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COS’E’ UN ECOMUSEO : dalla definizione generale alla concreta realizzazione nel territorio della Regione Sardegna ******** Maria Rosaria Mameli matr..20/45/65221 Facoltà di Beni Culturali e Spettacolo Anno Accademico 2017/2018 La scelta di occuparmi di questo argomento è scaturita da diversi motivi : innanzitutto perché nel mio percorso all’interno della Facoltà di Beni Culturali ho avuto modo di studiare e conoscere l’inestimabile patrimonio archeologico che la Sardegna custodisce, poi perchè credo che le nostre tradizioni affondino le loro radici in un passato molto lontano ed è nostra cura preservarle affinchè si protraggano ancora nel tempo. Infine perché ho personalmente visitato l’ecomuseo della Montagna Sarda di Aritzo e mi ha entusiasmato la sua peculiarità facendomi

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COS’E’ UN ECOMUSEO : dalla definizione generale alla concreta realizzazione nel territorio della Regione Sardegna ********Maria Rosaria Mameli matr..20/45/65221

Facoltà di Beni Culturali e Spettacolo Anno Accademico 2017/2018

La scelta di occuparmi di questo argomento è scaturita da diversi motivi : innanzitutto perché nel mio percorso all’interno della Facoltà di Beni Culturali ho avuto modo di studiare e conoscere l’inestimabile patrimonio archeologico che la Sardegna custodisce, poi perchè credo che le nostre tradizioni affondino le loro radici in un passato molto lontano ed è nostra cura preservarle affinchè si protraggano ancora nel tempo. Infine perché ho personalmente visitato l’ecomuseo della Montagna Sarda di Aritzo e mi ha entusiasmato la sua peculiarità facendomi conoscere pratiche a me sconosciute in quanto nata e cresciuta in città.

INTRODUZIONE

Il codice dei beni culturali e del paesaggio, ampliando quanto disposto nell’art. 9 della Costituzione, pose l’attenzione e l’esigenza di ritenere il Patrimonio culturale come un insieme di beni materiali ed immateriali che rappresentano la creatività artistica umana nel suo svolgersi attraverso i secoli ed anche nella sua interazione con il paesaggio. Questi beni sono una preziosa testimonianza che però non deve rimanere disgiunta da usanze, tradizioni, mestieri della collettività frutto del suo

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adattamento all’ambiente circostante. E’ fondamentale in tal senso la valorizzazione, con lo scopo

di preservare la memoria alle generazioni future, di questo ulteriore “patrimonio”. L’articolo 6 del codice dei beni culturali e del paesaggio, specificando che la valorizzazione consiste nelle attività, complessivamente intese, dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione dello stesso, dice chiaramente cosa si intenda per valorizzazione del patrimonio culturale ed aggiunge inoltre con molta chiarezza che il fine a cui tendono le diverse attività ivi citate, di utilizzazione, fruizione pubblica dei beni, promozione, gestione nonché supporto agli interventi di conservazione è da intendersi come momento di sviluppo della cultura. Quando il Codice richiama il concetto di valorizzazione del patrimonio culturale, intende riferirsi da un lato al patrimonio culturale inteso come insieme di beni culturali e paesaggistici, e dall’altro al patrimonio culturale nazionale, a prescindere dalla sua proprietà pubblica o privata e, nell’ambito della sfera pubblica, della proprietà dello Stato o degli Enti Locali; i richiami che sovente si intravedono nelle leggi a quel legame identitario che unisce le comunità al contesto territoriale, storico, ambientale portano sempre più a considerare il patrimonio non come un insieme di beni, ma come un tutt’uno, intrinsecamente complesso e variegato, ma unitario.

