79329891 Lezioni Ed Esercitazioni Di Tecnica Delle Costruzioni Meccaniche Marco Beghini Dipartimento...

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Scienza Delle Costruzioni

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  • Lezioni ed esercitazioni diTecnica delle Costruzioni Meccaniche

    Marco Beghini1

    24 ottobre 2011

    1Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione, Largo Lucio Lazzarino 2, 56126Pisa, [email protected].

  • Nota sul Copyright

    Il presente documento e il suo contenuto e` distribuito con licenza CC Creative Commons 2.5di tipo Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate. E` possibile riprodurre, distri-buire, comunicare al pubblico, esporre in pubblico, rappresentare, eseguire e recitare questoperaalle seguenti condizioni:

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  • alla memoria di mio padre, uomo del Novecento

  • Ringraziamenti

    Questo testo non sarebbe stato scritto senza il sostegno e lincoraggiamento di Marilina, cheben conosce quanto un impegno del genere sia gravoso. Gran parte del tempo dedicato allastesura del testo e` stato trovato nei fine settimana e quindi sottratto alla famiglia. Con nonpochi sensi di colpa, ringrazio per la pazienza e la comprensione Marilina, Enrico e Marianna.

    Il materiale e` stato ricavato dalle lezioni e dalle esercitazioni da me svolte per il corso diTecnica delle Costruzioni Meccaniche del secondo anno di Ingegneria Meccanica dellUniversita`di Pisa. Le numerose discussioni avute negli ultimi anni accademici con vari allievi, nonche iloro commenti e consigli, hanno costituto la base per la scelta dellimpostazione e delle modalita`di presentazione degli argomenti.

    La realizzazione del volume nella forma attuale non sarebbe stata possibile senza limpiegodel LATEX e il prezioso supporto del mio ex-allievo Lapo Filippo Mori il quale, dimostrando unagentilezza pari alle sue qualita` intellettuali, mi ha introdotto alluso del programma e ha curatolimpostazione tipografica del documento. Desidero inoltre ringraziare lex allievo Basilio Lenzoe ancora Lapo Mori e per avermi segnalato vari refusi e anche qualche errore che erano presentinella precedente edizione e che spero di aver eliminato.

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  • Prefazione

    Il testo contiene materiale didattico per il corso di Tecnica delle Costruzioni Meccanicheche e` svolto nel secondo anno di Ingegneria Meccanica dellUniversita` di Pisa. Si tratta diuna preliminare versione di una dispensa che, nelle mie intenzioni, dovrebbe coprire linteroprogramma. Il progetto completo della dispensa si articola in quattro parti piu` le Appendici,secondo lo schema seguente:

    parte I - Statica delle strutture parte II - Meccanica dei solidi parte III - Meccanica degli elementi mono-dimensionali parte IV - Meccanica degli elementi bi-dimensionali Appendici.La presente edizione (A.A. 2011/2012) comprende le parti I, II, III e le Appendici. Per

    ragioni pratiche la dispensa e` stata stampata in due volumi, il primo volume comprende le partiI e II e il secondo volume la parte III e le appendici. La numerazione delle pagine e dei capitolie` pero` unica e progressiva per i due volumi.

    La Statica delle strutture (parte I) presenta la base della disciplina e sviluppa gli elementiconcettuali e i metodi di analisi necessari per affrontare gli argomenti successivi. La valenzadidattica della parte I, che peraltro copre gran parte del programma svolto nella prima meta`del corso, e` stata la ragione che ha spinto alla pubblicazione della dispensa anche nelle formeincomplete. I capitoli successivi sono stati aggiunti via via che sono stati completati. La Mec-canica dei solidi (parte II) sviluppa un argomento fondamentale per il corso che dovrebbe esserenuovo per il lettore in quanto affronta lestensione della Statica al continuo. Nella parte II sonopresentate e discusse le relazioni fondamentali della meccanica dei continui, ovvero le equazioni:di equilibrio, di congruenza e costitutive. Nella Meccanica degli elementi mono-dimensionali(parte III), attualmente completa, sono sviluppate le prime applicazioni della meccanica deicorpi deformabili che conducono alle verifiche di: resistenza, rigidezza e stabilita` per le travi.Le Appendici richiamano e sviluppano alcune nozioni fondamentali, prevalentemente di tipomatematico, che sono diffusamente impiegate nella soluzione dei problemi.

    Sulla scorta di una chiara convinzione di tipo didattico, maturata in oltre dieci anni diinsegnamento dei fondamenti delle costruzioni meccaniche, ho evitato anche nella dispensa ladistinzione rigida tra lezioni ed esercitazioni o tra teoria e pratica. I numerosi esempi ed eser-cizi, molti dei quali risolti numericamente e commentati, sono pertanto da considerarsi elementifunzionali alla spiegazione, anche se sono tipograficamente distinguibili nel testo. Ho cercatodi presentare la disciplina sottolineandone le basi fisiche prima che la struttura matematico-formale, partendo dai fenomeni e dai problemi pratici per ricavare le leggi e i procedimentigenerali, piuttosto che da assiomi che devono essere accettati acriticamente. Questa imposta-zione e` motivata dalla consapevolezza che per un ingegnere meccanico, quando nella professione

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  • deve applicare questi concetti, siano di gran lunga piu` utili le abilita` induttive, di interpreta-zione e di modellazione, che le competenze di tipo deduttivo, di analisi o di calcolo. Le abilita`di calcolo, in particolare se potenziate dallimpiego di sistemi di elaborazione, possono essereacquisite piu` proficuamente in corsi successivi, dopo che siano state chiarite le idee fondamentalisui modelli fisici e sulle relative grandezze.

    Lattenzione che deve essere dedicata alla comprensione e quindi allimpostazione dei pro-blemi non contrasta tuttavia con la necessita` di acquisire il necessario rigore metodologico nellasoluzione dei problemi stessi. La dispensa, proprio perche intesa a sviluppare competenze ope-rative di tipo professionale, propone quindi metodi pratici per ottenere soluzioni complete eaccurate anche dal punto di vista quantitativo e numerico. La soluzione numerica completa deiproblemi rappresenta infatti una forma di allenamento insostituibile per cominciare ad acquisireconoscenze fondamentali sui fenomeni studiati. Il tecnico esperto di un settore si caratterizzainfatti per la capacita` di farsi unidea chiara del problema che sta affrontando in modo daeliminare da subito gli aspetti quantitativamente marginali. Questa complessa abilita` si rivelafondamentale anche per la fase di impostazione e modellazione dei problemi.

    Gli esempi, contrassegnati con il cerchio nero , sono problemi di riferimento il cui proce-dimento di soluzione e` completamente sviluppato. Sono proposti anche alcuni esercizi (cerchiobianco ) che si prevede siano affrontati alla fine dello studio del paragrafo o del capitolo rela-tivo. In certi casi lesercizio e` guidato (cerchio nero per meta` ) con alcuni suggerimenti utiliper limpostazione o la soluzione. I paragrafi e i problemi contrassegnati con lasterisco (*) sonogeneralmente piu` complessi o piu` specifici e possono essere tralasciati, specialmente nella primalettura, perche non strettamente necessari alla comprensione del seguito.

    Il corso e` rivolto agli allievi ingegneri meccanici pertanto, nelle spiegazioni e negli esempi, ledimensioni, le unita` di misura, i materiali, le forme strutturali e i tipi di carico sono quelli tipicidellingegneria industriale e della meccanica delle macchine. Sono pertanto evidenziati alcuniaspetti che considero fondamentali per la preparazione di tipo strutturale di un ingegnere delsettore industriale, e che, per varie ragioni, sono generalmente trascurati, quando non del tuttoassenti, nei corsi di base di meccanica dei solidi e delle strutture. Mi riferisco, in particolare,alla tridimensionalita` dei modelli e alle forze dinerzia.

    Consapevole che la dispensa contenga refusi e (mi auguro pochi!) errori, saro` grato a chivorra` segnalarmeli, possibilmente tramite posta elettronica ([email protected]). Da questopunto di vista sono meno collaudati i capitoli della parte III (dal 19 al 26, soprattutto lultimoche e` inedito). Sono particolarmente graditi i commenti critici relativi ai contenuti e alle mo-dalita` di presentazione nonche ogni suggerimento utile per migliorare le prossime piu` completeedizioni.

