6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo...

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non è la libertà che manca. mancano gli uomini liberi. ANNO 6 NUMERO 16 SABATO 21 APRILE 2007 A1,50 POSTE ITALIANE SPA SPED.ABB.POST. - 45% - ART.2 COMMA 20/b LEGGE 662/96 D.C. MILANO REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MILANO N.362 DEL 17/06/2002 [email protected] [email protected] Leo Longanesi, 1905-1957 REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE VIA SENATO 12, 20121 MILANO TELEFONO 02 36560007 E-MAIL: [email protected] L’INTERVISTA Magdi Allam: perché sto con Israele a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il 25 Aprile? Ugo Finetti a pagina 5 FILOSOFIA Berlin come te lo smercia “Repubblica” Giancristiano Desiderio a pagina 7 LETTERATURA I 7 grandi d’Italia secondo noi Luigi Mascheroni alle pagine 10 e 11 INTERNET La “Second Life” delle meraviglie Giuseppe Romano e Francesca D’Angelo a pagina 13 LA MOSTRA Tutta l’arte delle donne Beatrice Buscaroli a pagina 11 libertà • responsabilità • giustizia • società • famiglia • stato • democrazia • Dio • natura • cultura ATLANTE DELL’UOMO LIBERO SOMMARIO Il Circolo in concerto. Per festeggiare Benedetto XVI a pagina I L’Italia dopo i “fatti cinesi” di Milano Franco Frattini a pagina I Un decalogo in 1000 citazioni per comprendere la modernità. Iniziamo da Libertà perché nella politica d’oggi tutti si professano liberali molte volte senza esserlo. In ogni caso, secondo noi, è più importante avere a cuore la libertà che non dichiararsi liberali a cura di Marco Respinti alle pagine 8 e 9 © David Lees/CORBIS Il Domenicale è un settimanale di cultura presente in edicola dal 2002. Da questo numero siamo in abbinamento con il Giornale. Da sabato 28 aprile Il Domenicale uscirà al prezzo speciale di e0,50 in allegato a il Giornale Le 10 parole che reggono il mondo

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non è la libertà che manca. mancano gli uomini liberi.

ANNO 6 NUMERO 16SABATO 21 APRILE 2007 A1,50

POSTE ITALIANE SPA SPED.ABB.POST. - 45% - ART.2COMMA 20/b LEGGE 662/96 D.C. MILANO

REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MILANO N.362 DEL 17/06/2002

[email protected]@ILDOMENICALE.IT

Leo Longanesi, 1905-1957

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONEVIA SENATO 12, 20121 MILANO

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L’INTERVISTAMagdi Allam:perché sto con Israelea cura di Angelo Crespi a pagina 3

MISTERI Sveliamol’enigma di Leonardo Gianluca Montinaroa pagina 4

L’ALTRA STORIACosa cela il 25 Aprile?Ugo Finetti a pagina 5

FILOSOFIABerlin comete lo smercia“Repubblica” Giancristiano Desiderio a pagina 7

LETTERATURAI 7 grandid’Italiasecondo noi Luigi Mascheroni alle pagine 10 e 11

INTERNETLa “SecondLife” dellemeraviglieGiuseppe Romano e Francesca D’Angelo a pagina 13

LA MOSTRATutta l’artedelle donneBeatrice Buscaroli a pagina 11

libertà • responsabilità • giustizia • società • famiglia • stato • democrazia • Dio • natura • cultura

ATLANTE DELL’UOMO LIBERO

SOMMARIO

Il Circolo in concerto. Per festeggiareBenedetto XVIa pagina I

L’Italia dopo i “fatti cinesi”di MilanoFranco Frattinia pagina I

Un decalogoin 1000citazioni percomprenderela modernità.Iniziamo da Libertàperché nella politicad’oggi tutti si professanoliberali molte voltesenza esserlo.In ogni caso,secondo noi,è piùimportanteavere a cuorela libertà che nondichiararsiliberali

a cura di Marco Respinti alle pagine 8 e 9 ©

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Il Domenicale è un settimanale di cultura

presente in edicola dal 2002. Da questo numero siamo

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Le 10 parole che reggono il mondo

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EDITORIALEdi Angelo Crespi

Talvolta vale la penaripetersi, foss’anchesolo per chiarire a sé

stessi una certa idea. Duesettimane fa, ci eravamopermessi di controbattereun’opinione di Ernesto Gallidella Loggia, convinto da sempre che la cultura di destra non esista, ocomunque non sia in gradodi imporsi nello spaziopubblico e dettare la parolechiave del dibattitoquotidiano. Obiettavamo chedietro il civettuolo schermarsidi Galli della Loggia cometerzista, proprio l’autorevoleintellettuale del Corrieredella Sera fosse, insieme adaltri di via Solferino, unesponente di quel pensierocui una destra modernadovrebbe tendere: liberale econservatore, con grandeanelito riformista, in gradodi difendere i valori dellatradizione cattolica senza

apparire bigotto, capace difare revisionismo storico adalto livello senza timori disembrare fascista. Certo,aggiungevamo, questiintellettuali dovrebberoassumersi l’onore e l’onere di una presa di coscienzamaggiore, benchéabbandonare posizioni dicomodo come il terzismoimponga qualche sacrificio in termini di consenso.Altresì, siamo consapevoliche una parte della colpa per cui i cosiddetti terzistiprendono le distante dal loronaturale sbocco politico, cioè la Casa delle Libertà, sia ascrivibile a una classepolitica che non è stata in grado di convincere questo mondo che ha risorseintellettuali e autorevolezza. Un anno fa, in occasionedella sconfitta elettorale diaprile, il Domenicale avevalanciato una provocatoriaproposta: di progettare un“gramscismo liberale”,convinti che in Italia lacultura di destra fosse in

potenza vincente, mentremancavano le stategie e lerelazioni affinché essa sipropagasse. Le cose putropponon sono cambiate molto. Nonostante le gravimancanze del governo Prodi,la cultura di sinistra dettaancora legge e il meccanismodell’egemonia prosegueindisturbato, anzi si rafforza. Un piccolo esempio vale pertutti: si stanno svolgendosullo scenario internazionalealcune campagne elettoraliche vengono seguite coninteresse anche in Italia.Prendiamo l’America: tutti i quotidiani parlano dei duecandidati democratici,Obama e Hillary Clinton,mentre i candidatirepubblicani meritano ilsilenzio. Oppure la Francia:la candidata Ségolène Royalin quanto a consenso stampaqui da noi sbaraglia tutti.Infine l’Inghilterra: si cita

Cameron più come fenomenogiovanile che come nuovoforte esponente conservatore.Così, tanto per far capire cosasignifica egemonia di sinistrae quanta ancora sudditanzac’è a destra, il libro-manifestodi Obama con gloriosaprefazione di Walter Veltroniviene pubblicato da Rizzoli; il libro-manifesto di Sarkozycon l’altrettanto importanteprefazione di GianfrancoFini, dalle pur meritorieedizioni Nuove Ideecoordinate dal bravo FabioTorriero. Inutile domandarsiperché e percome, neppurechiedersi quali tra i due librisarà più distribuito, quale trai due manifesti politici saràriconosciuto dal grandepubblico. Domande oziose. Lo sforzo congiunto delDomenicale e del Giornalevorrebbe porre rimedio al problema di una culturache è già senso comune tra la gente, ma non trovaancora i meccanismi e i luoghi per imporsi nel dibattito pubblico. •

Di nuovo brevi considerazioni sulla cultura di destra, che c’è

BASTA CON L’EGEMONIA DI SINISTRA, MA BASTAANCHE CON LA VOLONTARIA SOTTOMISSIONE

DELLA DESTRA A UNA CULTURA CHE NON C’È PIÙ

di Angelo Crespi

D opo il discusso libro sull’Ita-lia, Magdi Allam sta peruscire in libreria il 15 mag-

gio con un libro altrettanto provo-catorio dal titolo Viva Israele. Dal-l’ideologia dell’odio alla civiltà del-la vita. La mia storia (Mondadori)Per molti intellettuali pur di diver-se culture sembra che la difesa del-l’Occidente non possa prescinderedalla difesa di Israele. È così?

Proprio così. Ho sperimentato inprima persona la realtà di quel pro-cesso deleterio che inizia con l’odionei confronti di Israele e con l’incita-mento alla guerra e all’esercizio del-la violenza contro Israele e poi fini-sce con l’infierire contro tutti i diver-si. Si comincia con gli israeliani, poisi passa agli ebrei tout court anchese di cittadinanza egiziana, poi ci siaccanisce contro i cristiani copti,poi contro i musulmani eterodossi,poi contro quelli laici e liberali, finoall’esplosione di quel terrorismo i-slamico che non discrimina in alcunmodo tra l’insieme dei musulmani.Per questo motivo se vogliamo sal-vaguardare il diritto alla vita di tuttidobbiamo cominciare difendendo ildiritto di Israele all’esistenza, per-ché è la violazione di quel diritto chetiene in vita una deleteria ideologiadell’odio, della violenza e dellamorte che non risparmia nessuno.Qui è in gioco qualcosa di più delladifesa del cardine della civiltà occi-dentale, cioè il diritto alla vita, è ingioco la difesa dell’essenza stessadella nostra umanità.

Carlo Panella nel suo ultimosaggio, Il fascismo islamico (Riz-zoli), spiega l’incapacità dell’Oc-cidente, soprattutto dell’Europa, acomprendere la minaccia che pro-viene per esempio dall’Iran. An-che quando l’antisemitismo èespresso come nel caso dello statu-to di Hamas, si cerca di glissare.

Ci sono vari motivi che genera-no l’atteggiamento lassista dell’Oc-cidente. Il primo è il permanere diuna realtà di collusione ideologicacon l’antiebraismo, l’antisionismo el’anti israelismo che ha origini reli-giose e ideologiche. Il secondo fatto-re è la pavidità dell’Occidente chenon è più in grado, per la perdita deipropri valori e della propria identità,per la sua fragilità interna, di assu-mere un atteggiamento compatto,forte e determinato per fronteggiarei nemici della vita. Si preferisce as-sumere quell’atteggiamento di re-

missività nei confronti di chi ci mi-naccia, di chi predica la violenza e ilterrore, immaginando che si possaarrivare tramite il dialogo, conside-rato non come uno strumento bensìcome un fine di per sé, ad un com-promesso pur se dall’altra parte lanozione di compromesso è assolu-tamente inesistente. La crisi del-l’Occidente potrebbe essere spiega-ta con un aneddoto che usava Wi-ston Churchill: «la persona conci-liante è quella che nutre il coccodril-lo con la speranza di essere mangia-to per ultimo». Come sappiamol’Occidente in quel periodo purtrop-po finì per assecondare il nazismopagandone catastrofiche conse-guenze.

In un recente dibattito pubbli-co Lei ha definito il Papa “l’ultimobaluardo dell’Occidente”. Perchéquesta convinzione?

Perché sono uno strenuo soste-nitore delle posizioni assunte da Be-nedetto XVI non solo a difesa dellasacralità della vita, ma a difesa diuna concezione di dialogo che devebasarsi sull’accettazione della real-tà per quello che è. Cioè evidenzian-do le diversità congenite presentinelle varie religioni e culture, e veri-ficando se si condividono i valorifondanti della nostra umanità, conla consapevolezza che su questi va-lori non si può accettare alcun mer-canteggiamento. Soltanto così sipuò immaginare un percorso chesfoci in una comune civiltà dell’uo-mo. Benedetto XVI ha riassunto piùvolte questa concezione esaltando il

felice sodalizio tra fede e ragione. IlPapa però è solo anche all’internodella chiesa cattolica nella qualesussistono tendenze addiritturacontrapposte a quelle del pontefice,che trovano linfa in un più generalecontesto occidentale di relativismo enichillismo. In sostanza sono co-munque convinto che il Papa e Israe-le sono le due realtà in grado di arre-stare l’invasione dei nuovi barbari,nati islamici, che stanno minaccian-do la comune civiltà del mondo.

Eppure, stando ai dati, l’Euro-pa sarebbe votata al suicidio de-mografico. Alcuni studiosi pensa-no che la tendenza alla bassa nata-lità sia impossibile da invertire. Eche quindi saremo invasi senzacombattere.

Il suicidio demografico dell’Eu-ropa è l’aspetto più tangibile di uncrollo della civiltà europea all’inse-gna della perdita dei valori, di ogni ri-ferimento identitario, del mancare diuna politica etica che realizzi il benedella collettività. In Italia tutto ciò èancora più evidente e dimostra le dif-ficoltà di un Paese in controtenden-za. Basti pensare al comunismo chein Europa non trova più consensi,mentre in Italia arriva al governo.

Gli Stati Uniti non sono ancorariusciti a definire la questione af-ghana né quella dell’Irak. Lei ri-tiene che questi due Paesi, comealcuni sostengono, possano diven-tare due nuovi Vietnam?

L’America ha il merito di aver as-sunto una posizione chiara e fortenella lotta contro il terrorismo islami-

co globalizzato dopo che nel 2001aveva subito il più grave attentato ter-roristico della storia. Tuttavia denotol’assenza di una visione lungimirantenella gestione dei due scacchieri suiquali gli Stati Uniti sono coinvolti,Irak e Afghanistan. Gli americani im-maginano di poterne uscire con unastrategia che ritengo sbagliata e con-troproducente. Una strategia basatasull’assunto che sia possibile conte-nere e sconfiggere il terrorismo che fariferimento alla jihad, intesa comeguerra santa, alleandosi con altri isla-mici integralisti radicali, come i fra-telli musulmani. Con l’errato convin-cimento che quest’ultimi almenooperano nel rispetto formale delleleggi all’interno di un ambito più omeno democratico. In realtà essi mi-rano al medesimo obiettivo deglijiahdisti e di Bin Laden, cioè quello diimporre un califfato islamico regola-mentato sulla base della sharia. Eb-bene questa strategia americana peg-giora la situazione perché consolidaall’interno stesso dell’Occidente e deiPaesi musulmani un potere teocrati-co radicale che avrà molto più forza epotere nel condizionare le future ge-nerazioni, nel plasmare le loro menti.Una minaccia molto più seria perl’Occidente perché si permette lorodi entrare e di forgiare le coscienzedei musulmani e di condizionare larealtà stessa dei non musulmani inOccidente. È una versione del relati-vismo e del multiculturalismo appli-cata su base internazionale, a bene-ficio degli estremisti islamici, che èpiù pericolosa di ogni altra via pertrovare la pace. •

POLIS I L D O M E N I C A L E 3S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

Perché dico: VIVA ISRAELEMagdi Allam racconta il suo prossimo libro in uscita a metà maggio. E aggiunge: il Papa è l’ultimo baluardo dell’Occidente. Gli Usa in Afghanistan stanno sbagliando strategia

Mentre la paura domi-na il cuore degli uo-mini che vivono sot-

to il dispotismo, il sentimentodell’onore e la ricerca dellavirtù dominano nelle societàaristocratiche e in quelle de-mocratiche. Così pensavaMontesquieu. Pensieri dav-vero lontanissimi dalle odier-ne cronache di riforma dellariforma elettorale.

È ancora Montesquieu aspiegarci che quando le mo-narchie traballano e vi sonotumultuosi periodi di reggen-za, è venuto il tempo di porremano alla legge che regola lasuccessione al trono. Si riuni-scono allora i Grandi del Re-gno per scegliere una nuovadinastia e per designare chisuccederà al Grande Re chenon c’è più. Solo il sentimen-to dell’onore può ispirare chi

deve scrivere la nuova legge,che dovrà servire tutti, ma do-vrà, allo stesso tempo, umi-liare le fazioni per la salvezzadel Regno.

La legge elettorale è esat-tamente come la legge di suc-cessione e dovrebbe esserescritta con lo stesso senti-mento di ottima fede, recipro-ca lealtà, senso dell’onore. Fucosì nella storia della Repub-

blica. L’ordine del giorno Gio-litti, che dettava il principioproporzionale, fu votato allaCostituente prima della Co-stituzione. Nessuno pensavaallora che sarebbe un giornostato possibile farne oggettodi referendum. Come accad-de, invece, nel 1993.

Ci fu in Italia una stagionedi fervore referendario in te-ma di riforma elettorale. Ro-mano Prodi la visse all’ombra

di Mario Segni e al loro fiancosi schierò la politologia di Ar-turo Parisi e il costituzionali-smo di Augusto Barbera. Nonfosse che per questo, gli sa-rebbe difficile riconoscersinell’attuale fervore anti-refe-rendario di un presidente delConsiglio che porta il suostesso nome e cognome. Lapolitica in Italia ha più fanta-sia dei suoi protagonisti.

