7 Diritto Regionale

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Fonti del Diritto Regionale Avv. Lorenzo De Caro Da più tempo nel nostro Ordinamento si è avvertita l’esigenza di un decentramento amministrativo dello Stato Centrale che avesse quale fine appunto quello di snellire l’apparato centrale e creare organismi decentrati dotati di una autonomia propria. Tuttavia, tale esigenza ha sempre costituito una sorta di minaccia per la centralità dello Stato e non sempre è stata caldeggiata e sviluppata. L’iter formativo e costitutivo delle Regioni in Italia, vuoi per fattori territoriali ovvero per ragioni politiche, è stato estremamente complesso ed articolato. All’indomani della 2^ guerra mondiale vennero ad affacciarsi spinte di natura

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Fonti del Diritto Regionale

Avv. Lorenzo De Caro

Da pi tempo nel nostro Ordinamento si avvertita lesigenza di un decentramento amministrativo dello Stato Centrale che avesse quale fine appunto quello di snellire lapparato centrale e creare organismi decentrati dotati di una autonomia propria.

Tuttavia, tale esigenza ha sempre costituito una sorta di minaccia per la centralit dello Stato e non sempre stata caldeggiata e sviluppata.

Liter formativo e costitutivo delle Regioni in Italia, vuoi per fattori territoriali ovvero per ragioni politiche, stato estremamente complesso ed articolato. Allindomani della 2^ guerra mondiale vennero ad affacciarsi spinte di natura separatista, come accadde per la Regione Sicilia, rispetto alle quali il Governo centrale diede una risposta mediante la nomina dellAlto Commissario, affiancato da una Consulta Regionale. Anche per la Regione Sardegna, venne previsto ed istituito analogo Organo. In data 2.6.1946 fu eletta lAssemblea costituente che ebbe tra laltro il compito di preordinare un progetto di ordinamento regionale. Sin dallinizio, dalle varie parti politiche si aveva una qualche diffidenza in ordine ad un progetto di autonomie locali; solo dopo lanno 1947 si iniziarono a riscoprire limportanza strategica delle autonomie locali e delle istituende Regioni anche al fine di contrastare una idea accentratrice e conservatrice della Stato unitario: leventuale attribuzione di una potest legislativa piena in capo alle Regioni, preoccupava non poco i sostenitori dellidea centralista di uno Stato cos faticosamente raggiunta.

Dopo una serie di rinvii ed incertezze, finalmente con le elezioni del giugno 1970 vennero istituite le Regioni, quanto meno sulla carta; ma fu a seguito dellemanazione delle leggi ordinarie del 22.5.1971 che furono approvati gli Statuti delle Regioni, ed a tale data, pertanto, che si riconduce la loro nascita.

La Regione nel corso del tempo venuta assumendo un carattere di progressiva autonomia che si differenzia rispetto a quella degli altri Enti Territoriali minori e cio Province e Comuni.

Per quanto concerne gli Organi principali di cui si compone la Regione, essi vanno subito Individuati nel Consiglio Regionale, nella Giunta e nel suo Presidente; per quanto invece concerne i suoi elementi costitutivi, essi vanno individuati nel territorio, nella comunit regionale, nellapparato autoritario, ossia nei poteri e funzioni proprie, amministrative e normative di cui la regione pu disporre.

LOrdinamento costituzionale italiano prevede due tipi di Regioni: a statuto Ordinario ed a Statuto speciale, a seconda del minore o maggior grado di autonomia di cui la Regione pu godere.

FONTI DEL DIRITTO REGIONALE

Sono fonti del diritto regionale gli Statuti regionali, le Leggi regionali ed i Regolamenti regionali.

Ogni Regione adotta al suo interno un complesso di norme giuridiche atte a disciplinare il funzionamento dellintero apparato organizzativo della Regione e costituente lOrdinamento giuridico regionale.

Lart. 123 della Costituzione recita che ciascuna Regione dotata di un proprio Statuto quale fonte del diritto proprio della Regione. Gli Statuti delle Regioni Ordinarie sono 15, mentre quelli delle Regioni speciali sono 5 (Sicilia, Sardegna, Trentino Alto Adige, Valle dAosta e Friuli Venezia Giulia).

A mente del menzionato articolo della Costituzione, in forza dello Statuto, le singole Regioni vanno a disciplinare determinate materie, ossia:

forma di governo regionale e principi fondamentali di organizzazione e funzionamento regionale; modalit di esercizio del diritto di iniziativa e di referendum su leggi e provvedimenti regionali;

pubblicazione di leggi e regolamenti regionali;

organizzazione e funzionamento del Consiglio delle Autonomie locali.

Sia la Costituzione che lart. 5 della Legge costituzionale n.1 del 1999, prevedono e disciplinano la forma di governo per le Regioni; tuttavia, ciascuna Regione pu adottare una forma di governo propria che prescinda e diverga da quella indicata dalle normative su richiamate le quali ordinariamente prefigurano una forma di governo di tipo parlamentare.

Per quello che ci riguarda da vicino, bene ricordare che lo Statuto della Regione Calabria stato modificato di recente mediante legge regionale n. 3 del 19.1.2010: detta fonte normativa si caratterizza per la sua flessibilit e semplicit in modo da essere facilmente intellegibile e fruibile da tutti i cittadini calabresi.

Nella sua prima parte si valorizza il concetto di autonomia della Regione Calabria nellambito per della Repubblica Italiana e della Unione Europea.

Elementi costitutivi fondamentali della Regione sono oltre al suo territorio cos variegato e ricco di molteplici risorse, anche e soprattutto le varie comunit presenti sul territorio anchesse ricche di tradizioni e caratteristiche ben distinte luna dallaltra.

Invero, le Regioni in forza degli Statuti attuali, possono adottare una forma di tipo parlamentare puro ossia possono scegliere se far eleggere il Presidente direttamente dal Consiglio e non dagli elettori direttamente.

Oltre ai contenuti tipici dello statuto siccome previsti e disciplinati dallart. 123 Cost., possono essere previste delle norme che sono contenute nei vari Statuti che prevedano delle funzioni e compiti specifici ovvero delle aree di intervento politico o legislativo diversi rispetto a quelli tradizionalmente racchiusi nella suddetta norma di rango costituzionale.

In ordine al procedimento di adozione degli Statuti Regionali, occorre sempre avere riguardo allart. 123 Cost., laddove si dispone che il Consiglio debba approvare lidentico testo per due volte a distanza non inferiore ai due mesi con la maggioranza assoluta dei consiglieri (met pi uno dei Consiglieri).

Detto procedimento risulta aggravato rispetto al procedimento di formazione delle leggi regionali laddove invece previsto che il Consiglio si esprima una sola volta ed a maggioranza semplice.

Dopo la sua approvazione, lo Statuto, ovvero la delibera statutaria, deve essere pubblicata sul Bollettino Ufficiale regionale; entro trenta giorni dalla pubblicazione, il Governo centrale pu impugnare lo statuto per eventuali violazioni dei principi costituzionali.

Inoltre laddove 1/5 dei consiglieri regionali ovvero 1/50 degli elettori regionali lo richiedano, lo statuto potr essere sottoposto al vaglio del referendum regionale.

Decorsi i tre mesi senza che sia intervenuta una eventuale impugnazione dello Statuto dinnanzi la Corte Costituzionale ovvero senza che sia richiesto un eventuale referendum, prevista una seconda pubblicazione a seguito della quale lo Statuto entra pienamente in vigore.

E bene precisare che prima della entrata in vigore della legge costituzionale n. 1/1999, lo Statuto era adottato dalla Regione a maggioranza assoluta dei componenti ma con una sola deliberazione.

Nel sistema delle fonti del diritto, lo statuto regionale si colloca quale fonte primaria ossia immediatamente sottoposte alla sola Carta Costituzionale e sovraordinata alle altre fonti secondarie ossia i regolamenti governativi e le stesse leggi regionali.

Il sistema delle fonti del diritto regionale appare nel corso del tempo caratterizzato da una connotazione di complessit derivante dalla diversificazione e pluralit degli aspetti che vanno a costituire una societ altrettanto complessa ed articolata da sottoporre a disciplina.

Sono tali e tanti i fatti umani e gli atti (giuridici) che possono diversamente combinarsi tra di loro, che appare estremamente difficile racchiuderli in un sistema unitario ben definito.

La spinta autonomistica delle Regioni tende a realizzare quella propensione naturale delle stesse a produrre norme giuridiche proprie in grado di incidere sensibilmente nel tessuto locale e sociale peculiare di una data collettivit regionale.

Esistono alcuni strumenti idonei a fronteggiare ed adeguarsi alla complessit sempre crescente dei vari assetti regionali: ad esempio le tecniche di valutazione e di analisi di impatto della regolamentazione e lanalisi tecnico-normativa.

In ogni caso, non si dovrebbe prescindere di considerare il livello e la capacit di produzione normativa del singolo Consiglio regionale, o meglio dei singoli consiglieri regionali di volta in volta considerati, al fine di poter valutare concretamente la reale capacit ed il serio spessore dei principali attori politici nel produrre delle buone norme regolatrici della realt in cui essi stessi vivono.

Detta esigenza appare oggi oltremodo avvertita seriamente avendo riguardo alla recente riforma del titolo V parte II della Costituzione intervenuta nellanno 2001, in forza della quale le competenze normative ed amministrative di Stato e Regioni, sono state ridefinite secondo criteri dinamici anche se di difficile inquadramento (vedasi i principi di sussidiariet, di leale collaborazione ecc.).

La legge regionale nelle fonti del diritto.

Leffettiva collocazione della legge regionale nellambito del sistema delle fonti del diritto, ha sempre destato in dottrina non poche difficolt e dubbi atteso che lart. 117 Costituzione originariamente consentiva alle Regioni di adottare norme legislative senza per parlare espressamente di funzioni legislative e cio quelle funzioni demandate esclusivamente alle due Camere del Parlamento.

Considerato che sia la legge statale che quella regionale sono entrambe sottoponibili al sindacato della Corte Costituzionale, ci consentirebbe di ritenere entrambe equiparabili sotto un profilo strutturale.

Fermo restando per che lunico criterio di differenziazione tra le due fonti normative, rimane principalmente quello della competenza.

Ecco perch taluno ha ritenuto di porre la legge regionale su di un piano intermedio tra la legge statale ed i regolamenti comunali e provinciali.

