97° CONGESSO NAZIONALE SIOT - OrthoAcademy Homepage … · 2014-09-08 · relatori. È però vero...

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ISSN 1970-741X Anno VII Numero 7/2012 Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue INCHIESTA SULLO SPECIALIST SIMULAZIONE IN MEDICINA A SCOPO DIDATTICO IL QUESITO DIAGNOSTICO ORTHOVIEWS LA RICERCA NEL MONDO CORSI E CONGRESSI SPORT TERAPIA IN MEDICINA RIABILITATIVA Il congresso della Società italiana di ortopedia e traumatologia in quest’anno difficile non perde certamente smalto per conte- nuti scientifici, per la scelta dei temi trattati, per l’eccellenza dei relatori. È però vero che anche in ambito ortopedico – come del resto accade per tutte le specialità mediche, nessuna esclusa – si vivono i segni della crisi economica e strutturale che stiamo attraversando: il supporto dell’azienda ospedaliera nell’organiz- zare iniziative culturali è mancato da un pezzo e in molti casi non è proprio mai esistito; il concreto sostegno dell’azienda far- maceutica, che finora aveva consentito di traghettare attraver- so anni difficili mantenendo sostanzialmente inalterata la quali- tà dell’offerta didattica e congressuale, oggi è drammaticamen- te in forse, ridimensionato e miniaturizzato. Probabilmente per sempre. Occorrono modelli nuovi. È possibile che in questo vengano in nostro soccorso le nuove tecnologie: in molti casi corsi e wor- kshop possono essere seguiti a distanza, comodamente dal proprio studio o da casa; il dialogo tra colleghi passa anche attraverso i social network (twitter e facebook) e, per quanto questo modo d’interagire possa ancora sembrare riduttivo, smi- nuente e forse perfino avvilente ai più, occorre però riconosce- re che non difetta per velocità e immediatezza della comunica- zione nel botta-e-risposta. E soprattutto oggi, alla luce del- l’esperienza, con l’ausilio di tecnologie sempre migliori e, soprattutto, grazie a una classe medica ormai pronta, è arriva- to il momento di affrontare sul serio il discorso della formazione a distanza, la cosiddetta Fad. In tempo di crisi, spostarsi per seguire corsi residenziali a volte costa davvero fatica; inoltre, la didattica frontale è certamente utile ma lo è almeno altrettanto il poter usufruire, a casa, di mate- riale didattico su cui spendere le proprie energie in modo e in tempi del tutto personali. Non basta comprendere un concetto durante un corso, occorre sedimentarlo e memorizzare. Per Corsi e congressi ai tempi della grande crisi EDITORIALE L i n t e r v i s t a GRIFFIN EDITORE www.griffineditore.it - [email protected] CONTINUA A PAGINA 3 >> >> depositato presso AIFA in data: 26/05/2010 Carlo Fabbriciani e Angelo Impagliazzo 97° CONGESSO NAZIONALE SIOT LESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE ACUTE PROTESI DOLOROSE 97° CONGESSO NAZIONALE SIOT LESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE ACUTE PROTESI DOLOROSE

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ISSN 1970-741X A n n o V I I N u m e r o 7 / 2 0 1 2 Poste Italiane Spa - Sped. in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. I comma I, DCB Milano Taxe Perçue

INCHIESTA SULLO SPECIALIST

SIMULAZIONE IN MEDICINAA SCOPO DIDATTICO

IL QUESITO DIAGNOSTICOORTHOVIEWS

LA RICERCA NEL MONDOCORSI

E CONGRESSISPORT TERAPIA

IN MEDICINA RIABILITATIVA

Il congresso della Società italiana di ortopedia e traumatologiain quest’anno difficile non perde certamente smalto per conte-nuti scientifici, per la scelta dei temi trattati, per l’eccellenza deirelatori. È però vero che anche in ambito ortopedico – come delresto accade per tutte le specialità mediche, nessuna esclusa– si vivono i segni della crisi economica e strutturale che stiamoattraversando: il supporto dell’azienda ospedaliera nell’organiz-zare iniziative culturali è mancato da un pezzo e in molti casinon è proprio mai esistito; il concreto sostegno dell’azienda far-maceutica, che finora aveva consentito di traghettare attraver-so anni difficili mantenendo sostanzialmente inalterata la quali-tà dell’offerta didattica e congressuale, oggi è drammaticamen-te in forse, ridimensionato e miniaturizzato. Probabilmente persempre.Occorrono modelli nuovi. È possibile che in questo vengano innostro soccorso le nuove tecnologie: in molti casi corsi e wor-kshop possono essere seguiti a distanza, comodamente dalproprio studio o da casa; il dialogo tra colleghi passa ancheattraverso i social network (twitter e facebook) e, per quantoquesto modo d’interagire possa ancora sembrare riduttivo, smi-nuente e forse perfino avvilente ai più, occorre però riconosce-re che non difetta per velocità e immediatezza della comunica-zione nel botta-e-risposta. E soprattutto oggi, alla luce del-l’esperienza, con l’ausilio di tecnologie sempre migliori e,soprattutto, grazie a una classe medica ormai pronta, è arriva-to il momento di affrontare sul serio il discorso della formazionea distanza, la cosiddetta Fad. In tempo di crisi, spostarsi per seguire corsi residenziali a voltecosta davvero fatica; inoltre, la didattica frontale è certamenteutile ma lo è almeno altrettanto il poter usufruire, a casa, di mate-riale didattico su cui spendere le proprie energie in modo e intempi del tutto personali. Non basta comprendere un concettodurante un corso, occorre sedimentarlo e memorizzare. Per

Corsi e congressiai tempi della grande crisi

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Carlo Fabbriciani e Angelo Impagliazzo

97°CONGESSO NAZIONALE SIOTLESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE ACUTEPROTESI DOLOROSE

97°CONGESSO NAZIONALE SIOTLESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE ACUTEPROTESI DOLOROSE

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A Roma il congresso nazionale Siot numero 97In pieno periodo di spending review il congresso della Società italianadi ortopedia e traumatologia punta a rimanere il punto di rifermento per l’avanzamento delle conoscenze e l’orientamento della pratica clinica

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Dal 10 al 14 novembre,presso il MarriottPark Hotel Roma, si

svolge l’evento principale del-l’ortopedia italiana, il novan-tasettesimo congresso nazio-nale della Società italiana diortopedia e traumatologia(Siot), con la presidenza diCarlo Fabbriciani e AngeloImpagliazzo.Il congresso ha due temiprincipali: quello dellelesioni capsulo-legamentoseacute della spalla, del gomi-to e del ginocchio vieneaffrontato nella main sessiondi domenica 11 novembre,mentre le protesi dolorosedell’anca, del ginocchio edella spalla saranno trattatenella main session di lunedì12.Una novità, rispetto alle pre-cedenti sessioni, è quella disospendere ogni altra attivi-tà congressuale durante lemain session, che si svolgo-no nella sala principale

senza avere nessuna sessioneparallela in altre sale. Inquesto modo abbiamo volu-to dare la massima visibilitàai due temi del congresso,creando le condizioni per lamassima partecipazione.Inoltre la giornata dellesuperspecialità è stata spo-stata all’ultimo giorno delcongresso, di solito un po’meno frequentato, con loscopo di favorire la presenzadel maggior numero possi-bile di partecipanti.Il congresso prevede inoltrel’Efort Forum, quest’annodedicato alle fratture com-plesse dell’omero prossimale,due sessioni dedicate alleproblematiche medico-legalinumerosi simposi, otto corsidi istruzione oltre a numero-se sessioni di “approfondi-menti sul tema”. Le sessionidedicate alle comunicazioniorali (particolarmente nume-rose) e sessioni per gli specia-lizzandi hanno l’obiettivo di

permettere a tutti i congressi-sti, anche ai più giovani, dipartecipare attivamente. In un momento difficile peril nostro Paese il congresso«non poteva non risentiredella grave crisi economica –ci dice Carlo Fabbriciani – eci sono state molte difficoltàlegate a una importante ridu-zione dei contributi da partedi Assobiomedica e dellevarie ditte che, in numerosicasi, hanno rinunciato allatradizionale partecipazioneoppure lo hanno fatto inmaniera ridotta rispetto aglianni precedenti».Non per questo comunque ilcongresso è in tono minore:«abbiamo dovuto effettuareanche noi una revisione deicapitoli di spesa – spiegaAngelo Impagliazzo – elimi-nando quello che potevaessere considerato superfluoriuscendo tuttavia a mante-nere uno standard fedele allanostra tradizione.

Infatti, anche quest’anno, ilmeeting mantiene inalteratele sue tradizionali caratteri-stiche, sia nella durata chenella qualità scientificadegli appuntamenti propo-sti e, come sempre, senzaquota d’iscrizione per i par-tecipanti. L’evento costitui-sce un’occasione unica diconfronto tra le varie scuoledi ortopedia e gli autorichiamati a relazionare; par-teciperanno anche speciali-sti stranieri, provenienti daaltri Paesi europei, dagliStati Uniti, dal Sud Americae dal Giappone.Orgogliosi del lavoro effet-tuato, i presidenti del con-gresso rivolgono «un ringra-ziamento particolare al pre-sidente della Siot, il profes-sor Marco D’Imporzano, eal garante, il professorLanfranco Del Sasso, che inquesti frangenti ci sono statisempre vicini, prodighi diaiuto e di preziosi consigli».

Il programma socialeIl congresso Siot è apertodalla cerimonia inauguraleche si tiene sabato 10 novem-bre alle ore 18.00 presso laSala Michelangelo; alla ceri-monia intervengono nume-rose autorità del panoramanazionale e internazionale eviene presentato il congresso;a questo segue il cocktail dibenvenuto.La cena del congresso, eventosociale principale, si tienelunedì 12 novembre alle21.00 presso il Braccio nuovodella Galleria dei MuseiVaticani, una delle galleriepiù ammirate in cui sonoesposte oltre 150 opere discultura classica. È inoltrepossibile, per coloro che lodesiderano, avere l’occasionedi poter usufruire, primadella cena, di un’opportunitàunica e difficilmente ripetibi-le: la visita riservata a unaparte dei Musei Vaticani,inclusa la Cappella Sistina e le

stanze affrescate da Raffaello. Il programma per gliaccompagnatori prevedeuna visita guidata alla sco-perta della “Roma curiosa”,ripercorrendo le leggendesulla Roma più antica, sco-prendo le strepitose meravi-glie ottiche dell’arte baroccae di un inaspettato museodedicato all’aldilà. L’altravisita guidata, invece, riper-corre i luoghi fondamentalidella carriera artistica e delleavventurose vicende perso-nali del Caravaggio. Si rag-giungono le chiese romaneche conservano tra le suepiù celebri opere (SantaMaria del Popolo,Sant’Agostino e San Luigidei Francesi) e si attraverse-ranno le strade dove l’artistalombardo passò le sue gior-nate: insomma, un viaggioalla scoperta non solo del-l’artista ma anche dell’uomo.

Renato Torlaschi

questi motivi, sono convinto che la Fad sia la modalità di accre-ditamento che nel futuro avrà sicuro sviluppo. Tabloid diOrtopedia – attraverso la Casa editrice Griffin, che lo pubblicaogni mese – ha tutta l’intenzione di affrontare per il 2013 ildiscorso Fad, con modalità che presto saremo lieti di proporre.Per inciso: ogni anno a Cernobbio le teste pensanti del ministe-ro si ritrovano per parlare di Ecm – questo incredibile guazza-buglio italico – e il discorso inevitabilmente cade sul conflitto diinteresse tra industria e scienza, tra sponsor e didattica medi-ca. Quando si parla tanto di purezza e castità, di solito gatta cicova. Eppure il ruolo giocato dalle aziende sponsor potrebbeessere pacificamente letto come un arricchimento in termini diesperienza e competenze specifiche, soprattutto (come dicevosopra) alla luce dell’evoluzione fortemente tecnologica dellamedicina, che nella formazione del “saper fare” non può fare ameno dell’addestramento applicativo: e quest’ultimo, sulcampo pratico, è quasi imprescindibile dal know how di chi,per esempio, ha ideato un sistema, fatto ricerca su un prodot-to, su una metodica o su un principio attivo.La qualità, di cui tanto spesso si parla, nel mondo reale talvoltanon è accompagnata dall’asetticità più completa ma certamen-te è sempre unita all’esperienza, al confronto tra competenze,alla partecipazione di attori diversi che, con differenti contribu-ti, costruiscano insieme conoscenza onesta e fattiva.

(Paolo Pegoraro)

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Professor Fabbriciani, qualisono i criteri per decidere trail trattamento conservativo equello chirurgico?Vorrei sottolineare che nelcongresso si parla unicamentedi lesioni acute, che hannoproblematiche diverse rispettoa quelle croniche. Le variabili che vengono presein considerazioni nel deciderequale sia il miglior trattamen-to possibile sono in parte lega-te al paziente e in parte al tipodi lesione (grado della lesione,lesioni isolate o associate ecosì via). Le caratteristichedella lesione spesso indicano iltipo di trattamento più ade-guato. Tuttavia le variabililegate al paziente quali l’età, iltipo di lavoro (manuale osedentario), il tipo di sportpraticato e il livello dell’attivitàsportiva e le sue aspettativecondizionano talvolta inmodo determinante la scelta.

Come si specificano e diffe-renziano questi concetti perle diverse articolazioni? Questi concetti valgono ingenerale per tutte le articola-zioni. Ovviamente esistonoproblematiche diverse nei varidistretti articolari. Ad esempiorimane ancora dibattuto qualesia il trattamento miglioredopo un primo episodio dilussazione della spalla nel gio-vane o nella distorsione grave

di caviglia nello sportivo. Nel ginocchio poi, in base alledifferenti caratteristicheintrinseche dei vari legamenti,il trattamento cambia radical-mente: la lesione del legamen-to crociato anteriore in ungiovane sportivo viene solita-mente trattata chirurgicamen-te mentre quella del legamen-to collaterale mediale in modoconservativo.

Come sono evolute le tecni-che chirurgiche delle lesionicapsulo-legamentose?Negli ultimi vent’anni abbia-mo assistito a un cambiamen-to epocale nel trattamentodelle lesioni capsulo-legamen-tose grazie all’avvento dell’ar-troscopia. In passato questelesioni venivano sempre trat-tate a “cielo aperto”; l’introdu-zione dell’artroscopia ha por-tato a un'inversione della ten-denza e oggi si stima che il 75-85% delle lesioni capsulo-legamentose complessive ven-gono trattate artroscopica-mente o con tecniche “assisti-te” dall’artroscopia. Negli ultimi anni poi si è assi-stito a un progressivo miglio-ramento degli strumentari edei materiali utilizzati e aun’evoluzione delle tecnichechirurgiche per ottenere rico-struzioni legamentose il piùpossibile anatomiche. Adesempio la ricostruzione del

Lca con doppio fascio sembraoffrire una migliore stabilitàrispetto alle tecniche confascio singolo. C’è inoltre un’attenzione parti-colare alle nuove tecnologie ebiomateriali. L’utilizzo dellecellule staminali e dei fattori dicrescita nella terapia dellelesioni legamentose è uncampo di ricerca promettente.

