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    Italiano LinguaDue, n. 2. 2015. M. Idini, La lingua filmata: L'Uomo che verrdi Giorgio Diritti

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    LA LINGUA FILMATA: LUOMO CHE VERR DI GIORGIO

    DIRITTI

    Marta Idini1

    1.INTRODUZIONE

    La storia linguistica del nostro cinema si sempre contraddistinta per unaltalenanteambivalenza. A prodotti di consumo largamente orientati verso una realizzazione

    grammaticalmente controllata dellitaliano, si sono alternate pellicole disposte adaccogliere (con minore o maggiore frequenza) fenomeni di regionalismo o dialettalismopopolare, nel rispetto di quella natura doppia del mezzo cinematografico a met trastrumento pedagogico e di divertimento. Una tendenza che ancora oggi si mantiene vivae che pare non essere vanificata dallottenutaunificazione linguistica.

    La contiguit con il toscano-italiano [...] mai ha profondamente eirreversibilmente intaccato la solida vitalit delle lingue locali. [...] Veicolata esostenuta dalla scuola, dalla Chiesa, dal teatro, dalla televisione, dallaburocrazia civile e militare, in circa centoquarantacinque anni di unitnazionale, non ha [...] prodotto quella crisi decisiva del dialetto che inpassato si paventava2.

    Una piccola ed emergente parte della produzione cinematografica contemporaneaattribuisce al dialetto un valore che arricchisce di significati un panorama tuttora inevoluzione e ne estende lorizzonte in undivenire mai concluso. Il dialetto, liberato daipregiudizi e dai connotati negativi che a lungo lo hanno accompagnato, viene acoincidere attualmente con una sostanziale modificazione degli orientamenti sociali eculturali e una rivalutazione delle dinamiche produttive interne al cinema stesso.

    La conosciuta periodizzazione che Raffaelli e Rossi hanno approntato per la storialinguistica del nostro cinema assegna al Neorealismo una chiave di volta nel rapporto frala materia filmica e il trattamento che essa riserva alle parlate dialettali. Luso non estesoma nuovo nuovo negli obiettivi, nelle modalit, nei risultati - che il Neorealismo fece

    allora del dialetto ha assunto un rilievo storico incomparabile 3: non uninnovazionequantitativa delle pellicole dialettali, bens un miglioramento qualitativo che confer aldialetto una posizione non pi subalterna, ma di parit assoluta al cospetto delle altrelingue.

    1Universit degli Studi di Milano.

    2De Blasi, 2006: 281-282.3 Raffaelli, 1983: 43.

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    La funzione critica ed estetica che il dialetto raggiunse rinnov le posizioni assunte inprecedenza, cercando in esso un ruolo civile che lo investisse di nuove idee e giudizi sulmondo. Nel dialetto non si cerc pi un idioma di sfondo, relegato in rare battute dipersonaggi marginali, n tanto meno uno strumento connotativo di provenienza

    geografica e socio-culturale4

    , ma una lingua in qualche modo pi naturale e domesticache sapesse dar voce ai dolori e alle speranze di unItalia umile, povera, ancorastentatamente italofona. Ma la pratica del suono in presa diretta non riusc a consegnareprodotti soddisfacenti e la maggior parte delle pellicole sub un processo dirisincronizzazione che comport inevitabilmente uno scollamento tra codice iconico ecodice verbale [...] e certi tratti di innaturalezza nella depauperazione dei fenomenidialettali pi peculiari5.

    Recuperando un impiego non pi macchiettistico o caricaturale, la stagione delladialettalit imitativa si apr allora alle originali soluzioni della dialettalit espressiva eriflessa6 che cancellarono presto le ombre di stereotipia di tanta produzione anniCinquanta, soprattutto del Neorealismo Rosa. A questultima Fabio Rossi fa risalire una

    dialettalit di maniera7

    funzionale a situazioni comunicative elementari e ripetitive cheabbandonarono una resa genuina dei dialetti e preferirono alleggerirne le punte menocomprensibili. Il romanesco alla buona e le parlate centromeridionali si fecero caricodel desiderio di riscatto socio-economico delle masse, ma i maldestri tentativi deipersonaggi di parlare la corretta lingua, oltre a generare un effetto comico nonindifferente, furono allorigine di rappresentazioni depauperate, monotone econsolatorie da folclore e commedia8. E pur piegandosi a un desiderio allargato dicomprensibilit e gradevolezza che sostituisse litaliano nella comunicazione quotidiana,il codice linguistico di met anni Cinquanta fall in naturalezza e spontaneit.

    Dagli anni Sessanta agli ultimi anni Novanta, le scelte dialettali dautore9attinserole loro risorse tematico-espressive nel ritratto di storie comuni e assorbirono le parlate

    locali in un triplice senso di denuncia: dialetto come strumento elettivo degli oppressi,dialetto come sentimento comico per dichiarare uninadeguatezza e dialetto comeriflesso di nuclei sociali omogenei chiusi nel passato.

    Il contributo pi corposo a un uso ideologico della marca dialettale stato dato,senza dubbio, dal lavoro teorico di Pier Paolo Pasolini.

    Accanto alle sperimentazioni plurilinguistiche di Fellini (La dolce vita) e Monicelli (Lagrande guerra e LArmata Brancaleone), in cui il valore simbolico del dialetto scoprsignificati di disorientamento e alienazione, le pellicole pasoliniane (Accattone e La ricotta)si servirono della lingua viva delle borgate in forza di una poetica degli oppressi e degliemarginati, affrontando la coraggiosa denuncia di uno sviluppo capitalistico urbano chetrascura ed emargina gli individui pi deboli. Una difficolt di integrazione socioculturale

    che anche Troisi sottolinea, mettendo in scena non soltanto il napoletano, ma in

    4 Sergio Raffaelli e Fabio Rossi hanno spesso sottolineato questa funzione accessoria della marcadialettale, riferendosi alla quasi totalit della cinematografia italiana, soprattutto nella stagione deinuovicomici e dei telefoni bianchi.5Rossi, 2007: 43.6Rossi, 2006: 164.7 Rossi, 2006: 229.8 Raffaelli, 1994: 280.9 Raffaelli, 1983: 59.