Non bisogna inoltre dimenticare il fatto che tutte le attività connesse alla valorizzazione consentono di creare nuove opportunità lavorative( si riporta come esempio l’Accordo per la valorizzazione del sito di Monte d’Accoddi stipulato tra Mibact, Direzione Regionale per i Beni Culturali e paesaggistici della Sardegna e il Comune di Sassari), coinvolgendo diverse fasce economico-sociali al fine di evitare il diffuso problema dello spopolamento dei piccoli centri, come purtroppo avviene oggi anche in Sardegna. Contemporaneamente il diffondersi dell’orientamento della giurisprudenza costituzionale ha sancito la possibilità per le Regioni di identificare altri beni culturali anche se con la sola finalità della valorizzazione. A questo proposito si ricorda la sentenza n. 94 del 2005 sui locali storici ormai divenuta famosa. Secondo questa sentenza è possibile per le Regioni emanare norme che pur avendo finalità di tutela non tentino di sovrapporsi alla disciplina statale ma che si limitino ad intervenire in maniera differente o aggiuntiva rispetto alle norme già esistenti, anche nell’individuazione di altri beni di valenza culturale purché all’interno di uno specifico territorio con una propria storia. Così accanto al tradizionale museo come “istituzione adibita alla raccolta, conservazione ed esposizione di oggetti del passato” spesso presentati in maniera accademica si aggiungono gli ecomusei che, secondo una definizione di Maurizio Maggi – coautore del libro “ I Musei”- sono descritti così: “Ecomuseo come un patto con il quale una comunità si impegna a prendersi cura di un territorio”.

CENNI STORICI

Per questo motivo a partire dal 1995 in Italia alcune Regioni hanno istituito gli ecomusei disciplinati con Leggi Regionali e per i quali non esiste una normativa di carattere nazionale. L’esperienza dell ‘ecomuseo nasce in Francia all’inizio degli anni 70 grazie all’intuizione del museologo George Henry Riviére che così li descrive :

“L’ecomuseo è il museo del tempo e dello spazio in un territorio dato…È un’istituzione che si occupa di studiare, conservare, valorizzare e presentare la memoria collettiva

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di una comunità e del territorio che la ospita delineando linee coerenti per lo sviluppo futuro”.

La Sardegna è una regione dotata di una grande ricchezza in termini di patrimonio locale, non solo per la peculiarità della sua cultura ma anche per la grande varietà interna che la caratterizza. Le forme che questo patrimonio assume, dalle architetture tradizionali (come le case in terra cruda) alla cucina locale, dalle differenze linguistiche alle tradizioni rituali, si prestano molto bene, per la loro estrema diffusione sul territorio, ad iniziative di valorizzazione tramite ecomusei.

A questo si aggiunge la convinzione che lo sviluppo turistico dell’isola possa ricavare consistenti vantaggi da un riequilibrio fra attività che si concentrano sul litorale e opportunità offerte dalle zone interne. Questa situazione aveva attirato in passato l’attenzione dei legislatori regionali sullo strumento ecomuseo. Nel 2003 venne infatti presentato un primo progetto di legge, poi destinato a decadere con la fine della XII legislatura. La necessità di un provvedimento regolativo rimase però urgente, a fronte di numerose iniziative che emergono dai territori a partire soprattutto dall’inizio del decennio 2000: dai piccoli ecomusei a livello comunale, a proposte territorialmente più articolate come il complesso geo-minerario del Sulcis-Iglesiente. La XIII legislatura vide così un nuovo progetto, che contemplava l’esistenza degli ecomusei – insieme ai musei e ai parchi archeologici – in un quadro articolato, nel quale cooperazione e comunicazione fra soggetti culturali costituivano punti fermi.

Il P.d.L. presentato nel 2003 decadde, a seguito del rinnovo amministrativo della primavera 2005. Il primo disegno riguardava solo gli ecomusei e presentava una caratteristica originale, rispetto agli altri provvedimenti approvati o in itinere all'epoca, nel prevedere un finanziamento in concorrenza fra Regione (90%) e comuni (10%). I contenuti di quel P.d.L. furono in parte ripresi nella successiva legge. La parte relativa agli ecomusei è costituita da un ampio articolo (articolo 11) che mira a riordinare l'intero quadro dei siti sardi: ecomuseali, museali e archeologici. Il riconoscimento degli ecomusei come specifico ambito di politica pubblica accanto a musei e parchi archeologici costituisce una prima e rilevante novità del provvedimento sardo, ancor più, da un certo punto di vista, delle leggi espressamente dedicate. Nel merito, viene ampiamente sottolineato l’aspetto della partecipazione attiva dei residenti e si riconosce agli ecomusei “il ruolo di catalizzatori dei processi di valorizzazione condivisa dei territori e dei loro patrimoni e delle reti di relazioni locali”. Interessante anche l'incentivo alla cooperazione intercomunale. Un requisito previsto è infatti la partecipazione al progetto pluriennale dell'ecomusei di almeno due comuni .

