83/2004 del 5 marzo 2004 Trimestrale dei Fratelli delle Scuole ...di Maurizio Dossena Fratel...

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Trimestrale dei Fratelli delle Scuole Cristiane - Registrazione presso il Tribunale Civile di Roma - Sezione per la Stampa, n. 83/2004 del 5 marzo 2004 Poste Italiane S.p.A. Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Roma

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Finito di stampare: Agosto 2017

Italia

LASALLIANI in Italia

Settembre 2017 - Anno XIV • n. 54

SOMMARIO

Essere per educare 3di Mario Chiarapini

Don Lorenzo Milani e la scuola di Barbiana 4di Emanuele CostaLa parola per te 8di Gabriele MossiTemi lasalliani: Fedeltà alla Chiesa 9di Bruno Adelco BordoneFatima nella teologia della storia 11di Maurizio Dossena

Fratel Barthélemy Superiore Generale 14di Magali Devif

Magistero: Il maratoneta della grazia 16di Giuseppe Norelli

A Benevento durante la 2a Guerra Mondiale 18di Vincenzo Di Crosta

Papa Francesco in Egitto, 21 - Premio a una scuola lasalliana in Colombia, 22Mostra iconografica lasalliana, 22 - Giochi Lasalliani a Paderno del Grappa, 23La realtà di Scampia su Rai 1, 24 - Alunne donatrici di capelli, 24 - XXII Congresso ASSEDIL, 25Nuovo impianto sportivo a Grugliasco, 26 - Premio La Salle a Luigi Bini,27Congresso europeo per la catechesi, 28 - Consiglio della Fedexal,28 - Concorso ecologico,29Incontro di formazione lasalliana,29 - Primi voti nel noviziato interafricano,30CIAMEL Meeting,30 - Inglese fatto in casa,31 - Ospitalità ai bambini Sahrawi,32

C’è lavoro e lavoro 34di Mario Chiarapini

Il sacrificio di Mikhail e Augustin 35di Lucia Graziano

Epidemia in rete: ci risiamo... 37di Guido Orsi

Filastroccando per un intero anno 39di Alberto Castellani

Vademecum per gli insegnanti, una riflessione per i genitoridi Remo L. Guidi 42

Signorile e servizievole: Fratel Martino (Bartolomeo) Stierle 44Con un cuore bambino: Fratel Enrico Francini 47Ponderato e paterno: Fratel Felice Proi 48

Consigli per la lettura 50a cura di Alberto Tornatora

EDITORIALE

NOTIZIE dall’Italia e dal mondo

RIFLESSIONI

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IN LIBRERIA

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TEMI EDUCATIVI

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STORIA NOSTRA

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Rivista trimestrale della Provincia Italia dei Fratelli delle Scuole Cristiane Organo di stampa dei Lasalliani: Fratelli, Amici, Docenti, Alunni, Ex-alunnihttp://www.Lasalleitalia.net

San Giovanni Battista de La Salle, Fondatore dei Fratelli delle Scuole Cristiane

LASALLIANI in Italia

In copertina: Campanile del Santuario lasallianoRoma

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Settembre! Si spalancano di nuovo le porte dellascuola, dapprima per i docenti chiamati a program-mare e a preparare ogni cosa per avviare al meglioun nuovo anno scolastico, quindi per gli studenti e igenitori. Probabilmente, con uno stato d’animo con-diviso: il rimpianto di una vacanza che se n’è andata,ma anche la trepidazione di riprendere un lavoro im-portante che richiede una dose infinita di responsa-bilità. Agli insegnanti, che la sperimentano sulla loropelle, è necessario ricordare che prima della preoc-cupazione di come educare, deve esserci quella dicome essere per educare. Don Lorenzo Milani che, acinquant’anni dalla morte lo ricordiamo con un arti-colo di apertura, affermava: “Non dobbiamo preoccu-parci di come fare scuola, ma di come bisogna essere perpoter fare scuola”. A un educatore lasalliano nonsuona nuova questa raccomandazione. Il nostro Fon-datore san Giovanni Battista de La Salle in più circo-stanze ammonisce che “gli esempi sono molto piùefficaci delle parole” e invita a lasciarsi guidare dallospirito di fede, cioè da quella particolare grazia di Dioche permette di guardare le persone e gli eventi con

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gli occhi e i sentimenti di Dio, e da un ardente zelo, chenon è altro che l’emanazione e l’esplicitazione con-creta della fede e dell’amore che ogni educatoredeve nutrire per i ragazzi che gli sono affidati. Per ilLa Salle un insegnante-educatore deve essere unapersona speciale, impegnata in un cammino di auto-formazione permanente, dal momento che la suaazione è un vero ministero apostolico ed ecclesiale,una missione che ha bisogno di essere accompagnatacostantemente da un’intensa preghiera e corrobo-rata dalla grazia di Dio. Da ciò si evince quale siastata la priorità per il nostro santo: prima di aprireuna scuola, si preoccupava innanzitutto di formare isuoi maestri, ritenendo “criminale” per un educatoreaffrontare un lavoro tanto importante senza la ne-cessaria preparazione. Ma al La Salle, patrono deglieducatori, ciò non bastava, infatti, esortava i suoimaestri a insegnare come Gesù, riconoscendolo intutti gli alunni, anche in quelli “ricoperti di stracci” eche vivono nelle più grandi difficoltà. È un esplicitoinvito a riconoscere la dignità di ogni persona, anchedi quella che è considerata uno scarto dalla società.

ESSERE PER EDUCARE

I vostri esempi sono molto più efficaci delle vostre parole. La Salle

Mario Chiarapini, FscDirettore

I vostri esempi sono molto più efficaci delle vostre parole. La Salle

Un educatore ha il dovere di impegnarsi in un camminodi autoformazione permanente.

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sempre avuto tutto, dal pane alla cul-tura, dal prestigio al gusto delle cosebelle» dirà la mamma, in una famosaintervista a P. Nazzareno Fabbretti.Nel 1933, con l’avvento di Hitler, in-tuendo che la situazione per gli ebreisarebbe peggiorata, si sposano inchiesa e fanno battezzare i figli (oltrea Lorenzo ci sono Adriano ed Elena).Si trasferiscono a Milano e, tra alti ebassi, Lorenzo consegue la maturitàclassica al famoso Liceo Berchet, mainvece di iscriversi all’università si de-dica, con sorpresa di familiari e amici,agli studi di pittura.

Grazie agli insegnamenti del suomaestro Hans Joachim Staude, com-

prende che la pittura non è semplicetecnica per riprodurre più o meno fe-delmente il mondo, ma “assoluto spi-rituale”, un mezzo cioè per elevarsi auna comprensione più intima delmondo e delle forze che lo animano.

Nel 1943 Lorenzo chiude lo studiodi pittura e ritorna a Firenze. Incontraun sacerdote, Don Raffaele Bensi, chediventa il suo padre spirituale e a luiper primo comunica il desiderio di di-ventare prete. Anche questa volta lafamiglia rimane turbata dalla deci-sione improvvisa di Lorenzo ma, purcon sofferenza, non lo contrasta. Dopogli anni in seminario, in cui “si ingozzòletteralmente di Vangelo e di Cristo”,

Ha appena 31 anni quel pretequando il 6 dicembre 1954,sotto una pioggia battente, ac-

compagnato da due donne (Giulia edEda Pelegatti, mamma e figlia, che siprenderanno cura di lui fino all’ultimogiorno), arriva a Barbiana. Ha ricevutola “promozione” a Priore della chiesadi Sant’Andrea, frazione di Vicchio delMugello. Per arrivare in questa sco-nosciuta località si percorre unastrada in salita e non asfaltata; nellecase manca la luce e anche l’acquacorrente. “Barbiana non è nemmenoun villaggio, è una chiesa e le casesono sparse tra i boschi e i campi. Intutto ci sono rimaste 39 anime”.

Chi è questo misterioso giovaneprete e cosa ha combinato di tantograve per essere spedito in questo“penitenziario ecclesiastico”?

L’uomo con 3 nomi e due cognomiLorenzo Carlo Domenico Milani

Comparetti nasce il 27 maggio 1923in una della famiglie più ricche e coltedi Firenze. La mamma, Alice Weiss èebrea, ma entrambi i coniugi Milanisono profondamente laici nei convin-cimenti e nei comportamenti. Hannocase in città, in campagna e al mare.«La nostra è una famiglia in cui si è

DON LORENZO MILANI

E LA SCUOLA DI BARBIANA

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Emanuele Costa, Fsc

A cinquant’anni dalla morte e dalla pubblicazionedella sua “Lettera a una professoressa”, ricordiamo il sacerdote di Barbianache ha speso la sua vita per ridare dignitàai contadini e agli operai.

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nel 1947 viene ordinato sacerdote einviato come viceparroco a San Do-nato di Calenzano.

Don Lorenzo comprende subitoche attirare i giovani all’oratorio conil pallone, il biliardo e il ping-pongsignifica accettare mezzi puerili e in-degni per evangelizzare. Decide per-tanto di aprire una scuola serale pergiovani e operai, senza discriminazionisociali o politiche. Ai giovani dice: “Viprometto davanti a Dio che questascuola la faccio unicamente per darviun’istruzione e che vi dirò sempre laverità di qualunque cosa, sia che servaalla mia ditta, sia che la disonori, per-ché la verità non ha parte, non esisteil monopolio come le sigarette”. Inse-gna loro a considerare la vita comeun dono di Dio e a non sprecarla. Selo si fa “è un peccato gravissimo, io lochiamo bestemmia del tempo”. Prendeposizione contro certe forme di reli-giosità popolare che rasentano la su-perstizione, si schiera con gli operai econ i sindacati quando ci sono con-flitti sociali. Insomma ce n’è quantobasta per avere contro la Curia, il clerolocale, i borghesi benpensanti, i datoridi lavoro.

Anche il cardinale di Firenze è con-vinto che questo prete, indubbiamenteintelligente e generoso, costituisce“una campana stonata che deve essereisolata”, per cui decide di punirlo in-viandolo a Barbiana.

Una reazione inattesaCredevano di seppellirlo, ma non

sapevano che era un seme. Don Lo-renzo si era fatto prete in età adulta,e per lui il sacerdote è uno che lottacontro i privilegi, le ingiustizie, i so-prusi; il prete è con i poveri, gli ultimi,gli emarginati, quelli che abitano leperiferie esistenziali.

Capisce e accetta questo esilio checonsidera un provvedimento immeri-tato, ma ora è con i poveri (i “predilettidi Dio”) e sente che la sua fede èmessa a dura prova, ma le motivazioniche lo convincono a perseverare sonopiù forti e convincenti delle umane emeschine considerazioni. «Non mi ri-

bellerò mai alla Chiesa perché ho bi-sogno più volte alla settimana del per-dono dei miei peccati e non saprei dachi altri andare a cercarlo quandoavessi lasciato la Chiesa. Se dicessi checredo in Dio direi troppo poco perchégli voglio bene. Voler bene a uno èqualcosa di più che credere nella suaesistenza».

Anche a Barbiana Don Lorenzo, re-sosi conto che molti ragazzi hannoabbandonato la scuola dell’obbligo,decide di aprire una scuola, «come undebito da pagare e un dono da rice-vere” perché «quando si fa qualcosaper i poveri non si fa la carità, ma sipaga un debito». Convince facilmentei genitori a mandare i figli a scuolada lui, perché entrare nella societàcon un po’ di cultura è l’unica chanceche i ragazzi hanno per non esseresfruttati.

La scuola di BarbianaCosì viene descritta la scuola di

Barbiana, dagli alunni che la frequen-tano:

“L’orario è dalle otto di mattina allesette e mezzo di sera. C’è solo unabreve interruzione per mangiare. Lamattina prima delle otto quelli più vi-cini in genere lavorano in casa loronella stalla o a spezzare legna. I giornidi scuola sono 365 l’anno. 366 neglianni bisestili. La domenica si distinguedagli altri giorni solo perché pren-diamo la messa. Abbiamo 23 maestri!Tutti insegnano a quelli che sono mi-

nori di loro. Il priore insegna solo aipiù grandi. Per prendere i diplomi an-diamo a fare gli esami come privatistinelle scuole di stato. Nessuno di noise ne dava gran pensiero perché il la-voro è peggio. Lucio che aveva tren-tasei mucche nella stalla disse: “Lascuola sarà sempre meglio dellamerda”.

La scuola sta tutta in una stanzadella canonica, d’estate le lezioni sitengono all’aperto. Le strutture sonopraticamente inesistenti. Non esistela cattedra; le suppellettili e le at-trezzature scolastiche erano ridotteal minimo: una lavagna, il mappa-mondo, qualche carta geografica, po-chi libri. I ragazzi hanno scavato unavasca (chiamata pomposamente “lapiscina”) e nei mesi estivi possono rin-frescarsi. (“D’estate nuotiamo un’orain una piccola piscina che abbiamocostruito noi. Il priore ci fa impararesolo perché potrà esserci utile nellavita”). Esiste anche una specie di of-ficina dove i ragazzi eseguono lavorimanuali (“Abbiamo due stanze doveimpariamo a lavorare il legno e il ferroe costruiamo tutti gli oggetti che ser-vono per la scuola”).

Il priore è molto di più di quelloche oggi si chiama il maestro preva-lente: è l’unica voce per tutte le disci-pline, ma spesso utilizza i monitori (glialunni più grandi e capaci che spieganoai compagni più piccoli e meno dotati).Salgono a Barbiana anche dei profes-sori per tenere corsi di musica, arte,

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teatro o per dare ripetizioni di latino.Tra i conoscenti e gli amici di Don Lo-renzo sono invitati dei professionisti(avvocati, magistrati, scrittori, poli-tici...,) per incontri specifici.

Contrariamente a quanto si possacredere, Don Milani non è affatto unmaestro facile, alla buona, accomo-dante, anzi talvolta risulta perfino ur-ticante. Se è necessario alza la voce ebiasima in pubblico gli indisciplinati.Gli ex allievi lo ricordano come unmaestro piuttosto severo, che imponeuna rigida disciplina per far capire chela scuola è una cosa seria.

Ma ciò che lo rende speciale è ilgrande calore umano. Ogni ragazzosi sente amato e protetto, atteso,guardato negli occhi. Per ognuno deisuoi “piccoli monaci” (così chiamavai ragazzi) ha “perso la testa” e loro losanno e lo percepiscono. Ogni giornoinizia una nuova avventura: li incanta,li coinvolge, con-duce il gioco dellacreatività conleggerezza emaestria e lorohanno una fiduciatotale in lui. An-che negli ultimianni, quando sof-fre moltissimo peril tumore che loha colpito e per lecure cui deve sot-toporsi, mostra unammirevole at-taccamento al la-voro. Anche daammalato conti-nua a fare scuola da una poltrona,poi da una sdraio e infine dal suoletto.

Cosa si insegnava nellascuola di Don Milani

Don Milani è consapevole che isuoi ragazzi partono svantaggiati per-ché non possiedono la lingua italiana.«Ciò che manca ai miei è solo questo:il dominio sulla parola. La parola è lachiave fatata che apre ogni porta. Èsolo la lingua che rende uguali. Uguale

è chi sa esprimersi e intendere l’espres-sione altrui”.

La materia fondamentale da stu-diare è quindi la lingua italiana, ma lasi studia con metodi innovativi, basatisulla concretezza e su problemi realidi vita vissuta. Il testo base è la Costi-tuzione della Repubblica Italiana e poila lettura dei quotidiani, messi a con-fronto per conoscere i fatti e le inter-pretazioni. “Ogni parola che non co-nosci è una pedata in più che avrainella vita. Voi non sapete leggere laprima pagina del giornale, quella checonta e vi buttate come disperati sullepagine dello sport. Chi sa leggere e scri-vere la prima pagina del giornale è oggie sarà domani dominatore del mondo”.Molta importanza viene data alla co-noscenza delle lingue straniere, uti-lizzando lezioni registrate su dischi einviando periodicamente dei ragazziall’estero.

Quando gli ex allievi tornano a tro-vare il priore, questi è orgoglioso delloro essere andati nel mondo “a testaalta e a schiena dritta”. Come pure ac-cetta serenamente le critiche che glivengono rivolte: “È meraviglioso davecchi prendere una legnata da un fi-gliolo, perché è segno che quel figlioloè già un uomo e non ha più bisogno dibalia, e qui è il fine ultimo di ogniscuola: tirar su dei figlioli più grandidi lei, così grandi che la possano deri-dere. Solo allora la vita di quella scuola

o di quel maestro ha raggiunto il suocompimento e nel mondo c’è pro-gresso”.

E in un altro passo dice: “La scuoladeve tendere tutta nell’attesa di quelgiorno glorioso in cui lo scolaro mi-gliore le dice: “Povera vecchia, non tiintendi più di nulla!” e la scuola ri-sponde colla rinuncia a conoscere i se-greti del suo figliolo, felice soltantoche il suo figliolo sia vivo e ribelle”.

La fine di Barbianae la sua attualità

Don Lorenzo muore a causa di unlinfogranuloma il 26 giugno 1967 aFirenze, assistito amorevolmente daisuoi familiari. Ha solo 44 anni.

Un mese prima di morire esce illibro che Don Milani ha scritto in-sieme ai suoi otto ragazzi:

“Lettera a una Professoressa”, unpamphlet intenzionalmente provoca-

torio, contro il perbenismo, ilconformismo l’appiattimentodidattico di molti insegnanti.Vi si ritrovano duri giudizisulla scuola italiana, classistae ingiustamente selettiva, de-finita «un ospedale che cura isani e respinge i malati», ma«se si perdono i ragazzi piùdifficili la scuola non è piùscuola. La scuola ha un pro-blema solo. I ragazzi cheperde. A questo punto gli uniciincompetenti di scuola sietevoi insegnanti che li perdetee non tornate a cercarli. Voidite d’aver bocciato i cretinie gli svogliati. Allora sostenete

che Dio fa nascere i cretini e gli svo-gliati nelle case dei poveri. È più facileche i dispettosi siate voi”. Se si vuoleapplicare l’art. 3 della Costituzione,lo Stato deve impegnarsi a rimuoveregli ostacoli di ordine economico e so-ciale che lo limitano. “Applicare glistessi criteri e scale di giudizi ai ragazzidi città e ai contadinotti di montagnanon è la stessa cosa. Non c’è nulla chesia più ingiusto, quanto fare partiuguali fra disuguali”.

La scuola di Barbiana chiude defi-

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nitivamente i battenti nel 1968, unanno dopo la morte del priore; oggila Fondazione Don Lorenzo Milani neconserva il ricordo, per continuare ainformare, provocare, inquietare co-loro che si interessano di scuola e che,ogni tanto, hanno il coraggio di met-tersi in discussione e confrontarsi conquesto prete scomodo che, per tuttala vita ha cercato di migliorarsi, hapagato di persona e ha avuto intui-zioni pedagogiche in anticipo suitempi.

Tra queste possiamo ricordare:Attenzione a quelli che Don Milani

chiama “gli ultimi” e l’inserimentonella classe di alunni con problemi diapprendimento (oggi, sono aumentatiin modo esponenziale le certificazionidi B.E.S., D.S.A., gli stranieri,…cosa fac-ciamo per elaborare una pedagogiainclusiva, attenta a non perdere nes-suno dei ragazzi che sono affidati allascuola?

Importanza dell’educazione civicae aggiornamento dei programmi.

(ancora oggi i principi fondamen-tali della Costituzione sono ignoratidagli studenti e, alla fine del Liceo,molti studenti non conoscono quasinulla di quanto successo in Europa enel mondo negli ultimi 70 anni).

Introdurre nuovi metodi per l’ap-prendimento sia delle lingue stranieresia di altre discipline, introducendoad es. il cooperative learning.

Esigenza di una cultura viva, datadalla stretta interazione tra sapere esaper essere, istruzione e realtà sociale.Far capire agli studenti che sono deiprivilegiati e che andare a scuola èuna fortuna che deve far superaretutte le difficoltà. La cultura poi nondeve essere considerata un bene per-sonale, ma un mezzo per portare nelmondo maggiore giustizia sociale (“Hoinsegnato che il problema degli altri èuguale al mio. Sortirne tutti insieme èla politica. Sortirne da soli è l’avarizia”).

Certo la scuola di Barbiana rimaneun unicum inimitabile nella storiadella scuola italiana. Più che tentareinutili e forzate ripetizioni occorre co-gliere lo spirito che guidò Don Milania realizzare quest’opera e che si puòriassumere in quest’ultimo aforisma:“Non dobbiamo preoccuparci di comebisogna fare scuola, ma solo di comebisogna essere per poter fare scuola”.Solo per i maestri disponibili a la-sciarsi interrogare, inquietare, appas-sionare Don Milani costituisce più cheun grande ricordo del passato, unaprospettiva per il futuro.

La piena riabilitazioneda parte della Chiesa

Papa Francesco nella prefazionealle Opere di Don Milani, appena pub-blicate nei Meridiani scrive:

“Mi piacerebbe che lo ricordassimosoprattutto come credente, innamo-

rato della Chiesa, anche se ferito, ededucatore appassionato con una vi-sione della scuola che mi sembra ri-sposta alla esigenza del cuore e del-l’intelligenza dei nostri ragazzi e deigiovani.

Come educatore e insegnante egliha indubbiamente praticato percorsioriginali, talvolta, forse, troppo avan-zati e, quindi, difficili da comprenderee da accogliere nell’immediato… sequalche attrito e qualche scintilla,come pure qualche incomprensione (viè stata) con le strutture ecclesiastichee civili, (essa fu dovuta) a una schiet-tezza che talvolta poteva sembraretroppo ruvida, quando non segnatadalla ribellione.

La sua inquietudine, però, non erafrutto di ribellione ma di amore e ditenerezza per i suoi ragazzi, per quelloche era il suo gregge, per il quale sof-friva e combatteva, per donargli la di-gnità che, talvolta, veniva negata.