Battuto due volte di segui-to in Senato, sulla politica didifesa prima e sulla politicainternazionale poi, l’esecuti-vo e i suoi ministri son riuscitia rinascere grazie a un’inedi-ta inversione di marcia. Deru-bricate fra le “varie ed even-tuali” politica di difesa e poli-tica internazionale, la riformadella legge elettorale ha presoposto fra gli appuntamentidella legislatura ineludibilidal Parlamento e a loro mododecisivi per l’esistenza delgoverno Prodi: di qui lo scon-tro, pur esso ineludibile, conla prospettiva referendaria.Da forma eccezionale di legi-

ferazione, il referendum si ètrasformato in uno dei metodinormali, a suo modo ricor-rente e abituale, di partecipa-zione alla lotta politica. E intal senso, tanto il dettato co-stituzionale del 1948 quantola legge istitutiva del maggiodel 1970, per forza di cose le-gata alla vicenda divorzista,mostrano significative incon-gruenze.

Forse troppo basso il tettodi 500mila firme, certo troppoalto il quorum del 50% piùuno necessario perché un re-ferendum sia valido. Nel1948 a questo tetto corrispon-deva la percentuale di quasi 2elettori su 100, oggi il rappor-to è soltanto di un elettore su100. Così come, per raggiun-gere il quorum, i 14 milioni dielettori di quarantatré anni fasono diventati più di 24 milio-ni. Ma ancora più importanteè un altro profilo istituziona-le, che non si riduce ai numerie che anzi implica di non farsiimprigionare dai numeri.

Perché non consentire al-

la Corte Costituzionale dipronunciarsi sull’ammissibi-lità dei quesiti referendari pri-ma e non dopo la raccolta del-le firme? Anche per impedirledi assumere un ruolo, più cheimproprio, di “corte di cassa-zione”, giudice e arbitro delladurata dei governi e della vitadei parlamenti. Si risparmie-rebbero tempo e denaro. So-prattutto si presidierebbe, intermini più nitidi, l’indipen-denza della Consulta. Ed è ir-rinunciabile, perché l’eserci-zio di democrazia diretta nonsia capriccioso, né lo appaia.

In democrazia rappre-sentativa, ogni iniziativa re-ferendaria altera il gioco par-lamentare. Ma il suo scopo èproprio questo. Assai menoabusivo, in fondo, di quelche sembra esser diventato ilprofilo dei ministri della Di-fesa e degli Esteri, la cui au-torità di fronte alle assem-blee si è irrimediabilmenteappannata; e non a causadella legge elettorale. •

Luigi Compagna

La legge elettorale sul filo dell’onoreMontesquieu diceva che la qualità della successione distingue i regimi migliori. E Prodi...

Sopravvissuto un po’ per caso alle proprie contraddizioni, sul tema decisivo il governodeve affrontare lo spettro del referendum

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L’ALTRA STORIA S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 74 I L D O M E N I C A L E

Si annuncia prossimo a Firenze il ritrovamento della Battaglia di Anghiari, l’affresco del genio di Vinci nascosto da Giorgio Vasari

L’ULTIMO ENIGMA DI LEONARDOSotto i muri del Salone dei Cinquecento, a Palazzo Vecchio, si cela un “trattato di filosofia” sulla guerra e sull’animo umano

sione per recarsi a Roma. Leonardoinvece (prima di lasciare anche luiFirenze, nel 1506, ma per Milano)tenta di trovare una via alternativaalla veloce tecnica dell’affresco alui, artista dai tempi lunghi e dai nu-merosi ritocchi e ripensamenti, nontroppo congeniale. Prova quindi,anche per dare maggior resistenzaai colori, a utilizzare l’encausto, se-condo la descrizione fattane da Pli-nio il Vecchio. Questa tecnica, cherichiede una fonte di calore moltoforte per fissare i colori sulla parete,si rivela però inadatta per un’opera

di così vaste dimensio-ni. È infatti necessarioaccendere enormi bra-cieri a poca distanzadal dipinto, in modo daasciugare molto rapi-damente la parete. Pur-troppo i sei assistenti diLeonardo, che aveva-no collaborato colmaestro a stendere l’o-pera, li pongono trop-po vicini, col risultatodi sciogliere i colori.Pur se rovinata nellasua parte alta, la Batta-glia di Anghiari rimanecomunque esposta aPalazzo Vecchio per di-versi anni. Molti la ve-dono e la riproducono,almeno fino al 1563quando, su ordine di

Cosimo I, viene coperta da una nuo-va decorazione murale di tutto il sa-lone a opera di Giorgio Vasari.

La composizione leonardescaoggi rimane nota soltanto attraversouna quindicina di copie in pittura(fra cui anche quelle di Rubens) e daalcuni disegni autografi del Vincia-no. Sappiamo che la scena centrale

del dipinto doveva rappresentare loscontro fra quattro cavalieri in lottaper il possesso di uno stendardo (ilvessillo di Firenze), mentre attornosarebbero stati dipinti alcuni episo-di minori. Conosciamo anche i sog-getti del lavoro di Michelangelo.L’artefice della Sistina si sarebbe vo-luto dedicare, nella Battaglia di Ca-scina, a un tema a lui molto caro,l’articolazione del corpo nudo nellospazio, raffigurando un gruppo disoldati fiorentini seminudi che sibagnano nell’Arno prima delloscontro.

Il Salone dei Cinquecento era, al-l’epoca di Leonardo, la più grande sa-la per la gestione del potere mai rea-lizzata in Italia ma, per accentuarnel’imponenza, Vasari la accorciò e lainnalzò di 7 metri, realizzando il sof-fitto dorato a cassettoni su cui si scor-ge il trionfo di Cosimo, nuovo sovra-no di Firenze, e la sottomissione dellacittà e dei quartieri. Ai lati dipinse seiaffreschi, simbolo della potenza deiMedici: da una parte la presa di Sienae dall’altra la sconfitta di Pisa. Tutte lemodifiche della sala potrebbero avercancellato il capolavoro di Leonardo.È possibile però immaginare che Va-sari, avendo una grande ammirazio-ne per Leonardo, non abbia osato di-struggere l’opera. Si può supporre ab-bia tentato, in qualche modo, di sal-vare il dipinto, forse ricoprendolo conun muro protettivo. Un indizio inquesta direzione proviene dallo stes-so Vasari che ha scritto su una ban-diera del suo affresco una frase in ap-parenza senza senso, tranne se sipensa alla Battaglia di Anghiari diLeonardo: «Cerca, trova».

Le recenti scoperteInsomma, gli elementi del giallo

ci sono. Un genio del nostro Rinasci-

mento, una sfida a colpi di pennello,un significato nascosto, un affrescoscomparso. Ma qual è la vera ragio-ne della copertura del lavoro di Leo-nardo? Cosa nascondono di cosìsconvolgente le pareti del Salone deiCinquecento di Firenze? Il futuropotrà forse dissipare questo enigmache non riguarda solo il mondo dellapittura ma la storia politica del ‘500.Dopo gli entusiasmi per la scopertadi un intercapedine fra le pareti delSalone dei Cinquecento, uno fra imassimi esperti al mondo di diagno-stica applicata all’opera d’arte,Maurizio Seracini, una vita passataalla ricerca dell’affresco perduto, ri-prenderà la caccia, affiancato daun’équipe di esperti della Sovrin-tendenza fiorentina (come trapeladagli ambienti del ministero dei Be-ni Culturali). Convinto che «Vasaricertamente non cancellò Leonardoma lo protesse» Serafini annuncia di

poter procedere nella ricerca con ri-velazioni spettrografiche che mette-ranno in luce «i pigmenti particolariusati da Leonardo e dei quali ci ri-mane un inventario fedele» senzadanneggiare il lavoro successivo diVasari.

Il nuovo corso politicoDi certo, il mondo culturale e po-

litico al quale Leonardo faceva rife-rimento era del tutto differente ri-spetto a quello nel quale si muove-

va, sessant’anni dopo, Giorgio Va-sari. Il progetto politico-iconologicoportato avanti da Cosimo I era infat-ti di carattere opposto a quello volu-to da Pier Soderini. Cosimo I, capodi una casata già cacciata in passatodue volte da Firenze, esercitava ilsuo potere in modo dispotico, esau-torando da ogni carica, anche for-male, l’orgogliosa aristocrazia fio-rentina e assumendo il titolo di du-ca. Spostò la sua dimora a PalazzoVecchio, in modo fosse chiaro che ilpotere era tutto nelle sue mani. Sicostruì insomma l’immagine dinuovo Augusto, padre, salvatoredella patria e pacificatore delle pas-sate discordie civili. Il suo program-ma artistico tendeva a mostrare lasolidità e il potere suo e della fami-glia. Commissionò molte opered’arte in tal senso: dalla sua effigeequestre, scolpita dal Giambolognaai ritratti ufficiali del Bronzino e delVasari.

Ovviamente la celebrazione fat-ta da Leonardo di una vittoria re-pubblicana cozzava con il nuovocorso politico. Ma c’era dell’altro.Era la stessa natura dell’affresco aessere polemica. Nella descrizioneche Leonardo fa nel Trattato dellapittura su «Come figurare una batta-glia» spiega in modo preciso comerealizzare una scena di guerra «oveper necessità accadono infiniti sco-ramenti e piegamenti de’ composi-tori di tal discordia, o vuoi dire paz-zia bestialissima». E negli schizzisopravvissuti ritroviamo infatti tut-ta la lancinante disperazione deicombattimenti. Nella scena delloscontro per lo stendardo, lo spetta-tore si trovava davvero davanti allaraffigurazione della «pazzia bestia-lissima» della guerra. Trattato filo-sofico sulla natura umana l’affresco

ritraeva un gruppo di quattro cava-lieri (Niccolò e Francesco Piccinino,comandanti dell’esercito visconteo,e Lorenzo Scarampo e GiampaoloOrsini, condottieri dell’armata fio-rentina) nel pieno del furore dellamischia, in profonda torsione, men-tre lottano vorticosamente per ilpossesso dello stendardo. I volti deicavalieri non hanno nulla di umano,distorti come sono dalla violenzadello scontro. Armi e i cavalli sem-brano infuocati dagli eventi incon-trollabili della guerra che scatena laforza fisica e il furore dell’uomo,preda di tutti i sensi più ferini e be-stiali. In guerra l’individuo cede ilpasso all’animale. Quanta distanzadall’equilibrio dell’uomo vitruvia-no. La battaglia di Anghiari riflette

quindi il pensiero di un Leonardoormai vecchio e disilluso, che ha vi-sto cadere l’utopia dell’Umanesimo(la rinascita di un mondo nuovo,morale ed estetico, basato sulle hu-manae litterae) e che nutre poca fi-ducia nella intrinseca bontà dellanatura umana. Come altri umanisti(fra cui Giovanni Pontano, primoministro del re di Napoli) ancheLeonardo, all’alba del XVI secolo,rivede la sua filosofia sull’uomo esulla società. Alla constatazionedella intrinseca «tristizia» (comescriverà pochi anni dopo Machia-velli) della natura umana si accom-pagna la denuncia della «pazzia»della guerra e della perversa amora-lità del potere che, invece di arginar-la, la fomenta.

Cosimo I, che aveva fatto del ce-sarismo e del machiavellismo, i car-dini della sua azione di governo, chenon disdegnava il ricorso all’ingan-no e alla violenza, alla guerra e allearmi, non poteva certo sopportaredi avere nel proprio palazzo, nellasala ove avvenivano le cerimoniedella sua corte, un affresco così po-lemico che, contestando alla baseogni dispotismo, contestava ancheil suo principio d’autorità. Il destinodel lavoro di Leonardo era ormai se-gnato. •

Testo imprescindibile per approfondire le vicende biografiche e l’opera di Leonardo da Vinci rimane il vasto studio di Carlo Vecce, Leonardo, appena ripubblicato nella collana “Profili” da Salerno Editrice (pp. 520, e28,00) in una edizione accresciuta e rinnovata graficamente. Ripercorrendo la vita del genio di Vinci,Vecce si sofferma su tutti gli aspetti del personaggio, traendo un’analisi a tutto tondo dell’inventore, dell’artista, del visionario, del “profeta” e dell’uomo.

G.M.

TORNA IN LIBRERIA LA BIOGRAFIA DI VECCE

di Gianluca Montinaro

Aprile 1503. Firenze. Pier So-derini, gonfaloniere a vitadella restaurata Repubblica,

ingaggia i due più celebri pittori del-l’epoca, Leonardo da Vinci e Miche-langelo Buonarroti, per affrescare ilSalone dei Cinquecento di PalazzoVecchio, sede delle supreme magi-strature cittadine e simbolo delle li-bertà repubblicane. Due le pareti dadecorare, di vaste dimensioni (17metri di larghezza per 7 di altezza),una giustapposta all’altra. Al più

anziano Leonardo viene assegnataquella di destra (come scrive Gior-gio Vasari ne Le vite de’ più eccellen-ti architetti, pittori et scultori italia-ni), al giovane Michelangelo quelladi sinistra. Il programma iconografi-co, richiesto ai due pittori dal gonfa-loniere, risponde a una precisa logi-ca di affermazione politica e milita-re della risorta repubblica. Come giàil David anche queste due opere de-vono infatti mostrare la solidità e ilradicamento delle istituzioni repub-blicane e dissuadere da ogni possi-bile tentativo (soprattutto da partedei Medici) di instaurare nuove for-me di cesarismo. A entrambi èquindi commissionata la rappre-sentazione di una battaglia del pas-sato (del periodo antecedente all’a-scesa al potere di Lorenzo il Magni-fico) vinta dalla Repubblica Fioren-tina. Michelangelo sceglie di ritrar-re la battaglia di Cascina (avvenutanel 1364 fra fiorentini e pisani)mentre Leonardo opta per quella diAnghiari (svoltasi nel 1440 fra fio-rentini e milanesi).

La sfida con MichelangeloAvvertendo la competizione, i

due artisti si mettono subito al lavo-ro. Studiano gli spazi e stendono icartoni preparatori. Nessuno deidue dipinti viene però mai portato acompimento. Michelangelo, dopoaver disegnato alcuni schizzi, pre-sto abbandona Firenze e la commis-

Si può immaginare che Giorgio Vasari (a lato), grande ammiratore di Leonardo da Vinci (sotto), abbia tentatodi salvare la Battaglia di Anghiaricoprendola con un’intercapedine.Un indizio in questosenso proviene dallo stesso Vasari che ha scritto, su una bandiera del suo affresco, una frase in apparenzasenza senso: «Cerca, trova»

Sopra: La battaglia di Anghiari, copia di Rubens dagli schizzi preparatori di Leonardo da Vinci, Louvre, Parigi

nell’affrescoscomparso leonardo

ritrae la finedell’utopia

dell’umanesimo

vasari ha salvatol’affresco

di leonardo,celandolo alla vista

di cosimo i

distorti dallaviolenza dello

scontro, uomini ecavalli sembrano

sputare fuoco

Page 5: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

L’ALTRA STORIA I L D O M E N I C A L E 5S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

LO SCAFFALEDELLA SAGGISTICA

di Ugo Finetti

«Ricorderemo in eterno i sol-dati e gli ufficiali inglesi,degli Stati Uniti, della Fran-

cia, dell’Africa del sud, dell’Australia,del Brasile, i quali hanno lasciato laloro vita o versato il sangue loro per laliberazione del suolo della nostra pa-tria. Il loro nome vivrà nel cuore delnostro popolo». Così Palmiro Togliattiil 29 dicembre 1945 parlava dalla tri-buna del congresso di ricostituzionedel partito comunista in Italia dopo lafine della guerra. Ma negli anni e de-cenni successivi – non solo da partecomunista – nessun oratore sarà piùin grado di onorare questo impegnopreso di fronte all’eternità e di ricor-dare in aule scolastiche e universita-rie, in convegni storici o in manifesta-zioni celebrative in modo così com-mosso e preciso un pari elenco delcontributo di sangue versato sul terri-torio italiano da militari di altra nazio-nalità nella lotta armata contro i fasci-sti e i tedeschi.

Eppure questo era in realtà il cli-ma dell’Italia del 1945.

Così infatti Ferruccio Parri – il vi-cecomandante del Corpo Volontaridella Libertà, leader del Partito d’A-zione, simbolo dell’antifascismo piùintransigente che sarebbe stato di lì apoco nominato presidente del Consi-glio dell’Italia liberata e futuro sena-tore “indipendente” del PCI – parlavail 13 maggio 1945: «Molte sono statele missioni alleate scese fra noi e la re-ciproca conoscenza ha finito per ge-nerare fra noi una grande cordialitàinfondendo negli Alleati una profon-da stima verso i partigiani e versoquesto popolo che dimostrava di es-sere non un popolo da temere, ma unpopolo che combatteva per riacqui-stare la libertà; e ce ne hanno dato di-mostrazione in una forma così simpa-tica e così sincera che ci faceva gran-demente piacere, e – quando hannopotuto – hanno effettuato lanci contanta ricchezza e tanta fiducia che simeritano il ringraziamento più since-ro». Il resoconto dell’epoca su questodiscorso tenuto dal “rappresentantedel Partito d’Azione nel Comitato diLiberazione Nazionale Alta Italia” alTeatro Eliseo di Roma annotava: «ap-plausi, grida di “Viva gli alleati!”».