  • Indice

    I Statica delle strutture 1

    1 La forza 31.1 Primo e secondo principio e definizione dinamica di forza . . . . . . . . . . . . . 31.2 La natura fisica delle forze e il terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

    1.2.1 Linterazione gravitazionale e il peso proprio . . . . . . . . . . . . . . . . . 71.2.2 Linterazione elettromagnetica, le forze di contatto e la coesione della

    materia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 81.2.3 Applicazioni del terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

    1.3 Le forze dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121.4 La definizione statica di forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17

    1.4.1 Le forze come cause di distorsione dei corpi . . . . . . . . . . . . . . . . . 171.4.2 La misura della forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19

    1.5 Le forze come vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211.5.1 La natura vettoriale della forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 211.5.2 La rappresentazione matematica delle forze . . . . . . . . . . . . . . . . . 221.5.3 Lavoro e lavoro virtuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24

    2 Statica del punto materiale 292.1 Il punto materiale come modello di corpo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292.2 Equilibrio statico del punto materiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

    2.2.1 La condizione di equilibrio statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 312.2.2 Lesperimento dellequilibrio: funi ideali e pulegge ideali . . . . . . . . . . 312.2.3 Interpretazione dellesperimento e prima equazione cardinale della statica 33

    2.3 Impostazione dei problemi di statica del punto materiale . . . . . . . . . . . . . . 342.4 Problemi piani con configurazione di equilibrio data ovvero del primo tipo . . . . 36

    2.4.1 Alcune considerazioni generali sul trattamento delle forze incognite . . . . 412.4.2 La linearita` del sistema risolvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42

    2.5 Problemi piani del secondo tipo ovvero con configurazione di equilibrio incognita 432.5.1 La configurazione di equilibrio deve essere determinata con le equazioni

    cardinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 432.5.2 Considerazioni generali sui problemi del secondo tipo: stabilita` dellequi-

    librio (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 442.6 Problemi di statica del punto materiale nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . 462.7 Problemi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48

    3 Il corpo esteso e le azioni su di esso agenti 553.1 Corpo esteso come sistema di punti materiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.2 Le forze come vettori applicati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56

    3.2.1 Forza applicata e momento di una forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 563.2.2 Proprieta` del momento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58

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  • INDICE

    3.3 Sistemi di forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 593.3.1 Caratteristiche complessive dei sistemi di forze . . . . . . . . . . . . . . . 603.3.2 Sistemi piani di forze e metodi per il calcolo delle componenti di momento 613.3.3 Sistemi di forze parallele . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 633.3.4 Coppia di forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 643.3.5 Sistemi di forze staticamente equivalenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 653.3.6 Lavoro fatto da un sistema di forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

    3.4 Forze interne e forze esterne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 673.4.1 Definizione di forze interne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 673.4.2 Proprieta` globali delle forze interne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68

    3.5 Il corpo esteso continuo e le sue principali proprieta` . . . . . . . . . . . . . . . . 693.5.1 Il materiale come continuo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 693.5.2 Massa e densita` media nei corpi continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 713.5.3 Definizione di densita` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72

    3.6 Forze sui corpi continui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 753.6.1 Forze di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 753.6.2 Forze di superficie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 763.6.3 Forze concentrate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77

    3.7 Caratteristiche statiche equivalenti a distribuzioni di forze parallele . . . . . . . . 783.7.1 Distribuzione di forze parallele di superficie . . . . . . . . . . . . . . . . . 793.7.2 Distribuzioni di forze parallele di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 80

    3.8 Momenti concentrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 813.8.1 La nozione di momento concentrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 813.8.2 Lavoro fatto dai momenti concentrati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83

    3.9 Azioni statiche e generalizzazione del terzo principio . . . . . . . . . . . . . . . . 84

    4 Il corpo rigido e i vincoli nel piano 874.1 Il corpo rigido e le condizioni di equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 87

    4.1.1 Il modello di corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 874.1.2 Equilibrio e equazioni cardinali per un corpo rigido . . . . . . . . . . . . . 884.1.3 Osservazioni sulle condizioni di equilibrio del corpo rigido . . . . . . . . . 90

    4.2 Gradi di liberta` per un corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 924.2.1 La nozione di grado di liberta` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 924.2.2 Calcolo dei gradi di liberta` per il corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . 934.2.3 Gradi di liberta` per un corpo esteso non rigido . . . . . . . . . . . . . . . 94

    4.3 Vincoli sul corpo rigido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 954.4 I vincoli ideali nel piano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

    4.4.1 Appoggio semplice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 964.4.2 Cerniera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 974.4.3 Incastro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 994.4.4 Bipendolo, doppio-pendolo o pattino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1004.4.5 Doppio bipendolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 101

    4.5 Alcune considerazioni sulla schematizzazione dei vincoli . . . . . . . . . . . . . . 1024.5.1 Vincoli composti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1024.5.2 Bronzine lunghe e bronzine corte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1034.5.3 Cuscinetti di rotolamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1064.5.4 Contatti con attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 108

    5 Problemi di statica del corpo rigido nel piano 1115.1 Problemi con corpi rigidi in quiete . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

    viii

  • INDICE

    5.1.1 Problemi del primo tipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1115.1.2 Problemi del secondo tipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1155.1.3 Considerazioni sullequilibrio per i problemi di primo e di secondo tipo . . 117

    5.2 Problemi con forze dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1185.3 Problemi con attrito . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 123

    6 Statica del corpo rigido nello spazio 1276.1 Vincolo di appoggio semplice nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1276.2 Cerniere tridimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 128

    6.2.1 Cerniera piana nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1286.2.2 Cerniera sferica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1296.2.3 Cerniera completa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1306.2.4 Cerniera completa assialmente libera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 131

    6.3 Slitta, pattino o guida prismatica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1316.4 Incastro spaziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1326.5 Giunto universale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1326.6 Guida o vincolo elicoidale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1336.7 Problemi di statica del corpo rigido nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135

    6.7.1 Problemi con le cerniere . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1356.7.2 Altri tipi di vincolo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 148

    7 Statica delle strutture di corpi rigidi 1557.1 Concetto di struttura e calcolo dei gradi di liberta` . . . . . . . . . . . . . . . . . 155

    7.1.1 Strutture e macchine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1557.1.2 Vincoli interni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1577.1.3 Gradi di liberta` complessivi di una struttura . . . . . . . . . . . . . . . . 157

    7.2 Impostazione di un problema di statica delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . 1587.2.1 Condizione di equilibrio per una struttura . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1587.2.2 Considerazioni sulle condizioni di equilibrio: metodo generale di soluzione 159

    7.3 Scrittura del sistema risolvente e discussione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1617.3.1 Schema di corpo libero preliminare per una struttura . . . . . . . . . . . . 1617.3.2 Forma del sistema risolvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 162

    7.4 Classificazione dei problemi di statica delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . 1637.4.1 Analisi del sistema risolvente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1647.4.2 Problemi isostatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1647.4.3 Problemi labili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1657.4.4 Problemi iperstatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 166

    7.5 Particolarita` dei problemi isostatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1677.5.1 Problemi isostatici in relazione al carico applicato . . . . . . . . . . . . . . 1677.5.2 Strutture intrinsecamente isostatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1707.5.3 Riconoscimento di strutture intrinsecamente isostatiche . . . . . . . . . . 171

    7.6 Alcune particolarita` di problemi non isostatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1727.6.1 Arco a tre cerniere allineate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1727.6.2 Problemi iperstatici particolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1757.6.3 Errori di montaggio sulle strutture isostatiche . . . . . . . . . . . . . . . . 177

    7.7 Il montaggio di alberi di trasmissione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1777.8 Esempi di strutture e loro classificazione statica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1797.9 Considerazioni generali sulla statica delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . 183

    8 Problemi di statica delle strutture 185

    ix

  • INDICE

    8.1 Strutture piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1858.2 Strutture reticolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 190

    8.2.1 Arco a tre cerniere reticolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1918.2.2 Strutture reticolari piu` complesse: metodo dei nodi e delle sezioni . . . . 194

    8.3 Strutture parzialmente o approssimativamente reticolari . . . . . . . . . . . . . . 1998.4 Classificazione delle strutture reticolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2038.5 Strutture reticolari nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 206

    9 Il modello di trave e le caratteristiche di sollecitazione 2099.1 Modelli geometrici degli elementi strutturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2099.2 Solidi tri-dimensionali e bi-dimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 210

    9.2.1 Solidi bi-dimensionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2109.2.2 Lastre o membrane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2129.2.3 Piastre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2129.2.4 Gusci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 212

    9.3 I solidi mono-dimensionali: le travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2139.4 Modello matematico di trave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215

    9.4.1 Travi a sezione costante o uniforme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2179.4.2 Travi a sezione variabile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2189.4.3 Classificazione delle travi in base alla forma dellasse . . . . . . . . . . . . 219

    9.5 Sistema di riferimento locale della trave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2199.6 Caratteristiche di sollecitazione per le travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 221

    9.6.1 Azioni statiche trasmesse dalle sezioni di una trave e loro natura . . . . . 2219.6.2 La definizione delle caratteristiche di sollecitazione . . . . . . . . . . . . . 2259.6.3 Procedimento di calcolo delle caratteristiche di sollecitazione . . . . . . . 227

    9.7 Effetti prodotti dalle caratteristiche di sollecitazione . . . . . . . . . . . . . . . . 2299.7.1 Effetto della forza normale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2309.7.2 Effetto della forza di taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2319.7.3 Effetto del momento torcente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2319.7.4 Effetto del momento flettente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 232

    9.8 Problemi piani di travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2339.9 Problemi tridimensionali di travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 240

    10 I diagrammi delle caratteristiche 24310.1 Sezioni potenzialmente critiche e diagrammi delle caratteristiche . . . . . . . . . 24310.2 Diagrammi delle caratteristiche nei casi piani: carichi concentrati . . . . . . . . . 244

    10.2.1 Esempi elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 24410.2.2 Asse ramificato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25010.2.3 Carico di momento concentrato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 252

    10.3 Diagrammi con carichi concentrati: problemi proposti . . . . . . . . . . . . . . . 25310.4 Diagrammi delle caratteristiche nei casi piani: carichi distribuiti . . . . . . . . . . 25810.5 Relazioni differenziali tra le caratteristiche e il carico . . . . . . . . . . . . . . . . 263