La sua preoccupazione era unasola, che i suoi ragazzi crescessero conla mente aperta e con il cuore acco-gliente e pieno di compassione, prontia chinarsi sui più deboli e a soccorrerei bisognosi, senza guardare al coloredella loro pelle, alla lingua, alla cul-tura, all’appartenenza religiosa.

Non ci si deve meravigliare che ilPapa parli con tanto calore di DonMilani. Molti sono infatti gli aspettiche i due hanno in comune: la seve-rità della vita, l’avversione alle va-canze, l’orientamento riformatore, lapassione per l’insegnamento, la sceltadei poveri. «Devo tutto quello che soai giovani operai e contadini cui hofatto scuola» diceva Don Milani. «Ènecessario che tutti ci lasciamo evan-gelizzare dai poveri», sentenzia PapaFrancesco. «Non dobbiamo aver pauradi sporcarci», dice il primo e l’altro:«È difficile fare del bene senza spor-carsi le mani». C’è solo un piccolorammarico alla fine di questa storia.Dovevano proprio passare cinquan-t’anni e doveva arrivare un Papa dallafine del mondo perché don Milanitornasse ad avere piena cittadinanzanella Chiesa? ◆

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Signore Gesù, quando medito le pagine del Vangelola tua divina umanità mi commuove, mi consola ed incoraggia.Il tuo cuore di carne, sensibile alle gioie e ai dolori di ogni uomo si fa sacramento di salvezza con la forza arcana del Figlio di Dio.

A Cana di Galilea (Gv.2,1-11) apprezzo la tua serena partecipazione alle nozze.Con te e i tuoi godo anime in festa, inno alla famiglia nel segno dell’amore.Quando improvviso lo sconforto avvilisce i giovani sposinon resti indifferente all’invito accorato di tua madre.La tua divina umanità, sensibile al grave disagio di chi ti ospita trasfigura l’acqua nel Vino dello Spirito che mi dà il gusto del soprannaturale la saggezza nelle scelte di ogni giorno, il coraggio nelle avversità l’entusiasmo della testimonianza che sorride alla vita e al Creatore.

Signore Gesù, a Betania (Gv.11,1-45) cenacolo degli affetti più carioasi di pace comunione e Grazia nel godere le buone cose di ogni giornola tua divina umanità risplende col miracolo dell’amore misericordioso.Allo strazio di Marta e Maria unisci il fremito delle tue lacrime su Lazzaro. Sconfitta la morte, lo richiami alla vita tra le braccia affettuose delle sorelle.Ti prego, grida il mio nome e fammi uscire dal sepolcro delle mie ipocrisie,liberami dalle bende mortali dell’egoismo, dell’indifferenza, della mediocritàe ridonami la tua Vita con la passione generosa per i miei fratellirinnovato vigore apostolico e dedizione fattiva agli ultimi.

Signore Gesù, al Golgota (Gv.19,26-27) sulla croce del tuo sacrificio supremocon parole di tenerezza sofferta: “Donna, ecco tuo figlio!”la tua divina umanità mi consacra a ciò che hai di più prezioso: tua Madre.Non sono orfano e solo. Tu Maria mi educhi alla fede e alla speranza mi apri gli occhi del cuore alle sofferenze dei miei fratellimi sostieni per abbracciare la volontà di Dio nei momenti assurdi della tragedia.Poi Signore, con accorata premura di figlio dici a Giovanni “Ecco tua madre!”. Come il discepolo prediletto ti accolgo, Mamma, in casa miaper amarti, ascoltarti, conoscere il tuo Gesù, vivere il suo Vangeloe saperti onorare in ogni madre che celebra la vita con l’eroismo del quotidiano.

Al lago di Tiberiade (Gv.21,15-17), vinta la morte ritorni Risorto dai tuoi amici.Signore, tu sai che l’amore di Pietro per te è più grande del suo tradimento.La tua divina umanità per tre volte gli tocca il cuore: “Pietro, mi ami davvero?”Addolorato Pietro accetta la sfida dell’amore. “Tu sai tutto, tu sai che ti amo”.Se mille volte dovessi tradirti, Tu mille volte vienimi a cercarechiamami per nome, penetrami l’anima con i tuoi occhi teneri di misericordiae chiedimi “Mi ami davvero?”. Mille volte col batticuore della mia povera fedesaprò ripeterti: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene!”La salvezza è Amore e la mia missione educativa è solo opera d’amore. Con i miei fratelli non sarà sfoggio di cultura, esibizione di saggezza umana ma una gara entusiasmante a chi Ti ama davvero, a chi Ti ama di più!

La divina umanità del Signore Gesù(Gv. 2,1-11; 11,1-45; 19,26-27; 21,15-17)

...la Parola per te!...la Parola per te!

Gabriele Mossi, Fsc

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La Salle è vissuto in tempi “facheux”, calamitosi, dilaniati da eresie,tuttavia la sua ortodossia e il suo insegnamento

hanno brillato di luce fulgidissima: fedeltà al Vangelo di Cristo,obbedienza alle direttive della Chiesa di Roma.

Nella Chiesa, come leggiamonegli Atti degli Apostoli, cisono sempre state discussioni

per giungere a una soluzione che cor-rispondesse alla volontà di Dio e nellostesso tempo fosse accettata da tutti.Ma tali discussioni a volte hanno as-sunto toni drammatici fino a diven-tare delle vere e proprie divisioni:sono le eresie che spesso hanno cau-sato ferite nella Chiesa. Non tentiamoneppure di fare una panoramica per-ché si sente l’esigenza che questi in-terventi siano più contenuti.

La Chiesa, madre del popolo di DioPer vivere la vita cristiana bisogna

essere uniti e l’alveo che ci accogliecome popolo di Dio è la Chiesa.Quando diciamo Chiesa, intendiamola comunità voluta da Gesù Cristo cona capo Pietro e gli altri Apostoli che,guidati dallo Spirito Santo, hanno ac-colto israeliti e pagani a formare ununico corpo, che è il corpo di Cristo dicui ogni fedele è membro. Seguendoquesti principi il La Salle ha spiegatoin maniera chiara ai primi Fratelli: “LaChiesa è la nostra madre; noi dob-biamo dunque essere totalmente unitia lei e darne piena testimonianza intutto ciò che riguarda la religione.Questo significa accogliere le sue de-cisioni come espresse manifestazionidella Parola di Dio. Essa infatti ha ri-cevuto il mandato di insegnare la ve-rità. Ne consegue che il nostroatteggiamento è quello di crederesenza esitazioni” (M 106,1), Apparte-nere alla Chiesa in questo senso signi-fica possedere una tale adesione al

suo insegnamento da distaccarsi datutto ciò che non è conforme al suomagistero. Scrive il La Salle: “Non sipuò credere quanto bene possa appor-tare alla Chiesa una persona che nonè attaccata alle cose di questo mondo.Tale distacco manifesta la fede piùviva del fedele che si abbandona allaProvvidenza come un uomo che simette in libero mare senza vele esenza remi” (M 134,1).

Tutti i cristiani compongano inquesto modo un’unica Chiesa, quelladi Pietro e dei suoi successori. Ma nonè stato sempre così nella vita dellaChiesa: nei secoli si sono costituitigruppi separati che hanno formatodelle vere e proprie chiese e sette,creando gravi divisioni.

La Francia del ‘600 e il La SalleGiovanni Battista de La Salle è vis-

lasallianità

Bruno Adelco Bordone, Fsc

Temi lasalliani 29

FEDELT≠À ALLA CHIESA

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suto in secoli dilaniati dalle eresie.Egli definisce i suoi tempi “facheux”:calamitosi, incresciosi, divisi, perni-ciosi. La causa principale di questomalessere è stato il giansenismo, ere-sia severa e insinuante che si era in-filtrata tra la gerarchia ecclesiastica,tra gli intellettuali e tra il popolo. Nonbastò la bolla “Unigenitus” di Cle-mente XI per debellarla anche se nedefiniva in maniera chiara le devia-zioni dal pensiero originale dellaChiesa cattolica.

Inoltre, le teorie protestanti sierano infiltrate dalla Germania inFrancia specialmente attraverso ilcalvinismo. A tutto questo va ag-giunto il grave disorientamento delclero, privo di formazione per affron-tare il proprio ministero e abbando-nato da vescovi e prelati chesoggiornavano più volentieri alla

La Salle benedice i due Fratelli Drolin in partenza per Roma (Aurelio Mariani, 1906)

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corte di Versailles che nelleloro diocesi. In questo modoil clero, specialmente nellezone rurali, e il popolo vive-vano nell’ignoranza più ab-bietta.

In un quadro così caricodi ombre, brillano di lucefulgidissima l’ortodossia delLa Salle e il suo insegna-mento sciolto dalle diatribedi carattere teologico edalle dispute che infiamma-vano tutto il ceto delle per-sone dotte. Egli scrive inmaniera lapidaria: “Noi Fra-telli non parliamo che delladottrina di Gesù Cristo eprendiamo come norma diseguire la Chiesa in tutto ciòche insegna nei catechismiapprovati dai vescovi uniti alVicario di Cristo” (M 5,1).

Le nostre responsabilitàDinanzi a un’ortodossia così radi-

cale anche noi, come seguaci del LaSalle, ci sentiamo impegnati a rispon-dere con altrettanta chiarezza dinanziall’insegnamento della Chiesa. Oggi,in particolare, quando circolano nelleaule scolastiche le teorie più devianti,non solo religiose ma anche culturali,è necessario che ci sentiamo uniti nelseguire l’insegnamento del Fondatore.

Il primo impegno che ne consegueè la fedeltà al magistero della Chiesa.Gli ultimi papi, e in particolare papaFrancesco in questi anni, si esprimonocon un magistero molto preciso dirinnovamento e di fedeltà alla Chiesa,cui è facile riferire il pensiero del LaSalle. Così egli scrive per i suoi primiFratelli, ma è un dovere sentire i suoiscritti rivolti anche a noi, suoi figlispirituali: “Dovete dimostrare allaChiesa quale amore vi lega ad essa eche le donate prova del vostro zelo. In-fatti, è per la Chiesa come corpo diCristo, di cui siete ministri, che voi la-vorate” (M 201,2).

Questo amore alla Chiesa richiedeche lo concretizziamo nell’amore alsuo capo, il Papa. Quanti tentativi il La

Salle ha fatto per giungere a Roma eincontrare il successore di Pietro, cuiaffidare la sua società! Non ci è mairiuscito, ma il suo insegnamento sulpapa è sempre stato chiaro e preciso.Egli infatti raccomanda: “Voi doveteonorare il Santo Padre il Papa, acco-gliere con rispetto e amore le sue pa-role. Qualunque decisione egli prendavoi dovete fare di tutto per attuarla”(M 106,2).

Il ministero dell’insegnamentoQuesti motivi di fedeltà alla

Chiesa e al Papa sono fondamentalinel pensiero del La Salle e sono di-retta conseguenza dello scopo prin-cipale per cui egli ha istituito la suasocietà, cioè l’insegnamento di quellache egli chiama la “sana dottrina”,cioè la verità di fede come viene pre-sentata dal magistero ecclesiale. Sitratta di una vera e propria missioneche fa del Fratello e del lasalliano unportavoce della Chiesa. Per questoegli è chiamato a vivere lo spirito difede in modo personale oltre che co-munitario. Insegna il La Salle: “Con-tribuirete al bene della Chiesa nelvostro ministero in proporzione della

pienezza della vostra fede edell’incidenza che essa avràsulle vostre azioni” (M 139,2). Eancora, sul significato del mini-stero ecclesiale: “Gesù Cristoaffidandovi il compito di istruirei vostri alunni e di educarli allapreghiera, vi dà il mandato diedificare il suo corpo che è laChiesa” (M 203,3). Ne conse-gue: “Siete obbligati nella vo-stra missione ad insegnare leverità della nostra religione; perquesto dovete eccellere in unasottomissione semplice ed umilealla Chiesa” (M 106,1). A talescopo, è indispensabile una ne-cessaria formazione: “Sietechiamati ad avere una adeguatapreparazione per insegnare labuona e sana dottrina dellaChiesa” (M 129,1). La forma-zione dei Fratelli è sempre statol’impegno principale del La Salle:

dalla convinzione della necessità dieducare i giovani a essere buoni cri-stiani e buoni cittadini, traeva originela loro missione nella scuola per for-mare gli alunni a essere anche Chiesasia locale che universale.

Blain, il principale biografo del LaSalle, afferma che egli si firmava“prete romano”. Non abbiamo precisiriferimenti storici che comprovinoquesta affermazione, tuttavia è in sésignificativa.

ConclusioneCe la offre il La Salle stesso con le

parole del suo testamento spiritualedettate il 3 aprile 1719, sei giorniprima della sua morte: “(Ai Fratelli)raccomando sopra ogni cosa di averesempre una totale sottomissione allaChiesa, soprattutto in questi tempi“facheux” e, per darne prova racco-mando di non separarsi in nulla dalSommo Pontefice e dalla Chiesa Ro-mana, ricordandosi sempre che ho in-viato due Fratelli a Roma per chiederea Dio la grazia che la loro società siasempre interamente sottomessa”. Leultime volontà di un padre sono sem-pre sacre per i figli. ◆

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lasallianità

Icona del La Salle insegnante(Cappella della SS. Trinità - Casa Generalizia)

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centenario delle apparizioni di fatima

Madonna mette chiaramente in re-lazione (niente di nuovo sotto ilsole della dottrina del Vangelo, solocose un po’ dimenticate da unaumanità in deriva di egoisticotrionfo dell’edonismo e del deliriodi potere) col peccato e conla deriva antiumana chel’uomo si è data.

Maria parla ai piccoli,sulla base del preciso inse-gnamento del Figlio suo, ma“parla a nuora perché suo-cera intenda” e parla di cosepiuttosto impegnative sulpiano della prospettiva disalvezza, sia a livello teolo-gico sia a livello di teologiadella storia sia a livello diquotidiano rapporto dicausa-effetto fra il peccato

e la degenerazione dell’uomo. Eparla di pace e di guerra, un argo-mento capace di interessare a tutti,cattolici e non, cristiani e non, cre-denti e non. E, parlando all’uma-nità, dà un compito tanto immanequanto semplice: consacrare ilmondo a lei stessa, ma non tantoper egocentrismo teologico, bensìper consacrarlo a Gesù stesso e percorrispondere a un preciso intendi-mento del Figlio, che alla propriaMadre ha dato il mirabile compitodi corredentrice dell’umanità.

Èstato ricordato, commemo-rato, solennizzato il centena-rio delle apparizioni della

Madonna a Fatima (13 maggio1917), un evento di complesse pro-porzioni in grado di essere più cheeloquente in specifico - ovviamente- per i cattolici, ma rivolto a tuttele componenti, religiose e non,dell’umanità. E questo è il primopunto della riflessione sul tema: lerivelazioni della Madre di Gesù ri-guardano i cattolici e le categoriedella loro Fede, religione, dottrina evita, a cominciare dalla posizionecentrale che vi ha il Papa qualesuccessore di Pietro e Vicario diCristo. Ma riguardano tutta l’uma-nità e a tutta l’umanità sono ri-volte, nel 1917, anno in cui è a unasvolta una guerra mondiale che la

Centenario delle apparizioni di Fatima e non solo.Prima Guerra Mondiale – Rivoluzione bolscevica.Le rivelazioni di Maria sono rivolteai cattolici e a tutta l’umanità.

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Maurizio DossenaFATIMA NELLA TEOLOGIA

DELLA STORIA

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centenario delle apparizioni di fatima

Dicevamo appunto della parti-colare connessione che sussiste fraFatima e la figura del Vicario di Cri-sto: vediamo dunque l’impattodell’umanità con Fatima attraversoquesto fil rouge. Nel 1917 la PrimaGuerra Mondiale stava infuriandoda diversi anni ormai, senza mo-strare alcun segno di una immi-nente e pacifica conclusione; PapaBenedetto XV si rivolse con unasupplica alla Beata Vergine Maria,chiedendo urgentemente a tutti iCristiani di implorarla per ottenerela pace nel mondo, affidando que-sto compito solenne a Lei sola-mente: il Papa desiderava che ilmondo “facesse ricorso al Cuore diGesù, trono di grazie, e che a questotrono si facesse ricorso per mezzodell’intercessione di Maria”. La ri-sposta celeste fu immediata e solootto giorni dopo la Vergine apparvealla Cova da Iria, affidando, perbocca di Lucia, Giacinta e France-sco, al “dolce Cristo in terra” unpreciso e puntuale compito di con-sacrazione del mondo a Lei e, perLei, a Gesù.

E qui dobbiamo inserire l’altroimportante – ancorché ben diverso- evento di cent’anni fa - che sem-bra aver avuto sinora ben pocarievocazione storica, ma il 2107 haancora da finire… -, vale a dire laRivoluzione bolscevica, marxista,atea e comunista (la R maiuscola èben motivata), che ha tenuto laRussia per più di settant’anni sottouna pesante dittatura disumana,che dalla Russia “ha portato i suoierrori nel mondo”, proprio comeMaria aveva detto ai tre pastorellidella Cova da Iria, raccomandandoal Papa la consacrazione della Rus-sia e del mondo al Cuore Immaco-lato di Maria: se ciò fosse statofatto, la Russia si sarebbe conver-tita, cosa che avvenne per opera siadi Pio XII, sia di Paolo VI sia di Gio-vanni Paolo II, e la Russia si è con-vertita, ritrovando – alla caduta deimuri della tirannide politica e anti-religiosa – il tessuto connettivo del

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suo popolo rimasto naturalmentesano. E allora ci poniamo un’altradomanda: è stato adeguatamentecommemorato il contesto precisofra i giorni del maggio del 1917 inPortogallo, la guerra mondiale al-lora in drammatico corso, i diversiinterventi di Papa Benedetto XV perla pace, ascoltati soltanto dall’Im-peratore Carlo d’Asburgo, la benprecisa connessione dei messaggidella Madre di Dio a Fatima con lafigura del papa? Riteniamo solonei contesti di studio particolar-mente attenti, ben poco dal grandepubblico, a cui è in buona partesfuggito (ma a chi tocca ricordar-glielo?) come le apparizioni di Fa-tima si rivolgano sì ai cattolici, colpreciso rapporto fra peccato e dan-nazione, ma, per un loro specificoverso, siano un voluto monito atutti sui rischi del mondo versol’autodistruzione.

Ancora: è stata ricordata la noncasualità che le apparizioni abbianoavuto luogo nell’unica località oc-cidentale di questo nome, Fatima,dedicata - in piena Cristianità - allafiglia di Maometto? Chi ha orecchiper intendere intenda.

Su Fatima, purtroppo, sono statedette e scritte anche cose aberranti,e purtroppo anche da esponenti delmondo cristiano (e cattolico), come,ad esempio il padre domenicanoJean Cardonnel in un articolo su “LeMonde” dell’anno 2000, ove so-stenne che “quel presunto ‘segreto’

[sarebbe] un falso, tanto falsoquanto la donazione di Costantinocon la quale si è voluto legittimareun diabolico controsenso: l’imperocristiano, [per cui] bisogna scoprirela piaga [e] la tara del presunto se-greto di Fatima, la prova lampanteche è un falso, che non può venireda Dio […]”, con conseguente ac-cusa di “razzismo cattolico” daparte [sic!] di un Dio “che si inte-ressa solo dei suoi, della sua razzacattolica, nell’oblio del popolo diGesù”. Sono affermazioni autenti-camente prive sia di consistenzaculturale sia di carità, cose chevanno certo risapute e decisamenterespinte al mittente. E sull’onda diCardonnel, Enzo Bianchi, ex-prioredella comunità (sui generis) di Bose- personaggio, peraltro, moltoascoltato in diverse diocesi -, su“Repubblica” ha a suo tempo por-tato acqua a questo bislacco mu-lino, parlando di “un Dio che, nel1917, pensa di rivelare che i cri-stiani saranno perseguitati e chenon parla della shoah e dei sei mi-lioni di ebrei annientati, [dunque]un Dio non credibile”.

E perché queste uscite siano dadefinirsi aberranti, l’abbiamo giàdetto, e non certo solo noi, se pen-siamo che, a rimetterci in pari conqueste scorie di pseudo cristiane-simo, possiamo tuffarci, ad esem-pio, nelle pagine di VittorioMessori, il quale torna alla caricacon nuove «Ipotesi su Maria», il suo

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riflessionicentenario delle apparizioni di fatima

fortunato volume pubblicato daAres per la prima volta nel 2005 eche ora approda in libreria in una

veste tutta nuova. Ma ci siamoanche appagati della bella consa-crazione che, ad anniversario, il Ve-

scovo di Reggio Emilia Mons. Cami-sasca ha effettuato per la sua Dio-cesi a Maria!

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Beata Maria Vergine di Fatima, con rinnovata gratitudine per la tua presenza materna uniamo la nostravoce a quella di tutte le generazioni che ti dicono beata. Celebriamo in te le grandi opere di Dio, chemai si stanca di chinarsi con misericordia sull’umanità, afflitta dal male e ferita dal peccato, per guarirlae per salvarla. Accogli con benevolenza di Madre l’atto di affidamento che oggi facciamo con fiducia,dinanzi a questa tua immagine a noi tanto cara. Siamo certi che ognuno di noi è prezioso ai tuoi occhie che nulla ti è estraneo di tutto ciò che abita nei nostri cuori. Ci lasciamo raggiungere dal tuo dolcissimosguardo e riceviamo la consolante carezza del tuo sorriso. Custodisci la nostra vita fra le tue braccia:benedici e rafforza ogni desiderio di bene; ravviva e alimenta la fede; sostieni e illumina la speranza;suscita e anima la carità; guida tutti noi nel cammino della santità. Insegnaci il tuo stesso amore dipredilezione per i piccoli e i poveri, per gli esclusi e i sofferenti, per i peccatori e gli smarriti di cuore:raduna tutti sotto la tua protezione e tutti consegna al tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù.

