronologiche:

FASE DI ASCESA o PRODROMICA: corrisponde al momento in cui i mediatori innescati dalle citochine agiscono sui neuroni del centro termoregolatore che innesca la risposta termoconservativa. E’ caratterizzata dalla sensazione soggettiva di freddo, dalla eventuale comparso di brivido (aumento della termogenesi) e del pallore cutaneo, che consegue alla vasocostrizione (riduzione della termodispersione). La T.C. aumenta progressivamente e talvolta con rapidità. Il paziente sente freddo e tenta di coprirsi.

FASE DI ACME o PLATEAU o FASTIGIO: corrisponde al periodo in cui il centro termoregolatore si regola su un livello più elevato di quello fisiologico (modifica del set point) con conseguente aumento della temperatura, raggiungendo valori che sono proporzionali alla riduzione della sensibilità dei neuroni del centro. Scompare la sensazione di freddo che è sostituita da quella di caldo. Tale fase perdura fino a che la produzione in eccesso di pirogeni endogeni permane, a seconda della causa.

FASE DI DEFERVESCENZA: corrisponde alla ridotta produzione di citochine pirogene, che può essere graduale (per lisi) o rapida (per crisi), riportando al valore di 37°C la soglia di sensibilità agli stimoli termici dei neuroni del centro termoregolatore. Se avviene per LISI non vi sono sintomi particolari, salvo un lieve senso di calore seguito da benessere dovuto alla ritrovata normalità. Se avviene per CRISI si verifica una notevole vasodilatazione accompagnata da sudorazione profusa (diaforesi) che può rendere il paziente disidratato e spossato.

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CURVE TERMICHE• A seconda della causa l’andamento della febbre nel tempo è

diverso. La febbre si valuta costruendo la cosiddetta CURVA TERMICA, cioè un grafico in cui si riporta le rilevazioni della T.C. nella giornata per tutto il periodo febbrile. In questo modo si rilevano i valori minimi e massimi, il numero di episodi di incremento e di defervescenza, la durata dell’acme. Alcune curve sono caratteristiche:

• FEBBRICOLA: non vengono mai raggiunti i 38°C;• FEBBRE CONTINUA: l’acme ha oscillazioni inferiori a un grado

nelle 24 ore e quindi la T.C. tende ad essere costante;• FEBBRE REMITTENTE: le oscillazioni quotidiane sono maggiori di

un grado, ma la T.C. non torna alla normalità;• FEBBRE INTERMITTENTE: si passa ripetutamente nelle 24 ore da

uno stato febbrile ad uno stato di apiressia;• FEBBRE ONDULANTE: aumenta progressivamente nel giro di vari

giorni, raggiunge un picco e poi decresce lentamente in più giorni successivi (per lisi) della durata di 1-2 settimane e dopo uguale periodo di apiressia riprende con le stesse modalità;

• FEBBRE RICORRENTE: 3-4 giorni di febbre che cade rapidamente per crisi si alternano a 3-4 giorni di apiressia.

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CURVE TERMICHE

• Una volta lo studio delle curve termiche era molto importante non avendo molti mezzi diagnostici. Una febbre intermittente preceduta da brivido e rapida defervescenza, con puntate ogni terzo o quarto giorno, richiamava l’attenzione sulla possibilità di una malaria terzana o quartana Una febbre continua ad insorgenza lenta, della durata di tre settimane con lenta defervescenza, era caratteristica del tifo. Una febbre ondulante è tipica della brucellosi o del morbo di Hodgkin . Una febbre ricorrente è tipica di molte treponematosi (borrelia, sifilide).

• La febbre comunque non è sempre proporzionale alla gravità della malattia: una grave broncopolmonite in un anziano può essere apirettica, una banale influenza in un giovane può raggiungere i 40°C.

• Una T.C. pari o superiore a 41°C, qualunque sia la causa, può di per sé danneggiare irreversibilmente il sistema nervoso, perciò richiede energici provvedimenti terapeutici.

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CURVE TERMICHE

• Oggi vi sono altri mezzi più precisi per diagnosticare le malattie e le terapie modificano precocemente le curve termiche, per cui hanno perso il loro significato, salvo in due casi:

FEBBRICOLA: frequente e spesso asintomatica, soprattutto alla sera (FEBBRICOLA SEROTINA) e nelle giovani donne in profilassi con anticoncezionali e/o soggetti emotivi. Tuttavia merita sempre attenzione e ulteriori indagini (esami ematochimici e radiografia) perché una minoranza di casi potrebbero avere una tubercolosi o una neoplasia oppure un’infezione cronica.

FEBBRE SETTICA: ha un andamento intermittente, con puntate di 1 o 2 volte al giorno, con un incremento rapido con brivido, acme breve e rapida defervescenza per crisi. E’ caratteristica delle sepsi (infezioni delle vie biliari e urinarie e delle raccolte ascessuali).

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INTERVENTI DI RIDUZIONE DELLA T.C.• Si possono usare metodi:

• FARMACOLOGICI: alcuni farmaci “riassestano” il centro termoregolatore, in modo che tenda a raggiungere i valori normali. Vengono chiamati FARMACI ANTIPIRETICI. I più usati sono l’acido acetilsalicilico (aspirina, flectadol, aspegic), i pirazolonici (novalgina), paracetamolo (tachipirina).

• FISICI: agiscono sottraendo calore in maniera diretta. Da utilizzare con gli antipiretici per non provocare una vasocostrizione elevata finalizzata ad aumentare la termogenesi relativa al nuovo set-point del centro termoregolatore. Tra questi metodi vanno ricordati:

• APPLICAZIONI FREDDE: sottoforma di borse di ghiaccio sotto le ascelle o all’inguine;

• SPUGNATURE DI ALCOOL: è molto efficace per agire rapidamente, con l’avvertenza di ventilare l’ambiente;

• IMMERSIONE: in acqua fresca, usata soprattutto ormai solo in casi d’emergenza sul territorio lontani da ospedali (colpo di calore).

• MATERASSO AD ACQUA: versione moderna della precedente. Efficace perché non solo raffredda ma riesce a mantenere il corpo a temperatura desiderata regolando con una centralina il flusso e la temperatura dell’acqua.

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DECORSO FEBBRE CONTINUA

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 4 5 6

GIORNI

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DECORSO FEBBRE REMITTENTE

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 3 4 5

GIORNI

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DECORSO FEBBRE INTERMITTENTE

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 3 4 5 6

GIORNI

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DECORSO FEBBRE ONDULANTE

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

GIORNI

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DECORSO FEBBRE RICORRENTE

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24

GIORNI

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DECORSO FEBBRICOLA

TEMPERATURA

42

41

40

39

38

37

36

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11

GIORNI

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MISURAZIONE DELLA T.C.: SCOPO

• La rilevazione del parametro della T.C. stabilisce un valore base di riferimento per:

Ottenere dei dati di base per confrontare le misurazioni successive;

Ricercare le alterazioni della temperatura; Valutare la progressione della malattia;

Valutare i risultati della terapia prescritta.

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MISURAZIONE DELLA T.C.: ACCERTAMENTO

• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare la T.C.:

La presenza di segni clinici e sintomi dell’alterazione della temperatura (pallore o rossore del volto, presenza di brivido o di diaforesi, vomito, sensazione di spossatezza, inappetenza, nausea);

La presenza di fattori che influenzano la temperatura (ingestione di cibi o liquidi caldi o freddi negli ultimi 15 minuti, aver fumato negli ultimi 15 minuti, esercizio fisico recente, età, ormoni, farmaci che causano variazioni);

Determinare il sito più appropriato per la misurazione.

• Ogni sede può essere soddisfacente se si utilizza una tecnica appropriata e se si tengono in considerazione le normali variazioni delle diverse sedi. Normalmente la temperatura Normalmente la temperatura ascellareascellare corrisponde ad un valore medio di 36,5°C, quella corrisponde ad un valore medio di 36,5°C, quella oraleorale di 37°C, quella di 37°C, quella rettalerettale di 37,5°C. di 37,5°C.