L'apparato capsulo-legamentoso costituisce una strutturaessenziale per la normale funzionalità delle articolazioni e sonosede dei più diffusi infortuni, sia tra i soggetti che praticanoabitualmente sport sia nelle persone più sedentarie. Talvolta è difficile spiegare ai pazienti il motivo del dolore chespesso anche per lo specialista è di difficile interpretazione;prevenzione, trattamento e riabilitazione pongono problemati-che complesse e costituiscono uno dei due temi principali trat-tati nel congresso nazionale Siot. Ne abbiamo parlato conCarlo Fabbriciani, uno dei due presidenti dell’evento romano.

I TEMI DEL CONGRESSO SIOT: LE LESIONI CAPSULO-LEGAMENTOSE ACUTE

Professor Impagliazzo,quando si verificano i falli-menti degli interventi diprotesica e a cosa sonodovuti?I fallimenti possono realiz-zarsi subito dopo l'interven-to, nella fase di riabilitazio-ne, oppure a distanza, dopoun periodo di benessere piùo meno lungo. Le cause sonofacilmente diagnosticabiliattraverso la raccolta deisegni clinici, degli esamiradiografici e di laboratorio.Il fallimento, nella gran mag-gioranza dei casi, è dovutoalla perdita di fissazionedella protesi all’osso: lamobilizzazione può essereriferita a problemi meccanicio biologici e in questo caso sidefinisce come asettica perdifferenziarla dalla mobiliz-

zazione settica dovuta all’in-terferenza di germi.

Quando si parla invece di“protesi dolorose”, unodegli argomenti principaliaffrontati dal congressoSiot?Nelle “protesi dolorose” nonè possibile trovare unacausa certa. Tutti i segni cli-nici sono sfumati, al paridegli esami di laboratorio eradiografici. Diventa diffici-le inquadrare il caso clinicoe principalmente dare dellerisposte certe. A volte non sipuò fare altro che attender-ne l’evoluzione e questoatteggiamento non sempre ègradito dai nostri pazienti. Queste complicazioni hannouna frequenza non alta e tut-tavia meritano molta atten-

zione considerando i numerisempre più importanti diimpianti protesici.

Quanto spesso si verifica-no?La letteratura riferisce unafrequenza variabile: per leprotesi cementate, infatti, lafrequenza va dal 12 al 25%;per le protesi non cementa-te l’incidenza riportata variadal 3 al 28%. Queste percen-tuali naturalmente induco-no a riflettere e ad appro-fondire la comprensione delfenomeno per ridurre i casidi fallimento.La “protesi dolorosa” veranaturalmente rappresentauna parte limitata dei falli-menti da cause note e moltevolte si ha la sensazione dinon avere tutti gli strumenti

Le protesi articolari hanno ottenuto negli ultimi decenni unsuccesso sempre maggiore per la loro capacità di togliere ildolore e di restituire una buona funzione compromessa dallamalattia articolare. In alcune circostanze però l'intervento diartroprotesi fallisce l’obiettivo per il sopraggiungere di com-plicazioni. Il congresso della Società italiana di ortopedia e traumatologiapone questo tema in primo piano e Tabloid di Ortopedia hachiesto un approfondimento a uno dei presidenti dell’evento,Angelo Impagliazzo.

I TEMI DEL CONGRESSO SIOT: LE PROTESI DOLOROSE

Come si valutano i risultati? Oltre al giudizio del paziente,che ci riferisce di “starebene/male, meglio/peggio” ealla nostra valutazione clinicafatta di test specifici, esistonoveri e propri questionari chevalutano in modo obiettivo equalitativo i risultati. Ciascuntipo di patologia ha una sche-da dedicata e le patologie piùfrequenti o le articolazionimaggiori ne hanno più di una.Alcune di queste schede valu-tative sono molto semplici maincomplete; altre sono estre-mamente dettagliate ma diffi-cili da utilizzare nella praticacomune. Ad esempio, la sche-da di valutazione più utilizza-ta per la patologia capsulo-legamentosa dell’articolazionedel ginocchio è l’Ikdc(International knee docu-

mentation committee), men-tre per l’articolazione dellaspalla si usa più frequente-mente la scheda di Constant.

Quali sono le criticità mag-giori?Una delle criticità è quella diquantificare con precisione lalassità pre e post-operatoriain maniera ripetibile e affida-bile. Ad esempio gli artrome-tri utilizzati per il ginocchionon sembrano essere precisi,sovrastimando la traslazioneanteriore della tibia per ladeformazione dei tessutimolli. L’utilizzazione di sistemi elet-tromagnetici o computerizzaticonsentono valutazioni sem-pre più precise. La cinematicaarticolare può invece esserericostruita in maniera accura-

ta mediante fluoroscopia 3D.

Quanto conta in quest’ambi-to la riabilitazione e qualiproblematiche pone?La riabilitazione post-opera-toria svolge un ruolo impor-tantissimo nel recupero dopoun intervento chirurgico eviene considerata parte inte-grante del trattamento. Unprotocollo riabilitativo incon-gruo può compromettere irri-mediabilmente il risultatoottenuto in sala operatoria.Per questa ragione è utile unacollaborazione quotidianacon il terapista. Infine, non bisogna dimenti-care l’importanza della pre-venzione, in cui il terapista e ilpreparatore atletico svolgonoun ruolo rilevante.

R. T.

necessari per identificarepiù precocemente la causa.L'importanza di trattarequesto tema all'interno delcongresso nazionale Siotconsiste nel poter far con-frontare le personalità piùautorevoli sugli aspetti mag-giormente controversi, ini-ziando dalla definizionedella malattia, per poi passa-re in rassegna gli strumentitradizionali di indagine equelli più moderni cheappaiono all'orizzonte, finoalla possibilità di fissare unalgoritmo diagnostico eterapeutico condiviso.

Quali strumenti diagnosti-ci possono essere utili inquesti casi?Gli strumenti a disposizioneper diagnosticare la causadel dolore sono gli esami dilaboratorio e radiografici. Oltre a questi esami tradi-zionali segnalo che le ultimeapparecchiature per esamiTc sono in grado di offrireimmagini molto dettagliatesul rapporto osso-protesi esulle patologie periprotesi-che.Anche le nuove tecniche dibiologia molecolare possonooffrire un grande vantaggio

nel diagnosticare in grandeanticipo la presenza digermi e la sensibilità deglistessi agli antibiotici.

Quali sono le cause princi-pali delle protesi dolorose?Le cause di dolore dopo unintervento di protesi posso-no essere diverse. Molte cause nascono lonta-no dalla protesi, ma si irra-diano in quella regione.Basti pensare a tutte le pato-logie del rachide lombare e aquelle a carico del ginocchioe a come possano interferirecon la funzione dell'anca,oppure come una patologiadella colonna cervicalepossa interferire con la fun-zione di una protesi di spal-la. Queste appartengono allenumerose cause extrartico-lari. Le cause intrarticolari, inter-ne alla protesi, sono in gene-re meccaniche o biologiche. Infine ci sono cause periarti-colari, legate a tutte le pato-logie dei tessuti molli intor-no all’articolazione.La “protesi dolorosa” veranon ha delle caratteristichecliniche definite. Sicuramentemolto spesso si accompagna aun'implicazione di ordine psi-

cologico, che in alcune circo-stanze può addirittura assu-mere un ruolo prevalente.

Come viene affrontato iltema delle protesi doloroseal congresso Siot e conquale obiettivo?Il desiderio di noi presidentidel congresso è quello digiungere a termine delle ses-sioni dedicate alle singolearticolazioni, a un algoritmodiagnostico-terapeuticocondiviso. Per questo moti-vo la giornata dedicata allaprotesi dolorosa si componedi una sessione che tratta iltema dal punto di vistagenerale. In successione ci sono sessio-ni dedicate all'anca, al ginoc-chio e alla spalla. Nel pome-riggio è prevista una sessionededicata alla caviglia, poi algomito, quindi al polso e allamano e infine al rachide. Vi sono ancora, nel corso delcongresso, dei momenti diapprofondimento su temispecifici, come le infezionidelle protesi e ancora sugliaspetti riabilitativi, specie sucome questa fase possa inci-dere sulla genesi del dolore.

R. T.

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Ioni metallo: il problema di domani delle protesi Per l’indicazione alla revisione protesica non è sufficiente il solo elevatovalore degli ioni metallo nell’organismo. In questi casi è necessario un approfondimento diagnostico che vada oltre l’impianto protesico

La patologia sportiva negli adolescentiLe lesioni capsulo-legamentose non sono più un’esclusiva dell’età adulta: cresce la loro incidenza nell’età evolutiva accanto alla patologia da sovraccarico e da conflitto articolare

Dottor Sessa, ci spiega leragioni per cui avete decisodi affrontare nel corso delmassimo evento dell’ortope-dia italiana le problemati-che legate agli ioni metallo?Abbiamo voluto fortementequesto simposio, in cui avran-no la parola i massimi espertidel problema, perché, dopo ledichiarazioni allarmisticheriportate dai giornali, ci sem-bra fondamentale che vengacondivisa da parte di tutti unacomune linea d’azione, nelsolco tracciato dal presidentedella Siot, il professor Marcod’Imporzano. Non si può sottoporre a revi-sione un impianto perfetta-mente funzionante, con tutti ipossibili rischi, solo sull’ondaemotiva del paziente che vive,peraltro comprensibilmente,la condizione con angoscia. Ipazienti vanno monitorizzati,seguiti con controlli anchesemestrali, ma perché ci sial’indicazione alla revisionenon è sufficiente il solo eleva-to valore degli ioni metallo e

neppure la presenza di unversamento, se di dimensionimodeste e asintomatico. È fondamentale sapere chenon bisogna fermarsi all’esa-me locale dell’impianto, per-ché gli ioni metallo si possonodepositare in vari organi,primi fra tutti i linfonodi, ilfegato, i reni, il cuore e i nervi,per cui lo studio va completa-to con esami a livello sistemi-co. In particolare vanno con-trollate funzionalità renale ecardiaca. Fortunatamente al momentonon vi è alcuna evidenza dipotenzialità cancerogena, macerto è fondamentale che pro-seguano accertamenti e studiper valutare tutte le possibiliimplicazioni nel tempo degliioni metallo. È un problemadi grandi dimensioni, sem-brava la protesi del futuro: inItalia sono state impiantate4.500 protesi Asr, 93.000 nelmondo. E allora viene dachiedersi: quello degli ionimetallo è un problema, o “ilproblema” dei prossimi anni?

Come è entrato in uso ilmetallo nelle protesi?Gli ottimi risultati riportati daMcMinn con gli impiantiprotesici di rivestimento del-l’anca, caratterizzati da teste digrande diametro e accoppia-mento metallo-metallo, furo-no accolti con grande entusia-smo. Insieme venivano assi-curati il risparmio dell’osso,un’usura minima, pari a quel-la dell’accoppiamento cerami-ca-ceramica e quindi longevi-tà dell’impianto, e infine unamaggiore stabilità. Cosa sipoteva volere di più da unaprotesi? Di qui il successo diquesti impianti a partire dal2004. Dopo un’iniziale euforia, l’ele-vata incidenza di fratture delcollo del femore ha segnato illoro declino, anche se l’eviden-za di possibili ulteriori proble-matiche risale solo al 2010,allorché la Johnson & Johnsonha inviato a tutti gli utilizzato-ri di questo tipo di impiantouna lettera di avviso di sicu-rezza a causa del riscontro neipazienti di elevate concentra-zioni di ioni metallo. Questoperaltro è avvenuto ben primache i mass media diffondesse-ro i ben noti messaggi, peral-tro generici, di allarme.

Cosa sono esattamente gliioni metallo?Sono atomi di metallo che

hanno perso un elettrone,quindi atomi di metallo conuna carica. Gli impianti conteste di grande diametro eaccoppiamento metallo-metallo, quando funzionanobene, nella grande maggio-ranza dei casi, garantisconouna lunga durata senza pro-blemi. Tuttavia talvolta sidetermina un’usura con libe-razione di particelle, gli ioniappunto, di cromo e cobalto.Queste particelle possonoinnescare una risposta chepuò determinare un’osteolisio la mobilizzazione dell’im-pianto. Abitualmente gli ioni metallovengono drenati nel flussosanguigno, filtrati dai reni edescreti con le urine. I livellisono normalmente moltobassi e misurati in ppb (partiper miliardo).

Come si riconoscono gliimpianti difettosi?Naturalmente il primosegno, come in tutti gliimpianti che falliscono, è lacomparsa di dolore e zoppia.In questi casi la sempliceradiografia può rivelare un’osteolisi o la mobilizzazione.Ma il nostro obiettivo è pre-venire queste complicanze ericonoscere quegli impiantiche, apparentemente inden-ni, sono destinati al fallimen-to.

Dopo la radiografia, è racco-mandato il dosaggio ematicodegli ioni metallo. Vieneconsiderato normale undosaggio degli ioni cromo ecobalto fino a 7 ppb, pari a119 nmol/L per il cobalto e134,5 nmol/L per il cromo. In caso di normalità dei valo-ri possiamo rassicurarci; incaso contrario si deve proce-dere a esami di imaging qualiuna Rm Mars o ecografia.Nella nostra esperienza unabuona ecografia ci ha fornitoinformazioni pari alla Rm.Così si possono rivelare ver-samenti periprotesici o addi-rittura uno pseudotumor. Il dosaggio degli ioni metal-lo, nei pazienti con valori ele-vati, va ripetuto nel tempo.

Come si è comportato con isuoi pazienti?Nella nostra Uoc abbiamoimpiantato 33 protesi conteste di grande diametro eaccoppiamento metallo-metallo, fortunatamente solouna piccola parte dei pazien-ti sottoposti a intervento perartrosi dell'anca. L’ultimoimpianto risale al 2008. Sonostati sospesi dopo che unapaziente, a circa 1 anno dal-l’impianto e prima che scat-tasse l’allarme, è stata sotto-posta a revisione per mobi-lizzazione del cotile conse-guente a pseudotumor.

