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A. A. 2009-10

Didattica e individualizzazione

Responsabile scientificoGaetano Domenici

Adattamento didatticoa cura di

Anna Maria Ciraci

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Didattica e individualizzazione

Unità 1

L’ individualizzazione della didattica: Istruzione programmata e Mastery learning

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di A.M. Ciraci, Strategie didattiche per l’equità, in S. Capogna, A.M. Ciraci, Certificazione delle competenze e strategie didattiche. Opportunità formative per l’equità sociale, Monolite, Roma 2007.

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Abstract

La necessità di cambiare le modalità di insegnamento ha inizio intorno agli anni Cinquanta, quando, nei paesi industrialmente avanzati e in seguito alle esigenze del mondo del lavoro, alla scuola, divenuta di massa, viene richiesto di produrre un innalzamento della qualità dell’istruzione e, nello stesso tempo, di diventare strumento di mobilità sociale. Si comincia a fare strada l’idea che, per condurre la maggior parte degli studenti al più alto livello possibile di apprendimento, per individuare attitudini o talenti per specifiche aree di studi e per guidare i loro possessori verso le opportune professioni, occorresse mettere ognuno nella condizione di poter assorbire le conoscenze impartite dal sistema scolastico formale. Una prima risposta a questi problemi può individuarsi nelle proposte di rinnovamento della didattica da parte della tecnologia dell’istruzione (istruzione programmata) e della tecnologia dell’educazione (mastery learning).

Obiettivi• Comprendere le ragioni sociali alla base dell’individualizzazione della didattica• Individuare il concetto di uguaglianza delle opportunità formative• Delineare gli aspetti teorici ed operativi dell’istruzione programmata e del mastery learning

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Mappa unità 1

Istruzione programmata

Individualizzazione

Didattica

Tecnologia dell’istruzione

Mastery learning

Tecnologia dell’educazione

Uguaglianza di opportunità

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Didattica e uguaglianza delle opportunità formative

• Storicamente le condizioni del dibattito sulla giustizia in educazione cambiano con la stessa generalizzazione dell’istruzione.

• La necessità di cambiare le modalità di insegnamento ha inizio intorno agli anni Cinquanta, quando, nei paesi industrialmente avanzati e in seguito alle esigenze del mondo del lavoro, alla scuola, divenuta di massa, viene richiesto di produrre un innalzamento della qualità dell’istruzione e, nello stesso tempo, di diventare strumento di mobilità sociale.

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Didattica e uguaglianza delle opportunità formative

• L’universalizzazione dei livelli minimi di istruzione, infatti, pur nella lodevole prospettiva della garanzia dei diritti di cittadinanza, trattando tutti in modo uguale in termini di accesso e di risorse, aveva solo spostato verso l’alto i processi di selezione.

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Didattica e uguaglianza delle opportunità formative

• J. S. Coleman, autore, nel 1966, della prima grande inchiesta rivolta a definire fino a che punto gli istituti educativi americani fossero in grado di offrire opportunità educative, sviluppando alcune implicazioni dell’inchiesta, si chiedeva:

Cosa vuol dire “uguaglianza educativa”?

Avere scuole uguali o studenti uguali?

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Didattica e uguaglianza delle opportunità formative

• Si comincia a riconsiderare il concetto di uguaglianza di opportunità formative nel senso di un’uguaglianza di tipo

“correttivo”, cioè come grado di eguaglianza di cui l’individuo può disporre per sviluppare la sua capacità potenziale.

• Si comincia a fare strada l’idea che, per condurre la maggior parte degli

studenti al più alto livello possibile di apprendimento, per individuare attitudini o talenti per specifiche aree di studi e per guidare i loro possessori verso le opportune professioni, occorresse mettere ognuno nella condizione di poter assorbire le conoscenze impartite dal sistema scolastico formale.

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Didattica e uguaglianza delle opportunità formative

• In base ad una concezione moderna e democratica di uguaglianza delle opportunità formative non si può accettare che determinati risultati siano raggiunti da alcuni e non da altri o, peggio, che si rinunci a priori a considerare tali risultati raggiungibili da parte di tutti.

• Una società che voglia un alto numero di persone capaci di risolvere

problemi complessi e di adattarsi rapidamente alle situazioni che cambiano, non può accontentarsi di selezionare i talenti ma deve fare in modo che la maggior parte della popolazione acquisisca tali abilità fornendogli opportunità di apprendimento adeguate ai suoi bisogni o al suo stato evolutivo e per tutto il tempo necessario.

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La tecnologia dell’istruzione

• Una prima risposta a questi problemi può individuarsi nelle proposte di rinnovamento della didattica che nascono in seguito agli sviluppi della psicologia dell’apprendimento (dallo strutturalismo di Bruner al cognitivismo di Gagné, Guilford, Bloom) e all’impiego degli esiti della ricerca tecnologica.

• Questa fase della ricerca, definita tecnologia dell’istruzione perché

caratterizzata appunto dall’ingresso delle tecnologie nell’istruzione, pone l’accento sulle modalità con cui avviene la comunicazione educativa e sulla organizzazione dei contenuti.

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L’istruzione programmata

• Le proprietà di un tale processo di insegnamento-apprendimento in cui la strumentazione tecnica prevale sul controllo delle variabili che determinano le condizioni del processo stesso, sono rappresentate in modo paradigmatico da quella metodologia didattica che va sotto il nome di istruzione programmata.

• Con l’espressione istruzione programmata ci si riferisce ad una metodologia di insegnamento/apprendimento che utilizza un itinerario didattico predeterminato in cui a ciascuna unità formativa del percorso programmato fa seguito una prova di verifica dal cui esito deriverà il successivo itinerario di istruzione proposto.

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L’istruzione programmata

Dal punto di vista operativo l’ istruzione programmata prevede la definizione:

• del livello di conoscenze in ingresso per accedere al programma• delle conoscenze progressive e finali da far acquisire• delle sequenze del programma per facilitare al massimo

l’apprendimento• delle verifiche per il controllo (feedback) di ogni singola prestazione• delle sequenze da far ripetere o da attivare per permettere il passaggio

agli ulteriori apprendimenti previsti dal programma.

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L’istruzione programmata

• Questa metodologia, apprezzabile sicuramente perché fondata sul superamento di una logica individualistica e in qualche modo artigianale dei processi didattici, non prevede però una perequazione dei requisiti di chi si immette nella procedura.

• Le sequenze, che sono precostituite, infatti, possono non corrispondere alle effettive necessità dei singoli allievi e il rinforzo o il recupero, che sono attuati ripetendo l’itinerario già proposto e che ha già dato esito negativo. Le diversità degli allievi, dunque, sono considerate ancora variabili indipendenti ed immutabili.

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L’istruzione programmata

Nell’Istruzione programmata rimangono irrisolti tutti i problemi connessi alle diverse caratteristiche affettivo-motivazionali e cognitive degli allievi.

Fondandosi sul presupposto di una sostanziale uniformità di queste caratteristiche all’inizio della procedura formativa, si assume, come naturale conseguenza, una difformità di risultati al termine della procedura stessa.

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La tecnologia dell’educazione

Il superamento dei limiti della tecnologia dell’istruzione e un diverso approccio nel concepire le differenze individuali viene avviato nell’ambito di quella fase della ricerca che va sotto il nome di tecnologia dell’educazione.

Dal dibattito scientifico attorno ai problemi posti dalla tecnologia

dell’educazione sono derivate diverse strategie di insegnamento/apprendimento tra cui riveste particolare rilievo quella che va sotto il nome di mastery learning.

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Il mastery learning

La teoria del mastery learning, o “apprendimento per la padronanza”, messa a punto negli anni Sessanta ad opera di un gruppo di psicologi e pedagogisti statunitensi, fra i quali B. S. Bloom, J. B. Carroll, P. W. Airasian, J. H. Block, parte dal presupposto che l’esistenza o meno di differenze nelle capacità o nel profitto degli allievi è “un falso problema”.

La ragione delle differenze individuali nell’apprendimento non va ricercata nella persona dell’allievo ma nell’interazione tra individui e ambiente educativo e sociale in cui essi si collocano.

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Il mastery learning

Come dice Bloom “non bisogna accontentarsi della selezione dei talenti ma bisogna riuscire a sviluppare i talenti”.

Ma come si può coltivare il “talento” di ognuno?

Cambiando approccio e prospettiva nel concepire le differenze individuali.

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Il mastery learning

• L’apprendimento scolastico può essere considerato, infatti, come un sistema causale in cui “l’apprendimento attuale è il risultato dell’apprendimento precedente e delle condizioni di apprendimento offerte ma, a sua volta, comporta conseguenze su quello futuro”.

• Se la situazione dell’allievo è precaria lo si deve in larga misura alle esperienze di apprendimento scolastico e la soluzione della questione sta nella possibilità di fruire di modalità di insegnamento diversificate proprio in relazione a tali differenze.

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Il mastery learning

Nella teoria del Mastery learning • Si parte dall’idea che la maggior parte degli individui potrebbe

apprendere ciò che la scuola deve insegnare se disponesse dell’aiuto e del tempo di cui necessita.

• Si assume che differenti soggetti hanno bisogno di differenti quantità di tempo per apprendere e si asserisce che in condizioni favorevoli vi può essere uguaglianza di apprendimento.

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Il mastery learning

• E’ innegabile che esitano differenze di capacità, di attitudini, di ritmi di apprendimento, di motivazioni, ma attualmente i processi di insegnamento-apprendimento fanno riferimento alla presenza di capacità, attitudini e motivazioni paradossalmente come presupposto al successo dell’intervento formativo e non come risultato a cui tendere.

• Se invece tali differenze vengono considerate non come facenti parte della natura del soggetto che apprende ma determinate soprattutto dall’ambiente (familiare, scolastico, sociale) e dunque dalle condizioni di apprendimento, esse non sono un dato di natura irreversibile ma, come variabili di comportamento, risultano passibili di cambiamento

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Il mastery learning

• L’educatore non deve ricercare le cause extrascolastiche ma averne chiari gli effetti, e di fronte alle diversità interindividuali, per garantire l’uguaglianza delle opportunità, deve muoversi partendo dalla realtà dell’alunno attraverso interventi didattici diversificati. Uguaglianza di opportunità non significa identità di opportunità.

• Il denominatore comune di ogni misura da prendere è l’individualizzazione dell’intero sistema di istruzione.

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Il mastery learning

Ne consegue che, per fare in modo che la totalità degli alunni di una determinata classe raggiunga la “padronanza”, ovvero gli obiettivi generali finali del percorso formativo, è necessario un processo di insegnamento/apprendimento individualizzato, caratterizzato da interventi didattici diversificati, da flessibilità di tempi per la realizzazione del compito e soprattutto da interventi di recupero.

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Il mastery learning. Aspetti teorici

• La maggior parte degli studenti è in grado di apprendere ciò che la scuola deve insegnare.

• Quando si offrono condizioni di apprendimento favorevoli, la capacità di apprendere, il ritmo di acquisizione e la motivazione a proseguire diventano molto simili per la maggior parte degli allievi.

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Il mastery learning. Aspetti teorici

• La capacità di apprendere, indicata dal tempo e dallo sforzo necessario per imparare, è altamente modificabile.

• Ogni allievo deve avere tutto il tempo necessario per conseguire la padronanza.

• L’insegnamento va affrontato con sensibilità e sistematicità.

• Gli allievi vanno aiutati quando e dove presentano difficoltà di apprendimento.

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Il mastery learning. Aspetti operativi

• Stabilire in maniera chiara cosa sia da considerare “padronanza”, definendo in modo chiaro i traguardi formativi complessivi che si vogliono raggiungere in termini di obiettivi operativi misurabili.

• Suddividere l'intero corso disciplinare in tante “unità” (non superiori ad un impegno di lavoro scolastico di circa due settimane) a ciascuna delle quali corrisponde una prova a carattere formativo che saggia il conseguimento dei singoli obiettivi. Nel caso di errori nella prova formativa si dovrà attivare un percorso individualizzato a carattere compensativo.

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Il mastery learning. Aspetti operativi

• Elaborare gli strumenti per la verifica delle caratteristiche cognitive ed affettive d'ingresso e per le verifiche formative, così da avere un feed-back continuo sulle difficoltà incontrate da ogni allievo nello svolgimento del compito.

• Allestire i materiali, le risorse e gli itinerari didattici per attuare procedure diversificate di recupero.

• Mettere a punto la prova di verifica finale complessiva, per il controllo del raggiungimento della “padronanza”.

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Il mastery learning. Conclusioni

Senza sottovalutare le difficoltà di realizzare una strategia

individualizzata nelle classi, troppo numerose, di oggi, il mastery learning rappresenta comunque un modello teorico-operativo di riferimento e uno schema concettuale in grado di chiarire le relazioni tra le variabili che interagiscono nel processo di insegnamento/apprendimento e di porsi come la struttura portante di un processo didattico capace di rompere i ponti con la funzione selettiva della scuola.

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Percorso di apprendimento

Attività di compensazione B

Attività di compensazione A

Padronanza

Verifica formativa

Mastery Learning Schema operativo

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Modulo Didattica e individualizzazione

Unità 2

ll sistema di Keller per la padronanza. Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica (DIVA).

La valutazione nel Mastery learning e in DIVA

Gran parte dei materiali di studio qui presentati costituiscono un adattamento di alcuni lavori di G. Domenici presenti in Bibliografia.