Il ricordo delle varie componentipolitiche serve a Parri per sottolineareil carattere di “esercito del popolo,esercito per il popolo nato dallo sfor-zo comune di tutti i partiti”, ma ciònon deve mettere in secondo pianol’importanza delle formazioni milita-ri:«Vi erano anche – prosegue Parri –

gruppi di giovani liberali, giovani ge-nerosi, magnifici davvero e fra essi ri-cordo Franchi, caro indiavolato com-pagno». Franchi è il soprannome delcomandante delle formazioni parti-giane Franchi: Edgardo Sogno (poi ar-restato da Luciano Violante negli anniSettanta come golpista e dopo assol-to). Nell’indicare i protagonisti dellalotta di liberazione per Parri nel mag-gio del 1945 i nomi da fare sono 3: il li-berale Sogno, il generale Raffaele Ca-dorna e il comandante comunista del-le Brigate Garibaldi Luigi Longo. Ma ilprincipale omaggio di Parri riguarda ilruolo svolto dal militare liberale:«IlGenerale Cadorna, a parte il valoredella persona degnamente amica conla quale si stabilirono ben presto rap-porti di viva cordialità, veniva a rap-presentare fra noi quello che c’era dimigliore, di salvabile e di onorevolenelle vecchie tradizioni militari italia-ne; veniva a significare che questeformazioni partigiane si trasportava-no nel nuovo esercito italiano che de-ve nascere da questo movimento po-polare (applausi vivissimi)».

Vale la pena di ricordare questidiscorsi di Togliatti e Parri del 1945perché evidenziano come simili sen-timenti e contenuti siano diventatidel tutto estranei alle celebrazioniche riguardano il 25 Aprile. I nomi diCadorna e Sogno sono cancellati, ri-

tenuti marginali quando non diffa-mati come elementi che hanno “fre-nato” la Resistenza al pari degli an-glo-americani.

Fronteggiare un poker d’assiCome sia stato possibile arrivare a

una storiografia sulla lotta partigianache ha completamente ribaltato larealtà per cui è oggi dominante la for-mula coniata dagli stalinisti italianisin dal primo decennale della Resi-stenza, nel ’54-’55, secondo cui i par-tigiani dovettero fronteggiare un “po-ker d’assi” accomunando come loronemici non solo i nazisti e i fascisti,ma anche gli Alleati e “la destra delCLN”, mettendo cioè a fianco di Hit-ler e Mussolini quanti invece, proprioTogliatti e Parri, esaltavano nel 1945 ècosa difficile da spiegare

In effetti dalla einaudiana Storiadella Resistenza italiana di RobertoBattaglia del 1953, fino alla più recen-te e autorevole storiografia Una guer-ra civiledi Claudio Pavone del 1991, siè consolidata una lettura della Resi-stenza secondo tre volti: lotta nazio-nale, lotta democratica, lotta di clas-se. Si tratta della riproposizione mec-canica di una triade rispecchiante loschema ideologico che dagli anniTrenta del Novecento caratterizzal’impostazione comunista sia dei gra-di del processo di presa di coscienza

individuale sia delle fasi storiche del-la conquista del potere.

Applicando lo schema delle ca-tegorie che gli ideologi del Komin-tern, in particolare il filosofo unghe-rese Lukàcs, traevano dalla filiazio-ne hegeliana di Marx – dal singolareall’universale attraverso il partico-lare – coscienza e storia procedonopassando attraverso un processo se-gnato da tre momenti: unità antifa-scista patriottica (lotta nazionale),fronte popolare (lotta democratica),movimento operaio (lotta di classe).

Una vera lotta nazionale è tale seha come sua anima gli ideali di de-mocrazia che a loro volta possonotrovare vero compimento solo nellagiustizia sociale: è così che la classeoperaia – e per essa la sua avanguar-dia cosciente ed organizzata: il parti-to comunista di ogni singolo Paese –si rivela (prima agli occhi della singo-la coscienza individuale e poi dell’in-tera collettività) la più autentica in-

terprete e custode degli interessi na-zionali. Unità nazionale, fronte po-polare, movimento operaio sono sta-te le tre categorie centrali – e persinola “scaletta” delle relazioni congres-suali – della politica comunista delDopoguerra.

Con questa ideologia quando, invista del primo decennale della Resi-stenza, il vertice comunista incaricòil giornalista Roberto Battaglia di dareun’impostazione storica ai fatti parti-giani si prese come modello storio-grafico la storia della Rivoluzionefrancese di Georges Lefevre che a suavolta aveva impostato la propria rico-struzione sulla falsariga dello svilup-po della rivoluzione russa secondo ibolscevichi.

Lenin e RobespierreIl risultato fu di interpretare la no-

stra storia alla luce dei fatti francesiletti alla luce dei fatti russi. Come ibolscevichi avevano tripartito il loroprocesso di conquista del potere nelletre celebri fasi (la rivoluzione antiza-rista di febbraio–Kerenski–Lenin),così Lefevre aveva scadenzato sin da-gli anni Trenta la rivoluzione pariginaattraverso il “crescendo” Lafayette-Girondini-Robespierre.

Pertanto dal Battaglia in poi, laResistenza prenderebbe forma dal-l’iniziale legittimismo militare con-siderato come una sorta di “preisto-ria”, per poi passare attraverso lostadio “magmatico” dell’alleanzatra i sei partiti del CLN, e infine af-fermarsi pienamente solo dopo l'ar-rivo in Italia di Togliatti come lottaarmata imperniata sulla classe ope-raia e i suoi rappresentanti politici: icomunisti, e gli azionisti e i sociali-sti filocomunisti.

La fase fondativa della Resistenzaè sostanzialmente “snobbata” (Pavo-ne nel suo ponderoso volume nem-meno cita Cefalonia), il capo politico(presidente del CLN dell’Alta Italia), illiberale Antonio Pizzoni, e il capo mi-litare (comandante del Corpo dei Vo-lontari della Libertà che unificava lebrigate partigiane), il generale Raffae-le Cadorna, sono nomi del tutto sco-nosciuti e ignorati nei libri di storia enelle celebrazioni ufficiali. Monteze-molo e Sogno risultano liquidati co-me novelli Lafayette le cui gesta ap-partengono a uno stadio solo inizialee meno importante della Resistenza,così come i leader antifascisti non diestrema sinistra sono considerati ele-menti “frenanti” del corso rivoluzio-nario come tanti Danton e Kerensky,mentre gli autentici antifascisti sareb-bero gli eredi di Robespierre e Lenin.•

25 Aprile: strategie di appropriazione Perché in Italia la Resistenza viene letta alla luce della Rivoluzione francese riletta alla luce della Rivoluzione russa? Un mistero storiografico che sconfessa quella realtà evidenziata perfino da Togliatti e da Parri nel primo Dopoguerra

Da Carlo Cattaneo al riformismo democraticoUn denso volume, dedicato alla “città e al pensiero politico italiano dal Risorgimento alla Repubblica”, evidenzia il ruolo delle amministrazioni locali nel formarsi della coscienza democratica, a partire dalla Milano austriaca

Dal Risorgimento in poi,anche nella storia ita-liana, non si può più

prescindere dal ruolo svolto,in chiave di elaborazione poli-tica, dalla “città moderna”,intesa come «raggruppamen-to di tanti uomini con interes-si così differenziati che deb-bono integrare i propri rap-porti in un organismo di moltimembri» (secondo la defini-zione di Georg Simmel).

Difatti se il nostro Paese fuda sempre considerato il Pae-se delle cento città, solo inepoca post-unitaria si conso-lidò il passaggio definitivo al-la città: tra il 1861 e il 1901, ilnumero dei comuni con unapopolazione tra i 50 e i 100mi-la abitanti raddoppiò, mentreNapoli, Roma e Milano assu-mevano le dimensioni di veremetropoli, sfiorando il milio-ne di abitanti.

Da questo momento inpoi, la città, “insieme di civi-tas e urbs”, si trasformò da

semplice luogo geografico aemanazione di cultura doven-do comprenderne i terminisociali, giuridici, economici,e politici che la qualificano. Esono appunto questi «gliaspetti che pongono in corre-lazione città e pensiero politi-co nella sua accezione di ela-borazione attorno ai diversitemi del rapporto tra uomo eautorità o potere», come sot-tolinea Robertino Ghiringhel-li nella prefazione ad un volu-me sul tema della “città”, cheraccoglie gli interventi di ven-ti ordinari di Storia delle dot-trine politiche ed è frutto di unconvegno organizzato all’U-niversità Cattolica di Milanonel febbraio 2006.

Tra le varie trattazioni, ap-pare di rilievo l’analisi delpensiero di Carlo Cattaneo,non fosse altro perché il suo Lacittà considerata come princi-pio ideale delle istorie italianedel 1858, sta alla base della let-tura per cui la città è «l’unico

principio per cui possono itrenta secoli delle istorie italia-ne ridursi a esposizione evi-dente. Senza questo filo idea-le, la memoria si smarrisce nellabirinto delle conquiste, dellefazioni, delle guerre civili enell’assidua composizione escomposizione degli stati».

Tra impero e polisSecondo Cattaneo infatti

la storia del rapporto tra gliuomini e l’autorità si biforcain due direttrici: da un lato gliimperi (la Persia, Roma, e poiCarlo Magno, Luigi XIV, Na-poleone...), dall’altro le città-stato greche, i governi muni-cipali italiani, la confedera-zion Elvetica e gli Stati Unitid’America. E già poneva ametà dell’Ottocento come

fondamentale l’opzione fede-ralistica, sottolineando l’al-ternativa secca tra dispotismoasiatico e democrazia federa-le occidentale.

In questa visione, soprat-tutto la Milano della domina-zione austrica, diventa sim-bolo della capacità di far con-vivere nel migliore dei modipossibili le esigenze di un im-pero, seppur illuminato già disuo, e le giuste prerogative dilibertà di una città, in grado diautogovernarsi.

Proprio l’autogoverno lo-cale, se non ostacolato da in-toppi burocratici e autoritarida parte del potere centrale,sarebbe la forma politica piùauspicabile. Con questa idea,Cattaneo affronta anche lasuccessiva storia milanese, a

partire delle Cinque giornatedel marzo 1948 che lo videroprotagonista come capo delComitato di Guerra cittadino,cioè contro il regime asburgi-co fino a quel momento elo-giato. Da quell’anno – eviden-zia nel suo saggio Franco Li-vorsi – la critica di Cattaneo alsistema “austriacante” fu im-placabile, visto la deriva etno-centrica e colonialistica tipicadell’epoca metternichiana,tesa a limitare le libertà dellesingole città.

Non per questo però Cat-taneo abbracciò la causa sa-bauda, convinto della naturareazionaria della politicaespansionista tenuta da CarloAlberto fino a quel momento.Cattaneo vi contrapponeva «ilprogetto di un’Italia liberache solo a guerra vinta avreb-be dovuto scegliere la propriaforma istituzionale, per luinecessariamente federativainvece che imperniata su unsolo regno sabaudo, allargato

a livello nazionale».In ogni caso, anche dopo il

processo di unificazione com-pletato da casa Savoia, Catta-neo continuò a sviluppare l’i-dea federalista di Stato uno eplurimo, anche in disaccordocon Mazzini che proponevauna forte decentralizzazioneall’interno di uno Stato uno eindivisibile. Nello stesso tem-po, però, Cattaneo anticipò laconvergenza tra democraticirepubblicani federalisti e uni-tari, in chiave di opposizioneal sistema monarchico.

«Il Centro di questo nuovorepubblicanesimo – chiosa inlimine Livorsi – che concilia-va o pretendeva di conciliarefederalismo e Stato unitariodecentralizzatore, Cattaneo eMazzini, e più in generale l’a-rea forte di ogni riformismodemocratico radicale e poi so-cialista, era e sarebbe stato,non per caso Milano». Da quelmomento il vero e unico labo-ratorio politico italiano. •

esoterismo

L’unica biografia di un immortaleLa leggenda di un iniziato

N on è facile fare della sto-ria su un personaggioleggendario come il con-

te di Saint-Germain, la cui fama sipropagò nel Settecento grazie al-la sua presunta immortalità. Ci ri-uscì una sessantina di anni fa inun volume denso e analitico, incui si ripercorrono passo dopopasso le poche fonti storiche esi-

stenti, PaulC h a c o r n a c ,studioso diesoterismo trai migliori, ami-co, nonchéeditore, di Re-né Guénon. Il

saggio, ora ripubblicato con lacuratela di Gianfranco DeTurris, èdunque interessante perché evitatutta la scontata cianfrusagliaesoterica e si concentra sulla figu-ra del mitico conte come fu vistodai suoi contemporanei: uomodelizioso, molto colto e dalla raraintelligenza, galante, «prodigio-so e singolare», lo descrive Casa-nova e – dimenticavamo – ...im-mortale.

fascismo

Un caso chedura dal 1937Ipotesi sul delitto Rosselli

C ompito arduo si è assuntoMimmo Franzinelli. Primadi lui solo Gaetano Salve-

mini aveva affrontato, 50 anni fa,sul piano storico-documentario, ilcomplesso assassinio di Carlo eNello Rosselli, alla ricerca di esecu-tori, complici e mandanti. Se la giu-stizia non è approdata ad alcun esi-to (nel 1949 la corte d’appello diPerugia prosciolse gli indagati), è laStoria a gettare luce su quei san-

guinosi fatti delgiugno 1937.

Visionan-do fonti inedi-te, Franzinellianalizza il qua-dro nel quale si

muovevano i due animatori di Giu-stizia e libertà e poi i rapporti fra LaCagoule (organizzazione segretafrancese di stampo fascista) e am-bienti del ministero degli Esteri ita-liano (in primis il tenente SantoEmanuele, responsabile dei Serviziinformativi). Secondo Franzinellifu Emanuele a mettere in atto ciòche Ciano e Mussolini avrebberodesiderato ma che mai chiesero,coinvolgendo, nella parte operati-va, i fascisti francesi della Cagoule.

PAULCHACORNAC, IL CONTE DI SAINT-GERMAIN, Mediterranee, Roma2006, pp.246, e17,50

MIMMOFRANZINELLI, ILDELITTO ROSSELLI,Mondadori 2007, pp.291, e18,50

resistenza

Tutti i criminidei partigianiUn nuovo agile contributo

Nel 2006 lo stesso autore hapubblicato, per lo stessoeditore, Le pagine strappa-

te della Resistenza, un agile volu-metto sui crimini di quei partigianivotati al comunismo che durante laguerra civile pensarono di prepara-

re la strada al-l’avvento, inItalia, della dit-tatura del pro-letariato.

Ora Lodo-vico Ellena tor-na sul temacon un secon-do e altrettan-

to agile pamphletd’indagine. Il te-ma non è nuovo, certo, ma soloora se ne comincia a parlare conuna certa libertà, e la cosa restasempre grave. Il mito di fondazio-ne della Repubblica italiana, infat-ti, pesca nel torbido e puzza di san-gue; ma, nonostante gli sforzi sto-riografici e pubblicistici, il mondodella politica sembra non prender-ne atto. Libretti come questi sonoquindi utilissimi, per esempio peruso didattico nelle scuole. M.R.

LODOVICOELLENA, LE PAGINERITROVATE DELLARESISTENZA, Tabula fati(tel. 0871/63210),Chieti 2007,pp.96, e10,00

• Robertino Ghiringhelli (a cura di), Città e pensieropolitico italiano dal Risorgimento alla Repubblica,Vita e Pensiero, Milano 2007, pp.500, e35,00

i nomi di cadorna,pizzoni e sogno,furono via via

cancellati dallastoria resistenziale

Torino, 6 maggio 1945, partigiani della V Brigata G. Pochettini-XV divisione Alessandria, in piazza Vittorio

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POLIS I L D O M E N I C A L E 7S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

LO SCAFFALEDELLA SAGGISTICA

princìpi

Ripartire dai doveriFilosofia e politica sociale

Se vengano prima i diritti o idoveri non è questione acca-demica, come quella del-

l’uovo e della gallina. Lo mostra inmodo piacevole (nell’esposizione)e stringente (nell’argomentazio-ne) Stefano Fontana, che, prima digiungere alle coinvolgenti conclu-sioni politiche, ritiene indispensa-bile chiarire presupposti e conse-

guenze, princì-pi e implicazio-ni. Un lavorod’ago e filo ar-ricchito da cita-zioni semprebrevi e perti-nenti che cer-tamente si col-loca in un’otti-ca filosofica cri-

stiana, ma – appunto – filosofica,sempre razionale e ragionevole.Che poi, come dice il titolo, debba-no essere i doveri a guidare la re-sponsabilità personale e la dimen-sione sociale, non significa negarediritti, coscienze e libertà, bensì, alcontrario, fondarli più solidamen-te. Leggere per convenire. G.R.

destra

La vera politicasecondo ServelloUn racconto in presa diretta

La storia del senatore FrancoServello coincide di fatto conquella del Movimento Socia-

le Italiano, quindi del MSI-DN,dunque di Alleanza Nazionale. Unpercorso non privo di difficoltà, co-m’è noto, ma coerente e – comun-que – importante. Su di esso vale

allora più la te-s t imonianzadiretta di unprotagonistache non centostudi politolo-gici, sociologicio storiografici.È quello che faAldo Di Lello,responsabiledelle pagineculturali del Se-

colo d’Italia, intervistando Servelloin 60 anni in fiamma.