Dopo la lettera di avviso tuttii pazienti sono stati richia-mati e sottoposti a visita dicontrollo, radiografia edosaggio degli ioni metallo.Tutti gli impianti sono risul-tati asintomatici, con con-trolli radiografici semprenegativi. Il dosaggio degliioni metallo invece è risulta-to nella norma solo in 14casi, in 5 casi moderatamen-te al di sopra dei valori limi-te, in 11 casi anche notevol-mente elevato. 3 pazienti nonhanno risposto all’invito.Tutti i pazienti con elevativalori degli ioni metallo sonostati sottoposti a Rm con tec-nica particolare per esclusio-ne del metallo. Versamentiperiprotesici sono statidimostrati in 4 casi. Questipazienti sono stati monito-rizzati con esami ecografici onuovo esame Rm a distanza.Non abbiamo rilevatoaumento di volume del ver-samento nel tempo. Inoltresono stati tutti sottoposti acontrollo del dosaggio degliioni metallo a distanza di seimesi. I valori sono risultati lieve-mente minori in tutti i casi,tranne in due ove sono con-siderevolmente saliti. Questodato è di difficile compren-sione: verranno ancora piùattentamente monitorizzati.

Renato Torlaschi

> Vincenzo Sessa > Vincenzo Guzzanti

Professor Guzzanti, a cosasi deve la scelta di questotema?L’importanza e l’attualitàdel tema scelto per il corsodi istruzione nasce dall’os-servazione sempre più fre-quente dei traumi da sportnell’età evolutiva. Ciò trovauna spiegazione nell’au-mento di taglia fisica degliatleti, con conseguentemaggiore forza di impattodurante lo svolgimentodelle gare, nel maggioreagonismo presente nelcorso degli allenamenti edelle competizioni e nellemetodiche di “preparazio-ne atletica” difficilmenteadattabili alle diverse fasidell’accrescimento. In quest’ultimo caso, infat-ti, bisogna tenere conto chei ragazzi sono sottoposti aun continuo variare,durante le fasi di crescita,del volume e della forzamuscolare. Le differenzenell’anatomia e nella fisio-

logia dello scheletro deiragazzi rispetto agli adultiespongono a lesioni tipichedell’età. Negli ultimi anni sisono osservate sempre piùfrequentemente lesionicapsulo-legamentose che siriteneva caratteristicaesclusiva dell’età adulta.Accanto a queste, si va dif-fondendo anche la patolo-gia da sovraccarico o daconflitto articolare. Possiamo così distinguerela patologia da sport, legatagenericamente all’attivitàsportiva o peculiare di uncerto tipo di sport, dallapatologia nello sport, amanifestazione casuale esenza alcun legame con losport oppure favorita, manon determinata, dallosvolgimento dell’attivitàfisica.

Quali sono le problemati-che più critiche che simanifestano a questa età?

Nelle problematiche piùcritiche rientrano la dia-gnosi e l’algoritmo terapeu-tico delle lesioni legamen-tose del ginocchio, adesempio del legamento cro-ciato anteriore o del lega-mento patello-femoralemediale. È proprio l’età così partico-lare e la presenza delle car-tilagini di accrescimento afare la differenza con lelesioni analoghe degli indi-vidui ormai maturi da unpunto di vista scheletrico.Anche la diagnosi e la cura

delle distorsioni acute dellacaviglia rappresentano unproblema in quanto, nellamaggioranza dei casi, sonosottovalutate in questafascia d’età. Altre problematiche criti-che sono rappresentatedalla sindrome da conflittofemoro-acetabolare, direcente acquisizione inambito adolescenziale, lapatologia della cartilaginearticolare e le alterazionidella colonna vertebraleinfluenzate dall’attivitàsportiva.

Sono stati sviluppati direcente nuovi approcci aquesti problemi?Esistono numerose soluzio-ni innovative. Il percorso diagnostico-terapeutico delle lesioni dellegamento crociato anterio-re del ginocchio permettedi affrontare tale problema-tica in ogni fase dello svi-luppo. Un altro percorso diagno-stico-terapeutico riguardale lesioni del legamentopatello-femorale medialeosservate nel corso degli

episodi di lussazione acutadi rotula. In questi casi vadefinita con esattezza lasede della lesione e quelladelle lesioni associate cosìda impostare il trattamentochirurgico riparativo (o diplastica legamentosa) oconservativo più idoneo. Nel percorso diagnosticodelle lesioni capsulo-lega-mentose acute della cavi-glia, oggi, con l’esame eco-grafico statico e dinamico,si raggiunge una diagnosipiù precisa del grado diinstabilità e, quindi, di gra-vità di un trauma distorsi-vo.Le tecniche di chirurgiaartroscopica applicate nelleforme di conflitto femoro-acetabolare permettono disuperare gli ostacoli ossei ecartilaginei che si oppon-gono allo scorrimentosenza attrito delle compo-nenti dell’articolazionecoxo-femorale. E infine segnalo il nuovofilone della “medicina rige-nerativa”, che infonde spe-ranza nella cura della pato-logia della cartilagine arti-colare grazie all’associazio-ne di risorse dell’organismoe delle nuove soluzionimesse a disposizione dallacosiddetta ingegneria tissu-tale.

Renato Torlaschi

Il dottor Vincenzo Sessa, uno dei due vicepresidenti delnovantasettesimo congresso Siot, presiede a Roma dueimportanti eventi: un simposio tratterà di “mascherine persona-lizzate versus navigazione nella protesizzazione del ginoc-chio” e un altro si occuperà della problematica degli ioni metal-lo delle protesi. È quest’ultimo un tema particolarmente delica-to, sul quale abbiamo chiesto un approfondimento per i lettoridi Tabloid di Ortopedia.

Il professor Vincenzo Guzzanti, vicepresidente al congressoromano della Società italiana di ortopedia e Traumatologia,coordinerà tra l’altro il corso di istruzione “Problemi di pato-logia sportiva negli adolescenti”, che rappresenta un com-pletamento del programma scientifico del congresso Siot.Nell’ambito del tema principale “lesioni capsulo-legamento-se”, infatti, è previsto uno spazio dedicato proprio alle lesio-ni dei legamenti del ginocchio e della caviglia negli adole-scenti.

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Siot: pronto il documento del Gruppo di lavoro sulle metastasi osseeAl congresso Siot verrà presentato un documento programmaticosul trattamento delle metastasi ossee, che sarà un punto di riferimentoper i chirurghi e per chi si occupa di programmazione sanitaria

> Andrea Piccioli, segretario Siot e coordinatore del Gruppo di lavoro Siot sulle metastasi ossee

È passato un anno da quandoTabloid di Ortopedia annun-ciava un incontro organizza-to dalla Siot durante il suocongresso nazionale: l’obietti-vo era di avviare un impor-tante progetto mirato a stabi-lire il miglior trattamentodelle metastasi ossee per arri-vare a creare centri regionalispecializzati.Coordinato da AndreaPiccioli, ortopedico-oncolo-go dell’Azienda PoliclinicoUmberto I di Roma e segre-tario Siot, il Gruppo nazio-

nale metastasi presenta orapuntualmente il frutto dellavoro svolto, che lo stessoPiccioli descrive come «uneccellente documento su ciòche andrebbe fatto e su comeandrebbero trattati in Italia ipazienti affetti da metastasiossee».Le metastasi scheletriche sipresentano con frequenzamaggiore rispetto ai tumoriossei primitivi e, secondodati di letteratura, circal'80% derivano da tumoriprimitivi a grande diffusio-

ne come i carcinomi dellamammella, della prostata,del polmone, del rene e dellatiroide. I segmenti scheletricicoinvolti sono i più diversi,ma lo scheletro assiale è ilsegmento maggiormentecoinvolto: in generale lemetastasi ossee colpisconoprevalentemente le vertebreseguite dal femore prossima-le, dal bacino, dalle coste,dallo sterno, dall'omeroprossimale e dal cranio.Come spiegano le stesse lineeguida della Siot, la neoplasia

può metastatizzare all’ossoattraverso diverse vie di pro-pagazione: la più frequente èquella ematogena, in partico-lare venosa per le lesioni dellacolonna vertebrale, e arterio-sa per quelle dei cingoli dap-prima prossimali (spalla ebacino) poi distali al gomito eginocchio; meno frequentisono quelle per contiguità, eancor meno frequenti quelleper diffusione linfatica. I progressi scientifici hannofatto sì che la parola “meta-stasi” non sia più sinonimo di

condanna a breve temposenza appello per il pazientema, specie nelle metastasiossee, rappresenti una malat-tia con dignità autonoma,con problematiche terapeuti-che multidisciplinari e aspet-tativa di vita a volte lunga.Come fa notare nella prefa-zione al testo prodotto dalGruppo metastasi il presi-dente della Siot, Marcod’Imporzano, la ricercascientifica si è sviluppata inmodo tumultuoso in questiultimi anni e ha raggiuntoimportanti obiettivi dimiglioramento nell’ambitodella prevenzione, della dia-gnosi e della terapia deitumori.«La stesura di questo docu-mento programmatico – scri-ve il professor d’Imporzano –vuole proporsi come unaguida per tutti gli ortopediciin generale che, anche se nonspecialisti nel campo dell’on-cologia del sistema muscolo

scheletrico, si possono trova-re a gestire un paziente contale problematica».Il gruppo di lavoro predispo-sto dalla Società italiana diortopedia e traumatologia hariunito alcuni tra i migliorichirurghi ortopedici che nelnostro Paese si occupano dioncologia del sistema musco-lo-scheletrico e il risultato èun documento che mettechiarezza a livello scientificoe metodologico riguardo altrattamento della malattiametastatica ossea. «Ancorauna volta – sostiene il presi-dente Siot – la scuola italianadi ortopedia oncologica hadimostrato quanta capacitàabbia non solo nel trattarequesta patologia, ma anche inambito di programmazionesanitaria e tecnologica e offreora ai soci uno strumentoscientificamente valido perl’orientamento a trattare unapatologia in costante aumen-to, complessa, in un paziente

fragile ma che, grazie a nuovemetodologie di approccio cli-nico e chirurgico, deve averesempre più prospettive nel-l’aumento della sua prognosiintesa soprattutto come qua-lità di vita».È importante segnalare che,alla stesura del documento,ha collaborato l’AssociazionePaola per i tumori muscolo-scheletrici, una onlus costi-tuita nel 2008 in ricordo diPaola Gonzato, una giovanedonna che fu colpita, solopochi mesi dopo esserediventata mamma, da unarara forma di sarcoma osseo.È la prima collaborazione diquesta associazione dipazienti con Siot ed è segnodella volontà di rafforzarequell’alleanza tra medico epaziente che emerge semprepiù come elemento chiaveanche in questo ambitomedico.Il documento prodotto,primo in Italia a contenere

dati epidemiologici e a defi-nire programmaticamente iltrattamento ortopedico delpaziente affetto da malattiametastatica ossea, si rivolgeagli ortopedici ma anche esoprattutto a chi si occupa diprogrammazione sanitariasia in campo tecnico che poli-tico. «È uno strumento –spiega Andrea Piccioli – percapire il problema e per tro-vare le soluzioni per affron-tarlo».

Metastasi vertebrali:aggiornate le linee guidaOltre al documento sul trat-tamento in Italia dei pazientiaffetti da metastasi ossee, ilGruppo metastasi ha comple-tato la revisione delle Lineeguida Siot sul trattamentodelle metastasi vertebrali.«Ne è uscito un lavoro – rife-risce il coordinatore del grup-po Andrea Piccioli – che ioreputo in assoluto il migliore

e più completo nel panoramaeuropeo. Gli estensori,Alessandro Gasbarrini,Nicola Papapietro e RobertoCasadei, sono chirurghi congrande esperienza nel tratta-mento di questa importantepatologia molto spesso estre-mamente invalidante, e larevisione delle Linee guidaeseguita da un maestro indi-scusso come Stefano Borianiè stato per il nostro lavoro ungrande valore aggiunto» haconcluso Piccioli.Secondo i dati della lettera-

tura scientifica sono più del10% i pazienti affetti datumore che sviluppano unametastasi vertebrale sinto-matica, che risultano inaumento anche in funzionedella maggior sopravvivenzache oggi si riesce a ottenerein diversi tipi di tumore.Non è semplice identificareil protocollo terapeuticoideale e queste linee guidacostituiscono un riferimentoprezioso per oncologi e orto-pedici.

R. T.

I PRIMI DATI SULL’EPIDEMIOLOGIADELLE METASTASI OSSEE IN ITALIA

Secondo l’indagine “Numeri del cancro in Italia”, condot-ta sotto l’egida dell’Aiom (Associazione italiana di onco-logia medica) e dell’Airtum (Associazione italiana registrotumori), nel 2011 in Italia si sono avuti 360.000 nuove dia-gnosi di tumore maligno e 174.000 decessi. A fronte diqueste cifre, si può notare l’entità del problema dellemetastasi ossee che, in base alla stima effettuata dalGruppo di lavoro Siot è di 64.293 casi.

Cause e dinamichedella mobilità sanitariaCarriera, ricerca, migliori condizioni di lavoro e stipendi più alti le causedella "fuga" dei medici italiani, che oggi sono in troppi ma domani saranno troppo pochi. E si dovranno aprire le frontiere a specialisti stranieri

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Si fanno le valigie per cer-care maggiori aspettati-ve di carriera, una stabi-

lità più certa e un trattamen-to economico migliore: icamici bianchi italiani guar-dano da sempre alle meteextra-italiane per poter otte-nere la giusta considerazionedal punto di vista professio-nale, della ricerca e delle pro-spettive di crescita sia cono-scitiva sia remunerativa.Almeno questo è quantoasserito dalle ultime ricercheeuropee.L'Italia, soprattutto in periodidi crisi economica comequella in atto, assiste allaripresa della crescita d'inte-resse da parte dei laureati inmedicina verso Paesi chefungono da richiamo, secon-do quanto emerge dalla pub-blicazione dell'EuropeanObservatory on HealthSystems and Policies sullamobilità dei professionistidella salute e sistemi sanitari:evidenze provenienti da 17Paesi europei (lo studio èstato condotto all'interno delprogetto Prometheus).La Commissione europearileva che entro il 2020 siregistrerà una scarsità di ope-ratori sanitari in Europa, alpunto che «non saranno assi-curate circa il 15 per centodelle cure necessarie». A que-sto pronostico la FnOmceoreplica osservando come, inrealtà, questi dati riguardinoun calcolo di portata limitata,

dal momento che, ad esem-pio, non hanno coperto lageneralità delle professioni:l'indagine infatti non hapreso in considerazione gliodontoiatri, mentre si è con-centrata sulle professioni dimedico, farmacista, infermie-re e fisioterapista. L'Ue staponendo la questione delfuturo del personale sanitarionella patria comune in nomedi quell'equilibrio da rag-giungere fra «livello elevatodi protezione della saluteumana» che deve essere assi-curato in «tutte le politichedell'Unione» e le forze dimercato inerenti la libera cir-colazione tanto dei professio-nisti quanto dei medici. L'Ue,dopo aver provveduto allaraccolta dei dati in Austria,Belgio, Estonia, Finlandia,Francia, Germania,Ungheria, Italia, Lituania,Polonia, Romania, Serbia,Slovacchia, Slovenia, Spagna,Turchia, Regno Unito, siappresta a redarre un pianoper la gestione di questa forzalavoro.