• Quando è possibile la misurazione della temperatura dovrebbe essere effettuata nelle stesse ore e nella stessa sede, utilizzando lo stesso termometro, in modo che l’interpretazione delle variazioni sia più attendibile.

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

MISURAZIONE DELLA T.C.: SEDI

• Le sedi più comuni sono:

CAVO ASCELLARE: in Italia è la sede più utilizzata anche se rileva la temperatura esterna e necessita accuratezza nella rilevazione (asciugatura dell’ascella, corretta posizione del termometro, tempi lunghi di rilevazione). Come strumento per lo più si utilizza il termometro a massima di vetro ovale e si lasci in situ 7-10 minuti. Si possono utilizzare anche strisce/cerotti termometrici monouso (60 secondi), soprattutto nei reparti di isolamento protettivo oppure termometri elettronici con unità display e sonda ricoperta da una guaina monouso (20-50 secondi).

PIEGA INGUINALE: si utilizza qualora il cavo ascellare sia impossibilitato con le stesse modalità;

CANALE UDITIVO ESTERNO: questa sede si sta diffondendo sempre più, perché riflette la temperatura interna e la rilevazione è veloce e facile sia nei bambini che negli anziani che nei pazienti critici. E’ controindicata in caso di lesione timpanica o di secrezioni intense auricolari. La misurazione può essere influenzata da tappi di cerume significativi. Si utilizza un termometro elettronico apposito con un sensore ad infrarossi sulla punta e guaina monouso e si lascia in situ 2-5 secondi;

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

CAVO ORALE: è la sede più comune nel mondo anglosassone, rileva la temperatura interna. Può essere alterata dall’ingestione di cibi o bevande fredde o calde, dall’aver fumato e dall’ossigenoterapia. Da evitare la rilevazione con termometri di vetro nei bambini piccoli, nei pazienti incoscienti, agitati o con tremori. Si utilizzano per lo più termometri a massima di vetro con punta corta e larga lasciandoli in situ 3-5 minuti, ma negli ultimi anni sta implementandosi l’uso del termometro elettronico (20-50 secondi) e l’uso di strisce/cerotti termometrici monouso (60 secondi) .

AMPOLLA RETTALE: è considerata una delle sedi più affidabile per ottenere la temperatura interna, anche se è da evitare di porre il termometro nel materiale fecale. E’ però poco tollerata per il fastidio e il disagio. E’ controindicata in caso di diarrea o dopo interventi chirurgici a livello rettale o con patologie rettali. Si utilizza il termometro a massima di vetro con punta corta, larga e smussata e si lasci in situ 3 minuti o termometri elettronici con guaina monouso (20-50 secondi).

AREA FRONTALE: questa sede è di facile utilizzo e ben tollerata dai neonati e bambini oppure per effettuare degli screening. Si utilizzano strisce/cerotti termometrici monouso (60 secondi). Tali strumenti tendono a sottostimare o sovrastimare la T.C., pertanto le rilevazioni sono da verificare con altri strumenti.

CAVITA’ VAGINALE: è la sede che si utilizza per rilevare il periodo dell’ovulazione nelle donne fertili. Il termometro è a massima di vetro con punta lunga e spessa e si lasci in situ 5 minuti.

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

MISURAZIONE DELLA T.C.: SEDI

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9° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

DIAGNOSI INFERMIERISTICHE

• Dall’accertamento effettuato sul paziente si possono identificare le diagnosi infermieristiche o i problemi clinico-collaborativi.

• Le diagnosi infermieristicheLe diagnosi infermieristiche di IPERTERMIA e IPOTERMIA si riferiscono

a persone con temperatura rispettivamente, al di sopra o al di sotto della norma e che presentano, inoltre, arrossamento o pallore cutaneo, cute calda o fredda, aumento o riduzione della frequenza respiratoria, aumento o riduzione della frequenza cardiaca, sudorazione o brividi/orripilazione, disappetenza o malnutrizione ecc. (SEGNI/SINTOMI CLINICI o (SEGNI/SINTOMI CLINICI o MANIFESTAZIONI o CARATTERISTCHE DEFINENTI)MANIFESTAZIONI o CARATTERISTCHE DEFINENTI)

• Le condizioni che determinano gli stati di IPERTERMIA o IPOTERMIA possono essere l’esposizione al calore, sole o al freddo, pioggia, neve, vento, abbigliamento inadeguato al clima, assenza di condizionamento o di riscaldamento ambientale, sottopeso o sovrappeso, disidratazione, consumo di alcool, attività fisica vigorosa o inattività, inefficacia della termoregolazione (neonato, anziano), ecc. (CAUSE o FATTORI CORRELATI)(CAUSE o FATTORI CORRELATI)

• Nei casi di ipertermia o ipotermia lieve, sono trattabili con interventi di carattere infermieristico, quali ad esempio la correzione delle cause esterne (vestiario inadeguato, esposizione al caldo o freddo, assunzione di liquidi, attività fisica inadeguata), se gravi diventano problemi clinico-collaborativi che richiedono interventi anche medici (farmaci antipiretici, antibiotici, soluzioni idrosaline, ecc.).

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5° unità didattica: i segni vitali- la temperatura corporea

IPERTERMIA IPOTERMIADEFINIZIONE Stato in cui la persona ha, o

rischia di avere, un persistente innalzamento della temperatura corporea a causa di fattori esterni.

DEFINIZIONE Stato in cui la persona ha, o rischia di avere, una riduzione persistente della temperatura corporea a causa di fattori esterni.

CARATTERISTCHE DEFINENTI

•T.C. ascellare superiore a 37,3°C•Arrossamento cutaneo•Cute calda•Aumento della F.R. •Aumento della F.C.•Diaforesi•Disidratazione•Dolori generalizzati o cefalea•Malessere/ affaticamento/ astenia•Convulsioni/delirio•Inappetenza

CARATTERISTCHE DEFINENTI

•T.C. ascellare inferiore a 35°C•Pallore cutaneo•Cute fredda•Riduzione della F.R.•Riduzione della F.C.•Brividi/ orripilazione•Confusione mentale/ sonnolenza/ irrequietezza•Sottopeso

FATTORI CORRELATI

•Esposizione al caldo, al sole•Abbigliamento inadeguato al clima•Assenza di condizionamento •Sovrappeso•Attività fisica intensa•Età (neonato, anziano)•Farmaci

FATTORI CORRELATI

•Esposizione al freddo, pioggia, neve•Abbigliamento inadeguato al clima•Assenza di riscaldamento •Malnutrizione•Inattività•Età (neonato, anziano)•Disidratazione•Consumo di alcool

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5° unità didattica: i segni vitali

IL POLSO

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

CONCETTI FISIOLOGICI

• Per polso (da pulsus = battito) arterioso si intende la pulsazione apprezzabile alla palpazione delle arterie periferiche: rappresenta l’impulso trasmesso al flusso sanguigno dalla eiezione del sangue nell’aorta durante la sistole (60-80 ml circa).

• Le pareti vascolari non sono rigide, ma elastiche, potendosi dilatare e contrarre in ogni punto della rete arteriosa. L’aorta infatti prima si espande poi si contrae creando un’onda pulsante che si propaga nei vasi sanguigni con la conseguenza che la rete arteriosa è percorsa da un’onda pulsatile, detta ONDA SFIGMICA, la quale provoca il polso arterioso, che con facilità viene avvertito in corrispondenza delle arterie superficiali che poggiano su un piano osseo o muscolare contro il quale è possibile esercitare una resistenza.