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Abstract

Nello stesso periodo in cui veniva sperimentata la strategia del mastery learning, vi sono state altre interpretazioni della individualizzazione.Nel cosiddetto sistema di istruzione personalizzata, proposto da Keller si postula il fatto che molti allievi, che in condizioni didattiche “normali” non apprendono, possano, di fatto, raggiungere risultati soddisfacenti rendendo più individualizzato l'approccio formativo. Però, poiché la padronanza è rappresentata dalla somma delle abilità verificate al termine di ciascuna unità di studio, in esso la verifica assume più un valore fiscale che formativoLa strategia DIVA mira invece a realizzare una individualizzazione che vada oltre la progettazione di interventi di compensazione richiesti dalle difficoltà di apprendimento. In questa strategia viene anticipata l’individuazione delle difficoltà di apprendimento per evitare che si accumulino deficit di conoscenze e competenze. Vanno individualizzati quindi non solo gli interventi di recupero, ma l’intera proposta formativa attraverso una valutazione analogica che è la base informativa per la progettazione della istruzione individualizzata.

Obiettivi• Delineare il sistema di istruzione personalizzata, proposto da Keller • Individuare le differenze tra il recupero nel mastery learning e nel sistema di Keller• Delineare i caratteri della strategia DIVA• Individuare le differenze tra la valutazione nel Mastery learning e in DIVA

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Mappa unità 2

Didattica

Istruzione personalizzata di

Keller

Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica (DIVA)

Valutazione in DIVA

Valutazione nel Mastery learning

Individualizzazione

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Il Sistema di istruzione personalizzata di F. S. Keller

Nello stesso periodo in cui veniva sperimentata la strategia del mastery learning, vi sono state altre interpretazioni della individualizzazione, come il cosiddetto sistema di istruzione personalizzata, proposto da Keller.

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Il Sistema di istruzione personalizzata di F. S. Keller

Nel sistema di Keller ogni studente

• deve padroneggiare un compito di apprendimento prima di passare al successivo

• lavora in base al proprio ritmo attraverso uno studio individualizzato del materiale di istruzione, con l’eventuale aiuto del tutor o di un assistente istruttore

• viene valutato in base al numero di compiti che durante il corso ha completato e padroneggiato.

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Il Sistema di istruzione personalizzata di F. S. Keller

• Si ipotizzano situazioni di apprendimento rigidamente individuali in cui l’avanzamento nel curricolo è di tipo semplicemente cumulativo e si considera la padronanza come la somma delle abilità verificate al termine di ciascuna unità di studio e non come integrazione delle più significative conoscenze promosse da tutte le unità.

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Il Sistema di istruzione personalizzata di F. S. Keller

• Anche nel sistema di Keller si postula, dunque, il fatto che molti allievi, che in condizioni didattiche “normali” non apprendono, possano, di fatto, raggiungere risultati soddisfacenti rendendo più individualizzato l'approccio formativo.

• Però, poiché la padronanza è rappresentata dalla somma delle abilità verificate al termine di ciascuna unità di studio, in esso la verifica assume più un valore fiscale che formativo (infatti gli allievi che non superano la prova vengono rimandati alla ritrattazione della corrispondente unità).

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Il Sistema di istruzione personalizzata di F. S. Keller

• Nel mastery learning, invece, il recupero, diversificandosi rispetto all'itinerario didattico originario, permette di far acquisire quelle conoscenze che con l’itinerario precedente non si era riusciti a far conseguire.

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica(DIVA)

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica

• Questa strategia didattica, messa a punto da B. Vertecchi, negli anni Novanta del secolo scorso, come tentativo di superamento di alcuni limiti del mastery, si fonda sull’ “analogia”.

• L’analogia è una forma di ragionamento che ha la stessa struttura della proporzione: così come una proporzione mette in relazione elementi tra loro omogenei e indica un rapporto di identità tra le coppie, una analogia mette in relazione elementi tra loro eterogenei e suggerisce un rapporto di somiglianza tra le coppie.

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica

• In questa strategia didattica, quindi, dopo un’analisi dettagliata degli obiettivi di ogni segmento di istruzione, ogni obiettivo viene associato ad un obiettivo analogo tale però da fare riferimento a conoscenze e competenze già padroneggiate dagli allievi.

• Successivamente vengono elaborate le prove relative agli obiettivi analogici e dall’analisi degli esiti di queste prove si potranno individuare anticipatamente le maggiori difficoltà di apprendimento di ogni allievo rispetto agli obiettivi del percorso di apprendimento.

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica

• La strategia DIVA mira a realizzare una individualizzazione che vada oltre la progettazione di interventi di compensazione richiesti dalle difficoltà di apprendimento.

• In sostanza si tratta di prevedere quali saranno le difficoltà di apprendimento che ogni allievo potrà incontrare nel percorso di istruzione proposto.

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica. Aspetti teorici

• Anticipare l’individuazione delle difficoltà di

apprendimento per evitare che si accumulino deficit di conoscenze e competenze.

• Individualizzare non solo degli interventi di recupero, ma l’intera proposta formativa.

• Mantenere fissi i traguardi della formazione e adattare alle caratteristiche individuali i percorsi di istruzione.

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Didattica Individualizzata con Valutazione Analogica. Aspetti operativi

• 1.Vengono progettate tre versioni di ogni segmento di istruzione.

• 2. Il curricolo individualizzato per ogni studente viene definito sulla base dell’esito della prova analogica d’ingresso.

• 3. La valutazione analogica è la base informativa per la progettazione della istruzione individualizzata.

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Diva Schema operativo

Valutazione analogica

Percorso di apprendimento A

Percorso di apprendimento B

Percorso di apprendimento C

Padronanza

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Alcune critiche alla strategia DIVA

Al di là degli aspetti sicuramente innovativi della proposta, alcune delle critiche più fondate avanzate al modello DIVA (G. Domenici 2001) concernono:

• a. la sottostante concezione lineare dello sviluppo dell’apprendimento• b. l’impossibilità di impiegare il modello in assenza di una enorme

sovrabbondanza di materiali didattici e di apparecchiature informatiche nelle situazioni educative formali.

La prima critica fa quindi riferimento alla probabilità che le lacune che si prevede, su base analogica, debbano affiorare in un prossimo futuro, di fatto, al momento dell’intervento di potenziamento e recupero delle corrispondenti abilità e conoscenze, siano state già superate dal soggetto in forza della ricca esperienza condotta fino a quel momento, anche in ambiti disciplinari viciniori o affini.

La seconda critica fa, più prosaicamente, riferimento alla non ricca dotazione tecnologica e finanziaria delle nostre scuole.

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La valutazione nel Mastery learning e in Diva

Nel Mastery learning la valutazione formativa è

parte integrante del processo educativo

In DIVA la valutazione analogica è la base informativa per la

progettazione della istruzione individualizzata

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La valutazione nel Mastery learning e in Diva

Mastery learning

La progettazione della prova:• Vengono esaminati

analiticamente gli elementi della nuova proposta di apprendimento

• Viene individuata l’operazione cognitiva richiesta da ogni elemento (Tassonomia)

• Si associano uno o più item della prova.

DIVA

La progettazione della prova:• Il rapporto di somiglianza tra le

due coppie di elementi di una analogia consente di prevedere la risposta probabile allo stimolo reale (curricolo) sulla base della risposta allo stimolo analogo.

• Il processo logico per la scelta dei quesiti analoghi avviene sulla base di una analisi delle specifiche competenze da acquisire e sulla associazione di ognuna di queste, per analogia, a una competenza già posseduta.

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La valutazione nel Mastery learning e in Diva

Mastery learning

L’analisi dei risultati:• Il punteggio totale di una prova non ha

valore formativo perché non fornisce informazioni specifiche sulla padronanza di ogni obiettivo da parte di ogni allievo.

• L’item analysis determina, per ogni allievo, un ritratto specifico della sua riuscita in rapporto alla gerarchia di obiettivi dell’unità di apprendimento.

DIVA

L’ analisi dei risultati:• Le caratteristiche di apprendimento

degli allievi non vengono analizzate in chiave diagnostica ma in un’ottica prognostica.

• L’analisi dei dati non è relativa, come nel Mastery, a un fatto certo (già realizzato), ma a un fatto che probabilmente si verificherà: anacronia didattica.

• La diversificazione a priori degli itinerari di istruzione viene decisa sulla base dell’esame analitico dei risultati della prova analogica.

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La valutazione nel Mastery learning e in Diva. Il problema del tempo

• Nel caso di valutazione formativa, quando vi siano esiti molto differenziati nelle verifiche, le strategie individualizzate di recupero tendono a richiedere tempi sempre più diversificati.

• Nel caso della valutazione analogica, la valutazione della prova è inficiata da una eccessiva durata del periodo di tempo della istruzione di cui si vogliono anticipare gli esiti.

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Didattica e individualizzazione

Unità 3

Individualizzazione della didattica e orientamento

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di G. Domenici, Manuale dell’orientamento e della didattica modulare, (II ristampa) Laterza, Roma-Bari 2000.

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Abstract

Sapersi orientare significa essere in possesso di strumenti cognitivi ed emotivo-relazionali idonei a fronteggiare tutti i fattori che connotano una società complessa come quella attuale. Ad un modello di orientamento sincronico-finale va sostituito un modello di orientamento diacronico-formativo che, fondandosi principalmente sulla individualizzazione dei processi formativi e su un diverso uso della valutazione, può fornire gli strumenti concettuali (saperi significativi, sistematici e stabili) necessari per partecipare attivamente alla vita sociale, democratica e produttiva del paese.

Obiettivi• Riconoscere il ruolo dell’orientamento nella attuale società complessa• Delineare le caratteristiche del modello di orientamento diacronico-formativo• Individuare cosa occorre per dar corso ad un vero e proprio auto-orientamento • Distinguere le diverse funzioni della valutazione

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Mappa unità 3Didattica e orientamento

Modello di orientamento diacronico-

formativo

Individualizzazione della proposta di istruzione

Differenziazione delle funzioni valutative

Le diverse funzioni della valutazione

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L’orientamento è una delle questioni poste al centro delle politiche educative dell’Unione Europea.

Sapersi orientare significa essere in possesso di strumenti cognitivi ed emotivo-relazionali idonei a fronteggiare tutti i

fattori che connotano una società complessa come quella attuale.

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Didattica e orientamento

Il sistema scolastico contribuisce alla maturazione del processo di auto-orientamento attraverso due tipologie di funzioni:

• Una funzione implicita alla propria finalità istituzionale che consiste nel realizzare la crescita della persona e lo sviluppo di una cultura e di un metodo scientifico e che concorre indirettamente a sviluppare competenze di auto-orientamento.

• Una funzione esplicita consistente in azioni che intenzionalmente influenzano l’esperienza orientativa dello studente.

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Nonostante l’accresciuta attenzione verso l’orientamento stenta a delinearsi un modello di orientamento che sia scientificamente

e democraticamente accettabile, che sia cioè in grado di promuovere e valorizzare interessi e attitudini e trasformare le

iniziali differenze degli allievi, da fattori di discriminazione negativa, in elementi di ricchezza individuale e sociale.

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Didattica e orientamento

• Un modello di orientamento accettabile dovrebbe contenere gli elementi in grado di permettere a tutti di acquisire gli strumenti cognitivi indispensabili per governare il cambiamento in una società complessa.

• L’orientare da processo eterodiretto dovrebbe diventare, attraverso la formazione scolastica, un processo autonomo ed autodiretto tale da promuovere un vero e proprio auto-orientamento.

• Ad un modello di orientamento sincronico-finale va sostituito un modello di orientamento diacronico-formativo.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

• 1. Individualizzazione dei processi formativi che adeguino la proposta di formazione alle caratteristiche peculiari di ciascun allievo al fine di fornire gli strumenti concettuali (saperi significativi, sistematici e stabili) necessari per partecipare attivamente alla vita sociale, democratica e produttiva del paese.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

• 2. Rilevazione periodica, lungo tutto l’arco della formazione, degli esiti progressivi e finali dell’apprendimento, degli interessi e delle attitudini nonché dell’andamento tendenziale dei rapporti reciproci tra sviluppo delle conoscenze (sfera cognitiva) e sviluppo affettivo (sfera emozionale e motivazionale) al fine di individuare gli ambiti di conoscenza in cui si sono manifestati interessi e attitudini e così operare una discriminazione positiva delle competenze.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

• 3. Conoscenza del contesto storico-ambientale, culturale, sociale, economico, politico del mondo in cui viviamo, al fine di far interpretare correttamente fenomeni particolari (es. divisione del lavoro, rapporti Nord-Sud del pianeta, la pace, ecc)

• 4. Promozione delle condizioni per lo sviluppo, in ciascun allievo, di un proprio progetto di vita, facendo affiorare interessi, attitudini, aspirazioni.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

• 5. Offerta di pacchetti informativi su itinerari di formazione e sul mondo del lavoro con riferimento al mercato del lavoro e alle nuove figure professionali, cercando di promuovere le capacità che sono alla base del trattamento e dell’impiego delle informazioni, dell’accesso alle fonti informative e alla utilizzazione critica delle stesse.