Il senatore ne emerge comel’uomo capace di stare al fiancodei leader della Destra italiana,mai dietro. Un ruolo decisivo, se èvero, com’è vero, che un buoncapo è tale solo e se ha accantouomini di valore. M.R.

di Giancristiano Desiderio

Iniziamo con un aneddoto, chenon fa mai male. Nel 1988, in oc-casione della cerimonia per il Pre-

mio Agnelli, a Torino, Isaiah Berlin eGianni Agnelli erano seduti l’uno ac-canto all’altro. Parlava NorbertoBobbio e l’Avvocato si annoiava. SirIsaiah si avvide dell’insofferenza delsuo vicino e gli disse: «Avvocato, fac-cia una cosa, pensi a tutte le belledonne che ha avuto e vedrà che sisentirà meglio». Il presidente dellaFiat seguì il filosofico consiglio, si si-stemò meglio sulla poltrona e dopo

un po’ sul suo viso apparve un diste-so sorriso. Il consiglio di Berlin, chedi lì a poco avrebbe ricevuto il Pre-mio «per la dimensione etica nellesocietà avanzate», si rivelò utile: il fi-losofo di Riga, in fondo, fu non soloun grande liberale, ma anche un pro-fondo conoscitore del cuore umano,anzi fu l’uno perché fu l’altro.

All’estero, soprattutto nel mondoanglofono, Berlin è oggetto di studio,e di culto. In Italia, nonostante i suoibrillanti saggi sul liberalismo plurali-sta siano pubblicati quasi tutti, daFeltrinelli e da Adelphi, o forse perquesto, l’autore di Due concetti di li-bertà è un po’ snobbato, se non addi-rittura considerato, appunto, un bril-lante saggista ma non un vero e rigo-roso pensatore. Come può essere?Come può accadere, cioè, che unodei maggiori teorici della libertà delsecolo XX sia così mal considerato? Imotivi sono almeno due.

I traditori della libertàDa poco sono approdati in libreria

due testi: il primo di George Crowderintitolato semplicemente Isaiah Ber-lin (Il Mulino), il secondo di Ralf Dah-rendorf intitolato Erasmiani (Later-za). Il primo è una monografia, il se-condo è l’elogio delle “virtù erasmia-ne” di Karl R. Popper, Raymond Arone, appunto, Berlin (ma è presente an-che Bobbio) che non solo pensaronola libertà, ma non si fecero ingannaree anzi lottarono contro il totalitari-smo. Il “caso Berlin” nasce prima ditutto da qui: il suo pluralismo e il suoliberalismo si oppongono al male to-

talitario e in particolar modo al totali-tarismo comunista che era considera-to la versione più insidiosa e pericolo-sa perché si camuffava sotto la ma-schera della “libertà positiva”.

Gran parte dell’opera di Berlin, in-vece, consiste proprio nello smasche-rare i “traditori della libertà” rintrac-ciando le radici intellettuali della ma-lattia totalitaria nel pensiero occiden-tale e nel razionalismo illuminista.

Ecco, questo è il secondo motivoche fa di Berlin in Italia un liberale nontroppo simpatico o, comunque, maldigerito. In fondo, da noi, qui nellaprovincia italiana, dire “intellettuale”significa dire “intellettuale di sinistra”e dire “di sinistra” significa dire “illu-minista” e illuminista significa “razio-nalista”. Il brillante Berlin, invece,mostra (come già fece Benedetto Cro-ce) che per essere liberali non bisognapercorrere la strada che da Voltaire eJean-Jacques Rousseau porta a KarlMarx, bensì quella che da Giambatti-sta Vico passando magari per Benja-

min Constant porta ad Alexis de Toc-queville e al pluralismo liberale diPopper e dello stesso Berlin. E – cosanon secondaria, tutt’altro – proprioBerlin, poggiandosi sullo «storicismoantropologico» del nostro Vico(espressione dello stesso Berlin), di-mostra che mentre il razionalismo il-

luminista è astrattamente universali-sta e concretamente relativista, il plu-ralismo non cade nel relativismo per-ché non si regge più sul razionalismo,bensì sul concetto del “comprendere”.

Quando qualche anno fa la Adel-phi pubblicò il libro Controcorrente,Eugenio Scalfari si scandalizzò per-

ché vide che un gran liberale comeBerlin aveva interesse per il Contro-il-luminismo. Sulle pagine de la Repub-blica nacque anche un dibattito cheaveva un obiettivo dichiarato: mette-re le cose a posto, dire che, sì, sirIsaiah aveva un certo interesse per Vi-co, Johann G. von Herder, Johann G.Hamman, ma era un interesse da stu-dioso e il suo cuore aveva sempre bat-tuto per l’Illuminismo e, dulcis in fun-do, ribadire che solo l’Illuminismopuò giustificare una fondazione intel-lettuale della fede liberale.

Quel dibattito, poi, divenne unvolumetto che, curato dallo stessoScalfari, uscì da Laterza con il titoloAttualità dell’Illuminismo. Peccato,però, che sia le cose già pubblicate diBerlin, sia i saggi che saranno poi edi-ti da Adelphi, dicano l’esatto contra-rio. Esempio: nel saggio Il mio percor-so intellettuale, che all’epoca del di-battito si poteva già leggere da varianni su la Rivista dei Libri, Berlin di-ceva al di là di ogni possibile interpre-

tazione e manipolazione: «Il mio plu-ralismo politico deriva dalle letture diVico e di Herder e dalla comprensio-ne delle radici del Romanticismo».

Già in La ricerca dell’ideale, pub-blicato sin dal 1994 ne Il legno stortodell’umanità da Adelphi e in circola-zione in edizione privata in Italia dal1988, Berlin diceva questa “cosetta”:«Poi venne l’incontro con La scienzanuovadi Giambattista Vico. A Oxfordnon c’era quasi nessuno, quel tempo,che avesse sentito parlare di Vico, mac’era un filosofo, Robin Collingwood,che aveva tradotto il libro di Croce suVico, e fu lui a raccomandarmi di leg-gerlo. Quella lettura mi aprì gli occhisu uno scenario nuovo».

Insomma, Berlin ha (anche) unachiara origine italiana con Croce, Vi-co e Niccolò Machiavelli. Dovrebbeessere per noi fonte non solo di orgo-glio, ma pure di verità; e, invece, lastoriografia italiana s’infogna nellafaziosità di partito e anche un autorechiaro come Berlin diventa un “caso”.

I controsensi del “Progresso”Ma cos’è lo “scenario nuovo” di

cui parla Berlin? Una rivoluzione co-gnitiva. Vico è l’opposto di un relativi-sta. Ma anche di un assolutista. La for-ma di conoscenza che suggerisce nonè unica né immutabile, né semplice-mente descrittiva e soggettiva. Qui sioscilla ancora tra la perfezione e l’im-perfezione: il relativismo e il sapereassoluto si richiamano come l’ombrae la luce. Il sapere di Vico è la com-prensione storica che, nella comuneumanità, implica la diversità di ciòche si conosce: così l’idea di raccoglie-re in sintesi armoniosa il meglio delmeglio, come vorrebbe il “Progres-so”, è un controsenso, un fatto inintel-legibile (in pratica, un non-fatto).

Con Vico, la società perfetta chevuol mettere assieme valori, caratte-ristiche, proprietà, talenti, stili, formedi vita, linguaggi incompatibili, èun’assurdità. Berlin è chiarissimo:noi possiamo ammirare Achille e ilsuo splendore, Socrate e la sua dialet-tica, l’arte di Michelangelo e il pensie-ro di Spinoza, la musica di Mozart e lareligione di Buddha, ma le cultureche hanno dato vita a questi perso-naggi e che gli stessi Achille, Socrate,Michelangelo, Spinoza, Mozart,Buddha hanno contribuito a crearesono tra loro incompatibili e in con-flitto e tale circostanza basta da sola arendere incoerente il sogno illumini-sta della società perfetta. In parolesemplici, socratiche: la domanda“Che cos’è il Bene?” o “Come devo vi-vere?” tollera più di una risposta. •

Il filosofo frainteso da Scalfari & Co. Il vate di “Repubblica” è uno di quei maître-à-penser del “pensiero poco” (dopo quello “debole” e quello “molle”) chehanno fatto di tutto per sminuire Isaiah Berlin, colui che vide nel razionalismo illuminista l’origine del totalitarismo

è la scuola di vicoquella che insegna alpensatore britannico

le virtù delliberalismo pluralista

c’è di chefar scoppiare il “caso

isaiah berlin”, liberale scomodo

e indigesto ai liberal

STEFANOFONTANA, PER UNA POLITICADEI DOVERI (DOPOIL FALLIMENTODELLA STAGIONEDEI DIRITTI), Cantagalli, Siena2006, pp.112, e8,50

FRANCOSERVELLO,60 ANNI IN FIAMMADal MovimentoSociale ad Alleanzanazionale,intervista a curadi Aldo Di Lello,prefazione diGennaro Malgieri Rubbettino,Soveria Mannelli (CT),pp.220, e15,00

pasque di sangue

Qualcuno ucciseSimoninoUn’indagine storiografica

Alle “Pasque di sangue” chehanno sollevato scalporequalche mese fa replica un

saggio che anziché avventurarsinei proclami di parte s’immergenella materia storica, soppensandoe riportando le fonti. Che cosa ac-cadde in una cittadina delle Alpi

nella Paqua1475? Fu rapi-to un bambinocristiano: dav-vero dagli e-brei, e per farneun sacrificiosanguinoso?S ’ i n n e s c ò

un’inchiesta, un processo dram-matico e “già scritto” che vide tor-turati e messi al rogo tutti i maschidella comunità ebraica. Il volumeindaga distinguendo tra errori dellepersone e dettami delle religioni, einsegue fino al Novecento le se-quele di quell’«azione brutale e as-solutamente ingiustificabile, con-dotta certamente in perfetta buo-na fede, ma contro un obiettivo er-rato e con mezzi inaccettabili e as-solutamente sbagliati».

P.S.

GIANNI GENTILINI, PASQUA 1475(ANTIGIUDAISMO ELOTTA ALLE ERESIE:IL CASO DISIMONINO), Medusa, Milano2007, pp.208, e18,00

Tutto l’antiamericanismo livoroso di HobsbawmL’ultimo accademico comunista, e orgoglioso di esserlo, vede le pagliuzze altrui e ignora le travi nei propri occhi

Finirà mai il tormentonesull’“esportare la demo-crazia”? Quello di cui

parlano tutti, opportune et im-portune, evidentemente nonavendo altro di cui scrivere,tutti ma proprio tutti, compre-si i meno titolati, e fra questisvettanti quelli che sarebbemeglio tacessero per ignoran-za palese del tema e delle paro-le che compongono quella fa-mosa frase, non tanto “espor-tare” (un pacchetto delle omo-nime sigarette d’antan e senzafiltro l’avranno pur visto), masoprattutto “democrazia”?

Adesso ci si cimenta pure lostorico con la memoria più cor-ta del mondo con Imperialismi(Rizzoli), lo studioso che ha in-ventato una seconda frase pas-separtout, «il secolo breve», uti-le soprattutto quando i libri nonli si leggono (la terza è quella diSamuel P. Huntington, «scon-tro fra civiltà»). Parlo, ovvio, diEric J. Hobsbawm, oscuro cat-tedratico un tempo poco letto,ma assurto alla gloria e citatis-simo (benché sempre non let-

to) con quel suo noto libro sulpotere del comunismo nel se-colo XX. Un libro (eccolo qua ilpunto sapido) che misura i se-coli del tempo abitato dagli uo-mini (la storia) non con l’orolo-gio, ma con il dominio e il tra-monto d’idee-forza.

Hobsbawm ha così descrit-to un Novecento accorciatoperché compreso fra il 1917 bol-scevico e il 1989 del crollo del

Muro di Berlino, e definito daltragico potere del comunismo.Tragico però per noi, mica perHobsbawm, storico che ha tro-vato pure il tempo di curare, or-goglioso, una nuova edizione –per lui un’attualizzazione – deIl manifesto del partito comuni-sta di Karl Marx e Friedrich En-gels (ma lo storico dice, nellasostanza, solo di Marx).

Storico dalla memoria cor-

ta, però, Hobsbawm lo è perchéa quella sua idea di “secolo bre-ve” avrebbe potuto aggiunger-ne un’altra, qualificante: che ilsecolo breve è stagione (ulti-ma?) di un tempo in realtà lun-go. Lungo almeno 200 anni, afar data da quella rivoluzioneilluminista e giacobina che – lodicono gl'Isaiah Berlin e i Frie-drich A. von Hayek – è la madredei totalitarismi socialcomuni-

sti, sia in versione nazionalisti-ca come il nazismo sia in ver-sione internazionalistica comeil marx-leninismo.

Ma Hobsbawm a questocrede poco. Crede di più al fattoche nel mondo, oggi dominatodall’“ultima superpotenza”(ma non è vero: ci sono anche, eminacciosissime, almeno la Ci-na rossa e l’onda verde islami-sta), il problema sia Washing-

ton, decisa a rendere tutto ilglobo come New York oppure,in alternativa, a piallarlo in unagrande prateria.

Ora, alcuni americani ognitanto offrono sì il fianco a criti-che così, e allora gli Hob-sbawm di turno (ma pure i Lu-ca Casarini, i Vittorio Agnolet-to e i Gino Strada) vanno a noz-ze; ma nella maggior parte deicasi è un falso problema. Con-tinua a non esistere uno statu-nitense uno, tra i “falchi”, chedica, scriva e propagandi l'e-sportazione della democrazia.È, quella, una espressione no-stra, un concetto nostro: italia-no, intendo dire.

Gli unici, sporadici casi incui i “falchi” USA adoperanoespressioni simili, le riempio-no di ben altro. Oltreoceanonon interessa esportare la de-mocrazia (che già capire cosasignifica non è semplice), me-no ancora esportare – nel Pae-se dove si pensa che la Costitu-zione USA sia peculiare agliUSA – il “modello” americano.

Si ritiene sì – magari conce-

dendo pure al ter-zomondismo diun AmartyaSen – che, intesi, la de-mocraz ianon sia co-sa solo oc-cidentale,quindi chevada cercatalà dove esisto-no civiltà umane,e questo giacché lademocrazia è quella cosa cherisponde al bisogno di libertàpolitica che attiene all’umano.

Ma si dice pure che le cultu-re non occidentali hanno finitoper far dimenticare a moltiquella dimensione autentica-mente umana di espressionedella libertà politica che chia-miamo “democrazia”; e chequindi qualcuno deve pur rav-vivarne il lume (se serve purecon qualche sganassone), qua-lora il lasciare le altre culturedormire il proprio sonno com-porti pericoli ai confini.

Le due cose sono ben di-

verse, ma uno co-me Hobsbawm

p r e f e r i s c ea s c o l t a r epiù sé stes-so che gliamer ica -ni: lecito,ovvio, sal-

vo che illanciarsi poi

in certe criti-che viscerali pro-

duce solo danni. Erende ridicoli.

Nello stigmatizzare gliUSA che “esportano la demo-crazia” Hobsbawm riesumaperaltro una vecchia boutade,quella del Nuovo DisordineMondiale, per additare l’inca-pacità di Washington a giocareall’imperatore. Vabbè. Ma – avoler proprio sottilizzare –losa Hobsbawm che l’imperiali-smo democraticistico è unvecchio sogno mica neocon oteocon, ma progressista e vec-chio di più di un secolo? So,who is to blame? •

M.R.

Le uscite più recentisono Isaiah Berlindi George Crowder(Il Mulino) ed Erasmianidi Ralf Dahrendorf(Laterza). In Italia glieditori principali di Berlinsono Adelphi e Feltrinelli.L’ultimo Adelphiè La libertà e i suoitraditori, preceduto daControcorrente; Il legnostorto dell’umanità;Il mago del Nord; Il poteredelle idee; Il riccioe la volpe; Il sensodella realtà; Impressionipersonali; Le radicidel Romanticismo.Feltrinelli ha pubblicatoLibertà, che contieneQuattro saggi sullalibertà. La biografiaKarl Marx è di Sansoni,Vico ed Herder. Due studisulla storia delle idee diArmando. Isaiah Berlin,ironia e libertà di MichaelIgnatieff è di Carocci. Si segnala, inoltre, Trafilosofia e storia delleidee, a cura di S. Lukes,(Ponte alle Grazie). E diGiancristiano Desiderio,Le uova e la frittata.Filosofia e libertà inBenedetto Croce, HannahArendt, Isaiah Berlin;e Il Bugiardo Metafisico(Liberilibri, Macerata).