Amen

Il Papa è andato a Fatima, ha ca-nonizzato i pastorelli, evento gran-dioso, ha ammonito che “percorre-remo ogni rotta, andremo pellegrinilungo tutte le vie, abbatteremo tutti imuri e supereremo ogni frontiera,uscendo verso tutte le periferie, ma-nifestando la giustizia e la pace diDio”, termini precisi del suo pro-gramma pontificio.

Rimane da affrontare adeguata-mente (perché questa importanteriflessione ben poco ha avuto luogoai livelli generali, ma solo nei con-testi di studio e di devozione più “dinicchia”, sennonché queste nonsono cose da ambienti di nicchia) ladimensione tragica del messaggiodi Fatima, che ruota attorno ai con-cetti di peccato e di castigo, finora

(quando allora?) accantonata. Efacciamo, senza ombra di dubbio,nostra l’osservazione di un acutostudioso di tali fenomeni, riba-dendo che “se oggi viviamo una‘terza guerra mondiale a pezzi’,

come ha spesso ripetuto Papa Fran-cesco, come non ricollegarlo allaterribile esplosione di immoralitàcontemporanea, arrivata al punto dilegalizzare l’inversione delle leggimorali?” . ◆

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anniversari

si dedica all’esercizio delle sue fun-zioni sacerdotali verso i Fratelli. Nelmese di novembre 1715 lascia Parigiper Saint-Yon, vicino a Rouen. Nel1716 si reca a Calais, Boulogne e pro-getta una fondazione nella città diSaint-Omer.

Nel mese di dicembre 1716 vienedeciso di chiedere il parere di tutti iFratelli dell’Istituto per scegliere ilprimo Superiore. Fratel Barthélemyvisita tutte le comunità situate inFrancia, al fine di ottenere la loroapprovazione per il Capitolo Gene-rale. Il 5 dicembre 1716 parte daRouen e termina il viaggio il 7 mag-gio 1717. All’epoca vi erano 98 Fra-telli in 22 comunità. A ogni Fratellofa firmare l’adesione agli atti delsuccessivo Capitolo.

Le tappe del suo viaggio furono:Chartres, Moulins, Mende, Les Vans,Alais, Avignone, Marsiglia, Grenoble,Dijon, Troyes, Rethel, Reims, Laon,Guise, Calais, Boulogne, Rouen,(scuole della città), Darnétal, Versail-les, Saint-Denis, Parigi, Rouen eSaint-Yon. Nella sua visita, Fratel Bar-thélemy incontrò tutti i Direttori etutti i Fratelli, acquisendo una solidaesperienza della gestione amministra-tiva dell’Istituto: tutto è ormai prontoper l’elezione del primo Superiore delFratelli delle Scuole cristiane.

“Il saggio Fondatore delle ScuoleCristiane, sempre più disposto a rinun-ciare alla carica di superiore, convintodel resto, dalla lunga esperienza, chefosse necessario per il nostro Istituto,come per tutti gli istituti religiosi,avere un Superiore scelto dai suoi con-fratelli, e temendo che, dopo la suamorte, i Fratelli fossero costretti adavere uno sconosciuto, riunì a Saint-

Yon, (un sobborgo della città diRouen), i principali membri della suaCongregazione, per rassegnare le di-missioni. Aveva anche un secondoscopo, intraprendere con il nuovo Su-periore la revisione della Regola, edarle una stesura definitiva”.

Il 16 maggio 1717, sedici FratelliDirettori si riuniscono a Saint-Yon e,due giorni dopo, eleggono Fratel Bar-thélemy primo Superiore generale.Dietro sua richiesta è aiutato da dueassistenti, Fratel Jean, che risiede aParigi, e Fratel Joseph, della comunitàdi Reims. Il nuovo Superiore decide divisitare tutte le case dell’Istituto e farratificare la sua elezione dalla totalitàdei Fratelli.

Fratel Barthélemy è ufficialmenteancora maestro dei novizi di Saint-Yon. Come nuovo Superiore è co-stretto a frequenti soggiorni a Parigi:l’11 novembre 1717, e ancora nei mesidi gennaio, febbraio e marzo del 1718.

Nel mese di maggio 2017, l’Isti-tuto ha ricordato l’elezione di FratelBarthélemy come successore del Fon-datore. Il suo mandato come Supe-riore è stato breve, ma ha permessola transizione dal La Salle al primoFratello. Originario del nord dellaFrancia, Joseph Truffet e suo fratellogemello nascono l’11 febbraio 1678 aSains-les-Marquion, parrocchia delladiocesi di Cambrai. Il padre, Grégoire,è maestro.

Il 10 febbraio 1703 è accoltoalla Grand’Maison, noviziato dei Fra-telli delle Scuole Cristiane, in via diVaugirard, e qui riceve il nome di Fra-tel Barthélemy. Dopo il noviziato, èinviato a Chartres. Problemi di salutegli impediscono d’insegnare. Emette ivoti perpetui di obbedienza e stabilitàil 7 giugno 1705 e, alla fine di agosto,si trasferisce a Saint-Yon vicino aRouen, per occuparsi del noviziato.

Ritornato a Parigi con i novizi du-rante l’inverno del 1709, sostituisceGiovanni Battista de La Salle. Un’epi-demia di scorbuto colpisce la comu-nità e Fratel Barthélemy si occupa dicurare i malati prima di diventarne luistesso vittima.

Quando nel 1711, Giovanni Batti-sta de La Salle parte per visitare lecomunità del sud della Francia, affidatemporaneamente al direttore deinovizi la gestione e l’amministrazionedell’Istituto. Forte di questa espe-rienza, Fratel Barthélemy svolge nuo-vamente questo compito dal febbraio1712 all’agosto 1714. Quando il Fon-datore ritorna a Parigi, nel mese diagosto 1714, si procede a una condi-visione di compiti: Fratel Barthélemyviene incaricato degli impegni co-muni e Giovanni Battista de La Salle

300 anni fa, Fratel BarthélemySuperiore Generale

Primo successore del La Salle

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Joseph Truffet, Fratel Barthélemy (1678-1720)

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anniversari

Quando, agli inizi di marzo, il Fonda-tore giunge a Saint-Yon, trova un no-viziato disorganizzato e immediata-mente, con una lettera, presenta viverimostranze al Superiore: “Vi prego,cercate di porre rimedio a tutto questoe al più presto, perché sapete beneche la crescita di un Istituto dipendeda novizi ben formati e regolari”.

Un breve mandato da Supe-riore (1717-1720)

Il nuovo Superiore si circonda di unpiccolo gruppo di Fratelli che lo aiu-tano nell’amministrazione dell’Istituto.

Sotto il suo superiorato vengonoscritte le Regole comuni dei Fratellidelle Scuole Cristiane, siglate da Fra-tel Barthélemy dopo una minuziosarevisione da parte del de La Salle e,quindi, inviate a tutte le comunità. Iltesto riprende quello del 1705 e in-clude la Pratica del Regolamentogiornaliero.

Viene affidato ad alcuni Fratelli ilcompito di terminare la revisionedella Guida delle Scuole Cristia-ne, pub-blicata nel 1720.

Durante il suo breve mandato Fra-

tel Barthélemy ha aperto due scuole.A Parigi, nelle vicinanze degli Invali-des, l’8 novembre 1717 e a Saint-Omer nell’ottobre 1720.

In questo periodo, funestato dal-l’onda giansenista, Fratel Barthélemydeve ripetutamente ricordare l’attac-camento dei Fratelli alla Santa Sede.A ogni modo si scontra con il Vescovo

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Ma quale felicità?Felici si può e si deve essere, viviamo per questo. Ma quale felicità? Certo, non quella che ci viene prospettata dall’industria

e dalla società consumistica, basata sulle cose da acquistare e da possedere. La felicità non si compra al supermercato e

non si coniuga con il verbo avere, solo con il verbo essere. Si può solo essere o non essere felici. Il possesso di tante cose

preziose, oggetti di valore, belle macchine, monili rari… al più possono dare una soddisfazione e un piacere momentanei,

non certo la felicità. La felicità è un’altra cosa. Essa è riconducibile agli aspetti fondamentali dell’esistere, come il gusto di

vivere, l’amare e l’essere amati, la creatività, la libertà interiore, la qualità e la profondità delle relazioni, la capacità di col-

tivare interessi e affrontare con successo situazioni difficili, l’autostima, una buona salute... A tutti questi aspetti si può ag-

giungere, per chi crede, l’osservare con serenità la propria vita e le cose che ci circondano da un’angolazione particolare,

quella di Dio. È il suggerimento che solitamente dava san Giovanni Battista de La Salle, cioè quello di guardare ogni cosa

con gli occhi di Dio, per ritrovarvi Dio che è la fonte della vera felicità. Si tratta di una felicità che si raggiunge scoprendo

ciò che abbiamo dentro e ciò che sappiamo dare agli altri. “C’è più gioia nel dare che nel ricevere” (At 20,35). È la felicità

che si scopre nelle piccole e semplici cose di ogni giorno, capaci di trasmetterci sensazioni straordinarie e meravigliose.

Qualcuno ha affermato che il modo migliore di aiutare un uomo è permettergli di aiutarvi, ognuno di noi infatti ha bisogno

di sentirsi necessario. Ecco dunque la felicità, non certo quella che si procura con una pillola, anche quando si dovesse chia-

mare ecstasy, che un mistico raggiunge per tutt’altro sentiero. Solo collegando tra loro mente e cuore si scoprirà la vera

felicità, perché non è ricco e felice chi ha il portafoglio gonfio, ma chi ha il cuore colmo d’amore.

The Dreamer

Sestante

di Boulogne, Mons. de Langle, moltoscontento dei Fratelli, il quale scriveal Superiore Generale per lamentarsidella “loro grettezza d’animo”, minac-ciando di “sostituirli con altri maestripiù sottomessi e remissivi”.

Il 7 aprile 1719 muore GiovanniBattista de La Salle a Rouen

I Fratelli proseguono l’opera delloro fondatore e Fratel Barthélemy,come Superiore, nel suo breve man-dato, cercò di seguire la stessa lineadi condotta del de La Salle, tentandodi conservare l’Istituto e favorirne losviluppo. A causa di una salute fragilee per l’affaticamento dovuto ai viagginelle varie comunità, il primo Supe-riore Generale dell’Istituto muore aSaint-Yon l’8 giugno 1720, all’età di42 anni. È sepolto nella Chiesa diSaint-Sever, vicino al corpo del Fon-datore. ◆

Magali Devifdirettrice degli Archivi Lasalliani

di Francia, Lione

Frontespizio della Conduite del 1720

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Corriamo, lavoriamo, ci impe-gniamo per molte cose. Avolte troppe; anche con le no-

stre tecnologie. Andiamo al mas-simo; non sempre a gonfie vele. An-dare al massimo è fatica; e la seraun traguardo dove corpo e animaspesso si contendono solo pesi estanchezza. Di sicuro - come hadetto papa Francesco durante laMessa che ha chiuso la sua visita aGenova il 27 maggio - “vivendosempre tra tante cose da fare, ci pos-siamo smarrire, rinchiudere in noistessi e diventare inquieti per unnulla”: è il male di vivere. E chiudersipuò sembrare una soluzione.

Però mettendo distanza dagli altri,riducendo tutto a prospettiva - la no-stra - a qualcosa lontano dalle per-sone, è facile perdere il senso di ciòche facciamo e siamo. Oggi ci accon-tentiamo del politicamente corretto,

senza approfondire. E tutta qui la no-stra verità, e anche il nostro limite. Ciaccontentiamo dei nostri recinti, mi-surati, astratti e superficiali. E spietati.Perché senza amore.

No, chiudersi non è la soluzione. Èsolo una tentazione. La chiusura è unanostra “grande imperfezione”. Ma cheva superata. E da subito. “Perché ilVangelo non può essere rinchiuso e si-gillato, perché l’amore di Dio è dinamicoe vuole raggiungere tutti”.

Dobbiamo andare oltre le nostreverità, false sicurezze nel sogno di unrelativo che ci seduce e distrae. E li-mita. Le porte del nostro cuore sonochiuse da mille giustificazioni se noncrediamo che Lui è con noi ognigiorno; ma anche se vogliamo misu-rare la sua misericordia con la nostrai conti non ci tornano.

“Gesù si fida di noi, crede in noipiù di quanto noi crediamo in noi

stessi!”. Perché ci conosce meglio dinoi stessi. Se la perfezione non è diquesto mondo vuol dire che - “nono-stante le nostre mancanze” - il Signoreci vuole inviati. Del resto tra i suoi piùillustri ce n’era uno che, sicuro di nontradirlo, l’aveva rinnegato ben trevolte; e un altro che, prima di farsitutto a tutti, galoppava sulla via di Da-masco con la lista di quelli che - invece- avevano osato non rinnegarlo.

Per comunicare speranza e fiducianel nostro tempo - idea centrale delmessaggio del Papa per la giornatadelle comunicazioni - dobbiamo muo-verci. “Per annunciare, allora, occorreandare, uscire da sé stessi”. Cioè ab-bandonare limiti e resistenze, chiusuredietro le quali nascondiamo la paura.E non aspettare. Non saremo mai per-fetti; e se pensiamo di diventare mi-gliori per poter evangelizzare, non co-minceremo mai.

magistero

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IL MARATONETADELLA GRAZIA

Alcuni interventi di papa Francescosull’identità del cristiano oggi.

Chiusura e dinamismo. Realtà e prospettiva.

Un potere che va oltre il nostro limite.Lo stile di chi cammina con il Signore.

Giuseppe Norelli

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magistero

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“Andare nel mondo col Signore ap-partiene all’identità del cristiano”. Per-ché per passare dalla dimensione delladomanda – chi è il prossimo? - aquella della risposta, farsi prossimo,dobbiamo coinvolgerci: la domandasignifica distanza, la risposta l’annulla.Dio ci aspetta nell’opera del momento.E ci permette di vedere in ogni situa-zione la possibilità di una speranza.L’attenzione alla realtà concreta è ilprimo passo per ritrovarne il senso. Equi naturalmente entra in gioco lapreghiera. Ne comprendiamo il valore?“Io prego? Noi come Chiesa, come cri-stiani, esercitiamo questo potere por-tando a Dio le persone e le situazioni?”.Il Papa usa una bella espressione: “ri-cordiamoci ogni giorno di gettare l’àn-cora in Dio”. Siamo capaci di affidarci?Pregare non significa dire a Dio quelloche deve fare, ma affidargli tutto. Por-targli pesi, persone e situazioni. Chi

pensa che Dio non sioccupa di certe coseovviamente non cono-sce Dio, lo ignora. Laforza della preghiera èquesto affidamento“che permette a Dio dientrare nel nostrotempo”. La nostrasfida quindi partedalla realtà, ma nonda quella che ci vo-gliono far vedere tuttii giorni nella prospet-tiva dei loro interessi.Immagini che nonsono innocenti e cipossono allontanaredalla vera realtà. Per-ché ce la rendonoopaca. Dobbiamo tra-sformare il cuore perpoter vedere. Allora larealtà diventa traspa-rente e scopriremo,operando insieme conLui, che Dio sta cre-ando qualcosa dinuovo, e ridà unsenso alla nostra vita.

È questo il significato della preghiera.Il Signore ci vuole in uscita, per

le strade del mondo: “è soprattutto lìche il Signore attende di essere cono-sciuto oggi”. In uscita, liberi dalla ten-tazione di accontentarci. Come per-sone - esseri in relazione - nonpossiamo rimanere dietro ai recinti.

Per sperimentare l’amore è necessariouscire dai propri interessi. Quindi ilcristiano non è fermo, ma in cammino.Col Signore verso gli altri.

Naturalmente, poiché Gesù nonimpone - l’Amore non impone - chiva con Gesù non corre all’impazzatao come un conquistatore che deve ar-rivare prima. Il Papa parla di un ma-ratoneta speranzoso,“mite ma decisonel camminare; fiducioso e al tempostesso attivo; creativo ma sempre ri-spettoso; intraprendente e aperto; la-borioso e solidale“.

Questo cammino papa Francescol’ha richiamato a Roma pochi giornidopo, a giugno, durante la veglia diPentecoste al Circo Massimo in occa-sione del Giubileo d’oro del Rinnova-mento Carismatico Cattolico. Si trattadi un cammino che ci porta verso glialtri per testimoniare la signoria del-l’amore di Gesù. Non per accentuarele differenze. La differenza, anzi, èl’occasione per camminare.

“Camminare insieme, lavorare in-sieme. Amarci. Amarci. E insieme cer-care di spiegare le differenze, mettercid’accordo, ma in cammino! Se noi ri-maniamo fermi, senza camminare, mai,mai ci metteremo d’accordo. È così per-ché lo Spirito ci vuole in cammino”.

E lo Spirito non si può ingabbiare.Soffiando dove vuole e come vuole citrasforma da uomini chiusi in mara-toneti della grazia. Per disvelare laVerità. Nella preghiera e nell’azioneper i più bisognosi. Con gioia. ◆

Papa Francesco a Genova

Un momento della maratona romana

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storia nostra

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IFratelli delle Scuole Cristianehanno espletato la loro opera dieducazione morale, civile e reli-

giosa a Benevento per circa 150 anni.Chiamati dal card. Giovanni BattistaBussi (Viterbo 23 gennaio 1755 - Be-nevento 31 gennaio 1844) legatopontificio, arrivarono nel 1834 e apri-rono la scuola nell’ex monastero diSanta Sofia, ora sede di un impor-tante Museo. Nel 1906 acquistaronoil Collegio, dove fino al 1980, hannoofferto istruzione e amorosa cura amigliaia di alunni non solo di Bene-vento e provincia, ma provenientianche da diverse altre città italiane,godendo sempre di grande stima euniversale rispetto. Sono stati semprelasciati indisturbati e liberi di conti-nuare la loro attività anche quandofurono soppressi gli Ordini e le Istitu-zioni religiose e quando la città fu go-vernata da amministratori laici eanticlericali. Anzi, fu proprio un filo-

I FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANEA BENEVENTO DURANTE LA 2a GUERRA MONDIALE

cenni il Collegio venne consideratotra i migliori istituti educativi d’Italiae definito il “collegium princeps” delMeridione.

Oltre ai successi ottenuti in campoeducativo, il valore e le capacità deiFratelli furono universalmente ricono-sciuti anche per il loro impegno incampo civile e sociale. Ancora oggi,ad esempio, il famoso Fratel VenanzioVari viene considerato tra le figure piùrappresentative e importanti dellacittà.

Ma dove i Fratelli hanno scritto al-cune delle pagine più belle della sto-ria di Benevento è stato durante ilperiodo del bombardamento dellacittà, dal 20 agosto al 3 ottobre 1943.Fin dalla prima incursione aerea, av-venuta il 20 agosto, che distrusse lastazione ferroviaria causando nume-

sofo anticlericale, Prefetto e Presi-dente del Consiglio Scolastico Provin-ciale, a elogiare con un lungodiscorso, l’opera dei Fratelli. Per de-

Durante il secondo conflitto mondiale, un’eroica pagina che ha visto comeprotagonisti i Fratelli del Collegium princeps di Benevento.

Una classe del Collegio fotografata nel chiostro di santa Sofia

Benevento dopo i bombardamenti anglo-americani

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rosi morti e feriti, tra i primissimi adaccorrere furono i Fratelli del Collegioimpegnati a infondere coraggio e soc-correre i feriti. Alcuni di questi, ma-schi e femmine, furono portati alCollegio che da quel giorno divenneun vero e proprio ospedale. I bombar-damenti continuarono. Uno dei piùgravi fu il quinto avvenuto il 12 set-tembre che distrusse la Cattedrale e

l’Arcivescovado e danneggiò grave-mente l’Ospedale Civile. I primi e unicia comparire sulle rovine del Duomofurono 5 Fratelli tra i quali Fratel SiroFerranti. Incuranti del pericolo, tra lapolvere e le travi che crollavano esotto un sole cocente, scavarono trale macerie finché riuscirono a trovaredue pissidi piene di Particole che fu-rono portate in Collegio, insieme agli

ex voto d’argento appesi alla statuadel Sacro Cuore. Intanto il Vice Diret-tore Fratel Vittorino recuperò le sacrespecie tra le rovine della Cappelladell’Ospedale, mentre gli altri Fratelliaiutarono l’evacuazione dell’OspedaleCivile. Tutti i ricoverati furono portatial Collegio La Salle.

La sera del 12 settembre scoppia-rono alcune bombe intorno al Colle-

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Appunti trovati sul taccuino di un professore del Collegio La Salle (20 agosto - 3 ottobre 1943)

20 agosto 1943: Primo bombardamento aereo verso le ore 13 sulla stazione di Benevento e Stabilimento. «G. Al-berti». Numerosi feriti di ambo i sessi vengono ospitati e curati in Collegio. Manca l’acqua.

27 agosto 1943: Secondo bombardamento nei pressi della stazione ferroviaria. Sono colpiti il deposito e la casadei ferrovieri ed anche l’acquedotto.

7 settembre 1943: Verso le ore 21 terzo bombardamento sulla stazione ferroviaria, contrada Ponticelli, Via le Prin-cipe di Napoli.

8 settembre 1943: Partenza di un gruppo di Fratelli per S. Angelo a Cupolo ospiti della Canonica e dei Padri Li-guorini.

11 settembre 1943: Verso le ore 14 quarto bombardamento. Il quartiere di Ponte Calore è distrutto. Alcuni Fratellivanno sulle macerie a liberare i feriti. Un altro gruppo di Fratelli parte per S. Angelo.

