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A10605

SOVVERSIONEE SURREALISMO

AL CINEMA

Ivan ArlottaNadia Parisi

Copyright © MMXARACNE editrice S.r.l.

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via Raffaele Garofalo, 133/A-B00173 Roma(06) 93781065

ISBN 978–88–548–3149–0

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: marzo 2010

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Indice

Premessa 9 Capitolo I: I surrealisti ed il cinema Cinema e avanguardie 11 Surrealisti e cinema 20 Dal Dada al Surrealismo 24 Lo sguardo surreale 31 Breton ed il cinema 34 Capitolo II: Luis Buñuel regista surrealista La vita 37 Buñuel ed il Surrealismo 49 La produzione cinematografica 51 Capitolo III: Sovversione e Surrealismo al cinema: cinque film di Buñuel Un chien andalou 57 L’Âge d’or 66 El angel exterminador 74 Le charme discret de la bourgeoisie 82 Le fantôme de la liberté 91 Conclusioni 99 Appendice 101 Filmografia 109 Bibliografia 111

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I surrealisti ed il cinema

Cinema e avanguardie

La fine del XIX secolo e l’inizio del XX segnano un periodo stra-ordinario di cambiamenti che hanno rivoluzionato le concezioni arti-stiche, scientifiche, filosofiche e politiche che avevano caratterizzato l’800. Sono gli anni in cui Einstein elabora la teoria della relatività e Freud quella psicanalitica.

La nascita della psicologia moderna, grazie a Freud, ha fornito mol-te suggestioni alla produzione artistica della prima metà del Novecen-to. Soprattutto nei paesi dell’Europa centro settentrionale, le correnti pre-espressionistiche ed espressionistiche hanno ampiamente utilizza-to il concetto di inconscio per far emergere alcune delle caratteristiche più profonde dell’animo umano, di solito mascherate dall’ipocrisia della società borghese del tempo.

Gli stati abnormi e irrazionali della coscienza (l’estasi, la follia, la nevrosi, l’incubo e l’allucinazione) vengono posti a fondamento dell’arte, in tutte le sue forme, come strumento per cogliere gli aspetti multiformi del reale.

I movimenti artistici, fino a quel momento ancora intrisi di roman-ticismo e idealismo, subiscono il fascino rivoluzionario delle nuove tendenze: nascono così le avanguardie artistiche che rompono tutti gli schemi del passato.

A partire dagli anni Venti i movimenti di avanguardia, in particolar modo Dadaismo e Surrealismo, iniziano ad influenzare parte della produzione cinematografica. L’avanguardia porta al cinema i principi di destrutturazione del racconto che, in letteratura, si erano già presen-tati con scrittori come Proust, Joyce e Virginia Woolf e, in pittura, con il movimento cubista prima e surrealista dopo1.

I codici rappresentativi del racconto tradizionale si basavano sulla ricostruzione temporale e spaziale della realtà; gli avvenimenti si sus-seguivano legati da rapporti di consequenzialità e causalità. Quindi, i

1 C. BRAGAGLIA, Storia del cinema francese, Newton Compton Editori, Milano 1995, p. 25.

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registi “fondatori”, superato il primo impatto con il nuovo linguaggio cinematografico, avevano portato quest’ultimo ad un più conosciuto linguaggio narrativo certamente rassicurante per il grande pubblico.

Il tentativo dell’avanguardia sarà, per l’appunto, quello di scuotere lo spettatore facendo barcollare le sue certezze. I film che verranno prodotti dalle avanguardie, mostrano una sequenza di immagini che apparentemente non sono legate tra loro da nessun rapporto causa-effetto.

Si tenta di portare sullo schermo, attraverso delle immagini in mo-vimento, il meraviglioso, l’onirico, ma anche esperienze legate alla pittura o alla fotografia. Le tecniche utilizzate sono svariate: si va dall’animazione all’uso di trucchi scenici e soprattutto allo sfruttamen-to delle possibilità della macchina da presa (dal ralenti all’accelerazione, dalle sovrimpressioni alle ottiche deformanti) e del montaggio2.

I film che si possono dire propriamente surrealisti, nel senso che mostrano l’essenzialità dell’immagine come luogo del surreale, si con-tano sulle dita di una mano, anche se Claude Abastado3 in Introduc-tion au Surréalisme ne elenca una ventina.