Le mete degli italianiSeguendo il rapporto sullamobilità per quanto attiene ilnostro Paese, ai vertici dellalista delle Nazioni che attrag-gono il personale sanitarioitaliano troviamo RegnoUnito e Germania, principalidestinazioni di quanti diconoaddio per sempre, o – in

misura inferiore – per perio-di, all'Italia dove la ricerca, laprogressione di carriera e leopportunità di crescita sem-brano ridursi sempre di più aun'utopia. Fra i professionisti che emi-grano in Inghilerra eGermania il rapporto indicasoprattutto medici di base,specialisti – in primis psi-chiatri e neuropsichiatriinfantili diretti soprattuttoverso la terra inglese – ericercatori, stretti anche dallamorsa di una burocratizza-zione eccessiva oltre che dacondizioni lavorative spessoinadeguate, a rischio burn-out, di un sistema ingessato e,fattore rilevante, dallasovrabbondanza di personalemedico che inflaziona loStivale. Il mancato riconosci-mento del merito e i salaribassi fungono da molla cheinduce molte menti nostranea intraprendere la strada del-l'emigrazione. In relazione agli emolumenti,però, un'indagine dellaFederazione europea deimedici salariati (Fems)mostra un altro copione, percerti versi inaspettato: i nostricamici bianchi possono van-tare gli stipendi tra i più altinel Vecchio Continente:l'Italia è terza, dopo Belgio eDanimarca nella classifica deisalari massimi; nella classificadi quelli minimi si piazzaquinta dopo Olanda, Belgio(che però negli ospedali

hanno un rapporto libero-professionale), Danimarca eFrancia. E ora affrontiamo la presenzadei medici italiani oltralpe. Leregistrazioni di medici italia-ni in Inghilterra ammontanoa 1.692 fra il 2003 e il 2008; inGermania si è passati dalle325 nel 1988 alle 755 registra-zioni di professionisti italianinel 2008 (con un trend cre-scente: erano 584 nel 2003;615 nel 2004; 660 nel 2005;694 nel 2006; 719 nel 2007 e755 nel 2008); in Francia, nel2007, si annoverano 566 regi-strazioni. In Gran Bretagnamolti medici italiani vanno alavorare anche per periodibrevi, magari per supplire acarenze locali. Parecchi pren-dono l'aereo anche per unasettimana in cambio di unasostanziosa retribuzione: ciòavviene in special modo inquelle zone poco servitecome le highlands scozzesi, imicro paesini sparsi nelGalles o alcune aree urbanemolto popolate.

Da surplus a carenzaIl nostro Paese, stando allafotografia scattata dall'Oms,si piazza fra quelli con mag-gior numero di dottori almondo: il rapporto fra medi-ci e cittadini è di quattro ognimille contro la media Ocse ditre ogni mille. Dunque, il sur-plus di medici che si è accu-mulato in questi anni non hagiocato a favore della scelta dipermanenza in patria fraquanti potevano scegliere l'al-ternativa estera. Proiettandosi in avanti, però,si guarda a possibili carenzedi personale non appenamolti professionisti andran-no in pensione. Un campanello d'allarme sul-l'effettiva mancanza in Italiadi chirurghi connessa allaperdita d'attrattiva di questadisciplina fra i giovani è statolanciato da FrancescoTonelli, direttore del repartochirurgia dell’apparto dige-rente all’Azienda ospedalierauniversitaria di Careggi,Firenze, in occasione del con-gresso nazionale della Societàitaliana di chirurgia (Sic),conclusosi lo scorso ottobre aFirenze. «L’attuale scarsaattrattiva della chirurgia per igiovani – ha dichiarato –comporta il problema delricambio generazionale. Per

completare gli organici siprospetta infatti la necessitàdi importare chirurghi daiPaesi sottosviluppati. E per lapatria della chirurgia moder-na è un evidente e clamorosoparadosso. Non si tiene contodell’incredibile progresso diquesta disciplina non soloper lo sviluppo tecnologico,ma anche per la dedizione el’impegno giornaliero al limi-te del sacrificio. Purtroppo inItalia si parla del chirurgosolo quando sbaglia».

Gli stranieri in ItaliaAd ogni modo, è evidente,almeno fino a quando la sup-posta carenza non si manife-sterà, che per i medici stra-nieri in Italia, alla luce delsurplus attuale, non è propriofacilissimo trovare occupa-zione e il mercato del lavoro,per loro, è abbastanza offlimits.Stando ai dati forniti dallaFnOmceo e aggiornati al2009, il 4% della forza lavoro èstraniera: i Paesi di prove-nienza sono Germania(1276), Svizzera (869), Grecia(851), Iran (752), Francia(686), Stati Uniti (618),Argentina (584), Romania(555), Albania (431); nel 2004i camici stranieri ammonta-vano al 3,4%, ovvero poco piùdi 12mila, oggi toccano iltetto delle 15mila presenze.La metà dei dottori stranierilavora nel Nord Italia, il 25%al Centro e il 20% al Sud. Il4% del totale dei professioni-sti in servizio scende all'1% seteniamo conto del numero dimedici italiani nati all'estero ostranieri che hanno ottenutola cittadinanza italiana.Complessivamente, dunque,si può asserire che la quota didottori stranieri in Italia oscil-la fra l'1 e il 4% del totale diquelli in servizio. Si trattasoprattutto di camici tedeschi. Risulta di particolare interes-se inadagare, in questo qua-dro di mobilità, il fenomenodei medici immigrati in Italiaprovenienti da Paesi musul-mani: il loro numero si attestaa quota 4mila, una fetta con-siderevole dei 15mila camicibianchi stranieri nellaPenisola. Più di 9 su 10 – il92% – professano la religionemusulmana; la restante parteraggruppa cristiani maronitie copti. Si tratta di specialistisoprattutto in ginecologia,

seguita da pediatria, chirur-gia generale, ortopedia, fisia-tria, nefrologia e diabetolo-gia, ovvero quelle specializza-zioni legate alle maggiori cri-ticità dei Paesi d'origine. Laginecologia, ad esempio, è unsettore in cui la sensibilitàreligiosa ha la sua specificainfluenza: «per la religionemusulmana la vita è sacra,vietato quindi l'aborto –afferma Foad Aodi, presi-dente dell'Associazionemedici stranieri in Italia(Amsi) –; c'è molta attenzio-ne alle fasi iniziali della gravi-danza – i primi 40 giorni e iprimi quattro mesi, chehanno particolare significato– e l'interruzione è permessasolo in casi di rischio graveper la madre, da qui il ricorsoall'obiezione per i medici piùosservanti». La specializza-zione è in overdose: ginecolo-gi e ginecologhe straniere inItalia incontrano non pochiproblemi per trovare lavoro,«visto che sono di più: nelLazio, ad esempio, ci sono 80pediatri e 75 ginecologi stra-nieri», afferma Aodi chedichiara di ricevere «conti-nuamente lettere di colleghiche non riescono a inserirsi etrovare occupazione».Tutto un altro discorso inveceper gli infermieri: per il futu-ro di questo settore l'Oms hareso noto il fabbisogno di70mila addetti in Italia.Attualmente si annoverano33mila infermieri professio-nali immigrati di cui unquarto romeni e uno su diecipolacco. Ad oggi il personaleinfermieristico straniero siattesta all'11% con una cresci-ta progressiva e costante neglianni. Nel 2002 – ricorda ilrapporto della Commissioneeuropea che si basa sul regi-stro dei Collegi degli infer-mieri Ipasvi – erano 2.612,nel 2005 6.730 (il 2%) e nel2008, anno del vero e proprioboom, erano addiritturapoco più di 34mila, di cui33.364 infermieri professio-nali. I Paesi di origine sonoRomania (25%), Polonia(10,7%), Svizzera (7%),Germania (5,6%), Perù(5,3%). Da Albania, Francia,India e Spagna arrivano fra i1.000 e i 1.300 infermieri cia-scuno, ognuno pari al 3,5%degli infermieri stranieri inItalia.

Irene Giurovich

I NUMERI DELLA MOBILITÀ

Medici italiani all'estero Medici stranieri in Italia Infermieri

• 1.692 registrazioni in Inghilterrafra il 2003 e il 2008

• 755 nel 2008 in Germaniacontro i 325 nel 1988

• 566 in Francia (2007)

• Partono medici di base,psichiatri e neuropischiatri infantili

• Tra 1 e 4% del totale dei mediciin servizio

• Principalmente di provenienzatedesca

• 2011: 15 mila; 14.747 nel2008 (3,7% forza lavoro);12.527 nel 2004

• 50% al Nord, 25% al Centro,20% al Sud

• oltre 4 mila i medici provenientida paesi a maggioranzamusulmana

• 92 per cento sono di religionemusulmana

33mila immigrati (11%) di cui:

• un quarto romeni (8.497),pari al 25%

• 1 su 10 è polacco (10,7%)

• 2.386 dalla Svizzera (7%)

• 1.877 dalla Germania (5,6%)

• 1.766 dal Perù (5,3%)

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Inchiesta sullo specialistFigura utile ma controversaQuasi sempre richiesto in sala operatoria, dà supporto tecnico a chirurgo e strumentista. In Italia però manca un riconoscimento professionale e un percorso formativo adeguato. E la legislazione è carente

L’argomento generareticenze e imbarazzi.Molti chirurghi non

ne parlano volentieri. E laquestione appare più delica-ta da quando un’indaginegiudiziaria condotta a MassaCarrara ha evidenziato che«nel corso di almeno 45interventi chirurgici diartroprotesi eseguiti tra glianni 2007 e 2009 pressol’ospedale “SS Giacomo eCristoforo” i medici hannoconsentito l’accesso in salaoperatoria a persone nonqualificate e sprovviste diadeguati titoli di studio per-mettendo loro l’esecuzionedi atti propri dell’attivitàsanitaria (divaricazione,aspirazione e tamponamen-to di ferite, uso di elettrobi-sturi, complesse manovre diposizionamento degli arti)».Stiamo parlando dello spe-cialista di prodotto, o piùcomunemente specialist, unafigura professionale che sitrova ad avere un ruolo deltutto particolare quando ilprodotto in questione è lostrumentario tecnico chi-rurgico utilizzato negliinterventi di protesi artico-lare.«In realtà – dice chi fa que-sto lavoro – per noi lo spe-cialist non esiste nemmeno.Quando vendiamo i nostriprodotti siamo agenti e soloquando entriamo in salaoperatoria veniamo chiama-ti in modo diverso».

Lo specialist è utile in sala operatoria?La figura dello specialist, omeglio la sua presenza incontesti ben più ampi dellasemplice presentazione delprodotto, deriva la suaragion d’essere dal fatto chequesti strumentari sono par-ticolarmente complicati ehanno al loro interno diver-se configurazioni per poteraffrontare le differenti situa-zioni che si possono presen-tare durante un intervento.È normale che lo strumenti-sta non possa padroneggiarenel dettaglio tutti gli stru-mentari, di diverse ditte eper le diverse articolazioni;una conoscenza approfondi-ta è invece scontata per lospecialist di un’azienda, che èquindi in grado di fornireassistenza in primo luogoallo strumentista e quindi,fondamentalmente, allostesso chirurgo.Nel corso degli anni le situa-zioni in cui le conoscenzedello specialist risultano utilisono un po’ cambiate. Gliinterventi di sostituzioniprotesica più frequentirestano quelli d’anca e diginocchio: in Italia se ne ese-guono oltre 80.000 e oltre50.000, rispettivamente; mase le protesi d’anca hannoraggiunto un livello di regi-me, quelle di ginocchio sonoancora in espansione. Acausa del continuo calo deiprezzi il mercato risulta in

recessione se calcolato invalore di vendita, ma a livel-lo quantitativo le protesisono ancora in crescita e lospecialist, che una volta erapiù legato all’anca, ora è piùrichiesto per il ginocchio.«Anche dal punto di vistadello strumentario – ciricorda un responsabilevendite di un’importanteazienda del settore, checoordina agenti e specialistdi prodotto dopo esserlostato a sua volta in passato –la chirurgia d’anca è piùsemplice, si tratta sostan-zialmente di frese per l’ace-tabolo e raspe per alesare ilcanale femorale. Da sottoli-neare che una delle proble-matiche che affrontiamosempre più spesso negli ulti-mi anni è quella legata agliinterventi di revisione, incui ci sono strumentari piùcomplicati ed è corretto checi sia in sala operatoria per-sonale dell’azienda che liconosca in modo approfon-dito».

Il rapporto con il chirurgo ortopedicoUn punto di vista interessan-te è l’esame del rapporto chesi viene a stabilire tra specia-list e chirurgo. Generalmentequest’ultimo ritiene lo specia-lista di prodotto un ottimoriferimento per la conoscen-za tecnica dello strumentario.In un intervento come quellodella protesi di ginocchio,disporre di un professionistache sappia esattamente a cosaserve e come funziona ognipiccolo pezzo contenuto inuno strumentario che magariè fatto di sette cassette, è sicu-ramente un aiuto per il chi-rurgo e soprattutto per lostrumentista. È quest’ultimoche passa al chirurgo gli stru-menti richiesti, ma spesso sitrova a fare in un solo giornodiversi interventi in differentiprotesi; non può conoscereogni minimo pezzo di tuttigli strumentari e ha necessitàdi avere un tecnico che in casiparticolari lo aiuti. Ma il rapporto tra chirurgo e

specialist si sviluppa in unagrande varietà di situazioni.Esistono chirurghi che, purritenendolo un tecnico chepuò offrire consigli utiliriguardo allo strumentario,non vogliono lo specialist insala operatoria e c’è poi il casoopposto di chi tende ad abu-sare della presenza dello spe-cialist e in questi casi possonosorgere alcune criticità. Come spesso accade in Italia,la legge è un po’ ambigua edice semplicemente che coluiche non è medico non puòinteragire con il paziente. Mache significa “interazione conil paziente”? Se è chiaro che lospecialist non può toccare ilpaziente, non tutti hanno lamedesima opinione sul fattoche lo specialist si possa lava-re, ossia indossare camice ste-rile e guanti ed entrare in salaoperatoria.In alcuni ospedali questoavviene, mentre in altri, inparte anche sulla scia del cla-more dell’indagine di Massa,non acconsentono più che lo

specialist si lavi con infermie-ri e chirurghi; tuttavia, se ini-zialmente la vicenda sembra-va dovesse produrre un rapi-do cambiamento, questo inrealtà non è avvenuto, lamaggior parte delle strutturelavora come prima e la pro-blematica rimane sostanzial-mente ancora aperta.Un professore specialista inortopedia e traumatologia ein medicina dello sport, cheopera in una grande strutturaospedaliera del nord Italia, ciha confidato di ritenere che«la vicenda di Massa non siaun caso isolato» e soprattuttosottolinea «la necessità di unanormativa chiara e probabil-mente un registro della figuradegli specialist».