12 settembre 1943: Quinto bombardamento verso le ore 12 e mezzo. La Cattedrale, l’Arcivescovado, l’OspedaleCivile sono colpiti. Primi e soli a comparire sulle rovine del Duomo sono cinque Fratelli chesalvano, scavandole tra le macerie, due pissidi pie ne di particelle e il Vice Direttore recuperale sa cre specie tra le rovine della Cappella dell’Ospedale Civile. Il Comando tedesco nonpensa che a requisire automezzi; il personale di servizio ai fe riti ha preso il largo: i pochiFratelli rimasti sono sotto un peso terribile. Si approfitta del prov videnziale passaggio di duecamion militari italiani che per sfuggire alla cattura tedesca acconsento no a trasportare aPaduli presso i PP. Francesca ni i poveri feriti. La notte fra il 12 e il 13 settem bre vari bom-bardamenti non fanno chiudere oc chio ai pochi rimasti nel collegio.

13-14 settembre 1943: II 13 ed il 14 settembre altri bom bardamenti colpiscono la parte bassa della città, Piazza dellaDogana e il viale di circonvallazione presso l’Arco Traiano.

16 settembre 1943: Varie ondate di bombardamenti colpiscono anche i quartieri vicini al Collegio di cui parte dellafacciata è scrostata dalla proiezione delle macerie del palazzetto d’angolo di proprietà Toma-selli e dal muro di cinta e dallo sperone del l’edificio di S. Sofia. È colpita Piazza Roma e il Palazzodel Tribunale.

17 settembre: I Fratelli portano al Cimitero un morto trovato nel parlatorio del Collegio.19 settembre: Terrificante bombardamento notturno.20 settembre: Tremenda incursione alle ore 14.24 settembre: Altra incursione di 34 quadrimotori sul le strade.27 settembre: Verso le ore 6 e mezzo si saccheggiarono le dispense e la cucina del Collegio.28 settembre: Sepoltura nel Vallone, dell’usciere delle RR. Scuole Elementari ucciso dai tedeschi.

Incen dio delle dispense.29 settembre: Alle ore 16 altro bombardamento di 18 quadrimotori. E’ colpita la Madonna delle Grazie.30 settembre: Dalle 13 alle 14 e mezzo, massiccio bom bardamento di sei ondate. Il Viale degli Atlantici, il Se-

minario regionale, il palazzo dell’Economia Corporativa sono colpiti.1 ottobre: Ultimo agghiacciante bombardamento ad ondate successive dalle ore 16 alle 17.

Sono colpite le vie di circonvallazione, la Posta, il secondo sperone di S. Sofia.2 ottobre: Arrivo degli Alleati.3 ottobre: Cannoneggiamento tedesco di Benevento. I Fratelli a gruppi scendono da Sant’Angelo a Cupolo

per ripulire e riparare il Collegio che ospita tanti amici sinistrati.

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gio che subì danni, per fortuna nongravi. I Fratelli, preoccupati dell’inco-lumità dei ricoverati, pensarono ditrasferirli a Paduli, ma il provvedi-mento si rivelò di difficile soluzione:la città era deserta e non si riuscì atrovare nessun mezzo idoneo. Solo atarda sera, grazie alla capacità di per-suasione del Direttore Fratel NazarioDoretti, di Fratel Vittorino e FratelManuele, gli autisti di alcuni camionmilitari italiani, che stavano sfug-gendo alla cattura dei tedeschi, ac-consentirono di trasportare i feriti aPaduli. Intanto la città si stava svuo-tando e anche una quindicina di Fra-telli trovarono ospitalità, insiemeall’arcivescovo, nel convento dei PadriLiguorini a Sant’Angelo a Cupolo.

Nei giorni seguenti, mentre si in-tensificavano le tremende incursioni,i Fratelli rimasti continuarono ad ac-cogliere e assistere feriti e personeche avevano perso la casa sotto ibombardamenti. Il 17 settembre al-cuni Fratelli portarono al cimitero eseppellirono un morto trovato nelparlatorio del Collegio. Furono ancorai Fratelli, sprezzanti del pericolo, adare sepoltura all’usciere delle RegieScuole Elementari ucciso dai tedeschi.

Il 27 settembre furono saccheg-giate le dispense e la cucina del Col-legio e il giorno seguente furono

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scenza della presenza dei Fratelli delleScuole Cristiane, vollero andare a vi-sitarli. Si presentarono come exalunni di un collegio lasalliano ame-ricano e tra Fratelli e i due ufficiali siinstaurò un clima di grande festa ecordialità. Era presente anche unostorico beneventano che ha riportatol’episodio come tanti altri che hannoavuto come protagonisti i Fratelli, inun suo libro sulla guerra a Benevento.

Con immensa gratitudine, maanche con profonda tristezza, a Bene-vento c’è ancora chi ricorda figure diFratelli che hanno fatto la storia nonsolo del Collegio ma dell’intera città. ◆

Vincenzo Di Crosta

incendiate. I Fratelli, amorevolmenteguidati e incoraggiati dal direttoreFratel Nazario, non si persero maid’animo. Finalmente il 2 ottobre arri-varono gli Alleati e già dal giorno se-guente, mentre a gruppi rientravanoi Fratelli ospitati a S. Angelo a Cupolo,erano tutti all’opera per ripulire e ri-parare il Collegio che continuava aospitare molti sinistrati. In pocotempo il Collegio fu riportato all’an-tico splendore.

Vale la pena ricordare un episodiomolto simpatico avvenuto durante lapermanenza dei Fratelli a Sant’Angeloa Cupolo. Due giovani ufficiali ameri-cani di passaggio, venuti a cono-

Arrivo degli Alleati

Tanta gratitudine ai sostenitori di LASALLIANI IN ITALIAUn sentito ringraziamento agli amici, qui sotto elencati, che ci hanno inviato una generosa offerta.

Ottavio Giamporcaro - Trombetta Luca - Pesce Andrea - Ciavarella MassimilianoPipitone Giorgio - Sergio Ferrero - Mastrecchia Adriano - Paolo VeronesiCecchini Riccardo - Giorgio Chirieleison - Zolla Giuseppe - Duca Emilia

Andreacchio Massimiliano - Papacchini Fausto - Izzo Giovanni - Montini LuigiRaiola Crescenzo - Ronco Angelo - Gianporcaro Ottavio - Simonetto Luigi - Canonico Giovanni

Olivi Claudio - Famiglia Bertoni Peri - Terna Pietro - Raiola Crescenzo - Ronco AngeloContegiacomo Sergio - Silvestri Nazareno e Carparelli M. Luisa - Ghinello Alba

Ramella Bernardo e Bottan Rosanna - Brandonisio Pennasilico Licia

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In occasione del viaggioapostolico di Papa France-sco in Egitto (28 aprile 2017)e della visita di cortesia alPapa copto, Tawadros IIha desiderato ringraziarenel suo discorso i Fratellidelle Scuole Cristiane peril lavoro svolto nel corsodegli anni nel Distretto diProche Orient e tutti coloroche hanno servito la mis-sione lasalliana in Egitto.

“Cogliamo questa occasione benedetta per rivolgere i nostri ringraziamenti  alla Chiesa  Cattolica per quantoha fatto nel campo della cultura - ha affermato Tawadros II - nessuno  può negare l’impegno generoso deiFratelli delle Scuole Cristiane (seguaci del fondatore della congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane)[…] attraverso il loro contributo alla rinascita educativa in Egitto”.

EGITTO

Incontro tra Papa Tawadros II della Chiesa coptae Papa Francesco

Visita di Sua Santità Papa Tawadros II ai Fratelli del Collegio De La Salle - Il Cairo

Tawadros II e Papa Francesco

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notizie

Il Presidente della Re-pubblica di Colombia e ilMinistro della PubblicaIstruzione hanno annun-ciato i nomi delle scuolee dei collegi con i mi-gliori risultati accade-mici e in continuo miglioramento. Tra leprime dieci troviamo l’Istituto Centrale Tecno-logico La Salle di Bogotá. Si tratta di una scuolastatale fondata dai Fratelli de La Salle alla finedel XIX secolo, attualmente la prima univer-sità tecnologica del paese.L’Istituto prepara 1350 studenti alla laurea,con specializzazioni in diverse aree tecnolo-giche, accompagnati da 85 insegnanti. Cisono 2.896 studenti e 177 insegnanti coin-volti in corsi di istruzione superiore che por-tano alla qualifica di ingegnere in vari ambitidi studio. Questo istituto lasalliano è attual-mente guidato da cinque Fratelli De La Salledel Distretto di Bogotá.L’edificio del college si trova nel centro dellacapitale ed è stato progettato e costruito daiFratelli francesi che fondarono il Distretto diColombia nel 1890. Due decenni fa è stato di-chiarato “Monumento Nazionale” per la suabellezza e antichità e per il contributo datoal patrimonio architettonico della Colombia.Il motto sullo stemma di questa struttura la-salliana è in latino: UBI LABOR IBI VIRTUS.Dove c’è lavoro, c’è virtù.

Mostra iconograficasu Giovanni Battista de La Salle

Prestigioso premioa una scuola lasalliana

ROMA - CASA GENERALIZIA

La mostra, pensata per coloro che non cono-scono San Giovanni Battista de la Salle, nerappresenta realisticamente la vita, le operee la morte, attraverso l’iconografia realizzatada pittori e incisori illustri come Du Phyli o

Crepy. Visitare lamostra è comeviaggiare conuna macchinadel tempo. Iquadri espostirappresentano imomenti piùimportanti della vita del Santo: la  nascita nel1651; l’inizio dell’Istituto il 24 giugno 1682,quando La Salle lascia la sua casa per andarea vivere con i primi maestri (nel settembre diquello stesso anno i maestri iniziano a chia-marsi “Fratelli”); la canonizzazione avvenutail 24 Maggio 1900. L’osservatore attraverso iquadri esposti ha una visione generale e li-neare della vita del Santo.Chi, per la prima volta, viene a conoscenzadi San Giovanni Battista de La Salle, dellasua vita, delle sue opere e della sua dedizioneverso i bambini poveri, si rende subito contodella grande levatura umana e spirituale diquest’uomo. L’opera iniziata da San Gio-vanni Battista de la Salle continua ancoraoggi grazie alla Congregazione dei Fratellidelle Scuole Cristiane.

COLOMBIA

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Per il 12° anno consecutivo, l’Istituto Filippinha organizzato e ospitato i GIOCHI LASAL-LIANI delle Scuole Secondarie di 1°grado,giunto alla sua 48esima edizione. Alle pen-dici del Grappa quest’anno vi hanno parte-cipato l’Istituto Gonzaga e l’Istituto SanGiuseppe di Milano, l’Istituto La Marmora diBiella, il Collegio San Giuseppe di Torino, laScuola La Salle di Grugliasco, l’Istituto La Salledi Parma, il Collège La Salle di Pringy (Fran-cia), oltre all’Istituto Filippin ospitante. Oltre500 ragazzi e ragazze hanno vissuto l’eventosportivo, con entusiasmo e  sano agonismo,impegnandosi nelle varie discipline sportive in programma: atletica leggera, calcio, volley, basket, nuoto.L’Istituto Filippin ha mobilitato tutte le sue migliori risorse per rendere accogliente la permanenza degliatleti e dei loro accompagnatori: camere, mensa, spazi sportivi e ricreativi… La festa è iniziata venerdìsera 5 maggio con la festa di apertura dei giochi, in cui ogni scuola ha presentato variopinte coreografie,balletti, musiche e canti apprezzati dal folto pubblico che stipava le gradinate dell’arena all’aperto. Mo-menti significativi sono stati la sfilata delle squadre, l’ingresso delle bandiere, gli inni nazionali e quello

europeo, l’accensione della fiaccola olim-pica, il giuramento… Tra il pubblicoanche alcune personalità invitate: l’Asses-sore all’Istruzione, Formazione e Lavorodella Regione Veneto dott.ssa Elena Do-nazzan, il Presidente Nazionale del-l’ANA    ing. Sebastiano Favero, ilPresidente della Sez. Alpini di Treviso, gliAlpini e il sindaco di Paderno… Tra le esi-bizioni degli alunni, molto apprezzataquella della Scuola Media del Filippin,che ha voluto sottolineare l’evento del-l’Adunata Nazionale Alpina che si sa-

rebbe tenuta di lì a pochi giorni a Treviso, nel centenario della 1a Guerra Mondiale. In mezzo all’arena ècomparso al termine un enorme cappello alpino, con tanto di penna nera e coccarda rossa, sull’aria del-l’inno di Mameli in versione moderna interpretato da Fiorello. Momenti significativi sono stati anche lacelebrazione della Santa Messa prefestiva di sabato 6 maggio e la festa in musica dopo cena nel palazzettodello sport. Il meteo è stato tutto sommato clemente e ha consentito di svolgere tutto il programma spor-tivo con regolarità, sia sabato che domenica. A conclusione, la festa della consegna  delle medaglie e deitrofei di squadra. Un grazie sentito agli organizzatori, a fratel Flavio Martini, agli insegnanti, genitorivolontari del gruppo sportivo, oltre al personale addetto all’accoglienza. E complimenti a tutti i parteci-panti. Il ripetersi per tanti anni di questa manifestazione che è andata migliorando, è un segnale di quantovenga attesa e apprezzata, veicolo di incontro, di amicizie, di confronto, sulla base dei comuni valoriumani e cristiani della scuola lasalliana. Sandro Pozza

PADERNO DEL GRAPPA

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48i Giochi Lasalliani delle Scuole Secondarie di 1° grado(5-6-7 maggio)

Apertura dei giochi di Paderno

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Sabato 27 maggio, all’interno di “A sua imma-gine”, la storica trasmissione nata dalla collabo-razione tra Cei e Rai e condotta da LorenaBianchetti su Rai 1,  don Marco Pozza, sacer-dote della diocesi di Padova e da sei anni cap-

pellano del carcere di massima sicurezza “DuePalazzi” della Città di Sant’Antonio, nonché fra-tello del prof. Sandro Pozza, preside delle mediedel Filippin di Paderno del Grappa, che ha con-dotto la rubrica “Le ragioni della speranza” ognisabato fino al 29 luglio, ha scelto la realtà diScampia e la missione di fratel Enrico Müllercome cornice per il Vangelo dell’Ascensione. Don Marco, che conosciamo anche come bril-lante scrittore di numerosi libri, quali L’iradiddìo,L’agguato di Dio, L’imbarazzo di Dio e molti altri,oltre che al Filippin, è stato invitato a portare lasua testimonianza di “prete di periferia” inmolte realtà lasalliane in Italia, dal Gonzaga diMilano al San Giuseppe di Torino.

La realtà di Scampia su Rai 1

Sono state in grado di raccogliere e inviare 40trecce a “Associazione ciocche di capelli in solida-rietà” per la produzione di parrucche perdonne e ragazze colpite dal cancro e che hannopoche risorse.Al La Salle di Tarra-gona, 40 donne hannotagliato i loro capelliper aiutare la fabbri-cazione di parrucchedi capelli naturali perdonne e ragazze chehanno poche risorse,che soffrono di  can-cro e che hanno persoi  capelli a causa dellachemioterapia.Si tratta di un’iniziativa organizzata da quattrostudenti del 4° anno della scuola ESO, nel qua-dro di un progetto di apprendimento e servi-zio, che è parte del corso. Così, Blanca Dalmau,Alba Palomares, Blanc Tous e Vicki Viana,sotto la supervisione della prof.ssa MarinaTorne, sono state le forze trainanti di questainiziativa, che ha superato tutte le aspettative

e ha anche beneficiato della disinteressata col-laborazione di quattro parrucchieri di Tarra-gona.Dopo un’intensa campagna pubblicitaria, 40

persone, la maggiorparte studentessedelle scuole (la piùpiccola è di 7 anni),hanno risposto allachiamata e si sonofatti tagliare una trec-cia di capelli lunga  al-meno 20 centimetriper fare le parrucche.Alcune lo avevano giàdeciso, le altre dopo

vari incoraggiamenti, all’ultimo minuto.Tutto il materiale raccolto è stato inviato al-l’Associazione, un’organizzazione che fornisceparrucche alle ragazze fino all’età di 14 anni,  adonne senza risorse o vendendole a prezzi ri-dotti (tra il 20 e il 40 % del valore di mercato)per le donne con un reddito fisso. Sono neces-sarie diverse trecce per fare una parrucca, checosterebbe fino a 2.500 euro, nei negozi.

Le alunne della scuola donano i capellia sostegno del trattamento del cancro

SPAGNA - TARRAGONA

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Don Marco con un ragazzo del centro

SCAMPIA - NAPOLI

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Per raccontarvi brevemente econtestualizzare l’annuale con-gresso ASSEDIL, tenutosi ques-t’anno a Santa Crux de Tenerife,dal 26 al 29 aprile, penso sia utileper i lettori di Lasalliani in Italiaspendere due parole per chiarirel’acronimo ASSEDIL. Si tratta diun’associazione lasalliana fon-data nel gennaio del 1995 da ungruppo di 6 Fratelli e Laici cheprendeva il nome di “Associa-zione Europea dei Direttori d’Isti-tuzioni Lasalliane”. Obiettivi prin-cipali di questa rete lasalliana cheriunisce tutte le istituzioni euro-pee e del Mediterraneo sono lapromozione e la condivisione,pur nella diversità dei contestipolitici e culturali, di tipi di for-mazione, educazione epro-

m o -zione umana in atto ne-

lle centinaia realtà lasalliane;favorire gli scambi di alunni,educatori e insegnanti per l’ap-prendimento delle lingue stra-niere, tecnologie e prassi peda-gogiche e una iniziazioneconoscitivaalle culture europee emediterranee; essere referenti eporta-parola, a livello politico, ditutti gli istituti aderenti presso levarie Commissioni e Consigliimportanti della Comunità Eu-ropea. È tradizione consolidata

che la sede dell’an-nuale Congresso sicelebri in una isti-tuzione lasallianaeuropea-mediterra-nea. Quest’anno la ventiduesimaedizione dell’incontro ha avutoluogo presso il Collegio S. Ilde-fonso-La Salle, a Santa Crux de Te-nerife (Spagna). Dei 150 parteci-panti, undici erano italiani. Iltema prescelto è stato: La pedago-gia lasalliana nel XXI secolo: pros-pettive e sfide. In tutto l’Istitutodei Fratelli delle Scuole Cristianeè in corso un processo di rifles-sione sulla propria identità e suldelicato impegno che oggi lamissione e il carisma compor-

tano. L’ASSEDIL, che rap-presenta una parte impor-tante dell’Istituto, nonpuò non contribuire aquesto compito, soprat-tutto con la sempre piùfrequente situazione discuole lasalliane affi-date interamente aiLaici, con tutte le no-vità che tale realtàcomporta a tutti i li-velli. L’ASSEDIL siconsidera membro

vivo della RELEM (Regione La-salliana Europa e Mediterraneo)e per conseguenza spazio privi-legiato di incontro per numerosidirettori di istituzioni educativelasalliane e per coloro che vo-gliono partecipare pienamentealla elaborazione di piste di la-voro e fornire idee per la prepa-razione dell’Assemblea interna-zionale MEL. Il carismalasalliano ci spinge ad aprire gliocchi sulla realtà dei bambini edei giovani nel mondo di oggi eoffrire un progetto educativo che

dia risposte significative a questanuova realtà. Elaborare, in defi-nitiva, una nuova “Pedagogia la-salliana” che però faccia tesoro eresti fedele alla tricentenaria tra-dizione dell’Istituto. Il pro-gramma dei lavori è stato riccodi interventi, lavori di gruppo,momenti di scambio in un climadavvero familiare e di condivi-sione di sentimenti, riflessioni,progetti e propositi. Dall’excur-sus storico esposto da Fratel Gus-tavo Ramirez si è passati alla pre-sentazione, da parte di FratelDiego Munoz, dei primi risultatidell’enorme sforzo, a livello diIstituto, sulla riqualificazione pe-dagogica lasalliana; Fratel Mi-quel Angel Barrabeig si è soffer-mato sui progetti della AMEL;preziosa è stata la testimonianzadi Madre Montserrat Del Pozo,dirigente delle Missionarie diNazareth, con la relazione «Lascuola che la società del XXI secoloci chiede»; utili gli altri numerosiinterventi e la conclusione delConsigliere per la RELEM FratelAidan Kilty. Ma Tenerife evocaanche luoghi meravigliosi eclima ideale: ne abbiamo appro-fittato per concederci qualchepausa turistica visitando i due is-tituti lasalliani dell’Isola, un’as-censione verso il Teide, la terzastruttura vulcanica più alta delmondo, e una passeggiata sullungomare e all’interno del fan-tastico Orto botanico. E arrive-derci al prossimo Congresso chesi celebrerà a Salonicco.