In effetti, non è semplice assegnare ai film l’etichetta di surrealisti e, a tale proposito, bisogna esaminare le teorie di alcuni tra i più im-portanti critici che si sono interessati al rapporto tra cinema e Surreali-smo, che giungono a due conclusioni antitetiche rispetto al senso e al valore del cinema surrealista. Tali teorie sono rappresentate da Ado Kyrou e Alain ed Odette Virmaux.

Secondo Ado Kyrou, tutto il cinema è essenzialmente surreale, poi-ché nel suo approccio al mondo si costituisce come produzione di immagini (elaborazione di sentimenti e di passioni) che liberano, co-me nella scrittura automatica e in un costante flusso metamorfico, il mondo della surrealtà4.

Per Alain e Odette Virmaux, al contrario, il cinema surrealista si esprime più negli articoli e nei testi teorici, che nella produzione ci-nematografica. Secondo quest’ultima interpretazione, ad eccezione di

2 A.A.V.V., Le siècle du Cinéma, « Cahiers du Cinéma », Hors-série, Paris novembre 2000, pp. 36-50.

3 C. ABASTADO, Introduction au Surréalisme, Bordas, Paris 1986, p. 244. 4 A. KYROU, Le surréalisme au cinéma, Le Terrain Vague, Paris 1963, p. 5.

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pochissime esperienze, non esisterebbe un cinema propriamente surre-alista5.

Date queste due diverse interpretazioni diventa indispensabile mo-strare in che senso il cinema possa essere inteso come espressione del-la surrealtà. Infatti, pur ammettendo che non si possa parlare di un ve-ro e proprio cinema surrealista, né di una tendenza durevole che si possa definire scuola, non si può negare che la lezione surrealista al cinema ha trovato degli allievi per continuarla.

Come rileva Binni, nel Manifeste del 1924 Breton paragona il Sur-realismo ai paradisi artificiali creati dall’oppio, dall’hashish e dall’alcol, e sostiene che questi ultimi, come il primo, evocano imma-gini spontanee che non si possono congedare perché la volontà non è più controllabile6.

Due sono i possibili esiti del rapporto tra immagine, corporeità e virtualità. Il primo focalizza questo rapporto come perdita e mancanza del punto di riferimento tradizionale della percezione, vale a dire, co-me alienazione dell’ambito naturale e del mondo fisico; il secondo, al contrario, mostra come la percezione legata al mondo artificiale e vir-tuale possa aprire orizzonti del tutto nuovi e sconosciuti proprio all’ambito della stessa percezione naturale:

C’est du rapprochement en quelque sorte fortuit des deux termes qu’a jailli une lumière particulière, lumière de l’image, à laquelle nous nous montrons infiniment sensibles7. Probabilmente, è in questo secondo esito che bisogna ricondurre la

funzione della visione cinematografica surrealista, nella quale l’ebbrezza prodotta dall’immagine è insieme qualcosa di artificiale e di naturale, è luogo di confine tra lo stato di veglia e lo stato onirico.

Secondo Breton l’immagine che colpisce di più è:

5 A. VIRMAUX, O. VIRMAUX, Les Surréalistes et le Cinéma, Editions Seghers, Paris 1976,

pp. 7-12. 6 L. BINNI, Il Surrealismo. Letteratura francese contemporanea. Le correnti

d’avanguardia, Lucarini Editore, Roma 1984, p. 218. 7 A. BRETON, Manifestes du Surréalisme, Gallimard, Paris 1999, p. 49 : “È dal contatto

fortuito di due termini che scaturisce una luce particolare, luce dell’immagine, alla quale ci mostriamo infinitamente sensibili”.

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Celle qui présente le degré d’arbitraire le plus élevé […] celle qu’on met le plus longtemps à traduire en langage pratique, soit qu’elle recèle une dose énorme de contradiction apparente8. Cinema, dunque, come mezzo che agisce sull’intero sistema percet-

tivo, medium tra corporeità ed immagine. Non solo il cinema è la pri-ma forma d’arte interamente tecnologica che si apre sul mondo dell’interiorità e dell’inconscio, ma i diversi processi di elaborazione dell’immagine filmica sono il riflesso della vita moderna, scissa e sclerotizzata.

L’immagine cinematografica, essendo il prodotto di un insieme di scelte e di tecniche combinate, mostra, più di qualsiasi altra forma tra-dizionale di espressione visiva, il carattere essenziale della modernità: il suo essere una realtà incrinata, rotta al proprio interno e visibile solo come insieme di parti disarmoniche e irrelate.