    10.5.1 Carico generico sul concio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26310.5.2 Equazioni indefinite di equilibrio per il concio con asse rettilineo piano . . 264

    10.6 Considerazioni sulle equazioni indefinite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26610.7 Applicazione delle equazioni indefinite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 268

    10.7.1 Espressioni analitiche delle caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26810.7.2 Determinazione delle caratteristiche di sollecitazione per via analitica . . . 273

    10.8 Diagrammi delle caratteristiche nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27410.9 Travi piane con asse curvo (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 281

    x

  • INDICE

    10.9.1 Equazioni di equilibrio per lasse curvo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28110.9.2 Esempi di travi con asse curvo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28310.9.3 Travi curve nelle applicazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 285

    11 Statica dei corpi deformabili 28911.1 La deformabilita` delle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28911.2 Effetti prodotti dalla variabilita` temporale dei carichi . . . . . . . . . . . . . . . . 29211.3 Soluzione dinamica per carichi a regime costanti (*) . . . . . . . . . . . . . . . . 292

    11.3.1 Effetto delle forze dissipative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29611.3.2 Sistemi con piu` gradi di liberta` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29611.3.3 Come considerare gli effetti dinamici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297

    11.4 Soluzione dinamica per carichi continuamente variabili nel tempo (*) . . . . . . . 29811.5 Effetti prodotti dal cambiamento della geometria sotto carico . . . . . . . . . . . 300

    11.5.1 Tutti i problemi sono del secondo tipo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30011.5.2 Soluzione approssimata per problemi del secondo tipo . . . . . . . . . . . 30311.5.3 Ipotesi dei piccoli spostamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 30611.5.4 Quando le distorsioni possono essere considerate piccole? . . . . . . . . . 308

    11.6 Meccanica dei corpi poco deformabili sotto carichi quasi statici . . . . . . . . . . 309

    II Meccanica dei solidi 317

    12 Lo stato di tensione 31912.1 Cosa misura la tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 319

    12.1.1 La natura fisica della tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31912.1.2 Le principali ipotesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 320

    12.2 Il vettore tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32112.2.1 Condizione di riferimento e condizione sollecitata . . . . . . . . . . . . . . 32112.2.2 Definizione di vettore tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32712.2.3 Le azioni di momento e i materiali semplici . . . . . . . . . . . . . . . . . 32812.2.4 Componenti locali del vettore tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 32912.2.5 Natura ed effetti delle componenti locali del vettore tensione . . . . . . . 332

    12.3 Il modello matematico dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33412.3.1 Lo stato di tensione non e` una grandezza vettoriale . . . . . . . . . . . . . 33412.3.2 Il parallelepipedo elementare e il suo schema di corpo libero . . . . . . . 33512.3.3 Componenti dei vettori tensione: matrice di Cauchy . . . . . . . . . . . . 33612.3.4 Il tetraedro di Cauchy e le condizioni di equilibrio . . . . . . . . . . . . . 34112.3.5 Le caratteristiche del vettore tensione ottenute dalla matrice di Cauchy . 345

    12.4 Le proprieta` tensoriali dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34712.4.1 Lo stato di tensione per un parallelepipedo ruotato . . . . . . . . . . . . . 34712.4.2 Legge di trasformazione per rotazione e definizione di tensore . . . . . . . 35112.4.3 Lo studio delle proprieta` di una grandezza tensoriale . . . . . . . . . . . . 35412.4.4 Simboli nomi e convenzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 355

    12.5 Altri modi di rappresentare i tensori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35712.5.1 Il tensore di Cauchy in coordinate non cartesiane . . . . . . . . . . . . . . 35712.5.2 Notazione tensoriale con indici (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 359

    13 Proprieta` dello stato di tensione 36313.1 Lo studio degli autovalori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363

    13.1.1 La ricerca degli invarianti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363

    xi

  • INDICE

    13.1.2 La soluzione algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36413.1.3 Tre autovalori distinti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36613.1.4 Due soli autovalori coincidenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36913.1.5 Tre autovalori coincidenti e stato di tensione idrostatico . . . . . . . . . . 370

    13.2 Classificazione dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37213.3 Rappresentazione di Mohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 374

    13.3.1 Tensione monoassiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37413.3.2 Tensione biassiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37713.3.3 Tensione triassiale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 381

    13.4 Analisi degli stati di tensione con la rappresentazione di Mohr . . . . . . . . . . . 38513.5 Altre rappresentazioni e proprieta` dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . 389

    13.5.1 Rappresentazione di Haigh-Westergaard . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38913.5.2 Decomposizione dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 390

    13.6 Equazioni indefinite di equilibrio dellelemento solido elementare . . . . . . . . . 393

    14 La deformazione 39714.1 Necessita` dellanalisi deformativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39714.2 Il campo di spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40014.3 Le componenti del campo di spostamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 400

    14.3.1 Proprieta` di regolarita` del campo di spostamento . . . . . . . . . . . . . . 40314.3.2 Un esempio monodimensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 404

    14.4 Trasformazioni affini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40714.4.1 Definizione di trasformazione affine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40714.4.2 Proprieta` delle trasformazioni affini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 409

    14.5 Definizione di deformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41214.5.1 Le componenti della deformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41214.5.2 Significato delle deformazioni e loro limiti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41614.5.3 La matrice delle deformazioni D dedotta dalla matrice A (*) . . . . . . . 421

    14.6 Tensore delle piccole deformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42414.6.1 Decomposizione dalla matrice A . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42414.6.2 Rotazioni rigide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42614.6.3 Tensori di rotazione e di deformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 429

    14.7 Trasformazioni non affini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43314.8 Problema inverso e equazioni di congruenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 437

    14.8.1 Il problema inverso (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43714.8.2 Equazioni di congruenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 440

    15 Analisi di corpi deformati 44315.1 Applicazioni delle piccole deformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443

    15.1.1 Deformazioni e direzioni principali dello stato di deformazione . . . . . . 44415.1.2 Deformazioni di volume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44615.1.3 Deformazioni di linee . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 44915.1.4 Deformazione di superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 453

    15.2 Deformazione di un elemento che subisce un incurvamento . . . . . . . . . . . . . 45615.3 Conservazione delle sezioni piane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46015.4 Trasformazioni deformative intense (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463

    15.4.1 Grandi spostamenti e piccole deformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46415.4.2 Grandi deformazioni e piccoli spostamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 46515.4.3 Grandi spostamenti e grandi deformazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . 467

    xii

  • INDICE

    16 La legge costitutiva 46916.1 Il lavoro delle forze agenti su corpi deformabili discreti . . . . . . . . . . . . . . . 469

    16.1.1 Lavoro delle forze esterne e lavoro delle forze interne . . . . . . . . . . . . 46916.1.2 Lavori fatti da forze interne dissipative e conservative in sistemi discreti . 471

    16.2 Forze interne sui continui deformabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47616.2.1 Lavoro virtuale fatto delle tensioni sul parallelepipedo elementare . . . . . 47616.2.2 Densita` volumica del lavoro virtuale fatto delle tensioni . . . . . . . . . . 47916.2.3 Densita` del lavoro fatto dalle tensioni in una trasformazione finita . . . . 481

    16.3 Lavoro complessivo fatto dalle forze per deformare un corpo esteso . . . . . . . . 48416.3.1 Lavoro fatto dalle tensioni e lavoro fatto delle forze esterne . . . . . . . . 48416.3.2 Considerazioni termodinamiche relative al lavoro fatto dalle tensioni . . . 487

    16.4 Il materiale omogeneo isotropo elastico lineare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48916.4.1 Materiali costitutivamente omogenei . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48916.4.2 Materiali isotropi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49016.4.3 Materiali elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49116.4.4 Materiali elastici lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 496

    16.5 Equazione costitutiva per un materiale elastico lineare . . . . . . . . . . . . . . . 49716.5.1 Tensori di rigidezza e di deformabilita` e loro rappresentazione matriciale . 49716.5.2 Densita` del lavoro fatto dalle tensioni e densita` di energia elastica . . . . 49916.5.3 Limiti di natura termodinamica ai valori delle costanti elastiche . . . . . . 503

    16.6 La sovrapposizione degli effetti nella meccanica dei corpi elastici . . . . . . . . . 504

    17 Il materiale elastico lineare omogeneo isotropo 50917.1 La legge di Hooke per il materiale elastico lineare omogeneo e isotropo . . . . . . 509

    17.1.1 Leffetto dellisotropia sulle matrici elastiche . . . . . . . . . . . . . . . . . 50917.1.2 La prova di trazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51217.1.3 Misure nella prova di trazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51617.1.4 Costanti elastiche principali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51717.1.5 La legge di Hooke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 520

    17.2 Densita` di energia e interpretazione delle costanti elastiche . . . . . . . . . . . . . 52417.2.1 Matrici di deformabilita` e di rigidezza e densita` di energia elastica . . . . 52417.2.2 Limiti delle costanti elastiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52617.2.3 Costanti elastiche nei materiali comuni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 527

    17.3 Soluzione generale del problema elastico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52917.4 Altre espressioni della legge di Hooke (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53517.5 Giustificazione delleffetto Poisson per un modello elementare di reticolo (*) . . . 53717.6 True stress vs engineering stress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 540