• 6. Conoscenza diretta del mondo del lavoro attraverso visite guidate, forme di integrazione e di alternanza scuola/lavoro.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

• 7. Promozione della capacità di attivare processi di decisione sia in situazioni informali che formali partendo da contesti disciplinari per arrivare a simulare scenari simili a quelli in cui ciascuno si troverà ad operare una volta fuori dal mondo della scuola.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

L’individualizzazione della proposta di istruzione

rappresenta il primo elemento costitutivo del modello di orientamento diacronico-formativo.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

Al fine di dare corso ad un vero e proprio auto-orientamento una strategia didattica dovrebbe prevedere un aggancio delle

conoscenze da sviluppare con quelle già possedute da ciascun allievo attraverso:

• un periodo di accoglienza da un punto di vista cognitivo, affettivo-emozionale e relazionale all’inizio dell’anno

• • la strutturazione di un segmento formativo che faccia da ponte tra

situazioni d’ingresso e primo segmento programmato

• la diversificazione degli itinerari didattici

• l’attivazione di una circolarità virtuosa tra sviluppo della sfera cognitiva e sviluppo dell’affettività di ciascun allievo.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

La differenziazione delle funzioni valutative

rappresenta il secondo elemento costitutivo del modello di orientamento diacronico-formativo.

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Elementi costitutivi del modello di orientamento diacronico-formativo

Come si sarà compreso la verifica e la valutazione dell’apprendimento oggi non possono più assolvere, come ancora avviene, quasi esclusivamente una

funzione fiscale.

L’innalzamento della qualità dell’istruzione si ottiene attribuendo al controllo delle conoscenze e delle abilità il carattere di strumento di raccolta di dati e informazioni in grado di dare conto delle difficoltà incontrate dagli allievi e della adeguatezza della proposta formativa alle

caratteristiche peculiari del contesto e degli allievi stessi.

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Le funzioni valutative: Funzione diagnostico-iniziale

• Verifica dei requisiti cognitivi e affettivo-motivazionali al fine di attivare processi di recupero e consolidamento.

• All’inizio di una qualsiasi procedura di insegnamento, occorrerà verificare la presenza o l’assenza dei requisiti cognitivi che rappresentano la condizione necessaria affinché ciascuno possa immettersi in condizioni ottimali nell’itinerario programmato.Altrimenti si rischia di compromettere processi e prodotti della formazione. L’effetto negativo sul piano cognitivo genererebbe un analogo effetto su quello motivazionale

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Le funzioni valutative: Funzione formativo-procedurale

• Verifica e controllo dell’apprendimento per mostrare le difficoltà incontrate dagli alunni al fine di migliorare la proposta didattica, ma anche, e soprattutto, per individuare i punti forti di ognuno sui quali operare per promuovere il successo scolastico (discriminazione positiva e valutazione pro-attiva).

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Le funzioni valutative: Funzione complessivo-intermedia e complessivo finale

• Con la prima vengono compiuti bilanci intermedi della validità, dell’efficacia e dell’efficienza della proposta didattica e comunicati alle famiglie al fine di consentire l’attivazione di azioni sinergiche scuola-famiglia- allievo, volte a consolidare scelte rivelatasi produttive o modificare quelle meno produttive.

• Con la seconda viene effettuato un bilancio di fine anno o di fine ciclo o di fine corso con lo scopo di revisionare l’intero impianto organizzativo della didattica.Con essa bisognerebbe dar conto delle abilità più rappresentative acquisite in ciascun ambito disciplinare.

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Le funzioni valutative:Funzione orientativo-predittiva

• Si pone in essere nei momenti terminali della formazione obbligatoria e di quella della scuola secondaria superiore.

• Con essa bisognerebbe indicare gli ambiti dei saperi verso cui emerge con evidenza uno specifico interesse o una spiccata attitudine.

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Le funzioni valutative. Conclusioni

• Tra le diverse funzioni della verifica e della valutazione scolastica quella diagnostico-iniziale può essere considerata la più delicata, infatti le azioni che, dopo il suo svolgimento, saranno intraprese determineranno conseguenze irreversibili sul piano dell’apprendimento e della motivazione degli allievi.

• Occorrerà dunque attrezzarsi per rilevare, con la più alta affidabilità, le conoscenze, le forme di concettualizzazione e la carica motivazionale di ciascuno e di tutti, al fine di far corrispondere la proposta formativa alle caratteristiche soggettive degli allievi e realizzare una concreta individualizzazione dell’offerta formativa.

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Didattica e individualizzazione

Unità 4

L’organizzazione modulare della didattica

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di G. Domenici, Manuale dell’orientamento e della didattica modulare, (II ristampa) Laterza, Roma-Bari 2000.

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Abstract

Oggi, tra le numerose strategie per organizzare in modo individualizzato e flessibile la didattica, una delle più efficaci è data dall’organizzazione modulare della didattica. La organizzazione modulare della didattica può considerarsi “come una vera e propria strategia formativa altamente strutturata in cui l’organizzazione del curricolo, delle risorse, del tempo e dello spazio prevede l’impiego flessibile di segmenti di itinerari di insegnamento-apprendimento -i moduli- che hanno struttura, funzioni e ampiezza variabile, ma formalmente e unitariamente definite”. La programmazione modulare richiede pertanto una rilettura critica delle singole discipline, e per alcuni versi, una riflessione epistemologica sullo statuto della disciplina stessa ed una attenta e rigorosa progettazione delle sue diverse fasi.

Obiettivi• Riconoscere i “nodi” della modularità• Definire il concetto di “modulo”• Analizzare le diverse fasi della programmazione modulare

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Mappa unità 4

L’organizzazione modulare della

Didattica

La definizione degli obiettivi

I “nodi” della modularità

Le fasi della programmazione

modulare

Sezione d’ingresso

Corpo centraleSezione d’uscita

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L’organizzazione modulare della didattica

Oggi, tra le numerose strategie per organizzare in modo individualizzato e flessibile la didattica, una delle più efficaci è

data dall’organizzazione modulare della didattica.

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L’organizzazione modulare della didattica

La organizzazione modulare della didattica può considerarsi “come una vera e propria strategia formativa altamente

strutturata in cui l’organizzazione del curricolo, delle risorse, del tempo e dello spazio prevede l’impiego flessibile di segmenti di itinerari di insegnamento-apprendimento -i moduli- che hanno struttura, funzioni e ampiezza variabile, ma formalmente e unitariamente definite”.

• Domenici G. Manuale dell’orientamento e della didattica modulare, (II ristampa) Laterza, Roma-Bari 2000, pag.117.

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L’organizzazione modulare della didattica

È una vera e propria strategia formativa che richiede un’analisi approfondita e una rilettura:

• della struttura delle discipline• della definizione degli “obiettivi”• delle caratteristiche degli allievi• della composizione del gruppo classe• dell’organizzazione spazio-temporale • delle funzioni e degli strumenti valutativi

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L’organizzazione modulare della didattica. I “nodi” della modularità

• Autonomia delle istituzioni scolastiche

• Flessibilità della proposta di istruzione

• Rigore nella valutazione degli apprendimenti

• Individuazione di saperi essenziali e rilettura degli impianti disciplinari

• Individualizzazione dell’insegnamento

• Certificazione delle competenze e life long learning

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L’organizzazione modulare della didattica. I “nodi” della modularità. L’autonomia delle istituzioni scolastiche

• Nell’esercizio della autonomia didattica le istituzioni scolastiche possono adottare

– l’articolazione modulare del monte ore annuale di ciascuna disciplina

– l’articolazione modulare di gruppi di alunni provenienti dalla stessa o da diverse classi o da diversi anni di corso

– l’aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari

• La flessibilità costituisce una dimensione centrale ed essenziale dell’autonomia e può essere declinata rispetto

– al curricolo– all’organizzazione didattica: tempi-spazi-gruppi di allievi– all’impiego delle risorse finanziarie e professionali

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L’organizzazione modulare della didattica. Definizione di modulo

Il modulo rappresenta una unità formativa autosufficiente in grado di promuovere saperi molari e competenze che, per la loro alta rappresentatività culturale, e perciò anche tecnico

pratica, nel settore specifico di riferimento, siano capaci di modificare significativamente la mappa cognitiva e la rete

delle conoscenze precedentemente possedute.

G. Domenici, 2002

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L’organizzazione modulare della didattica. Definizione di modulo

Parte significativa, altamente omogenea ed unitaria di un più esteso percorso formativo, disciplinare o pluri, multi,

interdisciplinare programmato, una parte del tutto, ma in grado di assolvere ben specifiche funzioni e di far perseguire ben precisi

obiettivi cognitivi verificabili, documentabili e capitalizzabili”.

G. Domenici, 1998

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L’organizzazione modulare della didattica. I moduli

I Moduli sono sezioni di un curricolo ad alta omogeneità interna rispetto

• ai contenuti, agli argomenti, alle attività di esperienza che con esse si possono svolgere

• alle abilità, conoscenze e competenze che è necessario gli allievi

padroneggino per poterne affrontare lo studio

• alle abilità, conoscenze e competenze che gli allievi dovranno

dimostrare di saper padroneggiare al termine del modulo stesso.

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L’organizzazione modulare della didattica. I moduli

I moduli possono essere:

Pluridisciplinari: aggregazioni che si effettuano sulla base di un criterio estrinseco (es. “Il Novecento” dal punto di vista storico-politico-sociale- letterario ecc.);

Interdisciplinari: aggregazioni che derivano dall’esigenza di risolvere un problema, sulla base di un criterio intrinseco (es. capacità di comprensione della lettura, in quanto conferire significato ad un testo vuol dire riversare in esso l’insieme delle competenze possedute);

Transdisciplinari: aggregazioni che, stabilizzandosi, danno origine alla individuazione di una nuova area disciplinare (es. la docimologia, settore della conoscenza a comporre il quale hanno concorso elementi di didattica, psicologia, statistica ecc.).

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L’organizzazione modulare della didattica. I moduli

• L’individuazione dei moduli richiede una rilettura critica delle singole discipline, per alcuni versi, una riflessione epistemologica sullo statuto della disciplina stessa

• Il modulo non è una semplice somma di unità didattiche.

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L’organizzazione modulare della didattica. Le fasi della programmazione modulare.

1. Determinazione dell’estensione del curricolo (considerando obiettivi previsti in uscita e caratteristiche modali degli allievi in ingresso)

3. Suddivisione del curricolo negli anni di corso

2. Identificazione dei moduli, ovvero sezioni ad alta omogeneità interna rispetto ai contenuti ma anche ai prerequisiti e alle conoscenze e competenze da perseguire

4. Determinazione della durata (ogni modulo generalmente non più di 8-10 settimane)

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Organizzazione modulare del curricolo

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’ingresso

• Titolo del modulo

• Sua breve descrizione (tipo abstract 10-15 righe) contenente alcune righe iniziali di “esplosione” dell’argomento scelto, classe/i di riferimento, discipline coinvolte, la finalità del modulo e l’eventuale raccordo o connessione con questioni trattate in altri moduli.

• Indicazione dei prerequisiti richiesti.

• Definizione degli obiettivi in termini di competenze cognitive, disciplinari e trasversali, e metacognitive.

• Collocazione (concettuale e visiva - magari attraverso mappe, tabelle, grafi, ecc.) del modulo rispetto a quelli che lo precedono o lo seguono e/o vi si collegano.

• Durata del modulo.

• Prove di verifica di ingresso con lettura degli esiti e suggerimenti per il recupero e consolidamento di abilità e conoscenze.

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’ingresso

La definizione degli obiettivi

Obiettivi chiari consentono di• articolare in modo coerente le tappe della strada che si intende

percorrere;• razionalizzare l’intervento didattico;• ridurre i margini di ambiguità del processo di insegnamento-

apprendimento, regolandolo secondo parametri oggettivi;• avere criteri oggettivi per la verifica e per la valutazione in ingresso e

in uscita di ogni tappa

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’ingresso

La definizione degli obiettivi Gli obiettivi di modulo• non corrispondono alla somma degli obiettivi di apprendimento definiti

per le Unità che lo costituiscono.• dovranno essere definiti e sottoposti a verifica anche obiettivi di livello

tassonomico superiore • in particolare dovranno prevedere la capacità di:

– applicare in contesti diversi le conoscenze, abilità e competenze acquisite;

– prendere decisioni in situazioni operative, reali o simulate;– comprendere, costruire, criticare argomentazioni e discorsi, per

dare significato alle proprie esperienze

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’ingresso

La definizione degli obiettivi Un obiettivo• deve specificare ciò che l'allievo deve saper compiere per dimostrare il

possesso dell’abilità richiesta• deve cominciare con un verbo che esprima il comportamento

desiderato• non deve racchiudere più di un tipo di risultato• deve contenere esplicitato il percorso didattico che l'allievo deve

compiere: la situazione o contesto da cui parte, la capacità appresa e l'azione che deve compiere per dimostrare il raggiungimento della capacità richiesta.

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’ingresso

Obiettivi “trasversali” di un modulo • Applicare in contesti diversi da quelli abituali le conoscenze, abilità,

competenze acquisite• Prendere decisioni in situazioni operative, reali o simulate• Lavorare in gruppo• Saper porre e risolvere problemi• Apprendere ad apprendere • Comprendere, costruire, criticare argomentazioni e discorsi, per dare

significato alle proprie esperienze e anche difendersi da messaggi a volte truccati in termini di verità e di valore.