Il cinema diviene così lo specchio che mostra il carattere della mo-dernità e, nello stesso tempo, può essere la via per una sua possibile ri-flessione critica. A tale proposito, il Surrealismo cinematografico è un occhio artificiale, uno sguardo sul mondo che, sotto certi aspetti, è più reale della realtà, poiché fissa il surreale come percezione interiore dell’uomo, in cui onirismo della realtà e realtà del sogno si corrispon-dono. Lo schermo surrealista diviene così uno spazio virtuale in cui immaginazione e realtà perdono i propri confini e si scambiano di ruo-lo, per accedere al “meraviglioso onirico”, ambito vitale della nostra conoscenza, che ancora oggi non riusciamo a riconoscere come essen-ziale per la stessa sopravvivenza umana9.

Tuttavia, è bene precisare che il ribaltamento del senso comune, va-le a dire, lo scambio surrealista tra sogno e realtà, non ha niente a che vedere con certe pratiche del montaggio, come ad esempio il décou-page, che mira fondamentalmente a uno spettatore passivo:

Ciò a cui in primo luogo questo cinema mirava era il dar vita a quello che possiamo definire uno spettatore inconsapevole, che scivolasse docilmente

8 Ivi, p. 50 : “Quella che presenta il grado di arbitrarietà più elevato […] quella che si met-

te più tempo a tradurre in linguaggio pratico, ossia quella che cela un’enorme dose di con-traddizione apparente”.

9 G. RONDOLINO, D. TOMASI, Manuale del film: linguaggio, racconto, analisi, UTET, To-rino 1995, pp. 160-1.

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nel mondo della finzione, si proiettasse nella vicenda narrata, si identificasse con i protagonisti del racconto, dimenticandosi di essere al cinema e di assi-stere ad uno spettacolo, finendo col confondere la realtà rappresentata sullo schermo per la realtà tout court10. Le concezioni surrealiste sul cinema, sono sostanzialmente fondate

sull’idea che: Il cinema avesse in sé la potenzialità di ricreare la dimensione meravigliosa del sogno, di ridurre tutta la vicenda umana ai grandi movimenti della pas-sione, segnando profondamente la coscienza dello spettatore, di diventare creatore di energia, trascinando la folla all’azione, alla rivolta, in nome dei grandi ideali11. Inoltre, al sogno si possono collegare gran parte degli stati psico-

fisiologici, in cui la coscienza allenta la propria presa sul mondo. Nel sogno, la percezione è quasi interamente automatica e libera le energie che, nello stato di veglia, hanno una funzione di controllo. La condi-zione onirica si presenta così costituita da una doppia valenza. Da un lato, essa rimanda al sogno come condizione irrazionale, come fuga dalla realtà; dall’altro, può aprire uno spazio di riflessione critica, uno spazio ermeneutico, come ci mostra anche la psicanalisi:

Il sogno ha una meravigliosa poesia, un’opportuna allegoria, un incomparabi-le umorismo, una rara ironia. Il sogno vede il mondo in una luce di strano i-dealismo e spesso rafforza gli effetti di ciò che vede attraverso la sua profon-da comprensione dell’essenza delle cose12.

Tutta la sostanza che il film elabora e manipola altro non è che un

luogo immaginario, un sogno. L’immagine surrealista cinematografica è una immagine che vuole

essere critica. Nel Manifeste du surréalisme del 1924, Breton spiega cos’è il Surrealismo:

SURRÉALISME, n. m. Automatisme psychique pur par lequel on se propose d’exprimer, soit verbalement, soit par écrit, soit de toute autre manière, le

10 Ibidem. 11 R. MAZZONI, F. GHISELLI, Robert Desnos e il meraviglioso moderno, Edizioni ETS,

Pisa 1995, p. 18. 12 S. FREUD, L’interpretazione dei sogni, Newton Compton Editori, Roma 1972, p. 88.

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fonctionnement réel de la pensée. Dictée de la pensée, en l’absence de tout contrôle exercé par la raison, en dehors de toute préoccupation esthétique ou morale13. Se il Surrealismo nasce come una interpretazione originale del ma-

terialismo dialettico, contro ciò che appare ma che in realtà è privo di sostanza e corporeità, allora è vero che una certa linea del Surrealismo è stata strumentalizzata e stravolta.

Un esempio concreto ci viene dato dalla pubblicità. L’immagine pubblicitaria, che si costituisce sull’immediatezza del mezzo televisi-vo, è sostanzialmente un’immagine surreale, e spesso di un surreali-smo che fa leva su un irrazionalismo esasperato e svuotato da qualsia-si contenuto concreto. Questo tipo di immagine sostituisce il fantastico e il meraviglioso, con il fantasmagorico e lo spettacolare.