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    generale le incertezze, le sporcature del parlato-parlato e i tic linguistici10in una sorta dibalbettio dellanima che riflette le problematicit del puro di spirito a contatto con lecontraddizioni della civilt del progresso11. Lo sguardo preoccupato rivolto alla rinascitacapitalistica e ai fenomeni di urbanizzazione il filo rosso che ha guidato le scelte

    registiche nei decenni appena trascorsi e che ha riproposto il dialetto come forma diracconto. E se da una parte la sua funzione viene limitata a segnare i confini diappartenenza a un gruppo, come dimostrano le componenti gergali nei film di Paolo

    Virz, dallaltra la componente dialettale assume invece forza naturalistica nelrappresentare il microuniverso linguistico di collettivit omogenee spesso chiuse nellaquotidianit di un passato non ancora dimenticato.

    Ai titoli pi conosciuti di questa storia appena trascorsa, quali Padre padrone (Paolo eVittorio Taviani, 1977), Maria Zef (Cottafavi, 1981) e soprattutto Lalbero degli zoccoli(Olmi, 1978), si rivolge sicuramente la produzione cinematografica pi recente, ma conispirazioni che si discostano dagli esiti raggiunti. Le scelte dialettali che alcunepersonalit contemporanee intraprendono non si risolvono in un vagheggiamento lirico-

    nostalgico di una realt perduta e irrimediabilmente lontana, ma si compongono diaspirazioni altre e plurime. Non solo impronte di un neo-neorealismo12, ma anchesuggestione emozionale e intuizione affettiva. Ambientazioni e personaggi si accostanoagli insegnamenti neorealisti nella ricerca di genuinit e nella scelta di costruire isignificati delle inquadrature attraverso volti eloquenti di personalit non attoriali.Questo procedimento, come ben nota Rossi13, insieme al miglioramento della resa delsuono in presa diretta, ha agevolato la regionalit e la spontaneit nel cinema italianoattuale14, favorendo il grado di naturalezza dialogica in prospettiva di una

    verosimiglianza con le forme del parlato-parlato. E se la componente realistica non pucerto venire accantonata, daltro canto questa passa in secondo piano rispetto alleoperazioni che la produzione filmica odierna compie nella scelta di distribuire pellicole

    dialettofone.Le norme linguistiche sono [...] un vero e proprio effetto di campo, fenomenosociologico globale15che fa da testimone a un processo di urbanizzazione generalizzatain cui la crescita esponenziale della mobilit e della globalizzazione mediatica ha resodisponibili risorse comunicative e linguistiche prima ancorate a precisi territori, aprendoreti reali e creando reti virtuali con un potenziale di contatti impensabile nella dinamicaurbano-rurale di met 90016. Nel contesto attuale, i confini spaziali (pensiamosoprattutto a quelli delle grandi metropoli che arrivano a inglobare anche intere porzionidellhinterland) tendono a slabbrarsi e cos anche le singolarit linguistiche. Si generaallora un incontro che ascolta nel dialetto le radici di un cambiamento e nel qualeriscopre una risorsa nuova: il dialetto si fa carico di descrivere un vissuto sociale

    complesso e cangiante, in equilibrio tra spinte rievocative di una realt antropologica edesperimenti interpretativi delle rivoluzioni in atto, collocandosi paritariamente accanto

    10 Rossi, 2007: 117.11Rossi, 2007: 118.12 Rossi, 1999: 37.13 Rossi,1999: 36-37.14 Rossi, 1999: 37.15Tessarolo, 2008: 29.16Tempesta-Schena, 2006: 190.

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    allitaliano come forma delle variet del repertorio, nella rappresentazione consapevoledelle possibilit di realizzazione dei parlanti tra bilinguismo e diglossia17. Il dialettodiventa strumento di conoscenza e il suo spazio torna a delimitare sia lambiente internodelle memorie familiari, sia quello sociolinguistico e relazionale nella rappresentazione di

    tematiche in s diverse e nella posizione presa di raccontarle.Film come LUomo che verr (Giorgio Diritti, 2010), Baara (Giuseppe Tornatore,2009) o LUomo sulla luna (Giuliano Ricci, 2014 ancora da distribuire) ripropongono,senza condizionamenti, quel passato che non passa18 che Francesco Avolio avevafotografato nelle sue inchieste campane, allorch una signora autoctona (AntoniettaLandi) gli aveva mostrato di sua piena iniziativa alcuni costumi e utensili tradizionaliancora in uso. Ci che queste pellicole rappresentano il senso di appartenenza, diidentit, il riconoscimento di unesitenza in qualche grado seperata, garantita,incontestabile19. il sapere uditivo e visivo delle comunit nelle loro diversedeclinazioni, soprattutto familiari. Il dialetto, come spazio linguistico, assume preciseconsistenze storiche e sociali, volti di collettivit e di individui20che ci appartengono,