Costituisce un’ulteriore positiva novità la previsione di creare un Osservatorio museale (articolo 14) per accompagnare l’applicazione del provvedimento, dunque una struttura potenzialmente più efficace e operativa di un comitato scientifico.All’Osservatorio, che prevede di avvalersi del “concorso di esperti esterni di riconosciuta competenza nazionale ed internazionale”, vengono inoltre attribuite funzioni di valutazione sull’operato dei diversi soggetti riconosciuti dalla legge, con effetti anche sulla ripartizione futura delle risorse.

LEGGE REGIONALE 20 settembre 2006 n. 14 - Norme in materia di beni culturali, istituti e luoghi della cultura

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Si riportano di seguito per intero l’articolo 11 e l’articolo 14

Art.11 11 Ecomusei1. L’ecomuseo è un’istituzione culturale volta a rappresentare, valorizzare e comunicare al pubblico i caratteri, il paesaggio, la memoria e l’identità di un territorio e della popolazione che vi è storicamente insediata, anche al fine di orientarne lo sviluppo futuro in una logica di sostenibilità, responsabilità e partecipazione dei soggetti pubblici e privati e della comunità locale in senso lato; a) documentare e conservare la memoria storica del territorio nelle sue manifestazioni materiali ed immateriali, attraverso la salvaguardia e la ricostruzione di edifici e ambienti secondo i criteri dell’edilizia tradizionale e nel rispetto di un corretto rapporto tra consumo e rinnovamento delle risorse, nonché attraverso il recupero di strumenti, saperi e pratiche tradizionali, anche nella prospettiva di proporre al mercato turistico servizi, attività e produzioni locali sostenibili e a basso impatto ambientale;

b) predisporre percorsi nel paesaggio volti a far conoscere le caratteristiche del patrimonio territoriale nelle sue componenti ambientali, storico-culturali, produttive, etnoantropologiche; c) promuovere e realizzare attività di ricerca e progetti educativi relativi all’ambiente e alla cultura locale, rivolti prioritariamente alle istituzioni scolastiche; d) provvedere alla catalogazione del patrimonio e alla predisposizione di documenti informativi da mettere a disposizione del pubblico in appositi luoghi di documentazione e di informazione; e) cooperare con ecomusei di altre realtà territoriali; f) favorire l’inserimento dell’offerta ecomuseale nei programmi di marketing e di valorizzazione territoriale promossi dai sistemi turistici locali; g) coordinare la propria attività con i progetti integrati di sviluppo locale promossi nel territorio da soggetti pubblici e privati. 3. Gli ecomusei svolgono il ruolo di catalizzatori dei processi di valorizzazione condivisa dei territori e dei loro patrimoni e delle reti di relazioni locali, attraverso il coinvolgimento delle comunità, delle istituzioni culturali e scolastiche e delle associazioni del territorio. 4. Gli ecomusei assolvono ai propri compiti mediante personale professionalmente qualificato, si dotano di un proprio statuto o regolamento approvato dagli organi competenti e provvedono alla rilevazione dei dati sui propri servizi, attività e utenti. 5. Gli ecomusei sono istituiti dalla Giunta regionale su proposta delle amministrazioni interessate e sulla base del possesso dei seguenti requisiti: a) presenza nel territorio di risorse naturalistiche, architettoniche, artistiche, storiche di particolare rilievo e messa a disposizione di almeno un edificio caratteristico di interesse storico; b) coinvolgimento di associazioni operanti nel territorio nel settore della valorizzazione della cultura locale, mediante accordi di programma indicanti compiti e risorse materiali e finanziarie di ogni partecipante; c) elaborazione di un piano di gestione e di un progetto pluriennale; d) partecipazione attiva dei residenti al progetto e ampio coinvolgimento delle realtà economiche locali. 6. L’istituzione degli ecomusei è promossa da comuni singoli o associati. 7. Ogni ecomuseo ha una propria denominazione e un proprio marchio esclusivo, coerente graficamente con il sistema di identità visiva del patrimonio culturale di cui al comma 4 dell’articolo 18.