• La presenza del polso su un’arteria è quindi l’espressione l’espressione dell’attività cardiaca e della pervietà dell’albero arteriosodell’attività cardiaca e della pervietà dell’albero arterioso fino al punto dove si rileva.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

CARATTERISTICHE DEL POLSO

• La frequenza e il ritmo sono stabiliti da cellule specializzate che costituiscono il sistema di conduzione cardiaco. Gli stimoli per la contrazione del cuore normalmente iniziano con un impulso elettrico nel nodo senoatriale dell’atrio destro (60-80 impulsi al minuto). L’impulso elettrico si diffonde rapidamente nel sistema di conduzionedelle rimanenti parti del cuore, così che le fibre muscolari cardiache si contraggono in modo sincrono. L’irregolarità del ritmo di solito indica un’alterazione del sistema di conduzione oppure un’origine dell’impulso in una sede diversa da quella del nodo senoatriale. La qualità è determinata da numerosi fattori tra cui la forza con cui il sangue è spinto dai ventricoli, la quantità del sangue emesso ad ogni contrazione, l’elasticità delle arterie.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

LA FREQUENZA• La frequenza cardiaca (FC) è data dal numero di battiti al minuto numero di battiti al minuto

primoprimo. Il valore considerato normale nell’adulto sano a riposo è compreso tra 60- 85 battiti cardiaci.

• I valori normali variano con l’età, nei bambini sono maggiori (di media neonato 130, età scolare 90, adolescenti 80), con l’allenamento allo sforzo fisico (negli atleti a riposo tendono ad essere minori anche 45-50), con la postura (maggiori se ortopnoica, minori se supina). Aumenta nelle emozioni, nello sforzo fisico, dopo i pasti, con l’assunzione di stimolanti come caffeina e anfetamine, nella gravidanza.

• I valori in situazioni di malattia possono variare rispetto alla norma. Aumentano nella febbre, nell’ipertermia, nelle anemie, nelle cardipoatie soprattutto da insufficiente forza di contrazione. Inoltre nell’ipotensione arteriosa, nello shock, nel tifo, nell’ipertensione endocranica (menengiti, emorragie o tumori cerebrali), nell’iper o ipotiroidismo, embolia polmonare, infarto miocardico, anossia, assunzione di farmaci, ecc..

• Quando il numero dei battiti è al di sotto di 60 si parla di BRADICARDIA BRADICARDIA (sinusale).

• Quando il numero dei battiti è al di sopra dei 100 si parla di TACHICARDIATACHICARDIA (sinusale).

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

IL RITMO• Il ritmo, che significa cadenza dei battiti potrà essere regolare o irregolare. Se i

battiti avvengono ad intervalli regolari si parla di RITMO SINUSALERITMO SINUSALE, se avvengono ad intervalli irregolari si parla di ARITMIAARITMIA.

• E’ normale, soprattutto nell’infanzia e nei giovani, che la sequenza delle pulsazioni cambi: cioè che la frequenza sia maggiore durante l’inspirazione e minore nell’espirazione (aritmia respiratoria o sinusale).

• Talvolta si ha la sensazione, palpando il polso, che un battito sia mancato: in realtà i ventricoli si sono contratti, ma prima di quanto avrebbero dovuto. Questo evento viene definito EXTRASISTOLE, e poiché la pressione sistolica prodotta dal battito anticipato è bassa, ne manca la percezione al polso. L’extrasistole è quindi un battito irregolare inserito tra due battiti regolari. Rare extrasistoli possono verificarsi anche nel soggetto normale. Talora le extrasistoli si ripetono con regolarità: alternandosi una sistole normale e una extrasistole (bigeminismo extrasistolico) oppure due sistole normale e una extrasistole (trigeminismo extrasistolico). In altri casi si possono verificare multiple extrasistoli che si susseguono per un breve periodo (extrasistoli a salve) avvertite alla palpazione del polso come pulsazioni molto deboli o come una pausa più o meno lunga. In tutti questi casi in genere si verificano normali battiti iniziati nel nodo senoatriale seguiti da battiti iniziati in una diversa parte del cuore, che essendo precoci sono più deboli dei primi, determinando un’aritmia.

• Un’assoluta irregolarità del ritmo è generalmente espressione di FIBRILLAZIONE ATRIALE.

• Quando si rileva un polso aritmico si prende in considerazione di utilizzare il metodo auscultatorio per valutare la frequenza del POLSO APICALEPOLSO APICALE.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

LA QUALITA’• La qualità di solito si riferisce alla forza della pulsazione. La qualità

normale del polso è descritta come POLSO PIENO e FACILMENTE PALPABILE e riflette la forza di contrazione del cuore, il volume di eiezione, l’elasticità delle arterie e la massa di sangue circolante.

• In rapporto alla quantità di sangue che il cuore manda nelle arterie ad ogni sistole, si parla di POLSO AMPIO (attività fisica, emozioni, oppure in caso di febbre, ipertrofia ventricolare) o di POLSO PICCOLO (emorragie, anemie), fino a FILIFORME (collasso cardiocircolatorio, shock).

• In rapporto alle pressioni esistenti nell’arteria e all’elasticità della stessa, si parla di POLSO DURO in caso di pressioni elevate o rigidità delle pareti delle arterie (ipertensione, arteriosclerosi) in quanto il vaso palpato è più difficile a comprimerlo. Nei bambini e nei soggetti a bassa pressione arteriosa si parla di POLSO MOLLE, cioè facilmente comprimibile.

• I polsi periferici dovrebbero essere palpati bilateralmente per confrontare la qualità. L’uguaglianza delle pulsazioni da informazioni sul flusso ematico locale: un’occlusione di un’arteria comporterebbe polsi deboli o assenti rispetto ai controlaterali.

• In alcune situazioni il volume di eiezione può variare da battito a battito durante la sistole determinando un’onda così debole che non può essere percepita a livello periferico con la palpazione. Si deve allora rilevare il polso apicale col metodo auscultatorio. La differenza fra il polso apicale e i polsi periferici viene definita DEFICIT DI POLSO.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

I FATTORI che INFLUENZANO il polso

• La comprensione dei fattori che influenzano il polso aiuta l’infermiere ad accertare e interpretare accuratamente il significato delle variazioni:

ETA’: nei neonati la frequenza media è di 130 battiti al minuto (100-160) e può variare marcatamente con il respiro, aumentando con l’inspirazione e diminuendo con l’espirazione, così pure nei bambini. Negli adulti normalmente la frequenza corrisponde tra 60 e 80 battiti al minuto;

ESERCIZIO FISICO: a breve termine comporta un aumento della frequenza, un atleta allenato presenta valori normali più bassi della popolazione;

POSTURA: stare in piedi o seduti comporta una frequenza più elevata che stare sdraiati;

STRESS: dolore, ansia possono aumentare la frequenza in quanto si verifica una stimolazione del sistema nervoso simpatico;

SOSTANZE STIMOLANTI: abuso di caffè, alcool, tabacco possono aumentare la frequenza per stimolazione del sistema nervoso simpatico;

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

I FATTORI che INFLUENZANO il polso

EMORRAGIA: la riduzione del volume ematico comporta un aumento della frequenza in quanto si verifica una stimolazione del sistema nervoso simpatico per compensare e ripristinare una corretta ossigenazione dei tessuti;

FEBBRE: nei rialzi febbrili si ha un aumento di 8-10 battiti cardiaci ogni grado di temperatura febbrile. In caso di tifo, meningiti o ipertensione endocranica si può però avere una bradicardia relativa, nel senso che l’aumento di frequenza è minore di quanto dovrebbe essere in rapporto al rialzo febbrile. Nelle ipotermie si ha una riduzione della frequenza;

FARMACI: digitale, betabloccanti, calcioantagonisti o altri farmaci ad azione cardiaca possono ridurre la frequenza, altri come i diuretici che riducono il volume intravascolare possono aumentarla. Altri farmaci mimano o inibiscono gli effetti del sistema nervoso autonomo (simpatico e parasimpatico): i cosidetti simpaticomimetici possono aumentarla, come pure l’atropina che inibisce però il parasimpatico;

PATOLOGIE: alcune causano aumento della frequenza (scompenso cardiaco, anemia, ipertiroidismo, collasso cardiocircolatorio, asma, patologia polmonare ostruttiva cronica) altre causano riduzione della frequenza (blocco atrio-ventricolare). In alcuni casi la bradicardia può essere falsa come nelle fibrillazioni atriali o in presenza di extrasistoli (rilevazione del polso apicale);

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: SCOPO

• La rilevazione del parametro del polso stabilisce un valore base di riferimento per:

Ottenere dei dati di base per confrontare la frequenza e il ritmo delle misurazioni successive;

Ricercare le alterazioni del polso; Valutare la risposta cardiaca a diversi trattamenti o

farmaci. Accertare il flusso ematico all’estremità.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: ACCERTAMENTO

• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare il polso:

La presenza di segni clinici e sintomi di alterazioni cardiovascolari (dispnea, astenia, dolore toracico, palpitazioni, cianosi o pallore, edemi) o di squilibri di altri apparati o di flusso ematico periferico alterato;

La presenza di fattori che influenzano il polso (età, esercizio fisico, postura, dolore, ansia, farmaci, febbre, patologie, ecc.);

Determinare il sito più appropriato per la misurazione.

