78. Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) Antonio Iaccarino ... · la propria resistenza a separarsi...

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78. Scheda storico-artistica Giorgio Morandi, indiscusso pro- tagonista dell’arte del secolo scor- so, è universalmente riconosciuto per le sue nature morte, fatte di pochi e ripetitivi elementi ogget- tuali, ritratti in versione purifi- cata, essenziale, innaturalistica, evocativa di una realtà rielaborata, perfetta, meditata, intellettuale, eterna. Fra gli elementi più fre- quentemente scelti e trasfigurati dal suo occhio analitico – scatole, bottiglie, vasi, brocche, lampade, bicchieri – soprattutto i ‘fiori’ possiedono una speciale attitudi- ne a favorire la contemplazione. Il dipinto, datato 1918 sia sul fronte che sul retro della tela, con anche il giorno esatto «7 giugno», è realizzato dopo un periodo di sostanziale inattività, coinciden- te con il richiamo alle armi, nel 1917, e una grave malattia, che porta il maestro a produrre in un anno solo quattro opere. Ben più prolifico e significativo nella car- riera di Morandi è invece il trien- nio 1918-1920, segnato dai suoi fondamentali capolavori più vi- cini alla corrente metafisica; con- sultando probabilmente la rivista bolognese «La Raccolta» Morandi è affascinato dai prototipi dechiri- chiani e dalla loro interpretazione da parte di Carlo Carrà, nella fase ferrarese del 1917. L’opera giunge alle collezioni di Brera grazie al lascito del 1997 di Lamberto Vitali, uno fra i più importanti e precoci estimatori di Morandi e autore di studi critici e repertori fondamentali per la comprensione dell’artista (Mo- randi e Milano 1990, pp. 34-45; Arrigoni 2000, pp. 285-289; Brera. Un milanese 2001, pp. 12-15). Acquistata direttamente dal pittore in occasione del loro primo incontro alla Biennale di Venezia del 1928, la tela venne conservata per anni in casa Vitali, dove dominava le pareti del salot- to per le grandi dimensioni, so- stanzialmente insolite nel percor- so creativo dell’artista (è il primo Morandi comprato da Vitali un anno dopo la prima acquaforte da lui commissionatagli: cfr. Cresse- ri 2000, pp. 231; Brera. Un mila- nese 2001, p. 35). Nel 1929, poco dopo averla ven- duta, Morandi replica l’opera in Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964) Fiori 1918 tecnica/materiali olio su tela dimensioni 81,6 × 65,7 cm iscrizioni sul recto: «Morandi 1918»; sul verso: «7 giugno / 918» provenienza Milano, collezione Lamberto Vitali collocazione Milano, Pinacoteca di Brera (Reg. Cron. 7410) scheda storico-artistica Marina Gargiulo relazione di restauro Carlotta Beccaria relazione tecnico-scientifica Antonio Iaccarino Idelson (intervento di tensionamento); Milena Anfosso, Letizia Bonizzoni, Marco Gargano (analisi scientifiche) restauro Carlotta Beccaria; Antonio Iaccarino Idelson per EquilibrartE s.r.l. (ritensionamento) con la direzione di Marina Gargiulo e Paola Borghese (Pinacoteca di Brera) indagini Andrea Carini (Pinacoteca di Brera, Laboratorio di restauro e Laboratorio fotoradiografico); Milena Anfosso, Letizia Bonizzoni, Marco Gargano (Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica) Riflettografia IR ruotata, in cui si osserva un’ulteriore impostazione del vaso di fiori sotto la raffigurazione attuale Prima del restauro, particolare del verso con la data

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78.

Scheda storico-artistica

Giorgio Morandi, indiscusso pro-tagonista dell’arte del secolo scor-so, è universalmente riconosciuto per le sue nature morte, fatte di pochi e ripetitivi elementi ogget-tuali, ritratti in versione purifi-cata, essenziale, innaturalistica, evocativa di una realtà rielaborata, perfetta, meditata, intellettuale, eterna. Fra gli elementi più fre-quentemente scelti e trasfigurati dal suo occhio analitico – scatole, bottiglie, vasi, brocche, lampade, bicchieri – soprattutto i ‘fiori’

possiedono una speciale attitudi-ne a favorire la contemplazione. Il dipinto, datato 1918 sia sul fronte che sul retro della tela, con anche il giorno esatto «7 giugno», è realizzato dopo un periodo di sostanziale inattività, coinciden-te con il richiamo alle armi, nel 1917, e una grave malattia, che porta il maestro a produrre in un anno solo quattro opere. Ben più prolifico e significativo nella car-riera di Morandi è invece il trien-nio 1918-1920, segnato dai suoi fondamentali capolavori più vi-cini alla corrente metafisica; con-

sultando probabilmente la rivista bolognese «La Raccolta» Morandi è affascinato dai prototipi dechiri-chiani e dalla loro interpretazione da parte di Carlo Carrà, nella fase ferrarese del 1917. L’opera giunge alle collezioni di Brera grazie al lascito del 1997 di Lamberto Vitali, uno fra i più importanti e precoci estimatori di Morandi e autore di studi critici e repertori fondamentali per la comprensione dell’artista (Mo-randi e Milano 1990, pp. 34-45; Arrigoni 2000, pp. 285-289; Brera. Un milanese 2001, pp.