Tuttavia bene chiarire che, tenuto conto di decenni di giurisprudenza e legislazione, altamente improbabile considerare sullo stesso piano la legislazione statale rispetto a quella regionale.

La giurisprudenza costituzionale tendenzialmente ha prefigurato un rapporto di sussidiariet tra lordinamento statale e quello regionale.

Lannoso problema della parificazione o meno della legge statale a quella regionale, sembra affrontato e risolto dal nuovo Titolo V della Costituzione laddove, allart. 117 c. 1 si afferma la piena parit quanto a titolarit di funzioni legislative tra Stato e Regioni. La citata norma infatti recita: La potest legislativa esercitata dalla Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonch dei vincoli derivanti dallOrdinamento comunitari e dagli obblighi internazionali.

Inoltre, dal tenore del successivo art. 118, sembrano addirittura messi sullo stesso piano, quali Istituzioni formatrici della Repubblica, i Comuni, le Province, le Citt Metropolitane, le Regioni e lo Stato.

Ci non toglie che non vi siano dei condizionamenti reciproci tra le fonti statali e quelle regionali.

Il nuovo testo dellart. 117 c. IV Costituzione, prevede una vera e propria inversione del tradizionale criterio della residualit laddove recita:Spetta alle Regioni la potest legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato; per cui, il limite delle materie non pi applicabile, come avveniva nel sistema previgente, alla potest legislativa regionale, bens a quella statale.

Viene pertanto riconosciuta ed attribuita alla competenza legislativa regionale una forza espansiva massima destinata ad operare su tutte quelle materie innominate.

Per modo che lelencazione delle materie di competenza esclusiva dello Stato, costituisce una deroga al principio generale della competenza regionale.

Quanto alla competenza concorrente, di regola viene riservata allo Stato la sola determinazione dei principi fondamentali; di guisa che, qualora lo Stato omettesse di fissare i principi fondamentali, comunque le Regioni potrebbero legiferare per prime.

Ma in ogni caso lo Stato non potrebbe legiferare per primo con norme di principio e di dettaglio su di una materie soggetta a competenza concorrente.

Per quanto concerne i limiti sottesi alla potest legislativa regionale primaria si affacciano diverse considerazioni: intanto, avuto riguardo al dato letterale di cui allart. 117 Costituzione, dovrebbe escludersi la possibilit di far risorgere limiti quali quello dei principi generali dellOrdinamento giuridico o quello delle norme fondamentali delle riforme economiche e sociali.

Del resto lecito anche supporre che la mancata menzione testuale dellinteresse nazionale abbia fatto venir meno nellordinamento il presupposto di un generico e generale potere di indirizzo e coordinamento non pi desumibile dallart. 5 Costituzione, dal quale invece discenderebbe un coordinamento cooperativo della Repubblica rispetto alle autonomie locali.

Per quanto invece attiene al potere sostitutivo previsto dallart. 120 Costituzione (la cui formulazione non poco complessa), il cui secondo comma in particolare recita: Il Governo pu sostituirsi a organi delle Regioni, delle Citt Metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per lincolumit e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dellunit giuridica o dellunit economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei Governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiariet e del principio di leale collaborazione, esso non sarebbe applicabile alle inadempienze del Legislatore regionale, bens afferirebbe esclusivamente allattivit amministrativa regionale.

A proposito del problema interpretativo relativo alla legislazione concorrente pure rinvenibile nella nuova formulazione dellart. 117 Costituzione, non appare sostenibile lidea che la legge regionale potrebbe fissare dei principi in quelle materie per le quali manchi una legislazione cornice nazionale.

Occorre ribadire che non si pu configurare necessariamente una prevalenza tout court della legge statale su quella regionale, ma opportuno ritenere che in ogni caso quando si tratta di definire principi fondamentali su determinate materie, essi debbano essere stabiliti necessariamente da legge statale.

Un rilievo a questo punto pu essere mosso rispetto alla nuova formulazione costituzionale dellart. 117: ossia, considerata la soppressione del controllo preventivo di costituzionalit in ordine alle leggi regionali, non sono stati previsti strumenti chiari ed idonei a sopperire alle eventuali inadempienze del legislatore regionale rispetto al mancato adeguamento ai principi fondamentali posti dal legislatore statale.

Occorre anche segnalare la possibilit di una interferenza tra fonti laddove ad esempio su talune materie di competenza esclusiva statale quali lordinamento civile, la tutela della concorrenza, possa ugualmente estrinsecarsi una funzione normativa regionale; in quanto dette materie possono collidere con altre soggette a legislazione concorrente o primaria regionale.

In caso di mancato adeguamento della legislazione regionale a quella statale, pare sia attualmente esperibile quale unico rimedio il controllo in via incidentale della Corte Costituzionale: oltre tutto detto rimedio spesso appare inutile con riguardo alla circostanza che la Regione solitamente ha sei mesi per adeguarsi alla legge statale e spesso un eventuale conflitto fra Stato e Regione si dipana in via del tutto naturale poich entro il termine di sei mesi la Regione riesce ad adeguarsi al principio fissato con legge statale rendendo inutile lesperimento della fase giurisdizionale dinanzi il Giudice delle leggi.

Anche rispetto alla nuova elaborazione del Titolo V della Costituzione, si assistito, sia ad opera di talune rappresentanze politiche a livello centrale che ad opera di rappresentanze delle Regioni, ad atteggiamenti di arroccamento a posizioni proprie ben distanti da una visione armonica di un quadro complessivo unitario che tenesse conto delle esigenze ed istanze promananti dai vari attori politici in campo.

Basti pensare alle istanze e rivendicazioni dei Comuni che spesso sembrano dimenticare di essere collocati in un ambito territoriale pi ampio ed unitario.

Esiste la possibilit per la legislazione statale di intervenire nelle materie di competenza regionale, mediante lo strumento della c.d. clausola di cedevolezza.

Tenuto conto per dellinserimento della legge regionale nel sistema delle fonti, occorrerebbe considerare sminuita nel contesto del nuovo Titolo V della Costituzione, la legittimit della normativa statale cedevole.

Invero, si fa riferimento alla riserva con precipuo riferimento alla competenza statale: infatti lart. 117 comma II elenca una serie di materie espressamente demandate alla legislazione statale esclusiva e cio: politica estera e rapporti internazionale dello Stato; immigrazione; rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose; difesa e Forze armate; sicurezza dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi; moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza, sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie; organi dello Stato e relative leggi elettorali; referendum statali; elezione del Parlamento Europeo; ordinamento ed organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali; ordine pubblico e sicurezza, ad esclusione della polizia amministrativa locale; cittadinanza, stato civile ed anagrafi; giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; norme generali sullistruzione; previdenza sociale; legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citt Metropolitane; dogane, protezione dei confini nazionali profilassi internazionale, pesi, misure e determinazioni del tempo; coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dellamministrazione statale, regionale e locale; opere dellingegno; tutela dellambiente, dellecosistema e dei beni culturali.

Si afferma invece al successivo comma IV che in via residuale spetta alle Regioni la competenza legislativa non riservata allo Stato; derivando da ci che il termine riserva sembra afferire essenzialmente alla legislazione statale e non anche a quella regionale.

Nel nuovo regime delle competenze, in sostanza, risulta aumentato lambito oggettivo materiale su cui opera la competenza regionale concorrente.

Da non trascurare in ogni caso il problema dellassenza di un controllo di costituzionalit in ordine al mancato adeguamento della legislazione regionale rispetto a quella statale.

Se si ritiene operante il potere sostitutivo previsto dallart. 120 Cost. solo con riferimento allattivit amministrativa, cosa accadrebbe se fosse la legge regionale a non adeguarsi a quella statale? Questo aspetto nellottica del nuovo assetto del Titolo V della Costituzione, costituisce una problematica importante attesa la trasversalit di talune materie statali e lincidenza della legislazione regionale in un ambito materiale pi articolato ed ampio.

Leffettivo posizionamento della legge regionale nel sistema delle fonti, dipende proprio dalla risoluzione di detto problema: se si ritiene operante una abrogazione immediata della legge regionale che incida su materie trasversali, si porrebbe in serio dubbio la sussistenza di una separazione netta tra i due ordini di fonti, quello statale e quello regionale.

In definitiva per avvalorare il regime della separazione occorre rimarcare lobbligo dadeguamento e del possibile ricorso statale in caso di inerzia regionale; continuando del resto a mantenere operante la prassi della normativa statale cedevole.

Nella stesura del nuovo Titolo V, non mancato un serrato confronto tra Governo e Regioni in ordine alla competenza concorrente, forse a causa del numero cospicuo di materie nuove dai confini non molto precisi.

La Conferenza dei Presidenti delle Regioni ha da subito manifestato lesigenza per le Regioni di poter legiferare nelle materie oggetto di competenza concorrente.

A questo punto utile ricordare il comma III dellart. 117 Cost. il quale cos dispone:Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con lUnione Europea delle Regioni; commercio con lestero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva lautonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno allinnovazione per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; protezione civile; governo del territorio, porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dellenergia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivit culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale. Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potest legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

E ovvio, per, che le Regioni possano esercitare le loro funzioni legislative solo mediante un assetto organizzativo proprio adeguato e supportato da congrue risorse anche di natura finanziaria, altrimenti dette funzioni appaiono solo astrattamente riconducibili alle stesse.

Pertanto, solo a seguito di un reale trasferimento di risorse economico-finanziarie possibile concretamente ipotizzare una effettiva funzione legislativa concorrente in capo alle Regioni.

Ed per tali ragioni che auspicabile che i futuri emanandi d.d.l di attuazione del nuovo Titolo V della Costituzione, prevedano termini e modalit precisi per garantire alle Regioni risorse effettive e certe atte a consentire lesercizio di una attivit legislativa propria senza un appesantimento di oneri che ne comprometterebbe detta funzione.

I Regolamenti Regionali

A mente dellart. 117 c. VI della Costituzioni, le Regioni esercitano la potest regolamentare in tutte quelle materie non espressamente demandate alla potest legislativa esclusiva dello Stato.