Pio Rocca, Fsc

XXII Congresso InternazionaleASSEDIL

SPAGNA - TENERIFE

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Con un vero “rush” finale si è giunti intempo per l’inaugurazione (8 Giugno2017) del nuovo impianto sportivo-poli-valente prima della conclusione dell’annoscolastico. L’impianto è il frutto di un pro-getto lungamente pensato e…rimeditatoin tutti i suoi aspetti, perché venisse in-contro al maggior numero di opportunitàe di richieste di un campo sportivo rispon-dente alle esigenze del piano dell’offertaformativa di una scuola primaria diprimo/secondo grado. Il problema più arduo è stato quello di trovare i fondi necessari e le coper-ture finanziarie per un’impresa tanto impegnativa! Comunque, la buona volontà e la tenacia ditanti ne hanno permesso l’attuazione. L’area esistente era sufficientemente ampia (ma difficilmentegestibile), perché deteriorata dal lungo sfruttamento come area di gioco, campo di allenamentogenerico e campo di calcio. L’intera superficie è stata rifatta, dal fondo alla copertura in erba sin-tetica; lo studio razionale degli spazi ha consentito la creazione di un campo da calcio a 8 e duecampi a 5. Nell’area centrale è stato tracciato un campo regolare per la pallavolo. Inoltre, è statopossibile tracciare un rettilineo a tre corsie da 60 metri per l’atletica e un angolo con un canestro

per gli appassionati del basket.Tutti gli operatori scolastici delLa Salle, Direttori Stefano Ca-pello e Fratel Francesco, il Corpodocente e di Segreteria, i Geni-tori con le varie competenze,sono stati coinvolti nel propositodi portare a buon fine l’impresa.E così il giorno 8 giugno, allapresenza di tante autorità civilie religiose, del Sindaco RobertoMontà, dei Direttori delle ScuoleLasalliane di Torino, di tantis-simi Ex-allievi e amici, si è inau-gurato il CAMPONE. Una

riuscitissima coreografia con tutti gli alunni della scuola e l’esecuzione di allegri motivi lasallianihanno fatto da cornice alla festa cui hanno partecipato davvero tanti. Il Sindaco e Fratel FrancescoFumero hanno tagliato il tradizionale nastro, mentre il parroco don Paolo Resegotti ha benedettol’impianto. Un rinfresco ha concluso un giorno di festa da ricordare come momento di nuova vi-talità e slancio per la scuola La Salle di Grugliasco. Durante i discorsi inaugurali è stata ribadita lavolontà della direzione di aprire la struttura anche a quanti nel territorio ne faranno richiesta.

Francesco Fumero, Fsc

GRUGLIASCO

Inaugurazione del nuovoimpianto sportivo

Fratel Francesco Fumero e Stefano Capello

Panoramica del nuovo impianto

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Non puoi non considerarlo un fratello. Non soloperché ti porta in barca a pescare o in montagnaa raccogliere funghi o mirtilli. Abita a Marina diMassa, ma passa le sue giornate in viale Euge-nio Chiesa, all’ombra del santua-rio della Madonna dellaMisericordia, sotto il tetto dellascuola san Filippo Neri. Ha co-minciato ad abitarci quando lamamma Ginevra, cuoca dellascuola, lo portava in grembo. Fail muratore, il soccorritore diporte e finestre che non chiu-dono, di rubinetti che perdono,di cancelli che non chiudono onon si aprono, il consulente pergli acquisti, il cuoco, l’operatoreecologico compreso il trasportodel materiale di risulta con la sua“ape” presso la ricicleria, il tassi-naro per i Fratelli anziani. Tieneil conto del tempo con il tic-tac del cuore .Sichiama Luigi Bini, ex alunno degli anni ses-santa. È sposato con Brunella. Ma ama anche lascuola. Ama la scuola perché ama i bambini, equesti ricambiano, sia i piccolissimi della Ma-terna che i più grandi della Primaria. Gli alunnidi Prima, all’inizio dell’anno, lo chiamano fratelLuigi. Anche alcune famiglie. Ha umanità davendere, buon senso, equilibrio, serenità. Il suobarometro segna sempre bel tempo, pressionealta, umidità da malumore sempre ai valori mi-nimi stagionali. Quando serve, ruba il mestiereal figlio Leo che fa il pompiere: butta acqua sulfuoco prima che la situazione si surriscaldi. Sadimenticare: resetta con facilità possibili incom-prensioni come l’acqua del mare, che adora,

cancella le scritte sulla sabbia. Del fratello lasal-liano ha l’occhio vigile, la cura meticolosa deltutto, la sensibilità dell’educatore, la donazionegratuita, la passione educativa, lo sguardo di

fede. Per questi motivi l’assegnazione del Pre-mio La Salle a Luigi è stata quanto mai azzeccatada parte dell’associazione degli Ex alunni diMassa: ha messo in prima pagina un uomo checonsuma la sua vita nella scuola e per la scuola,cioè per le giovani generazioni bisognose dieducatori DOC, come fece il santo di Reims,fondatore dei Fratelli delle scuole cristiane.-Santo subito - sussurra qualcuno. C’è chi frena. Prima l’affiliazione all’istituto,giacché è già Stella d’oro al merito lasalliano.Mi raccomando: non fategli leggere questerighe. È un uomo veramente semplice e diventarosso come un buon ragù quando si dice oscrive bene di lui.

Alberto Castellani, Fsc

MASSASan Filippo NeriPremio La Salle a Luigi Bini

Chi desidera consultare i numeri precedenti di “Lasalliani in Italia”può entrare nel sito: www.lasalleitalia.net cliccando Pubblicazioni

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Dal 31 maggio al 5 giugno 2017, nel CentroUniversitario de La Salle di Madrid, si è tenutoil 36° Congresso Europeo per la catechesi.Erano presenti 65 partecipanti provenientida 18 paesi d’Europa. Il gruppo europeo per lacatechesi è stato creato nel 1950 come puntodi incontro per esperti di catechesi, direttorinazionali di catechesi e centri catechistici ditutta Europa. Il suo evento principale è ilCongresso, che si svolge ogni due anni.Il tema di quest’anno è stato “La famiglia traeducazione cristiana e proposta di fede”. Si sonosvolte in totale tre conferenze con presenta-zioni di modelli di catechesi, provenienti daotto paesi diversi.L’evento ha previsto anche la visita del Car-dinale Arcivescovo di Madrid, Carlos Osoro,la gita a Toledo, la visita a due parrocchie diMadrid molto attive sul tema della famiglia,quindi una celebrazione eucaristica conclu-siva nella Cattedrale di Madrid.Il prossimo congresso dovrebbe aver luogoalla fine di maggio 2019 a Praga (RepubblicaCeca) o a Lviv (Ucraina).

Josè Maria Pèrez, Fsc

Consigliodella Fedexal

36° Congresso europeoper la catechesi

ACIREALE

Si è svolto nei giorni 17 e 18 giugno ad Aci-reale il Consiglio Ex Alunni della Fedexal,accolti con la sempre consueta cortesia dallaComunità dei Fratelli e dal Consiglio ExAlunni del San Luigi. Il primo giorno è statodi lavoro, il secondo di festa, ospiti nella casadi campagna del nostro segretario GiuseppeMessina. Si è discusso soprattutto sulla pros-sima Assemblea Nazionale che si terrà a

Roma in novembre. È importante che tuttele Associazioni ne prendano atto in quantosarà elettiva per il nuovo Consiglio che saràin carica per i prossimi tre anni. Nella stessadata ricorreranno anche i 10 anni della suafondazione, fortemente voluta da FratelBruno Bordone. Per questa circostanza, tuttigli Ex-alunni saranno chiamati a condivideree riflettere sull’importanza della diffusione edella continuità del carisma lasalliano, ma-gari aiutando concretamente opere di solida-rietà gestite dai Fratelli. A tal proposito, perl’occasione, il Presidente ha riferito del re-cente versamento di 2000 euro al centro diScampia. Una visita alla stupenda città di Si-racusa e al suo barocco hanno completatol’incontro siciliano.

Maurizio Sormani, Presidente Fedexal

SPAGNA

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Il Rotary Club Zgharta e il Comune di Zgharta-Ehden hanno organizzato il 31 maggio 2017 unconcorso di disegno aperto agli studenti dellaregione, riguardante la creazione di un postersul tema: “L’acqua… nostra salute e nostra re-sponsabilità”.Una giuria di esperti ambientali, di marketing earti visive ha assegnato il 1° premio al manifesto

realizzato da due stu-denti lasalliani: TiaDagher e FrancescaDouaihy, mentre aThomas Douaihy,della classe 2H, unpremio speciale per ildisegno creato su que-sto tema. É statol’unico liceale nella re-gione a partecipare e ilsuo discorso è statocalorosamente ap-plaudito nella sala‘Pierre Farshakh’ delComune di Zgharta-Ehden.

Concorso ecologico1° premio al Collegio De La Salle

Dal 13 al 14 giugno 2017, oltre 30 Fratelli, diret-tori e docenti delle istituzioni del Distretto diPolonia, Bratislava, Slovacchia, si sono riuniti aCzestochowa per una sessione di formazionesulla “Famiglia Lasalliana in Polonia e in Slo-vacchia”.Guidata da JosephGilson, Direttoredella Formazioneper il Distrettod’Irlanda, GranBretagna e Malta,da sua moglieHeather RupleGilson e da FratelBob Schaefer delSegretariato per laFormazione, lasessione ha pre-sentato ai parteci-panti vari elementisulla Missione La-salliana.

Il programma comprendeva la storia della fon-dazione, la missione nel XXI secolo e il  tempoper riflettere sulla chiamata al ministero perl’educazione e la cura dei bambini.

Primo incontro di formazione lasallianaPOLONIA

LIBANO

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Il 9 giugno è stata una giornata memorabile perl’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane, perchési è arricchito di dieci nuovi Fratelli. I dieci membri del gruppo del Noviziato, dopo avertrascorso due anni di formazione (2015/2017) nelnoviziato di Notre Dame de Grâce Bobo Dioulasso(Burkina Faso), hanno scelto liberamente di emet-tere i primi voti religiosi, impegnandosi a seguireGesù Cristo.La celebrazione è iniziata con una Santa Messa alleore 9, nel piazzale della Cappella del noviziato, pre-sieduta dal monaco carmelitano Pascal Sawadogoche nella sua omelia ha suggerito ai nuovi Fratelli tre consigli per vivere al meglio la loro consa-crazione religiosa: impostare la propria vita sulla fede, la speranza e la vita comunitaria. Dopol’omelia, Fratel Paulin Degbe, Visitatore del Distretto del Golfo del Bénin, alla presenza di FratelJulien Diarra, Visitatore del Distretto dell’Africa dell’Ovest, ha intrapreso un dialogo con i giovani,dopodiché essi hanno fatto la loro prima professione.Nel corso della Messa, Fratel Antonio Rodríguez ha ringraziato il Signore per i suoi cinquanta annidi fedeltà ai voti perpetui che, per l’occasione, ha rinnovato.

BURKINA FASO

Emissione dei Primi Votinel noviziato interafricano di Bobo-Dioulasso

Il Consiglio Internazionale per l’Associazione ela Missione Educativa Lasalliana (CIAMEL) si èincontrato presso la Casa Generalizia dal 19 al 21giugno 2017. Il Consiglio si è formato in base alledirettive del 45° Capitolo Generale con un consi-derevole numero di obiettivi, tra cui l’anima-zione e la direzione della missione educativalasalliana, secondo i valori fondamentali di fede,servizio e comunità.La CIAMEL è accompagnata da Fratel GustavoRamirez (Consigliere Generale), Fratel Nestor

Marin (Segretario per la Missione) e KeanePalatino (Segretario per l’Associazione).La ‘tre giorni’ ha incluso anche sessioni cen-trate sulla dichiarazione dell’educazione la-salliana, la formazione, la missione e ilministero pastorale.

ROMA - CASA GENERALIZIACIAMEL Meeting 2017

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Non puoi o non vuoi, al termine dell’anno sco-lastico, oltrepassare la Manica per approdare a Londra, Bournemouth, Oxford, Brighton, Sou-thampton… e migliorare le tue conoscenze dellalingua inglese? No problem. Puoi telefonare allasignorina Anna, friulana, che vive a Lincoln inInghilterra e organizza Campus in tutta Italiaper conto della Action It Theatre Ltd, agenzia eu-ropea che ha sulle spalle 20 anni di esperienzanel settore ([email protected]).Matilde Gianardi, docente di lingua inglese allasan Filippo Neri di Massa, su incarico della co-ordinatrice Giuliana Oresi e su pressione dellamadrelingua Denise Woode, lo ha fatto e, comeper incanto, una sessantina di bambine ebambini, della scuola lasalliana di viale Eu-genio Chiesa di Massa, si sono ritrovati ascuola: Anna come coordinatrice del Cam-pus; Jadina, 21 anni, con esperienze a Disney-world Parigi, esperta di teatro; Kris, 22 anni,da Manchester, dove sta terminando l’uni-versità  presso la   facoltà “Sviluppo dellosport”,  con la specializzazione per i bambinicon problemi speciali, autismo...; Erin, 20anni, studentessa della Facoltà di Storiadell’Arte presso l’Università di Leicester;Kizzy, 26 anni, londinese, attrice di teatro. È risultato un quintetto professionalmentepreparato e profondamente motivato da unpunto di vista educativo: in una settimanahanno portato in scena dinanzi a un folto pub-blico una rielaborazione del musical The JungleBook , un delizioso spettacolo con coreografie,balletti, canti, dialoghi in lingua inglese realiz-zato interamente dai bambini. I quali per seigiorni consecutivi, dalle 8.30 alle16.00, hanno ascoltato le istruzioniin inglese, posto domande in in-glese, mandato a memoria il co-pione in inglese, cantato in inglese,tagliato e dipinto cartoni per le sce-nografie, mimato bans e montatocoreografie con balletti molto gra-

ziosi e divertenti. Full immersion!Niente di scolastico, nessuna verifica o interro-gazione, tanta conversazione, molte canzoni,istruzioni per l’uso in lingua inglese, un mare diinteresse, un alto altissimo indice di gradi-mento: imparare facendo. Un progetto.L’alunno protagonista. L’apprendimento fun-zionale al raggiungimento di un obbiettivo. Lasoddisfazione e la gioia personale. Very good!Summer Camp 2017, esperienza felice e arric-chente, fa seguito a una serie di iniziative che daqualche anno qualificano l’offerta formativadella san Filippo Neri: alla scuola dell’Infanziala maestra Stefania parla e canta in inglese, le

ore settimanali di lingua in ogni classe della pri-maria sono tre, nelle aule è presente un’inse-gnante madrelingua, la scuola è Centro Trinitye al termine dell’anno gli studenti di terza,quarta e quinta sostengono una prova con do-centi inviati dal Regno Unito, a partire daquest’anno gli alunni di prima e seconda hanno

dato vita al Trinity Stars, uno spiri-tosissimo spettacolo in lingua allapresenza di osservatori made inEngland. Excellent!Altro che Brexit! Di immigrazioneverso il sud Europa dobbiamoparlare!

Alberto Castellani, Fsc

Inglese fatto in casa

MASSASan Filippo Neri

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Sono all’aeroporto diRoma anche que-st’anno e aspetto ilgruppo sahrawi chepasserà l’estate nellamia città. L’aereo è at-terrato da più di dueore quando, final-mente, le prime donnecon le mehlfa (abiti ti-pici) e i primi piccolivisi curiosi si intrave-dono dalla porta scor-revole.In Italia, in questigiorni, ne arrivanocirca 200, ma sono in5000 (su un totale, nonufficiale, di circa600.000 sahrawi) apartire dai campi pro-fughi per passare imesi di luglio e agosto anche in Spagna (che neaccoglie 4500 circa), in Francia e in Germaniascoprendo per la prima volta tutto quello che c’èfuori dall’inospitale deserto dell’hamada. “Sara!! Sara!” sento urlare dalontano. Mi avvicino e abbrac-cio Chrif, che è stato da noil’anno scorso, che ho rivisto adicembre ai campi e che, acausa di alcuni problemi disalute, è ritornato quest’anno,per effettuare altri controlli econtinuare la terapia medicache altrimenti non potrebbeseguire. Mi presento algruppo, oltre Chrif ci sonoYussef, Hasana, Larusi, Mi-netu, Munina, Halima e Laila,insieme a Toufa, la loro ac-

compagnatrice, figurafondamentale per ilprogetto. L’Associa-zione Nazionale di Soli-darietà con il popolosahrawi (ANSPS) miaffida il gruppo e sicomincia, pronti ad af-frontare tutto quelloche il progetto nazio-nale “Bambini sahrawiAmbasciatori di Pace”richiederà! Da Roma, dopo unbellissimo pomeriggiodi giochi e una tran-quilla notte al Colle LaSalle (su materassistesi in palestra), conFratel Alberto, FratelGiovanni e altri volon-tari arrivati a dare una

mano, ci spostiamo in treno in Sicilia, ad Aci-reale, dove sarà l’Istituto San Luigi a ospitare ilgruppo per un mese e mezzo.A prendersi cura dei piccoli ambasciatori sarà

ACIREALE

Mi casa es tu casa! - Ospitalità ai bambini Sahrawi

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l’Associazione Terra Futura che da due anni, conil progetto “Mi Casa Es Tu Casa” si occupa, in-sieme a tanti acesi e associazioni coinvolte nelprogetto, di raccogliere i fondi necessari, di or-ganizzare le visite mediche e le tante attività chepermettono al gruppo di passare un periodo se-reno lontano dai 50 gradi del deserto algerinodove il popolo sahrawi vive da più di quaran-t’anni con enormi difficoltàdovute soprattutto all’impos-sibilità di coltivare (vivonograzie ad aiuti umanitari, adalimenti provenienti dallecittà algerine più vicine e adalcuni allevamenti di capre).Nel 1975, infatti, i sahrawisono stati cacciati dal SaharaOccidentale, ricco di fosfati edi coste pescose, e vivono incampi per profughi, situatinel deserto del Sahara dovehanno provato in tutti i modia riorganizzare un governo(la RASD, Repubblica ArabaSahrawi Democratica) e dei villaggi, costruendoscuole, ospedali di primo soccorso, centri per di-sabili, pozzi, mercati, tende e case nella spe-ranza di riuscire a rientrare presto in patria.Il loro territorio, dopo la colonizzazione spa-gnola, è stato conteso dalla Mauritania e dalMarocco per essere poi invaso da quest’ultimoe resta tuttora sotto il governo marocchino, no-nostante i sahrawi, dopo un primo periodo di

lotta armata, abbianoscelto di tentare una viapacifica di risoluzionedel conflitto chiedendoall’ONU un referendumdi autodeterminazioneche ancora oggi non haavuto luogo.Da lì, ogni anno, i bam-bini partono per ilmondo per raccontare lastoria del loro popolo,

per passare l’estate in un clima più mite, perpoter effettuare le visite mediche, per scoprire ilmare e tutto quello che non hanno mai visto, perconfrontarsi con altre culture…Come ogni anno saranno settimane di continuostupore, in cui tutti, adulti e bambini, riusciremoa capirci senza bisogno di parlare la stessa lin-

gua, e ci ritroveremo alla fine più ricchi, noi eloro, con la certezza che aprire le nostre caseall’altro affrontando con meraviglia le diffe-renze culturali, religiose, linguistiche è una bel-lissima sfida che ci permetterà sempre diguardare il mondo con occhi diversi, privi dipregiudizi e paure, consapevoli delle ricchezzeche risiedono in tutto ciò che non conosciamo.

Sara Scudero

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problemi sociali

sona nella sua relazione affettiva,nella famiglia, nei rapporti interper-sonali e nella costruzione della propriavita.

E non è solo questione di giustaretribuzione, ma un lavoro che nonschiavizzi e non diventi un idolo, che

favorisca piuttosto l’inserimento nellacomunità, l’apertura alla società e allenecessità degli altri.

La sfida di oggi, dunque, non èsolo promuovere l’occupazione,ma anche costruire una visionedella realtà, in cui la persona nonè sottomessa a criteri di profittoe di accumulazione. Per questoè importante che ci sia un lavoro,come dice il Papa, libero, crea-tivo, partecipativo e solidale.Solo così si potrà parlare di unlavoro degno, in cui protagonistaprivilegiato sia la persona.

“La fase di grave difficoltà e di di-soccupazione - ha affermato ancorapapa Francesco - richiede di essere af-frontata con gli strumenti della crea-tività e della solidarietà. La creativitàdi imprenditori e artigiani coraggiosi,che guardano al futuro con fiducia e

speranza. E la solidarietà fratutte le componenti dellasocietà, che rinunciano aqualcosa, adottano unostile di vita più sobrio, peraiutare quanti si trovano inuna condizione di neces-sità”.

La settimana di Cagliarinon sarà certo in grado dirisolvere tutti i problemiinerenti il lavoro, però, seriuscisse almeno a indicaredei percorsi umanizzanti,

raggiungerebbe di sicuro un granderisultato. ◆

Mario Chiarapini, Fsc

Dal 26 al 29 ottobre, Cagliari ospi-terà la 48a Settimana sociale dei cat-tolici italiani con un tema di grandeattualità: “Il lavoro che vogliamo”,tema carico di implicazioni sociali,anche a motivo del dilagare della po-vertà, il più delle volte conseguenzadella disoccupazione, fruttoa sua volta di un sistemaeconomico che non è più ca-pace di creare lavoro, perchéha messo al centro il denaro.“Chi è disoccupato o sottoc-cupato – ha dichiarato ilPapa ai dirigenti e operaidelle acciaierie di Terni – ri-schia di essere posto ai mar-gini della società, di diventareuna vittima dell’esclusionesociale”.

Certo, in un’epoca di cro-nica disoccupazione e dilagante pre-carizzazione, è un lusso parlare dicreatività, gratificazione e realizza-zione personale. In Evangelii Gaudium,papa Francesco, rimandando alla dot-trina sociale della Chiesa, ha ribaditoche il lavoro deve essere “libero, crea-tivo, partecipativo e solidale”. In pocheparole, non deve essere solo l’ambitodella vita dal quale si riceve il neces-sario per la sussistenza, ma anche lostrumento con il quale la persona siesprime e si realizza, mettendo afrutto i propri talenti. Dunque, un la-voro che rispetti la dignità della per-

C’È LAVOROE LAVOROA fine ottobre, a Cagliari,la 48a Settimana socialedei cattolici italiani.Il problema del lavoroal centro dell’analisie del confronto.

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“Le Scuole Cristiane, le quali risiedono in quel bel palazzoche si vede in fondo ai giardini quando si entra nel Pinciodai cancelli della Trinità dei Monti, rimangono chiuse,nell’estate. In questo periodo, gli alunni tornano per lamaggior parte alle loro famiglie. Ne rimangono per solito30 o 40, fra grandi e piccoli; questi ultimi alunni vengonoin villeggiatura a Santa Marinella, accompagnati da seio sette Fratelli, e abitano in un villino preso in affitto”.