12-15). Acquistata direttamente dal pittore in occasione del loro primo incontro alla Biennale di Venezia del 1928, la tela venne conservata per anni in casa Vitali, dove dominava le pareti del salot-to per le grandi dimensioni, so-stanzialmente insolite nel percor-so creativo dell’artista (è il primo Morandi comprato da Vitali un anno dopo la prima acquaforte da lui commissionatagli: cfr. Cresse-ri 2000, pp. 231; Brera. Un mila-nese 2001, p. 35). Nel 1929, poco dopo averla ven-duta, Morandi replica l’opera in

Giorgio Morandi (Bologna, 1890-1964)Fiori1918

tecnica/materiali olio su tela

dimensioni 81,6 × 65,7 cm

iscrizioni sul recto: «Morandi 1918»; sul verso: «7 giugno / 918»

provenienza Milano, collezione Lamberto Vitali

collocazione Milano, Pinacoteca di Brera (Reg. Cron. 7410)

scheda storico-artistica Marina Gargiulo

relazione di restauro Carlotta Beccaria

relazione tecnico-scientifica Antonio Iaccarino Idelson (intervento di tensionamento); Milena Anfosso, Letizia Bonizzoni, Marco Gargano (analisi scientifiche)

restauro Carlotta Beccaria; Antonio Iaccarino Idelson per EquilibrartE s.r.l. (ritensionamento)

con la direzione di Marina Gargiulo e Paola Borghese (Pinacoteca di Brera)

indagini Andrea Carini (Pinacoteca di Brera, Laboratorio di restauro e Laboratorio fotoradiografico); Milena Anfosso, Letizia Bonizzoni, Marco Gargano (Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Fisica)

Riflettografia IR ruotata, in cui si osserva un’ulteriore impostazione del vaso di fiori sotto la raffigurazione attuale

Prima del restauro, particolare del verso con la data

Dopo il restauro

un’acquaforte su rame, in contro-parte e di formato ridotto (31,7 × 25 cm), intitolata Rose in boccio in un vaso (Vitali 1964, ed. 1989, p. 13, n. 88; Morandi. Incisioni 1991, p. 78), quasi a dimostrare la propria resistenza a separarsi da un soggetto cui era particolar-

mente legato e che affrontava me-no frequentemente rispetto alle nature morte di tavoli e bottiglie. I dipinti raffiguranti fiori rappre-sentano infatti il lato più intimo, lirico e meditativo della produzio-ne del maestro, come ben mostra-no i Fiori del 1918, sostanziati da

una materia priva di vita organica e avvolti piuttosto in un’atmosfe-ra sospesa e rarefatta che li rende eterni; a ben guardarli quei petali lumeggiati fra il bianco, il grigio e il rosa antico, in parte secchi e caduti, fanno pensare piuttosto a composizioni di rose in stoffa, impolverate dal trascorrere del tempo, che a boccioli veri. A Morandi interessa l’essenza delle cose, non ritrarne l’aspetto esteriore: nel suo grande vaso del 1918 studia e ricrea la sostanza metafisica dell’oggetto, lo in-quadra perfettamente al centro dell’area pittorica, ne posiziona la sottile verticalità in modo da equilibrare la suddivisione degli spazi. Al risultato organico con-tribuiscono i colori adottati nello sfondo, bipartito in due ampie campiture, azzurro tendente al grigio in alto, rosa cipria in basso, che riprendono in versione più ac-

cesa e satura le tinte date ai fiori, e sul quale il vaso giganteggia im-ponente. Nonostante il compiuto equilibrio compositivo e cromati-co e la presenza forte e imponente del vaso, l’opera racchiude segnali di inquietante incertezza: i petali ingrigiti dal tempo e dalla polvere cadono ai piedi del vaso e il piano d’appoggio risulta solo suggerito e contemporaneamente negato dalla mancanza di un perimetro visibile e dalla sua stessa estrema piattezza. Particolarmente affezionato ai suoi dipinti raffiguranti fiori – più spesso donati ai parenti che messi sul mercato – Morandi li conside-ra probabilmente un simbolo del senso della caducità della vita: so-no immagine di estrema bellezza e vivacità e allo stesso tempo di deli-catezza e brevità; questi del 1918, con steli e foglie delineati da con-torni rigidi e aspri, violentemente

Prima del restauro, in luce radente

Dopo il restauro, particolare con la firma e la data

Dopo il restauro, particolare con il dipinto sottostante

tracciati, appaiono carichi di ma-linconia e solitudine (Pasquali 1990, p. 18): la fascinazione di quegli anni per i principi metafi-sici porta Morandi alla loro trasfi-gurazione, a snaturarli in rigidità e fissità che sanno di eterno. A parte le prime prove del sog-getto, ancora legate a stilemi po-stimpressionisti, come i Fiori del 1913, 1914 e 1915, in cui pre-valgono volumetriche pennellate di cezanniana memoria (Vitali 1977, ed. 1983, nn. 5, 14 e 20), gli immediati precedenti del di-pinto sono i Fiori del 1916, pure di proprietà della Pinacoteca di Brera, e le Rose (Fiori) del 1917 della collezione Mattioli (Vitali 1977, ed. 1983, nn. 26 e 31). I primi, provenienti dall’altra im-portante raccolta milanese del secolo scorso, di Emilio e Maria Jesi, di piccolo formato e suppor-to più effimero, mostrano già lo

sfondo bipartito azzurro e rosa, con le vivaci corolle aperte, ridot-te a essenziali geometrie grafiche, «a sottili strisce bicolori», ispira-te a un’opera di Henri Rousseau il Doganiere (Vaso di fiori, 1910, Filadelfia, Barnes Foundation: Fergonzi 2013, pp. 188-189). Rispetto alle versioni del 1914 e 1915 l’elemento vegetale guada-gna spessore e spazio; nelle Rose del 1917 l’ampia apertura del rigoglioso mazzo, composto da boccioli carnosi, sopravanza il pe-rimetro del recipiente e a questo si accorda nel gioco di arabeschi e volute di sapore liberty, costi-tuendo un unicum nella serie, per il quale sono state parimenti se-gnalate suggestioni di linearismo, frontalità e costruzione luminosa del maestro francese (La Collezio-ne Mattioli 2003, pp. 300-305). L’anno seguente Morandi aumen-ta notevolmente le dimensioni