In ordine inoltre alle funzioni regolamentari regionali occorre pure richiamare altre due norme della Carta Costituzionale: anzitutto lart. 123 della Costituzione laddove si prevede che negli Statuti regionali vengono fissate le disposizioni concernenti la pubblicazione dei regolamenti regionali; e ancora lart. 121 Cost. che demanda al Presidente della Giunta Regionale il potere di emanazione dei regolamenti regionali.

Prima della emanazione della Legge Costituzionale n. 1/1999, spettava al Consiglio regionale il compito di approvare i regolamenti regionali, senza che la Giunta potesse interferire in detto procedimento.

Lart. 1 L.Cost. n. 1/1999, intervenuta sulla formulazione originaria dellart. 121 Cost. eliminando il riferimento esclusivo al Consiglio regionale quale organo unico atto allemanazione dei Regolamenti regionali, cos consentendo la potest regolamentare anche ad altri Organi della Regione.

Dal combinato disposto dellart. 117 c. 6 Cost. e 121 Cost. nuova formulazione, si evince che le Regioni hanno il potere di esercitare la loro potest regolamentare nelle materie di legislazione concorrente ad esse riservate ex art. 117 c. 3 Cost, nelle materie residuali di cui allart. 117 c. 4 Cost. e nelle materie previste dallart. 117 c. 2 Cost. di legislazione esclusiva statale in ordine alle quali lo Stato abbia conferito delega alle Regioni di esplicitare attivit di formazione secondaria.

In sostanza le Regioni hanno piena potest regolamentare in tutte quelle materie per le quali pure esercitano potest legislativa, anche se, ovviamente, lemanazione di una fonte di rango principale, quale pu essere la legge, ha un impatto diverso e maggiore rispetto alla emanazione di una norma regolamentare appartenente ad una fonte di rango secondario.

La scelta se avvalersi o meno di una legge piuttosto che di un regolamento, il pi delle volte viene demandata alle espresse previsioni contenute nei singoli Statuti regionali o alle previsioni delle leggi statali di attribuzione dei compiti legislativi alle Regioni.

Ciascuna Regione adotta con il proprio Statuto procedure di approvazione dei propri regolamenti diverse luna dallaltra, anche se, generalmente, la maggior parte degli Statuti demandano ai Consigli regionali la potest regolamentare delegata dallo Stato nelle materie di competenza esclusiva statale.

Pertanto, se vero che ad esercitare le funzioni regolamentari possono essere alternativamente sia il Consiglio che la Giunta (ad eccezione della Regione Puglia la quale non prevede la potest regolamentare statale delegata al Consiglio), non possibile riconoscere analoga potest in capo al Presidente o al singolo Assessore regionale.

Per quanto concerne la potest regolamentare statale delegata alla Regione, interessante prendere in considerazione proprio lo Statuto della Regione Calabria il quale allart. 43 c.2 prevede che il Consiglio regionale esercita la potest regolamentare nella forma dei regolamenti di attuazione e di integrazione in materia di legislazione esclusiva delegata dallo Stato; ossia, lo Statuto della Regione Calabria non solo ha previsto la titolarit in capo alla Regione medesima della detta potest, ma ne ha previsto anche la forma di esercizio.

Per quanto concerne la procedura di emanazione dei regolamenti, basti ricordare che gli stessi, in seguito alla emanazione ad opera dei Consigli o della Giunta, vengono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione, di regola nei modi e termini previsti per la pubblicazione delle leggi regionali, anche se presentano numerazione distinta e separata.

Generalmente tutti gli Statuti delle Regioni configurano la potest regolamentare come subordinata a quella normativa primaria ed individuano nella Giunta lorgano deputato alla loro approvazione; fa eccezione la Regione Marche laddove prevalentemente il Consiglio deputato allapprovazione dei regolamenti.

A proposito della tipologia della potest regolamentare, interessante riferire il contenuto dellart. 44 c. 1 dello Statuto della Regione Puglia a termini del quale alla Giunta: spetta la potest regolamentare nella forma dei regolamenti esecutivi, di attuazione, dintegrazione, di guisa che dette tipologie di regolamento, potrebbero annoverarsi nellambito della normativa regionale.

Invece, lart. 27 c. 2 dello Statuto della Regione Piemonte dispone che: la potest regolamentare spetta alla Giunta regionale, secondo i principi e le modalit dettati dalla legge regionale.

In ordine poi allattuazione del diritto comunitario interessante riportare quanto dispone lart. 43 c.4 dello Statuto della Regione Calabria laddove previsto che lattuazione degli atti dellUnione Europea avvenga con legge o regolamento regionale a seconda delle rispettive competenze, di modo che viene riconosciuto in capo alla Regione Calabria un potere regolamentare di recepimento del diritto comunitario assai forte e diretto quanto meno nelle materie di competenza regionale.

A proposito della procedura di approvazione dei regolamenti regionali, appare opportuno citare ad esempio quanto dispone lart. 44 c. 2 dello Statuto della Regione Puglia, in forza del quale viene previsto che i regolamenti debbano essere sottoposti al parere preventivo obbligatorio, non vincolante delle Commissioni consiliari permanenti competenti per materia, che si esprimono entro il termine di trenta giorni, decorso il quale si intende favorevole. Non solo, in caso di necessit ed urgenza la Giunta pu adottare il regolamento salvo successiva acquisizione del suddetto parere.

Per quanto riguarda la Regione Piemonte, invece prevista lobbligatoriet del preventivo parere consiliare competente prima della adozione di un regolamento in materia di attuazione e recepimento di atti dellUnione Europea.

Anche per la Regione Umbria previsto il parere obbligatorio della commissione consiliare competente per materia prima della emanazione di qualsivoglia Regolamento.

A proposito della procedura di controllo prevista dalla Regione Calabria, occorre far riferimento allart. 57 c. 5 lett. C) a mente del quale viene stabilito che la Consulta statutaria possa esprimere il proprio parere in ordine alla compatibilit di proposte di legge o di regolamento con lo Statuto; non solo, al successivo comma 7 del citato art. 57, viene previsto che il parere negativo della Consulta Statutaria, obbliga il Consiglio a procedere con motivata decisione adottata a maggioranza assoluta.

Tuttavia va considerato che lart. 35 c. 8 dello Statuto regionale calabrese stabilisce che le sedute della Giunta non sono pubbliche, salva diversa decisione della stessa Giunta; inoltre il comma 7 del citato articolo prevede che le deliberazioni di Giunta sono valide se presente la maggioranza dei suoi componenti e se sono assunte a maggioranza dei presenti.

Deriva da ci che, leventuale parere negativo della Consulta statutaria, potrebbe costringere la Giunta a decidere a maggioranza assoluta e non relativa; tuttavia, proprio lassenza di pubblicit dei lavori giuntali potrebbe costituire un ostacolo con riguardo ad esempio a quei regolamenti per la cui approvazione non sia chiaramente indicata la maggioranza con cui siano stati approvati.

Per la Regione Liguria invece spetta a ciascun Consigliere e alla Giunta liniziativa per i Regolamenti e per gli atti amministrativi di competenza consiliare.

Viene pertanto riconosciuto al singolo Consigliere di dare impulso alla approvazione di un Regolamento il cui iter in ogni caso prevede tutti i successivi passaggi procedurali normalmente adottati dalle altre Regioni.

Per la Regione Emilia Romagna invece viene stabilito che i Regolamenti siano emanati con decreto del Presidente della Giunta Regionale previa deliberazione della Giunta Regionale su proposta degli assessori competenti.

Gli Statuti delle Regioni Calabria, Lazio e Marche, ammettono la sottoposizione a referendum abrogativo totale o parziale non solo delle leggi ma anche dei regolamenti regionali.

Espressamente lo Statuto della Regione Piemonte esclude il referendum sul regolamento interno del consiglio regionale, sui regolamenti di attuazione delle leggi dello Stato; analogamente la Regione Umbria non ammette referendum circa labrogazione di norme regolamentari di mera esecuzione di norme legislative, se la proposta non riguarda le relative norme legislative.

E ci pare conforme al dettato costituzionale dellart. 123 Cost. a mente del quale lo Statuto deve disciplinare il referendum sulle leggi e sugli atti amministrativi, non anche sui regolamenti.

E ovvio per che qualora venga abrogata una legge regionale, leffetto travolgente della stessa investirebbe anche i Regolamenti a quella norma connessi; non a caso lo Statuto della Regione Emilia Romagna allart. 20 c. 3 prevede che le abrogazioni delle leggi comportino anche labrogazione delle norme regolamentari ad esse collegate.

Limiti alla proponibilit del referendum abrogativo per i regolamenti sono pure previsti dalla Regione Toscana che vieta la sottoponibilit a referendum abrogativo su Regolamenti aventi carattere di accordi o intese con altre Regioni o con altre Nazioni.

Fonti del diritto regionale nelle Statuizioni della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale rappresenta, come noto, il Giudice delle leggi, ossia verifica se una legge o altra fonte normativa sia conforme ai dettati ed ai principi stabiliti dalla nostra Costituzione.

Qualora un Giudice, nel corso di una causa ravvisi una eventuale illegittimit costituzionale di una norma che chiamato ad applicare, sospende quella causa e rimette la questione proprio alla Corte Costituzionale la quale esamina quella norma in modo da consentire a quel Giudice rimettente di poterla applicare serenamente se riconosciuta in linea con i principi costituzionali e disattenderla qualora non lo fosse.

Analogamente, la rimessione di una norma regionale al vaglio della Corte Costituzionale pu avvenire ad opera del Governo centrale; ecco perch la maggior parte delle Regioni cercano di evitare di approvare norme di dubbia costituzionalit proprio per evitare di incorrere in conflitti di costituzionalit dagli effetti alquanto negativi per le stesse.

La giurisprudenza costituzionale successiva alla entrata in vigore della legge costituzionale nr. 1/1999, ha definito lo Statuto in termini di fonte a competenza riservata e specializzata, ovvero una fonte di autonomia che, seppure costituzionalmente garantita, deve in ogni caso essere in armonia con i precetti ed i principi tutti ricavabili dalla Costituzione (vedasi Sent. 304/2002; 196/2003; 372/2004).

La prassi statutaria ha attenuato quelle tesi di carattere dottrinale secondo cui gli Statuti avrebbero espresso una capacit fondativa di un sistema delle fonti regionali con capacit innovativa e di porre in essere atti aventi quasi forza di legge.