Scrivevano così, i giornali, all’indomani della tragedia,per spiegare ai lettori come fossero stati possibili un in-cidente così sciocco e una morte così eroica allo stessotempo. Cosa ci facevano, in nome del cielo, due religiosivestiti di tutto punto, con tanto di facciole e abito ta-lare, a mollo nelle acque di Santa Marinella, in mezzo aonde che i bagnini d’oggi definirebbero senz’altro “dabandiera rossa”?Accompagnavano in villeggiatura i convittori del Colle-gio San Giuseppe, che non erano tornati in famiglia du-rante le vacanze estive. Ecco cosa facevano, sullaspiaggia di Santa Marinella, fratel Augusto e don Mi-chele, quel 16 settembre 1911. Si occupavano dell’estateragazzi, diremmo noi con termini moderni.Fratel Augusto (o, per meglio dire, frère Augustin-Char-les Delais) era nato a Le Havre, in Normandia, il 19 gen-naio 1885. Ancor giovane, era entrato a far parte deiFratelli delle Scuole Cristiane, lavorando in varie caseche l’Istituto gestiva in Francia. E poi, improvvisa, l’op-portunità che avrebbe cam-biato per sempre la sua vita:ad Augustin veniva propostodi trasferirsi nella CittàEterna, in veste di insegnantedi Francese presso il CollegioSan Giuseppe. In fin deiconti, chi meglio di lui, unmadrelingua dalla spiccatareligiosità e dal talento nonindifferente?E così, Augustin aveva accet-tato con entusiasmo il nuovoincarico: lasciato il suo Paesenatio era sbarcato a Roma.

Suo compagno di chiacchierate, quel giorno, sulla spiag-gia di Santa Marinella, era don Michele Tamarati (o, permeglio dire, don Mikhail Tamarashvili).Intuibilmente, anche lui era straniero d’origine - e chestraniero! A Tblisi, in Georgia, esiste una strada che portail suo nome: sì, perché don Mikhail non era un religiosocome tutti.Nato nell’Impero zarista nel 1858, Mikhail aveva prestosentito la chiamata al sacerdozio. Vuoi perché in Georgiai seminari cattolici erano pochi, vuoi perché i suoi po-liedrici interessi lo avevano reso un globetrotter già ingiovane età, Mickhail aveva trascorso i suoi anni di for-mazione tra Parigi, Madrid e Costantinopoli. Forse fuproprio l’uso intenso del passaporto a rendere Mickhailinviso alle autorità zariste, che lo consideravano politi-camente poco affidabile. Resosi conto di essere indesi-derato, Mickhail lasciò la Georgia nel 1891 e si stabilìdefinitivamente a Roma, dove – col nome italianizzatodi Michele Tamarati – si fece conoscere come teologo estudioso. Nel 1910 diede alle stampe un’opera colossalededicata a L’Eglise géorgienne des origines jusqu’ à nosjours, che gli valse le ovazioni del mondo accademico(nonché un premio speciale dalla Santa Sede).Che ci faceva questo po’ po’ di studioso sulla spiaggadi Santa Marinella assieme ai ragazzi del Collegio, michiederete? Molto semplice: ne era il cappellano e con-fessore.E così, in quel pomeriggio del 16 settembre 1911, Mic-

curiosando in archivio

IL SACRIFICIO DIMIKHAIL E AUGUSTIN

Lucia GrazianoUna giornata di fine estate, sulla spiaggia di Santa Marinella. Un gesto imprudente di alcuni studenti in villeggiatura e…

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Bagni al mare dei ragazzi del Collegio

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khail stava chiacchie-rando del più e del menocon frère Augustin, men-tre, poco più in là, gliscolari si godevano gliultimi scampoli di va-canza.Era una giornata fredda eventosa. Ai ragazzi era stato im-pedito di tuffarsi inacqua; alcuni Fratelli,incaricati della sorve-glianza dei bambini piùpiccoli, avevano addirit-tura ordinato ai loro stu-denti di rimanere chiusinella villa. Mickhail eAugustin, responsabili del gruppo dei ragazzi più gran-dicelli, si erano fidati del loro buon senso e li avevanocomunque accompagnati al mare: “studenti e profes-sori stavano quindi sulla spiaggia in abito da passeg-gio”, si legge sui giornali d’epoca. E questo dettaglio èsignificativo ai fini della nostra storia: immaginate idue religiosi “in abito da passeggio” (cioè: con tonacae abito da talare) trasalire improvvisamente all’udiregrida di aiuto.Sono voci di bambini, sono voci dei loro bambini: appro-fittando di un attimo di distrazione, alcuni ragazzi sierano buttati in acqua – per una prova di coraggio, persfidare l’ordine dei professori, perchésentivano caldo e volevano rinfre-scarsi un po’… chissà mai perché.Quel che è certo, è che avevano sot-tovalutato il pericolo: un improvvisocolpo di vento e un’onda più alta delsolito, ed ecco i ragazzi trascinativerso il largo, in balia dei cavallonisempre più alti…È una frazione di secondo: con or-rore, Mickhail e Augustin fissano i“loro” bambini scomparire sotto leonde. E poi – una frazione di secondodopo – sgranano gli occhi, con nonmeno orrore, alla vista dei compagnidi classe degli intrepidi che, dallariva, si sfilano rapidamente le scarpee si buttano in mare per cercare diprestare aiuto agli amici.Idea brillante per davvero: adesso, inpericolo di vita, non erano più in dueo tre, bensì tutta la classe.Passa ancora una frazione di secondo

– e poi, Mickhail e Augustin fanno l’unicacosa ragionevole in quel momento. Si but-tano in mare (così come sono, vestiti dacapo a piedi, in facciole e abito talare, conle scarpe allacciate) e cercano di raggiun-gere i ragazzi per riportarli a riva.Per fortuna, poco più in là si trovavano duepescatori, che stavano facendo lavori dimanutenzione alle loro barche.Per fortuna i pescatori si accorsero del pe-ricolo, e misero immediatamente in mare leloro barchette.Per fortuna riuscirono a raggiungere i ra-gazzi, per fortuna riuscirono a trarli insalvo a uno a uno, per fortuna la situa-zione era meno drammatica di quantosembrasse a riva. Per fortuna i ragazzi sierano “solo” lasciati prendere dal panico;

per fortuna li aveva contagiati il terrore di un altrobagnante, che si trovava in difficoltà ben più al largodi loro.“Per fortuna”, e per fortuna davvero, perché, in caso con-trario, il bilancio avrebbe potuto essere ben più tragico.Il destino volle invece che tutti i ragazzi si salvassero, etornassero in Collegio quella sera stessa – scossi, infred-doliti, ma tutto sommato sani.Nulla si poté, invece, per Mickhail e Augustin.I due religiosi si erano appena buttati in acqua, che giàse ne erano perse le tracce. Le due vesti lunghe fino aipiedi, appesantite dall’acqua, dovettero essere come una

zavorra per i due educatori, che nonsolo non riuscirono neppure a rag-giungere gli studenti in pericolo, manemmeno poterono salvare se stessi. Il corpo di Mickhail fu rinvenutodopo alcune ore: fin da subito, la co-munità russa in Italia gli tributògrandi onori; nel 1978 la sua salmaè stata riportata in Georgia, e riposanel Pantheon di Didube a Tbilisi.Di Augustin, invece, resta poco piùche la memoria. Una fotografia for-mato fototessera, un ricordino fune-bre, qualche articolo di giornaleraccolto dai confratelli all’epoca deifatti, e custodito nell’archivio storicodel Collegio ad perpetuam rei me-moriam. Frère Augustin si è spento santa-mente e silenziosamente, cosìcome aveva vissuto. E proprio perqueste due doti ci piace oggi ricor-darlo. ◆

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Don Michele Tamarati

curiosando in archivio

Ricordino funebre di Fratel Augustin

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Guido Orsi

EPIDEMIA IN RETE: CI RISIAMO…

temi educativi

Come ricorderete negli ultimicinque anni abbiamo spesso ri-chiamato l’attenzione sui ri-

schi della Rete ma, purtroppo, sembrache il fenomeno si stia ampliandopiuttosto che riducendo.

Oggi i social network sono dinuovo nell’occhio del ciclone per viadi un recente evento denominato“blue whale” (balena blu) che ha ge-nerato una serie di (presunti) suicidida parte di adolescenti spinti al gestoestremo da un carnefice non ancoraidentificato e con il nickname di “cu-ratore”.

In effetti il nome assegnato al-l’evento richiama volutamente quellostrano fenomeno naturale che è lospiaggiamento delle balene, come sequesti cetacei andassero volutamentea mettersi in una situazione di non ri-torno per togliersi la vita.

Non a caso è di pochi mesi fa lanotizia che circa 400 balene si sonoarenate sulle spiagge della Nuova Ze-landa e solo un centinaio di esse sonosopravvissute grazie al pronto inter-vento dei volontari animalisti.

In realtà, la scienza ci insegna chenon si tratta di un suicidio di massa eche ancora non sono note le verecause di questo evento tragicamentestraordinario.

Di sicuro c’è una perdita di orien-tamento e di punti di riferimento che,

uniti al cosiddetto effetto “gregge”,porta centinaia di cetacei a rischiarela vita arenandosi sulle spiagge adia-centi al loro habitat naturale o al loropercorso migratorio.

Ed è questa perdita di orienta-mento da parte di alcuni adolescentipiù deboli che potrebbe essere allabase del presunto effetto blue whale.

Usiamo il condizionale perchésembra che il fenomeno fosse già ini-ziato nel 2015 ma a oggi le indagini

(tuttora in corso) non hanno avuto ri-scontri determinanti e quindi non sipuò ancora parlare di rapportocausa/effetto tra gli adescamenti e ireali suicidi.

Ma vediamo in maggior dettagliodi cosa si tratta.

Secondo quanto riportato in unoscoop da un noto programma televi-

sivo, sembra che il“curatore” chie-desse alle sue vittime di partecipare aun singolare gioco in Rete eseguendoin modo graduale una lista di 50azioni tra il bizzarro e il masochisticofino ad arrivare all’ultima che consi-steva, appunto, nel gettarsi nel vuotoda un edificio.

Sempre secondo tale programmasolo in Russia sarebbero stati più di150 gli adolescenti vittime di questoassurdo gioco ma già si è parlato re-

centemente del primo caso italianoavvenuto a Piombino a danno di unragazzo di soli 15 anni.

Proprio perché non si hanno an-cora dati certi disponibili, crediamoche qualsiasi ulteriore commento siatanto inopportuno quanto irrispettosonei confronti delle vittime e dei lorofamiliari.

Vale sempreil “diritto di cronaca”?

L’etica deve indurci a pensarea tutte le conseguenze.

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temi educativi

Merita invece un deciso approfon-dimento l’aspetto mediatico del feno-meno ossia come i mezzi diinformazione hanno riportato, ampli-ficato, distorto e a volte strumenta-lizzato la notizia.

Quando si è di fronte a gesti sui-cidari occorre fare molta attenzione acome si divulga la notizia sia nel ri-spetto della vittima e dei familiari, siaper l’elevato rischio di istigare per-sone particolarmente fragili o disa-giate a compiere gesti analoghi soloper un atto di emulazione o di identi-ficazione con chi lo ha compiuto.

Questo fenomeno che in psicolo-gia va sotto il nome di “effetto Wer-ther”, si verifica ogni qual volta cheuna notizia di un suicidio sembri in-durre alcune persone a ripetere ilgesto quasi fossero spinti dall’eventostesso.

In realtà c’è da essere molto cautia fare facili associazioni o correlazioniin quanto è noto che il comporta-mento umano è condizionato da varifattori quali quelli biologici, psicolo-gici e sociali.

Ciò nonostante diversi studi fattia seguito di casi di suicidi (di cui al-cuni particolarmente “famosi”) ripor-tano un aumento significativo delfenomeno che sembra ricondurre alcaso stesso.

Come al solito non possiamoadottare un approccio deterministicodi tipo causa/effetto ma di sicuroemerge il dato che riducendo al mas-

simo o controllando il modo in cuiviene data la notizia, si riscontra unasignificativa riduzione del fenomeno.

Se vogliamo, un qualcosa di ana-logo sta succedendo in merito al fe-nomeno dilagante di casi diterrorismo di questi ultimi mesi.

In merito al terrorismo sappiamoche da un punto di vista sociologico,terminata la fase dominata da uncapo carismatico, si entra in uno sta-dio successivo denominato “fase deilupi solitari” in cui persone molto fra-gili e ideologizzate arrivano a togliersila vita pur di compiere un gesto cheloro stessi ritengono straordinario edeclatante.

Ogni evento di tale natura quantopiù pubblicizzato tanto più può gene-rare altri casi di emulazione come sequesto costituisse la soluzione delproblema o una delle alternative pergestire il problema stesso.

In questo scenario la Rete giocaun ruolo tanto critico quanto a voltedeterminante proprio in virtù dellasua velocità e pervasività.

A volte conoscere qualcosa nonnecessariamente rappresenta un fat-tore di benessere di tipo facilitante.

Spesso la consapevolezza ci in-duce a ulteriori ragionamenti che, sesupportati da false convinzioni ecomportamenti disfunzionali, puòscatenare una serie di elementi nega-tivi che, viceversa, non sarebbero natiin caso di ignoranza di un particolarefenomeno.

In conclusione, quello che fa ladifferenza è un buono stato di be-nessere, declinato nelle tre dimen-sioni bio-psico-sociale, unito a unacultura sociale di riferimento voltapiù alla protezione e al sostegnodella comunità che degli interessi deisingoli.

Non vogliamo aprire una nuovadiscussione su un tema molto dibat-tuto in ambito giornalistico denomi-nato “diritto di cronaca”, ma è utilericordare che la nostra etica do-vrebbe indurci sempre a pensare em-paticamente a cosa il nostro attopuò provocare in altre persone chie-dendoci se il prezzo che si paga è re-almente adeguato al beneficio che sene trae.

Lasciamo a voi la scelta di fare ul-teriori considerazioni in merito. ◆

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didattica

Con le cantilene: “Ninna nanna ninna oh - questo bimboa chi lo do?”. I duelli poetici: “Testa di serpente, tu non capisci niente!”- “Testa di gallina, fai coccodè ogni mattina!”. Le “conte”: “Ambarabà ciccì coccò – tre civette sul comò- che facevano l’amore - con la figlia del dottore - il dot-tore si ammalò - ambarabà ciccì coccò!”. Gli scioglilingua: “Sotto la panca la capra canta, sotto lapanca la capra crepa”. I rimbrotti delle suore dell’asilo: “ Chi dice una bugia -non è figlio di Maria - non è figlio di Gesù - quando muoreva laggiù…”.Le preghiere: “Oh Gesù d’amore acceso - non ti avessi maioffeso…”.Alzi la mano chi non ha letto il Corriere dei Piccoli?Cascata di rime. Caleidoscopio d’immagini. Carillon dol-cissimi. Sussurri e grida dal profondo.

Alberto Castellani, Fsc

Eppure alla domanda: - Quante filastrocche (ma anchepoesie) hai composto nella tua carriera scolastica? moltisi… avvalgono della facoltà di non rispondere.

Scrive il maestro psicologo Loris Malaguzzi:

Il bambinoè fatto di cento. Il bambino hacento linguecento manicento pensiericento modi di pensaredi giocare e di parlare… Il bambino hacento lingue(e poi cento cento cento)ma gliene rubano novantanove… La scuola e la cultura

Siamo cresciuti, tutti,a ritmo di filastrocche

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FILASTROCCANDOPER UN INTERO ANNO

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didattica

Facilita l’apprendimento:Trenta giorni ha novembrecon april giugno e settembre…

Aiuta a imparare a leggere e a scrivere, perché facilital’aggregazione delle singole letterine, sia a livello uditivoche scritto.Una filastrocca è graditissima ai nonni, alle mamme, ai papàin occasione della loro festa, soprattutto se accompagnatada un mazzetto di margherite o di viole raccolte nel terrenoche circonda la scuola o da un dolce fatto in aula.Insegna l’abc della poesia, la divisione in sillabe, la lun-ghezza di un verso, la rima baciata, quella alternata, l’as-sonanza e l’allitterazione, l’analogia e la ripetizione, ilcontrasto e la simpatia tra parole e concetti, la metaforae la similitudine. È il sentiero che conduce alla poesia verae propria, quella dei grandi, che non sempre ha bisognodi esprimersi in rima per comunicare i propri sentimenti.Stimola la creatività e la fantasia che rischierebbero di di-ventare le parenti povere delle più ricche attenzione e me-moria in una scuola dove, da quel che si sente dire in giro,continua a imperare il binomio non fantastico spiegazione-interrogazione, per dirla alla Rodari. Il quale in Grammaticadella fantasia (Torino, Einaudi, 1973) sostiene: “Creativitàè sinonimo di pensiero divergente, cioè capace di romperecontinuamente gli schemi dell’esperienza. È creativa unamente sempre al lavoro, sempre a far domande, a scoprireproblemi dove gli altri trovano risposte soddisfacenti, a suoagio nelle situazioni fluide nelle quali gli altri fiutano solopericoli, capace di giudizi autonomi e indipendenti (anchedal padre, dal professore, dalla società) che rifiuta il codifi-cato, che manipola oggetti e concetti senza lasciarsi inibireda conformismi...”. Non è complicato inventare una fila-strocca “a ricalco” su una già scritta. Leggendo Il pianetadegli alberi di Natale di Rodari con riferimento alla realtàlocale e all’atmosfera natalizia nella quale si era immersi,i ragazzi di Quinta hanno scritto:

…In via Capaccolailluminerò l’albero con una fiaccolaperché tutti lo possano vederee sognare tutte le sere.In piazza Garibaldi inventerò l’albero dei saldiper le mamme che son bellee sui vestiti fanno sogni a catinelle.In via Giovanni Pascoli disporrò un albero grande come la città di Ascolicon mille o più panettoni al tiramisù.Tutto questo combinerei se fossi un mago.Però non lo sono,che posso fare?Un grande dono a tutti i bambini che possano sognare un mondo più pacificotutto da abbracciare.

gli separano la testa dal corpo. Gli dicono:di pensare senza manidi fare senza testadi ascoltare e di non parlaredi capire senza allegriedi amare e di stupirsisolo a Pasqua e a Natale…Gli dicono:che il gioco e il lavorola realtà e la fantasiala scienza e l’immaginazioneil cielo e la terrala ragione e il sognosono coseche non stanno insieme…

Forse da parte dei docenti si sottovaluta la… vena poeticae fantastica propria e quella degli alunni. O si è convintiche per inventare una filastrocca sia necessario averechissà quale sangue estroso nelle vene. Oppure, forse, siritiene che inventare filastrocche sia una perdita ditempo.La filastrocca è un componimento poetico semplice, quasiun gioco di parole, dal linguaggio popolare, con un ritmoben scandito, la rima quasi scontata, il messaggio moltoesplicito, il tono esilarante, anche se talvolta carpirne ilsenso e la struttura non è facile.Ne fanno un largo uso poeti e autori come Flavia Franco(edizioni Raffaello) nell’ultimo libro letto in aula in classeprima Nel regno di Belgarbo, prima dell’incontro con l’au-trice in carne e ossa in teatro; per non ricordare Filastroc-che in terra e in cielo di Rodari o La famosa invasione degliorsi in Sicilia di Buzzati. Eppure una filastrocca crea buo-numore:

Dov’è andato Federico?A dormire sotto il fico!Rebecca chi l’ha vista?Pedalava allegra in pista.È scomparso Edoardo!Sta comprando un po’ di lardo.

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didattica

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Si può provare con la tecnica del “sasso nello stagno”.Mamma, in una parola, che ti fa venire in mente? Amore,gentilezza, perdono, cuoca, gioco, abbracci… A chi la ras-somigli? A una regina, una gemma, un cuore… Si scrivetutto alla lavagna e poi…

Comincio io: Per la festa della mamma, Lucia: Noi faremouna capanna.Io: Proprio lei è la regina, Matteo: Del castello Malaspina.Chi prova con “bella”?Valeria: La mia mamma è troppo bella. Ginevra: Asso-miglia a una modella. Non è sempre così… poetico esemplice. Un aiutino si dà sollecitando delle liste diparole che fanno rima tra loro: bella, nutella, sorella,monella… anche con l’aiuto di un rimario o connetten-dosi alla rete. Si procede quindi a esaurimento delleparole e delle immagini risvegliate dalla parolamamma caduta nello stagno delle emozioni e del sub-conscio. Il quale non finisce di sorprendere e rilanciareoltre ogni ragionevole spiegazione. Per Elena, sei anni,la mamma, è un “pensiero pensante” (!) perché lapensa sempre.Inizialmente i piccoli si divertono al suono delle rime, pianpiano è bene incoraggiarli a passare dal “non-senso” alsenso di un’idea da comunicare.

Un altro mezzo che può aiutare i poeti in erba è di im-maginare un viaggio, il nostos di tante opere letterariecome l’Odissea, Peer Gynt, Sinbad il Marinaio…

Sono andato in piazza Dante a comprare le mutande.Poi in piazza Garibaldi a guardare un po’ di saldi.In viale della Stazioneho poi fatto colazione.Ma in via Democraziaho incontrato mia zia.Son tornato dritto a scuola senza dire una parola.

Un’altra tecnica è quella del “gancio”, sulla falsa riga dellacelebre La donnina che semina il grano - volta la carta esi vede il villano. Il villano che zappa la terra - volta lacarta e si vede la guerra…

In cortile ci son tanti canestrifaccio una gara con tutti i maestri.

I maestri che segnano sempreda gennaio fino a dicembre.