della tela, ma riduce l’espansione volumetrica del soggetto rappre-sentato, asciuga la composizione, esalta la linearità degli elementi, sia naturali che oggettuali, e li immerge in una dimensione priva di spazio e tempo, connotata da cromie che rendono omaggio al-la tradizione della pittura murale trecentesca e quattrocentesca ita-liana. Pochi sanno che del dipinto esisteva una versione più piccola, forse meno raffinata, ormai scom-parsa, datata «5 giugno 1918», so-lo due giorni prima del dipinto di Brera (che è del «7 giugno», non del 9, come riportato in La Colle-zione Mattioli 2003, pp. 303-305), e documentata nelle collezioni

di Mario Broglio, che presenta-va (per quanto dall’immagine si possa desumere: Beccaria 1939, tav. IX) maggiore varietà di specie vegetali – foglie, corolle e boccioli – di aspetto tondeggiante e rigo-glioso. L’opera è probabilmente elencata al n. 15 fra quelle affidate da Morandi, con il contratto del 26 dicembre 1919, al direttore di «Valori plastici» per «organizzare sotto gli auspici della sua rivista [...] delle esposizioni d’arte tanto in Italia come all’Estero» (Vitali 1977, ed. 1983, Appendice s.n.n.); interessante notare che l’artista, potendo scegliere fra le due ver-sioni simili, decide di non esporre il dipinto più grande, al quale for-

Dopo il restauro, particolare con la base del vaso e i petali caduti

Dopo il restauro, particolare con i fiori

se rinunciava mal volentieri e che difatti cederà solo dieci anni dopo e a un grande estimatore. L’opera dispersa costituisce un punto di passaggio fra il bouquet del 1917 e il grande vaso del 1918, che – a ben guardarlo anche a oc-chio nudo – cela, al di sotto delle eleganti e uniformi stesure di co-lore, le tracce di un altro vaso: un altro momento di passaggio. No-tato già da Vitali («Le grandi Rose del 1918 [n. 41], per esempio, lasciano trasparire, a un esame più attento, un’altra composizio-ne mal decifrabile»: Vitali 1977, ed. 1983, p. 9) e pubblicato nel 2000 in seguito alle prime indagi-ni diagnostiche effettuate a Brera (Arrigoni 2000, pp. 287-289, nota 8), il quadro sottostante è ora meglio apprezzabile grazie al-la sofisticata riflettografia eseguita dal Laboratorio di restauro della Pinacoteca (mediante apparec-chiatura ‘Osiris’), il cui tracciato emerge abbastanza chiaramente a delineare un mazzo di rose in un vaso, che sfruttava la tela in senso orizzontale.Non soddisfatto di questa prima versione longitudinale Morandi ruota il supporto di 90° e vi ri-dipinge sopra cambiando radi-calmente orientamento, compo-sizione, volumetria e soprattutto fattura del vaso. La prima versione mostrava infatti una composizio-ne di fiori dalle corolle più plasti-camente tornite e un recipiente maggiormente elaborato e arric-chito da volute, con in primo pia-no l’imboccatura con foglie e steli, proprio come nelle Rose Mattioli. La fattura dei boccioli e dei gam-bi del dipinto sottostante riappa-re in parte nei Fiori dispersi del 1918, l’ampia apertura del mazzo riecheggia invece quelli del 1917. Forse in quell’anno Morandi di-pinge due grandi composizioni floreali sostanzialmente analoghe, la Mattioli e la prima versione di Brera, alla quale però rimette ma-no nel 1918, nel mese di giugno, in cui a distanza di soli due giorni realizza i Fiori Broglio e questa seconda grande versione, trasfor-

mata in verticale, e subito datata sul retro.

BibliografiaBeccaria 1939, tavv. IX-X; Vitali 1964, ed. 1989, p. 13; Vitali 1977, ed. 1983, n. 41; Arcangeli 1981, p. 58; Morandi e Milano 1990, pp. 34-35; Pasquali 1990, p. 18; Morandi: i fiori 1990, pp. 16-18; Morandi. In-cisioni 1991, p. 78; Arrigoni 2000, pp. 285-289; Cresseri 2000; Giorgio Morandi 2001, pp. 15-19; Brera. Un milanese 2001, pp. 116-117, 12-15, 35; La Collezione Mattioli 2003, pp. 300-305; Giorgio Morandi 2008, pp. 31, 55-56; Fergonzi 2013, pp. 188-189.

Relazione di restauro

Stato di conservazioneIl supporto del dipinto (fig. 1) è costituito da una tela di cotone a trama fitta tessuta con armatura

punto tela (23 fili di ordito e 21 di trama per cm2). In passato il supporto tessile ha subito un in-tervento di foderatura a colla pasta in cui era stata incollata una tela da rifodero sul tessuto originale;

1. Prima del restauro, particolare della tela originale, conteggio fili trama e ordito

2. Prima del restauro, particolare in luce radente della pellicola pittorica in corrispondenza sul retro dell’iscrizione

3. Prima del restauro, particolare di una caduta di colore sul fondo a sinistra

dal momento che l’autore aveva riportato sul retro della tela, in al-to a destra, la data di realizzazione dell’opera, «7 giugno / 918» (fig. a p. 1), l’intervento di foderatura era stato eseguito lasciando un’area ritagliata in corrispondenza della scritta, così da renderla visibile. Tale intervento non giovava a una corretta conservazione dell’opera poiché l’interruzione della fode-ratura creava una discontinuità di tensionamento e forze contrastanti sulla tela originale del dipinto (fig. 2). Il supporto tessile era poi ten-sionato su telaio ligneo non ori-ginale, espandibile tramite biette; anche il telaio era stato sagomato per rendere visibile la scritta sul retro della tela. Analizzando sia la tipologia di foderatura che il telaio si può ipotizzare che l’intervento di restauro sia stato eseguito negli an-ni Cinquanta-Sessanta del Nove-cento ma purtroppo non abbiamo notizie certe in merito. L’etichetta più vecchia presente sul retro del telaio riporta un’esposizione avve-nuta a Bruxelles nel 1950: si può forse ipotizzare che, proprio in occasione di questa esposizione, sia stata eseguita la foderatura e sostituito il telaio. In alternativa