    18 Proprieta` di resistenza e verifiche 54318.1 Determinazione della resistenza allo snervamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . 543

    18.1.1 Completamento della prova di trazione fino a rottura . . . . . . . . . . . . 54318.1.2 Tensione di snervamento e tensione ammissibile per lo snervamento . . . . 545

    18.2 Altre proprieta` di resistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 54918.3 Lo snervamento in condizioni non monoassiali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55218.4 Lo snervamento secondo Tresca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 556

    18.4.1 Il criterio di snervamento di Tresca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 55618.4.2 La tensione equivalente secondo Tresca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 558

    18.5 Lo snervamento secondo von Mises . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56118.5.1 Il criterio di snervamento di von Mises . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56118.5.2 La tensione equivalente secondo von Mises . . . . . . . . . . . . . . . . . . 562

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  • INDICE

    18.6 Confronto tra i criteri di snervamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 56418.7 La verifica di resistenza e il coefficiente di sicurezza . . . . . . . . . . . . . . . . . 568

    III Meccanica degli elementi monodimensionali 573

    19 Trave soggetta a forza normale 57519.1 Il principio di De Saint Venant . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57519.2 La trave soggetta a forza normale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57719.3 Estensioni ed esempi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 582

    19.3.1 Zone di estinzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58219.3.2 Sezioni gradualmente variabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 58519.3.3 Carichi applicati lungo lasse della trave . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 587

    19.4 Problemi iperstatici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59019.4.1 Il metodo delle forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 59019.4.2 Metodo degli spostamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 594

    19.5 Problemi proposti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 597

    20 Trave soggetta a flessione 60120.1 Lesperimento della flessione retta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60120.2 La formula base della flessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60420.3 Considerazioni sulla formula di Navier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 608

    20.3.1 Verifiche di resistenza in flessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60820.3.2 Verifiche di rigidezza in flessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61120.3.3 Sezione di forma ottimale per la flessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61520.3.4 Considerazioni generali sulla verifica a flessione di travi . . . . . . . . . . 617

    20.4 Analisi della deformazione complessiva di una trave inflessa . . . . . . . . . . . . 62220.5 Flessione retta e flessione deviata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 624

    20.5.1 Momento flettente nella direzione principale y . . . . . . . . . . . . . . . . 62520.5.2 Applicazione di entrambi i momenti flettenti . . . . . . . . . . . . . . . . . 626

    20.6 Carico normale eccentrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63320.6.1 Campo tensionale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63420.6.2 Reciprocita` e nocciolo centrale dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 636

    21 Trave soggetta a torsione 64121.1 Torsione di tubo circolare di piccolo spessore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 641

    21.1.1 Definizione della geometria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64221.1.2 Deduzione dello stato di tensione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64321.1.3 Deformazione del tubo sottile in torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 64921.1.4 Energia elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 652

    21.2 Trave assialsimmetrica in torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65521.2.1 Barra cilindrica piena . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65521.2.2 Tubo cilindrico in torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 656

    21.3 Considerazioni sulla torsione di un elemento assialsimmetrico . . . . . . . . . . . 65821.4 Torsione per una sezione generica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 661

    21.4.1 Il problema generale della torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66121.4.2 La soluzione per analogia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 663

    21.5 Torsione per una sezione rettangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66521.5.1 Soluzione approssimata generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66521.5.2 Casi asintotici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 668

    xiv

  • INDICE

    21.6 Torsione di travi riconducibili al caso della sezione rettangolare . . . . . . . . . . 66921.6.1 Travi a parte sottile non rettilinea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 66921.6.2 Travi composte di parti rettangolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 670

    21.7 Travi tubolari non circolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67221.7.1 Teoria di Bredt per la resistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67321.7.2 Stima di Bredt della rigidezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 677

    21.8 Applicazioni dellanalogia della membrana alle sezioni in parete sottile . . . . . . 68121.8.1 Sezioni tubolari i parete sottile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 68121.8.2 Sezioni aperte in parete sottile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 683

    21.9 Effetti locali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 686

    22 Trave soggetta a taglio 69322.1 La prova di taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69322.2 La sezione rettangolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69522.3 La teoria approssimata del taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 701

    22.3.1 Sezione circolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70122.3.2 Sezione circolare tubolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 704

    22.4 La teoria approssimata del taglio per le sezioni in parete sottile . . . . . . . . . . 70622.4.1 Taglio per una sezione a doppio T . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 70622.4.2 Soluzione semplificata per la sezione a doppio T . . . . . . . . . . . . . . 70922.4.3 Altre sezioni profilate simmetriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 711

    22.5 Leffetto deformativo dovuto al taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71322.5.1 Analisi della deformazione dovuta al taglio . . . . . . . . . . . . . . . . . 71322.5.2 Rigidezza a taglio della sezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71622.5.3 Quantificazione degli effetti deformativi dovuti al taglio . . . . . . . . . . 718

    22.6 Comportamento a taglio di sezioni non simmetriche (*) . . . . . . . . . . . . . . 719

    23 Verifica di resistenza delle travi 72523.1 Procedimento generale di verifica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72523.2 Taglio e flessione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 727

    23.2.1 Sezioni di forma solida . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72723.2.2 Sezioni a parete sottile . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 730

    23.3 Taglio e Torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73223.3.1 Sezioni tubolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73223.3.2 Sezioni aperte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 733

    23.4 Flessione e torsione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73423.5 Tutte le caratteristiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 735

    24 Rigidezza delle travi 73724.1 Spostamenti e deformazioni nelle travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 73724.2 Equazione della linea elastica per spostamenti assiali . . . . . . . . . . . . . . . . 73824.3 Equazione della linea elastica per spostamenti trasversali . . . . . . . . . . . . . . 74224.4 Altre applicazioni della linea elastica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75124.5 Il teorema di Castigliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75724.6 Applicazioni del teorema di Castigliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76124.7 Generalizzazione del teorema di Castigliano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76624.8 Lintegrale di Mohr . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76824.9 Lintegrale di Mohr come applicazione del principio dei lavori virtuali . . . . . . . 77224.10Il teorema di Betti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 77424.11Applicazioni dellintegrale di Mohr e del teorema di Betti . . . . . . . . . . . . . 778

    xv

  • INDICE

    25 Travature iperstatiche 78325.1 Generalizzazione del metodo delle forze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78325.2 Equazioni di Muller-Breslau . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 78425.3 Calcoli di deformabilita` per strutture iperstatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79425.4 Iperstatiche interne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79625.5 Errori di montaggio, forzamenti e tolleranze geometriche . . . . . . . . . . . . . . 80025.6 Esempi di strutture iperstatiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 811

    26 Stabilita` 81926.1 Concetti elementari sulla stabilita` dellequilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 819

    26.1.1 Definizione I: effetto della variazione di configurazione di equilibrio . . . . 82126.1.2 Definizione II: effetto di un carico secondario . . . . . . . . . . . . . . . . 82226.1.3 Definizione III: lavoro fatto dalle forze perturbanti . . . . . . . . . . . . . 82426.1.4 Definizione IV: bilancio energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 824

    26.2 Campi di forza non uniformi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 82626.3 Stabilita` di sistemi rigidi con vincoli elastici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 830

    26.3.1 Soluzione con il metodo statico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83126.3.2 Soluzione con metodo energetico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83426.3.3 Soluzione con modello linearizzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83526.3.4 Considerazioni riassuntive . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 836

    26.4 Stabilita` di sistemi rigidi con piu` gradi di liberta` . . . . . . . . . . . . . . . . . . 83826.5 Il problema di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 841

    26.5.1 Soluzione approssimata con modello discreto . . . . . . . . . . . . . . . . 84226.5.2 Soluzione con il modello continuo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 84326.5.3 Considerazioni sul problema di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 847

    26.6 Verifiche di stabilita` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85326.6.1 Linstabilita` nelle strutture . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85326.6.2 La verifica delle travi compresse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85526.6.3 Considerazioni sulla tridimensionalita` . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 856

    26.7 Effetto dei carichi trasversali (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86026.8 Metodi approssimati per la determinazione del carico critico (*) . . . . . . . . . . 862

    IV Appendici 871

    A Sistemi di riferimento e quantita` vettoriali e tensoriali 873A.1 Sistemi cartesiani ortonormali destrorsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 873A.2 Rappresentazione dei vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 875A.3 Operazioni con i vettori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 876

    A.3.1 Somma algebrica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 876A.3.2 Prodotto scalare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 877A.3.3 Prodotto vettoriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 878A.3.4 Prodotto misto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 879

    A.4 Versori e coseni direttori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 880A.5 Sistemi di riferimento ruotati: matrice di trasformazione . . . . . . . . . . . . . . 881A.6 Proprieta` della matrice di trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 882A.7 Legge di trasformazione dei vettori per rotazione degli assi . . . . . . . . . . . . . 883A.8 I tensori e la loro legge di trasformazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 885A.9 Invarianti e autovalori di un tensore simmetrico a componenti reali . . . . . . . . 887A.10 Coordinate non cartesiane . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 888

    xvi

  • INDICE

    A.10.1 Coordinate cilindriche e coordinate curvilinee ortogonali . . . . . . . . . . 888A.10.2 Coordinate sferiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 891