A dicembre c’è babbo Nataleun tipo davvero speciale…

Tutto si può mettere in rima: le regoledella classe (Prima di parlare, il dito devialzare), le richieste degli alunni (Vado afar pipì, poi torno subito qui), gli avvisi (Lacarta del panino, va messa nel cestino), lebelle parole (Grazie-prego-scusa, per pia-cere mi porti a Susa), i nomi dei compagni(Filippo gioca a calcio con Pippo).L’intero anno scolastico offre mille oc-

casioni per darsi al linguaggio semplice e ritmato di unafilastrocca con la rima baciata: la festa dei nonni, quelladel papà e della mamma, la Giornata della memoria, ipersonaggi della scuola o un incontro tutto speciale.Potrebbe essere divertente poi inventarsi un motivetto emettersi a cantare.

Così operando, il maestro non è più soltanto chi ne sa piùdegli alunni e lo comunica loro nel ruolo di un imbonitore.Diventa un motivatore per dirla con Salvatore Striano inGiù le maschere, soprattutto un ostetrico del sapere, se-condo la visione socratica. Il bambino non è soltanto unconsumatore di cultura ma finisce per diventare un suocreatore e produttore. La materia dalla quale attinge nonsi trova soltanto sui testi scolastici, ma nella realtà chelo circonda: la classe, la scuola, la città, la famiglia, lacronaca, il proprio vissuto.

Larga è la foglia, stretta è la via, dite la vostra che ho detto la mia.Leggete Esercizi di fantasiadel gran Rodari e così sia. ◆

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recensioni

La scuola è un tema su cuisi ha sempre qualcosa dadire (e forse anche da ri-dire): non tutti sapranno ilcinese, non a tutti piaceràil calcio o il jazz, ma se sitocca l’argomento scuola,oltre agli addetti ai lavorine parleranno, con se-riosa competenza, nobilie plebei, uomini dellospettacolo e fruttiven-doli, massaie e compo-sti uomini di chiesa: iprimi per raddrizzanele strutture e chiedereun adeguamento deglistipendi alle neces-sità del giorno, glialtri per il riemergereimperioso dei ricordi

dell’infanzia, mentre il trascorreredegli anni, lungi dallo sbiadirli, li restituisce alle co-scienze con pungente nostalgia, come se si trattassedi cose, purtroppo, perse per sempre.Perché, dunque, meravigliarsi se fratel Mario Chiara-pini ha finito per cedere anche lui alle lusinghe dellascuola e scriverne? Nondimeno se non è lecito dirsenesorpresi, visto il suo largo coinvolgimento in materia,è legittimo chiedersi, con giustificata curiosità, cosaè in grado di dire; infatti l’essere stato maestro perdecenni e a capo di istituzioni in luoghi assai diversilo accreditano, preventivamente, di una esperienza alargo raggio sulle spinose problematiche della scuola,e che da sempre hanno l’innesco nel modo comevanno trattati i ragazzi (i quali tra i banchi diventanoanche alunni), come è opportuno che il gruppo dei do-centi interagisca nel suo interno e si rapporti con lefamiglie, come vanno rese complementari le indiscu-tibili esigenze ludiche dei ragazzi, con le esose richie-ste di una società oggi capace di illuderli, mentredomani promuoverà solo i migliori.Su queste esili filigrane muovono le sorridenti indagini

di Mario, cui va il merito di mantenere vivo il dibattitointorno a un tema tra i più rilevanti nel distrattomondo d’oggi, sul quale già ebbe a riflettere Jean-Baptiste de la Salle (1651-1719) e, qualche tempodopo sulla sua scia, frère Agathon (1731-1798) conl’Explication des douze vertus d’un bon maître (Paris1787) dall’Autore, assai opportunamente qui ricordatientrambi. Mario tocca, allude e si pronuncia su ques-tioni assai serie (proseguendo un dibattito iniziato conNon date le dimissioni e Dove sono gli adulti?), maevita le armi pesanti preferendovi il fioretto, e fran-tuma l’esposizione in spirali assai selettive che ricom-patta in pillole le quali, lungi dall’occultarne il senso,lo rendono più sostanzioso, meno disorganico, più fa-cile a essere memorizzato. Nascono, così, le geometriche considerazioni del Che-wing-Gum, Radiocortile e tanti WhatsApp (capitolo I);Corresposabilità educativa (II); Difficoltà da superare(III); Tipologie dei genitori (IV); Insegnare per educare(V); Le qualità di un insegnante (VI); L’indispesabile fi-ducia reciproca (VII) e Conclusioni.Lo stile riesce a preservarsi lineare e sobrio, tipico dichi ricerca la complicità del lettore, per non perdernela fiducia, ed evitargli di sentirsi elemento passivo alcospetto dell’…homo sapiens; aggiungerò, poi, cheMario è super partes: scuola e famiglia, per lui, sonolo schermo su cui i protagonisti del libro proiettanoreazioni e problemi, nella speranza di vedersi affian-cati da un interprete equidistante (che, se richiesto, sitrasforma in arbitro) disposto all’ascolto e al dialogo,non per imporsi, ma per spiegare e, se possibile, risol-vere; ne deriva che l’Autore non può ricorrere a eufe-mismi, in quanto se si vogliono condividere le rispostebisogna conoscere cosa le provoca. E qui è doveroso un rapido screening sulle limpide pa-gine del libro, a convalida di queste asserzioni piuttostovincolanti, in tal modo si conosceranno i biotipi più di-versi, ‘pescati’, quasi a loro insaputa, mentre si muo-vono a elica negli ambiti della scuola; ecco, dunque,alcuni flash: c’è il maestro che ha «tatto evita l’ironia eil sarcasmo [...]; che agisce con semplicità e rettitudine[...], e persegue i risultati senza ostinazione» (pagina95); non manca la mamma ansiogena, solerte nel ge-

VADEMECUM PER GLI INSEGNANTI,UNA RIFLESSIONE PER I GENITORIUna pubblicazione che intende far riflettere tutti coloro che vivono nel mondo della scuola.

MARIO CHIARAPINI, Scuola, lavoro di squadra. Fiducia tra alunni, genitori e insegnanti,Edizioni Paoline 2017, pp 122 (Collana Aria di famiglia, 33) € 10,50.

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recensioni

nerare un campo magnetico a forte concentrazione discariche elettriche, perché il figlio «al mattino [...] nonaveva una buona cera», e siccome sospetta che il mae-stro-inquisitore lo interroga, «a casa o in ufficio esprimeun’irrequietezza fuori dell’ordinario. In prossimità degliesami di Stato, è tutta la famiglia a dover ricorrere al-l’analista. Insonnie, fibrillazioni e tachicardie sono al-l’ordine del giorno» (59). In siffatte manifestazioni iltasso di amore per la prole è assai scarso, e la confermasta nel ripetere che «i genitori di oggi tendono in generea trasmettere alle nuove generazioni più affetti che re-gole, ad avere una funzione assistenziale più che nor-mativa; si accontentano di vedere i figli più felici esenza problemi che bravi» (46).Il maestro è chiamato a convivere con queste situazioni,e Mario glielo ricorda non per dirgli come istruire le in-terlocutrici, ma per insistere sull’obbligo che egli ha disottrarsi alle pastoie della burocrazia (110) per rivelarsicredibile, obbligandosi a non dismettere l’aggiorna-mento, pena un décalage sostanzioso della sua imma-gine: «se il docente ha il diritto di insegnare, ha ancheil dovere di aggiornarsi, di acquisire conoscenze ade-guate e più articolate» (106); insomma al maestro nonsi suggerisce solo perizia nella didattica e pedagogia,gli si chiedono orizzonti di interessi assai estesi e ca-pacità di renderli complementari, capaci di rapportaloa persone, contesti, accadimenti e stati d’animo comeli produce la cronaca, non come quelli ipotizzati dallafantasiosa pubblicistica.La scuola, pertanto, resta, il luogo ‘canonico’ deputatoalla formazione, nel quale c’è sì un direttore-concerta-

tore sul podio per il controllo di ogni strumento e ar-monizzarlo con l’orchestra, la quale è l’unica protago-nista nella sala di incisione: «la fiducia reciprocapermetterà ai maestri una condivisione dei problemi eun dialogo costruttivo, uno scambio di esperienze e diutili consigli consentendo un buon lavoro di squadra,nel rispetto dei ruoli» (104). Gli orientamenti collettivili impongono i metabolismi frenetici che reggono e pro-muovono la società, e il volerli fronteggiare da soli sa-rebbe presunzione arrogante: «il problema nasce dalfatto che la società in cui i giovani vivranno sarà diversada quella attuale e ancora più diversa da quella del pas-sato attuale [...]» (121).Nel ricercare le soluzioni di gruppo non c’è la vogliadi deresponsabilizzare i docenti, ma la consapevolezzache nel mondo degli alunni tutto è precario, e non esi-stono monoliti e nelle sfrangiature di ogni ragazzosvogliato, abulico o disattento emergono positività,non importa se fugaci e fragili, ma da valorizzarsi neldialogo con la famiglia, e per un tanto programma èconsigliabile non procedere in ordine sparso (44).E Mario, in ogni pagina, non manca di incoraggiarescuola e famiglia a integrarsi illuminandosi reciproca-mente, perché la posta in palio è tra le più preziosetrattandosi dei ragazzi, il cui valore non sarà mai erosodalla svalutazione, ma può essere messo a rischio dalledivergenze (o, forse, dalle piccinerie?) degli adulti. E,per dirla con un proverbio russo, quando il fuoco litigacon il fuoco a rimetterci è la foresta.

Remo L. Guidi

I genitori, primi educatoridei figli, trovano in que-ste pagine uno spazioper riflettere, nonchél’opportunità di risco-prire, insieme al non fa-cile compito cui sonochiamati, anche gliaspetti belli ed entu-siasmanti dell’azioneeducativa, al fine dipoterla vivere comeuna bella avventura,in cui sia protagoni-sta l’amore.

È fondamentale ritor-nare ad avere una cor-retta comunicazione trale differenti generazioni e,più che consigli e giudizi,offrire ai giovani amore:da ciò dipende la nostraciviltà, la convivenza civilee il benessere sociale. Laprima parte del libro si pre-figge di effettuare una foto-grafia più ampia possibiledella realtà giovanile; nellaseconda parte vengono of-ferti alcuni stimoli per con-durre un’azione educativaserena e propositiva.

GLI ALTRI DUE LIBRI DELLA TRILOGIA

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Edizioni Paoline 2011, pp. 240

Edizioni Paoline 2013, pp. 157

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l’ultima campanella

Un uomo nuovo venuto da lontano

Villigendorf e Egesheim sono due paesi del Ba-den-Württemberg distanti 30 km e, a metterliinsieme, oggi non fanno 4.000 abitanti; nell’unonacque il venerabile fratel Gregorio Bühl(13/9/1896), nell’altro Martino (11/9/1919).Gregorio risiedeva in Italia e prima di rientrareincontrò Martino (a quell’epoca si chiamava Bar-tolomeo), che decise di seguirlo raggiungendoAlbano Laziale (novembre 1933), dove i Fratelliavevano la casa di formazione; il noviziato lofece a Torre del Greco (1937) e la professioneperpetua a Fano (1950). In precedenza la grigiaprevedibilità della cronaca scolastica e della rou-tine comunitaria subirono per Martino un’aspracesura: la Germania, nel pieno del secondo con-flitto mondiale, lo chiamò alle armi (Martino di-verrà cittadino italiano solo nel 1954), assegnan-dolo al Deutsches Afrikakorps di Rommel; dopola battaglia di El Alamein (23/10 - 3/11/1942)egli cadde prigioniero degli Inglesi, i quali lo con-segnarono agli Americani come POW (= Prisonerof War) che lo reclusero a Camp Ellis nell’Illinois(luglio 1943 - ottobre 1945), Fort Ord e CampRoberts nella California (ottobre 1945 - aprile1946) e Camp Shanks N. York (luglio 1946).Martino dovette essere tra gli ultimi a lasciare ilcampo perché, stando a David Levin: «the lastGerman left the camp on July 22, 1946 andsoon after the base officially closed»Nel 1947 Martino, ridivenuto libero cittadino,tornò a Roma dopo sette anni di assenza e, rifa-miliarizzatosi con la scuola e i libri, si iscrisseall’università (parlava e scriveva correntementequattro lingue) e non fu un problema per luilaurearsi cum laude discutendo la tesi Femaleeducation at the beginning of the ninenteenthcentury as reflected in the novels of Maria Edge-worth (Roma 1952; si abiliterà nel 1957). Il plan-ning della sua presenza tra i Fratelli riprese dadove lo aveva lasciato e, a rivisitarlo oggi, si offrecon questa proiezione: stette a Piazza di Spagnae a Villa Flaminia (1939-1940, [qui si inserisceil ‘vuoto’ della vita militare],1947-1981), Napoli(1981-2009 [ma con parentesi a Catania 1991-1993]), Grottaferrata (2009-2010) e Roma ColleLa Salle (2010-2017).

Martino, ovverola reciprocitàdegli opposti

Non è facile convin-cersi che fratel MartinoStierle non c’è più, enon è facile nemmenofornirne il motivo, nési vuole alludere allasua lunga esistenza (per tre anni non ha raggiuntoil secolo), fatto singolare se non si dimentichi il lo-goramento cui sottopose il fisico nella campagnad’Africa, nella prigionia e (ma la cosa non stupiscaper carità!) nella scuola, autentica lima sorda ingrado di consumare anche le fibre coriacee; manon vorrei far dipendere l’incredulità sulla scom-parsa di Martino, dalla lunga esposizione sulla vitadella Provincia, alla quale lo obbligò la presidenzadelle due Istituzioni di maggior prestigio, s. Giu-seppe e Villa Flaminia, perché, a dirla tutta, Mar-tino fu messo lì dall’alto e la ‘base’, pur apprezzan-dolo, non parve mai dedurne impaccio e soggezionenei suoi riguardi.In effetti egli non era il turgido piazzista di sé, ri-sultando istintivamente allergico ai primi piani, ese glieli imponevano, non erano i ruoli ricoperti amodificargli il modo di essere e rapportarsi con glialtri, rivelandosi sempre defilato e impaziente ditornare nei ranghi, poco più che da anonimo. Ri-cordo che, per ‘costringerlo’ ad accettare la dire-zione del s. Giuseppe, il visitatore Pasquale e Leonepartirono per Egesheim, dove Martino stava in vi-sita ai suoi; lo trovarono come Cincinnato neicampi e lì, poco diplomaticamente, lo misero allestrette e lui finì per cedere. Martino, però, rimasequello di prima, e non sono pochi quelli che lo ri-vedono, ormai preside di Villa Flaminia, inchinarsiper i viali a raccogliere la carta, preside alla ragio-neria di Napoli mentre lavava i corridoi, pensionatoa Grottaferrata e insofferente d’ozio, aggirarsi nel-l’orto nelle umide giornate di autunno, e sfacchi-narvi come un contadino. Conclusasi ormai la sua vicenda, nel rivederla inflashback, si resta sorpresi e imbarazzati perché,se la si dovesse schedare in un ipotetico repertoriodei Fratelli, non si saprebbe dove metterla, quasidovessimo considerarlo una sorta di prototipo, de-stinato a restare unico e irripetibile. Si obietterà

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Signorile e servizievole: Fratel MARTINO (Bartolomeo) STIERLEEgesheim - Germania 11/09/1919 - Roma 04/05/2017

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rubrica

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che il Padreterno non fa le cose in seriee tutti, in senso strettamente filologico,risultano individui; ma in Martino c’era,a dargli una forte connotazione, una ali-quota di variabili piuttosto antitetiche eda lui rese integrative.La personalità di Martino non è dellepiù semplici a leggersi, perché fu mul-tiruolo senza risultare contorto, mac-chinoso o complicato, ma mutando gliangoli di osservazione si alterano i pixeldella sua immagine; insomma Martinorestava lo stesso, ma gli incarichi rive-stiti ne scomponevano l’essenza, assog-gettandola alle leggi della luce che at-traversa un prisma di cristallopurissimo, dal quale esce rivelando leseduzioni del suo spettro cromatico, maidenaturandosi. Gli amici che ricordanoMartino in qualità di religioso e profes-sionista (insegnante, ispettore [= re-sponsabile disciplinare], preside e collega), risul-tano concordi nel dirlo serio non manierato, sinceroe franco, mai spavaldo, di una severità perfinotroppo rievocata, eppure mai acre o irriguardosa.Sulla severità dell’ispettore fratel Martino mi sof-fermerei un attimo, riconoscendovi in molti l’indi-scutibile impronta digitale, in grado di rivelare iluoghi da lui toccati nella Istituzione, che poi ri-sultavano a lungo in ordine quasi predisposti perun rigido controllo, con la prospettiva di drasticherivalse contro ogni tipo di infrazione. Per il Fratellola puntualità, l’ordine, la pulizia e la precisionelungi dall’essere un optional, erano il suo genoma,ed egli seppe evidenziarlo rendendolo condivisibile,perciò non parlerei in lui di coercizione, ma di per-suasione, ricerca non di esecutori, ma di collabo-ratori. L’elemento scolastico di Piazza di Spagna eVilla Flaminia (i due luoghi dove egli impresse unpiù lungo e durevole sigillo) risulta da sempre eli-tario; ad essere meno diplomatico dirò che lì nonvogliono identificarsi con il banale: famiglia, am-biente, viaggi e frequentazioni predispongono piùall’autonomia che alla subalternità, all’acquistopiù che alla rinuncia; il bacino di utenza delle dueIstituzioni (ovviamente non è vero, ma sembra diaverne percezione) sembra propenso più a esigeree assai meno a chiedere. Martino qui ebbe uno staff di collaboratori dal pre-stigio accademico e dalla cifra umana seducente,autorevoli sempre, autoritari mai, perché si parla,insomma, dei Fratelli Mario, Siro, Temistocle, Man-lio, Remigio, Mansueto, Paride, Leone et alii, pre-senti sulle cattedre del classico, scientifico e dellaragioneria: con essi gli alunni non si intesero degliinternati, perché non riconobbero nei Maestri gli

agenti di custodia; di tutta questa complessa co-munità educante Martino fu lo scudo protettivo eil timoniere d’altura. Il punto gravitazionale del DeMerode stette nel suo ufficio, angusto come unguscio di noce, e su quel tavolo in laminato plasticosi incrociavano registri, pacchi di compiti, cedole egiustifiche, rapporti, alunni in rientro, e il telefonodal quale, non una volta, l’inconsapevole Martinoapprendeva che gli sarebbe mancato un professorevittima, all’ultimo momento, di un colpo influen-zale. Ma anche a Villa Flaminia ricordano d’averlovisto gestirsi tre classi: in una c’era compito scritto,in un’altra i ragazzi si mantenevano in eserciziocon dischi e film in inglese, nell’altra stava in cat-tedra lui. Poi, ad anno ultimato ed esami conclusi,quando tutti volevano evadere come vibratili uccellidi passo verso orizzonti mai visti eppure irresistibili,Martino partiva per l’oltremanica portandosi dietroun gruppo di ragazzi, per un mese di full immersionnella lingua di Sua Maestà britannica.Nella gestione di questo magma la ‘severità’ di

Marino sapeva coniugarsi con l’equilibrio di un ac-corto direttore d’orchestra, capace di imporre il ri-spetto dello spartito, e, al contempo, in grado disoccorrere gli strumentisti là dove potevano peri-clitare per il troppo arduo tecnicismo della sinfonia. La severità di Martino, dunque, va ridiscussa e re-spinta perché non fu mai intransigenza, rigidezzaaprioristica, proposito egemone; parlerei, invece,di conclamata precisione, logicità consequenziale,ricerca di ciò che arricchisce, non di quanto piacee illude; la popolarità, pertanto, non stette mai neiprogrammi di Martino: gli alunni di ieri forse nonsempre concordarono, diventati ex alunni conse-gnavano targhe in argento to Frère Martino an un-forgettable teacher.