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: SEDI• I polsi più comunemente accertati sono:

TEMPORALE: l’arteria temporale decorre in prossimità dell’osso temporale, sopra e lateralmente all’orecchio (sito utilizzato nei bambini)

CAROTIDEO: l’arteria carotidea decorre lungo il margine mediale del muscolo sternocleidomastoideo, nella metà inferiore del collo, evitare la parte alta del collo per non stimolare i seni carotidei e conseguente bradicardia (sito utilizzato quando gli altri non sono palpabili: shock, arresto cardiaco)

APICALE: la contrazione del ventricolo cardiaco sinistro corrisponde al 5° spazio intercostale lungo la linea emiclaveare sinistra (sito utilizzato nell’aritmia)

BRACHIALE: l’arteria brachiale decorre fra il solco dei muscoli bicipite e tricipite, nella parte interna del braccio nella fossa antedecubitale (sito utilizzato per rilevare la pressione arteriosa o per accertare la circolazione dell’avambraccio)

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: SEDI RADIALE: l’arteria radiale decorre in prossimità dell’articolazione

del polso dal lato del pollice (sito comunemente utilizzato in ambito clinico per rilevare il polso periferico o per accertare la circolazione della mano)

FEMORALE: l’arteria femorale decorre subito sotto il legamento inguinale, a metà tra la spina iliaca antero-superiore e la sinfisi pubica, è necessario una palpazione profonda (sito utilizzato per rilevare il polso periferico in caso di shock o per accertare la circolazione dell’arto inferiore)

POPLITEO: l’arteria poplitea decorre dietro il ginocchio nella fossa poplitea (sito utilizzato per accertare la circolazione della gamba)

TIBIALE POSTERIORE: l’arteria tibiale posteriore decorre nel lato interno della caviglia, al di sotto del malleolo posteriore (sito utilizzato per accertare la circolazione del piede)

PEDIDIO DORSALE: arteria pedidia dorsale decorre sul dorso del piede tra i tendini estensivi dell’alluce e del primo dito (sito utilizzato per accertare la circolazione del piede)

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Misurazione del polso:SEDI

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: METODI

• I metodi più utilizzati sono due:

1°) PALPATORIO: la palpazione consiste nell’uso delle dita per esaminare o rilevare alcune regioni del corpo. E’ la modalità per la rilevazione dei polsi periferici. Il polso è palpato con tre dita, indice, medio e anulare, della mano, esercitando una moderata pressione sulla sede di rilevazione dove la pulsazione è più forte. Il numero delle pulsazioni viene contato per 30 secondi e moltiplicato per due se ritmico, se aritmico contare per un minuto intero. Il battito iniziale è contato come zero. Come strumento si utilizza un orologio dotato di lancetta dei secondi.

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Misurazione del polso: metodo palpatorio

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5° unità didattica: i segni vitali - il polso

Misurazione del polso: METODI

2°) AUSCULTATORIO: l’auscultazione consiste nell’uso dello stetoscopio per ascoltare dei rumori o suoni in alcune regioni del corpo. E’ la modalità per la rilevazione del polso apicale. Il polso apicale è auscultato ponendo il diaframma dello stetoscopio sopra l’apice del cuore esercitando una pressione. Il suono udibile è dovuto alle vibrazioni causate dall’apertura o chiusura delle valvole cardiache. Ogni battito ha due suoni: il primo è causato dalla chiusura delle valvole mitrale e tricuspide che separano gli atri dai ventricoli, il secondo dalla chiusura delle valvole polmonare e aortica. Insieme i due suoni costituiscono un battito cardiaco. Per determinare la frequenza apicale è necessario contare i battiti per un minuto intero. Come strumento si utilizza lo fonendoscopio e l’orologio dotato di lancetta dei secondi.

Il metodo auscultatorio viene utilizzato anche per rilevare i polsi periferici che non possono essere rilevati con la palpazione, mediante l’utilizzo dell’apparecchio DOPPLER a ultrasuoni. La sonda dell’apparecchio è posta sulla cute in corrispondenza dell’arteria che si vuole valutare. Le onde trasmesse vengono modificate dal flusso ematico e riflesse allo strumento che amplifica le modificazioni e le rende udibili attraverso auricolari o altoparlanti.

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Misurazione del polso: metodo auscultatorio

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5° unità didattica: i segni vitali

LA PRESSIONE ARTERIOSA

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

CONCETTI FISIOLOGICI

• Viene detta PRESSIONE ARTERIOSA SISTEMICA la forza che il sangue esercita sulla parete delle grandi arterie prodotta dall’attività meccanica del ventricolo sinistro.

• La pressione arteriosa (PA) varia istante per istante, a seconda della fase del ciclo cardiaco: sale progressivamente durante la sistole fino ad un valore massimo detto appunto PRESSIONE ARTERIOSA SISTOLICA, e decresce poi progressivamente durante la diastole, fino a che avviene la sistole successiva che provoca la risalita della pressione. Il valore minimo è detto PRESSIONE ARTERIOSA DIASTOLICA. La differenza tra la pressione sistolica e diastolica è definita PRESSIONE DIFFERENZIALE.

• Nei vasi a valle delle arterie le oscillazioni pressorie si smorzano, e l’andamento della pressione diviene più costante procedendo nei capillari e nelle vene. Lungo tutto il percorso il valore della pressione scende continuamente e progressivamente (aorta: 120/80 mmHg – arteriole precapillari 30 mmHG – venule postcapillari 10 mmHg).

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

CONCETTI FISIOLOGICI

• Nel cervello esistono meccanismi autoregolativi di estrema importanza, che minimizzano gli effetti della pressione sul flusso del sangue, In altre parole il flusso resta costante anche se la pressione arteriosa varia entro certi limiti.

• Il sangue è soggetto alla forza di gravità, per cui tende ad accumularsi nelle zone declivi: se non esistessero meccanismi di regolazione, nel soggetto in piedi il flusso del sangue arterioso sarebbe massimo verso i piedi e minimo al cervello. Interviene però il sistema nervoso, che riceve continuamente informazioni sul valore di pressione tramite dei recettori (BAROCETTORI) situati a livello delle carotidi e dell’arco aortico.

• Nel soggetto in piedi vengono ristrette le arteriole della parte inferiore del corpo e dilatate quelle della parte superiore, in modo che il flusso resti omogeneo. Se il soggetto cambia posizione, la regolazione viene modificata: queste variazioni richiedono però qualche secondo, e questo ritardo spiega perché l’alzarsi di scatto dalla posizione clinostatica possa provocare transitorie vertigini.

• Nel soggetto normale la pressione arteriosa clinostatica (sdraiati) e quella ortostatica (in piedi), sono pressochè identiche.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

CONCETTI FISIOLOGICI

• La pressione arteriosa (P.A.) è determinata da più ordini di fattori:

1) la gittata cardiaca, cioè il volume di sangue pompato in un minuto (circa 5 litri);

2) la volemia, cioè la massa di sangue circolante (circa 5 litri);

3) la viscosità del sangue; 4) l’elasticità della parete arteriosa; 5) le resistenze periferiche o tono arteriolare,

cioè lo stato di contrazione delle arteriole.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

CONCETTI FISIOLOGICI

LA GITTATA CARDIACA

• E’ il volume di sangue pompato in un minuto (volume di eiezione: 70-90 ml per la frequenza cardiaca: 60-80 battiti = circa 5 l).