Sempre il tormentone di quella democraziache sembra tutti vogliano esportare,

tranne i “falchi” americani

Page 8: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

8 I L D O M E N I C A L E S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

➤ LE SACRE SCRITTURE

Proclamerete la liberazione nelpaese per tutti i suoi abitanti.

Levitico

➤ LE SACRE SCRITTURE/2

Conoscerete la verità e la verità vifarà liberi.

Vangelo di san Giovanni

➤ LA COMMEDIA

Libertà va cercando, ch’è sì cara,/come sa chi per lei vita rifiuta.

Dante Alighieri (1265-1321)

➤ LA BASE

La libertà è la base di uno statodemocratico.

Aristotele (384-322 a.C.)

➤ IL LIMITE

Non può esistere una libertà illi-mitata.

Giovanni Paolo II (1920-2005)

➤ IL CONFINE

La libertà di ogni indi-viduo deve avere que-sto preciso limite: nondeve essere di distur-bo agli altri.

John Stuart Mill (1806-1873)

➤ LA MINACCIA

La più grande minaccia alla liber-tà è un popolo inerte.

Louis D. Brandeis (1856-1941)

➤ IL SEGRETOIl segreto della felicità è la liber-tà. E il segreto della libertà è ilcoraggio.

Tucidide (460-400? a.C.)

➤ IL PREZZO

Tollerare le imperfezioni, questoè il prezzo della libertà.

Thomas Sowell

➤ IL PREZZO/2

L’eterna vigilanza è il prezzo del-la libertà.

Wendell Phillips (1811-1884)

➤ LE BENEDIZIONI

Nessun uomo ha diritto alle bene-dizioni della libertà se non si dimo-stra vigile nella sua conservazione.

Douglas MacArthur (1880-1964)

➤ L’ANIMA

La cura delle animenon può essere dicompetenza del magi-strato civile, poiché ilpotere di questi consi-ste solamente in una

forza esterna; mentre un’autenti-ca religione salvifica consiste inun’intima persuasione delleidee, senza la quale nulla può es-sere gradito a Dio.

John Locke (1632-1704)

➤ IL LIBERALISMO

Abbiamo tanti liberali fra loro di-versi, ma non il Liberalismo.

Nicola Matteucci (1926-2006)

➤ IL LIBERALISMO/2

Friedrich A. von Hayek ha propo-sto di rinunciare all’uso di unaparola così equivoca.

Nicola Matteucci

➤ IL LIBERTINISMO

Nella sua essenza, illiberalismo non è –per dirlo con tuttachiarezza – l’abban-dono del cristianesi-mo, bensì il suo legitti-

mo figlio spirituale, e soltantouna straordinaria riduzione delleprospettive storiche può indurrea scambiare il liberalismo con illibertinismo.

Wilhelm Röpke (1899-1966)

➤ IL CONSERVATORISMO

La maggior parte dei libertari pen-sa ai conservatori cristiani neglistessi termini infami usati dai me-dia di sinistra, se non peggio: cre-de che il loro obiettivo sia quellod’imporre una teocrazia cristiana,di mettere fuori legge i liquori e al-tri mezzi di godimento edonisti-co, di far entrare la polizia nellecamere da letto. Nulla potrebbeessere più lontano dalla verità: iconservatori cristiani stanno solocercando di difendersi da una éliteprogressista che usa gli apparatistatali per attaccare e virtualmen-te distruggere i valori, i princìpi ela cultura cristiani.Murray N. Rothbard (1926-1995)

➤ IL CONSERVATORISMO/2

Se alcuni conservatori cristianisono favorevoli a mantenere sul-la carta delle leggi sulla moralitàsessuale per ragioni simboliche,non conosco nessun gruppo cri-stiano che voglia imbarcarsi inuna crociata per far applicarequeste leggi, o che voglia che gliagenti vadano a guardare sotto lelenzuola. In queste materie vi so-no ben pochi gruppi conservatoriproibizionisti; se il proibizioni-

➤ IL DIRITTO NATURALE

Poiché sono profondamente con-vinto che la cultura left-liberal og-gi dominante sia profondamentecontraria alla natura umana, ri-tengo che, rimuovendo il veleno,cioè espellendo lo Stato dalle que-stioni culturali in cui oggi è impe-gnato, il risultato sarebbe un ritor-no al diritto naturale e all’anticacultura di un tempo.

Murray N. Rothbard

➤ LA RAGIONE

Se la legge morale non fosse pri-ma pensata chiaramente nellanostra ragione, noi non ci terrem-mo mai autorizzati ad ammettereuna cosa come la libertà. Ma senon vi fosse libertà, la legge mo-rale non si potrebbe assoluta-mente trovare in noi.

Immanuel Kant (1724-1804)

➤ LO SCEGLIERE

La libertà non sta nello sceglieretra bianco e nero, ma nel sottrarsia questa scelta prescritta.

Theodor Adorno (1903-1969)

➤ LE DELUSIONILa gente non rinuncia mai allapropria libertà se non a prezzo diqualche delusione.

Edmund Burke (1729-1797)

➤ LE LEGGI

È più facile che colui che pensa diregolamentare tutto attraversoleggi finisca per generare piutto-sto che emendare il vizio.

Baruch Spinoza (1632-1677)

➤ I DIRITTI

Voi avete diritti ante-cedenti a qualsiasi go-verno della Terra: i di-ritti non possono esse-re limitati o sostituitida leggi umane; i dirit-

ti ci sono donati dal Grande Le-gislatore dell’universo.

John Adams (1735-1825)

➤ I DOVERI

La libertà è un dovere, prima cheun diritto è un dovere.

Oriana Fallaci (1929-2006)

➤ IL VIZIO & LA VIRTÙ

A meno che non siano liberi di es-sere viziosi, gli uomini non pos-sono essere liberi di essere vir-tuosi.

Frank S. Meyer (1909-1972)

➤ LA TOLLERANZA

La società moderna si concede illusso di tollerare che tutti dicanociò che vogliono perché oggi, difondo, tutti pensano allo stessomodo.

Nicolás Gómez Dávila (1913-1994)

➤ L’ONORE

Per la libertà, così come per l’o-nore, si può e si deve mettere ingioco la vita.Miguel de Cervantes (1547-1616)

➤ IL LUSSO

La libertà è un lusso che non tuttisi possono permettere.

Otto von Bismarck (1815-1898)

➤ L’ELETTRICITÀ

La libertà non è mai uno stato de-finitivo; come l’elettricità, la si

deve continuare a generare oppu-re finisce che le luci si spengono.

Wayne LaPierre

➤ GLI APPLAUSI

È così che muore la libertà, sottoscroscianti applausi.

Natalie Portman in Star Wars:Episodio III, La vendetta dei Sith,

di George Lucas (2005)

➤ L’OPINIONE

Il cambiare opinione e il seguirechi ti corregge è ugualmente dauomo libero.

Marco Aurelio (121-180)

➤ LA PRETESA

Io so questo: che chi pretende lalibertà, poi non sa cosa farsene. Pier Paolo Pasolini (1922-1975)

➤ I DANNI COLLATERALI

La libertà, come la felicità, è danno-sa all’uno e vantaggiosa all’altro.

Novalis (1772-1801)

➤ L’IRONIA

La libertà comincia dall'ironia. Victor Hugo (1802-1885)

➤ LA RICCHEZZA

La libertà consiste nell'essere pa-drone della propria vita e nel farepoco conto delle ricchezze.

Platone (427-347 a.C.)

➤ LE DIFFICOLTÀ

Le difficoltà più seriecominciano quandoun uomo è libero di fa-re quello che vuole.

Thomas H. Huxley(1825-1895)

➤ L’ARIA

La libertà è come l'aria: ci si ac-corge di quanto vale quando co-mincia a mancare.

Piero Calamandrei (1889-1956)

➤ IL PARLARE

Parlare di libertà ed essere liberisono due cose diverse.

Jack Nicholson in Easy Rider,di Dennis Hopper (1969)

➤ IL NON FARE

La prova basilare della libertàumana non è tanto in ciò che sia-mo liberi di fare quanto in ciò chesiamo liberi di non fare.

Eric Hoffer (1902-1983)

FINESTRE APERTE

Un atlante del pensiero forte. 10 parole per cominciare a capirsi

LIBERTÀ

smo si affermerà negli Stati Uniti,sarà dovuto sicuramente a misu-re volute dai left-liberal allo sco-po di migliorare la nostra “salu-te” e ridurre gl’incidenti sullestrade. Non c’è alcun gruppo cri-stiano che voglia perseguire l’o-mosessualità o l’adulterio.

Murray N. Rothbard

➤ GLI UOMINI LIBERI

Non è la libertà che manca. Man-cano gli uomini liberi.

Leo Longanesi (1905-1957)

➤ GLI SCHIAVI

Nessuno è più schiavo di coluiche si ritiene libero senza esserlo.

Johann W. Goethe (1749-1832)

➤ LE CATENE

Non sono tutti liberi quelli che sifanno beffe delle proprie catene.Gotthold E. Lessing (1729-1781)

➤ LA GENTE

Se la libertà significa qualcosa,allora significa diritto di dire allepersone cose che esse non vo-gliono sentire.

George Orwell (1903-1950)

➤ LA MAGGIORANZA

Dal momento che aspira ad affer-mare le libertà dei singoli, il libe-ralismo teme la tirannia dellamaggioranza tanto quanto temela tirannia dello Stato.

Raymond Aron (1905-1983)

➤ GLI ALTRI

L’indipendenza è il solo meritocon cui si possa misurare l’uomo.Ciò che l’uomo fa di sé e da sé e

non ciò che fa per gli altri. Il primodiritto dell’uomo è quello di esse-re se stesso e il primo dovere del-l’uomo è il dovere verso se stesso.

Ayn Rand (1905-1982)

➤ L’INDIVIDUO

La gloria del genere umano è l’uni-cità di ogni individuo, il fatto cheogni persona, quantunque simile aciascun’altra per molti aspetti, pos-sieda una propria personalità benindividuata. È il fatto dell’unicità diogni persona, il fatto che non esi-stono due persone pienamente in-tercambiabili che rende ogni uomoinsostituibile e che rende impor-tante se egli vive o muore, se è feli-ce o se è oppresso. E, infine, è il fat-to che queste personalità unicheabbiano bisogno della libertà per illoro pieno sviluppo che costituisceuno dei maggiori argomenti a favo-re di una società libera.

Murray N. Rothbard

➤ LA DISUGUAGLIANZA

La libertà è innanzitutto il dirittoalla disuguaglianza.Nikolaj A. Berdjaev (1874-1948)

➤ I BUONI

Nessun altro, al di fuo-ri delle persone buo-ne, può amare la liber-tà dal profondo delcuore; tutti gli altrinon amano la libertà,

ma la sfrenatezza.John Milton (1608-1674)

➤ I TIMIDI

La storia non affida a lungo la curadella libertà ai deboli e ai timidi.

Dwight D. Eisenhower (1890-1969)

Liberale, liberal, libertarian: fare ordine fra pensieri e parole

L’8 novembre 1793,nel pieno del Terroregiacobino, la vi-

scontina Jeanne MarieRoland de la Platière salìsul patibolo come “reazio-naria” all’età di 39 anni.Appena prima che la ghi-gliottina le mozzasse il ca-po si rivolse alla statua rap-presentante la Libertà,collocata in Place de la Ré-volution al posto della sta-tua equestre di re Luigi XIVdi Francia, e pronunciòun’ultima frase, famosa eterribile: «O Libertà,quanti crimini vengonocommessi nel tuo nome!».

Semplice iniziare così,addirittura troppo. E alloravale forse di più un afori-sma pop – magari pocoaulico, ma non meno vero– della cantante PattiSmith: «La parola è difficileperché noi siamo stati divi-si dalle parole». Così è per“libertà”: difficile perchéle parole spese su di essaconfondono gli uomini dasempre, e divisiva perchétroppo strattonata. Amaggior ragione da quan-do sembra essere divenutamonopolio esclusivo del“liberalismo”: il quale pe-rò – diceva Friedrich A. vonHayek –, non solo è a sua

volta difficile, ma addirit-tura è impossibile.

Ci sono i liberali, tanti,ma manca il liberalismo;o, meglio, ci sono tanti li-beralismi quanti sono i li-berali, il che poi significatanti liberalismi quanti so-no coloro che si ritengonoliberali. E “il Karl Marx”del liberalismo manca.

In sua assenza (bene-detta, si dirà), rimane peròun’idea fondamentale: lalibertà è da un lato la pri-ma delle qualità che defi-niscono un uomo, dall’al-tro il prerequisito di tuttoquanto attiene all’umano.Se liberi, gli uomini impo-stano bene tutte le que-stioni fondamentali, e ilresto segue.

La libertà è infatti ciòche distingue l’uomo dalresto del creato, piante,sassi, bestie, e che lo rendesimile al Creatore. O, sesiamo atei (giacché se sia-mo atei devoti abbiamogià bene inteso), simile anon sappiamo bene cosaperò altrettanto bene sap-piamo che siamo tutt’altroche piante, sassi o bestie.

Di “liberalismo”, pe-raltro, si parla da una preci-sa stagione della storia: daquando la cultura occiden-

tale, persa l’organicità chela fa così come ancora oggicomunque la percepiamo,ha spezzato la sintesi tra li-bertà e autorità scagliandol’una contro l’altra.

Sono nati così l’autori-tarismo e il liberalismo au-tocefali, votati proprio perquesto all’assolutizzazio-ne e all’eccesso. Ma, alcontempo, l’amore per lalibertà autentica e la pas-sione per la conservazionevera si sono fatti opzionipositive che, alternando,anzi coniugando, difensi-va e offensiva, mirano a sa-nare, come possono, ilsummenzionato vulnus,responsabile dello spap-polamento della nostracultura.

Oltre a un liberalismoe a un’autoritarismo retrivie progressisti, e l’uno manforte dell’altro, sono dun-que sorti un liberalismo eun conservatorismo direazione capaci di partori-re un concetto tanto sem-plice quanto irrinunciabi-le: la “libertà ordinata”.

Nel mentre, “liberal”è divenuto sinonimo diprogressista, “conserva-tore” di passatista, e leespressioni “liberale clas-sico” e libertarian (mal

tradotto dall’italiano “li-bertario”, che assomigliaa “radicale”) si sono as-sunte il compito di tra-ghettare il vero spirito di li-bertà fuori dai pantani ap-punto liberal. Da noi si usapure “liberista”, ma “li-berism” è parola che nellalingua madre del mondoche culturalmente espri-me il liberalismo della “li-bertà ordinata” non esi-ste. Esiste laissez-faire, unimporto francese, ma lasua sostanza è quella delLibertarianism: vale a direche non vi può essere li-bertà economica senza li-bertà politica, e viceversa.

Tentati alla fine di di-re che il “liberalismo” inrealtà non esiste, la cultu-ra che difende la vera li-bertà come prima prero-gativa umana risulta allo-ra il portato hic et nunc diuna grande tradizione (diuna Grande Tradizione)che addirittura precede il“liberalismo”. L’altra èquella del disordine tra-vestito.

Qui proponiamo unideario al servizio del con-cetto di “libertà ordina-ta”. Ordinata da che? Daldiritto e dalla natura. •

Marco Respinti

Page 9: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

bra che il popolo faccia ciò chevuole; ma la libertà politica nonconsiste affatto nel fare ciò che sivuole. In uno Stato, vale a dire inuna società dove ci sono delle leg-gi, la libertà può consistere soltan-to nel poter fare ciò che si deve vo-lere, e nel non essere costretti a fa-re ciò che non si deve volere.

Montesquieu (1689-1755)

➤ IL FARE CIÒ CHE SI DEVE/2

Bisogna fissarsi bene nella menteche cosa è l'indipendenza, e checosa è la libertà. La libertà è il di-ritto di fare tutto quello che le leg-gi permettono; e se un cittadinopotesse fare quello che esse proi-biscono, non vi sarebbe più liber-tà, perché tutti gli altri avrebberodel pari questo potere.

Montesquieu

➤ L’ORGANIZZAZIONE

La tirannia è sempre meglio orga-nizzata della libertà.

Charles Péguy (1873-1914)

➤ L’ISTRUZIONE

La libertà senza l’istruzione èsempre in pericolo e l’istruzionesenza la libertà è sempre inutile.

John F. Kennedy (1917-1963)

➤ I DISTRUTTORI LIBERAL

La mia generazione degli anniSessanta, con tutti i suoi grandiideali, ha distrutto il liberalismoa causa dei suoi eccessi.