    nel presente o nel ricordo di un passato ancora molto vicino. Una capacit di saperrendere in modo artisticamente efficace sia un produttivo rapporto con la tradizione,sia le sollecitazioni di una realt multiforme in movimento, [...] mai piatta o anonima 21.Il dialetto allora diviene codice immediato, sentimentale ed emotivo cui si attaccano vocidi storie vissute, ma anche derisione e distanziamento. Con Reality (2012), MatteoGarrone sperimenta un andamento leggero del parlato dialettale per ritagliareatteggiamenti e comportamenti fondati su un sistema emergente di disvalori, smorzandole punte pi estreme dei suoni di Scampia che in Gomorra (2008) avevano ritratto lasofferenza e il disagio di un quartiere. Una funzione di cui si fa bandiera anche un filmcome Anime nere (Franzesco Munzi, 2014) dove luso del dialetto funzionale a unritratto linguistico di un gruppo socialmente devastante22, cui Patricia Bianchi, nel suo

    saggio, fa risalire le scelte dialettofone interne al romanzo di Giuseppe Montesano Nelcorpo di Napoli. Circoscrivendo limpiego del dialetto a variante dialogica del tessutonarrativo, Bianchi individua in Montesano gli effetti di un cortocircuito illuminantesulle contraddizioni del sociale23dove la lingua dialettale espressione di chi non vuoleaccedere allitaliano. Allo stesso modo, il lungometraggio di Munzi fa del dialetto uncodice interno di riconoscimento, chiamando in causa, ancora una volta, il binomioappartenenza-autoesclusione: nellapparente normalit dei rapporti, il dialetto vocedellndrangheta e parla diuna famiglia assuefatta dal proprio orgoglio nel nome del qualestravolge il sistema della legalit e del vivere civile fino allultimo, estremo sacrificio.

    La brezza dialettale che oggi si respira stata inoltre sospinta da una nuova correnteinterna allassetto cinematografico, generatasi forse come diretta conseguenza di un

    impoverimento che certa grande produzione nostrana sembra attraversare, unosvuotamento dei grandi poli produttivi che lascia spazio alle piccole realt locali nel loro

    17 Bianchi, 2006: 270.18Avolio, 2007: 87.19 Remotti, 2002: 320.20 DAgostino, 2002: 106.21 De Blasi, 2011: 78.22 Bianchi, 2006: 278.23 Bianchi, 2006: 277.

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    tentativo di affermarsi. Quello che si nota il germogliare di tanti nuovi centri in unmovimento che non pi spinta centrifuga, ma (ri-)nascita. Non allontanamento, maincontro. Desiderio di presenza, di esserci, di far parte e prendere parte del mondo incui si vive. Ed proprio quello che la lingua esprime: un esistere fatto di corpo e di

    corpi, di storie vissute e raccontate nellaccoglienza e nellesclusione di altri modi diconoscere la vita e nominarla.Notevole impulso in questa direzione dato dal proliferare delle ormai numerose

    Film Commission locali che spesso fanno da trampolino per i Festival di pi rinomatoprestigio e che talvolta coinvolgono una giuria popolare, affiancata da giornalisti especialisti, per lassegnazione dei premi in concorso. Un esempio potrebbe essererintracciato nelle parole di Lorenzo Coveri che, facendo riferimento a uno studio diCarlo Griseri, rivela come il moltiplicarsi di film girati a Genova e in Liguria coincidacon listituzione della Genova Liguria Film Commission e della Italian Riviera-Alpi del MareFilm Commission entrambe del 199924. Come Patricia Bianchi fa notare25per la narrativacampana contemporanea che, soprattutto per i romanzi di Montesano, ha registrato un

    numero crescente di vendite, cos anche De Blasi26

    segnala il costante successo dipubblico dal quale molte pellicole sono attualmente favorite27, cercando la chiave di talepopolarit in una condivisione, allinterno del repertorio linguistico nazionale, di una

    variet di lingua [...] connotata per la forte mimesi delle commistioni e del bilinguismodella variet parlata28. Lettori e spettatori si dimostrano favorevoli e inclini ad accettareprodotti dialettofoni proprio perch affini al cambiamento cui il loro repertoriolinguistico sta andando incontro, fra i confini labili dellitaliano e il recupero di unadialettalit espressiva pi intensa.

    Protagoniste di questo rinnovato palcoscenico sono le cenerentole29, quei dialettiche, al di fuori del romanesco, del napoletano e del siciliano, hanno avuto poca o scarsarisonanza nella composizione dei dialoghi filmici. Sono il genovese, il calabrese, il

    bolognese, il salentino. Sono gli altri volti dellItalia, le esperienze individuali e lamemoria storica delle collettivit, dove la lingua aderenza ma soprattuttonaddrizzu30(una dote). Rimasti schiacciati dallaccentramento produttivo a Roma edalle sue icone cinematografiche, lasciati in disparte forse anche per la mancanza di unasolida tradizione letteraria e teatrale vernacolare, questi dialetti hanno trovato oggi laloro scarpetta e si fanno voce nuova, inaspettata e innovativa per affrontare alcune delleproblematiche che investono le realt di cui ci informano.

    24 Coveri, 2011: 71.25 Bianchi, 2006: 267.26 De Blasi, 2011: 77.27 De Blasi elenca Passione di John Turturro, Benevenuti al Sud di Luca Miniero e Noi credevamo di MarioMartone, ma ci si pu riferire anche ai primi due lungometraggi di Giorgio Diritti: luno (Il vento fa il suogiro) che ha attirato folle sempre pi numerose al Cinema Mexico di Milano grazie al vecchio sistema delpassaparola e laltro (LUomo che verr) che invece ha ottenuto il premio MarcAurelio doro nella selezionedel pubblico al Festival di Roma del 2009.28 Bianchi, 2006: 268.29 Coveri, 2011: 64.30 DAgostino, 2002: 101.Addrizzu nel significato di certo numero di capi di biancheria che fanno partedel corredo della sposa.

