8 (e fine) - I tre predoni traditori

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Avventura nel deserto

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FIABA DI MAURO NERIILLUSTRAZIONI DI FULBER

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Le avventure dI GELLINDO GHIANDEDORO

AVVENTURA NEL DESERTO

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AVVENTURA NEL DESERTO

L’enorme sala sotterranea della Città BianCa era illuminata da fasci di luce che entravano da due finestrelle in alto.

File di colonne scavate direttamente nella sabbia dura del deserto correvano sui quattro lati e al centro tre seggiole di legno intagliato erano in attesa che qualcuno si decidesse a sedersi.

Gellindo, Fra’ Vesuvio, Momò, Omar, Jalim, Olaf il Vichingo e la bella Aida erano nascosti dietro le colonne e aspet-tavano. Prima o poi sarebbero arrivati!

Chi?Come, chi! Questa terribile e lunga

avventura nel deserto ha avuto un unico obiettivo: raggiungere i terribili Predoni Traditori prima che i tre si accordassero fra di loro per impossessarsi del gigante-sco tesoro fatto d’oro, d’argento e di pie-tre preziose col quale comprarsi l’Africa intera e sottometterla ai loro voleri!

Ed eccoli finalmente lì, i nostri amici, nelle segrete sotterranee della Città BianCa costruita dai beduini in uno slar-go al centro del Canyon degli Scorpioni Assetati usando mattoni di sabbia can-dida cotti al sole.

– Sei sicuro Gellindo che quei malan-drini arriveranno fin quaggiù? – mormo-rò Fra’ Vesuvio.

– Penso di sì... così almeno ci ha detto la maga Sabira, ti ricordi?...

– E ci sarà anche mio cugino Abdu? – chiese lo spaventapasseri.

– Lo spero proprio – rispose lo scoiat-tolino, – così come spero che ci sia Alì, il fennec di Omar, ed anche Ismail, il padre di Aida, i dromedari che sono stati rubati e tutto il popolo della regina Giada che

Sim-bal ha rapito...– Sim-Bal... – sussurrò Fra’ Vesuvio,

come se stesse incidendo nella memo-ria i nomi dei tre briganti, – SCia-krun... uadi-karim...

– E mi raccomando, amici – esclamò a quel punto Gellindo Ghiandedoro alzando un po’ la voce per farsi sentire da tutti: – quando arrivano i Predoni Traditori, fate parlare solo me, capito? La regina Giada mi è apparsa in sogno e mi ha detto in che modo rivolgermi a loro per evitare che Uadi-Karim legga nel nostro pensiero e ci faccia tutti suoi prigionieri!

– E tu come riuscirai a salvarci? – chie-se Momò.

– Non c’è tempo, lo scoprirete da soli... SSShhh!... arriva qualCuno! – sibilò Gellindo correndo a nascondersi dietro la sua colonna.

Si capì subito che stava per entrare nella sala il malvagio Sim-bal dalla puzza che lo precedeva: puzza nauseabonda di fiato fetido mescolata a quella di letame di dromedario e di angurie marcite al sole, che tolse il fiato e la voglia di respirare!

Sim-bal era un predone alto e magro, così magro che camminava a scatti e rasente i muri, con la schiena piegata in avanti non perché avesse la gobba, bensì per controllare che cosa poteva nascon-dersi in ogni angolo buio, dietro ogni colonna oppure sotto ai tappeti stesi a terra. Vestiva una tunica bianca e leg-gera che arrivava fin sotto ai piedi nudi e sporchi: s’inciampava in continuazio-ne, il manigoldo, mentre da una grossa

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borraccia che portava a tracolla l’acqua usciva ad ogni passo. Per fortuna per i nostri eroi smise ben presto di control-lare se ci fossero nemici nascosti, sbuffò nervoso, bevve un sorso d’acqua e andò a sedersi sulla seggiola più vicina.

Il predone Scia-krun entrò subito dopo: piccolo e mingherlino, indossava una tunica nera come la notte, così come nera era la stoffa che gli copriva il capo, fermata sulla fronte da un cerchietto color dell’oro. Ma era la faccia, era quel volto diabolico e sinistro a incutere il vero terrore: due occhi rossi di sangue, un naso grosso e a becco d’aquila, denti gialli e storti, foruncoli dappertutto e una barba rada e mal rasata completa-vano il suo biglietto da visita.

Scia-krun non badò a quel che poteva nascondersi dietro le colonne e andò subito a sedersi sulla seconda seggiola di legno intarsiato. E parlò.