Camille Paglia

➤ IL PIÙ E IL MENO

Bisogna soprattutto guardarsi dal-l’errore di credere che la libertà siaqualcosa di assoluto, non suscet-tibile di un più o di un meno.Joseph de Maistre (1753-1821)

➤ LA MORALE

La libertà o è morale o è niente.Michael Novak

➤ LA LUCE DELLA VERITÀ

Se si appanna la luce della veritàsi rischia di perdere l'idea su cuisono basate le istituzioni della li-bertà stessa.

Michael Novak

➤ LA GERARCHIA

Una moltitudine omogenea nonreclama libertà. La società gerar-chizzata non solo è l’unica in cui

l’uomo può essere libero, ma è an-che l’unica in cui gli preme esserlo.

Nicolás Gómez Dávila

➤ IL DESTINO

Nella società gli uomini debbonoessere liberi giacché ogni perso-na è destinata a qualcosa di ulte-riore di cui può capacitarsi soloin condizioni di libertà.

Edmund A. Opitz (1914-2006)

➤ IL VANTO

Il mio vanto è quello di amare unalibertà virile, etica e ordinata, tipi-ca di tutti i gentiluomini […]. Èuno dei doni della Provvidenza.

Edmund Burke

➤ IL MEZZOE IL FINE (POLITICO)

La libertà non è un mezzo perraggiungere più alti fini politici. Èil fine politico più alto.

John E.E. Dalberg- Acton(1834-1902)

➤ IL FINE (ASSOLUTO)E IL MEZZO

La libertà non è un fine, è unmezzo. Chi la scambia per un fi-ne, quando la ottiene, non sa chefarsene.

Nicolás Gómez Dávila

➤ I GRECI & I MODERNI

Per l’uomo la verità non può as-sorbire la libertà, come pensavail pensiero greco; né la libertàpuò assumere in sé la verità comepretende il pensiero moderno.

Cornelio Fabro (1911-1995)

➤ L’AMBIENTALISMO

Il cristianesimo e l’e-braismo [...] insegna-no che Dio ha creatol’uomo a propria im-magine e somiglian-za, e gli ha dato il do-

minio su tutta la Terra, che è statacreata per l’uso dell’uomo e noncome un’entità con un autonomovalore morale. L’ordine naturaleesiste per l’uomo e non vicever-sa; nessuna diversa concezione ècompatibile con un libero merca-to fondato sulla proprietà privatae perciò con il libertarismo.

Murray N. Rothbard

➤ DIODio assicura la libertà solo a chila ama ed è costantemente pron-to a preservarla e a difenderla.

Daniel Webster (1782-1852)

➤ LA RELIGIONE

A rischio di alienarmi i miei amicilibertari atei mi sono progressiva-mente convinto che i conservatorihanno ragione su un punto: che inogni società vi è sempre una qual-che sorta di religione dominante. Ese per esempio il cristianesimoviene denigrato e rigettato, qual-che altra orrenda forma di religio-ne prenderà subito il suo posto: siaessa il comunismo, l’occultismoNew Age, il femminismo o il puri-tanesimo di sinistra. Non c’è mododi aggirare questa verità fonda-mentale della natura umana.

Murray N. Rothbard

➤ LA CHIESA

La dottrina della libertà insistesull’indipendenza della Chiesa; ladottrina del liberalismo insistesull’onnipotenza dello Stato qua-le organo della volontà popolare.

John E.E. Dalberg-Acton

➤ LA MANCANZA DI FEDE

Se gli viene a mancare la fede, unuomo diviene un suddito; se in-vece crede, è libero.

Alexis de Tocqueville(1805-1859)

➤ I SACERDOTI

Uno dei segni che contraddistin-

guono il vero sacerdote della So-cietà missionaria di san Paolo èche questi preferirebbe soffrire acausa di un eccesso di libertàpiuttosto che per le arbitrarieazioni di una tirannia.

Isaac T. Hecker (1819-1888)

➤ DUE PERFEZIONI

Dio e la libertà: sono questi i dueprincipali motori della mia esisten-za. Riconciliare queste due perfe-zioni sarà lo scopo della mia vita.

Montalembert (1810-1870)

➤ LE FRATTURE

Sono convinto che, se la fratturafra il vero liberalismo e le convin-zioni religiose non sarà sanata,non ci sarà alcuna speranza perla rinascita delle forze liberali.

Friedrich A. von Hayek

➤ CIÒ CHE C’È DI BUONO

Tutto quello che c’è di buono nel-la civiltà occidentale, dalla liber-tà individuale alle arti, è dovutoal cristianesimo.

Murray N. Rothbard

➤ LO STATO

Deve essere lo stato a servirel’uomo e non il contrario. La so-cietà è in sostanza il mezzo; gliindividui sono il fine.

Antonio Rosmini-Serbati(1797-1855)

➤ LE PERQUISIZIONI

La nostra visione del mondocondiziona inevitabilmente i no-stri comportamenti, incluso ilnostro agire politico. E il futurostesso della libertà può dipende-re proprio dalla questione se latradizione giudeo-cristiana deb-ba venire perquisita all’ingressodi ogni pubblica piazza.

Carl F. H. Henry (1913-2003)

➤ LA BENEFICENZA

La beneficenza è sempre libera,non può essere estorta con la for-za, il mero fatto che non si prati-chi la beneficenza non ci esponead alcuna pena, dal momentoche la sua mera assenza non rap-presenta la tendenza a porre inessere alcun male reale.

Adam Smith (1723-1790)

➤ LA SOCIETÀ

Il modo migliore è lasciare chetutti gli operai e gli impiegati, cosìcome tutti i venditori e gli acqui-renti, siano liberi di domandare edi offrire ciò che ritengono giusto.

Richard Whately (1787-1863)

➤ IL GOVERNO

A mio parere, la reli-gione cristiana è la re-ligione più importantee una di quelle cose incui tutti i bambini, chevivono in un governo

libero, dovrebbero essere istruiti.La religione cristiana deve costi-tuire le fondamenta di un gover-no che miri ad assicurare i dirittie i privilegi delle persone libere.

Noah Webster (1758-1843)

➤ IL CONTROLLO

Là dove le istituzioni sono auten-ticamente libere, il governo stes-so non è altro che la delega di al-cuni poteri affinché siano garan-titi la protezione e la libertà di as-sociazione. [...] L’essenza dellalibertà risiede nel potere ultimodi controllo, il quale compete alcorpo della nazione.

James Fenimore Cooper(1789-1851)

➤ LA SICUREZZA

Io credo che sia meglio essere li-beri che non esserlo, anchequando la prima condizione è pe-ricolosa e la seconda sicura.Henry L. Mencken (1880-1956)

➤ IL POTERE

La legge e il potere arbitrario sononemici eterni. [...] È una contrad-dizione in termini, è una bestem-mia sul piano della religione e unsegno di malvagità su quello dellapolitica dire che gli uomini posso-no godere di potere assoluto.

Edmund Burke

➤ LA STORIA

La libertà non è la meta dellastoria, ma la materia con cui es-sa lavora.

Nicolás Gómez Dávila

➤ GLI AMERICANI

Ho visto degli ameri-cani associarsi per in-viare sacerdoti neinuovi Stati dell’Oveste fondarvi scuole echiese; essi temono

che la religione si perda in mezzoalle foreste e che il popolo che na-sce non possa essere libero comequello da cui è uscito. Ho incon-trato dei ricchi abitanti della Nuo-va Inghilterra che abbandonava-no il paese natio per andare a get-tare sulle rive del Missouri o nellepraterie dell'Illinois i fondamentidel cristianesimo e della libertà.

Alexis de Tocqueville

➤ GLI AMERICANI/2

Tutte le repubbliche americane –essi vi diranno – sono solidali leune con le altre; se le repubblichedell'Ovest cadessero nell’anar-chia o subissero il giogo del di-spotismo, le istituzioni repubbli-cane che fioriscono sulle rive del-l’Atlantico correrebbero un gravepericolo; abbiamo dunque inte-resse che i nuovi Stati siano reli-giosi, affinché essi ci permettanodi restare liberi.

Alexis de Tocqueville

➤ GLI AMERICANI/3

Sono convinto che sia stata la li-bertà a produrre quel miracolochiamato Stati Uniti d’America:libertà intellettuale, libertà reli-giosa, libertà politica, libertà in-dustriale; quindi libertà di sogna-re, di pensare, di sperimentare,d’inventare, di mettere i diversitalenti in amichevole competi-zione; insomma, la libertà di es-sere un individuo. È questa la no-stra grande eredità americana.

J. Howard Pew (1882-1971)

➤ LA CASA BIANCA

La verità è che la politica e la mo-rale sono inseparabili. E dato cheil fondamento della morale è lareligione, la religione e la politicasono necessariamente correlate.Abbiamo bisogno che la religio-ne ci guidi.

Ronald W. Reagan (1911-2004)

➤ LA CASA BIANCA/2

Così ammonì Plutarco: «I veri di-struttori delle libertà del popolosono coloro che distribuisconoalla gente regalie, donazioni eprebende».

Ronald W. Reagan

➤ LA MORTE

Datemi la Libertà o la morte.Patrick Henry (1736-1799)

➤ L’ANTICHITÀ

Antichità classica e cristianesi-mo entrambi sono i veri antenatidel liberalismo, perché sono gliantenati di una filosofia che rego-la il rapporto, ricco di contrasti,tra l’individuo e lo Stato.

Wilhelm Röpke

➤ LA MISSIONA ogni generazione l’idea della li-bertà dev’essere riaffermata dacoloro che sanno vedere oltre lenebbie, e riscoperta dai giovani edai coraggiosi.

Llewellyn H. Rockwell jr.

I L D O M E N I C A L E 9FINESTRE APERTE

➤ LE ALTEZZE

Più uno sta in alto, meno è libero.Sallustio (86-35a.C.)

➤ PROPRIETÀ

La proprietà dev’essere garantitaoppure la libertà non può esistere.

John Adams

➤ PROPRIETÀ/2

La proprietà privata è la più im-portante garanzia di libertà

Friedrich A. von Hayek(1899-1992)

➤ L’ECONOMIA

La libertà economica è la condi-zione necessaria della libertà po-litica.

Luigi Einaudi (1874-1961)

➤ IL CAPITALISMO(CHE FA BENE)

Nel sistema economi-co liberale si producedi più che in quello so-cialista. Il surplus nonfavorisce solo i proprie-tari. Ecco quindi che,

secondo il liberalismo, combatte-re gli errori del socialismo non è af-fatto interesse esclusivo dei ricchi.Ludwig von Mises (1881-1973)

➤ IL CAPITALISMO(SELVAGGIO)

Le encicliche non condannano ilnostro [degli Stati Uniti d’Ameri-ca] sistema economico basatosulla libera intrapresa, ma – alcontrario – conferiscono a essoforte fondamento morale.

Edward A. Keller, C.S.C.(1903-1989

➤ IL MERCATO

Affinché l’economia di mercatofunzioni, i suoi fautori che agi-scono nel quadro di un sistemacapitalistico debbono, quandoscelgono fra alternative diverse,prendere decisioni che non sianobasate esclusivamente sul rendi-conto immediato.

Rafael Termes (1918-2005)

➤ IL MERCATO/2

Il libero mercato non deve rinun-ciare al guadagno e nemmeno fa-re di esso un idolo. Anch’esso èsoggetto alla legge divina e non aleggi puramente umane.

Erik von Kühnelt-Leddihn(1909-1999)

➤ LO SCAMBIO

Il capitalismo è un sistema in cuigli uomini si rapportano gli uniagli altri non come vittime e car-nefici, non come padroni e schia-vi, ma come mercanti, attraversolo scambio volontario per il mu-tuo beneficio. È un sistema in cuinessun uomo può ottenere qual-cosa ricorrendo alla forza fisica enessuno può usare la forza fisicacontro gli altri.

Ayn Rand

➤ IL VALORE

Dove non c’è valore, non c’è al-cuna libertà.Ferdinando Galiani (1728–1787)

➤ GL’INTERESSI

Il rischio della moderna libertà èche, assorbiti nel godimento dellanostra indipendenza privata e nelperseguimento dei nostri interessiparticolari, rinunciamo con trop-pa facilità al nostro diritto di par-tecipazione al potere politico.Benjamin Constant (1767-1830)

➤ LO SVILUPPO

L’idea del libero sviluppo dellapersonalità sembra degna d’am-mirazione sinché non incappa inindividui la cui personalità si èsviluppata liberamente.

Nicolás Gómez Dávila

➤ LA DECISIONE

Decidetevi a non servire e sareteliberi.Étienne de la Boétie (1530-1563)

➤ LA RESISTENZA

L’essenza della libertà è sempreconsistita nella capacità di sce-gliere come si vuole scegliere eperché così si vuole, senza costri-zioni o intimidazioni, senza cheun sistema immenso ci inghiotta;e nel diritto di resistere, di essereimpopolare, di schierarti per letue convinzioni per il solo fattoche sono tue.

Isaiah Berlin (1905-1983)

➤ IL PLURALISMO

La libertà al singolareesiste soltanto nelle li-bertà al plurale.

Benedetto Croce(1866-1952)

➤ IL FARE CIÒ CHE SI DEVE

È vero che nelle democrazie sem-

Segui settimana dopo settimana il decalogo del “Dom”:

LIBERTÀ • RESPONSABILITÀ • GIUSTIZIA • SOCIETÀ • FAMIGLIA STATO • DEMOCRAZIA • DIO • NATURA • CULTURA

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S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 71 0 I L D O M E N I C A L E LA REPUBBLICA DELLE LETTERE

LO SCAFFALEDELLA CRITICA

casi umani

Quei mocciosi di Moccia Ma il problema non è lui e neppure loro...

Scusate se ne parliamo solo adesso, era peravere quel minimo di prospettiva. Se sei inmezzo alla folla vedi solo chi hai di lato o di

fronte, se sei su una collina vedi l’intera massa epuoi persino prevederne gli spostamenti. Peraltro,nel caso di Federico Moccia c’è ben poco da stro-logare e ben poco di cui parlare. Ovvero, qui urgeintendersi su cos’è la letteratura, e soprattutto dicosa stiamo parlando. È ovvio che Wilbur Smithnella sua giungla abbia talento e venda a palate,ma non è né vuol essere, per dire, un CormacMcCarthy, il quale ha atteso un bel mazzo di lustriper vendere più di tre libri in croce. È ovvio, per in-tenderci meglio, che Simenon, con tutto il beneche gli vogliamo e tributiamo, non è Dostoevskij,ma neppure Céline, ma neppure Julien Gracq, nési è mai battuto per sfrattare dalle grevi aule dellaletteratura entrambi. Ecco, questo per dire che separliamo di Federico Moccia non parliamo di let-teratura – checché possa pensarne Alberto Bevi-lacqua, per cui, rimirate le frecce, vale la stessa sol-fa – ma di un “caso” letterario. Cioè, non di un li-

bro ma di come altruileggono quel libro. Pocoimporta che ci abbia sol-levato lo spirito, Moccia,quando a Otto e mezzo,qualche mese fa, dicevadi adorare Fitzgerald, diamare Conrad, e così via:

le buone premesse in letteratura contano poco. Ilfatto, per giunta, non compete neppure Moccia, ilquale, come ognuno di noi, può scrivere quel chegli pare, né tantomeno i giovincelli che leggonoMoccia dimostrando di valere Moccia e non Sha-kespeare o Dostoevskij o Faulkner, ma neppure Si-menon, ovvero di voler essere Moccia e non Ric-cardo III o Stavrogin o Molly Bloom, per cui altroche tre metri sopra il cielo, questi poppanti sonotre chilometri sotto terra. No, il fatto è che chi fal’informazione, omuncoli messi peggio dei lettoridi Moccia e solo Moccia, dalla mente a misura disms e di certo non da Vita nuova, libello dentroil quale scoprirebbero che l’amore non èun lucchetto e che Ponte Milvio è unluogo mistico ed epico assieme,spacciano Moccia come fosse unmoderno Pavese (peraltro pes-simo scrittore di romanzi),senza riconoscere la differen-za che passa tra Simona Ven-tura e Fanny Ardant. Ecco, ladifferenza è tutto in fatto discrittura. Così come il rango.Ma questo è un tempo in cui il“Corrierone”, ritemprandouna bella e vecchia abitudinedei giornali di un dì, presenta ipropri librini “corti” annunciandoche così si potrà leggere «meno spes-so». Alla meno peggio, meno spesso, eccola cosa che conta. Senza contare che nella trup-pa dei non scrittori scritturati dal massimo gior-nale d’Italia non poteva mancare, riecco sbucareil coniglio, proprio Moccia. Beati i ciechi, chénon vedono il male.