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    2. LUOMO CHE VERR

    Uscito nelle sale il 22 gennaio 2010, Luomo che verr si conta come secondolungometraggio di Giorgio Diritti. Formatosi alla scuola documentaristica olmiana Ipotesi

    Cinema, il suo primo esordio sul grande schermo lo vede gi impegnato sul fronte dellasperimentazione linguistica: ne Il vento fa il suo giro (Diritti, 2007), infatti, la linguaoccitana e il francese si fanno strumento di racconto e attraverso il loro suono sidrammatizzano le incomprensioni e le diversit che separano la comunit montana e lafamiglia l trasferitasi dalla Francia. Un procedimento che il regista sceglie di perseguireanche nelle pellicole successive e che ne LUomo che verr si esaspera.

    Girato fra le colline emiliane circostanti Marzabotto, LUomo che verr ne racconta lavita e la morte. Il tempo storico il 1944 e il regista ha voluto immergere lo spettatorenellintimit di quellepoca e nelle sue cadenze.

    Nellaffresco della realizzazione ho sempre avuto il desiderio di offrire allo

    spettatore la possibilit di sedersi al cinema ed essere proiettato nel 1944,perch le emozioni che volevo trasferire erano possibili solo se le persone insala si fossero sentite parte [...] di Monte Sole31.

    Il dialetto allora si attacca ai volti di una famiglia contadina ripresa nelle sue movenzeantiche e ritaglia lorizzonte di una comunit alla vigilia della strage. E le persone, glioggetti che nomina non possono avere altro suono, altra identit.

    E non solo volont realistica. senso di appartenenza e di condivisione. smarrimento, incomprensione, paura e angoscia nello scontro con il tedesco. emozione.

    Quando il dialetto incontra il tedesco Marzabotto tace e la comunit muore. Ed proprio qui che sta Diritti, in unintuizione che ne conferma la particolare attitudine adecifrare gli stati danimo e ricrearli sullo schermo.

    LUomo che verr non nasce in dialetto: la stesura delle tre sceneggiature si presentanella formalit dellitaliano corretto, con punte a tratti regionali, che lascia spazio allaparlata dialettale solo in qualche rara espressione. La decisione arriva a ridosso delleriprese, quando le prove delcasting rendono evidente lincoerenza della storia con unalingua a lei estranea:

    Anche se era una cosa pensata pi volte, non c mai stato il coraggio verodi dire facciamo cos. Fino a quando non ho visto il film nella suacostruzione. Visto che gli uomini prendevano forma in un certo modo, i

    volti, le facce, i costumi sentir parlare questi in italiano faceva ridere. Una

    cosa scollata, talmente scollata da quello che si vedeva che ho pensato dilavorare sul dialetto con tutti i rischi del caso, ma secondo me con una sceltache diventa molto forte32.

    Il primo ottobre 2008 la casa di produzione Aranciafilm(al cui capitale partecipaancora oggi lo stesso Diritti) present agli uffici della Direzione Generale per il Cinema

    31 Diritti in Basso, 2010: 30.32 Diritti in Idini, 2015: 184.

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    la deroga necessaria ad ottenere i requisiti per la ripresa sonora in diretta, sottolineandolimportanza della decisione in favore del dialetto:

    Linderogabile esigenza di assoluta veridicit che si intende conferire al film

    ha recentemente portato il regista, di concerto con gli sceneggiatori e gliattori interpreti, alla scelta di utilizzare [...] il dialetto effettivamente parlatonei luoghi in cui si svolge la storia. Dai provini effettuati, infatti, talunidialoghi, se espressi in lingua italiana, risulterebbero inevitabilmente artefatti,compromettendo cos in misura rilevante lessenziale genuinit del film33.

    In quella stessa data risale agli atti34la certificazione dellavvenuta coproduzione conRai Cinema e alla memoria affiorano i ricordi di uniniziale opposizione alladialettalizzazione della pellicola. Simone Bachini, produttore esecutivo di Aranciafilm,ripensa al tono con cui in Rai avevano accolto la notizia:

    Panico generale. Mi ricorder sempre il nostro referente [...]: silenzio. Gli

    abbiamo detto di aver fatto delle prove e che funzionava meglio anche pergli attori e lui silenzio. Poi ha aggiunto Quindi avete deciso di fare cos. Manon una decisione su cui ti stai confrontando con me, una cosa che mistai comunicando35.

    Le resistenze di Rai Cinema possono essere comprese alla luce di una dinamica dimercato che penalizza, o meglio scoraggia luscita di film di non sicuro successo. LUomoche verr aveva incontrato diverse difficolt nella sua fase di elaborazione, sfavorito da untema che taluni consideravano troppo impegnativo e controverso36e la scelta di girarlo indialetto avrebbe anche potuto danneggiarlo. Offrire un prodotto dialettale a un pubblicoche non ne comprende pi i suoni avrebbe influito, a conti fatti, sugli incassi e sulla

    partecipazione attiva nelle sale:

    Purtroppo, in Italia, spesso c la paura e questo condiziona la produzioneartistica culturale che sovente diventa una produzione industriale. [...] Chiproduce ha paura di uscire dallo schema, spesso fa riferimento a cose gifatte e, avendo lattenzione anche alla tutela del denaro investito, tendemagari a garantirsi37.

    Eppure, malgrado le storture e gli arricciamenti di naso, Giorgio Diritti ha proseguitocon determinazione sulla strada intrapresa e ha consegnato agli spettatori un film cheparla dialetto.