bisogna considerare l’ipotesi che il restauro sia avvenuto negli anni successivi e l’etichetta sia stata stac-cata dal telaio originale e incollata su quello sostitutivo. Sul retro del telaio erano poi presenti numerose altre etichette relative a mostre a cui l’opera ha partecipato nei decenni successivi (fig. 16). Lungo il peri-metro del dipinto erano presenti quattro bacchette lignee necessarie per collocare l’opera in cornice. Il supporto tessile evidenziava nume-rosissime ondulazioni e cedimenti e anche la battuta interna del tela-io aveva marcato la tela, lasciando una forte impressione sul tessuto; tale situazione era ben evidenziata nell’osservazione della superficie pittorica in luce radente (cfr. fig. p. 3). In corrispondenza dell’area non foderata si percepiva il cedimento del tessuto e la superficie manife-stava grinze e ondulazioni molto accentuate e differenti rispetto al resto del dipinto; anche la grande etichetta incollata sulla foderatura aveva creato sul fronte un’area di forma quadrata riconoscibile sui fiori alti della composizione, dove si notava una inusuale planarità della superficie. La superficie pittorica appariva

in discreto stato di conservazione nonostante i numerosi cedimenti e le deformazioni del supporto. Gli strati pittorici non evidenziavano gravi problematiche di distacco o decoesione dal supporto sottostan-te, si notavano solamente piccoli sollevamenti e cadute di colore circoscritte; lungo il bordo sini-stro sullo sfondo era inoltre pre-sente una caduta di colore a linea continua probabilmente causata da un graffio o da un urto acci-dentale (fig. 3). La preoccupante deformazione della tela, ben evi-denziata dall’osservazione della superficie in luce radente, se non tempestivamente corretta, avreb-be però compromesso la stabilità generale della pellicola pittorica. Si notavano piccoli ritocchi circo-scritti leggermente alterati eseguiti su piccole mancanze. La pellicola pittorica è realizzata con stesure di spessore differente, molto velato nella parte centrale del fondo e più materico per l’esecuzione dei fiori; sulla superficie è presente una leg-gerissima verniciatura superficiale di protezione. In corrispondenza delle sottili policromie del fondo si intravede la stesura preparato-ria, biancastra e talvolta rosata.

Osservando la superficie dipinta è possibile notare sullo sfondo l’im-postazione di alcune foglie con an-damento diverso rispetto all’esecu-zione finale: si tratta di una prima realizzazione dell’opera in cui la tela era stata impiegata con anda-mento orizzontale (cfr. figg. a pp. 1 e 5). Tale ipotesi è stata confermata anche dalla diagnostica per imma-gini. Si ipotizza che la presenza di stesure preparatorie di colore dif-ferente e sovrapposto (fig. 5) possa essere dovuta proprio alla diversa impostazione iniziale del dipinto. Nell’angolo inferiore destro è pre-sente la firma dell’autore e la data di realizzazione dell’opera «Morandi 1918» (figg. 4-6). L’opera era custodita all’interno di una cornice lignea con profilo in-terno dorato. La cornice appariva in buono stato di conservazione, presentava piccole sbeccature cau-sate da urti accidentali. La superfi-cie era inoltre interessata da depo-sito di polvere e sporco superficiale. Il dipinto era vincolato alla cornice tramite sei linguette metalliche e protetto sul fronte da un vetro che ha limitato il deposito di polvere e sporco atmosferico sulla superficie dipinta.

4. Superficie pittorica del fondo azzurro al microscopio digitale

5. Superficie dei fiori al microscopio digitale, in evidenza cadute di colore da cui si intravede unastesura pittorica blu scuro

6. Superficie dei fiori al microscopio digitale, particolare dello spessore materico delle policromie

Analisi scientificheAl fine di valutare lo stato di con-servazione dell’opera e indagarne la tecnica esecutiva sono state effet-tuate alcune indagini scientifiche non invasive.– L’indagine ultravioletta ha con-fermato la presenza di una leggeris-sima verniciatura a protezione delle policromie, che mostrava una fluo-rescenza molto ridotta in quanto in buona parte assorbita dagli strati cromatici. Risulta difficile stabilire se si tratta della vernice originale o di restauro in quanto l’opera ha già subito, come detto, un intervento di restauro nel dopoguerra. L’inda-gine ha inoltre permesso di meglio localizzare gli interventi di ritocco pittorico presenti, che erano pochi e molto circoscritti (figg. 7-8).

– L’indagine in infrarosso è risulta-ta molto interessante, in quanto ha confermato e reso meglio apprezza-bile le ipotesi avanzate nell’analisi visiva; l’IR ha infatti individuato più dettagliatamente la composi-zione di fiori che si trova al di sotto della versione attuale. Il dipinto era stato impostato in orizzontale (cfr. fig. nella scheda storico-artistica) e racchiuso in una ‘finestra’ rettan-golare ben riconoscibile in quanto aveva una preparazione più spessa e chiara mentre la sagoma peri-metrale risultava meno materica e scura.– Preziose informazioni sui pig-menti utilizzati sono state ricava-te dal confronto dei risultati delle seguenti indagini: la spettroscopia XRF (X-Ray Fluorescence) e la