• La gittata cardiaca può aumentare per l’aumento della frequenza, per maggiore contrattilità del miocardio o per aumento della volemia.

• Aumentando la gittata cardiaca, più sangue viene pompato contro le pareti arteriose, provocando un aumento della pressione arteriosa.

• Un aumento elevato della frequenza può ridurre il tempo di riempimento ventricolare. Ne risulta una riduzione della pressione.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

LA VOLEMIA

• E’ il volume di sangue circolante nel sistema vascolare (circa 5000 ml) e normalmente rimane costante.

• Se aumenta come nel caso di un’infusione endovena veloce di liquidi, viene esercitata più pressione contro le pareti vasali e quindi la pressione aumenta.

• Se si riduce come nel caso di emorragia o di disidratazione, la pressione diminuisce.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

LA VISCOSITA’

• E’ la consistenza del sangue è determinata dalla quantità di globuli rossi presenti (l’ematocrito o percentuale di globuli rossi nel sangue indica la viscosità ematica).

• La viscosità del sangue influenza la facilità con cui il sangue scorre nei piccoli vasi, se maggiore (emoconcentrazione) vi è maggior attrito sulla parete dei vasi e viceversa.

• Quando l’ematocrito aumenta ed il flusso ematico rallenta, la pressione arteriosa aumenta, in quanto il cuore deve contrarsi con più forza per spostare la massa di sangue più viscoso nel sistema circolatorio.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

L’ ELASTICITA’ DELLA PARETE

• Normalmente le pareti di un’arteria sono elastiche e facilmente distensibili. Se aumenta la pressione, il diametro del vaso aumenta per compensare i cambiamenti pressori. La distensibilità delle arterie evita ampie fluttuazioni.

• In alcune situazioni come l’arteriosclerosi, la parete perde l’elasticità e diventa rigida e non si distende quando il sangue viene pompato e quindi la pressione aumenta, soprattutto quella sistolica.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

LE RESISTENZE PERIFERICHE

• Le pareti delle arterie e delle arteriole sono costituite da tre tuniche: l’avventizia (esterna), costituita da tessuto connettivale che ha anche funzione nutritiva (vasa vasorum); la media, più spessa, composta di fibre elastiche e di fibre muscolari circolari lisce (controllate dal sistema nervoso autonomo); l’intima è costituita dall’endotelio, che ha la funzione di confinare e proteggere il flusso ematico. I vasi di piccolo calibro, arterie e vene, sono caratterizzati dal prevalere nella tonaca media della componente muscolare rispetto all’elastica. Per questo motivo possono variare il loro calibro moltissimo, anche di quattro volte, a seconda che si trovino in stato di spasmo (vasocostrizione) o di rilasciamento (vasodilatazione).

• La resistenza periferica è la resistenza al flusso ematico esercitata dal tono della muscolatura vascolare e dal diametro del vaso sanguigno (più piccolo è il vaso maggiore sarà la resistenza al flusso ematico). Normalmente le arterie e arteriole restano parzialmente costrette per conservare un flusso ematico costante, esse sono regolate dal sistema nervoso autonomo.

• Con l’aumentare delle resistenze periferiche (aumento del tono e quindi riduzione del calibro del vaso) aumenta anche la pressione arteriosa. Quando i vasi si dilatano e le resistenze si riducono, si riduce anche la pressione arteriosa.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

FATTORI che INFLUENZANO la pressione arteriosa

• La pressione arteriosa non è costante ma viene influenzata continuamente da vari fattori:

• ETA’: la pressione arteriosa aumenta gradualmente a partire dall’infanzia (1 mese 85/54 – 1 anno 95/65 – 6 anni 105/65) ed è correlata con il peso, altezza e età, negli adulti i valori tendono ad aumentare gradualmente con l’età per rigidità delle arterie;

• SESSO: dopo la pubertà le donne tendono ad avere valori più bassi dei maschi. Dopo la menopausa si annulla il fenomeno;

• ETNIA: nei giovani di colore si hanno spesso valori più elevati degli europei-americani;

• ORA del GIORNO: la pressione è in genere più bassa al mattino presto, aumenta poi gradualmente e raggiunge i valori massimi nel tardo pomeriggio o la sera;

• ESERCIZIO FISICO: la pressione arteriosa può essere incrementata dopo un periodo di attività fisica, mentre diminuisce nel corso di ;

• POSTURA: in posizione ortostatica o seduta la pressione è più bassa che in posizione clinostatica;

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

FATTORI che INFLUENZANO la pressione arteriosa

• DOLORE/EMOZIONI/FUMO: dolore, paura e ansia e il fumo determinano un’aumentata attività del sistema nervoso simpatico (per liberazione di adrenalina), con conseguente incremento della frequenza cardiaca, maggiore contrazione del muscolo cardiaco, un cambiamento del tono della muscolatura liscia vascolare e un volume ematico maggiore dovuto a ritenzione d’acqua e sodio. Gli effetti della stimolazione simpatica provocano un innalzamento della pressione arteriosa.

• VOLUME EMATICO: una diminuzione del volume circolante, legata a perdite sia di sangue sia di liquidi, determina un abbassamento della pressione arteriosa. Il deficit di volume può verificarsi in caso di emorragie o di perdite non rimpiazzate (diarrea o diaforesi) oppure non sufficiente introduzione di liquidi;

• PASTI: la pressione massima aumenta leggermente dopo i pasti e dopo aver assunto caffè o tè;

• FARMACI: molti farmaci possono alterare i valori pressori: i diuretici riducono il volume circolante, i cardiocinetici aumentano la forza di contrazione del cuore, i cardiotonici aumentano la frequenza cardiaca, gli antipertensivi (o ipotensivi) agiscono o sulle resistenze periferiche oppure sul sistema renina-angiotensina a livello renale determinando vasodilatazione, gli analgesici riducono il dolore inibendo il sistema nervoso simpatico, ecc.;

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

MUTAMENTI PATOLOGICI della pressione arteriosa

• IPERTENSIONE: è la più frequente alterazione della pressione arteriosa. E’ una patologia di solito asintomatica caratterizzata da valori pressori persistentemente elevati. Ne consegue un ispessimento e perdita dell’elasticità delle pareti arteriose. Il cuore deve quindi pompare continuamente il sangue contro una resistenza elevata. Ne risulta che si riduce il flusso ematico agli organi vitali, quali il cuore, il cervello e i reni, causando un accorciamento della vita per l’ìinstaurarsi di patologie cardiovascolari, episodi cerebrovascolari, insufficienza renale.

• IPOTENSIONE: s’intende il permanere dei valori pressori al di sotto di 90/60 mmHg. Tale patologia se non trattata può causare dei danni a carico del cuore, cervello, rene. Nell’ipotensione ORTOSTATICA la pressione arteriosa si riduce (di 15-20 mmHg) quando si passa dalla posizione clinostatica a quella ortostatica o seduta. Indica una insufficiente risposta vasomotoria compensatoria, frequente negli anziani o dopo un prolungato riposo a letto.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

MUTAMENTI PATOLOGICI della pressione arteriosa

• SHOCK: consiste in una grave diminuzione della pressione arteriosa sistolica (mai comunque sotto i 40 mmHg perché al disotto di questo valore il sangue non riesce a vincere la resistenza dei vasi e la circolazione si ferma); tale situazione può essere di breve durata (shock vasoparalitico o primario) o di lunga durata (shock emorragico).

Lo shock vasoparalitico o primario o ipovolemico relativo viene definito anche SINCOPE o LIPOTIMIA può essere il risultato di un trauma fisico o psichico che determina una perdita transitoria del tono vasomotorio in tutti i distretti circolatori: il sangue si accumula nelle estremità inferiori, diminuendo in modo critico il volume del ritorno venoso e l’afflusso del sangue ai neuroni del S.N.C. per cui il soggetto cade al suolo privo di coscienza.