Questo scambio, non è altro che una valvola di scarico per contene-re il vuoto che ormai caratterizza tutte le forme di comunicazione e di percezione della realtà. La fantasmagoria e la spettacolarità, come il sogno, sono una fuga nell’irrazionale e una deviazione del senso.

Già i dadaisti e i surrealisti avevano concepito un’arte fondata sul frammento, lo choc, la sorpresa: il cinema porta a compimento le loro intuizioni. In effetti, secondo Breton, l’immagine è una creazione pura della mente che non può nascere dalla comparazione, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti e:

Plus les rapports des deux réalités rapprochées seront lointains et justes, plus l’image sera forte14. Se le inquadrature colpiscono lo spettatore con la stessa intensità di

uno choc improvviso, ciò ha conseguenze rilevanti sulla struttura psi-chica. Se l’intera esperienza della visione assume sempre più un simi-le carattere traumatico, la coscienza occuperà in essa un posto trascu-rabile. Il mondo intero, visto e rappresentato in tal modo, viene ad as-

13 A. BRETON, Manifestes du Surréalisme, cit., p. 36 : “SURREALISMO, n. m. Automati-

smo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di ogni controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.

14 Ivi, p. 31 : “Più i rapporti tra le due realtà accostate saranno lontani e precisi, più l’immagine sarà forte”.

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sumere il carattere enigmatico e sfuggente dell’allucinazione e del so-gno. L’io viene ridotto in stato di impotenza, e ciò permette che i sin-goli elementi della percezione vengano ad aggregarsi e comporsi con modalità simili a quelle oniriche. Afferma Mario Pezzella :

Il cinema è l’espressione più adeguata del «sogno collettivo», dei «fantasmi sadici e delle immagini deliranti» della modernità; e la sua stessa tecnica e-spone e incrementa la metamorfosi del mondo dell’esperienza in un seguito di scene oniriche15. Lo studioso, oltre a citare esplicitamente i surrealisti, lascia in so-

speso la questione del rapporto tra sogno e immagine filmica. Il carattere “onirico” della visione filmica, è solo un primo aspetto

del linguaggio cinematografico e della sua portata rivoluzionaria. Nel cinema, ciò che caratterizza la materia prima del film, come materiale onirico, non è il senso di irrealtà; al contrario, ciò che è vissuto nella vita reale come qualcosa di irreale, nel cinema si trasforma in qualcosa di concreto: è lì, lo si può vedere ed è tangibile.

L’aspetto più rilevante e specifico della visione filmica, per i surre-alisti è il potersi calare nella sala cinematografica come in un sogno e forse raggiungere attraverso questo nuovo mezzo una realtà assoluta, una surréalité :

Je crois à la résolution future de ces deux états, en apparence si contradictoi-res, que sont le rêve et la réalité, en une sorte de réalité absolue, de surréalité, si l’on peut ainsi dire16. Il mezzo cinematografico è essenzialmente fondato sulla capacità

di trasformare, di elaborare e manipolare (dilatare o restringere) il tempo e lo spazio. Il cinema permette di cogliere la coesistenza di momenti spaziali e temporali molto distanti tra loro, e di mostrare quanto sia illusoria una rappresentazione del tempo e dello spazio in-tesi come pure presenze.

15 M. PEZZELLA, Estetica del cinema, Il Mulino, Bologna 1996, p. 14. 16 A. BRETON, Manifestes du Surréalisme, cit., p. 24 : “Credo alla futura risoluzione di

questi stati, apparentemente così contraddittori, che sono il sogno e la realtà, in una sorta di realtà assoluta, di surrealtà, se così si può dire”.

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Al cinema, la simultaneità e l’ubiquità sono rese reali, non effetti di finzione; proprio come in un sogno, morire e tornare a vivere è un fat-to possibile. Per questo motivo alcuni surrealisti sostenevano il carat-tere naturalmente surrealista dei film, che alcuni non accettarono; Re-né Clair sosteneva che il cinema non era il miglior mezzo d’espressione surrealista:

Pour traduire en images la plus pure conception surréaliste, il faudra la sou-mettre à la technique cinématographique, ce qui risque de faire perdre à cet automatisme psychique pur une grande part de sa pureté17. Il cinema ha un immenso potere, cioè quello di porci dinanzi alle

persone ed agli oggetti in modo nuovo e mostrandoci come la nostra percezione, quella naturale, non sia la sola possibile, ma possa essere meglio compresa se affiancata da strumenti che si aprono alla virtuali-tà e alla percezione artificiale.