    B Regole pratiche per il calcolo numerico 895B.1 Limportanza delle valutazioni numeriche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 895B.2 Precisione, numero di cifre significative e arrotondamenti . . . . . . . . . . . . . . 896B.3 Scelta della precisione opportuna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 897

    C Applicazioni del principio dei lavori virtuali 901C.1 Il principio dei lavori virtuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 901C.2 Equivalenza del P.L.V. con le equazioni cardinali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 903C.3 Soluzione di problemi di Meccanica con il P.L.V. . . . . . . . . . . . . . . . . . . 905C.4 Efficacia del P.L.V. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 909

    D Proprieta` geometriche delle sezioni 911D.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 911D.2 Momenti statici e baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 913

    D.2.1 Definizione di momento statico e sue proprieta` . . . . . . . . . . . . . . . 913D.2.2 Effetto del cambiamento del sistema di riferimento . . . . . . . . . . . . . 914D.2.3 Definizione di baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 915

    D.3 Proprieta` del baricentro e calcolo del momento statico di figure complesse . . . . 916D.3.1 Alcune proprieta` del baricentro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 916D.3.2 Baricentro di figure composte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 919

    D.4 Momenti dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 921D.4.1 Definizioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 921D.4.2 Principali proprieta` dei momenti dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . 922

    D.5 Variazione dei momenti dinerzia per traslazione del sistema di riferimento . . . . 924D.6 Variazione delle proprieta` dinerzia per rotazione del sistema di riferimento . . . 926

    D.6.1 Formule di rotazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 926D.6.2 Proprieta` tensoriali dei momenti dinerzia: momenti principali e assi

    principali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 928D.6.3 Determinazione delle proprieta` centrali principali dinerzia . . . . . . . . . 930

    D.7 Raggi dinerzia ed ellisse centrale dinerzia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 933D.8 Caratteristiche dinerzia di figure complesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 935D.9 Proprieta` di alcune figure elementari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 937

    E Proprieta` differenziali di linee e superfici 941E.1 Definizione e descrizione analitica di una linea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 941

    E.1.1 Linee regolari nello spazio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 941E.1.2 Versore tangente e retta tangente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 942

    E.2 Approssimazione al secondo ordine delle linee piane . . . . . . . . . . . . . . . . . 945E.2.1 Cerchio osculatore e curvatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 945E.2.2 Il calcolo della curvatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 946E.2.3 Calcolo della curvatura con parametrizzazione cartesiana . . . . . . . . . 948E.2.4 Calcolo approssimato della curvatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 950E.2.5 La curvatura con segno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 951

    E.3 Curvatura per una linea nello spazio (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 952E.4 Superfici regolari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 952

    E.4.1 Notazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 952E.4.2 Versore normale e piano tangente alla superficie . . . . . . . . . . . . . . . 953

    xvii

  • INDICE

    E.5 Approssimazione delle superfici al secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . 955E.5.1 Scostamento della superficie dal piano tangente . . . . . . . . . . . . . . . 955E.5.2 Curvature normali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 955E.5.3 Curvatura svergolante o svergolamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 957E.5.4 Il tensore di curvatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 959E.5.5 Classificazione locale delle superfici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 960E.5.6 Valori esatti delle curvature per superfici con parametrizzazione cartesiana

    (*) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 961E.6 Superfici di rivoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 962

    E.6.1 Definizioni generali e sistema di riferimento locale . . . . . . . . . . . . . . 962E.6.2 Curvature delle superfici di rivoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 963E.6.3 Relazioni tra quantita` angolari e ascisse curvilinee per le superfici di

    rivoluzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 966

    Glossario delle keywords 969

    xviii

  • Parte I

    Statica delle strutture

    1

  • Capitolo 1

    La forza

    Questo capitolo e` dedicato allesame di una delle grandezze fondamentali della Meccanica:la forza. La forza e` una grandezza ben nota e si suppone che il lettore ritrovi le nozioni appresenei precedenti studi di Fisica. Questo capitolo ha quindi lo scopo di:

    discutere la definizione e la proprieta` fondamentali della forza e di alcune altre grandezzefondamentali associate,

    presentare gli strumenti matematici adatti a trattare la forza quantitativamente attraverso lesame di esempi elementari cominciare a sviluppare metodi di analisi e disoluzione dei problemi piu` interessanti che saranno affrontati nel seguito.

    Se i contenuti dei primi capitoli del testo sembrano elementari, e` opportuno considerare chei fondamenti fisici della disciplina devono essere noti con la massima chiarezza per evitare che isuccessivi concetti e procedimenti di calcolo, inevitabilmente piu` complessi, appaiano astratti epoco giustificabili. Al lettore che giustamente vuole entrare quanto prima nellambito specificodelle costruzioni meccaniche chiedo quindi di avere un po di pazienza e di assecondare il miotentativo di presentare la disciplina come una particolare branca della fisica piu` che una appli-cazione della matematica applicata. Sono sicuro che questo sforzo sara` ampiamente ripagatocon lacquisizione di competenze di interpretazione e di modellazione che sono professionalmentemolto piu` utili di quelle di analisi o di calcolo. Se il tentativo riesce, anche le capacita` di analisie di calcolo saranno acquisite in modo naturale.

    1.1 Primo e secondo principio e definizione dinamica di forza

    La forza (force) e` una delle grandezze fondamentali nella Meccanica classica. Se la forzasi associa alla sensazione fisiologica avvertibile quando si cerca di modificare il movimentoo la forma di un oggetto, possiamo senza dubbio affermare che luomo ne ha acquisito unaconoscenza empirica ancora prima di essere considerato homo sapiens. Per la Fisica tuttavia,una grandezza e` tale solo se e` definita in modo operativo ovvero si ottiene alla fine di unprocedimento (convenzionalmente definito e universalmente accettato) che produce un valorenumerico. La definizione si identifica pertanto con la misurazione della grandezza fisica. Inquesto senso, per la forza sono state proposte due definizioni operative basate su diversi effettiche la forza produce sui corpi: la definizione dinamica e la definizione statica.

    Nellambito del corso la nozione di operativita` sara` piu` volte richiamata allo scopo di so-stanziare il significato fisico delle varie grandezze che saranno introdotte e usate. Purtropponon sara` mai praticamente possibile sviluppare effettivamente la procedura sperimentale, anchese cio` sarebbe molto istruttivo. In molti casi ricorreremo alla descrizione di esperimenti che

    3

  • 1. LA FORZA

    potrebbero essere effettivamente eseguiti e solo in rari casi dovremo fare riferimento a esperi-menti ideali ovvero realizzabili con strumenti e procedure di elevata sofisticazione. In ogni caso,per lintero corso loperativita` si manifestera` in pratica nella possibilita` di calcolare (almeno) legrandezze di interesse, partendo da altre la cui definizione e` fortemente ancorata allesperimentoe alla misura.

    Dai corsi di Fisica o di Meccanica Teorica, supponiamo note le grandezze fondamentali dilunghezza (lenght), di tempo (time) assoluto e di massa (mass), assumendo la possibi-lita` di eseguire le relative misure con la precisione necessaria, rispettivamente tramite: metriidealmente indeformabili, cronometri e bilance a piattelli. Con le nozioni di lunghezza (o di-stanza) e di tempo si possono definire le quantita` cinematiche del moto (traiettoria, velocita`,accelerazione, legge oraria, ecc. . . ). A stretto rigore, le grandezze cinematiche fondamentalidel movimento, ovvero velocita` e accelerazione, richiedono il riposto concetto matematico dilimite (per t 0) sulla cui operativita` si potrebbero sollevare vari dubbi, ma che non sarannoqui discussi. Consideriamo acquisite anche le nozioni di punto materiale (particle) ovverodel corpo fisico piu` elementare (su questultimo concetto torneremo peraltro nel seguito) e diosservatore inerziale ovvero solidale alle stelle fisse, oppure in moto traslatorio rettilineo uni-forme rispetto a queste. Per i fenomeni trattati nel presente corso, un osservatore solidale conla superficie della Terra puo` essere considerato inerziale con sufficiente approssimazione.

    Secondo la Meccanica classica:

    il moto rettilineo uniforme rappresenta la condizione cinematica naturale per unpunto materiale esaminato da un osservatore inerziale

    come caso particolare il punto materiale puo` stare fermo. Questo assunto, che si fa risalire aGalileo Galilei (1564-1642), e` noto anche come principio dinerzia o primo principio delladinamica.

    Come conseguenza del primo principio, se un osservatore inerziale rileva una modifica nelmoto rettilineo uniforme di un punto materiale avente massa m, concludera` che, in quel precisoistante, qualche agente perturbante sta intervenendo sul punto stesso ed esprimera` questo fattoaffermando che sul punto e` applicata, oppure agisce, una forza. Dato che laccelerazione ~a e` unamisura completa della variazione nel tempo della velocita`, la forza puo` essere quindi definitadalla relazione:

    ~F = m~a (1.1)

    La relazione (1.1) e` lespressione simbolica del secondo principio della dinamica ed e`attribuita a Isaac Newton (1643-1727):

    una forza che agisce su un punto materiale produce su di esso una accelerazioneproporzionale alla forza stessa e inversamente proporzionale alla massa del punto.