Lo SHOCK EMORRAGICO o ipovolemico è assai più grave del precedente e se non curato adeguatamente può compromettere la sopravvivenza del soggetto. Si può perdere un litro di sangue senza grave diminuzione della pressione massima (vasocostrizione periferica, aumento della F.C. e redistribuzione del sangue fra i vari distretti). Perdite superiori compromettono in modo grave la circolazione (diminuita volemia e riduzione della gittata cardiaca.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

CLASSIFICAZIONE

dei LIVELLI di

pressione arteriosa

secondo l’OMS(Società Europea per

l’Ipertensione

e

Società Europea di Cardiologia

2003)

CATEGORIA SISTOLICA (mmHg)

DIASTOLICA (mmHg)

Ottimale ‹ 120 ‹ 80Normale ‹ 130 ‹ 85Normale alta 130-139 85-89Ipertensione di grado 1- Lieve

140-159 90-99

Ipertensione di grado 2 - Moderata

160-179 100-109

Ipertensione di grado 3 - Grave

› 180 › 110

Ipertensione Sistolica Isolata

› 140 ‹ 90

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Misurazione della pressione arteriosa: SCOPO

• La rilevazione del parametro della pressione arteriosa stabilisce un valore base di riferimento per:

Ottenere dei dati di base per confrontarli con le successive misurazioni;

Valutare lo stato emodinamico ottenendo informazioni sulla gittata cardiaca, sul volume ematico, sulle resistenze periferiche e sull’elasticità delle pareti.

Monitorare la risposta emodinamica alle terapie o alle condizioni patologiche;

Verificare la presenza di ipertensione o ipotensione.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

Misurazione della pressione arteriosa: ACCERTAMENTO

• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare la pressione arteriosa:

Identificare i fattori che possono alterare la pressione arteriosa (farmaci, età, esercizio fisico, condizioni emotive, fumo, cambiamenti posturali, ecc.);

Valutare le precedenti misurazioni, se disponibili;

Individuare la sede più adeguata per rilevare la pressione arteriosa, considerando le situazioni che limitano la scelta della sede (evitare l’arto superiore corrispettivo in caso di mastectomia, fistola artero-venosa per la dialisi, catetere venoso centrale, ecc.).

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

Misurazione della pressione arteriosa: SEDI

• La pressione arteriosa può essere misurata direttamente con un catetere in un’arteria (utilizzato in area critica) oppure indirettamente usando un manicotto gonfiabile che occlude temporaneamente il flusso ematico arterioso di un arto:

• ARTI SUPERIORI: il braccio è la sede solitamente utilizzata, a livello dell’ARTERIA BRACHIALE oppure l’avambraccio, a livello dell’ARTERIA RADIALE.

• ARTI INFERIORI: in caso di impossibilità di misurarla negli arti superiori si utilizza la coscia, a livello dell’ARTERIA POPLITEA, oppure la gamba, a livello dell’ARTERIA TIBIALE POSTERIORE o PEDIDEA.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

Misurazione della pressione arteriosa:

METODI

• La pressione arteriosa basale viene misurata perfettamente con il paziente a riposo dopo che è stato seduto o sdraiato per almeno 5 minuti. Il paziente deve trovarsi in un ambiente caldo e tranquillo e non aver mangiato, fumato o fatto esercizio fisico da almeno 30 minuti. L’arto utilizzato, libero da indumenti deve essere posto a livello del cuore e il bracciale deve essere applicato con la parte gonfiabile centrata sopra l’arteria. Le dimensioni del bracciale devono essere adeguate in rapporto alla circonferenza dell’arto. In caso di rimisurazione attendere almeno 2 minuti2 minuti.

• Si possono utilizzare due metodi di rilevazione: METODO AUSCULTATORIO; METODO PALPATORIO.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

Misurazione della pressione arteriosa: METODI

AUSCULTATORIO: questo metodo richiede l’uso di un manometro collegato ad un bracciale gonfiabile per pompare dell’aria, attraverso una pompa fornita di valvola, che permette di occludere il vaso . Si gonfia il manicotto fino a 20-30 mmHg oltre il punto in cui scompare il polso. Si procede dunque a sgonfiarlo alla velocità di 2-3 mmHg per secondo e per mezzo di un fonendoscopio, posto in corrispondenza dell’arteria interessata, si possono udire i valori pressori che sono rivelati da dei suoni (toni di KOROTKOFF). Il primo tono (fase 1) corrisponde alla PRESSIONE SISTOLICA o MASSIMA, l’ultimo tono (fase 5) alla PRESSIONE DIASTOLICA o MINIMA (nei bambini essendo una velocità del sangue elevata per rilevare la pressione diastolica si utilizza la fase 4 con toni ormai soffocati ma non assenti altrimenti si sottostima).

PALPATORIO: quando i toni di Korotkoff non sono udibili si usa il metodo palpatorio. Richiede sempre l’uso di un manometro collegato ad un manicotto gonfiabile e si procede come sopra, ma senza l’uso del fonendoscopio, bensì si palpa manualmente il polso dell’arteria interessata. La PRESSIONE SISTOLICA corrisponde al punto in cui si ricomincia a percepire il polso arterioso, non si rileva la pressione diastolica.

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

TONI DI KOROTKOFF

• Nel 1905 Korotkoff, un chirurgo russo, ha descritto per la prima volta i suoni che si auscultavano a livello di un arteria distale rispetto al bracciale:

• FASE I : toni scoccanti, alla comparsa dei toni corrisponde il valore della pressione arteriosa sistolica.

• FASE II : toni soffianti (un fruscio o un sibilo)• FASE III : toni sordi (un crepitio).• FASE IV : toni affievoliti (un soffio che sfuma).• FASE V : scomparsa dei toni (silenzio).

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5° unità didattica: i segni vitali – la pressione arteriosa

Misurazione della pressione arteriosa: STRUMENTI

• SFIGMOMANOMETRO con sistema RIVAROCCI: è costituito da una colonnina di vetro, tarata in millimetri, che pesca in recipiente contenente mercurio collegato, a sua volta, al bracciale tramite un tubo di gomma. Il bracciale è composta da una camera d’aria racchiusa in un manicotto di tela ed è collegato, tramite un altro tubo di gomma, ad una palla (pompa) fornita di valvola che permette se chiusa di insufflare aria nel manicotto. Necessario lo stetoscopio per rilevare i toni di Korotkoff.

• SFIGMOMANOMETRO ANEROIDE (che non contiene liquidi): la colonnina di vetro e il mercurio sono sostituiti da un semplice manometro con tecnica oscillometrica.

• SFIGMOMANOMETRI ELETTRONICI: per lo più prevedono un microfono o un sensore per la pressione inseriti in un bracciale gonfiabile da una pompa elettrica, spingendo un tasto, collegato ad un sistema di registrazione digitalica o su carta. Il microfono rileva i toni di Koroktoff e registra i valori sistolici e diastolici, il sensore invece risponde alle onde pressorie generate dal movimento del sangue nell’arteria traducendo il movimento iniziale in pressione sistolica e quello finale in diastolica. Non richiedono l’uso dello stetoscopio. Ci sono inoltre dei dispositivi portatili che gonfiano e sgonfiano il bracciale a tempi programmati nell’arco delle 24 ore (es. ogni 15 minuti). Un altro sistema consiste nell’incanulare un’arteria con un sottile catetere connesso ad un manometro elettronico. Questo consente la misurazione continua (monitoraggio), ad ogni battito cardiaco, della pressione. E’ un metodo invasivo e quindi utilizzato per lo più in pazienti critici.