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Art. 14 Osservatorio regionale dei musei1. Entro tre mesi dall’entrata in vigore della presente legge è istituito l’Osservatorio regionale dei musei, organismo tecnico scientifico con funzione consultiva e propositiva nei confronti della Giunta regionale riguardo alla stesura del Piano regionale di cui all’articolo 7 e alla sua attuazione, nonché alla qualità culturale e scientifica del Sistema mussale della Sardegna e all’istituzione di nuovi musei, parchi archeologici ed ecomusei. 2. L’Osservatorio è istituito con decreto dell’Assessore regionale competente ed è composto da: a) tre direttori di musei regionali e di ente locale, eletti collegialmente dai direttori dei musei regionali e di ente locale; b) un rappresentante dei musei ecclesiastici designato dalla Conferenza episcopale sarda; c) un rappresentante dei musei di proprietà privata aderenti al Sistema museale regionale, designato dai titolari dei musei di proprietà privata; d) quattro rappresentanti degli enti locali nominati dal Consiglio delle autonomie locali; e) tre esperti di riconosciuta e documentata competenza in materia di musei, parchi archeologici ed ecomusei, designati dal Consiglio regionale con voto limitato a uno;

f) un rappresentante dell’International council of museums (ICOM) operante nel territorio regionale, designato dal presidente dell’ICOM Italia o dal presidente regionale; g) due rappresentanti delle associazioni datoriali e di categoria degli operatori dei musei di ente locale, dei parchi archeologici e degli ecomusei da queste designati; h) il dirigente del Servizio beni culturali dell’Assessorato regionale competente. Possono far parte dell’Osservatorio, previo accordo con l’ente di appartenenza, un rappresentante dei musei statali e uno delle soprintendenze archeologiche, designati dalla Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Sardegna e un rappresentante delle due università della Sardegna, designato dai rettori tra i docenti di riconosciuta e documentata competenza in materia di beni culturali e paesaggistici.

3. I membri dell’Osservatorio, alla prima seduta, eleggono un presidente. L’Osservatorio resta in carica per la durata della legislatura, si riunisce almeno due volte l’anno, su convocazione del suo presidente. Le funzioni di segreteria dell’Osservatorio sono svolte da un funzionario dell’Assessorato competente. 4. Entro il mese di ottobre di ciascun anno, l’Osservatorio presenta all’Assessore regionale competente la relazione annuale sullo stato del Sistema museale della Sardegna ed esprime, anche con il concorso di esperti esterni di riconosciuta competenza nazionale ed internazionale, una valutazione sull’efficienza ed efficacia di utilizzo delle risorse erogate nel precedente anno; le risultanze di tale valutazione costituiscono un elemento informativo rilevante ai fini della ripartizione per gli anni successivi dei finanziamenti di cui all’articolo 21. 5. Ai componenti dell’Osservatorio regionale dei musei sono attribuiti le indennità e i rimborsi previsti dalla legge regionale 22 giugno 1987, n. 27.

L’ECOMUSEO DI ARITZO

Il museo, che documenta la cultura del territorio del Mandrolisai e della Barbagia di Belvì, si articola in due sezioni: una dedicata ai costumi tradizionali aritzesi, l'altra agli utensili delle attività caratteristiche del territorio (agro-silvo-pastorali, artigianali e commerciali) e dei lavori casalinghi, esposti in ambienti accuratamente ricostruiti. Di particolare interesse la documentazione sulla produzione della carapigna, la granita a base di ghiaccio naturale e limone, che gli aritzesi esportavano in tutta l'isola già dal Quattrocento. Fa parte del percorso museale la visita alle prigioni

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spagnole Sa Bovida, dove è ubicata la mostra permanente su magia e stregoneria in Sardegna nel XVI – XVII secolo.

Situato in una delle parti più incontaminate e suggestive del massiccio del Gennargentu, Aritzo è un importante centro montano che mostra un'architettura interessante, caratterizzata da facciate in pietra scistosa e lunghi balconi anticamente in legno, oggi in ferro battuto. La collezione museale è collocata provvisoriamente nei locali al pianterreno della scuola elementare di via Marconi, un caseggiato degli anni cinquanta ubicato nel centro del paese.