spettrofotometria in riflettanza mediante fibre ottiche (FORS) nel visibile ‒ vicino infrarosso (Vis-NIR). Riassumendo i dati più interessanti si evince che in tutti i punti analizzati in XRF è stata individuata la presenza di calcio, riconducibile a una preparazione gessosa, e vari elementi associati a pigmenti bianchi (zinco, titanio, bario) che possono esser presenti sia nella preparazione che in strati di imprimitura. Il pigmento bian-co utilizzato nelle stesure pittoriche è il bianco di zinco, presente sia nelle campiture bianche sia in mi-scela con altri pigmenti nelle sottili stesure rosa e azzurre del fondo. In particolare è stato analizzato nella campitura bianca del vaso di fiori dove il bianco di zinco è stato uti-

lizzato in miscela con ocra gialla; lo stesso bianco con aggiunta di blu di cobalto si trova nella stesura chiara del bocciolo più alto della compo-sizione. Il fondo azzurro è realizza-to con bianco di zinco e oltremare artificiale mentre la superficie rosa-ta presenta lo stesso bianco in mi-scela con ocra rossa. Con quest’ul-timo pigmento, insieme a giallo di cromo e blu oltremare, sono state dipinte le foglie più scure all’inter-no del vaso. Nell’analisi XRF non sono stati rilevati dettagli aggiun-tivi per l’identificazione dei mate-riali impiegati nella realizzazione della prima versione dell’opera, sia perché gli elementi caratterizzanti i pigmenti sottostanti potrebbe-ro essere stati assorbiti dagli strati sovrastanti, sia perché potrebbero

7. Prima del restauro, particolare in luce diffusa 8. Prima del restauro, particolare in luce UV

essere stati impiegati gli stessi ma-teriali o pigmenti costituiti dagli stessi elementi degli strati sovram-messi.

Intervento di restauroIl progetto e le fasi di intervento sono state concordate e discusse di volta in volta con Marina Gargiulo (direzione lavori) e (Pinacoteca di Brera). Per cercare di migliorare il livello conservativo dell’insieme colore-preparazione-tela si è con-cordato di provare a rimuovere la tela da rifodero e di coinvolgere nel ritensionamento dell’opera il restauratore Antonio Iaccarino Idelson (EquilibrartE).Il dipinto è stato rimosso dalla cornice. Prima di procedere con

l’intervento di restauro è stata ve-rificata l’adesione e coesine degli strati pittorici e sono state effettua-te delle prove di pulitura. I test ese-guiti con diverse soluzioni acquose hanno dimostrato la quasi assenza di sporco sulla superficie pittorica, probabilmente grazie alla presen-za del vetro di protezione; è stata dunque effettuata solo una leggera spolveratura della superficie tra-mite pennello a setole e gomma morbide. Dopo aver visionato at-tentamente la situazione conserva-tiva dell’opera e osservato le gravi ondulazioni della superficie in luce radente, si è stabilito, di rimuovere la foderatura del dipinto (fig. 9). Per poter svolgere in sicurezza tale intervento è stato necessario veli-

nare la superficie pittorica. Per la scelta del materiale di velinatura sono state effettuate prove con Be-va e Plexisol in bassa percentuale; l’adesivo doveva risultare facilmen-te reversibile, senza produrre aree lucide sulla superficie pittorica ma, al contempo, avere una buona ade-sione protettiva del film pittorico. Dalle prove effettuate si è scelto di impiegare Beva diluito al 5% in ci-cloesano e carta giapponese con cui è stata velinata tutta la superficie; la velinatura è stata eseguita tenendo il dipinto in verticale per aiutare la permanenza solo in superficie del prodotto. In questo modo si è potuto procedere in sicurezza con la rimozione del dipinto dal tela-io mediante estrazione dei chiodi

perimetrali; dopo aver rimosso l’intelaiatura si sono ritrovati de-positi di sporco e pezzetti di legno che si erano inseriti tra tela e telaio (fig. 10). La foderatura è stata ri-mossa in maniera meccanica, sen-za problemi particolari, in quanto la colla risultava molto friabile e secca. Durante questa fase è stata rimossa anche l’etichetta presente sul retro della tela da rifodero (fig. 11). I residui di colla pasta presen-ti sul retro della tela originale so-no stati asportati successivamente tramite un leggero passaggio di carta abrasiva, dove i residui erano ridotti, e con l’uso del bisturi nelle zone di maggiore consistenza. In corrispondenza della data di realiz-zazione dell’opera scritta sul retro

9. Durante il restauro, bordo del dipinto prima dello smontaggio della tela dal telaio; in evidenza la tela originale e la tela di foderatura

11. Durante il restauro, distacco della tela da rifodero dalla tela originale in corrispondenza dell’iscrizione con la data di realizzazione dell’opera

10. Durante il restauro, rimozione del telaio dalla tela; in evidenza il deposito di sporco accumulatosi nella battuta interna tra tela e telaio

della tela, il supporto tessile origi-nale appariva più scuro poiché in quell’area la tela è stata più esposta allo sporco atmosferico e non ha subito l’intervento di foderatura; in questa zona è stata eseguita una leggera pulitura del tessuto tramite pennello a setole rigide. Il suppor-to originale non presentava danni o evidenti indebolimenti della tra-matura, è stato dunque stabilito di non eseguire la foderatura del dipinto ma di intervenire sul con-solidamento del tessuto cercando di far riacquisire al supporto ela-sticità e resistenza. La velinatura è stata rimossa con cicloesano che al contempo ha permesso di effettua-re una leggera pulitura superficiale della pellicola pittorica; in generale le stesure sono apparse leggermen-te più chiare, solamente nell’area di