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Misurazione della pressione arteriosa

METODI e STRUMENTI

Misurazione della pressione arteriosa: STRUMENTI

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Misurazione della pressione arteriosa

METODI e STRUMENTI

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Misurazione della pressione arteriosa

METODI e STRUMENTI

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5° unità didattica: i segni vitali

LA FUNZIONE RESPIRATORIA

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

CONCETTI FISIOLOGICI

• Nell’uomo, l’aria assunta dall’ambiente viene immessa nelle vie respiratorie attraverso le cavità nasali e durante lo sforzo muscolare anche attraverso la bocca. Ambedue le cavità sfociano nella faringe, indi il gas prosegue nella laringe, trachea, bronchi e bronchioli. Queste strutture hanno il compito di umidificare, riscaldare e purificare l’aria inspirata e di condurla ai polmoni (respirazione esterna). Dai bronchioli l’aria penetra, attraverso un brevissimo condotto, il condotto alveolare, nell’ alveolo polmonare. La parete dell’alveolo è sottile e permette la diffusione dei gas dall’alveolo al sangue e viceversa. Il sangue, attraverso l’emoglobina (Hb) contenuta nel globulo rosso, trasporta i gas dal polmone alle cellule e viceversa (respirazione interna).

• Il termine respirazione è usato per sintetizzare due processi diversi ma correlati: l’attività respiratoria esterna e l’attività respiratoria interna.

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5 unità didattica: i segni vitali – il respiro

CONCETTI FISIOLOGICI: scambio dei gas e trasporto dell’O2

• Gli scambi gassosi, sia a livello polmonare, tra alveolo e sangue, che a livello capillare, tra sangue e cellula, dipendono dalla differenza della pressione parziale dei gas in cui avviene lo scambio. Dal gas ove la pressione parziale è maggiore a quello in cui è minore fino a quando la differenza è annullata.

• Normalmente la pressione parziale di ossigeno (pO2) nel sangue arterioso è di 100 mmHg, e la pressione parziale di anidride carbonica (pCO2) è di 40 mmHg. Si definisce IPOSSIA la riduzione della pO2 al disotto dei 60 mmHg e IPERCAPNIA l’aumento della pCO2 oltre i 49 mmmHg.

• Normalmente la pressione parziale di ossigeno (pO2) nel sangue venoso è di 40 mmHg, e la pressione parziale di anidride carbonica (pCO2) è di 45 mmHg.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

CONCETTI FISIOLOGICI: movimenti respiratori• L’aria viene introdotta ed emessa alternativamente dai polmoni con

movimenti detti rispettivamente INSPIRAZIONE ed ESPIRAZIONE, che costituiscono le due fasi dell’atto respiratorio:

• INSPIRAZIONE: è la prima fase ed è un processo attivo e consiste nel fatto che il muscolo diaframma si contrae e si abbassa e che i muscoli intercostali si contraggono, aumentando il diametro antero-posteriore della gabbia toracica. Questo determina un aumento della gabbia toracica che provoca una espansione anche del polmone, che la segue passivamente, grazie alla grande espansibilità di cui è dotato. L’aumento del volume polmonare determina una diminuzione della pressione negli alveoli polmonari (pressione negativa), e quindi si stabilisce un flusso tra l’ambiente esterno e lo spazio alveolare, ove la pressione è inferiore all’esterno. Quando la pressione intralveolare eguaglia quella esterna non vi è più flusso di gas e termina l’inspirazione.

• ESPIRAZIONE: è la seconda fase ed è un processo passivo, inizia con la cessazione della contrazione dei muscoli inspiratori, le fibre polmonare non più stirate, ritornano alla lunghezza di riposo. L’alveolo nel ritornare al volume di riposo comprime l’aria in esso contenuta, ne aumenta la pressione (pressione positiva) e la espelle all’esterno. La gabbia toracica segue passivamente il polmone.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

CONCETTI FISIOLOGICI: regolazione nervosa e volumi polmonari

• L’attività ritmica respiratoria è involontaria ed è regolata dal centro respiratorio, sito nel midollo allungato, suddiviso in centro inspiratorio ed espiratorio. I due centri si inibiscono reciprocamente quando lavorano. Il centro del respiro regola automaticamente la frequenza respiratoria e il volume corrente in modo da ottenere nel sangue arterioso una concentrazione ottimale di ossigeno e di anidride carbonica.

• L’attività respiratoria è influenzata dalle pressioni parziali della CO2 e dall’O2 nel sangue arterioso. Particolarmente un aumento della CO2 (ipercapnia), stimola dei recettori situati nell’arco dell’aorta e nelle biforcazioni delle carotidi. Questi recettori inviano impulsi nervosi al centro respiratorio facendo aumentare o diminuire la ventilazione polmonare (frequenza respiratoria e profondità del respiro).

• Nell’individuo sano e adulto, a riposo, gli atti respiratori di norma si susseguono con un ritmo costante e regolare 12-16 volte al minuto. A ogni atto respiratorio si introduce circa 500 ml di aria (VOLUME CORRENTE). Il prodotto del volume corrente per la frequenza respiratoria determina la VENTILAZIONE POLMONARE che ammonta a circa 6-8 litri al minuto.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

CARATTERISTICHE del RESPIRO

• Le caratteristiche del respiro comprendono:

• LA FREQUENZA RESPIRATORIA: ogni atto respiratorio consta di una fase inspiratoria e una fase espiratoria. Varia con l’età. Nei neonati a riposo è di 30-60 atti respiratori al minuto, diminuisce con l’avanzare degli anni fino a 12-20 al minuto atti nel soggetto adulto. Al di sopra di 20 atti respiratori al minuto nell’adulto si parla di TACHIPNEA. Al di sotto dei 12 atti respiratori al minuto si parla di BRADIPNEA. L’assenza di atti respiratori viene denominata APNEA, che può essere solo temporanea in quanto se prolungata è sinonimo di ARRESTO RESPIRATORIO e non è compatibile con la vita.

• IL RITMO RESPIRATORIO : nel corso di atti respiratori normali dopo ogni ciclo respiratorio si verifica un intervallo regolare. I neonati hanno un ritmo meno regolare degli adulti e anche i bambini piccoli tendono a respirare lentamente per qualche secondo e poi all’improvviso respirare velocemente. Il ritmo respiratorio può dunque essere regolare o irregolare. L’alterazione del ritmo determina dei respiri cosidetti periodici, come quello di CHEYNE- STOKES (tipico del coma epatico, renale o cerebrale), di KUSMAULL (tipico del coma diabetico) e di BIOT (tipico delle meningiti o traumi cerebrali).

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

RESPIRI PERIODICI

• CHEYNE – STOKES: modello respiratorio ciclico caratterizzato da periodi di un graduale aumento della frequenza e profondità fino ad un apice oltre il quale vi è un decrescendo di intensità e di frequenza fino ad una fase di apnea che perdura alcuni secondi (anche 20”), dopo la quale si inizia un nuovo ciclo come il precedente. Questo è dovuto al fatto che il centro del respiro viene stimolato dalla concentrazione di CO2, che per essere efficace deve risultare piuttosto elevata. Tipico dei pazienti agonici e comatosi (epatico, uremico, cerebrale).

• KUSMAULL: modello respiratorio ciclico caratterizzato da inspirazioni profonde e rumorose seguite da una pausa, quindi da un’espirazione breve a cui segue un’altra pausa. Si osserva nelle acidosi metaboliche e nel coma diabetico.

• BIOT: modello respiratorio ciclico caratterizzato da periodi di respiri superficiali alternati a periodi di apnea. Talora i periodi di apnea sono più lunghi dei periodi di ventilazione. Tipico dei traumi cerebrali, meningiti.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

CARATTERISTICHE del RESPIRO

• LA PROFONDITÀ: un aumento o riduzione del volume corrente ad ogni atto respiratorio determina un escursione o movimento toracico più o meno osservabile. I movimenti ventilatori possono essere profondi (aumento del volume corrente), normali (volume corrente di circa 500 ml) o superficiali (riduzione del volume corrente). Un inspirazione profonda necessita della piena espansione polmonare e di una fuoriuscita completa dell’aria e quindi vie è un’evidente movimento toracico. Un inspirazione superficiale è difficile da rilevare.