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Corpo centrale

• Materiali di apprendimento e/o unità didattiche– metodologia (lezioni frontali; lavori di gruppo; esercitazioni; laboratori

ecc.);– strumenti (libri di testo, riviste, quotidiani, software ecc.);

• Prove di verifica formativa del modulo

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L’organizzazione modulare della didattica. Profilo del modulo – Sezione d’uscita

• Batteria delle prove di verifica finale di modulo (prove strutturate e semistrutturate, simulazione di contesti) non coincide con la somma di tutte le prove di verifica delle unità didattiche;

• Eventuale lavoro di recupero e/o di consolidamento;

• Indicazioni sul o sui moduli consigliati come successivi a quello considerato.

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La progettazione modulare come occasione di ricerca

• La progettazione dei moduli implica un impegnativo lavoro di rilettura critica degli elementi fondanti - nodi concettuali - propri dei diversi ambiti del sapere.

• L'organizzazione modulare della didattica richiede un progetto di ricerca pensato e condiviso dai docenti che la attuano.

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Didattica e individualizzazione

Unità 5

La Modularità come strategia flessibile e i Crediti formativi

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di A.M. Ciraci, Strategie didattiche per l’equità, in S.

Capogna, A.M. Ciraci, Certificazione delle competenze e strategie didattiche. Opportunità formative per l’equità

sociale, Monolite, Roma 2007.

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Abstract

I moduli, che costituiscono parti omogenee ed unitarie del percorso programmato, potendo essere sostituiti e modificati nei contenuti e nella durata, oltre che nella sequenza, permettono di adeguare la proposta formativa alle diverse necessità degli allievi e quindi una individualizzazione del percorso formativo.Una didattica di tipo modulare, inoltre, organizzando i contenuti intorno ad aspetti altamente significativi della disciplina o dell’ambito interdisciplinare considerato favorisce la promozione ed il raggiungimento di obiettivi cognitivi rappresentativi, non di saperi limitati e “molecolari”, ma di vere e proprie competenze. Inoltre, facendo corrispondere ad ogni modulo o frazione di esso un credito formativo, si possono facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio, favorire l’integrazione tra sistemi formativi e agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro.

Obiettivi• Spiegare come e perché la modularità permette una individualizzazione dell’insegnamento• Individuare gli effetti della attribuzione di crediti formativi• Riconoscere la funzionalità esterna alla scuola dei crediti formativi

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Mappa unità 5

Modularità e crediti formativi

Organizzazione modulare della didattica

Crediti formativi

Sistema formativo integrato

Life long learning

Individualizzazione del percorso formativo

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La modularità come strategia flessibile

I moduli, che costituiscono parti omogenee ed unitarie del percorso programmato, potendo essere sostituiti e modificati nei contenuti e nella durata, oltre che nella sequenza, permettono di adeguare la proposta formativa alle diverse necessità degli allievi e quindi

una individualizzazione del percorso formativo

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La modularità come strategia flessibile

Difatti, sia l’estensione complessiva del modulo, che la sua articolazione interna, possono variare in relazione a una serie di fattori quali:

• la tipologia delle aree di contenuto, dei nodi concettuali o dei dati informativi che di una o più discipline d’insegnamento si vogliono considerare;

• il grado di complessità col quale si vuole trattare la specifica questione; • le opportune o necessarie conoscenze pregresse nonché le

caratteristiche cognitive e affettivo-motivazionali degli allievi che si immetteranno nello studio e nelle attività previste dal modulo;

• l’ampiezza del gruppo di allievi, la tipologia degli spazi e delle risorse necessarie, ecc.

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La modularità come strategia flessibile

• A seconda degli scopi perseguiti, l’itinerario formativo può essere idoneamente modulato, sia attraverso l’assemblaggio dei moduli che costituiscono l’intero percorso di studi, sia in riferimento all’andamento dei processi di insegnamento-apprendimento interni a ciascuno dei moduli stessi.

• Quello che rende i moduli idonei a queste operazioni è dato dal fatto che la organizzazione dei contenuti è polarizzata intorno ad aspetti altamente significativi della disciplina o dell’ambito interdisciplinare considerato e nel loro essere indipendenti.

Ed è proprio il riferimento alla struttura stessa della disciplina ed ai suoi principi fondamentali che permette di promuovere e verificare con maggiore facilità in tutti gli allievi saperi …

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La modularità come strategia flessibile

… saperi

• significativi, cioè capaci di coinvolgerli sul piano cognitivo come su quello affettivo-motivazionale;

• sistematici, cioè tali da strutturare veri e propri reticoli di conoscenze; • stabili, ovvero capaci di perdurare nel tempo; di base, in senso

epistemologico e perciò connessi agli ultimi esiti della ricerca;• capitalizzabili, cioè tali da facilitare l’acquisizione di ulteriori saperi in

forma autonoma e, nello stesso tempo, spendibili subito dopo la formazione;

• orientativi, capaci cioè di far scoprire e promuovere interessi e attitudini.

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La modularità come strategia flessibile

Una didattica di tipo modulare favorisce quindi la promozione ed il raggiungimento di obiettivi cognitivi rappresentativi,

non di saperi limitati e “molecolari” ma

di vere e proprie competenze.

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Modularità e crediti formativi

Facendo poi corrispondere ad ogni modulo o frazione di esso un credito formativo, inteso come espressione del valore di un segmento di formazione scolastica (o professionale) espresso in termini di saperi e di competenze, si possono:

• facilitare i passaggi tra diversi tipi e indirizzi di studio

• favorire l’integrazione tra i diversi sistemi formativi

• agevolare le uscite e i rientri tra scuola, formazione professionale e mondo del lavoro.

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Modularità e crediti formativi

L’attribuzione di crediti formativi infatti può • facilitare e rendere condivisibile e capitalizzabile la quantità e la

qualità delle conoscenze e dei saperi fatti propri attraverso ciascun modulo

• far conoscere con precisione, immediatezza e in ogni momento la posizione relativa del soggetto lungo l'itinerario formativo che conduce al pieno raggiungimento dei traguardi formativi di corso

• far sapere quanta e quale strada è stata fatta e quale deve ancora percorrersi (tanto per gli ambiti disciplinari a prevalente struttura sequenziale quanto per quelli che consentono lo sviluppo dei corrispondenti saperi in forma non lineare)

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Modularità e crediti formativi

• facilitare l'articolazione degli studi individuali - anche nei casi di passaggio da un indirizzo ad un altro - in ragione dei crediti posseduti e di quelli da conseguire in ogni particolare area del curricolo, così accentuando, finalmente, il valore orientativo delle discipline di studio

• permettere tanto gli allievi quanto ai docenti di disporre in ogni momento del processo formativo di elementi informativi particolareggiati e del quadro d'insieme del lavoro già compiuto e di quello da svolgere rispetto a quello previsto dalla mappa degli itinerari progettati, dei moduli e delle unità temporali prese a riferimento (bimestri, trimestri, quadrimestri, anni scolastici, cicli, corsi), itinerari che occorrerà percorrere per portare a compimento l'impegno assunto.

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Modularità e crediti formativi. Funzionalità esterna

• La determinazione dei crediti relativi agli ambiti disciplinari e alle aree del curricolo non ha tuttavia solo una funzionalità interna alla scuola sul piano della individualizzazione della didattica e della informazione e documentazione più o meno continue che a quella si connettono.

• Superato l'obbligo scolastico essa acquisisce immediatamente anche una straordinaria funzionalità esterna alla scuola, ovvero nel processo necessario, ma ancora tutto da avviare, di costruzione delle reti di interconnessione tra il sistema scolastico, quello della formazione professionale e del lavoro, dai cui esiti deriverà o meno la possibilità, da più parti auspicata, di strutturare il cosiddetto sistema formativo integrato.

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Modularità e crediti formativi

Come si sarà compreso, la modularità, facilitando il processo assai articolato e delicato

della definizione dei crediti formativi, sia come architettura del sistema formativo integrato (scuola, formazione e formazione in lavoro), sia come strumento di innalzamento della qualità dell'istruzione e della produttività quali-quantitativa del sistema scolastico,

rende possibile …

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Modularità e crediti formativi

• a) la capitalizzazione o cumulabilità delle competenze e dei saperi individuali

• b) la spendibilità diretta o mediata (attraverso brevi corsi

professionalizzanti o moduli formativi di raccordo) di quelle competenze e di quei saperi

• c) la certificazione degli stessi attraverso sistemi descrittivi (che a seconda dei casi possono essere analitici o sintetici) in grado di renderli univocamente interpretabili e comparabili, anche a livello europeo.

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Modularità e crediti formativi

In particolare rende possibile la messa in pratica delle teorie dell'apprendimento continuo, lungo tutta la vita, che postulano

la valorizzazione delle diversità inter e intraindividuali e di ogni significativa esperienza di apprendimento.

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Didattica e individualizzazione

Unità 6

Il concetto di competenza

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di A.M. Ciraci, Strategie didattiche per l’equità, in S.

Capogna, A.M. Ciraci, Certificazione delle competenze e strategie didattiche. Opportunità formative per l’equità

sociale, Monolite, Roma 2007.

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Abstract

Sebbene negli ultimi dieci anni il dibattito sulle competenze si sia intensificato ed esteso a molti terreni, ancora non sono del tutto chiari i principi di fondo che dovrebbero caratterizzare la nozione di competenza. Le diverse definizioni di competenza risentono oggi ancora del contesto in relazione al quale sono state elaborate e nel quale vengono utilizzate. Però, da quando il mercato del lavoro si caratterizza per il frequente cambiamento occupazionale e per la necessità, per le persone, di flessibilità e capacità di adattamento a situazioni nuove, i modelli correnti di competenze professionali, legati ad abilità settoriali, con compiti e mansioni definite sulla base di una concezione generalizzata e formale dei processi produttivi, hanno dimostrato la loro inadeguatezza. Ciò ha portato, nel dibattito sul concetto di competenza, ad un approfondimento teorico che, mettendone in evidenza gli aspetti più propriamente psicologici, ha sottolineato la necessità di costruire quadri concettuali astratti capaci di adattarsi e rimodularsi nelle nuove situazioni.

Obiettivi• Analizzare la storia del concetto di competenza• Definire la competenza in ambito scolastico

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Mappa unità 6La competenza

Definizioni vicine al mondo

dell’istruzione

Storia del concetto di competenza

La nozione di competenza oggi

Attenzione alle discipline e alla

costruzione di strutture mentali

Definizioni vicine al mondo

professionale

Attenzione al contesto in cui viene messa in

azione

Ultime novità in tema di

competenze

Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione

Regolamento sull'obbligo di

istruzione

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La nozione di competenza

• Sebbene negli ultimi dieci anni il dibattito sulle competenze si sia intensificato ed esteso a molti terreni, da quello delle politiche sociali per le questioni relative ai processi di cambiamento nel mercato del lavoro, a quello delle politiche educative e scolastiche per le questioni relative alla necessità di acquisire competenze spendibili, ancora non sono del tutto chiari i principi di fondo che dovrebbero caratterizzare la nozione di competenza.

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La storia del concetto di competenza

Un inizio della storia del concetto di competenza può trovarsi già nella enunciazione, fatta da Tyler nel 1949, dei principi da seguire nella costruzione di un curricolo formativo, individuati nella

• definizione degli obiettivi da raggiungere • identificazione delle esperienze formative ritenute idonee al

loro raggiungimento • loro organizzazione• valutazione del loro raggiungimento

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La storia del concetto di competenza

• La individuazione di questi principi è particolarmente rilevante in quanto sposta l’attenzione dalle attività formative ai risultati effettivamente conseguiti.

• Infatti il dibattito sulle competenze prende vigore quando, negli anni Sessanta, si comincia a porre l’accento sulla necessità di definire in modo più puntuale, in un processo formativo, gli obiettivi, cioè i comportamenti finali osservabili e in qualche modo misurabili.

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La storia del concetto di competenza

• Fu McClelland, nei primi anni Settanta, che introdusse il termine competenza nell’ambito della psicologia dell’organizzazione, evidenziando la necessità, nella selezione del personale, di valutare le competenze dei candidati in alternativa ai test di intelligenza o alle certificazioni scolastiche, ritenendo questi ultimi strumenti valutativi scarsamente affidabili come predittori delle prestazioni lavorative.

• Già a partire da quegli anni, si focalizza dunque l’attenzione, nei processi

formativi, sulla necessità di una valutazione riferita a competenze realmente acquisite e documentate.

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La storia del concetto di competenza

• Negli anni Ottanta il concetto di competenza diviene più complesso, non si tratta più di tener conto di comportamenti osservabili, bensì anche di disposizioni personali che ne permettono l’espressione.

• Aspetto che, negli anni Novanta, con i nuovi scenari del mondo del

lavoro, caratterizzato da frequenti cambiamenti occupazionali, viene sempre di più sottolineato, mettendosi in risalto, in maniera ancora più accentuata, la dimensione personale della competenza rispetto al “saper fare” professionale, legato a un preciso posto di lavoro.

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La nozione di competenza oggi

Oggi le diverse definizioni di competenza risentono ancora del contesto in relazione al quale sono state elaborate e nel quale vengono utilizzate:

• quando ci si riferisce all’ambito professionale, per esempio, è forte l’aggancio alla performance lavorativa, all’esercizio di una attività con risultati visibili e riconoscibili,

• invece, in ambito scolastico, vengono sottolineati aspetti di costruzione ed uso di conoscenze e capacità legati a processi e percorsi di apprendimento e alla costruzione di risorse personali.