– Eccoci qui, finalmente, amico mio Sim-bal! – disse con voce acuta e grac-chiante.

– Che le notti più gelide e le porte degli inferni più profonde ti siano ami-che, mio prode Scia-krun! – rispose il primo predone con una vocina roca e sferzante.

– Vuoi vedere il mio ultimo fennec? – proseguì allegro il predone vestito di nero, sollevando il mantello e mostrando un tenero cucciolo di fennec che trema-va di paura, di fame e di freddo.

Per fortuna Momò se ne accorse e con un balzo bloccò il mercante Omar, il padrone di quel piccolo fennec, che furente di dolore e di rabbia stava per

uscire dal nascondiglio...– Ma si può sapere che cosa te ne fai,

di tutti i fennec del deserto? – chiese Sim-bal bevendo un’altra sorsata d’ac-qua dalla borraccia.

– Tu non puoi immaginare quanto siano morbide, leggere e profumate le coperte di pelli di fennec! Eh! Eh! Eh!

A quel punto un gran fracasso di vetri rotti obbligò i due predoni a girarsi verso la porta della sala... – Si può SapErE di Chi Erano quEi vaSSoi di vEtro là fuori? – tuo-nò con voce profonda e cavernosa un uomo immenso, tondo come un mappa-mondo, con la pelle scura come il legno di mogano e col volto feroce come quello di un toro inferocito ma senza corna.

– Servono, anzi... servivano per dar da bere ai miei fennec, caro Uadi-Karim – rispose Scia-krun nascondendo Alì sotto il mantello nero.

– Ma come sei elegante – disse un-tuoso Sim-bal, rivolto al nuovo venuto vestito di rosso e d’argento. – Dove vai con quegli abiti così belli?

– Quando si è certi che presto si sarà al cospetto della montagna d’oro e d’argento più grande dell’Africa inte-ra – gongolò Uadi-Karim sedendosi sul terzo tronetto di legno, – non potendo scegliere amici migliori come compagnia bisogna accontentarsi degli abiti più belli...

Scia-krun e Sim-bal erano certi che dietro a quelle parole si nascondesse un’offesa bruciante nei loro confronti, ma rinunciarono quasi subito a capire: il loro minuscolo cervello era abituato solo a pensare cattiverie... oh, in quello

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erano bravissimi!– Avete ognuno il vostro anello? – ber-

ciò il terzo Predone Traditore. – L’anello dei Cavalieri della Notte?

– Io, il mio ce l’ho! – esclamò Sim-bal, lanciando un grosso anello di bronzo in un piatto di ceramica dipinta d’azzurro appoggiato per terra ai loro piedi.

– E qui c’è il mio – aggiunse Scia-krun, levandosi da un dito un anello d’argento e mettendolo accanto al primo.

– Fate dunque attenzione – concluse Uadi-Karim improvvisamente serio: – nel preciso istante in cui deporrò il mio anello d’oro nel piatto accanto agli altri due, le nostre malvagità s’intrecceranno così forte che potremo finalmente tortu-rare il tuo prigioniero Abdu Al-Bar – pro-seguì il malvagio fissando diritto negli occhi Sim-bal... – e sarà un giochino da ragazzi fargli sputare il nome del luogo in cui è nascosto il tesoro!

– tEnEtE giù lE mani da mio Cugino aBdu, voi trE! – esclamò Fra’ Vesuvio uscendo da dietro la sua colonna.

– E tu chi SarESti? – urlò Uadi-Karim per primo, saltando giù dalla sua seg-giola.

– Uno spauracchio che di farà gli oc-chi pESti! – esclamò Gellindo, balzando anche lui fuori dal nascondiglio.

– Ah, ma allora siete in duE! – strillò il Predone.

– ...ed abbiamo con noi anche un bel... BuE! – rispose lo scoiattolo parlando in rima come gli aveva raccomandato la regina Giada.

– Ma si può sapere perché parli in modo così BiSlaCCo?

– Parlo come mi pare e piace, pErBaC-Co!

– Smettila, pulce d’uno SCoiattolo! – urlò inferocito Uadi-Karim, che mal-grado gli sforzi non riusciva a penetrare nei pensieri di quell’altro e a farlo pri-gioniero.

– Se ci riesci, prendimi e chiudimi in un Barattolo!

– Fratelli – ordinò allora Uadi-Karim rivolto ai suoi due pari, – saltate addosso a costoro e fatene polpEttE!

A quel punto... – Provate a vedere se ce la fate – rispose tranquillo Gellindo, – visto che noi siamo in SEttE!