    La relazione (1.1) e` a tutti gli effetti una definizione operativa della forza perche massa e ac-celerazione possono essere misurate, la prima con una bilancia a piattelli e la seconda, almenoidealmente, tramite rilievi di spazio e di tempo, e da queste quantita` la forza puo` essere calco-lata. Piu` correttamente, la relazione (1.1) e` la definizione dinamica di forza, dato che richiedela misura di proprieta` del moto del punto materiale.

    Nella soluzione dei problemi di meccanica spesso la relazione (1.1) e` utilizzata in sensoinverso rispetto a quanto sopra riportato. Infatti, se la forza agente sul punto e` nota (sulla basedi altre considerazioni che vedremo), conoscendo la massa del punto, la relazione (1.1) permettedi valutare laccelerazione e da questa, per integrazione, il moto del punto materiale. Quandola forza esercitata sul punto e` nota in ogni istante, la relazione (1.1) e` quindi da interpretarsicome una equazione differenziale la cui soluzione e` la posizione del punto in funzione del tempo.

    Dalla definizione dinamica, si deduce che:

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  • 1.1. PRIMO E SECONDO PRINCIPIO E DEFINIZIONE DINAMICA DI FORZA

    la forza e` una grandezza vettoriale (come laccelerazione) e pertanto e` rappresentata nelcaso generale tridimensionale da tre grandezze scalari indipendenti, solitamente le suecomponenti in un sistema cartesiano;

    considerando un punto di massa unitaria (1 kg) soggetto a una accelerazione unitaria(1m/s2), la forza su di esso agente ha intensita` unitaria.

    Lunita` di misura della forza nel Sistema Internazionale (SI) e` il newton (N) che rappre-senta lintensita` della forza necessaria per imprimere accelerazione unitaria (1m/s2) a un puntomateriale di massa unitaria (1 kg). Nella tecnica, si incontrano altre unita` di misura della forza(nel mondo anglosassone per esempio e` ancora usata la libbra (pound) con simbolo lb), tut-tavia, nel seguito useremo esclusivamente il newton (o i suoi multipli) in conformita` alle normeEuropee sulle costruzioni meccaniche che prescrivono luso del Sistema Internazionale. In alcunitesti o manuali di Ingegneria, in particolare quelli datati, si puo` trovare anche il kgpeso che puo`essere presentato come lunita` di forza del sistema cos` detto tecnico o degli ingegneri. Per varimotivi, di tipo sostanzialmente pratico, si consiglia di evitare queste unita`, convertendole nel SI(1 kgpeso = 9.81N, 1 lb = 4.448N).

    Una delle forze di cui piu` comunemente si ha esperienza diretta e` rappresentata dal pe-so (weight). Il peso di un punto materiale puo` essere misurato applicando la definizionedinamica di forza. Se lasciamo libero un punto materiale nei pressi della superficie terrestreeliminando tutte le altre forme di disturbo (materializzate da contatti con altri corpi solidi ofluidi), si verifica sperimentalmente che, indipendentemente dalla sua massa e dal suo moto, ilpunto si muove con unaccelerazione costante e questa, con buona approssimazione, ha semprela direzione del filo a piombo, punta verso il terreno e la sua intensita` e` pari a g = 9.81m/s2

    (accelerazione di gravita`). Da questa osservazione e dalla definizione dinamica, ricaviamo che suun oggetto di massa m posto nei pressi della superficie terrestre agisce sempre una forza aventemodulo pari a:

    P = mg

    con direzione e verso uguali allaccelerazione di gravita`. Poiche si verifica che in uno dato luogolaccelerazione di gravita` e` la stessa per tutti i corpi, si conclude che il peso e` proporzionale allamassa.

    Esempio 1.1: Forze su un paracadutista

    Un paracadutista avente massa di 80 kg si lancia da un elicottero fermo. Durante i primiistanti della caduta il suo moto risulta uniformemente accelerato verso il suolo con unaaccelerazione di circa 9.81m/s2. Nellultima fase del volo, dopo lapertura del paracadute,la sua velocita` risulta praticamente costante e pari a 5m/s. Trascurando il peso delparacadute, quanto valgono le forze agenti sul paracadutista nei due istanti considerati?

    Nella prima fase del lancio il paracadutista si muove con una accelerazione diretta versoil basso pari a g, su di esso agisce quindi la sola forza peso che vale in modulo

    P = 80 9.81 = 784.8N

    verticale diretta verso il basso. Alla fine del volo, il paracadutista si muove di moto retti-lineo uniforme, pertanto considerato come punto materiale, non e` soggetto ad alcuna for-za. Analizzando piu` accuratamente il fenomeno, potremmo affermare che il paracadutistasubisce leffetto combinato di due forze:

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  • 1. LA FORZA

    il peso, che, se agisse da solo, lo accelererebbe verso il basso la forza di resistenza aerodinamica dellaria (esaltata dalla forma del paracadute) cheagisce verso lalto.

    Levidenza sperimentale, che mostra la costanza della velocita` di caduta, permette di af-fermare che le due forze si compensano esattamente, in quanto il loro effetto complessivoproduce una accelerazione nulla. La determinazione delle forze trasmesse dalle varie funidel paracadute oppure dallimbracatura sulle varie parti anatomiche del paracadutista nonpuo` essere effettuata con il modello di punto materiale. Lanalisi di questi aspetti richiededi costruire per il paracadutista un modello meccanico piu` complesso, costituito di parti traloro connesse, in modo da discriminare le azioni agenti su ognuna di esse. La scomposizionedei sistemi meccanici in parti allo scopo di evidenziare la natura e lentita` delle forze agenti,rappresenta lo schema concettuale tipico delle analisi che saranno sviluppate nel corso.

    1.2 La natura fisica delle forze e il terzo principio

    Negli ultimi quattro secoli, osservando i molteplici fenomeni naturali, i fisici hanno identi-ficato gli agenti perturbanti in grado di esercitare forze. Uno dei risultati piu` significativi diqueste analisi consiste nella constatazione che le forze si manifestano sempre come una intera-zione tra corpi. Inoltre, in tutti gli esperimenti condotti, sono state (finora) individuate soloquattro cause fisiche allorigine delle forze. In altri termini, quando un osservatore inerzialerileva che su un punto materiale agisce una forza, egli deve concludere che tra il punto in esamee qualche altro punto dellUniverso si sta manifestando una (almeno) delle seguenti interazioni:

    gravitazionale elettromagnetica debole fortePer esemplificare le fondamentali conseguenze di questo fatto, e` conveniente considerare

    linterazione tra due soli punti materiali, che rappresenta la situazione concettualmente piu`semplice. Purtroppo, per quanto tale fenomeno sia il piu` facile da analizzare, lesperimentoche lo evidenzia non e` altrettanto facile da eseguirsi a causa della difficolta` (si dovrebbe direlimpossibilita`) di isolare i due punti dalle interazioni con il resto dellUniverso. Lesame diquesto caso elementare e` pero` molto istruttivo perche, come vedremo, una interazione comunquecomplessa puo` sempre essere ricondotta a un insieme di interazioni elementari tra (generalmentemolte, talvolta anche infinite) coppie di punti. Anche dal punto di vista semantico, il termineinterazione prefigura una influenza reciproca, quindi affermare che due punti interagisconofisicamente implica che il primo punto esercita una forza sul secondo e il secondo sul primo.Questa conclusione viene formalizzata nel principio di azione e reazione, o terzo principiodella dinamica generalmente formulato come segue:

    a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.

    Il terzo principio sara` applicato sistematicamente nelle future analisi e impiegato nella so-luzione di tutti i problemi del corso, pertanto la sua comprensione e` basilare. Per illustrare

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  • 1.2. LA NATURA FISICA DELLE FORZE E IL TERZO PRINCIPIO

    il significato e le implicazioni del terzo principio e il modo in cui usarlo efficacemente nella-nalisi di situazioni fisiche, nei prossimi paragrafi sono discussi alcuni esempi di interazioni ditipo gravitazionale ed elettromagnetico. Le interazioni debole e forte saranno ignorate perchesignificative solo su scala sub-atomica e quindi prive di effetti diretti sui fenomeni meccanicimacroscopici di nostro interesse.

    1.2.1 Linterazione gravitazionale e il peso proprio

    Linterazione gravitazionale e` descritta dalla legge di gravitazione universale, anchessa do-vuta a Isaac Newton. Come illustrato nella figura 1.1, due punti materiali A e B, per il solofatto di avere massa, esercitano una attrazione reciproca con forze che agiscono lungo la rettaAB, ognuna delle forze ha intensita` proporzionale al prodotto delle masse e inversamente pro-porzionale al quadrato della distanza AB. Linterpretazione di tale fenomeno alla luce del terzoprincipio della dinamica in questo caso e` evidente: il punto A attrae a se il punto B con unaforza che indichiamo con ~FAB (forza che A esercita su B) e il corpo B attrae a se il corpo Acon una forza ~FBA.