Occorre per segnalare un atteggiamento centralista del Governo per il tramite dellAvvocatura di Stato posto in essere in sede di impugnazione di taluni Statuti rispetto ad una interpretazione angusta e restrittiva delle capacit espansive legislative racchiuse proprio nello Statuto; non solo, spesse volte il Governo ha proceduto ad impugnare solo taluni Statuti rispetto ad atti assolutamente identici ad altri Statuti, probabilmente mosso da intenti di natura politica pi che giuridica.

E interessante riportare il contenuto della sentenza nr. 2/2004 della Corte Costituzionale la quale ha statuito che lo Statuto non pu disciplinare la materia elettorale di guisa che in detta materia la fonte statutaria, bench possa svolgere un ruolo di fonte normativa affievolita e ridotta, non pu prefigurare ladozione di un determinato sistema elettorale, n pu prevedere lindicazione sulla scheda elettorale del Presidente e del V. Presidente, n pu fissare i limiti di due mandati per il Presidente, n stabilire forme di incompatibilit affievolite tra Consigliere ed Assessore.

Per quanto invece concerne le Regioni a Statuto speciale, la legge costituzionale nr. 2/2001 consente loro anche nellambito della materia elettorale di poter esprimere una potest legislativa e normativa seppure nei limiti dei principi fissati dalla legge statale cornice.

Da segnalare inoltre, visto che riguarda il ns. statuto Regionale calabrese, la sentenza nr. 2/2004 della Corte Costituzionale che ha dichiarato lillegittimit costituzionale dellart. 38 c. 1 lett. E) della delibera statutaria della Regione Calabria nella parte in cui va a disciplinare il sistema di elezione ed i casi di ineleggibilit ed incompatibilit del Presidente e degli altri componenti la Giunta e dellart. 33 c. 7 stesso Statuto nella parte in cui poneva il divieto di ricoprire la carica di Presidente della Giunta per pi di due mandati consecutivi.

Con la sentenza nr. 379/2004 viene fissato dalla Alta Corte il principio secondo cui gli statuti regionali possono ed in un certo senso debbono imporre una struttura motivazionale agli atti normativi; e ci in forza del generale principio dellobbligo di motivazione che deve essere messo a fondamento della maggior parte degli atti amministrativi generali.

Altra interessante sentenza la nr. 372/2004 che riconduce la materia referendaria allautonomia statutaria delle Regioni laddove statuisce che: alle Regioni consentito di articolare variamente la propria disciplina relativa alla tipologia dei referendum previsti in Costituzione, anche innovando ad essi sotto diversi profili, proprio perch ogni Regione pu liberamente prescegliere forme, modi e criteri della partecipazione popolare ai processi di controllo democratico sugli atti regionali; aggiunge da ultimo la Corte: non da ritenere irragionevole, in un periodo di crescente astensionismo elettorale, calibrare il quorum di partecipazione sulle ultime elezioni del Consiglio regionale, i cui atti appunto costituiscono oggetto della consultazione elettorale.

In conclusione, si ritenuto porre laccento sulle principali pronunce della Corte Costituzionale in ordine alle fonti statutarie e non del diritto regionale, con lintento certamente di non essere esaustivo ma di porgere spunti interessanti anche per possibili non addetti ai lavori quali possono essere gli Agenti cui precipuamente rivolto questo lavoro, al fine di fornire loro elementi essenziali e fondamentali della materia.

CAPITOLO II

Avv. Lucia De Benedetto

La riforma del Titolo V Cost.

La Carta Costituzionale che, come noto, la conclusione di un travagliato periodo della nostra recente storia, affonda le sue origini nella crisi dello stato-liberale ottocentesco e trova la sua estrinsecazione allindomani della seconda guerra mondiale, rivela la pregnanza di diversi valori, proponendo al legislatore ordinario la via da seguire nella tutela di essi, segnandone anche la misura del quantum e del quomodo di essa.

Levoluzione di tali valori ed il modo in cui essi transitano nella Carta Costituzionale costituiscono il quadro in cui il Legislatore ha dovuto muoversi, dimostrando, nel tempo, una mutata ed oscillante sensibilit verso essi, legata al mutare dei tempi e della societ: tale fenomeno ha avuto grande spessore con la riforma del Titolo V della Costituzione anche in relazione alle sue implicazioni.

I tratti salienti del nostro Stato emergono immediatamente dalla Costituzione ed evidenziano i caratteri di stato democratico, interventista e decentrato, evocando diverse esigenze di tutela ed una nuova visione di quel predetto rapporto libert-autorit.

LAssemblea Costituente si orientata a promuovere il ns Stato verso il decentramento amministrativo gi nel dopoguerra e, via via nel tempo, con ladozione della riforma del Titolo V della Carta Costituzionale il decentramento si sempre rafforzato lambendo anche altri ambiti.

Ci ha necessariamente comportato uno spostamento delle sfere di autonomia e di potere verso il livello di governo pi basso che per ha dovuto essere conciliato e coordinato con necessit di ordine generale di garanzia di valori che hanno ambiti e impatto territoriale pi vasto e nazionale che hanno dovuto assumere rilevanza a livello di potere decentrato e collegato a dimensioni territoriali minori.

Allorch il decentramento amministrativo ha comportato la traslazione di competenze, poteri e aree di intervento dello Stato verso gli Enti Locali quali organizzazioni pi vicine al singolo cittadino reputate quindi di per s idonee a meglio soddisfare le esigenze di tutela della societ-, anche la coscienza sociale mutata virando verso una diversa percezione della propria sicurezza che ha spinto verso la perdita del carattere precipuamente e squisitamente statuale. Il relativo monopolio dello Stato ha ceduto ambiti di operativit a favore di una gestione decentrata per rispondere a necessit materiali sempre pi avvertite ai livelli pi bassi della societ.

La riforma del Titolo V della Costituzione ha rafforzato i poteri e le aree di intervento degli Enti Locali ampliando il decentramento amministrativo e che ci ha determinato una diversa gestione, rilevanza e percezione dei valori.

E innegabile che il rafforzamento del decentramento abbia accelerato la spinta a promuovere i valori costituzionali, rimuovendo quegli ostacoli che a livello locale ne impediscono la loro percezione e realizzazione a favore di un maggiore benessere e qualit della vita, sacrificando per qualche verso la dimensione statuale degli stessi. Parallelamente anche il momento di azione mirato alla tutela di tali valori si spostato da una area interventista, verso una di prevenzione e propulsione quasi educativa, che richiama un intervento politico-amministrativo locale e non pi e non solo statuale.

Andando con ordine va detto che la riforma del Titolo V della Costituzione entrata in vigore l8 novembre 2001, dopo un lungo iter normativo: il Senato, con deliberazione adottata l8 Marzo 2001, ha approvato la Legge Costituzionale n. 3/2001 (riforma Titolo V della Costituzione [artt. 114132 Cost.] disciplina delle autonomie locali) con una maggioranza inferiore a quella richiesta (maggioranza qualificata dei due terzi dei membri delle Camere) e per questo tale legge stata sottoposta a referendum confermativo il 7 ottobre 2001, il quale si concluso con esito favorevole allapprovazione della legge (il 64% dei votanti si espresso per il s) che poi entrata in vigore il mese successivo. Si pu affermare che la legge ha operato una costituzionalizzazione di quel decentramento amministrativo a Costituzione invariata introdotto in virt della produzione legislativa del Ministro della Funzione Pubblica On. Bassanini. Grazie alle leggi del 1997 nn. 59 e 127 stato finalmente introdotto nel nostro ordinamento il principio di sussidiariet (principio di derivazione comunitaria che ha trovato affermazione grazie al Trattato di Maastricht il quale ha dato vita alla Unione Europea realizzando la fusione e il superamento delle Comunit Europee).

L'art. 1 della legge in esame modifica lart. 114 Cost.: la prima novit quella di riconoscere la distinzione tra Repubblica e Stato, ponendo questultimo sullo stesso piano, dal punto di vista istituzionale, di Regioni, Province, Citt metropolitane e Comuni (nel testo previgente si limitava a prevedere la ripartizione dello Stato Repubblica in Regioni, Province e Comuni).

La riformulazione del 1 comma, inverte il precedente ordine degli enti territoriali indicati ed evidenzia il rilevante ruolo riconosciuto al Comune inteso quale ente di base, il pi vicino ai cittadini, chiamato in via primaria a soddisfare i loro interessi, nel rispetto del principio di sussidiariet. Rilevante la espressa previsione costituzionale delle Citt metropolitane, introdotte dalla L. 142/90 e ora riconfermate e regolamentate dal Testo Unico degli Enti Locali (artt. 23 ss. del D.lgs. n. 267 del 2001).

Maggior significato sostanziale ha il 2 comma in quanto sancisce lautonomia statutaria di tutti gli enti sopra indicati; tale autonomia, infatti, se per le Regioni era gi costituzionalizzata dallart. 123 Cost., per Comuni, Province ed altri enti locali, era stabilita soltanto a livello di legislazione ordinaria (art. 6 T.U. Enti Locali). Di pari rilievo il riconoscimento che gli statuti, i poteri e le funzioni delle autonomie locali sono assoggettati ai princpi fissati dalla Costituzione: tale affermazione sembra voler elevare gli statuti locali al rango di fonti primarie, non pi soggetti ai princpi stabiliti dalle leggi dello Stato, ma solo a quelli costituzionali. Tuttavia, se tale natura risulta indiscussa riferendoci agli statuti regionali, approvati con legge regionale ex art. 123 Cost., pi ardua appare la qualificazione in questi termini degli statuti degli altri enti locali che, a norma del citato art. 6 TUEL, sono adottati con deliberazione consiliare e soggiacciono ai princpi dello stesso Testo Unico, in quanto qualificati dalla prevalente dottrina quali fonti sub-primarie. A conferma di ci sta anche la disposizione del nuovo art. 117 (come modificato dalla legge costituzionale n. 3/2001), che attribuisce alla potest legislativa esclusiva dello Stato la materia della legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Citt Metropolitane (comma 2, lettera p); gli statuti locali saranno quindi chiamati a muoversi nella cornice dettata dalla legge statale. Il 3 comma dellart. 114, infine, istituzionalizza lo status di Roma capitale dItalia, prevedendo che il suo ordinamento sia disciplinato con legge statale; in tal modo si riconosce la peculiare posizione ed importanza della citt Capitolina per la Repubblica Italiana.