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La nozione di competenza oggi

Per comprendere la ragione della complessità della questione si riportano di seguito alcune definizioni di competenza che si collocano in

modo emblematico sullo sfondo del dibattito…

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La nozione di competenza oggi

Alcune definizioni collegano la “competenza” all’esercizio professionale e alla visibilità in un contesto nel quale viene messa in azione:

M. Pellerey, che sottolinea il legame tra competenza e compito

lavorativo, considera la competenza come “l’insieme integrato di conoscenze, abilità e atteggiamenti, insieme necessario a esplicare in maniera valida ed efficace un compito lavorativo”.

M. Pellerey, Sul concetto di competenza ed in particolare di

competenza sul lavoro, in Dalla pratica alla teoria:un discorso di ricerca epistemologica, Franco Angeli , Milano 2000.

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La nozione di competenza oggi

G. Le Boterf mette in evidenza la inseparabilità della competenza dalla sua messa in opera.

La competenza “ non è uno stato od una conoscenza posseduta. Non è riducibile né a un sapere né a ciò che si è acquisito con la formazione”, (…) Non risiede nelle risorse (conoscenze, capacità) da mobilizzare, ma nella mobilizzazione stessa di queste risorse. (…) Qualunque competenza è finalizzata (o funzionale) e contestualizzata".

G. Le Borterf, De la competence, Les éditions d’Organisation, Paris 1994.

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La nozione di competenza oggi

Nel cosiddetto modello ISFOL la definizione di competenza risulta strettamente collegata all’esercizio professionale:

“La competenza è il patrimonio complessivo di risorse di un individuo nel momento in cui affronta una prestazione lavorativa o il suo percorso professionale. È costituita da un mix di elementi, alcuni dei quali hanno a che fare con la natura del lavoro e si possono quindi individuare analizzando compiti e attività svolte; altri invece hanno a che fare con caratteristiche personali del soggetto – lavoratore, che si mettono in gioco quando un soggetto si attiva nei contesti operativi”.

G.Auteri e G. Di Francesco, La certificazione delle competenze,

Innovazione e sostenibilità, Franco Angeli, Milano 2000.

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La nozione di competenza oggi

Altre definizioni, più vicine al mondo dell’istruzione, spostano l’attenzione sulle discipline e sulla costruzione di strutture mentali:

F. Frabboni, che analizza le competenze nell’ambito dello statuto delle diverse discipline, sostiene che

“lo statuto disciplinare è titolare di tre repertori di “competenze”: monocognitive, metacognitive, fantacognitive. Il repertorio monocognitivo è generatore di “condotte” disciplinari (in termini di conoscenze e di linguaggi); il repertorio metacognitivo è generatore di padronanze disciplinari (in termini di processi logici e metodologici); il campo fantacognitivo, infine, è generatore di ‘capacità’ disciplinari (in termini di abilità euristiche ed estetiche)”.

F. Frabboni, Verso una scuola delle competenze, Dossier Annali della Pubblica Istruzione 1999.

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La nozione di competenza oggi

G. Domenici ritiene che le competenze si esprimano nella “capacità di

adottare strutture, piani, schemi e programmi di azione capaci di integrare a livello interdisciplinare le conoscenze, formali e informali, teoriche, esperenziali e procedurali possedute per risolvere un problema in un contesto ambientale specifico; di adottare, inoltre, un sistema di monitoraggio della validità del programma nel contesto specifico (meta-cognizione), quindi di ri-adattarlo (meta-valutazione e meta-decisione), costruttivamente, per porre in atto comportamenti adatti al raggiungimento degli scopi, ovvero per il raggiungimento di un risultato adeguato alle intenzioni stabilite”.

G. Domenici, La valutazione nel nuovo sistema formativo, in G. Domenici (a cura di), La valutazione come risorsa, Tecnodid, Napoli, 2000, pag. 24 .

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La nozione di competenza oggi

G. Bertagna, che considera la competenza come attributo della

persona, afferma che “capacità e competenze sono il nostro essere, conoscenze e abilità appartengono al nostro avere. Le capacità sono forma del nostro essere potenziale, siamo noi, non esistono in astratto, c’è il soggetto umano che è capace; se atrofizzate non diventano mai competenze. Le competenze sono forma del nostro essere attuale. La competenza perciò non è mai soltanto teoria, né soltanto tecnica e nemmeno soltanto agire bene in situazione (realizzare ciò che è bene e come si deve), ma è semmai ‘la dimostrazione inscindibile di tutti questi aspetti in noi”.

G. Bertagna, Capacità, Competenze, Abilità, Conoscenze tra normativa

e linguaggio comune in "Annali dell’Istruzione", 4 5 Numero speciale, Stati generali, dicembre 2001, pag. 256 e sgg.

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La nozione di competenza oggi

M. Dodman mette l’accento su elementi costantemente presenti nei processi di apprendimento:

“La competenza conoscitiva è il saper costruire la conoscenza. Inoltre, è il saper immagazzinare, recuperare e sfruttare la conoscenze, allo scopo di favorire lo sviluppo e la crescita di altre competenze e della competenza conoscitiva stessa. (…) Poi vi sono le competenze linguistiche (…), le competenze comunicative (…). Il loro sviluppo avviene insieme a quello di competenze metodologiche, competenze riferite all'osservazione, alla problematizzazione, alla formulazione di ipotesi, all'analisi, alla sintesi, ecc. (…). Se la competenza metodologica è il saper procedere, la competenza operativa è il saper eseguire. (…) Infine, vi sono le competenze personali, riferite ad attitudini, ad atteggiamenti, all'auto-stima, all'autovalutazione, alla collaborazione, ecc. La competenza personale è il saper relazionarsi con se stessi e con gli altri. E' lo sviluppo progressivo della consapevolezza di sé, delle proprie potenzialità, delle proprie esperienze. E' il saper essere e il saper imparare”.

Martin Dodman, Competenze e ridefinizione dei curricoli, in “Progettare la

scuola” n° 9, 2000.

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La nozione di competenza oggi

Nei riferimenti contenuti negli Annali della Pubblica Istruzione si evidenzia la competenza come elemento di padroneggiamento e sviluppo delle conoscenze:

“Le competenze si esplicano come utilizzazione e padroneggiamento delle conoscenze. Si supera in tal modo la tradizionale separazione tra sapere e saper fare: ogni acquisizione teorica contiene e stimola implicazioni pratiche e ogni abilità pratica presume e sollecita implicazioni teoriche. Le competenze si configurano altresì come strutture mentali capaci di trasferire la loro valenza in altri campi, generando così dinamicamente anche una spirale di altre conoscenze e competenze”.

E. Bertonelli, G. Rodano (a cura di), Il laboratorio della riforma -

autonomia, competenze e curricoli, Dossier degli annali della pubblica istruzione , Le Monnier, Firenze 1999.

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La nozione di competenza oggi

Indubbiamente, da quando il mercato del lavoro si caratterizza per il frequente cambiamento occupazionale e per la necessità, per le

persone, di flessibilità e capacità di adattamento a situazioni nuove, i modelli correnti di competenze professionali, legati ad abilità

settoriali, con compiti e mansioni definite sulla base di una concezione generalizzata e formale dei processi produttivi, hanno dimostrato la

loro inadeguatezza.

Ciò ha portato, nel dibattito sul concetto di competenza, ad un approfondimento teorico che, mettendone in evidenza gli aspetti più

propriamente psicologici, con espliciti richiami a Piaget e al concetto di schema operativo, ha sottolineato la necessità di costruire quadri

concettuali astratti capaci di adattarsi e rimodularsi nelle nuove situazioni.

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La nozione di competenza in ambito scolastico

• D’altra parte, sul piano dei percorsi formativi scolastici, la necessità di rispondere al mutato scenario del mondo produttivo ha comportato la necessità di pensare ad una formazione che metta tutti gli allievi nelle condizioni di rispondere ai cambiamenti professionali che loro saranno chiesti nel corso della vita lavorativa.

• Ebbene, è in questa prospettiva che le conoscenze trasmesse

dalla scuola dovrebbero trasformarsi in “competenze”.

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La nozione di competenza in ambito scolastico

• Ciò che produce “competenza”, cioè “saper fare”, è dunque la capacità di applicare le conoscenze, di renderle produttive, e ciò vale non solo per i saperi tecnici ma per tutti i saperi, capacità che deve essere appresa insieme ai saperi stessi.

• La comprensione del mondo non può consistere nella ripetizione dell’informazione appresa, né nell’esecuzione di certe prestazioni ma piuttosto nell’applicazione appropriata di concetti e principi a questioni o problemi nuovi.

• La caratteristica comune alle diverse definizioni di competenza, riconoscibile nei diversi approcci teorici, può essere considerata infatti “quella di fondarsi sul pieno riconoscimento di quello che si fa e sull’uso consapevole del sapere acquisito”.

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La nozione di competenza in ambito scolastico

Costruire una competenza in ambito scolastico, pertanto,

non significa

limitarsi a promuovere attività didattiche che mirino semplicisticamente alla comprensione/memorizzazione dei contenuti delle discipline, né tantomeno a fornire competenze che si prestino tout court ad

un’applicazione di tipo professionale

ma significa

promuovere e favorire quell’uso autonomo e consapevole delle conoscenze che si esprime nella particolare capacità di

discriminare, tra le conoscenze che si hanno a disposizione, quelle che si prestano meglio a nuove soluzioni.

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La nozione di competenza in ambito scolastico

• Per questa ragione l’insegnamento dovrebbe consistere nel proporre molteplici situazioni in cui mobilitare le conoscenze per riuscire nel compito, individuare un altro rapporto con il sapere che favorisca un atteggiamento attivo e faccia affiorare “quelle complesse capacità di integrare le conoscenze possedute, di impiegare i più diversi saperi, disciplinari e non, per la soluzione di un problema in un contesto ambientale specifico” .

G. Domenici (a cura di), La valutazione come risorsa, Tecnodid, Napoli 2000, pag. 24.

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La nozione di competenza in ambito scolastico

• Richiamando ancora Piaget, potremmo dire che una competenza si stabilizza quando la mobilitazione delle conoscenze aziona schemi costituiti, quando diviene “pratica inconscia”, perché sono gli schemi che ci permettono di mobilitare le conoscenze, i metodi, le informazioni, le regole per affrontare una situazione.

J. Piaget, Réussir et comprendre, PUF, Paris 1974.

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Ultime novità in tema di competenze

Ultimamente sono intervenuti nel nostro paese importanti eventi anche in riferimento alle questioni che proprio in questo corso sono state

evidenziate. Ci riferiamo a

• Le Indicazioni per il curricolo per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo d’istruzione

• Il Regolamento sull'obbligo di istruzione (Decreto del 22 agosto

2007) emanato in applicazione della legge finanziaria del 26 dicembre 2006.

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Ultime novità in tema di competenze

• Nei due documenti, elaborati da due apposite Commissioni di esperti, si fa più argomentato, esteso e pratico-concettuale il riferimento alla questione delle competenze.

• I documenti fanno riferimento a competenze che, già a partire già dai primi anni di scolarizzazione, se pur perseguite all’interno delle singole discipline, consistono in cognizioni o abilità mentali applicabili in campi diversi da quelli in cui sono state acquisite e quindi dotate di una loro peculiare trasferibilità, abilità divergenti che consentono azioni efficaci in contesti diversi e dunque un uso consapevole, per finalità intenzionali, del sapere acquisito.

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Il Regolamento sull'obbligo di istruzione. Le competenze chiave di cittadinanza

In particolare, l’Allegato 2 al Regolamento sull'obbligo di istruzione prevede, sulla base della Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 relativa all’apprendimento permanente, le competenze chiave di cittadinanza che tutti i giovani devono possedere a sedici anni, indipendentemente dalla scuola che frequentano:

• Imparare ad imparare; • Progettare, Comunicare; • Collaborare e partecipare; • Agire in modo autonomo e responsabile; • Risolvere problemi; • Individuare collegamenti e relazioni; • Acquisire ed interpretare l’informazione.

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Il Regolamento sull'obbligo di istruzione. Le competenze chiave di cittadinanza

L’Allegato 1 al Regolamento sull'obbligo di istruzione, a sua volta, concerne il “come” le competenze chiave di cittadinanza possono essere acquisite, attraverso la indicazione di conoscenze ed abilità riferite alle competenze di base contenute in quattro assi culturali:

• Asse dei linguaggi• Asse matematico• Asse scientifico-tecnologico• Asse storico sociale

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Il Regolamento sull'obbligo di istruzione.

• La riforma, che ha validità transitoria fino al 2009, in attesa che si avvii il nuovo secondo ciclo, non prevede né un biennio unico né un biennio unitario, l'ordinamento della scuola superiore rimane, per ora, immutato.

• I due anni di obbligo appartengono alla scuola superiore che continua ad articolarsi in licei, istituti tecnici e professionali.

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Il Regolamento sull'obbligo di istruzione.

Ma, anche se ciascun indirizzo di studio conserva i propri curricoli

bisogna garantire a tutti, all'interno del piano di studi vigente, alcuni saperi e competenze che assicurino l'equivalenza

formativa di tutti i percorsi

ovvero requisiti minimi indispensabili e traguardi formativi irrinunciabili che gli allievi in uscita dalla scuola dell’obbligo devono possedere e

necessari ad equilibrare le prestazioni del sistema scolastico su tutto il territorio nazionale.