Federico Scardanelli

di Luigi Mascheroni

Ci abbiamo messo dieci anni ab-bondanti per toglierci dai co-glioni i giovani cannibali, che

nel frattempo, arrivati agli “anta” –invece di mettere a ferro e fuoco ilmondo, come proclamavano dallaquarta di copertina della funesta an-tologia – siedono beati sui divani del-le riviste patinate e cenano in smo-king al Ninfeo, rischiando pure divincere lo Strega. Chissà invecequanto impiegheremo, in questi ma-la temporadi post-moccismo a digeri-re la triade Piperno-Saviano-Colom-bati somministrataci a dosi massicceda un simpatico critico letterario checon raro senso della misura ha dettoche Giorgio Faletti (uno che al massi-mo poteva fare il ghost-writer delFrancesco Salvi di C’è da spostare unamacchina) è il più grande scrittoreitaliano vivente…

Nel frattempo, aspettando il filmtratto da Con le peggiori intenzioni, lafiction-tv ispirata a Gomorra e l’edi-zione economica di Rio, proviamo ametterci a leggere seriamente. Smet-

tendola di pensare che la narrativaitaliana morente inizi sulle pagine diMagazine e finisca nel laboratoriocreativo di minimum fax (l’altra tria-de radical-flop: Nicola Lagioia, Vale-ria Parrella, Christian Raimo) e smet-tendola di ripetere con accorata fru-strazione che “gli scrittori italianinon sanno raccontare il mondo in cuiviviamo”, che “in Italia non esistononarratori come Wallace, DeLillo o Pa-lahniuk”, che da noi escono solo ro-manzi usa-e-getta.

No. A costo di irritare scrittori,lettori e critici – militanti o smobilitatiche siano – noi vogliamo scommette-re su un gruppo di autori giovani (edi-torialmente, non anagraficamente) iquali, uno: sanno non solo racconta-re il mondo in cui viviamo, ma prova-no addirittura a dargli una forma (lalingua) e un contenuto (la sostanza);due: sanno rischiare, mettendosi ingioco, coscienti che la letteratura nonè uno strumento di ascesa sociale ouna comoda via che porta ai talk-show, ma una straordinaria e perico-losissima possibilità di conoscenza

dell’Uomo; tre: che provano a crearepersonaggi più veri di quelli reali, chesanno “in-ventare” uno stile unico,preciso, anche fastidioso magari, mache ha carattere, e che guardano conpassione violenta dentro al cuoreumano; quattro: che non voglionoscrivere dei libri, ma fare Letteratura;cinque: che non scrivono per Anto-nio D’Orrico ma per i posteri.

E chi sarebbero questi giovinscrittori, questi eroici cavalieri senzaMoccia e senza paura? Eccoli, i Ma-gnifici Sette: il Pensiero Forte dellenostre Deboli Lettere.

Prima di tutto, davanti a tutti,Massimiliano Parente, da Grosseto,romano per forza, classe (da vende-re) 1970, polemica firma di numeroseriviste. Ha scritto un pugno di roman-zi, tra i quali Canto della caduta (ES,2003) e La Macinatrice (peQuod,2005), e la raccolta di scritti postumipubblicati in vita Parente di nessuno(Gaffi, 2006). Proprio perché senzaparenti (giornalistici, editoriali e let-terari), e perché dichiaratamente ne-mico di chi scrive per neonati, registi

e caporedattori, non ha ancora avutoi riconoscimenti che merita. Ma an-che i Nobel da un po’ di tempo sono alribasso. Comunque, così come PhilipRoth avrà di che rifarsi su quel filo-ar-meno politicamente peloso di Pa-muk, allo stesso modo Parente avrà diche mettere in fila la triade (nipote diSiciliano e figlia di D’Orrico) Piperno-Saviano-Colombati, e gettarla nelburrone dell’Oblio. Lo farà con ilprossimo libro, che gli ha cambiato erovinato la vita, Contronatura: un ro-manzo-monstruum di oltre cinque-cento pagine che ha già stroncato unamezza dozzina di editor e che usciràda Bompiani a gennaio 2008. Parenteè visionario abbondantemente oltre illimite, ambizioso quanto la scritturaimpone, gaddianamente post-baroc-co. Soprattutto, non ha mai credutoalla favola che il romanzo è morto.Morti, semmai, sono quelli che lo di-cono. Qualcuno lo ha definito loHouellebecq italiano. Che, c’è da di-re, è un bellissimo complimento, perHouellebecq.

Poi, Michelangelo Zizzi, nato –

sbagliando paurosamente secolo ePaese – a Martina Franca negli anniSettanta. Finora le sue (eccelse) pro-ve sono solo poetiche (oltre ad averpubblicato un thriller con un eteroni-mo): si segnalano La primavera er-metica (Manni, 2002), e Del sangueoccidentale (Lietocolle, 2006). Abuli-co e pigrissimo, Zizzi da quindici an-ni lavora a un (meta)romanzo genia-le e invendibile in dodici volumi – cheambisce non a raccontare una storiama la Storia – dallo splendido titolopicaresco La perenne ed improbabilestoria di Giovanni Attanasio e del suovascello di polistirolo, dove si narra-no le avventure di un giovane che siritrova in uno spazio collaterale aquesto mondo viaggiando per untempo non computabile fino ad arri-vare ai confini dell’universo, nel re-gno delle Cernie antropomorfe, dalquale ritorna lasciando un diarioframmentario e onirico. Ritrovato da-gli archeologi e montato da filologi ecritici, il diario viene dopo mille ten-tativi presentato nella forma definiti-va, sebbene si dica che manchino del-

le pagine… Il romanzo (di cui Zizziha già pronti i primi due volumi, stascrivendo il terzo e ha bene in mente irestanti nove) è continuamente sul-l’orlo della pubblicazione e continua-mente fuori dai circuiti editoriali (èpassato da Feltrinelli, Einaudi, Rizzo-li e Mondadori). Un breve estrattodell’opera – che ambisce a superareuna volta per tutte l’ossessione delpost-moderno, qualsiasi cosa questaparola significhi – uscirà sul prossi-mo numero di Nuovi argomenti (tito-lo: Il demone del giudizio): una narra-zione totale, assoluta, fantastica. Ziz-zi, dal canto suo, sarà protagonistadella prima puntata della nuova tra-smissione di Pietrangelo Buttafuoco,Giarabub, che andrà in onda a brevesu La7. Per il resto, come scrive l’au-tore nel prologo del romanzo, «Leg-gete e saprete».

Il terzo “magnifico” è Alessan-dro De Roma, 37 anni d’età e 1,52d’altezza. Viene da una terra grama emagnifica, terra di narratori veri co-me Atzeni e Niffoi, e di intellettuali

FEDERICOMOCCIA, SCUSA MA TICHIAMO AMORE,Rizzoli, Milano 2007,pp.668,E18,00

periscopio

UNO SCRITTOREè perduto quando comin-

cia a farsi domande come“cos’è l’arte?” e “qual’è il com-pito di un artista?”.

Vladimir Nabokov (1899-1977),Gogol’, 1981, trad. it in Lezioni di

letteratura russa, Garzanti,Milano 1987, p.76

Dedicato a chi crede che la poesia Prendeteveli così come sono, in colata lavica, i grandi talenti di oggi

DANIELE PICCINI (1972) associacon maggiore presenza di altri la fati-ca del poeta a quella del critico lettera-rio. Collaboratore di Poesia, Letture,Famiglia cristiana e l’Avvenire, hapubblicato una delle migliori rasse-gne poetiche degli ultimi anni, La poe-sia italiana dal 1960 ad oggi (Rizzoli,2005). Traduttore dal latino (La favoladi Amore e Psiche, Medusa, 2005) estudioso di filologia italiana (si ricor-da l’edizione critica di Sennuccio delBene, Antenore, 2004), possiede unlinguaggio legato per affinità a CesarePavese e a Mario Luzi. Poeta dalla ve-na felice e inesausta, lietamente tor-mentata, ha pubblicato un’inconsciatrilogia dedicata alla memoria (secon-do la cronologia delle pubblicazioni:Terra dei voti, Crocetti, 2003; Canzo-niere scritto solo per amore, JacaBook, 2005; Altra stagione, Aragno,2006). Un libro ancora inedito vira dimolto i temi e in parte anche il lin-guaggio dei volumi che lo precedono,indagando l’enigma della morte e deldestino di dispersione che lega l’uo-mo al mondo, con furore leopardiano.

Sono stato lucertola,ho atteso sotto lo spesso azzurrola stagione più densa.Nell’imbuto del desiderio cresco,divento la mia nascita, lucertola,nei profondi profumisono stato l’insetto,sono stato la bestiaal centro della speciel’istante di generare o morire,con te ho detto sì

ho saldato la vertebra vitale.Sono stato formicolio celesteprincipio nell’abetaia ventosa,venendo per reticolinel chicco d’uva: affonda la mia nascitanel tuo ventre marino, vieni ancora.

SIMONE CATTANEO (1974) è ilpoeta meno poetico dei “poeti nuovi”.Scrittore estremo ed estremamentecrudo si svelò alla letteratura con ilbreve volume Nome e soprannome(Edizioni Atelier, 2001), piccolo “ca-so” nel mortifero mondo poetico delBelpaese. «Frasi che ti colpiscono co-me pugni allo stomaco», così lo “be-nedisse” Roberto Roversi nell’antolo-gia collettiva Dieci poeti italiani (Pen-dragon, 2002). In effetti, la poesia an-tilirica di Cattaneo ha come padri pu-tativi i magistrali, feroci e grotteschifilm di Martin Scorsese e di Abel Ferra-ra piuttosto che i padri-padroni dellaletteratura italica. Una libertà scabra,percotente, oltreoceanica (riferimentisotterranei al romanzo made in USA,in specie a Saul Bellow, a Philip Roth ea Erskine Caldwell, sono molteplici)che si fissa nelle scene quasi cinema-tografiche del libro inedito Made inItaly. In cui dietro le quinte affiora unarilettura vertiginosa del Machiavelli.

Lampade al sodio guaste sul pavimento [della cucina

e intorno al mio corpo macchie d’olio che[sembrano vermi

gli occhi lucidi come bigiotteria euna specie di bitume che sigilla il cielo

[del Mediterraneo,

mentre parlo sempre con le braccia tese [davanti a me

come per spingere via un corpo assente.

ANDREA TEMPORELLI, notoanche come lo spettro di Marco Mer-lin (1973), è uno dei “poeti nuovi” chesi è imposto con precocità lampanteall’attenzione della grande editoria. Ilsuo primo libro, lieve e abissale, dal ti-tolo Il cielo di Marte, è stato infatti edi-to da Einaudi nel 2005. Accusato dapiù parti di essere una sorta di icebergdifficilmente digeribile per le animebelle, la raccolta-poemetto in trentastazioni punta altissimo, guardandonon tanto a Vittorio Sereni e a MarioLuzi (“trappole” letterarie sparse perstrada dal poeta) quanto alle finezzedi un Thomas S. Eliot. Il tempo giudi-cherà la bontà delle pretese. L’alteregodi Temporelli, Marco Merlin, è uno deicritici letterari più feroci del Paese. Co-fondatore e codirettore del trimestraleAtelier, ha pubblicato, tra le altre cose,l’antologia ragionata Poeti nel limbo(Interlinea, 2004) e il volume teoreti-co ed energetico Nodi di Hartmann(Atelier Edizioni, 2006).

Passaggio d’ombraPer farsi bella rinuncia all’amorequesta giornata d’inverno, si spogliaquasi celasse un destino. Ma è nientel’asfalto da seguire,il semaforo, la svolta, la genteche sfiori nel cortile, poi il rumoredei passi sulle scalein marcia militare,fin dentro alle lezioni, oltre la soglia...

È tutto semplice, viene da dire,è semplice anche il male

Finché qualcuno ti salva e ti chiedesolo ciò che non hai, pretende tutto(tu per me a cosa rinunci), convintoche sia ormai in te, e lo saiche non è vero, eppure sei già vintoda una luce che il tempo ti concede(In che figura, e quando,noi saremo congiunti)Così, se il fiore rimorde nel fruttotu no, non chiederlo, non dirò maidi cosa sto parlando

È difficile trovare in Italia un poetapiù consapevole e più shakespearia-no di FEDERICO ITALIANO (1976). Ilquale, a dispetto del cognome, è scrit-tore apolide, che si nutre di molteplicitradizioni letterarie. Questione di bio-grafia, forse. Il Nostro abita a Monacodi Baviera da circa un lustro e si occu-pa “professionalmente” di traduzio-ne. Il suo sforzo, condensato in un nu-mero monografico della rivista Atelierdedicato alla Giovane poesia europea(n. 30, giugno 2003), si muove agil-mente tra almeno quattro lingue: egliha dato versioni di poeti inglesi (Eliza-beth Bishop), tedeschi (Durs Grün-bein, Michael Krüger e Lutz Seiler),spagnoli (Vicente Aleixandre) e fran-cesi (Philippe Soupault). Si diceva di

una lirica shakespeariana. Provareper credere: Italiano, cosa rarissimanel Belpaese, è poeta che tiene la mi-sura lunga, e anche lunghissima, confacilità spaesante. Ed è, soprattutto,poeta che crea la vita, che crea uominia tutto tondo, pieni e sfaccettati, e sto-rie romanzesche. Accade così che nelsaggio d’esordio Nella costanza (Edi-zioni Atelier, 2003) e nel poemetto Imirmidoni (Il Faggio, 2006), porzionedi una scintillante raccolta in itinere,oltre ai magisteri di Seamus Heaney,di Josif Brodskij e di W. H. Auden, sisenta il riflusso di un Vladimir Nabo-kov e di un Henry James. Il Nostro èanche capace articolista di Alias, sup-plemento culturale del Manifesto, e diNuovi Argomenti.

Postscriptum a Josif BrodskijSono nato e cresciuto tra le risaie

[piemontesidove onde minuscole screzianola perfezione dei rettangoli e dei trapezi:di qui la scarsezza di rime, la voce d’amido che ricopre costantela bolla emozionale, fragile.La pianura non è infinita, lezione del

[sereno:dal ponte di Romentino, le Alpi e il Rosaconfermano la possibilità del mito,l’esuberanza, oltre il quotidiano.Poiché non da pianura,

ma dal fronte dei monti fui edotto, educato alla venerazione del Mammut.Scaglia di ghiaccio sopravvissuta al

[Pleistocene, quest’io ch’è un noi idrico, sguscia sotto i confini, come Ticino il Contrabbandiere,dall’Iperuranio svizzero all’espiazione

[padana.

FLAVIO SANTI (1973) è il degnoerede di Pier Paolo Pasolini. Autore diuna magmatica, dispersa e coerente“opera totale”, tra romanzi (ne ri-membriamo il primo, Diario di bordodella rosa, peQuod, 1999, definito«una specie di Finnegan’s Wake infriulano»), pensieri (collabora, tra lemolte riviste, con Nuovi argomenti,Liberazione, Testo a fronte) e poesie.La sua spiccata attività poetica si di-stingue per una ferina, accanita di-rompenza linguistica, che gli ha con-cesso un riconoscimento precocissi-mo. Autore di acuminate raccolte inun dialetto friulano inventato, folen-ghiano (Rimis te sachete, Marsilio,2001; Asêt, Biblioteca di Babele,2003), ha scritto un libro che per alcu-ni è un piccolo totem, Il ragazzo X(Edizioni Atelier, 2004), tragicomicavicenda di un clone di Giacomo Leo-pardi cascato nei panni e nelle carni di

I MAGNIFICI SETTE DELLA

Per anni abbiamo lanciato improperi a destra e a manca,ora costruiamo la nostra cattedrale nel deserto. Ecco gliscrittori che non possono mancare nella vostra biblioteca.Suddivisi per genere: romanzieri da un lato e poeti dall’altro

Immagine tratta dal filmdi John Sturges Imagnifici sette (1960),che raffigura, da sinistra a destra: Steve McQueen(Vin), James Coburn(Britt), Horst Buchholz(Chico), Yul Brynner(Chris Adams), BradDexter (Harry Luck),Robert Vaughn (Lee) e Charles Bronson(Bernardo O'Reilly)© Bettmann/CORBIS

Page 11: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

I L D O M E N I C A L E 1 1

LO SCAFFALE DEIPICCOLI E GRANDI EDITORIa cura di Fabio Canessa

Il pensiero poetante è il titolo diun illuminante saggio scritto daAntonio Prete (edito da Feltri-

nelli), diventato ormai un testo im-prescindibile per gli studiosi di Leo-pardi. Potrebbe essere anche il tito-lo di questo esordio nella poesia delmedesimo Prete, docente universi-

tario e fine tra-duttore di Bau-delaire. Esor-dio pubblico,

perché la raccolta sottintende unafrequentazione con la composizio-ne poetica che, probabilmente, haaccompagnato parallelamente laproduzione saggistica, pur senzamai essere pubblicata. Un eserciziocreativo che, afferma l’autore nella

nota, «ho sempre considerato ne-cessario per l’esperienza stessa delpensare». Il fascino della sua poeti-ca consiste proprio nella personalemeditazione di quegli stessi temiche stanno al centro dei suoi studicritici: la vertiginosa dialettica tra fi-nitudine e infinito, l’incanto di unanatura che avvolge il vuoto di sen-so, lo struggimento dei ricordi e ilbalsamo dell’analogia, il silenzio delcosmo, il suono del vento e la mutapresenza della luna e del deserto. Lapoesia si staglia come un menhir,uno di quei monoliti del paesaggiosalentino di cui Prete è originario.Un menhir che esprime «nel filod’aria e di millenni/ l’aspra malinco-nia del vivente».