La nuova formulazione dellart. 114 ha determinato la abrogazione degli artt. 115 e 128 Cost. le cui disposizioni sono state trasposte in quelle sopra richiamate.

Lart. 2 legge costituzionale n. 3/2001, introduce il terzo comma dellart. 116 Cost., prevedendo la possibilit di concedere alle Regioni a statuto ordinario, attraverso la legge dello Stato, quelle forme e condizioni particolari di autonomia, proprie delle Regioni a statuto speciale in virt delle previsioni del 1 comma dello stesso articolo. Tale disposizione si riferisce alle materie espressamente individuate ai commi 2 e 3 dellart. 117 (ovvero quelle di competenza esclusiva dello Stato e di competenza concorrente Stato-Regioni) e probabilmente sostanzia unattribuzione di potest legislativa esclusiva alle Regioni a statuto ordinario che si va ad aggiungere a quelle individuate dal 4 comma dellart. 117 (parliamo infatti di regionalismo differenziato).

Intervento significativo della riforma rappresentato dalla nuova formulazione dellart. 117 Cost., il quale disciplina la distinzione tra potest legislativa dello Stato e potest legislativa delle Regioni (ordinarie). La nuova formulazione ribalta completamente limpostazione precedente dove erano indicate tassativamente le materie nelle quali le Regioni potevano legiferare (in concorrenza con lo Stato) mentre in tutte le altre vi era potest legislativa esclusiva dello Stato; ora invece sono elencate tassativamente le materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato (comma 2) e alla legislazione concorrente Stato Regioni (comma 3), mentre si afferma che spetta alle Regioni la potest legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata in base ai commi precedenti (comma 4).

Abbiamo cos una competenza legislativa regionale residuale che rispecchia la residualit delle funzioni amministrative regionali disciplinata dallart. 1 della L. n. 59 del 1997 (Bassanini 1) e riconfermata dal D.lgs. 112/98 che ha dato attuazione alla legge stessa.

Il principio di residualit ci porta a sostenere che, laddove non sia espressamente indicato altrimenti, una materia deve ritenersi oggetto di potest legislativa da parte delle regioni; per quanto riguarda la potest regolamentare il 6 comma dispone che lo Stato la mantiene soltanto nelle materie in cui ha potest legislativa esclusiva, mentre spetta alle Regioni la possibilit di intervenire con regolamento nelle materie concorrenti ed in quelle esclusivamente riconosciute di competenza regionale. Nella potest legislativa concorrente troviamo sempre la norma dello Stato che detta i principi generali e la norma regionale che d attuazione agli stessi.

Sono attribuite esclusivamente allo Stato tutte quelle funzioni che non possono trovare disciplina se non a livello statale, in quanto attinenti a rapporti internazionali (politica estera, diritto dasilo e diritti di cittadini extracomunitari, dogane), riguardanti diritti fondamentali delle persone (ordinamento civile e penale, norme processuali, cittadinanza, difesa e ordine pubblico, previdenza sociale, tutela dellambiente), inerenti lorganizzazione dello Stato (legislazione elettorale, ordinamento degli enti pubblici nazionali), o infine, perch necessitano di una regolamentazione a livello unitario su tutto il territorio della Repubblica (moneta, sistema valutario e tributario, perequazione delle risorse finanziarie).

Rilevante il riconoscimento alle Regioni della possibilit di entrare a diretto contatto con altri Stati o enti di altri Stati: il 9 comma del nuovo art. 117, prevede che nellambito delle loro competenze, le Regioni possono concludere accordi con Stati e intese con enti territoriali interni ad altro Stato nel rispetto della procedura fissata con legge dello Stato. Questa possibilit di porsi direttamente in rapporto con altri enti stranieri rappresenta un rilevante passo verso una piena autonomia delle Regioni (anche se la politica internazionale italiana deve pur sempre mantenere una certa unit di indirizzi).

Di estrema innovazione rispetto alla vecchia formulazione risulta lart. 118, in tema di funzioni amministrative.

Mentre il testo precedente le attribuiva alle Regioni o allo Stato secondo il cd. principio del parallelismo, in base al quale tali funzioni erano riconosciute nelle stesse materie in cui gli stessi avevano lesercizio della potest legislativa, la nuova disposizione le conferisce di norma ai Comuni, salva lattribuzione a Province, Regioni o Stato, qualora necessitino di un esercizio unitario ovvero riguardino interessi che trascendano la realt comunale. In sostanza la norma in esame non fa altro che recepire a livello costituzionale il principio di sussidiariet, espressamente richiamato insieme a quelli di differenziazione ed adeguatezza. Questultimo riguarda la verifica dellidoneit organizzativa dellamministrazione rispetto al corretto esercizio delle funzioni ad essa attribuite; la differenziazione, invece, ci porta a considerare le diverse caratteristiche (strutturali, territoriali e anche demografiche) degli enti cui si vogliano conferire poteri amministrativi al fine di rendere effettivo ed efficace il decentramento, in modo che le funzioni siano trasferite ad organi in grado di svolgerle correttamente, senza legittimare poi interventi sostitutivi di enti superiori. Il 4 comma del nuovo art. 118 applica il principio di sussidiariet anche ai rapporti tra enti locali e cittadini: sono infatti favorite le iniziative per lo svolgimento di attivit di interesse generale ( quello che la dottrina chiama principio di sussidiariet orizzontale).

Venendo allart. 119 Cost. sullautonomia finanziaria notiamo come il decentramento giuridico strettamente legato a questultima, in quanto risulterebbe svuotato di ogni rilievo se non fosse accompagnato dalla concessione di adeguati mezzi economici per la sua attuazione. Prima novit rispetto al testo precedente laffermazione dellautonomia finanziaria non soltanto per le Regioni, ma anche per i Comuni, le Province e le Citt Metropolitane. Tale autonomia stata resa pi incisiva stabilendo prima di tutto che si tratta di autonomia di entrata e di spesa (1 comma) e riconoscendo la possibilit per gli enti locali di stabilire propri tributi ed entrate (2 comma). E bene ricordare che in precedenza avevamo un sistema in cui detti enti erano destinatari dei finanziamenti da parte dello Stato: avevamo infatti per le autonomie locali unautonomia finanziaria indiretta. Al fine di evitare che tra le Regioni si creino disparit determinate dalla differente ricchezza economica delle stesse, il 3 comma prevede listituzione con legge dello Stato di un fondo perequativo a favore delle zone pi svantaggiate. Ci in rispondenza con quanto stabilito dalla lettera e) del 2 comma dellart. 117, dove disposta la competenza esclusiva dello Stato sulla materia della perequazione delle risorse finanziarie. Il 5 comma dellart. 119 prevede la possibilit per lo Stato di destinare risorse aggiuntive ed effettuare interventi speciali a favore di determinati enti locali. Larticolo si chiude con una regola volta a prevenire gli sprechi e a contenere la spesa delle autonomie locali: gli enti locali non possono indebitarsi se non per finanziare investimenti. In ogni caso esclusa ogni garanzia dello Stato sui prestiti contratti dagli stessi enti locali (comma 6): la finalit della norma quella di evitare che il nuovo sistema finanziario comporti comunque oneri aggiuntivi per il bilancio statale, senza che peraltro il Governo centrale abbia su tali spese poteri di controllo. Si provveduto cos a responsabilizzare gli amministratori locali, i quali dovranno gestire efficientemente le risorse a loro disposizione, senza poter contare su aiuti provenienti da entit superiori.

Lart. 120 Cost. al primo comma ribadisce quanto gi stabilito nei tre commi del testo precedente, ovvero il divieto per le Regioni di introdurre dazi nei confronti delle altre Regioni o comunque adottare misure che in qualsiasi modo ostacolino la libera circolazione delle persone o delle cose o, ancora, limitare lesercizio del diritto di lavoro. Il 2 comma affida al Governo un potere di intervento sostitutivo nei confronti delle Regioni e degli altri enti locali, qualora essi si rendano inadempienti di fronte alle norme internazionali o comunitarie, oppure in caso di pericolo grave per lincolumit e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dellunit giuridica o dellunit economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Al forte decentramento si affianca cos la funzione dello Stato volta al mantenimento dellunitariet ed uniformit dellordinamento (individuiamo qui un potere di intervento dello Stato che si pone quale competenza trasversale rivolta al recupero di materie non pi esclusivamente statali). Le norme internazionali e comunitarie devono trovare una uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale, mentre si deve evitare che le diverse condizioni economiche presenti nelle varie zone del territorio italiano si traducano in una disparit di trattamento dei cittadini. Tuttavia, al fine di prevenire ogni abuso degli indicati poteri sostitutivi, lultima parte del comma in esame stabilisce che detti interventi siano disciplinati dalla legge ed esercitati nel rispetto dei princpi di sussidiariet e di leale collaborazione (torna a farsi presente quellinteresse nazionale che caratterizzava il precedente ordinamento delle autonomie locali e che stato cancellato formalmente dalla legge costituzionale n. 3/2001).

In rispondenza alla maggiore autonomia degli enti territoriali rilevante la quasi totale scomparsa dei controlli statali sugli enti stessi.

Lart. 9 della legge costituzionale n. 3/2001 ha infatti abrogato lart. 124 Cost. dove era previsto il Commissario di Governo ovvero lorgano decentrato dello Stato che aveva il compito di coordinare le funzioni amministrative centrali con quelle della Regione.