    Superate le prime difficolt di accettazione, il secondo ostacolo si presentimmediatamente nella sua ovviet: elaborati in italiano, la sceneggiatura e i copioniandavano tradotti. Un tale processo avrebbe potuto comportare non pochi rischi, primafra tutti una gravosa perdita di genuinit e un conseguente appiattimento della partitura

    33Ascs. CF 15251.34Ascs. CF 15251.35 Bachini in Idini, 2015: 201.36 Diritti in Idini, 2015: 169.37 Diritti in Idini, 2015: 185.

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    dialogica. Ma forse ancora pi dannose sarebbero state le ripercussioni ottenute daunimprobabile ricerca di corrispondenze fra le due lingue: il tentativo di riallacciarsi aglistessi significati espressi in lingua italiana avrebbe potuto spingere la ricerca dialettale susignificanti contraffatti, conferendo inevitabilmente alle battute un suono falsificato e

    inautentico, lontano dalle pretese di realismo a fondamento del film. Ma cos non statoe la forma linguistica che si fruisce rende merito a una consapevolezzastraordinariamente attenta ai tratti peculiari delle parlate locali. Il risultato uncrocicchio polifonico di cadenze, un amalgama vivace e fortunato di dialettalismoemiliano e romagnolo.

    Largamente diffusa e rispettata la caduta delle vocali atone che Rohlfs 38distingue incinque diverse casistiche e alle quali attribuisce le conseguenti alterazioni consonantichee i mutamenti fonetici. Pch; fradlin; durmla; dman; daml; priglsa sono solo alcuni degliesempi che si possono rintracciare, accompagnati dalle evoluzioni metafonetiche e daicambiamenti vocalici spesso numerosi, soprattutto per ci che concerne il passaggio di/a/ tonica in /e/(chrta; prt; fr; fantsm).

    1*VITTORIA: Durmla al to fradlin? Csa ft caun la stanela ed la comunin?Dopp po tatla cheve//

    8*TERZO PARTIGIANO: Tein mo sta chrta que/ che dpp la guera...

    9*BENIAMINA: (alzando la voce) E csa fegna/ con sta chrta que! An semagna mea/ la chrta//

    10*LENA: Premma laur/ i se perteven v al bisti/ adess vueter as purten val rest!

    11*TERZO PARTIGIANO: In guera bsan saver da che prt ster// Intognimod/ nueter assem/ da la prt vostra...

    Oltre ai fenomeni caratteristici dellintera regione a Est del Panaro, quali ladegeminazione delle consonanti, la palatalizzazione di -n seguita da -i (vgn), il passaggioda -p a -v (savr), nel tessuto dialogico si avvertono anche usi propri della varianteromagnola: il passaggio di a tonica in e per influsso di una -i finale in metefonia (mn;

    fri), la mutazione di i in e davanti a nasale (vgn) e il trattamento del nesso -cl che, inposizione iniziale, d origine a unaffricata prepalatale sorda (cisa; cinna/o):

    1*DON FORNASINI: Oh Madre Santissima... Mama! Crr/ dame mn!

    2*MADRE: Ma csa vegni fat? Damla me il cinno// Veign dnter/ veign//

    E se, da un lato, del bolognese non vengono riprodotti il dittongo ai, per lo pilimitato allevoluzione in di e lunga e ibreve latine del romagnolo, n lapertura in a di olunga latina in sillaba chiusa, dallaltro rimangono inalterate la pronuncia di -au (anche sein misura ridotta) e la sonorizzazione dei nessi consonantici costruiti con -jod, alla qualesono da attribuire le uscite in z e di -ce/-ci/ -ge/-gi iniziali e postconsonantici:

    15*ANTONIO: Ca vut cat se muv la znt/ ian ttt fm//

    38 Rohlfs, 1966: 169-187.

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    16*MARIA: A la vizglia ed Nadl/ zrt qui/ an se fan brisa//

    3*MICHELE: E ancaura cheld!

    4*MIRCO: Snt! L boun, l daulz! Hai paora del fantesm del nin/ che te

    vien a zercher ed ntt?

    O ancora, lalternanza ben bilanciata tra le forme avverbiali del bolognese l (l), in zin l (di qua di l)

    1*VITTORIA: Martina! Guarda l sta ftena tuta sprasul! Tan p mea andarin cisa acs!

    4*BENIAMINA: Ma qual l lera un mi ftieri!

    con il qu (qui) familiare allarea romagnola, confuso in diverse occasioni con lacongiunzione che.

    1*ARMANDO: Tav da mover as cap! Al piof/ Sa vgn da ster qu fin asira con ttt al lavurir cavem da fr?

    2*LENA: Sta bn tranqul/ St pans a i dbt clu lva la va tota da ml! Lla manira ed fr que cambia e qui...caun la chlma e la pasiensia se fa smperbn//

    13*ARMANDO: A me ma insegn que an sa dmanda brisa di sold a chi clabisgn//

    Fedele alla parlata reale anche laffastellamento degli articoli e dei pronomi che

    spesso accompagnano il verbo anche in presenza di un soggetto espresso, persino nellacostruzione di periodi impersonali (al piov). Anche la flessione verbale non si discostadalla semplicit del tracciato dialettale e le architetture frasali restano ben ancorate allecapacit locutive dei personaggi, evitando soprattutto le forme declinate del congiuntivo.

    Le sfumature temporali sono tutte ricondotte alluso dellindicativo presente eimperfetto, privilegiando soprattutto le forme affermative e interrogative ed evitandoaccuratamente la complessit dei periodi ipotetici. Particolare e degna di nota laflessione del verbo avere: se, in linea di massima, il paradigma del presente seguelevoluzione che dal latino volgare *ajo ha portato dapprima ad un antico toscano aggio,trasformatosi in go/ghe/ga e in seguito nelle forme analogiche /e/a (sullesempio di d,daisto, stai) per la prima, seconda e terza persona singolare39, alla prima persona plurale

    attestata pi spesso la forma tonica e non ridotta avam (seguita dalla seconda personaplurale av) che non quella atona e ridotta am.