Bisogna riconoscere che la macchina da presa ha una sua visione del mondo, ha una potenzialità di penetrazione visiva e di produzione del senso, che può aiutarci a comprendere meglio la nostra percezione del mondo. Infatti, come scrive Benjamin:

Si capisce così come la natura che parla alla cinepresa sia diversa da quella che parla all’occhio. Diversa specialmente per il fatto che al posto di uno spazio elaborato dalla coscienza dell’uomo interviene uno spazio elaborato inconsciamente. Se di solito ci si rende conto, sia pure approssimativamente, dell’andatura della gente, certamente non si sa nulla del suo comportamento nel frammento di secondo in cui affretta il passo. Se siamo più o meno abi-tuati al gesto di afferrare l’accendisigari o il cucchiaio, non sappiamo presso-ché nulla di ciò che effettivamente avviene tra la mano e il metallo, per non dire il modo in cui ciò varia in relazione agli stati d’animo in cui noi ci tro-viamo. Qui interviene la cinepresa coi suoi mezzi ausiliari, col suo scendere e salire, col suo interrompere e isolare, col suo ampliare e contrarre il processo,

17 R. CLAIR, Cinéma et Surréalisme in « Les Cahiers du mois », n° 16-17, « Cinéma », éd.

Emile-Paul Frères, Paris 1925, pp. 90-91 cit. in A. VIRMAUX, O. VIRMAUX, op. cit., p. 318 : “Per tradurre in immagini la concezione surrealista più singolare, bisognerà sottometterla alla tecnica cinematografica, ciò che rischia di far perdere a questo automatismo psichico puro gran parte della sua purezza”.

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col suo ingrandire e ridurre. Dell’inconscio ottico sappiamo qualche cosa sol-tanto grazie ad essa, come dell’inconscio istintivo grazie alla psicanalisi18.

In questo senso, non bisogna confondere l’intuizione surrealista,

che teorizza una piena identificazione tra cinema e sogno, con l’idea che il cinema debba essere una mera trasposizione d’immagini oniri-che. I surrealisti non sono sempre fedeli a questo principio; tuttavia, si può dire che essi siano tra i primi a capire l’importanza del cinema come mezzo che riproduce un’altra natura, come mezzo che affianca alla percezione del mondo abituale e naturale una percezione surreale. Questo è un punto essenziale per chiarire come i surrealisti intendano usare le immagini nel cinema.

Il sogno ha sempre una doppia valenza: un contenuto manifesto che può essere letto come storia e discorso, e un contenuto latente che de-ve essere interpretato. Se il fine del cinema spettacolare è quello di oc-cultare la dinamica della simulazione, mediante l’affabulazione pro-dotta dal discorso visibile, mediante la trasposizione in immagini della storia del sogno, allora il fine del cinema critico-espressivo corrispon-de alla possibilità di una apertura critica e di una interpretazione del sogno stesso19.

Il senso del cinema critico-espressivo è quello di mettere in luce il contenuto latente che emerge da un lavoro complesso e organizzato, da un’insieme di elaborazioni sulle immagini (montaggio ecc).

Per i surrealisti, il cinema è il mezzo espressivo più idoneo a rap-presentare la surrealtà. Tuttavia, sono pochi i film classificati come propriamente surrealisti, anche perché l’amour fou nei confronti del cinema, si è ben presto trasformato in disprezzo in quanto questo stra-ordinario mezzo di comunicazione divenne, a loro parere, uno stru-mento al servizio della borghesia.

Inizialmente, i surrealisti si limitavano a frequentare le sale cinema-tografiche dei quartieri popolari; entravano e uscivano quasi subito; passavano da un cinema all’altro, senza aspettare che un film finisse o iniziasse, unendo così nella memoria un insieme di immagini del tutto disorganizzate, che non potevano portare a un discorso razionale.

18 W. BENJAMIN, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, To-rino 1966, p. 42.

19 M. PEZZELLA, op. cit., p. 15.

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Je ne commençais pas par consulter le programme de la semaine pour savoir quel film avait chance d’être le meilleur et pas davantage je ne m’informais de l’heure à laquelle tel film commençait. Je m’entendais très spécialement avec Jacques Vaché pour n’apprécier rien tant que l’irruption dans une salle où l’on donnait ce que l’on donnait, où l’on était n’importe où et d’où nous sortions à la première approche d’ennui – de satiété – pour nous porter préci-pitamment vers une autre salle où nous nous comportions de même20. Questa messa in forma dell’immaginario irrazionale, questa tecnica

molto simile all’hasard objectif o alla écriture automatique, trasposta nella visione filmica, è ciò che sta alla base del concetto di cinema surreale.