Servono formazionee riconoscimento professionaleOltre alle lacune esistenti dalpunto di vista normativo, altredifficoltà derivano dallaminore disponibilità di risorse

dovuta alla crisi economica.Lo specialist è sostanzialmen-te un servizio che l’aziendaoffre al chirurgo e all’ospeda-le perché l’intervento possaessere realizzato, dal punto divista tecnico, nel migliormodo possibile; ma è un ser-vizio che alle aziende costa. Adifferenza di quanto accade aifarmaci, per i dispositivimedici esiste un parte tecnicamolto rilevante; dietro specia-list e strumentario ci sonocosti che l’ospedale e lo statonon vedono e un’ulteriorecompressione delle risorseeconomiche potrebbe crearesituazioni di crisi. Ma, secon-do una visione più ottimisti-ca, lo stato di crisi potrebbecreare le condizioni perchéquesto costo occulto vengaallo scoperto, portando versoun maggiore riconoscimentoprofessionale, che passanecessariamente attraversouna formazione.In Francia, per esempio, esi-stono tecnici che ricoprono ilruolo dello specialist ma

hanno una formazione speci-fica, mentre in Italia il solotentativo formativo di rilievo èstato avviato daAssobiomedica (vedi appro-fondimento in queste pagine).Se viene riconosciuta l’utilità,e in qualche caso la necessità,dello specialist, devono esserecompiuti alcuni passi cheportino a superare la situa-zione paradossale esistente inItalia.Non essendo un dipendentedell’ospedale, lo specialistdovrebbe essere autorizzatodalla direzione sanitaria;dovrebbe avere un’assicura-zione che lo protegga dai pos-sibili danni subiti in sala ope-ratoria o che lo tuteli in casodi danni arrecati al paziente;dovrebbe infine comparirenei registri operatori.Abbiamo chiesto direttamen-te agli specialist e ci hannoinvariabilmente risposto chetutto questo, oggi, non avvie-ne quasi mai.

Renato Torlaschi

L’Associazione nazionale per le tecnologie biomediche,diagnostiche, apparecchiature medicali, servizi e tele-medicina (Assobiomedica) ha emesso una linea guidache ha il merito di evidenziare alcune delle problemati-che relative al lavoro dello specialist. Rivolto alle azien-de associate «il cui personale, in ragione del ruolo svol-to, frequenta le strutture ospedaliere sia per fare promo-zione commerciale, sia per prestare la propria assisten-za tecnica al personale medico», si sofferma soprattut-to sull’analisi del rischio e sulla preparazione del perso-nale che accede alla sala operatoria.Partendo dal presupposto che spesso è estremamentedifficoltoso delimitare l’ambito di azione dello specialistall’interno di una struttura ospedaliera, il documentodelinea una serie di rischi potenziali a cui è esposto ilpersonale e una serie di divieti e raccomandazioni cuiattenersi.La premessa è che lo specialist, su richiesta del medi-co, può essere presente durante le procedure medico-chirurgiche e visite di controllo relative ai dispositivimedici commercializzati per fornire il supporto tecnico-applicativo necessario per l’ottimizzazione di dispositivistessi.

Mentre, per quanto riguarda la presenza dello specialistin sala operatoria, vi si ribadisce che questa deve esse-re tassativamente richiesta dal chirurgo (anche per iltramite dell’azienda biomedicale) e subordinata all’au-torizzazione dell’amministrazione dell’azienda ospeda-liera.Riportiamo qui una sintesi di ciò che gli specialisti diprodotto possono e non possono fare, secondo le rac-comandazioni di Assobiomedica.

Lo specialist, in ambiente ospedaliero, può:u fornire parere tecnico e informazioni sull’utilizzo correttoe sicuro dei dispositivi tecnici;u fornire le sole informazioni presenti nel manuale e/o nelleistruzioni per l’uso dei dispositivi tecnici;u supportare il medico per l’impiego ottimale dei dispositi-vi e delle apparecchiature;u impostare le funzioni dei dispositivi seguendo le istruzio-ni impartite dal medico e sotto la sua supervisione;u trasferire al medico informazioni/esperienze di altri medi-ci, ma solamente al fine di aiutare il medico a maturare unproprio e indipendente giudizio;u illustrare le caratteristiche dei dispositivi così come le dif-

ferenze rispetto ai prodotti della concorrenza e sempreagendo con la massima trasparenza.

Lo specialist, in ambiente ospedaliero, non può:u fare diagnosi. Deve limitarsi a rispondere alle doman-de sui dispositivi tecnici poste dal medico;u partecipare attivamente e direttamente alla procedu-ra medica; in nessun caso lo specialist deve toccare ilpaziente. Sul punto si evidenzia come l’eventuale parte-cipazione attiva dello specialista di prodotto alla proce-dura chirurgica rappresenti a tutti gli effetti un illecito dinatura penale.u programmare/riprogrammare un dispositivo senza lasupervisione diretta del medico, eccetto quando richie-sto espressamente e direttamente dal medico, e sola-mente su sue specifiche indicazioni;u scrivere sulla cartella clinica del paziente;u interagire direttamente con il paziente senza la pre-senza del medico, fornendogli pareri o informazionirelativamente ai dispositivi tecnici;u fornire informazioni non presenti nel manuale, istru-zioni per l’uso, letteratura o documentazione ufficialedell’azienda per la quale lavora.

LA VICENDA GIUDIZIARIADI MASSA CARRARATutto è cominciato nell’ottobre 2007, in seguito alle rive-lazioni di alcuni infermieri riguardo a ciò che accadevanelle sale operatorie del reparto di ortopedia dell’ospe-dale SS Giacomo e Cristoforo di Massa. Ne è emersoche l’operato degli specialist andava ben oltre le loromansioni riconosciute.I carabinieri che hanno raccolto la testimonianza hannoscritto una relazione per il pubblico ministero in cui silegge che è stata riscontrata «un'incresciosa situazioneormai consolidatasi nel tempo all'interno delle sale opera-torie dell'ospedale», dove alcuni medici, «in spregio allepiù elementari norme correlate all'attività sanitaria, nelcorso di almeno 45 interventi chirurgici di artroprotesi ese-guiti tra gli anni 2007 e 2009 hanno, in qualità di primi ope-ratori, consentito l'accesso in sala operatoria a personenon qualificate e sprovviste di adeguati titoli di studio, per-mettendo l'esecuzione di atti dell'attività sanitaria».Sei specialist e cinque medici sono stati iscritti nel regi-stro degli indagati dalla procura. Gli interessati nonhanno negato, ma invece di ammettere una colpahanno espresso una necessità: il dottor Gian FilippoCeravolo, dirigente medico di primo livello ha dichiara-to al giornale Il Tirreno che gli specialist «sono figureindispensabili in interventi complessi, da anni sono insala operatoria».

COMPETENZE DELLO SPECIALIST: LA GUIDA DI ASSOBIOMEDICA

Biologo e bioingegnerea supporto dell’ortopedicoL’interazione tra il laboratorio di ricerca e il reparto di ortopedia è fondamentale per un completo sviluppo della medicina rigenerativa e per una efficace validazione pre-clinica dei biomateriali

Ancora oggi in Italia la figura del ricercatore in ambito orto-pedico è piuttosto rara e poco conosciuta. Tuttavia semprepiù frequentemente le nuove prospettive terapeutiche per iltrattamento di alcune patologie e affezioni dell’apparatolocomotore passano attraverso approcci di medicina rigene-rativa, avvalendosi di tecniche di ingegneria tissutale. Lacomplessità e la particolarità di alcuni di questi approccirichiedono all’ortopedico specifiche competenze e un gran-de sforzo, anche in termini di tempo, per poter di seguirecon attenzione l’andamento e le evoluzioni di questo vivacesettore. In questo contesto l’affiancamento di un ricercatore,biologo o bio-ingegnere, al medico ortopedico può migliora-re la validazione pre-clinica dei biomateriali o dei nuovi pro-dotti da testare e facilitare la conduzione di trial clinici desti-nati alla valutazione della loro efficacia.Il ricercatore, oltre a possedere delle competenze più spe-cifiche del settore, può dedicarsi interamente ai progetti diricerca, dal momento che non è coinvolto nell’attività assi-stenziale di routine. L’interazione tra il laboratorio di ricercae il reparto diventa quindi uno strumento molto utile, se nonindispensabile, per affrontare al meglio le problematichecorrelate alla valutazione di nuovi prodotti per i pazientiortopedici. Attualmente in Italia gli unici due Istituti di Ricovero e Cura aCarattere Scientifico (Irccs) riconosciuti dal ministero dellaSalute nell’ambito della ricerca in discipline ortopedichesono l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna e l’IstitutoOrtopedico Galeazzi di Milano. In entrambi vi sono laborato-ri e figure dedicati alle varie problematiche ortopediche,traumatologiche, reumatologiche e riabilitative. Di questo argomento abbiamo parlato in un’intervista a duecon Laura de Girolamo, responsabile del Laboratorio di bio-tecnologie applicate all’ortopedia al Galeazzi di Milano, eMatteo Moretti, responsabile del Laboratorio di ingegneria cel-lulare e tissutale dello stesso Istituto.

I biomateriali – proprio per-ché in costante sviluppo –non possono contare su datidi follow up lunghi. Vi sonoperò una serie di caratteristi-che, di controlli, che nedeterminano la sicurezza diutilizzo e parametri per lavalutazione della loro effica-cia. Quali i principali?La valutazione dell’efficacia diun biomateriale è strettamen-te correlata alla sua applica-zione, in quanto vengonoverificati parametri specificiper il tipo di tessuto da rico-struire. Ad esempio per laricostruzione di tessuto osseoè possibile testare la formazio-ne di tessuto calcificato. In generale, comunque, pergarantire la sicurezza di utiliz-zo di tutti i biomateriali ènecessario valutarne la bio-compatibilità mediante test dicitotossicità e citocompatibili-tà in vitro e successivamentemediante test di impianto invivo in animale. In particolare poi, per scaffolddegradabili, è necessario testa-re anche i prodotti di degrada-zione, i quali devono esserenon tossici e non immunoge-nici. Infine, per assicurare l’efficaciadi biomateriali da impiegare

come supporto alla compo-nente cellulare, è importanteverificare che il materiale pos-sieda adeguate proprietà diporosità e adesività per per-mettere la colonizzazione cel-lulare.

Lo sviluppo di un biomate-riale avviene attraverso lacostante collaborazione insala operatoria tra ingegnerebiomedico, biologo e ortope-dico. Quali feedback èimportante che i due ricerca-tori ricevano dal medico?Il punto di vista dell’ortopedi-co è fondamentale affinché ilricercatore possa arrivare allosviluppo di un prodotto utile eche soddisfi le richieste del cli-nico. Tuttavia, il vero e proprio flus-so di informazioni dall’ortope-dico al ricercatore incominciasolitamente quando il bioma-teriale viene sperimentato inuno studio di fase I, ovvero inuno studio che coinvolge unnumero limitato di pazienti eil cui scopo principale è di for-nire informazioni sulla sicu-rezza del prodotto. Questistudi possono dunque servirea mettere in evidenza even-tuali effetti indesiderati cui,

venutone a conoscenza, ilricercatore cercherà di porrerimedio modificando adegua-tamente il dispositivo.Un altro feedback moltoimportante che il chirurgodovrebbe fornire al ricercatoreriguarda la modalità di utiliz-zo, con particolare riferimen-to alla praticità e alla riprodu-cibilità della tecnica.Ovviamente poi non dovràmancare un riscontro delmedico sull’efficacia del bio-materiale o del prodotto datestare; a questo riguardo èimportante sottolineare quan-to sia fondamentale che que-ste valutazioni siano fruttonon di “impressioni” delpaziente o del chirurgo, mache derivino da valutazionisistematiche, quantitative evalidate. A tale scopo sonoquindi necessari trial prospet-tici randomizzati, in cui ilnuovo prodotto è messo aconfronto con l’eventuale goldstandard disponibile.

Nell’ottica di massimizzare lapossibilità di miglioramentodei biomateriali, quali com-petenze/conoscenze sarebbeutile acquisisse un ortopedi-co durante il corso di studi?

Oltre ad approfondire le com-petenze specifiche legate allabiologia delle cellule (intera-zione cellule-substrato; rea-zione infiammatoria organi-smo-materiale), l’ortopedicodovrebbe acquisire maggiorsicurezza in quelli che sono i“metodi di ricerca” e il “meto-do scientifico”; parliamo inparticolare di concetti chiavequali la significatività statisticae la riproducibilità, ovvero lecondizioni che possonogarantire di raggiungere unaconoscenza oggettiva, affida-bile, verificabile e condivisibi-le. È poi estremamente impor-tante che il ricercatore e l’orto-pedico parlino la stessa “lin-gua”, in modo da ottimizzareal meglio l’interazione e il pas-saggio di informazioni.

In che misura sono differen-ti tra loro i biomateriali oggidisponibili sul mercato? Cisono delle "famiglie" di pro-dotti?Sul mercato si trovano diversetipologie di biomateriali, daipiù tradizionali biomaterialiinerti, fino ai più recenti mate-riali biodegradabili e bioattivi.Ci occuperemo qui di questi

> Sezione di tessuto osso compatto, colorata chimicamente, che mostral'organizzazione lamellare concentrica degli osteoni

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Matteo Moretti è responsabile del Laboratorio di inge-gneria cellulare e tissutale dell’Irccs Istituto OrtopedicoGaleazzi di Milano ed è affiliato al MassachusettsInstitute of Technology, Harvard-Mit Division of HealthScience and Technology, dove ha trascorso il suo perio-do di post dottorato presso il LangerLab. Entrambi i suoi titoli: laurea (Politecnico di Milano) e lau-rea magistrale (Trinity College di Dublino) sono in bioin-gegneria. Ha ottenuto un dottorato europeo in bioinge-gneria dal Politecnico di Milano, eseguendone unaparte presso il Laboratorio di ingegneria dei tessuti delprofessor I. Martin all’Università di Basilea, in Svizzera.I suoi principali interessi di ricerca sono i tessuti osteo-condrali e cardiovascolari e le tecnologie sui bioreatto-ri. In particolare in relazione all’uso di cellule umane pri-marie e staminali mesenchimali e allo studio del control-lo ambientale in colture cellulari per la generazione ditessuti ingegnerizzati orientati alle applicazioni cliniche.Inoltre si occupa dello sviluppo di tecnologie e sistemidi bioreattori multiscala come chiavi per la traslazione diterapie cellulari più efficaci e accessibili.Il suo lavoro è stato riconosciuto internazionalmenteanche dalla Nasa (2010 Tech Brief Award) e in Italia èstato scelto lo scorso anno dalla rivista Wired per espor-re alla mostra per i 150 anni dell’unità d’Italia.Matteo Moretti è autore di diversi articoli su riviste inter-nazionali peer-reviewed e di due brevetti nell’ambitodella medicina rigenerativa e dei bioreattori.