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Insieme ai Fratelli Leo Hoch, Leone Morelli e Rodolfo Carugno

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Briciole umoristichedi un uomo serio

L’umorismo è una cosa seria e l’esserne privi do-vrebbe preoccupare più e meglio di una patologia,perché lo si coglie dovunque, e risulta uno dei co-efficienti per conoscere le aperture mentali dellapersone, leggerne gli stati d’animo, e raggiungerlefin nelle pieghe intime; il sorriso (e a volte la risata)fissa sintonie con l’interlocutore, si carica di per-spicacia, o comunica con un sistema che le paroleignorano, risultando dotazione inalienabile di unuomo avveduto; aggiungerei, inoltre, che il dovereincapace di trasmettere ottimismo o è malvagio insé, o è fatto in modo riprovevole. Quanti, a somi-glianza di Martino, vivono insieme, non debbonocercarle le occasioni per combattere la tetragginee la misantropia, le quali, inoltre, è impossibileche allignino nelle aule dove ragazzi e professoricollaborano, in modo al tutto involontario, a pro-durre siparietti diequivoci e strafalcionida togliere la ma-schera tragica allostesso attore, chinosul teschio mentredeclama il monologoTo be, or not to be,that is the question.Cosa poteva far sor-ridere Martino? Ma èovvio, le banalità, gliimprevisti, le stra-nezze e le congiun-ture verificatisi quan-do meno te lo aspetti. Così in quella tardamattina del 1942 uno degli Oberstleutnant delleretrovie dette ordine a Martino di portare un mes-saggio all’avamposto dell’armata (dunque i sospettiche gli Inglesi riuscissero a violare i messaggi cifratidell’Enigma stavano diventando certezza); il soldatoStierle si mise in sella della Zündapp KS 750 e,rombando tra dune del Sahara, raggiunse Bengasie assolse l’ordine impartitogli. Di rientro, ricordan-dosi che lì c’era la casa dei Fratelli, si fermò persalutarli e darsi una rinfrescata; ma quelli quandolo videro, prima ancora che bussasse alla porta,gliela sbarrarono in faccia, e il povero Fratello conla divisa della Wehrmacht restò inchiodato lì, pernon so quanto tempo, a ripetere le sue generalità,alle quali nessuno dava ascolto. Infastidito oltreogni dire da quel batti e ribatti il cuoco fratel Ga-spare, lasciatesi alle spalle il borbottio delle pentole,raggiunse ansimante la portineria e, ragguagliatosidel contendere, risolse la vertenza da pari suo. Si

accostò alla porta e a quell’importuno che volevafarsi accogliere disse perentorio: se sei fratel Mar-tino dimmi il saluto dell’Istituto. Al che Martino ri-spose alto e sonante: viva Gesù nei nostri cuori! Ea quell’abracadabra si spalancarono le porte, e gliabbracci e le pacche sulle spalle non finivano più.Come prevedibile Gaspare raccontò mille volte l’ac-caduto, suscitando dovunque ilarità con l’aggiun-gervi sempre altri dettagli, fino a trasformarlo inun serial con frotte di Arabi che si interrogavanosul limitare della scuola, cingolati e semoventi intransito, fuggi fuggi per scoppi di spezzoni e duelliaerei all’intorno; ma al sopraggiungere di Gaspare,quasi Nettuno alla cui comparsa le acque si cal-mavano, tutto quell’ambaradan ritrovava subitoordine e compostezza. E a sentirlo tutti ridevano,Martino compreso!Cambiando registro, lo sketch che segue ebbe luogoa Villa Flaminia, durante un esame di passaggio:protagonisti Martino e un alunno del La Salle di

Napoli, ma va premessoche i due non si cono-scevano affatto. Al-l’orale Martino chiamail ragazzo e gli dice: apri

il libro alla pa-gina 74 e leggi;al che il ra-gazzo di ri-mando gli ri-sponde inpurissimo dia-letto del Vo-mero: psô [=professô] leg-gìti vuoi ch’atenite na’bbella pronuncia! Martino non ce la fecea contenersi, ed esplose (!) in una risata. InsommaMartino mise sei a quello scugnizzo e lo mandòvia.Martino aveva un notevole spirito di corpo e, perrenderlo credibile, recupererei un dato di cronacatra i più spassosi; chiusosi l’anno scolastico, Piazzadi Spagna raggiunse in pellegrinaggio la SS. Tri-nità, un loculo roccioso tra forre e dirupi del Monte

Fratel Martino durante la campagna d’Africa

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Autore al limite tra Lazio e Abruzzo; strano mavero, lo stesso giorno, provenendo dallo sterrato diCappadocia-Monterotondo, giunsero sul posto an-che i ‘cugini’ di Villa Flaminia, e le due comunità,invece di fraternizzare, fecero due ‘bivacchi’ in po-stazioni ben discoste. Estratti i viveri dai ‘carriaggi’ci si accorse che Villa Flaminia, tra i pezzi pregiatidel simposio, aveva appeso ai rami di un albero(per difenderlo dagli animali o per esibirlo agli occhiritenuti ingordi dei colleghi?) un intero prosciutto.Quelli di Piazza di Spagna non ci pensarono duevolte, e mentre nel campo avverso stavano accu-dendo, in santa semplicità padelle, pignatte e cas-seruole, gli sottrassero la leccornia targata s. Da-niele. Martino, accortosi che a Piazza di Spagnastavano festeggiando la riedizione della Secchia ra-pita, pensò di rispondergli con il …Malmantile ri-conquistato. L’allievo di Rommel mandò i suoi asfidare i nemici per stanarli, con l’ordine, poi, didarsi a una ritirata strategica per costringerli a la-sciare scoperta l’area della cucina, cosa che pun-tualmente avvenne; in tal modo il ‘serafico’ Martinoraggiunse indisturbato il prosciutto e lo riappesedov’era. Altro momento di ilarità lo procurava a Martinola rievocazione di quell’anno quando, impossibi-litato insieme a fratel Leone, di fare il ritiro congli altri, decisero entrambi di andarsene alla Ma-donna del Tufo a Rocca di Papa (RM); qui trova-rono un frate del temporale grosso come un ar-madio che ogni giorno andava alla questua, e ipopolani parte per carità, parte per riverenza, nongli lesinavano l’elemosina. Un giorno il buon frate,nello zelo di portare qualcosa in più nel convento,

si spinse, sotto gli occhi increduli di Martino, achiederla a certi operai inerpicatesi su un pon-teggio per rimettere a nuovo una facciata; mauno di quelli perse le staffe e, vistolo così robustoe petulante nell’esigere, gli disse a muso duro:va’ a lavorà! E il frate, non scompostosi più ditanto, reggendosi forte a una sporgenza dell’im-palcatura e riparatisi gli occhi dal sole con unlembo del saio, con voce tonante gli replicò: vaccitu! Superfluo aggiungere che Martino ne rise finoalle lacrime e, ripensando all’accaduto a distanzadi anni non riusciva a contenersi.Ma era con gli intimi che Martino essudava unsottile humour anglosassone; quando a uno diquesti consegnò Das Messbuch der heiligen Kirche,mit neuen liturgischen Einführungen von den Be-nediktinern der Erzabtei Beuron, accompagnò ilterzo volume con un biglietto dove si leggeva(20/5/1977): «[…] Mi restituirai il tutto quando tisarai stufato del tedesco. Speriamo che il Padreeterno ti capisca»!Purtroppo gli anni passano e a guadagnarci, in-vecchiando, è solo il vino a patto che sia dei piùgagliardi; Martino, ormai ultranonagenario stavaal Colle, e qui erano gli ospiti in visita a ricordarglisovente queste pause biografiche piene di brio;sulle sue labbra compariva un rapido brivido (forsevoleva essere un cenno di sofferto sorriso), ma gliocchi si perdevano in un vuoto senza limiti, quasialla ricerca di dimensioni più vaste e abbaglianti,dove deporre il peso di un fisico al quale troppoaveva chiesto, e ora lo scongiurava perché lo ren-desse libero.

Remo L. Guidi

Con un cuore bambino: Fratel ENRICO FRANCINIConfienza (PV) 23/08/1930 - Torino 10/06/2017

L’estate si fa sentire con quei “caldoni” che tispingono ad andare in vacanza. Prima di partiresento il bisogno di salutare Fratel Enrico. Mi ac-coglie con il suo sorriso buono. Siamo Fratelli eamici da tanti anni, figli della stessa terra - ilVercellese - dove le acque delle risaie brillano di“oro bianco” al sereno gracidar delle rane, colcontrappunto rabbioso delle zanzare moleste.“Ricu”, come da sempre lo chiamo alla piemon-tese, si gode la “Settima” di Beethoven comoda-mente seduto sulla compiacente poltrona. È uncompetente “patito” di musica classica. La suastanza, semplice al limite del monastico, ha unasola ricchezza: i CD di mille compositori piccoli

e grandi. Mi invita alsilenzio. Vuole gustarecon me quel meravi-glioso ‘secondo movi-mento’. Lo vive comeuna preghiera per vin-cere la condanna diuna impietosa ‘cecitàprogressiva’ che nonriesce a toglierli la serenità.“È la tua mamma?” chiedo con discrezione indi-cando una grande foto alla parete. È profondala commozione di Enrico nel parlarmi di quelladonna semplice e forte, che lo aspettava con l’an-

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sia e la paura malcelata di non vederlo più ritor-nare a quel paese di brava gente legata alla terra,alla famiglia, alla casa e alla Chiesa. Lui, che divino se ne intende, ha una battuta scherzosa susuo fratello, spiritoso frequentatore dell’osteria.“Come è andata quest’anno la Juve?”. Enrico,più che simpatizzante è un vero tifoso dei Bian-coneri e si accalora a parlarmi del campionatoche sarebbe potuto andare meglio… Trasparecristallina la sua semplicità quasi infantile, lasua gioia di vivere e di gustare il sapore dei giornicon l’entusiasmo, panacea dei malanni fisici edelle ferite del tempo.Il terzo movimento della “Settima” conforta il no-stro discorso sui giovani. La prodigiosa memoriadi Enrico li dipinge uno a uno con la precisionee le sfumature di una fotografia. Ricordi teneri epacati, come se parlasse dei suoi figli, rivivono

ore e ore consacrate in classe all’altra sua grandepassione: il disegno e l’arte. Cultore della bellezzae amante di Caravaggio, si infervora a illustrarmi“La vocazione di Levi”, che drammaticamente gliricorda la sua vocazione. Non avrebbe mai pen-sato che Cristo sarebbe venuto a cercarlo al suosconosciuto paesello, chiamandolo per nome aessere ‘maestro’ come Lui, ‘educatore’ di unostuolo di giovani buoni e sensibili, ma a volteanche impietosi nell’approfittare della sua me-nomazione con dolorosi scherzi di cattivo gusto. Subito Enrico si riprende. Riflette sul senso dellavita e della fede in Dio, sull’importanza di volersibene come Fratelli, accettando i colori vivaci delbene e le ombre dei limiti umani, nel chiaroscurodi un’esistenza che solo abbandonandosi fidu-ciosa alla misericordia di Dio trova la giusta di-mensione e vince il male di vivere. Parole misu-rate, soppesate da una saggezza semplice edignitosa, da una umana religiosità che mi toccal’anima.La luce del sole cede all’intimità del tramonto.Non ci siamo accorti di aver condiviso un pome-riggio d’estate, l’ultima che Enrico passerà nellasua Milano e al suo Gonzaga. “Ciao Ricu. A presto!”. Lo saluto con un abbrac-cio, augurandogli serene vacanze. Non c’è piùmusica nella stanza, avvolta da una penombramalinconica. Enrico mi guarda. Chiude gli occhi e sorride colsuo cuore bambino … solo col suo Dio.

Gabriele Rosario Mossi, Fsc

Non torna facile trat-teggiare la figura diun Fratello che ha ri-vestito ruoli impor-tanti a livello di re-sponsabilità e per unampio arco di tempo.

Ma, considerando ogni cosa con gli occhi dellafede, come c’insegna il Fondatore, oltre che dicomprensibile dolore il ricordo è intriso di in-condizionata riconoscenza a Dio. Siamo grati alSignore per il dono che fr. Felice ha rappresen-tato per l’intera nostra Provincia di cui ha rettole sorti per un quadriennio (1992-96). Era pros-

simo ai 92 anni quando, la mattina del 14 luglio,si è abbandonato all’abbraccio del Padre deicieli. Era nato l’11 settembre 1925 in quella cheè la patria delle vocazioni: il paese alessandrinodi Lu, posto su un colle ricoperto di vigne e dis-seminato di vocazioni religiose. Alla nostra Con-gregazione ha fruttato alcune decine di Fratelli,e di grosso calibro.La biografia rende giustizia della ricchezza diFratel Felice interamente consacrato al mini-stero apostolico dell’educazione umana e cri-stiana dei giovani. Ma torna difficile esprimere,nel breve spazio di un profilo, quello che è statofr. Felice: la sua grande dedizione, la creatività,

Ponderato e paterno: Fratel FELICE PROILu (AL) 11/09/1925 - Torino 14/07/2017

Breve excursus di una vitaA Rivalta, prima formazione e Noviziato (1946/47).Scolasticato a Grugliasco dal 1947 al 1949.Svolge il suo apostolato in diverse scuole: al San Filippo Neri di Massa nel 1949/50; all’Istituto Gonzaga di Milano in più riprese, dal 1950 al 1954, dal 1958 al 1960 e infine dal 1961 al 2006; al Collegio San Vincenzo di Piacenza dal 1954 al 1956; a Ferrara dal 1956 al 1957; al san Giuseppe di Torino dal 1957 al 1958; a Grugliasco dal 1960 al 1961. Nel 2006 per motivi di salute viene trasferito nella Comunità del Centro La Salle di Torino.

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l’elevato spessore religioso. Possiamo solo met-tere in risalto alcune sue note distintive. Unacosa è certa: nessuna persona che ha avuto lafortuna di sperimentare la ricchezza e la densitàdella sua personalità, sentirà mai attenuarsi lastima e la considerazione maturate standogliaccanto. Fedele alla chiamata di Dio ha offerto vita, ta-lenti e forze in modo lungimirante al servizio diquanti Dio affidava alle sue cure, anche se nonsempre si è sentito compreso, e lo ha fattoovunque l’obbedienza lo inviasse, anchequando non si sentiva portato per certi ruoli eper specifici ambienti. È risaputo quanto glicostò il mandato da Visitatore e quanto gli pe-sarono certe direzioni! Gli tornava molto piùnaturale scorgere il volto stesso di Dio in quellodei giovani (e dei diversamente giovani) più pro-vati dalla vita. Pur trincerato dietro un carattereschivo, con un fare che appariva sfuggente, hasempre contestualizzato l’amore per i giovanicon intelligenza chiara e volontà ferma. Neiventi anni profusi al Centro Pilota di Milano,che ha retto anche in totale solitudine e in si-tuazioni surriscaldate, e nei tredici anni spesial Centro Don Gnocchi di Parma, mica ha te-stimoniato con i proclami il servizio educativodei poveri, l’ha incondizionatamente e convin-tamente testato con la vita. Uomo di frontiera, dalle vedute lungimiranti, haconservato la capacità di affrontare progetti in-novativi precorrendo i tempi. Sono esperienzeda pioniere quella dei foyer, le battaglie volte albene comune a fianco di amministratori pubblicidei quali non si premurava di chiedere la tesseradi partito. Anche i caratteri focosi e le azioni im-prevedibili di alcuni giovani “singolari” li sapevacondurre a ragionevolezza con il suo fare pon-derato, convincente, paternamente fermo. Pertanti è stato punto di riferimento e sorgente diispirazione. C’è chi l’ha considerato “padre”prima ancora che Fratello maggiore, ed è certoche continuerà a ritenerlo tale anche ora cheha lasciato il campo base e ha piantato la tenda

a quote più alte. Non era però semplice farlo de-flettere dalle sue convinzioni, fargli cambiareidea? Lo possono testimoniare gli amici del Pac-chiotti con la vicenda di via Paisass e lo può at-testare chi cercava di dissuaderlo dal guidarequel pericolo pubblico che era la sua vecchiaFiat punto tutta ammaccata per i ripetuti con-tatti ravvicinati e la ritrosia a rispettare le pre-cedenze.Ma la nota più altamente distintiva di fr. Feliceè, in forma eminente, la sua indomita fede nu-trita di assidua preghiera. Quanti rosari recitatinel corso della giornata e durante i trasferimentiin macchina, lo comprova il suo rosario dai graniconsunti; quanti soggiorni nei monasteri e al-l’ombra di eremi; quanti ritiri in luoghi che tra-spiravano la presenza del divino; quante liturgieha animato nella parrocchia di Sala e nellachiesa del Pacchiotti. E quanto si è coltivato conassidue letture che nutrivano il suo spirito de-sideroso di dissetarsi alle sorgenti profonde. Nonfacevano al suo caso “le cisterne screpolate chenon trattengono l’acqua” (Ger 2,13). Era avvezzoad attingere alla “sorgente d’acqua viva”. Oltreal tanto suo prodigarsi in innumerevoli iniziativespirituali rivolte all’intera comunità cristiana,basti ricordare quella per l’unità dei cristiani,ora gode anche della garanzia dei privilegi con-nessi allo scapolare che ha sempre rivestitocome vincolo di unione con la Madre sua ama-tissima. Nella certezza che è giunta a compimento pienola sua adesione a Dio e che si è ricongiunto aiFratelli con i quali ha condiviso lunghi tratti dicammino: suo fratello Pietro (Fratel Maurizio),lo zio Agapito, fr. Carlo con la sorella Valeria efr. Mario, ci viene naturale chiedergli: Fratel Fe-lice, anche da lassù continua a essere un ri-chiamo vivente di apertura e di disponibilità pergli orizzonti verso i quali lo Spirito ci chiama;continua a essere guida a noi che abbiamo avutola fortuna di condividere con te l’itinerario divita e di fede. In un’epoca in cui l’opera educa-tiva è denunciata come emergenza, fa’ che latua figura e i tuoi scritti, concisi e sempre perti-nenti, continuino a essere una vivace sorgentedi ispirazione per quanti svolgono il ruolo di for-matori e per quanti si curano, in particolare, dichi versa in difficoltà maggiori. Ricorrendo alVangelo non abbiamo bisogno di forzare il testodi Matteo per riferirlo alla tua vita: “Bene servobuono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti daròpotere su molto; prendi parte alla gioia del tuopadrone (Mt 25,23).

Gabriele Dalle Nogare, Fsc

Breve excursus di una vitaNoviziato a Rivalta (TO) 1941-‘42Professione perpetua a Biella 1950Laurea in Scienze naturali 1952Attività apostolica: Ist. Gonzaga-Mlano,Grugliasco, Genova, Erba, Ist. Filippin,Milano Pro Juventute, Spin di Romano,Torino, Parma, Giaveno.Dal 1992 al1996 Visitatore Provinciale.

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Dalla Creazione alGiudizio Universale

Alberto Angela

Viaggio nellaCappella SistinaRizzoli 2013, pp. 251Euro 19,90

Consigli per la letturaa cura di Alberto Tornatora

in libreria

Il mistero del tempo

Carlo Rovelli

L’ordine del tempo

Adelphi 2017, pp. 212Euro 14,00

Se è vero che nella storia non esistono facili determinismi, crediamosia riconosciuto da chiunque che viviamo un’epoca di avversione pro-fonda nei confronti della famiglia, sia a livello ideologico sia soprat-tutto a livello della vita vissuta. Si tratta di un’avversione che tocca ilpiano culturale, anzitutto, ma anche politico e giuridico. Questo libroracconta la storia di un’aggressione culturale, politica e giuridica allafamiglia, cominciando dal Sessantotto e in particolare dall’introdu-zione della legge sul divorzio, per arrivare al gender e alle unioni ci-vili, grazie alle quali si permette di definire famiglia ciò che famiglianon può essere. Nella prima parte, Marco Invernizzi esamina il pro-cesso politico e culturale che ha progressivamente eroso la centralitàdella famiglia in Italia fino all’esplicita avversità e al considerarlacome una delle possibili espressioni affettive, da famiglia a famiglie.Nella seconda, Giancarlo Cerrelli affronta il percorso legislativo egiuridico con il quale la cellula fondamentale della società è diven-tata una semplice somma di individui. L’analisi realistica dei fatti noninduce tuttavia alla perdita della speranza. La famiglia fondata sulmatrimonio rimane un desiderio di ogni persona, anche se non sem-pre espresso in maniera consapevole.

Quale famiglia?

Giancarlo Cerrelli - Marco Invernizzi

La famiglia in ItaliaDal divorzio al gender

Sugarco Edizioni 2017, pp. 352Euro 25,00

Nell’agosto 2013, nella Casa di Santa Marta, in Vaticano, padre An-tonio Spadaro ha intervistato per oltre sei ore Papa Francesco. Il 19settembre il testo dell’intervista è stato diffuso in tutto il mondo, su-scitando un eccezionale interesse in tutti i mezzi di comunicazione.Oggi Rizzoli propone una nuova edizione dell’intervista originale.Padre Spadaro ha seguito, da giornalista, il viaggio apostolico in Bra-sile in occasione della Giornata mondiale della gioventù; in più, dagesuita, ha condiviso la stessa formazione di Jorge Mario Bergoglio.Per questo riesce a illuminare in profondità il significato delle paroledel Papa, e a svelare il ricco panorama culturale e umano che le haispirate. Questa conversazione diventa così la guida più efficace e piùdiretta per conoscere la visione e l’umanità di uno dei personaggipiù carismatici del nostro tempo.

Dialogo con il Papa

Papa Francesco

La mia porta è sempre apertaUna conversazionecon Antonio Spadaro

Rizzoli 2014, pp. 160Euro 10,00

Come le Sette brevi lezioni di fisica, che ha raggiunto un pubblicoimmenso in ogni parte del mondo, Carlo Rovelli con questo librotratta di qualcosa della fisica che parla a chiunque e lo coinvolge,semplicemente perché è un mistero di cui ciascuno ha esperienza inogni istante: il tempo. E un mistero non solo per i profani, ma ancheper i fisici, che hanno visto il tempo trasformarsi in modo radicale,da Newton a Einstein, alla meccanica quantistica, infine alle teoriesulla gravità a loop, di cui Rovelli stesso è uno dei principali teorici.Nelle equazioni di Newton il tempo era sempre incluso, ma oggi nelleequazioni fondamentali della fisica il tempo sparisce. Passato e fu-turo non si oppongono più come a lungo si è pensato. E ciò che perla fisica si dilegua è proprio ciò che chiunque crede sia l’unico ele-mento sicuro: il presente. Questi sono solo alcuni degli incontri stra-ordinari su cui si concentra questo libro, che è uno sguardo su ciò chela fisica è stata e insieme ci introduce nell’officina dove oggi la fisicasi sta facendo.

Non è facile definire la Cappella Sistina perché è tante cose insieme.È un luogo sacro: è da cinquecento anni la sede del conclave e, in-sieme, è la Cappella Magna, utilizzata dal pontefice per le cerimoniesolenni. È uno stupefacente racconto per immagini che inizia con laCreazione e si conclude con il Giudizio universale. Ma non è solo que-sto. È la massima espressione della pittura del Rinascimento. E unodei più importanti tesori artistici del mondo. E la meta di milioni divisitatori ogni anno. Ed è l’opera più famosa e completa di un genio,Michelangelo. Ma è anche il frutto del mecenatismo di grandi papie della collaborazione di altri sommi artisti, da Perugino a Botticelli,da Ghirlandaio a Raffaello. In questo volume, Alberto Angela ci ac-compagna in un viaggio in cinque tappe per scoprire come ha presoforma questa grandiosa creazione dell’umanità. Con il linguaggio di-vulgativo che lo ha reso celebre, Angela racconta episodi storici e re-troscena di questa straordinaria avventura creativa, descrive letecniche e illustra gli affreschi, svelandone anche i dettagli e consen-tendo così a tutti di immergersi in una delle esperienze più significa-tive della nostra cultura.

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