Un simile compito non pi in linea con il nuovo sistema di ripartizione delle competenze e con la scelta di operare il coordinamento secondo il principio di leale collaborazione cui improntata lintera attivit della Conferenza permanente Stato Regioni. Considerando il Commissario di Governo quale figura non pi necessaria, si provveduto a trasferire le funzioni residuali al Prefetto posto a capo del nuovo Ufficio Territoriale di Governo (U.T.G. introdotto dal D.Lgs. n. 300/1999). Larticolo in esame ha disposto anche labrogazione del primo comma dellart. 125 Cost., norma base per la legittimazione dei controlli statali sugli atti amministrativi regionali: prevedeva infatti i controlli di legittimit e autorizzava (ma in via facoltativa) quelli di merito. E importante sottolineare che il sistema dei controlli era gi stato profondamente modificato dalla legge n. 127/1997 (Bassanini-bis): questa aveva di fatto provveduto ad eliminare i controlli di merito e a ridurre quelli di legittimit solo a pochi atti specificamente e tassativamente indicati. Ma labrogazione pi importante quella dellart. 130 Cost. che si occupava dei controlli operati dalla Ragione: la norma prevedeva infatti la presenza del CO.RE.CO., organo regionale di controllo cui dovevano essere inviati tutti atti degli enti locali minori. Acceso dibattito quello che si aperto in merito alla permanenza di detto organo e al suo ruolo nel nuovo assetto ordinamentale dopo labrogazione dellart. 130: molti sostengono che non pi necessario prevedere la sua presenza, altri ne affermano una diminuzione di poteri riconoscendo una residua competenza consultiva dellorgano stesso, altri, infine, ritengono che il venir meno delle previsione costituzionale non necessariamente debba determinare la scomparsa dellorgano di controllo. Sta di fatto che in molte Regioni non pi presente tale organo, nemmeno con poteri consultivi, mentre alcuni atti che in precedenza venivano sottoposti al suo controllo (parliamo di atti concernenti i bilanci degli enti locali) sono oggi inviati al Prefetto in quanto questo rappresenta lunico mezzo per determinare un possibile intervento sostitutivo da parte dello Stato in caso di dissesto.

Lart. 127 Cost. (art. 8 della legge costituzionale n. 3/2001) regolava il controllo del Governo sulle leggi regionali: detto controllo era esercitato in via preventiva tramite un visto che il Commissario di Governo doveva apporre su ogni legge approvata dal Consiglio regionale; il visto poteva essere rifiutato nel caso in cui il Governo ritenesse che la legge controllata eccedesse la competenza della Regione o si ponesse in contrasto con gli interessi nazionali o con quelli di altre regioni. In questultimo caso il Consiglio regionale poteva comunque approvare la legge con maggioranza assoluta dei suoi componenti; al Governo restava la possibilit di adre la Corte Costituzionale (per motivi di legittimit, conflitto di competenza), o le Camere (per motivi di merito, contrasto con gli interessi nazionali), entro 15 giorni dalla comunicazione della delibera del Consiglio. Tale disposizione stata totalmente riscritta dalla legge di riforma, in coerenza con la maggiore autonomia riconosciuta alle Regioni: il Governo pu intervenire solo nel caso che la legge ecceda la competenza regionale, e non pi quindi per i motivi di merito individuati nel contrasto con gli interessi nazionali o di altre regioni; il controllo non pi preventivo, ma successivo (sessanta giorni dalla pubblicazione della legge), di modo che la legge deliberata dal Consiglio sar immediatamente efficace ed esecutiva, salvo una sua abrogazione da parte della Corte Costituzionale. Non si dovrebbe pi parlare di controllo in senso tecnico, poich il Governo si limita a sollevare un conflitto di competenza dinanzi alla Corte Costituzionale attivando il giudizio di legittimit costituzionale in via diretta. Nella stessa linea si pone il secondo comma dellart. 127 Cost. che prevede per la Regione il potere di impugnare direttamente innanzi alla Corte Costituzionale le leggi statali che invadano la loro sfera di attribuzioni.

Infine lart. 132 e lart. 133 disciplinano le modalit di creazione di nuove Regioni, Province e Comuni: la distinzione sta nella natura della legge che dispone la istituzione del nuovo ente ovvero legge costituzionale per la Regione, legge ordinaria per la Provincia e legge regionale per il Comune.

Il significato della riforma Titolo V

Come gi detto, gi allalba del dopoguerra lAssemblea Costituente ha operato una scelta di campo nel definire lo Stato come interventista e decentrato.

Infatti lart. 5 Cost., in una cd dimensione a cascata tra i principi fondamentali, esordisce con la definizione della Repubblica una e indivisibile, per poi scendere a livello pi basso, che riconosce le autonomie locali nel senso di attuare i servizi che dipendono dallo stato adeguando anche principi e metodi della legislazione statale per tali esigenze di autonomia e decentramento.

La norma costituzionale prevedeva, dunque, gi un modello organizzativo di distribuzione delle competenze decisionali tra soggetti e organi diversi (sebbene deve ammettersi che il decentramento non solo burocratico ma organico solo quando vengono trasferiti competenze e potest decisorie autonome da organi centrali a organi periferici di uno stesso ente), e, con la riforma costituzionale del Titolo V Cost. attuata con la Legge costituzionale del 18/10/2001 n.3, oggi esaltata lautonomia degli enti locali rafforzando le governance territoriali, distinte ma equiparabili sotto il profilo autonomistico.

La riforma dunque consegna un assetto normativo ed organizzativo-amministrativo totalmente diverso rispetto a quanto in precedenza previsto.

L'esaltata potest normativa, conferita alle autonomie locali nellambito del loro territorio, come fissata dalla riforma costituzionale, ruota intorno ai cd cinque pilastri ovvero:

1.equiordinazione tra diversi livelli di governo territoriale (art. 114);

2.nuovo riparto di competenza legislativa tra lo stato e le regioni (art. 117);

3.nuovo assetto delle competenze amministrative (art. 118);

4.abolizione del sistema dei controlli (Art. 124-125-130);

5.nuovo sistema di finanza locale (att. 119).

Lart. 114 Cost consacra definitivamente la pari dignit e lequiordinazione tra i diversi livelli di governo territoriale, sicch viene generalmente considerato come la disposizione che rivoluziona il tradizionale assetto centralistico nei rapporti tra gli enti territoriali, al fine di configurare un modello di equiordinazione tra Stato, Regioni, Province, Citt Metropolitane e Comuni.

La diversit sta nel fatto che oggi la Repubblica non si riparte in Regioni, Province e Comuni come nel precedente assetto costituzionale ma costituita dagli enti territoriali precedentemente elencati, secondo un principio di parit, pari dignit, di separazione delle competenze e di soggezione ai medesimi limiti, consacrando quindi il principio autonomistico. Tale nuova e diversa concezione impone un necessario limite e dogma non scavalcabile: limposizione di nuovi protocolli fondati sulla leale collaborazione e sul rispetto delle reciproche sfere di autonomia normativa ed organizzativa nellambito dei reciproci rapporti.

Ci non comporta un pericolo per lunit statale n una minaccia di disgregazione. Ed infatti, proprio la Corte Costituzionale, con sent. 274/03, ha dato una chiave di lettura di tutta la riforma del principio di equiordinazione e del principio sostitutivo ovvero del principio di sussidiariet.

La Corte Costituzionale con la citata sent. n. 274/2003 si espressa nei seguenti termini nel nuovo assetto costituzionale scaturito dalla riforma, allo stato sia pur sempre riservata, nellordinamento generale della Repubblica, una posizione peculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui allart. 5 della Costituzione, ma anche della ripetuta evocazione di unistanza unitaria, manifestata dal richiamo al rispetto della costituzione, nonch dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come limiti di tutte le potest legislativa (art. 117 co. 1 Cost.) e dal riconoscimento dellesigenza di tutelare (attraverso lesercizio del potere sostitutivo) lunit giuridica ed economica dellordinamento stesso (art. 120 co. 2 Cost.). e tale istanza postula necessariamente che nel sistema esista un soggetto lo Stato, appunto avente il compito di assicurarne il pieno soddisfacimento.

Anche nella successiva sent. 43/2004 la Corte, riprendendo i principi gi esplicati nella precedente pronuncia, ha ribadito che lo Stato deputato in forza dellunit ed indivisibilit della Repubblica di cui allart. 5 Cost. e che gli interessi facenti capo allo Stato, che n il responsabile del loro mantenimento, sono quelli di unit giuridica e unit economica.

Sicch la Consulta elide in radice il pericolo di anarchia istituzionale e di disgregazione sociale del concetto di unitariet dellordinamento, riconoscendo sempre allo Stato la responsabilit di garantire il pieno soddisfacimento delle istanze unitarie previste dalla Costituzione, escludendo che lart. 114 Cost. comporti una equiparazione totale tra gli enti elencati.

Oggi, nella vigenza degli artt. 114 e 117 Cost., vige un generale principio per il quale la potest legislativa ripartita tra Stato e Regione nel seguente modo: lo Stato ha potest esclusiva e tassativa nelle materie di cui allart. 117 co.2 Cost., mentre alle Regioni la potest legislativa spetta in via residuale in tutte le altre materie non elencate. Tra essi enti devono essere adottati nei reciproci rapporti, protocolli fondati sul principio di leale collaborazione e sul rispetto delle sfere di autonomia organizzativa e normativa. Il principio di pari dignit e di pari equiordinazione tra gli enti, di cui allart. 114 Cost., non totalizzante in quanto i vari livelli di governo territoriale devono comunque espletare i loro poteri nella misura direttamente proporzionale e con una dimensione che fa riferimento agli interessi territorialmente allocati, di cui si proclamano enti esponenziali.

Rimane una potest legislativa concorrente tra Stato e Regione per cui la potest legislativa rimane regionale salvo che la determinazione da parte dello Stato dei principi fondamentali negli ambiti ivi espressamente elencati dallart. 117 co.3 Cost.; le Regioni poi partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari, provvedono alla attuazione ed esecuzione degli accordi sia internazionali che degli atti dellUnione, nel rispetto della procedura stabilita con legge dello Stato che disciplina altres le modalit di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

E stato altres previsto che la potest regolamentare spetti allo Stato nelle materie, tassativamente elencate, in cui si applica la potest legislativa esclusiva, salvo delega regionale; mentre essa spetta alle Regioni in tutte le altre materie.

Tale scelta di campo evidenzia come lordinamento giuridico italiano si sia ispirato ad un modello di regionalismo compiuto in cui il valere delle fonti normative equiparato tra Stato e Regione con differenza emergente dalla considerazione delle materie: allo Stato rimangono gli ambiti in cui per compiti e finalit si ravvisa un interesse nazionale legato al concetto classico di sovranit ovvero politica estera, giustizia, ordine pubblico e sicurezza interna, difesa, ecc, mentre alla Regione sono assegnate le materie sottratte allo Stato; in ambito di legislazione concorrente invece la Costituzione, nellassetto derivante dalla riforma, intende che sia lo Stato a stabilire una legislazione cd di principio affidando il resto alla Regione.