Dopo aver conseguito la laurea in scienze biologichepresso l’Università dell’Insubria di Varese, Laura deGirolamo è stata borsista universitaria presso l’Istituto discienze ortopediche e traumatologiche dell’Universitàdegli studi di Milano, dove ha iniziato ad occuparsi dirigenerazione tissutale in ambito ortopedico.Successivamente ha conseguito il dottorato di ricerca infarmacologia, chemioterapia e tossicologia medicapresso l’Università degli studi di Milano.Nel 2006 ha iniziato a lavorare presso l’Irccs IstitutoOrtopedico Galeazzi di Milano, in qualità di ricercatoreclinico nell’ambito della medicina rigenerativa e dellebiotecnologie. Dal 2009 è responsabile del Laboratoriodi biotecnologie applicate all’ortopedia e coordinatricedei trial clinici che coinvolgono applicazioni biotecnolo-giche. Nell’ottica di una medicina traslazionale, la mission dellaboratorio da lei diretto consiste nell’assistere i chirur-ghi ortopedici nella selezione di nuovi prodotti biotecno-logici, fornendo loro dettagliate conoscenze di base,derivate da studi in vitro e pre-clinici, sulla loro efficaciae sicurezza. Il suo principale interesse è lo studio dellecellule staminali mesenchimali, in particolare isolate daltessuto adiposo, dei fattori di crescita e degli effettidelle stimolazioni biofisiche a livello cellulare. Laura de Girolamo è membro attivo del comitato tecni-co-esecutivo del Gruppo italiano staminali mesenchi-mali (Gism), vice presidente del Comitato ricerca dellaSigascot e membro del board editoriale del Journal ofSports Traumatology.

> Laura de Girolamo, direttore del Laboratorio di biotecnologieapplicate all’ortopedia dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi diMilano

> Matteo Moretti è responsabile del Laboratorio di ingegneriacellulare e tissutale dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi diMilano

> Il laboratorio di biotecnologie applicate all'ortopedia delGaleazzi di Milano

ultimi, indispensabili per solu-zioni di medicina rigenerativa,per la quale possono essereanche combinati con cellule(in genere autologhe) perfavorire ulteriormente la rige-nerazione e l’ottenimento diun tessuto con caratteristicheuguali alle originali. Questi biomateriali possonoessere divisi in polimeri natu-rali, come quelli a base di col-lagene, fibrinogeno o acidoialuronico; polimeri di sintesi,ad esempio poliesteri, poliu-retani, o ceramici; matricidecellularizzate, preparaterimuovendo la componentecellulare dei tessuti naturali.L’abbinamento con diversetecnologie di lavorazioneporta a ottenere biomaterialicon strutture tridimensionalimolto diverse tra loro, ad

esempio spugna, tessuto, non-tessuto, idrogelo o da prototi-pazione rapida. Altre specifi-che possono ulteriormentedifferenziare tra loro i bioma-teriali, come i trattamenti chi-mico-fisici superficiali, pro-prietà meccaniche, modalità etempi di degradazione, rila-scio controllato di particolarimolecole. I diversi prodotti sul mercatopossono poi essere forniti perun impianto diretto, per essereabbinati a cellule o materialebiologico autologo al momen-to dell’impianto, o provvistidirettamente come combina-zioni di materiali e cellule col-tivati precedentemente invitro.Sono quindi ad oggi presentisul mercato moltissime tipolo-gie di biomateriali, tutti diver-

si tra loro, ove le diverse carat-teristiche devono essere ade-guate e specifiche in base aldistretto e alla funzione percui andranno utilizzati. È difficile definire a prioriquali biomateriali e caratteri-stiche siano migliori di altrinella medicina rigenerativa;per valutarne il successo cisono anche altri elementi daconsiderare, come cellule edeventuale ambiente di colturacui sono stati esposti e ovvia-mente fattori come capacità direcupero del singolo pazientee modalità e tecniche diimpianto. In un panorama così vario e incontinua evoluzione è quindifondamentale l’interazione traesperti di discipline diverse:non solo per la progettazionedei materiali ma anche per

una corretta valutazione sulloro impiego.

Chi vigila su tutti questiaspetti, a tutela del pazientema anche del chirurgo orto-pedico, che difficilmente hale competenze per giudicarefino in fondo la qualità di unbiomateriale? Oggi, grazie allo sviluppo ealla diffusione sempre piùrapida di nuovi prodotti,molto spesso questi vengonosperimentati su pazienti chenon sono inclusi in uno studioclinico. Questo implica dellevalutazioni poco sistematichee dunque poco utili per defini-re accuratamente la sicurezzae l’efficacia del prodotto inesame. L’ideale sarebbe che lesperimentazioni venissero

condotte in istituti di ricercadotati di personale specializ-zato o comunque in strutturein cui vi sia una certa attenzio-ne a questi aspetti, e soprattut-to nell’ambito di trial clinicispecifici, al fine di garantire,come già detto, l’oggettività el’affidabilità delle osservazioni.

Come possono i ricercatoriinteragire con i medici permigliorare il risultato finale?La presenza in ambito ospe-daliero di ricercatori e labo-ratori di ricerca nell’areadella medicina rigenerativapuò essere un’opportunitàper migliorare e ottimizzareil risultato finale. Instaurareuna collaborazione per lavalutazione, da diversi puntidi vista, dei materiali propo-

sti dalle aziende permette diincludere esperimenti speci-fici in laboratorio e integrar-li con le competenze delmedico. In questo modo èpossibile supportare il medi-co nella scelta dei materiali enella loro implementazione,in modo da permettergli diutilizzare un prodotto piùadeguato per l’uso specificorichiesto nei vari casi.Spesso i clinici si devonoaffidare al supporto fornitodalle aziende. Un supportosicuramente valido, maspesso non privo di coinvol-gimenti e interessi economi-ci. Il ruolo superpartes deiricercatori e dei laboratoriinterni all’istituto potrebbesupportare i medici nel farele scelte migliori.

Andrea Peren

COSA SONO I BIOMATERIALI?Un biomateriale è una sostanza che può essere utilizza-ta per trattare o integrare un qualsiasi organo o tessutodell'organismo. Nel campo della rigenerazione tissutale è fondamenta-le, soprattutto nei primi stadi del trattamento, la presen-za di un materiale in grado di sostituire la matrice, com-ponente non cellulare, del tessuto danneggiato e sop-perire quindi alla sua funzione meccanica, così damimare le normali funzioni biologiche dell'organismo. Oltre a questo ruolo puramente strutturale, un biomate-riale può possedere (intrinsecamente o per addizone)fattori in grado di richiamare cellule dall'organismo e sti-molarne l'adesione, la proliferazione e il differenziamen-to, svolgendo quindi un importante ruolo a livello biolo-gico nella formazione del nuovo tessuto.

Le qualità di un buon biomaterialeLa caratteristica principale di un buon biomateriale è labiocompatibilità, ovvero la capacità della sostanza uti-lizzata di non generare un risposta immunitaria oun'azione tossica nell'organismo. In secondo luogo, èimportante che il materiale sia riassorbibile, ovvero chepossa essere degradato all'intero dell'organismo, intempi e modi compatibili con il completamento del pro-cesso rigenerativo, così che residui di corpi estraneinon permangano nel tessuto neoformato. Inoltre ènecessario che questi materiali siano di facile produzio-ne, plastici e maneggevoli, così da permetterne la ste-rilizzazione e l'impianto. I biomateriali sono sostanze di origine naturale o sintetica.Ad esempio, per il tessuto cartilagineo si possono utilizza-re proteine o polimeri naturali (quali collagene o fibrina)oppure polimeri sintetici (quali l'acido poliglicolico o l'os-sido di polietilene); allo stesso modo, per il tessuto osseo,vengono generalmente utilizzati composti inorganici,come idrossiapatite, ceramica e metalli oppure matriciossee deproteinizzate, ad esempio di origine bovina.

Laura de Girolamo, Matteo Moretti

Patologie scheletriche di origine geneticaAll’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna c'è una struttura dedicata allostudio e al trattamento delle patologie scheletriche di matrice genetica.Classificate come malattie rare, in realtà colpiscono un individuo su 20mila

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Dottor Sangiorgi, comefunziona la struttura checoordina?È organizzata in una parteclinica: l’ambulatorio dovreb-be presto evolvere in day ser-vice ambulatoriale con presain carico dei pazienti piùcomplessa e un maggiorecoordinamento dei servizi. Per questa tipologia di

pazienti la nostra strutturacollabora e coordina leortopedie degli adulti epediatriche, oltre a radiolo-gia e fisiatria. Speriamo di poter concre-tizzare questo progetto, dicui ci ha incaricato laRegione Emilia-Romagnaall’inizio del 2013. Questopercorso è il modello più

adeguato per risponderealla necessità dei pazientidi ottenere diagnosi, con-trolli o terapie effettuandovisite specialistiche, esamistrumentali o prestazioniterapeutiche in un sologiorno o comunque con unnumero limitato di accessi.Contemporaneamente lospecialista potrà usufruiredi tutte le potenzialità dia-gnostiche e terapeutichepresenti in ospedale performulare in breve tempodiagnosi o effettuare tera-pie che richiedano inter-venti multidisciplinari.

Quale bacino d’utenzarichiama il vostro ambu-latorio?Prevalentemente l’utenza èextraregionale: oltre l’80per cento dei casi provieneda fuori Regione. Seguiamopiù di 400 pazienti l’anno eci prendiamo cura sia del-l’età adulta sia pediatrica.Complessivamente sono 20i medici coinvolti e allostato dei fatti riusciamo afatica a coprire le esigenze.Quando si mettono adisposizione i servizi per ipazienti rari, i pazienti raripoi, di fatto, non risultanoessere più così rari. Si rivol-gono qui alla struttura delRizzoli in quanto non tro-

vano riscontro delle loropatologie nelle altreRegioni. Oltre all’ambulatorio operaun gruppo di specialisti chegestisce l’hub&spoke: cisono una decina di centrisparsi in tutta la Regione,noi fungiamo da centro dicoordinamento di secondolivello sia per la diagnosisia per il trattamento.Dobbiamo fare in modoche siano le informazioni aspostarsi e non i pazienti;non tutti i pazienti dispon-gono di risorse per spostar-si agevolmente. Infine il laboratorio digenetica molecolare ha ache fare con tutte le tipolo-gie diagnostiche ed è in retecon centri di livello euro-peo e internazionali.

Qual è la vostra priorità?Com’è ovvio quando siparla di malattie rare, ènecessario disporre diun’expertise notevole pergestire un così elevatonumero di patologie. È fon-damentale avere una massacritica anche per raccoglie-re la casistica, non solo inItalia ma a livello europeo.Abbiamo non a caso ungruppo di informatica cli-nica deputato a creare stru-menti per la raccolta dei

dati clinici dei pazienti, alfine di ottenere una omoge-neità ed effettuare correla-zioni fra la manifestazioneclinica e la componentegenetica. Ciò al fine di otte-nere il più possibile un qua-dro chiaro sull’eziopatoge-nesi della malattia.

Come possiamo in lineagenerale classificare que-sta tipologia di malattiescheletriche genetiche?Noi ci occupiamo prevalen-temente di due gruppi: ilprimo comprende le fragi-lità ossee, la malattia piùemblematica è l’osteogenesiimperfetta (Oi) che riguar-da un gruppo eterogeneo didisordini ereditari del tes-suto connettivo che hannocome caratteristica comunela fragilità e deformabilitàossea. La causa risiede in undifetto nella produzionedel collagene (proteinastrutturale per la resistenzae il sostegno) che provocauna tendenza alla frattura.La gravità della malattiadipende dal tipo di erroregenetico e dall’anomaliache esso comporta nellastruttura della proteina. Inalcuni pazienti non èdimostrabile un’anomaliadel collagene (difetto qua-litativo), ma solo una mar-cata riduzione della suaproduzione (difetto quan-titativo). La comparsa è in età preco-ce e la malattia si può tra-smettere per via ereditaria.Sempre di più prendiamoin carico i gruppi familiarivisto il discorso di trasmis-sibilità della patologia: vi èil 50 per cento di possibili-tà di trasmettere l’"errore"alle generazioni successive. Quanto al trattamento siricorre o a interventi chi-rurgici correttivi, per aiu-tare il paziente a raggiun-gere il massimo grado diautonomia motoria com-patibile con la gravità dellamalattia (mentre per chinon potrà conquistare lastazione eretta e la deam-bulazione, l’intervento chi-rurgico sarà comunquefunzionale a prevenireulteriori fratture e correg-gere deformità e irrobusti-re gli arti inferiori) oppurea terapia farmacologia con

i bifosfonati, a cicli, farma-ci per altro già usati consuccesso nel trattamentodell’osteoporosi.