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Il Regolamento sull'obbligo di istruzione

• Si parla quindi, finalmente, di competenze unitarie in grado di garantire un traguardo minimo comune, pur in presenza di programmi che rimangono differenti.

• Ed è questo che dà unitarietà alla scuola dell’obbligo, unitarietà fondata non sull’unicità dei programmi, ma sulla omogeneità dei livelli di apprendimento.

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Ultime novità in tema di competenze. Conclusioni

Se il nostro sistema formativo ha dimostrato il proprio fallimento proprio sul tema dell’equità e delle opportunità formative delle fasce più

deboli della società.

Se un sistema di scuole autonome è esposto in misura maggiore al rischio di favorire situazioni di segregazione scolastica, di esclusione e di emarginazione di studenti con difficoltà di apprendimento …

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Ultime novità in tema di competenze. Conclusioni

E’ un’ importante assunzione di responsabilità da parte dello Stato aver finalmente fatto in modo che

ogni scuola, pur avvalendosi degli strumenti offerti dall'autonomia scolastica e nel rispetto degli obiettivi che caratterizzano i curricoli dei

diversi ordini, tipi e indirizzi di studio

assicuri a tutti i ragazzi che portano a termine il percorso di istruzione obbligatoria almeno quella soglia minima di

competenze compatibili con le esigenze del mercato del lavoro, della vita sociale e del funzionamento della

democrazia.

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Didattica e individualizzazione

Unità 7

La Certificazione delle competenze

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti dal testo di A.M. Ciraci, Strategie didattiche per l’equità, in S.

Capogna, A.M. Ciraci, Certificazione delle competenze e strategie didattiche. Opportunità formative per l’equità

sociale, Monolite, Roma 2007.

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Abstract

Il concetto di certificazione nasce nell’ambito della formazione professionale determinato dall’esigenza di rilasciare attestati di qualifica professionale con un contenuto chiaro ed univoco e quindi più spendibili sul mercato del lavoro. E’ con la riforma degli esami di Stato che il concetto di certificazione delle competenze entra anche nella scuola italiana. Oggi sia il mondo del lavoro, sia la formazione superiore esigono di conoscere, e non presumere in base al titolo di studio acquisito, quali siano le reali competenze possedute dai soggetti. Solo una rigorosa descrizione delle competenze, permette di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro o una proficua immissione nei successivi percorsi formativi.

Obiettivi• Definire il concetto di certificazione• Individuare cosa deve contenere e cosa deve favorire la certificazione delle competenze• Stabilire cosa occorre per rendere capitalizzabili, riconoscibili e certificabili le competenze

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Mappa unità 7Certificazione

delle competenze

Cambiamento della didattica

Concetto di certificazione

Cambiamento delle procedure valutative

Didattica individualizzata e

flessibile

Prove semistrutturate

Credito formativo

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La certificazione delle competenze

• Per Certificazione si intende un documento ufficiale con cui un'autorità riconosciuta attesta ad un soggetto il possesso di determinate competenze sulla base di determinati standard di riferimento.

• Il concetto di certificazione nasce nell’ambito della formazione professionale determinato dall’esigenza di rilasciare attestati di qualifica professionale con un contenuto chiaro ed univoco e quindi più spendibili sul mercato del lavoro.

• E’ con la riforma degli esami di Stato che il concetto di certificazione delle competenze è entrato anche nella scuola italiana.

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La certificazione delle competenze

• Legge 10 dicembre 1997 n. 425 sul nuovo esame di Stato (art. 6)

“Il rilascio e il contenuto delle

certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono disciplinati in armonia con le nuove disposizioni al fine di dare trasparenza alle competenze, conoscenze e capacità acquisite, secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

• Regolamento del nuovo esame (art. 13)

“La certificazione rilasciata in

esito al superamento dell’esame di Stato, anche in relazione alle esigenze connesse con la circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea, attesta l’indirizzo e la durata del corso di studi, la votazione complessiva ottenuta, le materie di insegnamento ricomprese nel curricolo degli studi con l’indicazione della durata oraria complessiva destinata a ciascuna, le competenze, le conoscenze e le capacità anche professionali acquisite, i crediti formativi documentati in sede d’esame”.

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La certificazione delle competenze

Legge delega n. 53/2003 di riforma del sistema di istruzione (art. 2)

“La frequenza positiva di qualsiasi segmento del secondo ciclo comporta l’acquisizione di crediti certificati che

possono essere fatti valere, anche ai fini della ripresa degli studi eventualmente interrotti, nei passaggi tra i diversi

percorsi”.

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La certificazione delle competenze

“Credito formativo”

Espressione del valore di un segmento di formazione scolastica (o professionale) che può valere per la ripresa degli studi, per il passaggio da un indirizzo all’altro di studi,

per il passaggio alla formazione professionale o viceversa per il passaggio dalla formazione professionale all’istruzione.

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La certificazione delle competenze

L’intera organizzazione del sistema formativo e delle sue connessioni con il mondo del lavoro dovrebbe consentire

• la cumulabilità delle competenze ovunque acquisite

• il loro riconoscimento formale attraverso un sistema di certificazione idoneo a conferire unitarietà e trasparenza ai percorsi formativi di ogni persona lungo tutto l’arco della vita.

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La certificazione delle competenze

La certificazione delle competenze dovrebbe contenere

riferimenti:

• al percorso formativo (in modo sintetico)• al titolo dell’area tematica (specificando gli ambiti disciplinari)• al numero complessivo delle ore impiegate• alla descrizione analitica e/o sintetica, ma univocamente

interpretabile, delle competenze possedute e verificate.

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La certificazione delle competenze

La certificazione delle competenze dovrebbe favorire:• la possibilità di segmentare i risultati del percorso formativo in

unità riconoscibili e significative (autoconsistenti), quindi di attestare acquisizioni anche parziali

• la trasparenza e la leggibilità dei dispositivi anche tra soggetti diversi

• il riconoscimento delle certificazioni come crediti e di conseguenza le “passerelle” e i rientri nei percorsi di istruzione e formazione.

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La certificazione delle competenze

Oggi sia il mondo del lavoro, sia la formazione superiore esigono di conoscere, e non presumere in base al titolo di studio acquisito, quali siano le reali competenze possedute dai soggetti.

Solo una rigorosa descrizione delle competenze, permetterebbe di migliorare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro o una proficua immissione nei successivi percorsi formativi.

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La certificazione delle competenze

Per rendere capitalizzabili, riconoscibili e certificabili le competenze occorrerebbe:

• 1. Intervenire su tutto l’impianto della didattica tradizionale, anche attraverso l’organizzazione modulare dei percorsi di istruzione e formazione

• 2. Cambiare le procedure valutative

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La certificazione delle competenze

1. Intervenire sulla didattica

• La organizzazione modulare della didattica permette, infatti, come abbiamo visto, di facilitare il processo di attribuzione di crediti e della relativa certificazione delle competenze attraverso la valutazione degli apprendimenti relativi a ciascun modulo e facendo corrispondere ad ogni modulo (o frazione di esso) un “credito formativo”.

• Una delle caratteristiche formali dei moduli è infatti la verificabilità degli obiettivi cognitivi con essi perseguibili.

• Sarebbe così chiaro che ad un determinato numero di crediti, relativi a determinate aree curricolari, corrispondono specifiche competenze e quanti crediti occorrono per raggiungere le competenze necessarie per conseguire un determinato titolo di studio.

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La certificazione delle competenze

2. Cambiare le procedure valutative

L’atto valutativo costituisce la pre-condizione indispensabile del momento certificatorio.

Senza criteri e strumenti valutativi affidabili qualsiasi discorso plausibile sui crediti, sulle competenze e sulla loro certificazione

è impraticabile!

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La certificazione delle competenze

Tra i molteplici strumenti utilizzabili per rilevare le competenze assumono un ruolo fondamentale

le prove di verifica semistrutturate.

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La certificazione delle competenze

Le prove semistrutturate* per le loro caratteristiche formali permettono

• di superare il rischio di errore nel processo di interpretazione delle risposte, attraverso la chiusura degli stimoli

• di evitare la casualità dei risultati, attraverso la predeterminazione dei criteri di correzione

• di rilevare il c.d. pensiero divergente, cioè l’uso flessibile e dinamico delle conoscenze di cui si è in possesso, come la capacità di effettuare trasformazioni e adattamenti, compiere applicazioni, risolvere problemi in diversi contesti, dunque la presenza di vere e proprie “competenze”.

* Sulle caratteristiche metrologiche di queste prove si veda il Modulo 9, Unità 11-12.

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La certificazione delle competenze. Per concludere

I crediti e la certificazione delle competenze permettono

• uscite e rientri nel percorso di istruzione• l’integrazione tra scuola e formazione professionale • la connessione con il mondo del lavoro

Dunque l’attuazione di un sistema formativo integrato.

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Didattica e individualizzazione

Unità 8

Nuova domanda di istruzione e Formazione a distanza

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti da A. M. Ciraci, E-learning ed equità. Didattica on line e

nuove opportunità formative, Anicia, Roma 2008.

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Abstract

Oggi è necessario dotare le persona di abilità e competenze non solo per occupare ma anche per conservare i posti di lavoro in un contesto che cambia rapidamente.Di fronte al crescere della domanda di istruzione da parte di un pubblico adulto e spesso già inserito nelle attività produttive, la via che è stata seguita in tutti i Paesi è stata quella della formazione a distanza, in particolare dell’e-learning. Nella letteratura specializzata sulla Formazione a Distanza vengono spesso categorizzate tre distinte generazioni di sistemiche FAD, ognuna caratterizzata da sviluppi e da strumenti ben precisi. Ma è l’avvento delle reti telematiche che modifica profondamente la FAD. I sistemi di terza generazione sfruttano infatti le potenzialità delle reti telematiche, non tanto come supporto trasmissivo, quanto come ambiente entro cui dar vita a processi di apprendimento collaborativo. La novità della FAD di terza generazione è dunque quella di riproporre, anche a distanza, l’apprendimento come processo sociale.

Obiettivi• Delineare gli obiettivi di Lisbona relativi all’ istruzione• Distinguere le tre generazioni FaD• Individuare i vantaggi dell’e-learning nella formazione degli adulti

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Mappa unità 8Nuova domanda di

istruzione e e-learning

Globalizzazione

Obiettivi di Lisbona

I vantaggi dell’e-learning

Nuova domanda di istruzione

Tre generazioni FAD

Formazione a Distanza

La rivoluzione dell’e-learning

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La nuova domanda di istruzione

La nascita della società dell'informazione e della comunicazione, lo sviluppo della civiltà scientifica e tecnica e l’universalizzazione dell'economia sembrano associarsi a

• Aumento dell’incertezza• Situazioni di emarginazione ed esclusione sociale • Disuguaglianze in termini di reddito e di prospettive di vita• Disuguaglianze rispetto alle diverse possibilità occupazionali • Disuguaglianze rispetto ai rischi della disoccupazione.

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La nuova domanda di istruzione

Oggi una carriera lavorativa unica è diventata l’eccezione e le persone avranno sempre più spesso la necessità non solo di occupare ma anche di conservare i posti di lavoro in un contesto che cambia rapidamente

di conseguenza non basta più

fruire di una formazione scolastica qualitativamente apprezzabile e per un numero consistente di anni, che costituisce comunque una condizione necessaria della prima parte della vita, perché è cambiata l’utilizzazione sociale delle competenze acquisite

ma è necessario…

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La nuova domanda di istruzione

• rivedere la qualità della formazione scolastica, che dovrebbe esprimersi nella costruzione di quadri concettuali astratti, capaci di adattarsi e rimodularsi nelle nuove situazioni (competenze)

• considerare gli iter formativi di tipo tradizionale sempre più come

momenti di avvio di un percorso di apprendimento che deve durare nel tempo e sotto la diretta responsabilità del singolo.

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La nuova domanda di istruzione

L’ obiettivo fissato dal Consiglio europeo a Lisbona nel 2000, di diventare l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, richiede non solo una trasformazione radicale dell’economia europea ma anche una modernizzazione dei sistemi di istruzione e di formazione.

La formazione deve esprimersi nel far conseguire a tutti una capacità permanente di evoluzione in una prospettiva di life long learning.

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La nuova domanda di istruzione

• In effetti, non solo stiamo assistendo al crescere della domanda di istruzione da parte di un pubblico adulto e spesso già inserito nelle attività produttive, ma sempre più, nel futuro, gli studenti vorranno abbinare le tradizionali forme di educazione con nuove forme di apprendimento, principalmente basate sul web, entrando e uscendo dal mondo dell’educazione in relazione agli sviluppi delle carriere lavorative e della vita in generale.

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La nuova domanda di istruzione

• Il fenomeno degli studenti che in età matura decidono di iscriversi all’Università costituisce oramai una realtà consolidata. Se conveniamo di stabilire come età matura la classe oltre 30 anni, come sembrano suggerire le tabelle dell’Anagrafe Nazionale Studenti pubblicate sul sito web del MIUR, si osserva che il peso di tale classe sul totale degli studenti di nuovo ordinamento, a partire dall’ a.a. 2003-2004, è stabilmente al di sopra del 10%.

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La nuova domanda di istruzione

• Una ricerca di Almalaurea indica che alla fine del 2001 la media degli studenti-lavoratori rispetto al totale degli studenti laureati è pari al 9% del totale dei laureati; in alcuni corsi di laurea, come quelli della Facoltà di Scienze della Formazione, si raggiunge addirittura il 20%.