pellicola pittorica corrispondente alla data sul retro della tela, si no-tava la presenza di sporco più coe-rente, che, probabilmente veicola-to dal retro, si era depositato sulla superficie ingrigendola, creando una specie di riquadro scuro. Que-sto deposito scuro è stato rimosso con un intervento di pulitura loca-lizzato tramite tensioattivo debole a pH 7 seguito da lavaggio acquo-so (figg. 12-13). Per permettere il riappianamento il tensionamento della tela con fasce perimetrali (fig. 14), il retro è stato trattato con Plexisol al 5% in soluzione di ci-cloesano e White Spirit, attivato in tavola calda a bassa pressione. Dal momento che i chiodi arrugginiti rimossi avevano creato delle man-canze e delle lacerazioni e la tela originale, sui bordi di piegatura,

risultava discontinua e molto fra-gile, si è proceduto, prima dell’ap-plicazione delle fasce perimetrali, con il rinforzo del perimetro tra-mite incollaggio di fili testa a testa e di strisce di velo di Lione. Dopo questa ripresa puntuale dei bordi di battitura sono state applicate le fasce perimetrali di tela pattina

specificamente preparate e fornite da EquilibrartE.Il progetto di ritensionamento dell’opera, messo a punto a cura di EquilibrartE, è stato rivisto duran-te le fasi di intervento, infatti, dopo aver smontato la tela e aver effet-tuato la valutazione strutturale del telaio esistente, si è concordato con

12. Prima del restauro, zona della pellicola pittorica corrispondente alla data sul retro dipinto, con deposito di sporco

13. Durante il restauro, tampone utilizzato per la rimozione dello sporco sulla pellicola pittorica in corrispondenza della firma sul retro della tela

14. Durante il restauro, particolare delle fasce perimetrali

15. Durante il restauro, retro del dipinto in cornice, chiusura con pannello in carton plume con etichette

la direzione lavori la sua sostituzio-ne con struttura più adeguata. L’in-tervento, eseguito con continua attenzione alla superficie dell’ope-ra, ha dato un ottimo risultato e il tessuto è risultato ben tensionato, in maniera molto omogenea. Le piccole lacune presenti sulla superficie pittorica sono state in-tegrate con stucco a base di gesso e colla. Il ritocco pittorico è stato eseguito con colori a vernice Gam-blin. A termine dell’intervento pit-torico, in accordo con la direzione lavori, si è deciso di non effettuare una verniciatura di protezione in quanto non risultava strettamente necessario. Tutte le etichette presenti sul telaio (fig. 16), messo in opera nel prece-dente restauro, e sulla cornice sono state rimosse, così anche l’etichetta sulla tela da rifodero; per facilitare il distacco è stato impiegato talvol-ta il Nevek. I piccoli supporti carta-

cei, adeguatamente appiattiti, sono poi stati controfondati con Klucel al 7% in Solvanol e carta Kawasaki in modo da ridare un’adeguata te-nuta e struttura alle testimonianze della storia espositiva dell’opera. Per aiutare la corretta conserva-zione del dipinto, in particolare del supporto in prima tela, il re-tro è stato chiuso con un pannello in Carton Plume. Per le etichette precedentemente rimosse si è con-cordato con la direzione lavori di incollarle sulla chiusura esterna in Carton Plume, indicandone la pro-venienza dalla cornice, dal telaio o dalla tela da rifodero (fig. 15).

Relazione tecnico-scientifica

Intervento di tensionamentoIl nuovo telaio è stato realizzato in legno di rovere massello della migliore qualità munito di un bordo di scorrimento, sempre in legno di rovere, rivestito in teflon. Le molle per il tensionamento so-no montate sulla faccia posterio-re. Il sistema elastico consente di regolare con precisione il livello di tensione, distribuita omogene-amente su tutta la superficie del dipinto; anche con un valore di tensione molto basso il sistema evita l’insorgere di ogni deforma-zione del dipinto in caso di varia-zioni delle condizioni ambientali. La scelta di un valore di tensione basso, con molle adeguatamente cedevoli, ha consentito di ripor-tarlo in prima tela senza difficoltà di ordine estetico né tantomeno

di ordine conservativo. Dopo la centratura del dipinto all’interno della luce della cornice, la stessa è stata dotata di spallette in legno di rovere per contenere il dipinto in un ambiente chiuso e protetto, delimitato dal vetro sul fronte e da una tamponatura protettiva in Poliplat apposta sul retro. Nelle spallette sono state ricavate le sedi per fissare le staffe di sostegno del dipinto, che si trova dunque so-speso all’interno della sua teca in modo da evitare qualsiasi contatto meccanico sul fronte (con il vetro) e sul perimetro, per aumentarne la protezione e per evitare ogni im-pedimento alla reattività del siste-ma elastico (figg. 16-17).

Analisi scientifiche– Spettroscopia XRF: l’analisi XRF (X-Ray Fluorescence) sfrut-ta l’emissione della fluorescenza X

16. Prima del restauro, verso 17. Dopo il restauro, verso: le dimensioni del nuovo telaio consentono la leggibilità della data senza indebolire inutilmente le strutture di sostegno

caratteristica da parte degli atomi del campione e permette di deter-minare, in maniera assolutamente non distruttiva, la composizione chimica ‘elementare’ – cioè gli elementi chimici presenti – dei materiali analizzati, e di darne, in particolari casi, una valutazio-ne quantitativa. È un’analisi che non richiede alcuna preparazione del campione e che può essere fa-cilmente realizzata con una stru-mentazione portatile, che permet-ta misure in situ, rendendola così particolarmente adatta ad applica-zioni nel campo dei beni cultura-li. I dati raccolti sono riportati in grafici – denominati ‘spettri XRF’ – che rappresentano l’intensità di fluorescenza degli elementi indi-viduati in funzione dell’energia che li caratterizza; le energie delle emissioni di fluorescenza, e quindi gli elementi presenti, sono indivi-duate in questo modo dai ‘picchi’.