Se non possiamo propriamente parlare di cinema surrealista, pos-siamo invece dire che il Surrealismo applicato al cinema non è altro che un modo specifico di usare le immagini, un modo per farle colli-dere e portarle fino all’estremo più paradossale, al fine di far emergere il contenuto latente che si cela dietro a ogni discorso narrativo, dietro a ogni storia. Surrealisti e cinema

Sappiamo che non esiste un’unica teoria che possa rappresentare il Surrealismo in generale, così è altrettanto vero che non esiste una teo-ria surrealista del cinema.

Nel Surrealismo, fin dalle sue origini, l’interesse per il cinema è molto forte, ma non è principalmente rivolto alla concreta produzione di film, quanto piuttosto alla naturale identificazione tra cinema e sur-realtà. Per i surrealisti, il cinema è soprattutto un mezzo per mettere in atto una sorta di scrittura automatica che possa consentire ad ognuno di crearsi: 20 A. BRETON, Comme dans un bois, La clé des champs, Jean-Jacques Pauvert, Paris 1985, p. 242 : “Non cominciavo con consultare il programma della settimana per saper quale film po-teva essere il migliore e non mi informavo neanche dell’ora in cui il film iniziasse. Ero parti-colarmente in sintonia con Jacques Vaché, con il quale apprezzavo maggiormente l’irruzione in una sala in cui si proiettava un film qualsiasi, nella quale si era ovunque e da dove usciva-mo al primo segno di noia – di sazietà – per andare velocemente in un’altra sala nella quale ci comportavamo allo stesso modo”.

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Il suo film personale con i brandelli dei film visti, senza ordine, senza scelta o programma, a caso, passando da una sala cinematografica all’altra, così come si attraversa la strada o si va da un locale pubblico a un altro21. Il cinema, dunque, per i surrealisti, prima di essere una forma di

espressione artistica, come la poesia e la pittura, è soprattutto un mate-riale onirico da utilizzare e affiancare all’esperienza reale della vita quotidiana, al fine di mettere in comunicazione esperienza diurna e vi-ta interiore.

Per le loro costruzioni oniriche, essi usavano i brandelli dei diversi film visti – una determinata sequenza, un episodio, un’ambientazione, un’attrice, un volto, una didascalia – come frasi, brani, capitoli di un ininterrotto romanzo visivo affascinante e personalissimo. Al di là del-la tecnica, dello stile, delle possibilità espressive del mezzo, il cinema era di fatto una surrealtà: la frequenza del cinema, la sua continua fruizione, diventava automaticamente una esaltante esperienza surrea-lista.

Come abbiamo già detto, i Virmaux e Rondolino criticano la posi-zione di Ado Kyrou, per il quale il cinema per sua essenza è surreale poiché essi non riconoscono l’esistenza di un vero e proprio cinema surrealista.

Non è difficile trovare in film commerciali e di consumo elementi, motivi e temi propri della poetica dadaista e/o surrealista, in quanto questi movimenti d’avanguardia hanno avuto un grande impatto sulla cultura contemporanea. Potrebbe essere utile ricondurre al Dadaismo-Surrealismo tutti i film che direttamente o indirettamente risentono della loro influenza. È quanto ha fatto, con ricca documentazione, Ado Kyrou nel libro intitolato appunto Le surréalisme au cinéma. Ma, in questo caso, si corre il rischio di smarrire il cammino dell’indagine critica e di rinunciare a un discorso storico: di fare, in altre parole, un’opera surrealista, come Alain e Odette Virmaux denunciano abbia fatto Kyrou:

21 G. RONDOLINO, L’occhio tagliato, Editore Martano, Torino 1972, p. 20.

Capitolo I

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Il reste très légitime de consacrer un gros volume aux interférences du ciné-ma et du surréalisme et d’y démontrer, en particulier, qu’un surréalisme dif-fus et comme involontaire baigne de nombreux films22. I Virmaux sostengono che Surrealismo e cinema sono due nozioni

distinte, lontane e disunite. Esse avrebbero potuto costituire un unico “universo” solo nel caso che vi fosse stata:

L’existence de nombreux films proprement surréalistes, constituant une ten-dance durable, une école admise23. È vero che i surrealisti, oltre ai pochi film realizzati, hanno lasciato

una testimonianza del loro interesse per il cinema in molti articoli, in diversi scritti teorici e in varie sceneggiature cinematografiche. È vero anche che la figura di Luis Buñuel è centrale; ma come il Surrealismo non è costituito soltanto dalle opere di Breton, così non essendoci una vera e propria produzione di film, non si può parlare di cinema surrea-lista e tanto meno di storia del cinema surrealista.