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La nuova domanda di istruzione

Studente medio

Sempre più “anziano”

Sempre più studente part-time

Spesso lavoratore

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La nuova domanda di istruzione

Il Consiglio Europeo di Lisbona nel marzo del 2000, avendo

riconosciuto il ruolo strategico dell’istruzione per la competitività dell’Europa e in funzione del traguardo di divenire, entro il 2010, l’economia “basata sulla conoscenza” più competitiva e dinamica del mondo, ha elaborato una serie di parametri ed indicatori che consentono di definire il traguardo da raggiungere e di monitorare i progressi compiuti.

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La nuova domanda di istruzione

I cinque obiettivi da raggiungere entro il 2010, previsti dalla strategia di Lisbona per l’istruzione:

• 1. riduzione della percentuale di abbandoni scolastici almeno al 10%;• 2. incremento (dal 2000) del numero complessivo di laureati in

matematica, scienze e tecnologie (MST) di almeno il 15%;• 3. innalzamento della quota di ventiduenni che arrivano a completare

l’istruzione secondaria superiore all’85%;• 4. riduzione della percentuale di quindicenni con scarse capacità di

lettura almeno del 20% all’anno (dal 2000);• 5. aumento di almeno il 12,5% della quota di adulti in età

lavorativa (25-64 anni) partecipanti ad attività di formazione permanente (lifelong learning).

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La nuova domanda di istruzione

In particolare in Italia:

• è troppo elevato il tasso di abbandono scolastico precoce

• è troppo bassa la quota di giovani tra i 20 e 24 anni in possesso di diploma (l’obiettivo sarà difficilmente raggiunto visto che, se il trend di crescita è in media del 14% all’anno, saranno necessari all’incirca altri 10 anni)

• è ancora insufficiente la partecipazione degli adulti alle attività di apprendimento permanente e il gap rispetto al 2000 si è ridotto di poco

• l’unico target superato è relativo all’incremento del numero dei laureati in MTS (matematica, scienze e tecnologie). Tuttavia al riguardo occorre tener presente che il numero dei laureati in MTS nel 2000 era molto più basso rispetto agli altri paesi europei

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La nuova domanda di istruzione

Nel 2006 i dati relativi all’obiettivo n. 5:“aumento di almeno il 12,5% della quota di adulti in età

lavorativa (25-64 anni) partecipanti ad attività di formazione permanente (lifelong learning)”

erano ancora i seguenti:

• UE-15 12,0%• Italia 6,1%

Nonostante manchino appena due anni al traguardo, l’Italia è ben lontana dal conseguimento degli obiettivi

fondamentali dell’Agenda.

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La nuova domanda di istruzione

• L’Italia, innanzitutto, continua ad avere una larga porzione di popolazione adulta con livelli di istruzione sotto la media europea. La percentuale di popolazione tra i 25 e 34 anni d’età che non ha conseguito un livello di istruzione secondaria superiore è pari al 43% (dati OCSE, 2001)

• La porzione di laureati nella fascia d’età 25-64 anni è solo di una persona su dieci.

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La nuova domanda di istruzione

Ed è proprio la necessità di dotare i cittadini di abilità e competenze non solo per occupare ma anche per conservare i

posti di lavoro in un contesto che cambia rapidamente che richiama l’esigenza di offerte formative di tipo innovativo e in grado di sfruttare efficacemente le potenzialità delle

nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

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La nuova domanda di istruzione

La via che è stata seguita in tutti i Paesi per rispondere a queste nuove esigenze di formazione è stata infatti quella della

formazione a distanza, in particolare dell’e-learning.

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La nuova domanda di istruzione.

La formazione a distanza

Nella letteratura specializzata sulla Formazione a Distanza vengono spesso categorizzate tre distinte generazioni di sistemi FAD, ognuna

caratterizzata da sviluppi e da strumenti ben precisi

Prima generazione: la corrispondenza

ordinaria

Seconda generazione: l’uso integrato di più canali mediali

Terza generazione: l’uso delle reti telematiche (Internet)

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La nuova domanda di istruzione. La formazione a distanza

La FAD di prima generazione: la corrispondenza ordinaria

• La prima generazione di FAD è caratterizzata dall’utilizzo della corrispondenza ordinaria. L’origine di questa tipologia può essere collocata negli Stati Uniti e in Canada, nel XIX secolo, quando le nuove tecniche di stampa e il trasporto ferroviario resero possibile la produzione e la distribuzione a domicilio di materiale didattico (libri e dispense) a studenti distribuiti su vaste aree geografiche. Il medium era rappresentato dal materiale a stampa e l’interazione tra studente e docente, estremamente lenta, era circoscritta allo scambio di elaborati (come test di valutazione che poi i corsisti dovevano restituire dopo averli evasi come verifica dei loro progressi formativi) e a qualche raro incontro in presenza.

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La nuova domanda di istruzione. La formazione a distanza

La FAD di seconda generazione: l’uso integrato di più canali mediali

• Ai sistemi caratterizzati dall’utilizzo della corrispondenza ordinaria sono succeduti, dagli anni 60 in poi, i cosiddetti sistemi multimediali, in cui convivevano e convivono tuttora, stampa, televisione, registrazioni sonore, ed in alcuni casi software didattici. Il processo di interazione fra docente e studente continua ad essere molto simile a quello della prima generazione a cui si aggiunge l’assistenza telefonica, le attività tutoriali in presenza e, più recentemente, i collegamenti via fax e la posta elettronica.

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La nuova domanda di istruzione. La formazione a distanza

• Nei primi due approcci dunque la comunicazione con gli studenti viene vista come marginale e la comunicazione fra gli studenti è quasi del tutto inesistente.

• La ragione sta nel fatto che, in questi primi sistemi FAD, l’obiettivo principale è la copertura di distanze geografiche e/o il raggiungimento di vaste popolazioni di utenze.

• La conseguenza pertanto è quella che il processo di apprendimento è un fatto prevalentemente individuale, venendo a mancare l’apertura socio-cognitiva tipica della formazione tradizionale

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La nuova domanda di istruzione. La formazione a distanza

La FAD di terza generazione: l’uso delle reti telematiche (Internet)

L’avvento delle reti telematiche modifica profondamente la FAD. I sistemi di terza generazione (detti anche di online education) sfruttano infatti le potenzialità delle reti telematiche, non tanto come supporto trasmissivo, quanto come ambiente entro cui dar vita a processi di apprendimento collaborativo. In particolare l’innovazione arriva dalla reti delle reti, ovvero da Internet. La novità della FAD di terza generazione è dunque quella di riproporre, anche a distanza, l’apprendimento come processo sociale, attraverso l’interazione dei partecipanti in una vera comunità di apprendimento che permetta di superare l’isolamento del singolo e valorizzare i suoi rapporti col gruppo.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

I vantaggi dell’e-learning

• L’annullamento delle distanze. Docenti ed allievi possono interagire anche a

grandissima distanza, è possibile seguire un corso online da qualsiasi parte del mondo, basta avere a disposizione un computer e una connessione ad Internet. In questo modo è possibile raggiungere studenti che abitano in luoghi collegati male, isolati, lontani da strutture tradizionali di formazione e che altrimenti non avrebbero accesso ad opportunità formative.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

I vantaggi dell’e-learning

• La Flessibilità nei modi e negli stili di apprendimento.

Usare strumenti sincroni e asincroni per l’apprendimento e la comunicazione permette infatti la flessibilità del tempo necessario all’apprendimento: gli studenti part-time e gli studenti fuorisede possono studiare comodamente da casa in orari flessibili, evitando il problema di orari coincidenti per studio e lavoro e senza la necessità di spostarsi.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

I vantaggi dell’e-learning

• La personalizzazione del percorso formativo I software di gestione didattica consentono di

personalizzare, sia da parte del docente che del discente, il percorso formativo e di monitorare il proprio lavoro e il livello di preparazione raggiunto. In questo modo lo studente non subisce il percorso formativo, come nella grande maggioranza dei casi, ma contribuisce a delinearlo in modo attivo e consapevole.

La forma digitale consente, inoltre, non solo una gestione più flessibile degli stessi materiali didattici ma anche una maggiore velocità e continuità di aggiornamento dei contenuti.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

I Vantaggi dell’e-learning

• La riduzione di costi in termini di diminuzione di spese di viaggio, di spese per la remunerazione dei docenti e per i materiali. Grazie a queste caratteristiche l’e-learning permette dunque un allargamento dell’offerta formativa ad altre categorie di utenza che non siano solo i neodiplomati, rafforzando quindi i legami con il mondo del lavoro.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

I Vantaggi dell’e-learning

• Lo sviluppo di comunità d'apprendimento.

Siccome le persone coinvolte in un corso tendono a mantenere rapporti comunicativo-formativi anche a posteriori, attraverso comunità d'apprendimento, ciò permette di fare un ulteriore passo verso la formazione continua in un’ottica di long life learning.

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E-learning e nuova domanda di istruzione

L’e-learning può dunque rappresentare forse l’unica modalità per non cedere al mercato la risposta a

una crescente e articolata domanda di formazione e di nuovi modelli di apprendimento da parte di nuove generazioni di discenti giovani e adulti

finora esclusi o non interessati.

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E-learning e formazione degli insegnanti

Un settore nel quale la domanda di formazione si presenta in

modo pressante è quello dell’insegnamento.

• Se non si guarda più la scuola come luogo di trasmissione di saperi codificati e rigidi, bensì come ambiente atto a costruire competenze oltre che conoscenze, è necessario che anche la formazione dei docenti sia congrua e coerente con questo modello.

• Non bastano quindi corsi che "spieghino" le teorie, ricadendo in una mera "trasmissione" del sapere.

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E-learning e formazione degli insegnanti

• E’ essenziale invece far sperimentare, durante la formazione, le metodologie che saranno usate in classe, colmando la distanza tra il sapere ed il saper fare.

• Solo avendo sperimentato in prima persona situazioni di apprendimento collaborativo o l'uso delle tecnologie informatiche, il docente può comprenderne le potenzialità delle metodologie e assumerle, nella propria pratica didattica, in modo consapevole e mirato.

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E-learning e formazione degli insegnanti

• Mentre quindi il tradizionale approccio formativo, centrato sugli incontri in presenza e vincolato da problemi organizzativi ed economici, porta a separare nettamente il momento dell'aggiornamento da quello della sperimentazione in classe

l'e-learning

• per le sue caratteristiche di asincronicità e di flessibilità, consente di dilatare su un tempo più lungo il percorso, offrendo maggiori possibilità di monitoraggio e di tutoraggio della propria ricerca-azione.

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Didattica e individualizzazione

Unità 9

L’apprendimento in rete

Gran parte dei materiali di studio qui presentati sono tratti da A. M. Ciraci, E-learning ed equità. Didattica on line e nuove opportunità

formative, Anicia, Roma 2008.

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Abstract

Negli schemi interpretativi dell’e-learning si distinguono tre diversi approcci: razionalista-informazionista, sistemico-interazionista, costruttivista-sociale. Nella FAD di ultima generazione prevale un’idea di conoscenza costruita attraverso la condivisione sociale dell’esperienza e l’apprendimento è considerato come una mediazione sociale con la realtà ed è sempre storicamente situato.

Obiettivi• Definire su cosa si basa la costruzione della conoscenza secondo i tre diversi approcci interpretativi dell’e-learning•Individuare ruolo e funzioni del tutor in un corso e-learning• Distinguere tra modalità di interazione sincrone ed asincrone• Distinguere tra Internet come medium trasmissivo e collaborativo• Ipotizzare un modello di e-learning

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Mappa unità 9

E-learning e apprendimento

in rete

Approccio razionalista-

informazionista

Approccio sistemico-interazionista

Approccio costruttivista-

sociale

Costruzione sociale della conoscenza

Un modello di e-learning

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning

Una sintesi efficace degli schemi interpretativi dell’e-learning è quella proposta da L. Galliani che distingue tre diversi approcci:

• razionalista-informazionista• sistemico-interazionista

• costruttivista-sociale

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio razionalista-informazionista

• Questo approccio è centrato su un modello di “apprendimento significativo per ricezione”, secondo la formulazione di Ausubel, e si richiama ai principi del Mastery learning e della individualizzazione dell’insegnamento.

• E’ sostanzialmente centrato su una didattica di tipo trasmissivo che si avvale di adeguati strumenti di verifica e valutazione in ingresso, in itinere ed in uscita, in grado di rilevare tempestivamente eventuali lacune degli allievi e di garantire attraverso interventi compensativi il raggiungimento degli obiettivi.

• L’apprendimento avviene prevalentemente in autoistruzione e le tecnologie svolgono una funzione prevalentemente erogativa con bassi livelli di interazione comunicativa, cioè l’interazione comunicativa è sostanzialmente centrata sulla trasmissione dei contenuti della conoscenza.

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio sistemico-interazionista

• Il modello sistemico-interazionista è ispirato ad un “apprendimento per scoperta”.

• I contenuti di studio sono meno strutturati e posti a partire da situazioni problematiche dalle quali sviluppare strategie di soluzione.

• Si riconosce un grande valore all’esperienza nel gruppo come ambiente di apprendimento nel quale sperimentare cooperazione e collaborazione.