Nel caso di dipinti o affreschi, questo consente generalmente di risalire ai pigmenti utilizzati e di identificare gli eventuali inter-venti di restauro. Dal momento che è sufficiente un’unica misura della durata di un centinaio di se-condi per ottenere informazioni sugli elementi presenti nella zona di analisi, è possibile eseguire in tempi brevi un esame dettagliato di tutta la superficie del dipinto scegliendo un numero elevato di punti da analizzare in funzione delle diverse campiture cromati-che. Il limite effettivo dell’anali-si XRF è dato dall’impossibilità di rivelare elementi con numero atomico basso; nel caso specifico della strumentazione utilizzata per le misure riportate in seguito, è possibile distinguere chiaramen-te tutti gli elementi con numero atomico superiore o uguale a quel-lo del potassio. Per questo alcuni

pigmenti, come i composti orga-nici e i silicati di elementi leggeri, non possono essere direttamente determinati a causa della non ri-velabilità degli elementi chimici che li compongono, anche se la presenza di elementi più leggeri può essere in molti casi ipotizza-ta in base al colore indagato e alla presenza o meno di altri elementi rivelabili, caratteristici solo di al-cuni pigmenti di una determinata tinta (è il caso di neri, lacche e la-pislazzuli). Inoltre, anche per gli elementi pesanti presenti, attra-verso l’analisi XRF si ottiene solo l’identificazione degli elementi chimici e non dei composti a cui essi appartengono. Tuttavia, l’in-formazione ottenuta, aggiunta a quella sul colore della stesura pit-torica e alla conoscenza della com-posizione chimica dei pigmenti usati all’epoca di attribuzione dell’opera, può essere sufficiente

a identificare il pigmento utilizza-to. In conseguenza, i risultati ot-tenibili sono ovviamente migliori se si opera in stretta connessione con altri metodi di indagine, che permettano di superare i limiti intrinseci di questa tecnica, come ad esempio la spettroscopia Vis-NIR.Nelle misure riportate in seguito è stato utilizzato uno spettrome-tro XRF portatile Inov-X (serie ALPHA 4000) dotato di microtu-bo a raggi X con anodo di tanta-lio. L’analisi viene eseguita in due passaggi con due energie massime 40KeV (corrente 6,5 μA, filtro 2 mm di alluminio) per la determi-nazione degli elementi pesanti e 15KeV (corrente 7 μA, filtro 0,1 mm di alluminio) per la determi-nazione degli elementi leggeri. Lo spettrometro è equipaggiato con un rivelatore Si-PIN (FWHM < 230 eV a 5,95 KeV linea Kα del

18. Rilievo 19. Localizzazione dei punti analizzati

manganese) raffreddato con una cella Peltier. Le due misure hanno durata ciascuna di 70 secondi. Gli spettri ottenuti sono stati registra-ti, tramite una scheda di acquisi-zione e un software dedicato, su un computer portatile per essere in seguito analizzati.– Analisi in spettrometria di ri-flettanza Vis-NIR: la spettrosco-pia in riflettanza nell’intervallo di lunghezze d’onda dal visibile al vicino infrarosso (380-1000 nm contrassegnata Vis-NIR) è una tecnica di tipo ottico che consente di ottenere i valori del coefficiente di riflettanza (R%) del materiale in analisi misurando alle diverse lunghezze d’onda l’intensità della radiazione riflessa per diffusione dalla superficie. Si ottiene in que-sto modo un grafico (spettro) che mostra l’andamento del valore

del coefficiente di riflettanza che è caratteristico del materiale e ne consente l’identificazione se con-frontato con spettri di un database di riferimento.La strumentazione adoperata per le presenti misure è costituito da uno spettrofotometro della Oce-an Optics con reticolo piano ope-rante alle lunghezze d’onda com-prese fra 360 e 1100 nm. L’appa-recchio è stato impiegato nella modalità in riflessione (45°×:45°) con l’impiego di un sistema costi-tuito da una fibra ottica e da un porta sonda in Plexiglas a 45°, specificamente studiato nel Labo-ratorio DIART del Dipartimento di Fisica che offre la possibilità di effettuare misure direttamente a contatto della superficie pittorica garantendone l’incolumità. L’a-rea di misura circolare è di circa

Colore Descrizione Maggioritari Minoritari Tracce

1 Rosa Sfondo Zn Pb, Ca, Fe, Sr Ba

2 Blu Sfondo Zn Pb, Sr, Ca Fe, Ba3 Blu Sfondo alto Zn Ca, Pb Fe, Sr4 Bianco Bocciolo fiore Zn Ca, Co,

Pb, Sr5 Marrone Fusto fiore n.a.6 Marrone Petalo n.a.7 Verde/

Marrone Foglia scura Zn Pb, Sr, Ca, Fe, Cr Cd, Ba

8 Blu Sfondo con “ridipintura” Zn Pb, Sr, Ca Fe, Ti

9 Verde Foglia verde Zn Pb, Sr, Ca, Cd, Cr Fe, Ba

10 Bianco Centro del vaso Zn Ca, Fe Pb, Sr11 Rosa Sfondo basso Zn Ca, Fe, Pb Sr, Ba12 Blu Sfondo blu, foglie

sottostanti Zn Pb, Sr, Ca Fe

13 Rosa Sfondo rosa, foglie sottostanti Zn Pb, Sr, Ca, Fe Ba

Colore Descrizione Pigmento1 Rosa Sfondo Ocra rossa2 Blu Sfondo Oltremare artificiale3 Blu Sfondo alto Oltremare artificiale4 Bianco Bocciolo fiore Bianco di Zinco5 Marrone Fusto fiore Ocra rossa6 Marrone Petalo Ocra rossa7 Verde/

Marrone Foglia scura Ocra rossa/gialla con Oltremare artificiale

8 Blu Sfondo con “ridipintura” Oltremare artificiale9 Verde Foglia verde Ocra rossa/gialla con Oltremare

artificiale10 Bianco Centro del vaso Ocra gialla11 Rosa Sfondo basso Ocra rossa12 Blu Sfondo blu, foglie

sottostanti Oltremare artificiale

13 Rosa Sfondo rosa, foglie sottostanti Ocra rossa

Tabella 1. Elementi rivelati dall’analisi XRF nell’opera

Tabella 2. Pigmenti riconosciuti tramite analisi in spettroscopia di riflettanza

Rosa: tutti i punti delle analisi su queste campiture hanno un andamento spettrale caratteristico dell’ocra rossa.