    3*GIANNI: Csa vut fer? Csa vut ster que? Vut fer al fug par i tudesch?Guard che iarrivan dimndi...e po dpp avam da fer cum ian dt i pirloss!Colpire/ e ander v...dai!

    39 Foresti, 2010: 125 127.

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    8*DANTE: Vuter av reson/ per questa qu l na guera vera e la gueravera la vo fata bn!

    Singolari sono i costrutti che marcano le frasi in senso negativo e che presentano

    formule rafforzative dellan (non): brisa; mica; mia vengono postposti alla congiunzioneper intensificarne un senso di impossibilit:

    12*DINO: Tira pur/ tanto...ormai...Ma m/ an voi brisa cmandr//. Famfr quel chet vu/ an voi brisa cmandr/ an so brisa bn! Se i da mter dalmin par tra...a no brisa paora/ al bel fat in ti suld// Ma me/ an voibrisa sparar//

    Da notare inoltre la costruzione degli aggettivi al grado superlativo che, nonconoscendo desinenze, si compongono in strutture aggettivo+aggettivo oaggettivo+avverbio. Nel tessuto filmico, tuttavia, si pu individuare un uso diffuso einsolito dellavverbio dimndi (incredibilmente fertile nellarea bolognese) che costruisce

    un senso di maggioranza posponendosi a un avverbio o antecedendo un nome:

    2*LENA: Ain ancaura dimndi!

    13*LENA: Dimndi zent is arpiaten in tal galer//

    20*DOMENICO: Se i fan dimndi aur/ i pegan ttti?

    Analizzando pi attentamente il dialogato, si evidenzia una stessa diversit anchenella comparazione che, pur rimanendo allineata alluso attestato di acs e ca40(in luogo dicos e come), pi spesso viene realizzata attraverso linserimento di cumpagn.

    21*DANTE: Una giurnada ed lavoro l una giurnada ed lavoro//. Sia chetfe/ el cuntadin/ el muradur/ o che ste a giurneda/ al laur cumpagn... e teciap cumpagn!

    22*ARMANDO: An l brisa acs sio/ l cumpagn dg me! Avam dandrvi//

    5*ARMANDO: [...] A fva el garzn/ cumpagna laur! Mo lavoreva eh?!Add a nott cumpagn caun chi ter!

    Come si evince dalle battute sopra riportate, la maggior parte degli enunciati coscostruiti appartiene allarchitettura dialogica di Armando, nelle cui realizzazioni siosserva il maggior grado di interferenza linguistica. La ricchezza delle sfumature e il

    vivace trascolorare delle varianti dialettali dal bolognese al romagnolo da ricondurreprincipalmente alle diversit regionali degli attori: nonostante a questi sia stato affiancatoun vocal coach (Giorgio Monetti) nel tentativo di uniformare le pronunce, a ulterioretestimonianza di unassoluta accuratezza di Diritti nella volont di restituire allospettatore un prodotto interamente credibile, il corpo del dialogato filmico presenta esitidiversi e tende a uscire dal tracciato bolognese nelle realizzazioni di coloro cuiappartiene un sostrato dialettale altro e differente da questo. Se, infatti, per i personaggi

    40 Rohlfs, 1967: 81-86.

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    di Lena e Beniamina (Maya Sansa ed Alba Rohrwacher) e nei bambini si nota una quasicompleta aderenza, al romagnolo Claudio Casadio (interprete di Armando) competonoinvece i numerosi prestiti e mutamenti, dovuti quasi sicuramente allimpossibilit dineutralizzare completamente le proprie origini.

    Tuttavia, limpressione di realt41

    che la lingua filmata dona allo spettatore nonrisulta in alcun modo compromessa. Naturalezza e spontaneit sono garantite da undialetto che non cede il passo allitaliano regionale nemmeno sul pianomorfosintattico elessicale, n tanto meno si alleggerisce in vista di una maggiore comprensibilit per ilpubblico. Questultimo, invece, viene proiettato e circondato da voci che lo immergonoin un dialetto percepito come vero, autentico, reale. Forse perch, ormai, solo lorecchiodi pochi pu distinguerne le diverse declinazioni, o forse, pi naturalmente, perch lalingua de LUomo che verr guadagna in immediatezza e genuinit grazie allapporto deinon attori. Ingaggiati nel luogo dove si sono svolte le riprese, a loro Giorgio Diritti haassegnato ruoli di contorno e da protagonisti, regalando allo spettatore un ininterrottoabbraccio dialettale.

    Inoltre, let che molte delle personalit non attoriali dimostrano di averecontribuisce a cementificare lefficacia del dialetto di cui, con molta probabilit, sonoancora attivi parlanti. A tali individualit altres attribuibile una complessivapropensione verso alcune voci del dialetto pi arcaico, confermata dalla realizzazionedegli avverbi int e indov:

    23*DANTE: And indov?

    6*DANTE: Int al bsc! Mi e te/ int al bsc!