E il secondo gruppo dipatologie?Si tratta dei difetti di carti-lagine da accrescimento: lamalattia si chiama Esostosimultipla ereditaria (Eme),patologia congenita checolpisce l’apparato osteoar-ticolare e si manifesta conla crescita, su diversi seg-menti scheletrici, di protu-beranze ossee (chiamateespostosi) che possonovariare di dimensioni, loca-lizzazione e quantità. L’Eme colpisce circa unapersona ogni 50mila anchese, stando al registro cheabbiamo creato noi, questaincidenza scende a 1 ogni30mila nuovi nati. E proba-bilmente la frequenza èancora maggiore: 1 ogni20mila. Di conseguenzeabbiamo a che fare con unamalattia relativamente rara,che colpisce uomini edonne con pari possibilità.È una malattia ereditariatrasmissibile al figlio dauno dei genitori (7 malatisu 10 ereditano la malattiada uno dei genitori) e se ungenitore ne è affetto ci sonoil 50 per cento di possibilitàche anche il figlio sviluppila malattia. Le esostosi insorgonogeneralmente durante iprimi anni di vita e cresco-no insieme allo sviluppodel bambino. Si verificauna sorta di accrescimentodisordinato: le protuberan-ze (esostosi) si localizzanoprincipalmente a caricodelle ossa lunghe degli artiinferiori e superiori conmaggiore frequenza inprossimità delle articola-zioni (ginocchia, spalle,caviglie, anche, polsi);secondariamente possonocomparire anche sulle ossadel tronco, a carico delbacino e delle scapole. Nonsono coinvolte le ossa delcapo o del viso. Le ossa,anziché crescere normal-mente, ovvero perpendico-larmente, crescono disordi-natamente, buttando fuorilateralmente le ramifica-zioni. Se non si prende il pazientein carico precocemente,

> Luca Sangiorgi

l’Eme può portare a gravilimitazioni funzionali. Anche in questo caso, sediagnosticata attorno ai 2-3anni, quando la patologia èchiaramente riscontrabile,l’Eme può essere contrasta-ta con interventi chirurgicidi correzione durante lacrescita. Ovviamente non si puògarantire un risultatosovrapponibile a una cre-scita normale e "ordinata",ma certamente si puògarantire a questi pazientiuna qualità di vita migliore.

Di fronte a queste malattietrasmissibili, voi qualeparere date ai genitori cheintendono avere figli?Non possiamo permettercidi influenzare o condizio-nare le scelte. Noi forniamo ai genitori

affetti da queste patologieereditarie tutte le informa-zioni utili per una sceltagenitoriale consapevole,personale e libera. Nei casi in cui si opta perl’interruzione di gravidanzale persone si sentono sole enon seguite, ma quando sirendono conto che ci sonomedici su cui contare e cheseguiranno te e il nascituro,allora la scelta cambia radi-calmente.

Irene Giurovich

> L'équipe della Struttura semplice dipartimentale di genetica medica e malattie rare ortopediche dell'Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna

Sono oltre 400 le patologie scheletriche genetiche: si trattadi un gruppo eterogeneo di malattie ereditarie che provoca-no seri problemi della crescita e dello sviluppo. Sono malat-tie rare in quanto la loro incidenza varia da 1/25mila a1/100mila nei nati vivi. In Italia esiste un centro d’eccellenza che se ne occupa: laRegione Emilia-Romagna ha realizzato la rete regionalehub&spoke per le malattie rare scheletriche che vedenell’Istituto Ortopedico Rizzoli la struttura di riferimentoregionale di alta specialità (hub) verso il quale convergonodai centri ospedalieri territoriali (spoke) le richieste da partedi medici e ammalati. A coordinare questa rete è la Strutturadi genetica medica e malattie rare ortopediche guidata daldottor Luca Sangiorgi, che abbiamo intervistato per capiremeglio il funzionamento di questo organismo specifico e lecaratteristiche delle patologie che qui vengono diagnostica-te e curate. Nella Struttura semplice dipartimentale di genetica medicae malattie rare ortopediche l’équipe si occupa della diagno-si e presa in carico di pazienti affetti da displasie scheletri-che, oltre a svolgere counseling e diagnosi molecolare disindromi rare che interessano l’apparato muscolo-scheletri - co. L’Ambulatorio di genetica medica accoglie pazienti conil sospetto di sindromi familiari, mentre il laboratorio di gene-tica molecolare effettua studi su Dna proveniente da cam-pioni ematici e di tessuto.

I DATI EPIDEMIOLOGICISONO DI CRUCIALE IMPORTANZA

La Struttura semplice dipartimentale di genetica medi-ca e malattie rare ortopediche dell'Istituto OrtopedicoRizzoli di Bologna guidata dal responsabile LucaSangiorgi collabora con altre strutture per indagare gliaspetti epidemiologici di queste patologie. È necessa-rio infatti disporre il più possibile della vera incidenza diqueste malattie per predisporre piani di ricerca e strate-gie terapeutiche. «Stiamo intrecciando rapporti anchecon il Belgio e altri Paesi – fa sapere il dottor Sangiorgi–, per compiere studi che ci permettano di capiremeglio la reale incidenza e prevalenza e se, ad esem-pio, vi siano cofattori che influenzano la comparsa diqueste malattie genetiche scheletriche». La struttura di Bologna è dal 2003 che sta raccogliendodati clinici. L’inquinamento, ad esempio, potrebbe esse-re una variabile in questo quadro? Il dottor Sangiorgidichiara di non poterlo affermare: «Allo stato dei fattinon lo sappiamo. Possiamo però dire che si sono rileva-te, in presenza di industrie chimiche, delle alterazionischeletriche. Questo lo sappiamo consultando i registridelle difformità congenite, ma da qui a comprendere iltipo di relazione causale ce ne passa, abbiamo bisognodi studi scientifici e non di ipotesi».

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C'è anche il nome dell'Istituto Ortopedico Rizzoli diBologna nella ricerca europea sul morbo di Ollier, pato-logia scheletrica invalidante che comporta la formazio-ne di isole di cartilagine che sostituiscono e gonfiano laparte centrale delle ossa vicino alle articolazioni con laconseguenze di deformarle. Nello studio pubblicato dalla rivista scientifica NatureGenetics volto a scoprire la causa del morbo, a rappre-sentare l'Italia troviamo la Struttura di genetica medicae malattie rare ortopediche dello Ior guidata dal dottorLuca Sangiorgi.Fino ad oggi chi è affetto dal morbo di Ollier, ancora nonriconosciuto nel novero delle malattie rare, è costretto apagarsi il ticket per le visite di controllo, vivendo in unasituazione di fatto di isolamento. Soltanto le lesioni pro-vocate dal morbo che evolvono in formazioni maligne(condrosarcomi) con comparsa di angiomi dei tessutimolli determinano la trasformazione della malattia nellacosiddetta sindrome di Maffucci, questa sì riconosciutacome patologia rara dal ministero della Salute. Obiettivo condiviso, ora, è quello di far riconoscere ilmorbo di Ollier fra il novero delle malattie rare, ancheperché dai risultati dello studio pubblicato su Nature

Genetics – che ha coinvolto 43 pazienti di cui una deci-na dello Ior – si profilano le cause della patologia: l'alte-razione genetica responsabile dell'insorgenza è conte-nuta solo in una percentuale delle cellule che induconoquelle vicine a comportarsi in maniera atipica (mecca-nismo del “mosaicismo”). Adesso l'équipe guidata dallo specialista LucaSangiorgi (dal 2003 l'ambulatorio di genetica segue 60pazienti) guarda al prossimo passo da compiersi,anche grazie alla collaborazione europea della ricerca:«Il passo successivo – spiega il dottor Sangiorgi – è lostudio a livello cellulare di quali molecole possano inibi-re questo meccanismo e bloccare lo sviluppo impropriodi queste isole di cartilagine. La speranza è offerta dalfatto che alcune molecole efficaci contro le alterazionigenetiche che scatenano tale patologia sono già statesperimentate con successo contro lo sviluppo dei tumo-ri a livello cerebrale. Se queste sperimentazioni daran-no l'esito auspicato, vorremmo avviare – conclude – deiprotocolli clinici sui nostri pazienti colpiti da questamalattia».

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Focus clinico sullepatologie reumaticheCausa degenerativa o processo infiammatorio? Nel secondo caso le malattie reumatiche hanno un coinvolgimentosistemico e non colpiscono solo l’apparato muscoloscheletrico

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Professor Meroni, qualisono i soggetti maggior-mente colpiti in Italia dallemalattie reumatiche e qualela modificazione nella loroidentificazione?Dei 5 milioni colpiti, circa734 mila presentano le formepiù disabilitanti e serie; adessere colpite sono maggior-mente le donne, con una pre-ponderanza sino a nove voltemaggiore rispetto all’uomo. Il Center for Disease Control(Cdc) di Atlanta ha rilevatoche le malattie reumaticherappresentano una delleprime cause di disabilità nellapopolazione nordamericanae il Parlamento europeo nelmaggio 2008, con una dichia-razione scritta, ha invitato gliStati membri a sviluppareuna strategia tesa a migliora-re l’accesso alle informazionie alle cure; proprio per questosarebbe auspicabile inserirlenel chronic care model. Il termine malattie reumati-che comprende un gruppoeterogeneo di patologie, lacui composizione è andatacambiando nell’ultimodecennio con l’aggiunta diforme solo da poco ricono-sciute come entità a sé stanti.Mentre originariamente lemalattie reumatiche avevanouna presentazione clinicafocalizzata sull’apparatomuscoloscheletrico, attual-mente le manifestazioni sono

molto più diversificate dalmomento che molte formeriguardano un interessamen-to sistemico o multi-organo.

Qual è l’eziopatogenesi?Altrettanto eterogenea, seb-bene si possano schematica-mente suddividere due prin-cipali gruppi: quello legato aprocessi degenerativi o adanomalie del metabolismodel tessuto osseo (principal-mente artrosi ed osteoporosi)e quello connesso a un pro-cesso infiammatorio cronicodeterminato da anomalie delsistema immune (artritiinfiammatorie e malattieautoimmuni sistemiche oconnettiviti). Entrambi igruppi concorrono a deter-minare un impatto epide-miologico rilevantissimo. Nel primo gruppo sonoincluse forme la cui patoge-nesi è da ascriversi a disturbidel tessuto cartilagineo checonducono a un processodegenerativo dell’osso sotto-stante come nel caso dell’oste-oartrosi. L’osteoartrosi rico-nosce sia una genesi su basegenetica sia su base lavorativao di sovraccarico di una par-ticolare articolazione. Nellostesso gruppo vi sono ancheforme in cui un errore delmetabolismo del tessutoosseo porta ad alterazionidella struttura con conse-

guente morbidità (osteopo-rosi, osteomalacia, morbo diPaget, ecc.). In questo gruppoil processo infiammatorio èlimitato e localizzato nellesedi di lesione senza un gros-solano interessamento siste-mico. Il secondo gruppo è costitui-to da forme ancora più etero-genee che in gran parte rico-noscono una patogenesiinfiammatoria. In alcune diesse la genesi risiede in unerrore del sistema immuneche perde la tolleranza versole proprie strutture (self) e leattacca innescando una rea-zione infiammatoria cronica.L’esito della cronicità è rap-presentato da un danno tes-sutale con sostituzione cica-triziale e perdita di funzione(artriti infiammatorie, con-nettiviti, vasculiti, ecc.). Inaltre forme di questo gruppol’infiammazione è innescatada agenti esterni identificati(ad esempio microcristalli) oda agenti infettivi. Questiultimi possono agire siadirettamente sia indiretta-mente causando una rispostaimmune che può essere diret-ta verso l’agente infettivo stes-so e contemporaneamenteverso strutture del proprioorganismo che presentanouna similarità (mimicriamolecolare). Queste patologie interessanosolo in parte l’apparatomuscoloscheletrico. Granparte della manifestazioni cli-niche sono infatti legate a undanno di altri organi o appa-rati (rene, cervello, cuore,cute, vasi). L’interessamentosi pone dunque a livello siste-mico.

Quali sono i fattori scate-nanti? Le forme infiammatorie rico-noscono una base genetica,necessaria ma non sufficiente

per la loro comparsa. Sonoscatenate da cause esterne(infezioni, agenti fisici) cheinnescano una rispostainfiammatoria che si croni-cizza e determina un dannod’organo. Le forme degenerative sonoinvece legate ad alterazionidel tessuto osseo o del tessutocartilagineo che altera i nor-mali contatti tra i capi artico-lari determinando un micro-traumatismo che esita in undanno osseo.

Quali sono i costi sociali?Il costo socio-sanitario globa-le è significativo sia comecosti diretti sia come costiindiretti legati alla disabilità ealla incapacità lavorativa con-seguenti. Tra perdite di pro-duttività, care giving e cureinformali si stima che il tota-le dei costi indiretti si attestiattorno ai 2/3 dei costi totali,con appena 1/3 dei costi acarico del Ssn. Stime riportate da un autore-vole centro ricerche hannotentato di quantificare ilcosiddetto cost of illness dellepatologie reumatiche e, inparticolare, dell’Ar quale pro-totipo. Dallo studio emergeche i costi complessivi, siaquelli del Ssn che quelli socia-li, sono molto rilevanti: lastima è di 3,2 miliardi di europer il 2009, con un costoannuo medio per paziente di8 mila euro. Lo studio ha poisviluppato una simulazioneche, tenendo conto dell’evolu-zione della struttura dellapopolazione nel tempo edella progressione dellamalattia, porta questo costo acrescere fino ad arrivare a 4miliardi di euro nel 2029.Il 70 per cento di tali costisono legati alla perdita di pro-duttività e quindi all’impossi-bilità di lavorare e al necessa-rio supporto dei care giver,

ovvero l’assistenza socialepiuttosto che non quella sani-taria. Il restante 30 per centodei costi si riferisce all’assi-stenza sanitaria, alla terapiafarmacologica, all’assistenzaospedaliera, ambulatoriale especialistica. I costi globalisono direttamente proporzio-nali all’evoluzione della malat-tia e alle comorbidità even-tualmente presenti.Difficilmente quantificabilisono i costi intangibili, legati auna qualità di vita (personalee di relazione) peggioratadalla progressione di malattia.

Le patologie reumatichemanifestano un trend increscita oppure no? Oggi sono meglio e primadiagnosticate e quindi sem-brano più numerose. Non vi sono prove solide peròche vi sia un aumento reale.

Quali sono le cure attual-mente più seguite per con-trastare l'avanzare dellemalattie reumatiche?Non esistono cure efficaci nelbloccare l’osteoartrosi, mentrevi sono farmaci molto attivisui processi infiammatori esul trofismo del tessuto osseo,in particolare per bloccarel’osteoporosi.

Ci sono sperimentazioni incorso per nuovi farmaci otrattamenti?Vi sono nuovi farmaci chesono in grado di bloccare l’in-fiammazione e l’attivazioneesagerata del sistema immu-nitario. Sono di più facilesomministrazione rispetto ai“farmaci biologici” e presen-tano un profilo di efficacia esicurezza simile.