Pertanto mentre resta immutato lambito operativo normativo dello Stato, quello regionale potenzialmente indefinito, stante limpossibilit di ogni previsione ed elencazione, ed suscettibile di allargamento e/o restringimento. Ci costituisce la differenza sostanziale rispetto alla precedente portata normativo-precettiva dellart. 117 Cost. ante-riforma, perch se vero che per quanto riguarda la potest concorrente tra Stato-Regione non vi una grande differenza nello stile di formulazione rimane strettamente necessaria la lettura della norma con il nuovo assetto dei rapporti definito dagli artt. 120 e 127 Cost.

E ovvio che tale nuovo assetto abbia comportato una interpretazione adattata del cd TUEL, anche se tale operazione non ha richiesto grandi sforzi essendo questultimo emanato gi in un clima di cambiamento e rinnovamento che si consacrato a livello costituzionale nella predetta riforma.

Scendendo sempre pi nello specifico. L'art. 117 risulta chiaramente quello pi innovativo sotto due diversi profili: 1)in primo luogo poich detta le linee di base su cui dovranno articolarsi i futuri rapporti tra Stato, Regioni, Unione Europea e Comunit Internazionale; 2)in secondo luogo tale articolo contiene una nuova ripartizione di materie tra Stato e Regioni, elencando -come si gi detto prima- le materie di potetst legislativa esclusiva dello stato, di potest concorrente stato-Regioni e facendo riferimento alla competenza residuale regionale.

Sotto il primo profilo, si pu notare come per la prima volta si faccia riferimento all'Ordinamento Comunitario ed all'Unione Europea.

Il fenomeno dell'integrazione europea era sconosciuto al Costituente e anche in seguito in Italia non i era ritenuto di procedere ad una riforma costituzionale ad hoc che tenesse in considerazione il nuovo ruolo dell'Unione Europea e l'impatto del diritto comunitario sull'ordinamento interno.

Di conseguenza dal momento che in tempi recenti la parte oggetto di modifica della nostra Costituzione stata proprio il Titolo V proprio in questa sede che si fatto riferimento all'ordinamento comunitario.

Le norme contenute del nuovo Titolo V relativamente ai rapporti della Stato e delle Regioni con l'ordinamento comunitario e con quello internazionale possono essere divise in tre gruppi, a seconda che configurino:

-limiti all'esercizio della funzione legislativa dello Stato e delle Regioni (art. 117 co. I);

-materie di competenza legislativa, statale e regionale (art. 117 co. 2 e 3);

-disposizioni specifiche e puntuali, dedicate alla partecipazione delle regioni alla formazione e all'attuazione del diritto comunitario e del loro ;

Sicch il 1 co. Dell'art. 117 prevede la subordinazione della potest legislativa di Stato e Regioni oltre che alla Costituzione, anche ai vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. L'intento del legislatore costituzionale dunque di sancire la prevalenza della normativa internazionale e comunitaria sulla legislazione ordinaria statale e regionale, dal momento che l'ordinamento italiano ha accolto tali fonti internazionali ed europee come sovraordinate. Riferendoci ai limti derivanti dalla normativa comunitaria, dve edirsi che essi hanno effettivamente operato anche prima della legge di riforma, trovando la loro base giuridica nell'articolo 11 della Costituzione, ma si trattava comunque di una forzatura interpretativa del citato articolo.

Se la lacuna costituzionale era inizialmente accettabile, dato che la Costituzione ha visto la luce in un momento storico in cui le relazioni internazionali non erano particolarmente intense e l'integrazione europea era soltanto un obiettivo da raggiungere, oggi appare di primaria importanza riconoscere a livello costituzionale il dovuto pesi del contesto internazionale e dell'Unione Europea. L'articolo 117 ha dunque risposto a questa esigenza con una formula che non lascia adito ad equivoci e che sottopone la potest legislativa statale e regionale ai vincoli derivanti dai Trattati e dalla legislazione comunitaria.

Circa invece l'accennata ripartizione delle materie in ambito di potest legislativa, occorre fare riferimento a quanto era originariamente previsto e quanto stato innovato.

Infatti il vecchio articolo 117, nella sua versione originaria, prevedeva che la Regione emana per le seguenti materie norme legislative nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, sempre ch le norme stesse non siano in contrasto con linteresse nazionale e con quello di altre Regioni; seguiva poi lelenco delle materie. La competenza legislativa residuale in tutte le materie non esplicitamente elencate apparteneva dunque allo Stato.

La nuova formulazione rovescia radicalmente il sistema precedente, procedendo ad una enumerazione tassativa delle specifiche e ben definite materie in cui lo Stato ha una potest legislativa esclusiva, nonch delle materie in cui previsto un potere normativo concorrente tra Stato e Regioni, stabilendo infine che spetta alle Regioni la potest legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato (art. 117, 4 comma). Alla luce delle esigenze proprie delle Regioni, la legge costituzionale n. 3 del 2001 ha esplicitamente individuato le materie di loro competenza legislativa esclusiva (la legge regionale viene cos sottratta per alcune materie alla condizione di atto di integrazione, se non di attuazione, della legge statale, cui nella passata esperienza stata spesso relegata) e, in secondo luogo, attribuisce alle stesse Regioni la possibilit di attivare la propria competenza legislativa esclusiva in alcune materie essenziali, quali sicurezza, sanit, scuola (evitando cos lerrore di una disciplina legislativa statale generalizzata incapace di tener conto delle peculiari situazioni contingenti a livello locale in settori particolarmente importanti e delicati). Viene infine mantenuta una competenza residuale in capo alle Regioni, quale norma di base tale da non lasciare lacune nell'ordinamento e da valorizzare il ruolo cardine delle Regioni stesse. La nuova ripartizione delle materie comporta un mutamento di prospettiva di notevole importanza. Appare quindi fuori luogo una lettura minimalista della disposizione, che striderebbe oltremodo con lo spirito della riforma, intesa ad una revisione profonda degli schemi tramandati. Tale mutata prospettiva deve necessariamente puntare a previsioni e predisposizioni di quegli efficaci strumenti di collaborazione e protocolli tra i diversi livelli come si sopra gi affermato.

Andando al 5 comma dellart. 117, (che ricalca in parte il progetto messo a punto dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (c.d. Commissione DAlema), esso stabilisce che Le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono allattuazione e allesecuzione degli accordi internazionali e degli atti dellUnione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina la modalit di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza. La nuova disposizione crea un vero e proprio obbligo per lo Stato di prevedere forme di partecipazione delle Regioni alla formazione degli atti comunitari, tanto diretta che indiretta. Inoltre, tale previsione deve essere letta congiuntamente al 2 e 3 co. dellart. 117, per cui allo Stato spetta potest legislativa esclusiva riguardo ai rapporti dello Stato con lUnione europea mentre alle Regioni spetta la potest concorrente riguardo ai rapporti con lUnione europea delle Regioni. Nel disciplinare i propri rapporti con lUnione europea e nel dettare i principi relativi ai rapporti delle Regioni con le istituzioni comunitarie, il Parlamento deve rispettare il principio contenuto nel 1 comma dellart. 117, ovvero il rispetto dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e internazionale. La partecipazione alla fase ascendente presenta dunque alcune peculiari connotazioni. Infatti, non si tratta per la Regioni do sostituirsi o affiancarsi allo stato nel processo di formazione dell'atto comunitario, come entit distinte dallo stato, bens di assumere un ruolo attivo nella fase di formazione insieme agli altri organi centrali statali (autorit ministeriali competenti). Nel concreto la partecipazione regionale alla cd fase ascendente di formulazione della normativa comunitaria rappresenta uno dei punti di pi difficile attuazione della riforma costituzionale. Tale conclusione deriva dalla considerazione che in primo luogo le Regioni non godono di posizioni comuni, in secondo luogo perch il rappresentante nazionale dovr adoperarsi per l'individuazione di un interesse comunitario, al di l dell'interesse dei singoli Stati membri e delle loro Regioni, in tutte quelle materie in cui le decisioni devono assumersi a maggioranza qualificata, infine perch le Regioni qualora insoddisfatte dai risultati ottenuti potranno sviluppare contrasti che non possono in alcun modo riflettersi sulla validit dell'atto deciso a Bruxelles e sulla necessit di recepirlo ed eseguirlo.

Ecco perch in una logica di collaborazione e di attuazione di protocolli e intese tra i vari livelli di governo sar importante il lavoro preparatorio all'interno delle relazioni Stato-Regioni che risulta pi efficiente ed agile e caratterizzato da un maggior coordinamento istituzionale.

Per quanto riguarda la cd fase discendente ovvero di partecipazione alla attuazione ed esecuzione degli atti della Comunit Europea, il nuovo testo dell'articolo 117 riforma profondamente il riparto di competenze tra Stato e Regioni. Queste ultime poste in un piano di parit con lo Stato, sono chiamate a dare immediata ed autonoma attuazione alle direttive comunitarie nelle materie di loro competenze esclusiva e, previa indicazione dei principi fondamentali nella legge comunitaria (o in altra legge), nelle materie deferite alla competenza legislativa concorrente di Stato e Regioni.

C' da dire che i Trattati non specificano quale ente debba dare attuazione alla normativa (se Stato o regioni) attribuendo rilevanza alla disciplina interna di ciascun Paese in punto di competenze. Per cui al di fuori delle specifiche prese di posizione (rare) della normativa comunitaria, i problemi di competenza vanno risolti internamente, evidenziando quindi che il diritto comunitario, in generale, non si pone in contrasto con la partecipazione Regionale alla attuazione degli atti comunitari.

La vera barriera costituita dall'atteggiamento statuale cha ha sempre cercato di ritagliare la propria competenza in tale ambito da riservare quindi allo Stato.

Ci non risulta collimare con lo spirito della riforma sebbene questa non sopprime del tutto il ruolo dello stato che, essendo l'unico responsabile nei confronti dell'ordinamento comunitario, ha anche previsto il potere sostitutivo dello Stato per scongiurare il rischio di inadempimento degli obblighi comunitari in caso di inerzia delle regioni.