    La presenza di arpiatr e truvr in luogo dei pi recenti nascnder e catr attestatainvece in personaggi dai tratti pi giovanili ed quasi sicuramente da ricollegare alla

    mano che ha tradotto i dialoghi

    13*GIANNI: Alaura/ qua incioun glia il su nm//. Adss vi da truvr diter nm//

    3*DON FORNASINI (vfc): [...] Ai dmand/ ma incioun al la vst...Assar arpiat daintr int al bsc//

    Un anziano autoctono ha infatti volontariamente offerto il proprio aiuto e,registrando su un supporto audio la traduzione, ha poi lasciato al nipote il compito ditrascriverla. al suo intervento che si deve lassoluta aderenza tra il mondo della diegesie le parole che lo descrivono e che mai si allontanano dalla realt di cui si fanno voce:

    frasi brevi, asciutte, semplici si attaccano alla vita di quelluniverso e ne colgono ilsignificato pi autentico.

    Giorgio Diritti sceglie il dialetto e attraverso le sue tonalit impreziosisce diimpressioni psicologiche una trama memorialistica. La dimensione linguistica si allarga eabbraccia le relazioni che inevitabilmente si instaurano nellincontro con altri codici. Leimpalcature discorsive si costruiscono su un plurilinguismo che al dialetto alterna le

    41 Rossi, 1999: 79.

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    movenze dellitaliano, a tratti regionale, del latino e del tedesco, dispiegando cos unventaglio di possibilit e di rapporti.

    Di fronte allitaliano, la famiglia Palmieri tradisce incertezze ed esitazioni: Vittoria,nelle rugosit della sua vecchiaia, accoglie la famiglia sfollata di Bologna e quando

    prende la parola sbaglia pronuncia e ipercorregge stanza in stanzia

    *VITTORIA (vfc): A sper che steve bn...spero che stiade bene qui//.Avem meso un pc a modo la stanzia...abbiamo messo/ un pochino a postola stanzia...

    Stessa tipologia di errore si ripresenta anche nella nipote Beniamina per la quale siregistra luso scorretto di vadi anzich vada, a dimostrazione che quello di Vittoria non solo un fenomeno legato allet, ma un atteggiamento usuale ai parlanti dialettofoni insituazioni di diglossia. Per non rivelare la propria nulla o scarsa competenza ed evitare diincorrere nello stereotipo che li vorrebbe proiettare in un alone di ignoranza, i

    dialettofoni indossano i panni stretti di un italiano che spesso travisano, scegliendoespressioni cadute in disuso o mancandone la corretta grammatica.Lestrema accuratezza di Diritti nel riconsegnare allo spettatore la realt multiforme

    delle situazioni comunicative fa s che litaliano non sia esclusivamente idioma deiforestieri urbanizzati o delle istituzioni, ma anche modalit comunicativa dei bambini edelle personalit religiose. La lingua dellinsegnamento scolastico compare in diverseoccasioni, dalla recitazione delle filastrocche natalizie, al tema letto in voice over dallapiccola Martina e presenta ancora, comunque, un uso immaturo della marca stilistica. Adon Fornasini e a don Ubaldo si fa invece riferimento per una doppiezza di registri: se aldialetto si richiamano per un colloquio pi diretto con i propri fedeli, allitaliano e allatino legano quelle espressioni che li identificano nel loro ruolo di autorit religiosa,

    nelladempimento del compito pastorale e nei rapporti con le autorit naziste. Ma allatino liturgico si aggrappa anche lintera comunit in preghiera, svelandone un valoresimbolico di conforto, speranza e salvezza in quellallora terreno fortemente legato allaspiritualit. Impeccabile, il raccordo in voice over del Credo annoda le parole alle immaginidei santi sepolti nella terra, il battesimo del piccolo Angelo alle inquadrature nellaia dellagrande casa quando ad Armando basta uno sguardo per capire: sotto quelle statuine cla sua famiglia e ogni Dio morto in quello scempio e risorto nel miracolo del nuovobambino.

    Ed qui che maggiormente si scopre la mano di Diritti, in quel suo impegno amantenere il discorso filmico abbracciato pi alle reazioni che alle sue manifestazioni.Come spesso si pu notare, la macchina da presa taglia e omette: la gestualit viene

    ricollegata intuitivamente alle spinte che provoca, senza alcun bisogno che sia ripresa.Elementi paralinguistici e cinesici si tacciono, rimangono ai margini, mentre la messa afuoco cattura le emozioni sui lineamenti del volto. Deittici e indicali trovano forzaespressiva negli occhi che accennano, nelle intonazioni della pronuncia e raramente siaccompagnano alle movenze del corpo o delle mani. Un metodo che nella seconda partedel film trova la sua evoluzione pi straziante.

    Monte Sole in silenzio. Sopraffatto dalla violenza di una lingua incompresa, taceuna vita che non pi. Immobili e impaurite, le famiglie non trovano le parole peropporsi alla veemenza delle urla tedesche, ma ne rimangono travolte. Lincomprensione

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    diviene la misura sulla quale si instaurano i rapporti e i significati si accumulano sullaviolenza delle grida e sullimpeto della voce, in un modo quasi primitivo

    Vai in una dimensione primordiale mi viene da dire, dove conta di pi la

    sensazione del tono della voce, lo sguardo, il gesto. [...] La gente non capivae mi son detto: bene, facciamo che anche lo spettatore non capisca42.

    Diritti sceglie di non sottotitolare n tradurre il tedesco e a noi rimanda lo stessodisagio, le stesse paure. Le reazioni si stagliano sulla superficie della pelle, sono sguardo:smarriti, assistiamo al concretizzarsi di una brutalit inaudita, ancora pi feroce perchinaspettata e pianificata in una lingua incomprensibile. Come le vittime, a noi non concesso capire il tedesco, n afferrarne il significato, schiacciati da un turbinare confusodi grida terribili.