Irene Giurovich

> Pierluigi Meroni

Sono oltre 5 milioni in Italia le persone che soffrono di malattiereumatiche (Mr), la maggior parte affette da forme artrosiche:per questo vengono considerate malattie sociali. Si tratta dipatologie croniche (1 persona su 10 ne è vittima) caratterizza-te da infiammazione che aggrediscono organi e apparati diver-si. In molti casi l'infiammazione è conseguente ad un'abnormerisposta del sistema immunitario e per tale motivo molte di que-ste malattie sono anche dette autoimmuni.Ne abbiamo parlato con il professor Pierluigi Meroni, direttoredel Dipartimento di reumatologia dell’Istituto ortopedicoGaetano Pini, struttura all'avanguardia nella diagnosi e nel trat-tamento di queste patologie, e direttore della Scuola di specia-

lizzazione in reumatologia dell’Università di Milano.L'ospedale offre una struttura specializzata all’avanguardia neltrattamento delle malattie reumatiche e autoimmuni, con parti-colare attenzione alla diagnosi precoce e alla cura dell’artritereumatoide. «Il nostro Istituto rappresenta uno dei pochi ospe-dali con un approccio multidisciplinare alle patologie reumati-che, con diversi specialisti che ruotano attorno al singolopaziente – ci ha spiegato Meroni –. Il team ha al centro ilpaziente e il reumatologo lavora con al fianco il ginecologo, ilnefrologo, il neurologo, il dermatologo, l’oculista e lo pneumo-logo in rete anche con altri ospedali e il territorio per curare almeglio la specificità delle singole patologie».

LE MALATTIE REUMATICHE Quasi il 10% della popolazione deve affrontare patologiedi tipo sia degenerativo (artrosi) sia infiammatorio (artrite).Le malattie reumatiche sono omogeneamente distribuitesul territorio nazionale. Le malattie reumatiche prevalentemente hanno un anda-mento evolutivo cronico, possono comparire a qualunqueetà, soprattutto negli adulti e negli anziani; possono esse-re di tipo degenerativo (per esempio l'artrosi), infiammato-rio (artriti) e dismetabolico, ovvero legati a disturbi meta-bolici (acido urico, diabete, obesità). Diversi sono l’età di comparsa (più avanzata per le formedegenerative, più giovane in quelle infiammatorie autoim-muni), le modalità di comparsa (all'improvviso e in manie-ra acuta oppure in maniera lieve, insidiosa e lenta nelcorso del tempo) e l’approccio terapeutico. Possono col-pire qualunque età, in particolare: fino a 18 anni l'1%; da19 a 60 anni il 18%, oltre i 60 anni l'81%. Le donne sonopiù facilmente colpite dalle forme infiammatorie. L'eziologia della gran parte delle malattie reumatiche nonè nota: sono state studiate diverse teorie, fra cui quellainfettiva, ma essa è stata dimostrata solo per alcune formedi reumatismi di tipo infiammatorio.Se non curate adeguatamene e nei tempi giusti, dopo 10anni circa il 50% delle forme più severe va incontro a unainvalidità permanente, per questo è fondamentale unadiagnosi precoce che consente una terapia più efficace ela possibilità di evitare complicazioni. Quale causa diinvalidità, le malattie reumatiche occupano il secondoposto dopo le malattie cardiovascolari; in termini di pen-sioni di invalidità, circa il 27 per cento è causato da unamalattie reumatiche (fonte Anmar, Associazione naziona-le malati reumatici).

Le più diffuse in ItaliaArtrosi: 3.900.000 persone circaReumatismi muscolari: 700.000 persone circaSpondiloentesartriti: 480.000 persone circaArtrite reumatoide: 300.000 persone circaGotta: 100.000 persone circaConnettiviti (lupus, sclerodermia): 100.000 persone circa

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> Ispessimento sinoviale dell'articolazione metacarpo-falangea inpaziente affetto da artrite reumatoide (Courtesy of Patrick J Venabes, Md)

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Osteoporosi maschileun'allarmante evidenzaSi stima che un uomo su tre sia destinato a incorrere in una fratturaosteoporotica. Mentre la forma post-menopausale è ben studiata, le nostre conoscenze sull’osteoporosi maschile sono molto minori

Nel 2025 sarannooltre 4 milioni intutto il mondo le

fratture del femore causateda osteoporosi e di questecirca il 30% colpirà gliuomini. Anche in Italia ilfenomeno ha identiche pro-porzioni: nei prossimi ven-tenni saranno 14.000 le frat-ture da osteoporosi che rag-giungeranno quota 21000nel 2050 con una quota diricoveri ospedalieri elevatis-sima (circa 56.000). A diffe-renza delle donne però gliuomini vengono colpiti conl’estremo avanzare dell’età,intorno ai 75-80 anni, conpresenza di deformazionivertebrali e fratture del-l’avambraccio. Morbilità e mortalità per lelesioni ossee sono netta-mente superiori negli uomi-ni rispetto alle donne. Infattii decessi dovuti sicuramentea fratture del collo del femo-re sono il doppio di quellitra le donne e ciò determinache il 36% degli uominimuore purtroppo entro ilprimo anno dalla frattura,probabilmente proprio perla minor sensibilizzazione alproblema anche della classemedica. Il recupero funzio-

nale è pari a circa l’80% e unpaziente su due deve essereaccolto in una strutturadedicata come conseguenzadella frattura.Con l’avanzare dell’età èquindi importante ridurre alminimo ogni fattore dirischio: ridotto apporto dicalcio con la dieta, vitasedentaria e in ambientichiusi, eccesso di alcol efumo, abuso di cortisonici.

PatogenesiLe cause che possono porta-re a osteoporosi secondarianel maschio sono fonda-mentalmente tre: il consu-mo di alcol, i fattori iatroge-ni (la terapia steroidea) el’ipogonadismo (sia prima-rio sia secondario).Tali con-dizioni sono riscontrate incirca il 60% dei casi di osteo-porosi secondaria. L’eccessivo consumo di alco-lici è responsabile dell’osteo-porosi maschile nel 20% deicasi all’incirca: è correlatochiaramente a un'aumentataincidenza di fratture, comepure a conseguenze dicomorbilità associate.Per quanto riguarda i corti-costeroidi, circa un terzo dei

pazienti sviluppa fragilitàossea dopo 5 anni di tratta-mento, con perdita di densi-tà minerale particolarmentemarcata a livello trasecolare. Ipogonadismo anche perterapia di deprivazioneandrogenica (trattamentodel carcinoma della prosta-ta) causa osteoporosi nelmaschio, soprattutto conl’invecchiamento. Il rappor-to tra stimolazione androge-nica e recettori dedicati alivello delle cellule stromalidel midollo osseo indicaun’attività inibitoria degliormoni androgenici sull’atti-vità osteoclastica.

L’iter diagnostico Per una diagnosi accurata ilpaziente si deve affidarecome per la donna alla den-sitometria, che però deveprecedere una doverosaanamnesi che evidenzi i fat-tori di rischio (correggendo-li dove possibile) e ancheesami di laboratorio chesostanzino il sospetto diosteoporosi secondaria.L’anamnesi clinica e lo stu-dio dell’obiettività dovrebbe-ro indagare l’eventuale pre-senza di abuso alcolico o di

condizioni compatibili conl’ipogonadismo, endocrino-patie o neoplasie. Perciò nelsesso maschile, oltre alleindagini laboratoristichenormalmente utilizzate perl’inquadramento diagnosti-co dell’osteoporosi, è oppor-tuno considerare anche ildosaggio del Psa e del testo-sterone. Si distinguono piùaspecifici esami di primolivello ed esami invece disecondo livello, che vanno amisurare TSH, paratormonesierico, testosterone libero,estradiolo, FSH, LH e pro-lattina.

La terapia con bisfosfonatiI bisfosfonati sono i farmacimaggiormente affermati neltrattamento dell’osteoporosimaschile, soprattutto per laprima linea di terapia.L’impatto sulla patologia diquesti farmaci è rilevante,arrivando a ridurre la mor-talità fino al 30%.Presupposto fondamentaleal trattamento – vale la penadi ricordarlo sempre – restala presenza di calcio e vita-mina D, che con la dieta nonè sempre possibile. Una cor-retta supplementazione diquesti elementi (Ca: 1000mg/die, vit. D: 800/1.000UI/die) è certamente ingrado di ridurre il rischio dinuove fratture. Come già indicato nel sessofemminile, anche nell’uomol’impiego di bisfosfonatiorali (alendronato e risedro-nato) o parenterali (zoledro-nato) risulta essere una tera-pia consolidata. Il primo aminobisfosfonatoorale a ricevere l’indicazioneper il trattamento dell’osteo-porosi maschile e la rimbor-sabilità è stato alendronato.Va benissimo la sommini-strazione settimanale (70mg), sulla quale anche l’Aifaha precisato un sostanzialericonoscimento di equiva-lenza terapeutica nell’osteo-porosi maschile con la som-ministrazione giornaliera(10 mg).Risedronato è il secondoaminobisfosfonato che haricevuto l’indicazione e larimborsabilità per il tratta-mento dell’osteoporosimaschile. Il farmaco è risul-tato ben tollerato, con unprofilo di sicurezza nell’uo-mo del tutto sovrapponibile

a quello osservato nelledonne in menopausa.Zoledronato è l’unico bisfo-sfonato somministrato pervia parenterale che ha rice-vuto l’indicazione perl’osteoporosi maschile. Lasua somministrazione vieneeffettuata con lo stesso sche-ma dell’osteoporosi postme-nopausale e risulta quindiparticolarmente utile in tuttii casi in cui l’assunzioneorale sia difficoltosa.Di recente il Committee forMedicinal Products forHuman Use Chmpdell’European MedicinesAgency (Ema) ha dato pare-re positivo all’estensionedelle indicazioni del ranela-to di stronzio per includereanche il trattamento del-l’osteoporosi maschile inuomini ad aumentatorischio di fratture.L’ampliamento delle indica-zioni deriva principalmenteda uno studio presentato inoccasione dell’EuropeanCongress on Osteoporosisand Osteoarthritis (Ecceo).Si tratta di un trial interna-zionale condotto in doppiocieco, controllato con place-bo, della durata di due anni.Tra gli endpoint del trial viera il cambiamento dellaBmd a livello dell’anca, i bio-marker ossei, il numero difratture e la qualità dellavita. Il trial ha arruolato 243uomini con osteoporosi e adalto rischio di fratture. Dopodue anni di terapia, la quali-tà della vita nei pazienti trat-tati con ranelato di stronzioè aumentata significativa-mente: in generale, durantelo studio si è verificato unnumero ridotto di fratturevertebrali e non vertebrali. Nuove opportunità potreb-bero derivare dalla disponi-bilità di denosumab, chesembra in grado di incideresia sulla conservazione dellaBmd, sia sul rischio di frat-tura.

TeriparatideUn discorso a parte merita ilframmento 1-34 del para-tormone: teriparatide, otte-nuto con tecnica ricombi-nante. Teriparatide sembrapoter assicurare una preven-zione maggiore, ma in Italiala nota 79 ne limita la distri-buzione – a causa dei suoicosti – a carico del Ssn solo

in gruppi di pazienti specifi-ci: pazienti in terapia da piùdi un anno con farmaci anti-riassorbitivi e che vannoincontro a una nuova frattu-ra osteoporotica (vertebre ofemore); pazienti con frattu-re severe; pazienti in terapiacon steroide da almeno unanno a dosi elevate (dosisuperiori a 5 mg/die di pred-nisone).Teriparatide presenta,rispetto agli antiriassorbiti-vi, attività anabolica: findall’inizio ha effetti positivisugli aspetti qualitativi deltessuto osseo come la den-sità, la microarchitettura ela geometria; solo tardiva-mente promuove il rimo-dellamento osseo e in parti-colare il riassorbimentoosseo confermato dall’au-mento dei marcatori diriassorbimento (markerurinario NTX). Per questomotivo recenti studi hannoproposto che il razionaledella terapia dell’osteoporo-si dovrebbe prevedere l’usodapprima di un farmacoantiriassorbitivo, seguitodall’introduzione in secon-da battuta di teriparatide,con lo scopo di ricostruirel’osso una volta bloccato ilriassorbimento osseo.Ulteriori studi fanno ipo-tizzare che gli effetti anabo-lici di teriparatide si verifi-chino in un arco di tempobreve, valutabile in 6-12mesi. Per contro è statosegnalato che un’esposizio-ne prolungata a teriparatidepuò produrre osso di quali-tà inferiore. Dati nonrecenti raccolti dalla far-macovigilanza (fino a set-tembre 2006) comprende-vano tre disturbi gravi del-l’osso: un caso di osteosar-coma fatale, un caso ditumore dell’osso non speci-ficato a esito fatale e uncaso di osteosarcoma extra-scheletrico. Sulla base di queste conside-razioni anche per il futuro sipuò considerare la possibili-tà di effettuare cicli alternatidi terapia con teriparatide insoggetti che effettuano unaterapia con bisfosfonati inmaniera continuativa neltempo, ma sono necessariapprofondimenti sull’effica-cia antifrattura di tale tipo ditrattamento.

Paolo Pegoraro> Crollo vertebrale da osteoporosi

Tabloid Ortopedia 29x42.indd 1 03/09/12 09.58

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> TC (1) assiale a, finestra per osso

Martina è una ragazza di 22 anni che lavora a Milano inun negozio per animali da circa 3 anni, vive in famiglia econduce una vita abbastanza sregolata.In passato si è fratturata l’omero destro in seguito a unacaduta da cavallo, e anche la falange prossimale del ditoindice, su una lesione di tipo encondromatoso; le è statainoltre diagnosticata una forma di endometriosi ovarica,trattata per via laparoscopica.Circa un mese fa ha subito un politrauma per incidentemotociclistico per cui si è recata in Pronto Soccorso: ese-guendo le radiografie di controllo al piede destro (non adisposizione), è stata descritta una lesione non traumati-ca e di aumentata radiotrasparenza al corpo del calca-gno, sostanzialmente omogenea e a margini apparente-mente netti.

INDAGINI STRUMENTALIÈ stata dunque eseguita in elezione un’indagine ditomografia computerizzata (1), nella quale si confermala presenza di un’alterazione iso-ipodensa, omogenea ea margini netti, senza erosioni corticali.È stata infine richiesta anche un’indagine di risonanzamagnetica (2), che ha dimostrato una lesione iso-ipoin-tensa in T1 e nettamente iperintensa in T2, sempre amargini netti.

IPOTESI DIAGNOSTICHEQuale delle seguenti è la risposta più probabile?

• Cisti semplice del calcagno• Cisti aneurismatica del calcagno• Tumore gigantocellulare del calcagno• Lipoma del calcagno

a cura di giorgio castellazzila soluzione a pagina 54

> TC (1) sagittale, finestra per tessuti molli > TC (1) sagittale, finestra per osso

> TC (1) assiale b, finestra per osso

> RM (2) coronale, T1 > RM (2) sagittale, T1 > RM (2) assiale, T2 > RM (2) sagittale, gradient

?QUE S I TODIAGNOSTICO

F ORMAZ I ON E C ON T I NUA