    A BBAFG

    ABFG

    Figura 1.1: Interazione gravitazionale tra due punti materiali

    Lesame di questo semplice fenomeno permette di fare le seguenti considerazioni che possonoessere generalizzate a tutte le interazioni tra coppie di punti materiali, a prescindere dalla naturadellinterazione stessa:

    le due forze ~FAB e ~FBA sono inseparabili (non esiste luna senza laltra), ognuna di esseessendo manifestazione della medesima interazione tra i due punti, non ha quindi sensoconsiderare, se non per motivi convenzionali, una delle forze la causa (o lazione) e laltraleffetto (o la reazione)

    le due forze hanno la stessa retta dazione (che passa per i punti interagenti), la stessaintensita` e verso opposto

    ognuna delle forze agisce su un corpo diverso essendo applicate a corpi diversi, le due forze, per quanto uguali di intensita`, generalmenteproducono sui punti effetti diversi (se i punti non hanno la stessa massa subiranno in effettiaccelerazioni diverse anche in modulo)

    la relazione vettoriale ~FAB = ~FBA e` universale quindi non dipende dal moto dei duepunti ne dal moto dellosservatore e dal suo sistema di riferimento (che puo` anche esserenon inerziale).

    Nei problemi di costruzioni meccaniche, linterazione gravitazionale si manifesta come pesoproprio, forza che, in taluni casi, costituisce un carico non trascurabile per strutture e macchine.Il peso rappresenta la forza con cui la Terra attrae un corpo. La reazione della forza peso (nelsenso del terzo principio) consiste nellattrazione gravitazionale che il corpo esercita sulla Terra,e` quindi una forza applicata alla Terra. Poiche il nostro studio e` generalmente finalizzato alcomportamento del componente di una macchina o di una struttura, siamo naturalmente indotti

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  • 1. LA FORZA

    a considerare il peso come azione e leffetto sulla Terra come reazione (del quale ci interessaben poco). Data la differenza delle masse, leffetto dellinterazione sulla Terra, per esempio intermini di accelerazione, puo` essere ovviamente trascurato. Tuttavia, un osservatore veramenteinerziale, se dotato di strumenti di misura sufficientemente sensibili, descriverebbe la cadutalibera di un grave come un avvicinamento reciproco, in cui sia il grave sia la Terra subisconouno spostamento, per quanto di molti ordini di grandezza diversi. Una caratteristica peculiaredelle interazioni gravitazionali e` anche il fatto che non possono essere in alcun modo alterate.La forza con cui due punti si attraggono gravitazionalmente non e` per esempio modificabiledallinterposizione di qualsiasi elemento tra di essi. Non esiste quindi uno schermo per le azionigravitazionali.

    Con riferimento alla figura 1.1, si puo` osservare che la notazione usata per rappresentare leforze di interazione e` piuttosto pesante a causa della presenza dei pedici che identificano i corpiinteragenti. Tale notazione e` pero` usata solo in questo capitolo allo scopo di chiarire il terzoprincipio.

    1.2.2 Linterazione elettromagnetica, le forze di contatto e la coesione dellamateria

    Linterazione gravitazionale e` dovuta alla proprieta` della materia di avere massa mentre lin-terazione elettromagnetica e` connessa alla proprieta` della materia di possedere carica elettrica.Le interazioni elettromagnetiche sono riconducibili alle forze coulombiane, in onore di CharlesAugustin de Coulomb (1736-1806), che si manifestano tra cariche ferme (per questo talvoltachiamate forze elettrostatiche), e alle forze elettrodinamiche che si manifestano su cariche inmovimento con lintervento anche di effetti magnetici. Le forze elettromagnetiche sono descrittedalla relazione unificata proposta da Hendric Lorentz (1853-1928). Anche per le interazionielettromagnetiche tra due (soli) punti materiali vale lo schema generale di figura 1.1 e soonoapplicabili le relative considerazioni sulle caratteristiche delle forze agenti: le due forze ~FAB e~FBA condividono il modulo e la retta dazione e hanno verso opposto.

    Ci sono peraltro alcune peculiarita` che le diversificano le interazioni elettromagnetiche daquelle gravitazionali. in primo luogo, a causa del fatto che le cariche elettriche hanno unsegno, linterazione elettromagnetica puo` essere attrattiva o repulsiva e puo` essere anche nullase almeno uno dei corpi interagenti non ha carica o questa e` uniformemente bilanciata. Le forzeelettromagnetiche tra due cariche possono inoltre essere ridotte o anche eliminate interponendouno schermo opportuno, ovvero adottando la gabbia di Faraday, da Michael Faraday (1771-1867). Queste caratteristiche hanno un effetto fondamentale sulla stabilita` degli aggregati diatomi perche consentono loro di mantenersi un equilibrio reciproco anche in condizioni di quiete.Si noti che la stessa condizione non e` ottenibile con linterazione gravitazionale, il sistema solaree` stabile solo in senso dinamico e collasserebbe se i pianeti non girassero attorno al Sole. Di tipoelettromagnetico sono, infatti, le interazioni che determinano il legame chimico tra gli atomiche formano una molecola e le interazioni che mantengono stabile nel tempo la struttura degliaggregati cristallini, ovvero i materiali solidi, anche sotto leffetto di azioni perturbanti. Leinterazioni elettromagnetiche sono quindi alla base delle proprieta` fisiche dei materiali: densita`,temperatura di fusione, resistenza meccanica, durezza, conducibilita` termica ed elettrica, ecc. . . .

    In Meccanica, spesso le interazioni elettromagnetiche producono le forze piu` intense e quindile piu` interessanti per i nostri scopi. In particolare, le forze di contatto sono manifestazionimacroscopiche delle interazioni elettromagnetiche, essendo riconducibili alla mutua repulsioneche si manifesta tra gli strati superficiali (nubi elettroniche) di due corpi quando vengonoavvicinati in modo notevole (tanto vicini che si considerano in contatto dal punto di vistamacroscopico). Forze di contatto molto studiate nel seguito sono quelle che i vincoli esercitanosugli elementi di una struttura.

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  • 1.2. LA NATURA FISICA DELLE FORZE E IL TERZO PRINCIPIO

    Di nostro specifico e fondamentale interesse sono, inoltre, le interazioni elettromagneticheche si producono allinterno dei corpi quando qualche effetto tende a modificare la posizionenaturale degli atomi nel reticolo cristallino. Lesperienza mostra che tali interazioni elettroma-gnetiche interne possono essere sopportate solo entro certi limiti dal materiale. Se tali limitisono raggiunti, intervengono infatti modifiche nella struttura del cristallo che possono anche de-terminare la rottura ovvero lallontanamento irreversibile tra piani atomici attigui. Sullefficaciadi tali interazioni elettromagnetiche facciamo affidamento quando impieghiamo componenti de-stinati a essere sollecitati nelle condizioni di esercizio. Lo stato di tensione, che rappresenta ilquantificatore macroscopico delle interazioni elettromagnetiche interne della materia, e` forse lagrandezze fisica piu` caratteristica del presente corso e probabilmente la piu` usata.

    1.2.3 Applicazioni del terzo principio

    In relazione al concetto di forza, vista come manifestazione di una interazione, esaminiamoil seguente esempio elementare che illustra come impiegare il terzo principio per identificarerazionalmente le forze agenti.

    Esempio 1.2: Identificazione delle forze su un punto materiale

    Una gomma per cancellare avente massa di 15 g e` ferma sul piano orizzontale di un tavolo(figura 1.2). Analizzare le forze agenti, identificarne la natura fisica ed evidenziare lecoppie di azione-reazione di terzo principio.

    Figura 1.2: Una gomma per cancellare appoggiata sul piano di un tavolo

    Schematizziamo la gomma come un punto materiale prescindendo quindi da forma,estensione e struttura. Come conseguenza dellinterazione gravitazionale con la Terra, sullagomma agisce il peso proprio, rappresentabile come una forza ~P verticale diretta verso ilbasso e avente intensita`: P = mg = 0.147N (vedi figura 1.3). A tale conclusione si pervieneimmediatamente, in quanto:

    la gomma cadrebbe con una accelerazione pari a g se fosse libera la presenza del tavolo non modifica la forza peso, dato che non esiste uno schermoper le interazioni gravitazionali

    il fatto che per noi la gomma abbia velocita` nulla non influisce sul peso poiche laforza di gravita` non dipende dal moto (e quindi dalla velocita`) dei corpi su cui agisce.

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  • 1. LA FORZA

    La reazione di terzo principio a ~P e` una forza diretta verso la gomma agente sulla Terra eavente intensita` di 0.147N. Essa rappresenta la forza di con cui la gomma attrae la Terra.

    PG

    PG

    Figura 1.3: Azione e reazione nellinterazione gravitazionale tra gomma eTerra

    La gomma e` appoggiata sul tavolo, possiamo pertanto prevedere la presenza di unainterazione di contatto. Dal punto di vista fisico tale forza e` di natura elettromagneticae si spiega dalla repulsione degli strati elettronici della superficie inferiore della gomma equelli della superficie superiore del tavolo (in corrispondenza della gomma). Indichiamo colsimbolo ~FTG la forza che il tavolo T esercita sulla gomma G e la reazione di terzo principio~FGT la forza che la gomma esercita sul tavolo. Il terzo principio per questa interazione siscrive come:

    ~FTG = ~FGT (1.2)ed e` illustrato in figura 1.4.

    A differenza del peso, non possiamo conoscere a priori la forza ~FTG. Nel caso in esame,la semplicita` del problema e le conoscenze precedenti ci consentono peraltro di prevedereche:

    ~FTG = ~P (1.3)in quanto constatiamo che la gomma e` ferma sul tavolo (la sua accelerazione e` nulla) e nonriteniamo che vi siano altre forze significative agenti su di essa.