    Ma forse ancora pi significativi sono quei momenti in cui il tedesco vienesottotitolato e addirittura lascia il posto alla lingua italiana. Perch l che si nasconde ilcuore nero della strage, l che le parole disarmano in tutta la loro inesorabilit. Allacomprensione impotente di don Fornasini, due gerarchi nazisti fanno levasulleducazione persostenere lorribile:

    1*DON FORNASINI (vfc): In nome di Dio/ abbiate misericordia...

    2*UFFICIALE TEDESCO: Questo il risultato perch la gente nonrispettano le regole//. Pastore/ se voi non educate bene le vostre pecore...

    1*UFFICIALE TEDESCO: (rivolto a Don Fornasini) Tuti noi siamo...quello che ci hanno insegnato ad essere//. E un questione di...educazione//

    Una semplicit che si oppone ad ogni morale, un gusto allonnipotenza che si esaltanella barbarie compiuta al cimitero. Proprio qui, infatti, in mezzo ai corpi frantumatidalla mitragliatrice, Beniamina viene salvata perch assomiglia a mia moglie dice ilsottufficiale tedesco a un suo sottoposto e Diritti costretto a sottotitolarlo:

    C una piccola traduzione che rimasta perch se no non si capiva, quandolufficiale giustifica laver risparmiato Beniamina dicendo assomiglia a miamoglie. Questa cosa, che tra laltro si parla di dimensione storica delletestimonianze, mi sembrava molto inquietante e interessante allo stessotempo, narrativamente, perch comunque vedi questo che ammazza tutti,salva questa perch assomiglia alla moglie e la porta in l, la cura, poiviolentano laltra al piano di sopra e ammazza il bambino...questa

    contraddizione...in quella scena l si sente, credo forte, lassurdit elarroganza del nazismo, cio essere razza superiore e quindi decidere escegliere chi ha diritto di vivere perch degno, tra virgolette, di esserechiamato in qualche modo uomo e chi una bestia e non conta niente e pumorire. Ecco, questo credo che in quel momento l abbia proprio la suasintesi forse ancor pi forte che quando tu vedi le stragi che puzzano diazione militare. Puzzano nel senso che in fondo sono riconducibili anche a

    42 Diritti in Idini, 2015: 179.

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    una logica della guerra. Qui invece siamo in una dimensione sottile eperversa, tra laltro storicamente reale, presa da episodi veri di persone chelhanno subita43.

    Testimonianze, documenti darchivio, libri, fotografie e interviste hanno supportato illavoro registico scavando la profondit delle immagini e incrementandone la densit

    visiva, in un lavoro che restituisce, vivide, le verit oggettive di pratiche vissute edesperienze condivise. Un apporto intenso e vitale stato dato, allo stesso modo, dallecomponenti non attoriali presenti sul set che hanno accompagnato il cast nel mondocontadino della loro infanzia, familiarizzandolo con le abitudini e i gesti antichi dellemani al lavoro. E ci che affiora dalle varie interviste un senso di partecipazione ecoinvolgimento emotivo molto forti che hanno contribuito ad introiettare lintimolegame di quella terra con la sua lingua:

    La prima domanda che mi sono posto era come facevo ad insegnare ildialetto in venti giorni a gente che non ne sapeva assolutamente niente. E l

    mi sono reso conto che (gli attori) ascoltavano, che volevano entrareveramente nel personaggio. Mi sono dedicato di pi a farli entrare da unpunto di vista psicologico nella parte, dopo di che hanno imparato ildialetto44.

    Ne LUomo che verr Giorgio Diritti lascia emergere il cuore dellidentit di unacomunit attraverso laccostamento dei diversi registri linguistici, un binomio inevitabiledi partecipazione ed esclusione. Parlare una lingua comune significa riconoscersi e allostesso tempo opporre dei confini, una diversit di cui gli altri vengono investiti.

    La presenza dei sottotitoli, necessaria a una comprensione che voglia essere esplicitae irrevocabile (soprattutto oggi che dialettofoni non siamo pi), non risulta tuttavia

    indispensabile. Le inquadrature, nel loro lento susseguire, catturano le parole nelleimmagini che ritagliano e ne chiarificano il significato. La realt che riprendono indissolubilmente legata a ci che il dialetto traduce: una quotidianit scandita alriverbero del focolare, fra le fascine di grano e il pane da cuocere. Ed in questo spazio,nei movimenti di macchina lenti e nel montaggio cadenzato che la scelta del dialetto sirende esatta. E se da un lato litaliano del sottotitolo corregge tempi e forme verbali,omette le ridondanze (gli avverbi ancoura, dimndi e il pi presente brisa) e perde inespressivit (stanla gnfia diviene pancione), dallaltro la franchezza e la concisione deglienunciati di partenza permettono alla traduzione di mantenere un grado di naturalezzadi poco inferiore che lascia apprezzare un uso non complesso dellitaliano. Dirittiracconta una vita che semplice, familiare, una dimensione a noi profondamente vicina

    e che verosimilmente ci abbraccia e ci cattura. LUomo che verr sottotitola il dialetto, ma anche capace di renderlo intuitivo: i suoni si fanno intimi, le cadenze domestiche e leparole significano quello che tangibile agli occhi. La comprensione e lascoltomuovono i passi fra gli stralci di un mondo che impariamo presto a riconoscere e capire,che rimane distante ma che portiamo vicino.

    43 Diritti in Idini, 2015: 179-180.44 Giorgio Monetti in Alessandra Gori,Quei chi fa la storia. Diario sul film LUomo che verr.

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    Diritti ha trovato nel dialetto un coinvolgimento emotivo che ricucisse lo strappo deltempo. Una sensibilit antica dello sguardo, un modo altro di raccontare le storie dellaStoria. Il dialetto cos testimonianza fragile e perfetta, discorso di vite familiari nelsuono ferito di chi le ha vissute.

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