Il potere sostitutivo dello Stato, che si attiva in caso di mancata attuazione degli obblighi comunitari da parte delle Regioni, stato espressamente contemplato dal 117 co V e dall'art. 120 come riformato. Lo Stato, in quanto unico responsabile nei confronti dell'ordinamento comunitario, si riserva poteri repressivi e sostitutivi: repressivi nel senso che pu impugnare di fronte alla Corte costituzionale le leggi in contrasto con il diritto comunitario (cd ipotesi di ricorso successivo); sostitutivi nel senso che di fronte all'inerzia regionale pu intervenire nelle materie regionali con proprie norme, di legge o di regolamento, il cui effetto verr meno in caso di successiva attuazione da parte regionale. Spetta allo Stato prevedere con legge le modalit di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza del Legislatore Regionale. Con riferimento alle funzioni amministrative, va ricordato che nelle materie (statali e regionali) su cui incide il diritto comunitario, esse sono conferite e Province e Comuni, con la conseguenza che il potere sostitutivo dello Stato verr esercitato nei confronti di questi soggetti, scavalcando eventualmente le Regioni.

Il pericolo di abuso di tali poteri e la portata ampia e generale della normativa comunitaria hanno condotto il Legislatore ad emanare la Legge La Loggia di attuazione del Titolo V, intervenuta propria ad integrare le lacunose indicazioni costituzionali; detta legge, con il duplice obbiettivo di avviare il processo di adeguamento dell'ordinamento dei pubblici poteri alle norme costituzionali rietenute immediatamente operative e di provvedere all'emanazione di disposizioni di legge previste o anche solo suggerite dalla riforma come presupposto indispensabile per la sua attuazione, apporta, sotto il profilo dei rapporti Stato-Regioni-Unione Europea importanti previsioni.

In primo luogo individua i vincoli derivanti alle potest legislative statali e regionali, specificando la norma di cui all'art. 117 affermando che la potest statale e regionale vincolata al rispetto degli obblighi internazionali derivanti da norma del diritto internazionale generalmente riconosciute di cui all'art. 10 della Costituzione, da accordi di reciproca limitazione della sovranit di a cui all'art. 11 della costituzione, dall'ordinamento comunitario e dai trattai internazionali.

Sotto il profilo delle partecipazione all'elaborazione della normativa comunitaria (cd fase ascendente), l'esigenza di dare seguito al maggiore ruolo delle regioni anche in vista di una semplificazione e accelerazione del recepimento del diritto comunitario stesso, la genericit della norma costituzionale stata attuata con la previsione per la quale le regioni partecipano nei processi decisionali comunitari demandando la concreta attuazione di tale normativa ad un da stipularsi in sede di Conferenza Stato-Regioni. Inoltre le Regioni partecipano ed esercitano veri e propri poteri decisionali concorrendo direttamente alla formazione degli atti comunitari europei partecipando alle attivit delle istituzioni europee. Il principale strumento innovativo d partecipazione regionale diretta la partecipazione al consiglio dei ministri della Comunit Europea, a patto che i membri regionali delle delegazioni italiane siano dotati di rango ministeriale richiesto dal Trattato. La legge La Loggia prevede che condizione di partecipazione al Consiglio dei membri regionali che venga garantita l'unitariet della posizione italiana da parte del Capo della delegazione designato dal governo. In ultimo sono previsti altri strumenti che riguardano la partecipazione a gruppi di lavoro, comitati del Consiglio e della Commissione europea nonch la possibilit di rivorrere alla Corte di giustizia servendosi della procedura speciale che il Trattao riserva agli Stati membri.

In ultimo circa la politica estera e le relazioni internazionali di cui ai commi 5 e 9 dell'art. 117, la legge La Loggia non sembra aver chiarito quegli aspetti contraddittori di cui al dettato costituzionale.

Il potere regionale di provvedere alla attuazione e all'esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell'Unione europea nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato appare essere, in buona sostanza, l'enunciazione di una previsione costituzionale di verso un effettivo potere regionale, poi di fatto contenuto nella norma di per la quale lo Stato ancora una volta a definirne i limiti, rispetto a tale norma programmatica la legge non appare dare chiarezza ma anzi sembra aver compresso gli spazi di autonomia regionale.

Infatti l'articolo 6 co 1 legge la Loggia prevede: Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono direttamente allattuazione e allesecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero degli affari esteri e della Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la responsabilit delle Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui allarticolo 8, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.

Il precetto costituzionale per il quale le Regioni possono appare attuato dalla Legge La Loggia ai co. 2 e 3 dell'art. 6 laddove previsto che le Regioni possono concludere accordi con altri Stati o enti esteri.

Tali disposizioni attuano il superamento di quelle posizioni che negavano in maniera assoluta il treaty-making power alle Regioni al fine di non scalfire l'unit ed indissolubilit della Repubblica di cui al citato articolo 5 Cost.

Ne deriva che i trattati eventualmente stipulati dalle Regioni finiscono con il vincolare il legislatore statale restringendone al competenza. Il concreto potere estero delle Regioni subordinato ovviamente al grado di autonomia di cui le stesse sono in grado di disporre, poich determinate non solo sar il dato normativo che ne viene fuori ma anche la prassi nei rapporti Stato-Regioni.

Sussidiariet.

1. La sussidiariet verticale.

Lampiezza dei poteri di cui saranno investiti i vari livelli di governo territoriale, a seguito della citata riforma del Titolo V della parte II della Costituzione, sar direttamente proporzionata e dimensionata in relazione agli interessi allocati territorialmente di cui essi proclamano di essere enti esponenziali.

La competenza amministrativa generale, riconosciuta ai Comuni dal novellato art. 118 Cost., in base al principio di sussidiariet oggi costituzionalizzato e garantito da successivi interventi del legislatore ordinario, costituisce, insieme agli altri principi contenuti nel nuovo art. 117 Cost., un elemento che sorregge il riequilibrio degli enti territoriali.

Va, inoltre, sottolineato che la riforma non ha toccato n il principio di tipicit degli enti territoriali, i quali sono soltanto quelli contemplati dalla Costituzione; n quello della uniforme disciplina di province e comuni, bench la legislazione ordinaria, come si vedr in seguito, prevede formule organizzative (municipi, circoscrizioni, unioni di comuni, ecc.) intese a garantire lefficienza della amministrazione degli enti locali pur nelle differenze delle diverse realt locali.

Il principio di sussidiariet un criterio di ripartizione delle funzioni politiche ed amministrative fra enti rappresentativi di diversi livelli territoriali di gestione della cosa pubblica (enti locali, stati, associazioni di stati) nonch tra enti e iniziativa privata, individuale ed associata.

In particolare, si parla di sussidiariet verticale per significare il carattere sussidiario dellazione degli enti centrali rispetto alle articolazioni periferiche pi vicine ai cittadini, nel senso che i primi devono intervenire solo laddove si riveli non sufficiente ed adeguata lazione dei secondi.

Il principio di sussidiariet (verticale nei rapporti tra Comunit e Stati) di derivazione comunitaria, stato enunciato per la prima volta in modo compiuto nel Trattato CE (Trattato Istitutivo della Comunit Europea), il cui art. 5 par. 2 (introdotto dal Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992) sancisce che nei settori che non sono di sua esclusiva competenza, la Comunit interviene, secondo il principio di sussidiariet, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dellazione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dellazione in questione, essere realizzati e meglio conseguiti a livello comunitario. Dal tenore della norma si ricava un indubbio interesse anche per linterpretazione del principio introdotto nell'ordinamento interno dalla legge Bassanini n. 59/1997 e ora presente nellart. 118 Cost. a seguito delle modifica costituzionale di cui alla legge cost. 3/01.

La legittimit dellattribuzione delle funzioni amministrative alle autorit centrali o comunque sovraordinate rispetto a quelle pi vicine al cittadino dipende da due condizioni: la prima che gli obiettivi dellazione amministrativa si dimostrino meglio conseguibili dallautorit superiore (prova dellefficacia comparata); la seconda che gli obiettivi siano di dimensione tale da poter essere conseguiti pi efficacemente dallautorit superiore (prova delle dimensioni).

Il Trattato UE (Trattato sullUnione europea), aggiunge al ruolo sussidiario delle istituzioni comunitarie lobbligo in capo allUnione di rispettare lidentit nazionale dei suoi stati membri (art.6).

Il principio di sussidiariet stato quindi collocato fra i principi fondamentali del Trattato che adotta la Costituzione per lEuropa (cd. Costituzione europea).

In questo contesto, il principio di sussidiariet assume la valenza di criterio guida in materia di: 1)delimitazione delle attribuzioni dellUnione Europea e di esercizio delle competenze; 2)azione delle istituzioni europee.

Il principio di sussidiariet enunciato altres dalla Carta europea delle autonomie locali, siglata a Strasburgo il 15 ottobre 1985 che sancisce lo stesso principio di sussidiariet sia pure in una versione meno estesa, ratificata in Italia con la legge 30 dicembre 1989 n. 439. Lart. 4 della Carta richiede che lesercizio delle potest pubbliche sia affidato, in linea di massima, alle autorit pi vicine ai cittadini e, dunque, da questi pi controllabili.

Nellordinamento italiano, invece, la prima configurazione - sia pure solo implicita del detto principio di sussidiariet data dallemanazione della legge 9 marzo 1989, n. 86 (legge La Pergola), la quale, nel riconoscere alle regioni notevoli competenze in materia ambientale, riserva allo Stato il potere di intervento nella sola ipotesi in cui ci sia richiesto dallinteresse nazionale.

Il principio di sussidiariet, prima sconosciuto nellordinamento italiano, ha trovato una prima affermazione con le leggi cd. Bassanini che considerano la sussidiariet come parametro per il riparto di competenze amministrative tra Stato ed autonomie territoriali (imprimendo una forte spinta nel senso del c.d. federalismo amministrativo), per poi essere elevata al rango di principio costituzionale, grazie allintervenuta modifica del Titolo V della Parte II della Cost. (artt. 114-133), operata con la legge costituzionale del 18 ottobre 2001 n. 3.

Ed invero, le leggi Bassanini hanno preparato la strada al nuovo Titolo V che non solo ha confermato il principio di sussidiariet sul piano amministrativo, ma lo ha esteso al versante normativo operando una riforma complessiva di matrice federalista o fortemente decentrata dei rapporti tra Stato e periferia.

Lart. 4 comma 3 della legge n. 59/1997 (la prima legge Bassanini), fornisce, per ci che concerne la sussidiariet verticale nel rapporto tra Stato ed enti territoriali, una defi