Bianco: Si tratta di bianco di zinco. Nel punto 10 il bianco è stato miscelato con un’ocra gialla

Blu: tutti i punti delle analisi su queste campiture hanno un andamento spettrale caratteristico dell’oltremare artificiale

2 mm di diametro. Attraverso la caratterizzazione mediante l’im-piego della Spettrofotometria in riflettanza (SPF) mediante fibre ottiche Vis-NIR è stato possibile completare e aggiungere le infor-mazioni sulla tavolozza pittorica ottenute tramite analisi XRF.

Risultati dell’XRF (tab. 1): gli ele-menti evidenziati tramite l’analisi XRF nell’opera analizzata sono riportati in tabella 1:– preparazione: in tutti i punti dell’analisi si riscontra la presenza di calcio (Ca), bario (Ba), zinco (Zn), piombo (Pb) e titanio (Ti). Il calcio può essere associato alla presenza di gesso (CaSO4); gli altri elementi sono normalmente associati a pigmenti bianchi e pos-sono appartenere sia alla prepara-

zione che alle miscele usate per le diverse campiture;– rosa: il colore risulta complessi-vamente chiaro e poco coprente; potrebbe essere stata adoperata una miscela di bianco di zinco e un pigmento rosso (individuato tramite l’analisi FORS);– blu: il colore risulta complessi-vamente chiaro e poco coprente; è possibile sia stato utilizzato il bianco di zinco in miscela con un pigmento organico o a matrice leggera in quanto non si riscon-trano elementi caratteristici di pigmenti blu;– bianco: la stesura è più corpo-sa ed è associabile all’utilizzo di bianco di zinco in quanto gli altri elementi risultano maggiormente attenuati. Nel punto 4 si notano inoltre tracce di cobalto (Co);

– verde: per i punti 7 e 9, i cui spettri in riflettanza sono riporta-ti negli spettri a fianco, il colore potrebbe essere stato ottenuto con una miscela di verde a base di cromo (Cr2O3) e giallo di cadmio (CdS).

Risultati dell’analisi spettroscopia in riflettanza Vis-NIR (tab. 2).

ConclusioniSulla base delle analisi elementari e ottiche condotte sui pigmenti dell’opera è possibile riassumerel’opera pittorica come riassunto in tabella 3. La preparazione con-siste in un sottile strato di gesso sopra la quale è stata forse ste-sa una miscela di bianchi. Ogni pigmento è stato probabilmente mescolato con bianco di zinco (elemento fortemente presente in ogni punto dell’analisi): questo fa sì che i colori risultino comples-sivamente poco saturi. I punti dello sfondo in corrispondenza della prima versione dell’opera, in seguito modificata, non fornisco-no dettagli aggiuntivi nell’analisi XRF. Probabilmente, gli elementi caratterizzanti i pigmenti sotto-stanti sono assorbiti dagli strati sovrastanti. La zona del punto 8, dove è presente una stesura visi-vamente differente, non presenta particolari difformità dalle zone circostanti in termini di pigmenti rilevabili. Il bianco utilizzato per i fiori potrebbe essere una misce-la di bianchi differenti alla quale sono stati addizionati ocra gialla (punto 10) o piccole quantità di blu di cobalto (punto 4) per ot-tenere delle gradazioni più calde o più fredde. L’identificazione dei pigmenti nelle zone verdi risulta incompleta in quanto lo spettro di riflettenza del pigmento è di dif-ficile interpretazione, anche per il basso segnale rilevato in alcuni punti. Considerando le informa-zioni di entrambe le tecniche, si può ipotizzare una miscela a base di giallo di cromo, oltremare ar-tificiale e ocra rossa. Il cadmio, presente anch’esso nelle zone ver-di come elemento in traccia, po-

trebbe suggerire l’utilizzo anche di un giallo di cadmio, di cui però non vi è evidenza spettrale nelle misure di riflettanza. Questo po-trebbe indicare l’utilizzo in strati sottostanti.

Colore Descrizione Pigmento1 Rosa Sfondo Bianco di Zinco + Ocra rossa2 Blu Sfondo Bianco di Zinco + Oltremare artificiale3 Blu Sfondo alto Bianco di Zinco + Oltremare artificiale4 Bianco Bocciolo fiore Bianco di Zinco + Blu di Cobalto5 Marrone Fusto fiore Ocra rossa6 Marrone Petalo Ocra rossa

7 Verde/Marrone Foglia scura Ocra rossa + Giallo Cromo +

Oltremare8 Blu Sfondo con “ridipintura” Bianco di Zinco + Oltremare artificiale

9 Verde Foglia verde Ocra rossa +Giallo Cromo + Oltremare

10 Bianco Centro del vaso Bianco di Zinco + Ocra Gialla11 Rosa Sfondo basso Bianco di Zinco + Ocra Rossa

12 Blu Sfondo blu, foglie sottostanti Bianco di Zinco + Oltremare artificiale

13 Rosa Sfondo rosa, foglie sottostanti Bianco di Zinco + Ocra rossa

Tabella 3. Pigmenti dedotti sulla base delle analisi

Verdi: probabilmente è stato usato il giallo di cromo in miscela con l’oltremare e l’ocra rossa

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