• Centrale risulta la figura tutoriale che svolge un ruolo di mediazione e

di orientamento verso l’individuazione delle corrette strategie.

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio costruttivista-sociale.

• La conoscenza è costruita sulla condivisione sociale dell’esperienza e l’apprendimento è considerato come una mediazione sociale con la realtà ed è sempre storicamente situato.

• E’ forte la matrice vygotskijana, in particolare per il concetto di “zona di sviluppo prossimale” e per la necessità di un supporto all’apprendimento attraverso un sistema di “scaffolding”, impalcature di supporto esercitate attraverso attività collaborative e l’azione di tutorato.

• Ne consegue che la didattica risulta fortemente centrata sugli aspetti collaborativi e di costruzione sociale della conoscenza, riassumibili nelle quattro C di Jonassen (Costruzione, Complessità, Collaborazione e Contesto) che sono riconosciute come tratti fondanti per la costruzione dell’ambiente di apprendimento.

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio costruttivista-sociale.

• La costruzione della conoscenza è basata, per Jonassen su una “negoziazione interna”, su un processo di articolazione di modelli mentali, che vengono usati per spiegare, predire, inferire e riflettere sulla loro utilità e su una “negoziazione sociale”, cioè su un processo di condivisione di una “realtà” con altri che utilizzano processi uguali o simili a quelli da noi usati nella negoziazione interiore.

• Un contesto significativo ed autentico per apprendere ed usare la conoscenza potrebbe essere supportato da “problemi basati su casi” derivati e situati da/in contesti di vita reale, complessi e incerti, ancorati a compiti autentici, quelli che si incontrano normalmente nella vita di tutti i giorni.

• La collaborazione tra chi apprende e con l'insegnante, il quale è certamente più di un “allenatore” o un “méntore” che attiva e facilita la negoziazione sociale; fornisce un set intellettuale che facilita la negoziazione interna quando è necessaria a costruire modelli mentali.

• La complessità del mondo reale che si esprime nella molteplicità dei punti di vista, nella impossibilità di ridurre il tutto a somma delle parti va rappresentata evitando eccessive semplificazioni.

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio costruttivista-sociale.

L’approccio costruttivista-sociale è soprattutto caratterizzato • dal rifiuto di una figura di insegnante come fornitore di informazioni

• dal rifiuto del distacco della scuola dalla vita e del carattere “inerte” della conoscenza che gli alunni dovrebbero acquisire

• da una carica oppositiva al modello corrente di scuola, che richiama l’opposizione alla scuola emersa all’inizio del secolo (Dewey e “scuole attive”) o la critica degli anni sessanta al sistema scolastico, pur senza la componente ideologico-sociale che caratterizzava quegli anni.

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Gli schemi interpretativi dell’ e-learning. L’approccio costruttivista-sociale.

Gli ambienti di apprendimento di taglio costruttivistico dovrebbero quindi:

• dare enfasi alla costruzione della conoscenza e non alla sua riproduzione

• evitare eccessive semplificazioni rappresentando la naturale complessità del mondo reale

• presentare compiti autentici (contestualizzare piuttosto che astrarre)• offrire ambienti di apprendimento assunti dal mondo reale, basati su

casi, piuttosto che sequenze istruttive predeterminate• offrire rappresentazioni multiple della realtà• alimentare pratiche riflessive• permettere costruzioni di conoscenze dipendenti dal contesto e dal

contenuto• favorire la costruzione cooperativa della conoscenza, attraverso

negoziazione sociale.

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Quale modello di e-learning?

Qual è dunque il modello di e-learning che possiamo ipotizzare dopo queste brevi riflessioni?

Senza dubbio un modello di e-learning che integri le diverse modalità e

strumenti della formazione, con l’obiettivo di sfruttare pienamente le potenzialità di ognuno.

Quindi un modello che preveda:

• Interventi in presenza di tipo tradizionale• L’ uso di Internet come medium trasmissivo e collaborativo• Modalità di apprendimento individuali e collaborative • Modalità di interazione sincrone ed asincrone

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Quale modello di e-learning?

1. Interventi in presenza di tipo tradizionale

• Certamente gli interventi in presenza di tipo tradizionale, specie in percorsi formativi impegnativi per durata e contenuti, rappresentano momenti di raccordo molto utili anche per rafforzare i meccanismi creati da momenti di apprendimento collaborativo in spazi virtuali. Ma soprattutto possono servire a dare una buona spinta alla creazione della stessa comunità virtuale e alla chiara percezione della natura sociale del processo formativo.

• La formazione mista, dove vengono miscelate le due tipologie di

formazione, a distanza e in presenza, potrebbe prevedere un processo ciclico articolato in tre momenti: un intervento in presenza di tipo tradizionale; una fase di apprendimento individuale, su materiali strutturati e non; un momento di attività collaborativa in rete.

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Quale modello di e-learning?

2. Internet come medium trasmissivo e collaborativo

Nel modello pedagogico e organizzativo, definito a livello internazionale come e-learning, si possono integrare le due metodologie della CMC (Computer Mediated Communication) e della WBI (Web-Based Instruction) o WBL (Web-Based Learning).

• La prima (CMC) si fonda sulle pratiche didattiche cooperative del CSCL (Computer Supported Cooperative Learning) caratterizzanti le “comunità di apprendimento” trasferite in rete e sulle pratiche collaborative del CSCW (Computer Supported Collaborative Work) proprie delle “comunità di lavoro” virtuali.

• La seconda (WBI) è fondata sullo studio individuale e assistito da tutor di materiali didattici (scritti, audiovisivi e multimediali) distribuiti online e sul reperimento di informazioni in rete, attraverso una ricerca libera o guidata delle risorse remote di Internet.

• Le due modalità di utilizzo di Internet come medium trasmissivo e come medium collaborativo non sono da intendere come alternative.

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Quale modello di e-learning?

I materiali didattici on line

La rete può essere infatti pensata • come un modo per raggiungere il materiale, scaricarlo e studiarlo offline • come un modo per fruire interattivamente i materiali didattici

direttamente online.

Questi due approcci non si escludono a vicenda, anzi tendono a convivere pacificamente, con alcune accortezze:

• se si sceglie di progettare un corso online, con il materiale fruibile solo online, si crea un onere di connessione non banale per l’utente, dunque la decisione deve essere supportata da un’elevata qualità dell’offerta formativa, si rende in questo caso assolutamente necessaria una attenta progettazione dei contenuti, in modo da non rendere impossibile la loro fruizione.

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Quale modello di e-learning?

L’ Incidental learning • Si parla di incidental learning nel caso in cui i materiali di studio

consistano semplicemente in tutto quello che si può navigare sulla rete.

• E’ indubbio che il navigare senza meta sul web comporti alla fine del percorso improvvisato una sorta di apprendimento, ma se manca la dovuta preparazione per navigare sensatamente e proficuamente, la necessaria competenza per trovare le sorgenti documentali e valutarne l’autorevolezza, si rischia di sprecare molto tempo a fronte di modestissimi benefici.

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Quale modello di e-learning?

I materiali strutturati

• Un vero percorso formativo si può ottenere invece attraverso materiali strutturati, che offrono la garanzia di una buona progettazione didattica dei loro contenuti in funzione di obiettivi formativi (esplicitati) da raggiungere.

• È di tutta evidenza che non è sufficiente per un corso online la semplice digitalizzazione di materiali già esistenti nati per altri scopi ma è necessaria una progettazione ad hoc sia del percorso formativo, sia dei materiali di supporto al corso.

Lo scopo di un progetto di formazione a distanza però non può essere solo quello di produrre materiale da scaricare.

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Quale modello di e-learning?

Didattiche solo trasmissive

• Se l’unica mediazione con gli studenti fosse affidata al materiale del corso, tele-insegnamento e formazione in rete non sarebbero due cose da distinguere.

• Per quanto l’apprendimento sia un processo “individuale” di crescita e di formazione, è bene che non resti un processo isolato.

• Come si sa i sistemi di FAD che si basano esclusivamente su didattiche trasmissive producono un alto tasso di abbandono proprio perché mancano di stimoli, di responsabilità personale verso il completamento del corso, di fattori umani.

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Quale modello di e-learning?

Orientata ad un apprendimento collaborativo che dia vita ad approcci pedagogici che abbiano il loro punto di forza nella creazione di una comunità virtuale di studenti in contatto tra loro e con i rispettivi docenti e tutor, al fine di riprodurre, in un contesto diverso da quello tradizionale, i processi socio-cognitivi che si vengono a creare dall’interazione comunicativa degli studenti in una classe reale.

In cui la mediazione con gli studenti sia solo in parte affidata al materiale del corso, subentrando poi la community (con forum, chat, mailing list) ed il rapporto personale con tutor e docenti.

Occorre dunque una formazione in rete …

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Quale modello di e-learning?

Il tutor

• E’ soprattutto il tutor che ha il compito di interrompere la condizione di distacco fisico creato dalla distanza.

• La figura del tutor, praticamente assente nella formazione in presenza, nell’ e-learning acquisisce una rilevanza ampia ed articolata, assumendo un ruolo centrale nel percorso di apprendimento.

• E’ fondamentale, in chi eroga corsi basati su materiale strutturato, mettere a disposizione un tutor che aiuti e funga da mediatore guidando lo studente nel suo percorso formativo. Il tutor è infatti il collante tra l’apprendimento ed i corsisti e svolge importanti funzioni organizzative, sociali e didattiche.

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Quale modello di e-learning?

Il tutor

• Soprattutto nella fase iniziale la funzione del tutor è fondamentale per cogliere le caratteristiche individuali degli studenti (preconoscenze, motivazione, disponibilità di tempo, abitudine all'autoformazione, bisogni formativi) al fine di indirizzarli e guidarli ad utilizzare, nel modo a loro più congruo, il materiale didattico disponibile, sollecitando contestualmente le loro capacità di affrontare e risolvere autonomamente problemi.

• Il tutor è anche il garante del processo formativo, ne tiene i tempi,

stabilisce le scadenze, verifica il rispetto delle consegne e, soprattutto, rende costantemente visibile il processo di apprendimento sottolineandone i passaggi e le svolte significative.

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Quale modello di e-learning?

3. Modalità di apprendimento individuali e collaborative • Come nella formazione tradizionale, anche nell’e-learning ci sono

momenti di apprendimento individuale e momenti di apprendimento collaborativo. Questi due momenti non sono in antitesi tra loro ma rappresentano due momenti altrettanto importanti della formazione, che vanno opportunamente utilizzati ed integrati.

• Al momento individuale corrisponde un utilizzo di Internet quale medium trasmissivo, con l’acquisizione di contenuti scaricati dalla rete.

• Il momento collaborativo è invece legato ad un uso di Internet come medium collaborativo, momento in cui l’apprendimento individuale viene integrato dall’apprendimento e collettivo.

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Quale modello di e-learning?

3. Modalità di apprendimento individuali e collaborative

• Sono le interazioni non solo con il tutor, ma anche con i docenti e con tutto il gruppo che favoriscono i momenti di

apprendimento collaborativo.

• L'uso parallelo e mirato di ambienti di comunicazione sincroni (chat) ed asincroni (forum, gruppi di discussione) rende il percorso ancora più plastico e adattabile alle necessità formative degli studenti costituendo il valore aggiunto rispetto alla formazione in presenza.

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Quale modello di e-learning?

3. Modalità di apprendimento individuali e collaborative

• Con l'utilizzo sinergico e coordinato di tali strumenti la rete si trasforma da semplice contenitore/trasmettitore di informazioni ad ambiente collaborativo e cooperativo, in cui i contenuti vengono generati grazie al contributo di tutta la comunità virtuale degli studenti e dei formatori, riportando così l'apprendimento alla sua vera natura di processo sociale.

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Quale modello di e-learning?

3. Modalità di apprendimento individuali e collaborative

• Esiste anche un altro modo di intendere la collaborazione in rete, quella cioè che si basa sulla condivisione di esperienze tra professionisti di un settore, che si scambiano sui forum di discussione pareri, informazioni e soluzioni a problemi quotidiani nella propria professione. In questo caso si parla di comunità di pratica, ed in particolare di apprendimento mutuato (o reciproco), proprio perché viene usato come merce di scambio per acquisire rispetto e considerazione in un forum.

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Quale modello di e-learning?

4. Modalità di interazione sincrone (chat) ed asincrone (forum, gruppi di discussione, ecc.)

• Con questa ulteriore integrazione arriviamo ad una concezione dell’e-

learning come vero e proprio momento di formazione integrata. • Le potenzialità che Internet può fornire alla FAD sono pienamente

sfruttate nel momento in cui la formazione viene ad essere erogata in entrambe le modalità di interazione.

• Entrambe le modalità di interazione si integrano a loro volta con i diversi usi di Internet e con le diverse modalità di apprendimento.

• Se è vero, infatti, che la modalità di apprendimento individuale sembra maggiormente legata all’interazione asincrona, la stessa interazione asincrona può essere utilizzata in una modalità di apprendimento collaborativo.

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Per concludere

In un quadro di modernizzazione dei sistemi di istruzione e

formazione, dunque, l’e-learning, inteso come apprendimento sostenuto dalle le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione, potrebbe

rappresentare lo strumento in grado di offrire a tutti reali opportunità di formazione permanente e permettere agli

individui in difficoltà e alle popolazioni marginali o escluse di rientrare nel ciclo della formazione, contribuendo così

all’equità dell’ intero sistema sociale.

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