Ma la riflessione sul cinema è sempre presente nel pensiero di Bre-ton, anche se nel primo Manifeste il cinema non viene espressamente nominato, il richiamo costante al “meraviglioso onirico” può farsi ri-salire alla frequenza quotidiana che i surrealisti avevano col cinema e, in particolare, col metodo surrealista di fruizione del film.

Tuttavia, se è relativamente possibile “materializzare” e “reificare” il sogno, cioè trasferire nell’immagine filmica l’esperienza onirica, per alcuni surrealisti, tra i quali René Clair, è quasi impossibile tradurre nel cinema l’esperienza della scrittura automatica e l’automatismo psichico. Ed è questo uno dei motivi che potrebbe spiegare il perché la produzione cinematografica surrealista si sia limitata a pochi film, e perché vi sia un notevole divario tra i film prodotti e le sceneggiature che non sono mai state realizzate.

22 A. VIRMAUX, O. VIRMAUX, op. cit., p. 8 : “È legittimo consacrare un ampio volume al-

le interferenze tra cinema e surrealismo e di dimostrarvi, in particolare, che un surrealismo diffuso e involontario intride numerosi film”.

23 Ibidem : “L’esistenza di numerosi film propriamente surrealisti, che costituiscano una tendenza duratura, una scuola riconosciuta”.

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Diviene così importante capire in che senso Surrealismo e cinema, si presentano, secondo Alain e Odette Virmaux, come una unione mancata.

Per i surrealisti il cinema è una sorta di calamita irresistibile. La sua attrazione può essere tradotta nei termini di una “passione spettatrice”, come luogo del meraviglioso da cui trarre ispirazione e come mezzo di espressione e di azione.

Vers 1920, toute une fraction de la jeunesse se rue vers le film parce que le film est aux antipodes de la culture bourgeoise imposée. Les classes dirigean-tes, malgré quelques tentatives annexionnistes comme celle du «film d’art», n’ont pas encore réussi à «récupérer» le cinéma, à l’insérer dans leur système de valeurs24. Gli appartenenti al movimento, non si accontentano di rinnegare

tutta la produzione commerciale, ma vogliono affermare il mezzo ci-nematografico come strumento di rivolta e di disprezzo nei confronti della cultura dominante, come forma di espressione della modernità, capace di sovvertire i valori della borghesia. Breton sottolinea questo aspetto, in Nadja, in La clé des champs, in L’Amour fou e in altri scrit-ti. Il disprezzo è rivolto non solo alle “gens de culture et de bon goût”, ma anche a quelli che vogliono definire il cinema come forma d’arte.

Agli occhi dei surrealisti, il cinema è una forma di espressione che rappresenta l’anticultura, che rinnega perfino sé stessa come cultura cinematografica. Essi volevano evitare che il cinema divenisse il luo-go di nuove cerimonie culturali e borghesi.

In questo senso il cinema ha molti punti di contatto con la poesia sovversiva che si sviluppò, in Francia e non solo, a partire dai primi decenni del Novecento. Sotto certi aspetti, il carattere anarchico e ri-voluzionario del cinema è considerato, da tutta una generazione di po-eti, intellettuali e artisti che gravitano attorno al Surrealismo negli anni Venti, una nuova forma poetica25.

24 Ivi, p. 13 : “Intorno al 1920, una parte dei giovani si precipita verso il film perché

quest’ultimo è agli antipodi dalla cultura borghese imposta. Le classi dirigenti, malgrado al-cuni tentativi annessionistici come quello del «film d’arte», non sono riusciti ancora a «recu-perare» il cinema, ad inserirlo nel loro sistema di valori”.

25 A. Kyrou, op. cit., p. 181.

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Così in Apollinaire, in Rimbaud, in Éluard, in Soupault, in Desnos, in Breton il cinema è più che una forma d’arte, è più che una letteratu-ra: è poesia. Dal Dada al Surrealismo

Prima che nascesse ufficialmente il Surrealismo, erano stati i dadai-sti a manifestare un forte interesse per il cinema, basti ricordare le pel-licole create da Marcel Duchamp, Hans Richter, Francis Picabia, Man Ray.