    TGFG

    GTFG

    Figura 1.4: Azione e reazione del contatto tra gomma e tavolo. Si noti che idue oggetti devono essere separati per consentire di evidenziare con chiarezzae senza ambiguita` linterazione

    Con riferimento allesempio, e` importante osservare il diverso significato che deve essereattribuito alle uguaglianze (1.2) e (1.3). La relazione (1.2) e` la traduzione matematica del terzoprincipio e quindi vale in qualunque circostanza (in ogni condizione di quiete o di moto delcorpo e dellosservatore), luguaglianza (1.3) invece e` conseguenza della osservata condizione di

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  • 1.2. LA NATURA FISICA DELLE FORZE E IL TERZO PRINCIPIO

    quiete della gomma. In una situazione diversa, per esempio se il tavolo non fosse fermo (si pensiallo stesso problema in caso di sisma), luguaglianza (1.2) rimane valida mentre luguaglianza(1.3) potrebbe non essere soddisfatta.

    Nella sua semplicita`, lesempio precedente e` particolarmente significativo perche puo` essereconsiderato il modello per la soluzione di ogni problema di statica. Le considerazioni che sonostate sviluppate per scrivere le relazioni esistenti tra le varie forze possono infatti essere gene-ralizzate. Alcune delle forze agenti sui corpi risultano note a priori (nel caso in esame: il pesodella gomma), altre invece sono a priori incognite (nello specifico la forza esercitata dal tavolo).Una forza nota a priori, quindi che si conosce prima di imporre le equazioni della meccanicadel corpo, sara` chiamata carico (load). Le forze a priori incognite sono generalmente di tipoelettromagnetico e derivano dalla presenza di corpi che impediscono, limitano o contrastano, illibero movimento del corpo in esame. Un elemento o uno strumento che realizza una limitazio-ne al movimento di un corpo e` detto vincolo (constraint) o supporto (support) e la forzache si manifesta per la presenza di un vincolo e` chiamata reazione vincolare (constraintreaction).

    Il termine reazione usato nella locuzione reazione vincolare puo` generare confusione con lostesso termine reazione usato nel terzo principio. E` opportuno considerare che, in corrispon-denza di un vincolo, si manifesta sempre una interazione tra il corpo vincolato e un corpovincolante, e reazione vincolare e` il nome convenzionalmente attribuito alle forze esercitate dalcorpo vincolante sul corpo in esame. Nellesempio, il corpo vincolante e` il tavolo e la reazionevincolare la forza ~FTG esercitata dal tavolo sulla gomma. In virtu` del terzo principio, il corpoesercita sul corpo vincolante una forza uguale e contraria (~FGT ). Considerata la situazione,sarebbe forse piu` appropriato indicare leffetto del vincolo sul corpo come azione vincolare, maquesto rigore non si riscontra nel linguaggio comune e nella letteratura tecnica e quindi siamocostretti a non applicarlo.

    Per evidenziare le reazioni vincolari e` necessario rimuovere (idealmente) linterazione tra ilcorpo in esame e il corpo vincolante, come fatto nella figura 1.4, sostituendola con la coppia diazione-reazione che, attraverso il vincolo, puo` essere esercitata. Formano la coppia di azione-reazione di terzo principio: la forza che agisce sul corpo in esame e la forza che il corpo esercitasul corpo vincolante.

    Le seguenti considerazioni hanno lo scopo di esaminare criticamente certe affermazioni che,nella migliore delle ipotesi, sono conseguenza di scarso rigore linguistico (talvolta spiegabile conlambiguita` del termine reazione vincolare) ma che spesso rivelano una non adeguata compren-sione del terzo principio. La forza che agisce sul tavolo e` ~FGT , non e` corretto dire che sul tavoloagisce la forza peso della gomma. La forza peso della gomma agisce sulla gomma! Possiamo alpiu` affermare che la forza esercitata sul tavolo dipende dal peso della gomma ma puo` dipendereanche da altro (si consideri cosa succede in caso di sisma). La forza esercitata dal tavolo sullagomma ~FTG non e` la reazione (di terzo principio) della forza peso della gomma e sono varie leargomentazioni per dimostrarlo:

    come osservato, possono verificarsi situazioni in cui ~P e ~FTG non sono uguali e contrariema cio` costituirebbe una violazione del terzo principio

    forza peso ~P e forza di contatto ~FTG agiscono entrambe sulla gomma, mentre azione ereazione di terzo principio devono agire su corpi distinti mutuamente interagenti

    azione e reazione sono manifestazioni della medesima interazione e quindi devono avere lastessa natura fisica.

    Come anticipato, per semplificare la notazione, nei prossimi capitoli, le forze di contatto sarannoindicate senza pedici, inoltre entrambe le componenti dellinterazione saranno identificate con il

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  • 1. LA FORZA

    medesimo simbolo (tipicamente una lettera latina maiuscola). Il soddisfacimento del terzo prin-cipio sara` pertanto ottenuto in modo automatico, rappresentando negli schemi le componentidellinterazione (azione e reazione) con il verso opposto, ognuna applicata su uno dei due corpiinteragenti.

    1.3 Le forze dinerzia

    Con il termine forza dinerzia o forza apparente (inertia force) si indica una forza chenon ha origine fisica, non essendo riconducibile ad alcuna delle quattro interazioni fondamentalio a loro combinazioni. Le forze dinerzia non esistono infatti per gli osservatori inerziali. InMeccanica, pero`, si impiegano frequentemente osservatori e sistemi di riferimento non inerziali.Per esempio, allo scopo di analizzare il confort nei mezzi di trasporto (automobili, carrozzeferroviarie, navi, aerei, ecc. . . ) e` necessario considerare le sensazioni provate dal passeggero,per cui il sistema di riferimento piu` naturale con cui effettuare queste valutazioni e` solidale conil mezzo di trasporto. Quando il moto del mezzo di trasporto non e` rettilineo uniforme, peresempio: in frenata, in curva o in presenza di irregolarita` del percorso, losservatore solidalepuo` continuare a utilizzare la relazione (1.1) per descrivere i fenomeni meccanici che osserva(compresi quelli direttamente sperimentati dai suoi sensi) a patto che introduca, oltre alle forzedi natura fisica, anche le forze dinerzia. Possiamo quindi considerare lintroduzione delle forzedinerzia come un espediente che permette di estendere la relazione fondamentale (1.1), validasolo per gli osservatori inerziali, a un osservatore generico.

    Confrontiamo come il moto di uno stesso punto materiale P viene analizzato, e quindidescritto in forma matematica, da un osservatore inerziale e da un osservatore non inerziale.Piu` specificamente, consideriamo due sistemi di riferimento (per comodita` entrambi cartesianiortonormali destrorsi), uno solidale allosservatore inerziale e uno allosservatore non inerziale.La descrizione cinematica del moto del punto P fatta dai due osservatori e` in generale diversa(in termini di posizione, velocita` e accelerazione), tuttavia, affinche sia garantita loggettivita`fisica, deve esserci una stretta relazione tra i due punti di vista. Come dimostrato nei corsi diMeccanica teorica e applicata, tramite considerazioni di natura geometrico-cinematica, deve inparticolare valere la seguente relazione vettoriale:

    ~a = ~ar + ~at + ~aco (1.4)

    in cui:

    ~a, chiamata accelerazione assoluta, e` laccelerazione di P misurata dallosservatoreinerziale; laggettivo assoluta si giustifica considerando che tutti gli osservatori inerzialimisurerebbero per P il medesimo valore ~a

    ~ar, chiamata accelerazione relativa, rappresenta laccelerazione misurata dallosserva-tore non inerziale che analizza il moto di P (le componenti di ~ar sono ottenibili derivandodue volte rispetto al tempo la posizione di P rilevata nel sistema di riferimento noninerziale)

    ~at, chiamata accelerazione di trascinamento, misura laccelerazione assoluta del puntoQ del sistema non inerziale che, nellistante considerato, si sovrappone al punto P (datoche il punto P in genere si muove anche per losseratore non inerziale, i punti P e Q hannodiversa accelerazione assoluta)

    ~aco,chiamata accelerazione complementare o accelerazione di Coriolis, da GasparGustave Coriolis (1792-1843), e` ottenibile dalla relazione:

    ~aco = 2~ ~vr (1.5)

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  • 1.3. LE FORZE DINERZIA

    in cui ~vr e` la velocita` relativa (ovvero la velocita` di P misurata dallosservatore noninerziale) e ~ e` la velocita` angolare assoluta posseduta nellistante considerato dal sistemanon inerziale. Si osservi che ~ e` comune al sistema di riferimento non inerziale e nondipende dalla posizione di P o dellosservatore non inerziale.

    Puo` essere utile ricordare che laccelerazione di trascinamento in genere non e` uguale allac-celerazione assoluta dellosservatore non inerziale. Luguaglianza tra i due vettori si verifica se idue sistemi di riferimento mantengono fisso lorientamento relativo dei loro assi, ovvero se ~ = 0e quindi se il sistema non inerziale ha un moto traslatorio, anche non rettilineo. Un sistemadi riferimento non inerziale con moto solo traslatorio conserva pertanto lorientamento degliassi rispetto alle stelle fisse. Si deve infine ricordare che la relazione (1.5) e` valida in terminivettoriali, quando e` necessario esplic