Le singole stanze ospitano un patrimonio straordinariamente ampio e variegato delle attività più rappresentative della cultura barbaricina. Il criterio scelto per la disposizione dei reperti, all'interno del museo, è stato quello per tematiche e mestieri. Il percorso museale si articola in due sezioni. La prima ospita una rassegna di costumi tradizionali maschili e femminili e una collezione di maschere ferine locali quali "su mamutzone", "s'ulzu" (l'orso), "sa maltenica" (la scimmia) e "su boe", tutte realizzate con pelli di capra o di pecora.

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Nell'altro spazio il materiale esposto fa parte della tradizione agro-silvo-pastorale, e così troviamo gli attrezzi del contadino, del boscaiolo, del falegname-intagliatore, del pastore, del fabbro e del bottaio, ma anche gli oggetti relativi alla tessitura, all'artigianato e alla sfera magico-religiosa.

Importanti anche gli strumenti destinati alla lavorazione e produzione delle candele e alla loro decorazione e un'intera raccolta di campanacci, dalle forme e sfumature sonore più varie. C'è poi un settore interamente dedicato alla produzione della "carapigna", sorbetto al limone che un tempo veniva confezionato con la neve raccolta sui monti e custodita nelle "neviere", profonde fosse ricoperte di paglia o arbusti. Aritzo, infatti, famosa per l'industria della neve, aveva ottenuto dal fisco spagnolo il monopolio della raccolta della neve e, per ben cinque secoli, rifornì di ghiaccio l'intera isola e il Palazzo reale di Cagliari. Chiude il percorso la ricostruzione della cucina tradizionale, con il camino a fuoco centrale e arredata con tutti gli attrezzi dell'epoca. Qui è documentata la catena operativa della panificazione e dell'essiccazione e lavorazione delle castagne e si trova esposta anche una collezione di giocattoli.

Il museo ricostruisce con particolare accuratezza gli ambienti tipici della civiltà contadina e pastorale degli inizi del secolo e le attività artigianali e commerciali legate alla cultura della Barbagia - Mandrolisai, esponendo oggetti e arredi originali. Tra gli oggetti più rari della raccolta, una collezione di antiche cassapanche adibite alla conservazione del pane, della biancheria, del grano e delle castagne note, più comunemente, col nome di "cassa di Aritzo" o "barbaricina". Da segnalare anche la presenza di sorbettiere in stagno del XVII secolo e un torchio, per vinacce, realizzato a mano, in legno di rovere.

La visita guidata è condotta da personale specializzato in Storia della cultura materiale e Pedagogia. Il museo inoltre organizza visite guidate al Carcere spagnolo "Sa Bovida" e al Sistema museale che comprende l'escursione, a piedi, a "Funtana Cugnada" dove si trovano le "neviere"; la visita al Centro storico dove sopravvivono ancora i resti delle "domos de nie", le case della neve; alla Torre Campanaria, alta una quarantina di metri, dalla quale è possibile spaziare su un suggestivo panorama.

In Sardegna oltre all’ecomuseo di Aritzo sono presenti sul territorio anche: l’Ecomuseo delle acque di Barbagia a Sadali e l’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa a Seulo. Il primo valorizza il territorio meridionale della regione storico-geografica della Barbagia e dà la possibilità di conoscere in modo approfondito le bellezze del centro storico del paese e del suo territorio. Infatti in centro storico di Sadali è caratterizzato dall’importante presenza dell’acqua che sgorga dalla sorgente “Funtana Manna” e poi confluisce nella bellissima cascata di San Valentino che è l’unica in Sardegna a trovarsi all’interno di un centro abitato e che presenta a lato un antico mulino ad acqua. L’ecomuseo propone inoltre diversi itinerari tra cui: le vie d’acqua, il sentiero delle Fate e il sentiero dei Carbonai.L’Ecomuseo dell’Alto Flumendosa si occupa della tutela e valorizzazione del patrimonio ambientale, storico e artistico del territorio della Barbagia di Seulo offrendo visite guidate orientate attraverso percorsi tematici diversi: ambiente naturale e geologia, peculiarità botaniche e patrimonio forestale, i paesaggi agrari, il pastoralismo.

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