• LA QUALITÀ: il respiro normalmente è automatico, calmo e avviene senza sforzo (EUPNEA). Le anomalie qualitative sono di solito caratterizzate dalla comparsa di rumori o di sforzo durante il respiro. In caso di respiro difficoltoso si parla di DISPNEA. La dispnea può verificarsi durante l’attività fisica (DISPNEA da SFORZO), oppure a riposo (DISPNEA a RIPOSO). La dispnea può verificarsi inoltre nella fase inspiratoria (DISPNEA INSPIRATORIA) oppure nella fase espiratoria (DISPNEA ESPIRATORIA), talora può essere presente in entrambi le fasi (DISPNEA MISTA). Il respiro può anche essere rumoroso. Lo STRIDORE è un’inspirazione che ricorda un grido e può indicare un’ostruzione delle vie aeree superiori (spasmo laringeo, aspirazione corpi estranei). Il SIBILO si verifica in caso di un’ostruzione parziale dei bronchi o bronchioli (come nell’asma).

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

FATTORI che INFLUENZANO il respiro• ETA’: con la crescita si ha un aumento della capacità polmonare e con

il suo aumento è sufficiente una frequenza respiratoria più bassa per garantire gli scambi gassosi (neonati circa 45 atti respiratori al minuto, bambini 30, adolescenti 18, adulti 16). Con l’età matura si riduce l’elasticità polmonare e di conseguenza la capacità polmonare e quindi si ha un aumento della frequenza respiratoria.

• ESERCIZIO FISICO: con l’esercizio fisico aumenta la necessità di ossigeno e di eliminare l’anidride carbonica, nonché di ridurre il calore prodotto. L’organismo risponde aumentando la frequenza e la profondità del respiro.

• SESSO: normalmente gli uomini hanno una capacità polmonare maggiore delle donne, quindi una frequenza respiratoria minore.

• ALTITUDINE: l’ossigeno contenuto nell’aria a livello del mare (21%) diminuisce con l’aumentare dell’altitudine riducendo la quantità di emoglobina satura. Per compensare la rarefazione dell’ossigeno aumentano la frequenza e la profondità del respiro.

• POSTURA: una postura eretta favorisce la piena espansione del torace. Una posizione curva o sdraiata impedisce la completa espansione del torace, ne consegue un aumento della frequenza e della profondità del respiro.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

FATTORI che INFLUENZANO il respiro

• STRESS: l’ansia o lo stress stimolano il sistema nervoso simpatico e quindi si ah un aumento della frequenza e profondità del respiro.

• FARMACI: i narcotici diminuiscono la frequenza e la profondità del respiro. I broncodilatatori riducono la frequenza dilatando le vie respiratorie. Le anfetamine e la cocaina aumentano la frequenza e la profondità.

• FEBBRE: l’apparato respiratorio costituisce un sistema per la dispersione del calore in eccesso e quindi in presenza di febbre aumenta il calore e anche la frequenza respiratoria per disperderlo.

• DOLORE: il dolore altera la frequenza e la profondità degli atti respiratori, questi divengono più superficiali. Inoltre se il dolore è a livello toracico il paziente potrebbe inibire o ridurre i movimenti del torace.

• PATOLOGIE: ridotti livelli di emoglobina come nell’anemia riducono la capacità del sangue a trasportare ossigeno, aumentando la frequenza e profondità del respiro. Danni del midollo allungato (traumi) influiscono sul centro del respiro e inibiscono la frequenza e il ritmo respiratorio. Le patologie polmonari croniche (enfisema, bronchite, asma) possono alterare il respiro.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

SEGNI E SINTOMI dell’apparato respiratorio

• TOSSE: in genere rappresenta un atto riflesso a scopo difensivo evocato dalla stimolazione (meccanica, chimica, termica, infiammatoria o psicogena) dei recettori della tosse a livello delle mucose delle vie aeree inferiori. Il centro della tosse si trova nel bulbo. Ha la finalità di assicurare la pervietà delle vie tracheobronchiali. Consiste in una inspirazione profonda, seguita dalla contrazione dei muscoli espiratori e addominali a glottide chiusa, fino ad una violenta apertura della glottide ed espulsione dell’aria che trascina con sé i corpi estranei presenti. L’apertura violenta delle corde vocali determina il rumore caratteristico. La tosse può essere SECCA o PRODUTTIVA. La tosse secca è dovuta a fattori irritativi localizzati a livello delle vie aeree o della pleura. La tosse produttiva è dovuta alla presenza nei bronchi di secrezioni che il paziente cerca di espettorare.

• ESPETTORAZIONE: la quantità di espettorato o escreato nelle 24 ore può essere da pochi ml a parecchie centinaia. Può presentare caratteristiche diverse: sieroso (filante), mucoso (biancastro), mucopurolento (denso e giallastro), purolento (denso e verdastro).

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

SEGNI E SINTOMI dell’apparato respiratorio

• EMOTTISI o EMOFTOE: l’emottisi è l’emissione di sangue dalla bocca proveniente dalle vie respiratorie inferiori (laringe, trachea, bronchi e polmoni). Il sangue è rosso vivo, schiumoso, perché aereato. Può essere di varia entità: un filo di sangue commisto all’escreato, uno sputo mucopurolento emorragico, sangue puro non commisto ad escreato da pochi ml a oltre 500 ml.

• DISPNEA: indica una respirazione difficile, faticosa. Può essere inspiratoria se vi è un ostacolo all’introduzione dell’aria, espiratoria se vi è un ostacolo alla fuoriuscita dell’aria, oppure mista nella maggior parte delle malattie polmonari acute (polmoniti) e croniche (tubercolosi, neoplasie). Inoltre può essere da sforzo o a riposo.

• DOLORE TORACICO: può essere causato da malattie del cuore, aorta, pericardio; da malattie dello scheletro del torace; da malattie dell’esofago, del mediastino, della pleura. Nelle malattie dell’apparato respiratorio il dolore è dovuto ad un irritazione della pleura , che si presenta come un dolore di tipo puntorio, superficiale che si esarcerba con l’inspirazione localizzato in un punto del torace.

• CIANOSI: è una colorazione bluastra della cute e delle mucose visibili (naso, lobi delle orecchie, guance), dovuta ad un aumento dell’emoglobina ridotta nel sangue oltre i 5 g/100 ml, causata da una cattiva ossigenazione del sangue. Essa è dovuta al trasparire, attraverso i tessuti superficiali, del colore del sangue che circola nei capillari sottostanti: rosso cupo se la CO2 presente è aumentata.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

Misurazione del respiro: SCOPO

• La rilevazione del parametro del respiro stabilisce un valore base di riferimento per:

Ottenere dei dati di base per confrontarli con le successive misurazioni;

Ricercare le alterazioni del respiro;

Monitorare l’influenza dei farmaci e delle terapie sul respiro;

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

Misurazione del respiro: ACCERTAMENTO

• Si devono considerare alcuni elementi prima di rilevare il respiro:

La presenza di segni clinici e sintomi di alterazioni respiratorie (dispnea, dolore toracico, tosse, cianosi, ridotto livello di coscienza);

La presenza di fattori che influenzano il respiro (età, esercizio fisico, altitudine, postura, dolore, ansia, farmaci, febbre, patologie, ecc.);

Determinare la modalità più appropriata per la misurazione.

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5° unità didattica: i segni vitali – il respiro

Misurazione del respiro: METODI• Il paziente non deve accorgersi che si sta accertando

il respiro, in quanto la consapevolezza della rilevazione può alterare la profondità o la frequenza.

• Spesso si accerta il respiro dopo aver rilevato il polso radiale, continuando a mantenere il polso dell’assistito guardandoguardando i MOVIMENTI INSPIRATORI DEL TORACE contandoli per un minuto.

• Se il paziente dorme ASCOLTARE IL RESPIRO e contare gli atti respiratori per un minuto, se è superficiale osservare lo sterno dove i movimenti respiratori sono più evidenti.

• Nel bambino osservare IL SOLLEVARSI E L’ABBASSARSI DELL’ADDOME per contare gli atti respiratori, nei lattanti invece il MOVIMENTO DELLE PINNE NASALI (ali del naso).

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Misurazione del respiro

METODI