SEttE? Da dietro le colonne uscirono uno dopo l’altro il bravo autista Momò, Jalim il coltivatore di palme da dattero, il mercante Omar, la bella Aida e il sim-patico Olaf, il Vichingo pilota di mongol-fiere... A loro si unirono Gellindo e Fra’ Vesuvio e tutti assieme circondarono i tre predoni.

Uadi-Karim gettò il suo anello d’oro in direzione del piatto per terra, ma lo scoiattolo con un salto afferrò al volo il gioiello e lo lanciò ad Olaf.

–... Ridatemi quell’anEllo! – strillò il predone.

– Ma cosa credi? Che io me ne stia qui tranquillo come un agnEllo?! – urlò di rimando il Vichingo, rilanciando il gioiello ad Aida...

– Donna, voglio di ritorno quel che non è tuo!

– E se fosse invece... Suo? – sorrise Aida, che passò l’anello ad Omar.

– moStriCiattolo d’un mErCantE, – ber-ciò a quel punto Scia-krun, riconoscendo

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il padrone del piccolo fennec Alì, – SE vuoi indiEtro vivo quEll’impiaStro di animalEt-to, rEStituiSCi SuBito quEll’anEllo al mio amiCo!

Per tutta risposta Omar, muto come un pesce, consegnò l’anello d’oro a Ja-lim...

– Brutto tuarEg dEi miEi Stivali – ber-ciò infuriato Sim-bal, caricando a testa bassa, – adESSo SEntirai quant’è dura la mia tESta!

Fu veramente un peccato per Sim-bal, ma Jalim da dietro la schiena tirò fuori quel che restava d’una vecchia porta di legno stagionato e la usò come scudo... SPATAPACk! La testa del predone, che sul serio era dura, nulla poté contro quell’asse di legno ancor più duro e... gli occhi del poveretto sfavillarono, il Predone Traditore svenne in piedi, poi cadde a terra e rimase fermo immobile sul tappeto, trasformandosi come per magia in un mucchietto di polvere di sabbia bianca.

Fu allora la volta di Scia-krun: il per-fido sollevò il mantello scuro, cacciò lontano il povero fennec, estrasse una scimitarra d’argento lunga un metro e mezzo e cominciò a sventagliare l’arma davanti a sé per far arretrare i nemici. Omar non si scompose: staccò dalla parete una torcia di ferro, che brandì come fosse uno spadone... Quando la lama sottile della scimitarra si scontrò con il ferro del mercante, mille scintille illuminarono la penombra della stanza, dopo di che l’arma del predone s’incrinò e si ruppe in mille pezzetti, che caddero a terra come pioggerella sottile e leggera.

Il colpo però era stato così forte, che anche il predone cominciò a vibrare, a tremare, a incrinarsi e a rompersi in diecimila pezzetti, che s’ammucchiarono sul tappeto formando una piccola duna di polvere di sabbia nera!

Restava solo il terzo Predone Tradi-tore, il più pericoloso, il più infido, il più malvagio.

A quel punto però, nella stanza en-trarono di corsa e armati di tutto punto i soldati e i sudditi della regina Giada che erano stati rapiti dal cattivo Sim-bal e che, lasciati finalmente soli, s’erano libe-rati dai ceppi della prigionia... Entrarono di corsa anche Abdu Al-Bar, cugino di Fra’ Vesuvio, e il vecchio Ismail, padre della giovane Aida e allevatore di drome-dari, caduto nelle grinfie del manigoldo Uadi-karim. Quella massa di uomini circondarono il predone superstite, lo costrinsero al centro della stanza con le punte delle loro lance e lo obbligarono a inginocchiarsi...

– Cosa volete da me, figli di Briganti? – sibilò il malvagio con le lacrime agli occhi.

– Non rispondete! – urlò Gellindo, – Ci parlo solo io a questo re di furfanti!

– Taci, scoiattolo dei miei Stivali!– Sta’ zitto invece tu, che meno di un

granello di sabbia vali!– Non rispondermi in rima...– Lo farò adesso ancor più di prima!– Ma così mi Confondi!– E tu nella sabbia del deserto fra un

po’ Sprofondi!– No, non voglio sentir minacce dalla

tua BoCCa...