Per gli appartenenti al movimento Dada, si trattava di ribaltare tutte le regole del cinema, di trasformare il film in un oggetto dadaista otte-nuto con la tecnica cinematografica. Di questo spirito sovversivo è te-stimone il cortometraggio di Man Ray, Le retour à la raison (1923) che è stato un dei primi film dadaisti, ricordato soprattutto nella storia del Surrealismo, perché doveva essere proiettato la sera stessa in cui avvenne la rottura con Dada.

Man Ray, in questo film di tre minuti, utilizzando le sue tecniche di impressione fotografica (rayografie) applicate all’immagine filmica, ottenne una sorta di automatismo visivo, capace di rompere con ogni rapporto discorsivo e tradizionale del linguaggio filmico, in linea con le concezioni del Dadaismo.

Cinéma automatique, dunque, ma nel quale l’automatismo, tutto e-steriore, consisteva in un rapporto di forme e di movimenti e non nell’accostamento lirico e scandaloso di elementi disparati: differenza che provocò appunto la scissione Dada-Surrealismo.

A partire da questa diversa interpretazione dell’automatismo, che per i surrealisti non può che essere un automatismo psichico (e non un aspetto puramente formale ed esteriore), possiamo dire che, in linea di principio, il Surrealismo cinematografico è, sì, la continuazione dello spirito sovversivo dadaista, ma fondato sulla possibilità di un nuovo linguaggio, allo stesso tempo eversivo ed in grado di mostrare l’espressione più pura dell’immaginario onirico.

Cinema surrealista, quindi, non solo come distruzione del linguag-gio filmico tradizionale, ma anche come possibilità di una piena rein-

Il cinema dei Surrealisti

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tegrazione dell’inconscio, e come via di accesso alla vita vera. Ed è proprio in questo senso che si deve intendere il cinema surrealista, o per lo meno, ciò che per i surrealisti rappresentava lo schermo cinema-tografico: un mezzo che si apre all’inconscio, al “contenuto latente”, ad una riflessione sulla vita reale e sull’esistenza.

Le film devait tout naturellement apparaître comme un moyen idéal d’investigation de la surréalité, comme un véhicule privilégié de l’imaginaire ou de l’inconscient et qui permettrait par exemple de porter à l’écran l’équivalent figuratif de «l’écriture automatique»26.

Come abbiamo già detto, il punto di vista da cui i surrealisti guar-

dano il cinema è quello dello spettatore e non quello di colui che lo re-alizza.

È al livello dello sguardo che i surrealisti cercano sullo schermo la magia del cinema, anche quando si esaltano per i suoi poteri. Tutto ciò non è un caso. Infatti, è con questo spirito che alcuni appartenenti al movimento surrealista, respingono con orrore l’idea di ogni perfezio-namento tecnico e di ogni progresso, che fa dell’immagine filmica un’immagine “vera” o “verosimile”:

D’avance on récuse le cinéma sonore et parlant, et la couleur, et le relief. […] Le cinéma n’avait chance d’ouvrir accès à la «vraie vie» qu’à la condition expresse de ne pas évoluer et d’abord de rester silencieux27.

Altri, tra cui Desnos sostengono che: Tout ce qui peut être projeté sur l’écran appartient au cinéma, les lettres comme les visages. Tous les moyens sont bons qui donnent de bons films et c’est dans l’esprit plutôt que dans une technique accessoire qu’il convient de rechercher la pureté28.

26 A. VIRMAUX, O. VIRMAUX, op. cit., pp. 22-3 : “Il film appariva un mezzo del tutto ido-

neo ed ideale di investigazione della surrealtà, un veicolo privilegiato dell’immaginario o dell’inconscio che avrebbe permesso per esempio di portare sullo schermo l’equivalente figu-rativo della « scrittura automatica »”.

27 Ivi, p. 25 : “Dapprima si rifiuta il cinema sonoro e parlante, il colore e il rilievo. […] il cinema aveva la possibilità di aprire l’accesso alla « vita vera » soltanto a condizione esplicita di non evolversi e di restare silenzioso”.

28 R. DESNOS, Cinéma, textes réunis et présentés par André Tchernia, Gallimard, Paris 1966, p. 98 : “Tutto ciò che può essere proiettato sullo schermo appartiene al cinema, le lette-