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– Adesso vedrai quel che ti TOCCA!Gellindo fischiò leggero leggero e

dalla porta in fondo entrarono al trotto venti... quaranta... sessanta... cento asini, seguiti da venti... quaranta... sessanta... cento dromedari e poi da venti... qua-ranta... sessanta... cento cavalli arabi. Con un secondo fischio al centro dello

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stanzone si materializzarono mille...due-mila... tremila piccoli fennec e tra di loro c’era anche il minuscolo Alì... Gli animali grandi e piccoli si gettarono addosso al mascalzone e in meno di due minuti lo ridussero a un inutile mucchietto di polvere di sabbia rossa!

A quel punto Gellindo, Olaf e Jalim

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crollarono stanchi morti a terra, mentre Omar corse incontro al suo Alì, Aida strinse fra le braccia il padre Ismail, Fra’ Vesuvio scoppiò a piangere sulle spalle di Abdu Al-Bar e Momò si lasciò abbrac-ciare da tutti i suoi amici soldati e dai suoi concittadini tornati finalmente liberi.

La grande Festa per la Gioia Ritrovata durò tre giorni e tre notti, alla Città BianCa, nello slargo al centro del Canyon degli Scorpioni Assetati. Dopo di che una grande pace calò sull’intero deserto di quella parte d’Africa.

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EpilogoDue mesi dopo Fra’ Vesuvio salì al Bosco delle Venti Querce sventolando una busta in una mano e tenendo un fagotto nell’altra e andò a bussare alla porta del-la tana di Gellindo Ghiandedoro.

– Ci sono novità? – chiese lo scoiattolo che si stava impomatando la lunga coda davanti allo specchio.

– Novità dall’Africa, certo! Vuoi che ti legga?

– Non aspetto altro!

Caro cugino Fra’,

chissà se un giorno riuscirò a trovare le parole giuste per ringraziare te e quel sim-

patico scoiattolino che risponde al nome di Gellindo Ghiandedoro!

E non parlo solo per me! Io sono tornato alla mia oasi di Ghilane a preparar pane

beduino che poi vendo ai turisti di passaggio, e sono l’uomo più felice del deserto.

Parlo anche per la bella Giada, la regina della Città di Pietra che ha nominato Momò

ministro dei trasporti e Kaled ministro della difesa e che continua a raccontare le vostre

imprese alle sue amiche. Pensate un po’: ha intitolato la strada principale del suo regno

“Via Gellindo Ghiandedoro” e lo slargo antistante la sua reggia “Piazzale Fra’ VesuVio”!

Parlo per il buon mercante Omar: tornato al suo CaraVanserraGlio dei datteri d’oro a

vendere forbici da pecora, ha trovato una bella fennec femmina per il suo Alì e adesso

vive beato in mezzo a un’allegra cucciolata di volpacchiotti del deserto dalle orecchie

ritte come antenne!

Parlo a nome della bella principessa Aida, che grazie a voi ha ritrovato suo padre

Ismail e s’è fidanzata con il Vichingo Olaf: adesso i cento dromedari sono controllati

dall’alto di una bellissima mongolfiera che ha i colori dell’arcobaleno!

Parlo a nome anche di Jalim: a dire il vero lui è l’unico un po’ triste di tutta la

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combriccola perché, tornato nell’oasi dello zaFFerano, ha dovuto rinunciare alla sua

cuoca preferita... e tu, Vesuvio, sai benissimo perché! Ma sta già cercando una nuova

spauracchia che gli sappia preparare i manicaretti più sopraffini e vedrai che alla fine

la troverà, ne sono certo!

Qui abbiamo tutti nostalgia di voi e speriamo che prima o poi torniate a trovarci.

Avete salvato l’Africa intera dalle grinfie di quei tre malvagi predoni, che adesso ripo-

sano chissà dove mescolati alla sabbia del deserto: quando vorrete, potrete tornare

senza alcun problema e allora ci saranno solo feste, canti e balli per tutti!

Un abbraccio, mio caro cugino, e ancora grazie di tutto!

Abdu Al-Bar

(oasi di Ghilane, Tunisia)

P. S.

Jalim chiede se Zaira può scrivergli il segreto della ricetta di quell’ottimo cus cus alle

verdure che solo lei sapeva cucinare. Potete accontentare il nostro amico? Grazie.

– E cos’è quel fagotto profumato che hai nell’altra mano? – chiese lo scoiatto-lo, che sentiva un odorino delizioso.

– Ah sì – rispose lo spauracchio mo-strando una stupenda torta ai datteri e alle

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noci, – questo dolce beduino te lo manda la mia adorata Zaira... Sai cosa ti dico, Gellindo? Non sarei più capace di vivere senza la mia bella e buona Zaira!... Posso avere anch’io una fetta della tua torta?

FINE

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