CHE BELLA SCOPERTA, L’ANTONIO PRETE LIRICO

ANTONIO PRETE, MENHIR, Donzelli,Roma, pp.132, 413,50

SFORTUNATO CHI NON CONOSCE ANCORA LÉO MALET

L’appassionato di gialli cheignori un fuoriclasse comeLéo Malet (1909-1996) e il

suo scanzonato eroe, l’investigatoreprivato Nestor Burma, corra in libre-ria a procurarsi l’ultimo romanzo tra-dotto con ritmo scintillante da Fede-rica Angelini, il tredicesimo pubbli-

cato in italianodell’avvincen-te ciclo di av-venture dedi-cata ognuna a

un arrondissement parigino. La cittànon è un semplice sfondo a questinoir ariosteschi, scritti con l’asciuttaessenzialità di un cinico hard boiledamericano, ma rivestiti da un’incon-fondibile ironia tutta francese. I giallidi Malet potrebbero servire come un

Baedeker, datato anni Cinquanta eintinto nell’humour nero, per visitarela Parigi dei viali luccicanti di insegnee dei vicoli bui, che diventano quiscenografie ideali di bizzarri intrighipolizieschi. Stavolta tocca al X arron-dissement e al mondo dello spetta-colo, fra teatranti falliti, cantanti allamoda e un fan club che è forse l’anti-camera di un giro di prostituzione. Iltema del romanzo è il trucco: dall’af-fettazione di chi recita sul palcosce-nico come nella vita a quello che so-vrintende al meccanismo di un plotcriminale che prevede un cadaverein cantina, una suicida dalla finestra,pestaggi, scambi di identità e ambi-gue dark ladies. Chi voglia saggiare iltalento di Malet si butti a capofittonel sesto capitolo.

LA REPUBBLICA DELLE LETTERES A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

LÉO MALET,UN CADAVERE IN SCENA, Fazi,Roma, pp.192, 49,50

TUTTI A CAVALLO NEL NUOVO WEST DI MCMURTRY

Riuscire a tenere il piede in duescarpe è un’impresa ancheper il più abile degli equilibri-

sti. Figuriamoci essere un ottimo ro-manziere e nello stesso tempo unosceneggiatore di successo. WilliamFaulkner, per dire, fallì miseramente

nel l ’ intento,scrivendo sce-neggiature il-leggibili come isuoi geniali ro-

manzi. A Larry McMurtry (1936), ilcolpo da biliardo è riuscito. Hud ilselvaggio (1963), girato da MartinRitt, con Paul Newman nei panni diun cinico e arrogante cowboy mo-derno, ottenne tre Oscar; L’ultimospettacolo (1971), capolavoro di Pe-ter Bogdanovich con Jeff Bridges e

Cybill Sheperd ne portò a casa unpaio; Voglia di tenerezza (1983), diJames L. Brooks con Jack Nicholson,Debra Winger e Shirley MacLaineaddirittura cinque. Ciascuna pellico-la fu tratta dai libri di questo autore divecchio pelo (che, ovviamente, hascritto da sé i dialoghi per il grandeschermo) riscoperto, si fa per dire,dalle elegantissime edizioni Mattioli.Storie del “nuovo West” con impa-sto epico alla Steinbeck, eccoMcMurtry. Il quale non è certo dellalevatura di un Cormac McCarthy, epunta tutto su malinconie struggentie tramonti che abbrustoliscono. Nonsenza una certa ferocia. Ultimo suc-cesso, la sceneggiatura di I segreti diBrokeback Mountain. Ovviamente,con Oscar al seguito. D.B.

LARRY MCMURTRY,HUD IL SELVAGGIO,Mattioli 1885, Milano, pp.198, 416,00

esemplari come Gramsci. È nato aCarbonia, si è laureato in Filosofia aCagliari, poi ha lasciato l’isola: oggivive e insegna a Torino. Ha pubblica-to un racconto satirico sulla rivista In-chiostroe il bellissimo romanzo Vita emorte di Ludovico Lauter appenauscito da Il Maestrale, la stessa casaeditrice (non a caso) di Atzeni primache lo scoprisse Sellerio e di Niffoi,prima che lo scoprisse D’Orrico e l’A-delphi (ma a De Roma auguriamo mi-

glior destino). È un romanzo scrittoda un futuro grande scrittore che rac-conta la vita misteriosa del «più gran-de scrittore di tutti i tempi», il Ludovi-co Lauter del titolo. Da parte sua,Alessandro De Roma dimostra un ta-

lento fuori dal comune, anche nellamail che ci ha mandato quando gliabbiamo chiesto qualcosa di lui: «Pri-ma di essere uno scrittore sono un let-tore. Ho scritto questo libro per quelliche amano leggere storie. Mi piaccio-no le storie, e non mi importa se sonoun inganno o un cumulo di fandonie.Anzi, è ancora meglio. Narrazioni in-crociate, personaggi capaci di veracattiveria, deboli schiacciati dalla vi-ta. Fandonie? E possibilmente un fi-nale a sorpresa. E poi un nuovo ini-zio». I sardi: poche parole, ma ognu-na è una sentenza.

Il quarto è Pippo Russo, di Agri-gento, 1965, sociologo all’Universitàdi Firenze, saggista, firma dell’Unitàe in passato del Manifesto, giornaleper il quale ha inventato la rubrica“Pallonate”, la più detestata (dicono)dai giornalisti sportivi. Polemico, po-lemista, palleggiatore, dopo un paiodi libri sul calcio l’anno scorso si èpresentato con il suo primo romanzo:Il mio nome è Nedo Ludi (Baldini Ca-stoldi Dalai), storia – sa và san dir – di

una produzione artigianale. Come legelaterie: ce ne sono moltissime ingiro, ma solo due o tre sanno fare ilgelato buono.

Settimo, buon ultimo, SalvioFormisano: 52 anni, il meno giova-ne tra i giovani scrittori, di San Gior-gio a Cremano. È stato rappresen-

tante di commercio, tecnico aero-nautico, sceneggiatore. Per Meridia-no Zero quest’anno ha pubblicatoL’accordatore di destini, romanzounico e splendido. Napoletano sen-za essere Saviano, minimalista sen-za essere di minimum fax, realistasenza essere Andrea Vitali, ha – tragli altri – il merito di aver scritto unafrase del genere: «Anche se la scrit-tura richiede applicazione e unosforzo continuo, non comune, so-prattutto è ingannevole, voglio dire,l’approccio alla scrittura. Mille volteuno stato d’animo malinconico otriste viene scambiato per ispirazio-ne, poi si scopre che non si ha nienteda dire».

Naturalmente, si potrebbero farealtri nomi “promettenti”. Ad esempioNicola Sacco, barese, del ’74, che hapubblicato i bellissimi Racconti a vitabassa (Quarup, 2007) o AntonioManzini, sceneggiatore e attore, cheha scritto Sangue marcio (Fazi, 2005)e sta per tornare con un libro Einaudi;e nomi di promesse poi non mante-nute, scrittori bravissimi al primo li-bro e caduti poi sul secondo, comeMario Desiati (in Neppure quando ènotte ha scritto uno degli incipit piùbelli degli ultimi anni, poi è entratoanche lui nella grande famiglia di Si-ciliano…).

Rimarrebbero infine le donne,Fabrizia Pinna detta Bizia, Per tutte lealtre destinazioni (Quarup, 2007),ragazza notevole sotto tutti i punti divista; o Rosella Postorino, La stanzadi sopra (Neri Pozza, 2007) o addirit-tura Rosa Matteucci, se non fosse chela pubblica Adelphi. Ma, da inguari-bili maschilisti, siamo convinti chel’ultima donna capace di scrivere siastata Virginia Woolf. Che non eraneppure italiana. •

un anomalo stopper luddista alla cuisquadra viene imposto di cambiaremodulo di gioco. Da non giovanissi-mo esordiente, Pippo Russo si è an-che sentito rivolgere sul Foglio unpaio di pubbliche preghiere di ringra-ziamento da Camillo Langone, che dicalcio notoriamente non capisce nul-la, ma sulla letteratura spesso ci az-zecca. Confidiamo in entrambi.

Quinto, un vero azzardo: AlcidePierantozzi, giovanissimo, nato aSan Benedetto del Tronto nel 1985,maturità classica e facoltà di Filosofiaalla Cattolica di Milano. Scrive di cri-tica letteraria – bontà sua – dall’età di15 anni. Il primo e finora unico ro-manzo, Uno in diviso, è uscito nel2006 da Hacca, mentre il prossimo lopubblicherà Einaudi. In bilico tra filo-sofico lirismo e rigurgiti post-pulp,un’opera prima fastidiosa e pericolo-samente pretenziosa, vista anche l’e-tà dell’autore, ma che non lascia in-differenti. Cosa abbastanza rara ulti-mamente. C’è chi lo detesta e chi sene è follemente innamorato. Noi sia-mo in quella percentuale (fortementeminoritaria) convinta che non si trattidi un bluff.

Sesto Valter Binaghi, 49 anni,ieri irregolare e contestatario mili-tante dell’autonomia fricchettona(«Sono cresciuto in mezzo a due ge-nerazioni, la sessantottina e la set-

tantasettina, quelle del Vogliamotutto e subito, quelle del principio dipiacere contro il principio di realtà,quelle che mangiavano pane e Mar-cuse a pranzo e pane e Baudrillard acena...»), oggi compassato inse-gnante di storia e filosofia nei liceidell’Altomilanese, gli stessi luoghidove ha ambientato I tre giorni al-l’inferno di Enrico Bonetti cronistapadano (Sironi), ottimo romanzo digenere (meglio: de-genere, nel sensoche con i generi ci gioca e li scavalca)uscito con l’imprimatur di GiulioMozzi, editor di Sironi, e di TullioAvoledo, scrittore del quale Binaghiè in qualche modo, anche qui, fratel-lo de-genere. In passato, oltre a fir-mare su Re Nudo e tradurre per pri-mo in Italia le canzoni dei PinkFloyd, ha scritto Robinia Blues (Flac-covio, 2004) e La porta degli Inno-centi (Flaccovio, 2005). Binaghi scri-ve – come si dice – con stile, sa in-trecciare e sciogliere una trama e saqual è la differenza tra letteratura eintrattenimento, senza confondere ipiani. Pratica il “genere”, ma la sua è

sia morta. Il catalogo è questo!che saranno (fidatevi di noi) nelle antologie scolastiche di domani

un giovincello dei tempi nostri. Hatradotto alcuni poeti moderni (Ken-neth Rexroth, John Ashbery, MichelLeiris) e della tarda latinità. È esploso,semmai ce ne fosse stato bisogno, conla pubblicazione per Rizzoli, nel2006, del romanzo L’eterna notte deiBosconero, sorta di diario allucinato diGoethe in scrittura che mescola To-masi di Lampedusa a Edgar Allan Poe,Stephen King a David Lynch.

Nasco...“Laboratorio di criogenesi”:ti vengono incontro i cancelli silenziosipressappoco potrebbe essereandata così, ora ve lo racconto.Tirato fuori da una ghiacciaia,un’incubatrice criogenica,fossile umano non solubile,non mi si poteva scongelarecome una bistecca. Il frizerè stato il mio ventre materno,per arcane vie di scienze esatte,dove l’arcano è sempre esattoper difetto, mai per eccesso.Mare da cui sono emerso,tre secoli saltati, più in làdi qualsiasi programma maltusiano,mi sono ritrovato anch’io,per chissà quale oscuro evento,a nascere Giacomo Leopardi oggi,che responsabilità, a culo scoperto in

[pratica,

questo secolo, che ora è anche il mio,non mi risparmia, prontoper la guerra batteriologica, non per me.Cerchiamo di vedere i lati positivi:sono meno vecchio di un paio di secoli...però mi sento sempre stanco.

Se è vero che essere moderni vuoldire reinterpretare con costanza e in-venzione ciò che ci è alle spalle,PIER-LUIGI CAPPELLO (1967) è uno deipoeti più possenti d’Italia. In lui, infat-ti, un qualche furore arcaico, con pre-ziose riminiscenze più o meno “clas-siche” (gli omerici e l’Ariosto, la latini-tà della decadenza, ma anche Umber-to Saba e Antoine de Saint-Exupéry),va a braccetto con pennellate stilisti-che tutt’altro che classicheggiantibensì attuali, e perciò, per il discorset-to di cui sopra, assolute. In effetti Cap-pello, la cui dispersa e folta opera poe-tica è stata raccolta l’anno passatodall’editore Crocetti in un unico volu-me dal titolo Assetto di volo (eventosalutato da un’insperata attenzioneda parte dell’informazione che con-ta), non fa che rimbombare con inten-sità e vigore le domande che da sem-pre attanagliano l’uomo. Acutizzate,in alcuni casi, nelle poesie in dialettofriulano. Cappello è per l’appuntopoeta “bilingue” (cosa nient’affattorara, quest’ultima, si legga il caso di

Flavio Santi), raggiungendo, in que-ste poesie, effetti di primordiale vio-lenza e di pasoliniano patetismo a dirpoco percotenti.

IsolaPadre, io a te

io inchiodato a te su questo scogliodivino che conosci la tua alba

e allacci la tua potenza al fulmineda questo culmine di spasimo

io vinto mando a tevincitore di padri

la prora disorientata delle mie parole.Concedi a coloro che erano ciechi

e a dismisura adesso vedono,rotto il sigillo della fiamma,

l’ustione della carezza, il fragoredel pugno, ora che sanno

il tossico del palmo e delle noccheed è notte, profonda notte

a occidente di ogni immaginareora che le iridi conoscono

le costellazioni del dolore e del piacere;concedi loro di sopportare

per ogni ciglio sospeso alle tenebreal tramonto di ogni palpebra sfinita

la pronuncia dell’alba e del crepuscoloe il rombo immenso, che sale dall’uomo.

La poesia, che non è per nulla “po-liticamente corretta” né le interessa-no faccende legate alle “quote rosa” osimili, pur tuttavia conosce in questi

tempi un gran bel numero di talentidel gentil sesso. Tra Francesca Serra-gnoli, Tiziana Cera Rosco e Laura Pu-gno (scrittrice che mescola con felici-tà la poesia alla prosa: è prossimo unsuo romanzo, Sirene, per l’editore Ei-naudi, che segue la pubblicazione delpoemetto Il colore oro, per Le Lettere),puntiamo tutto su ISABELLA LEAR-DINI (1978), peraltro stupenda pa-drona di casa di un festival di poesia,“ParcoPoesia”, che si tiene a Riccioneormai da quattro anni al calar dell’e-state. La Leardini è autrice di un lievelibretto, La coinquilina scalza (Edi-zioni La Vita Felice, 2004), che è poi ilromanzo in versi, anzi, per poesie, diun’ossessione amorosa. Il libro, col-mo di reminiscenze letterarie e nonsolo (da Vittorio Sereni e Emily Dic-kinson ai film di Elia Kazan e alle can-zoni di Luigi Tenco), «ci racconta ilsenso di un abbraccio perennementemancato» (Milo De Angelis). E lo fapenetrando un delirio in luce bianca,sonnambulo e lucidamente violento,greco antico, che si misura con Saffo eha la pretesa di mirare alla Vita nuovadel sommo Poeta.

Una lotta di cani dentrotutti insiemetutti con il loro pezzodi pace da sbranare.Si vive come l’erba nei vasi,il terrazzo la tv il giro dei treni,un respiro che si stacca contro vento…E mai che non sia l’albaa prendermi tra la fronte e le maninel suo chiaro di madre che si alza. •

LETTERATURA ITALIANA

al rogo i “cannibali”e la confraternita deimagici tre (saviano,colombati, piperno),date retta ai nostri

mettiamola così:questi sono il pensiero

forte delle nostredeboli lettere. con

buona pace di d’orrico

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LABIRINTI DELLA COMUNICAZIONE I L D O M E N I C A L E 1 3S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

di Giuseppe Romano

Second Life. Tutti ne parlano,tutti la decantano. Un’altra vi-ta, la stessa vita? C’è qualcosa

di vecchio e insieme di storto nellamaniera in cui la comunità virtualepiù grande (forse) e più sbandierata(certamente) dell’internet, www.se-condlife.com, dà notizia di sé.

Eppure perfino colossi come l’a-genzia di stampa Reuters, il polo tec-nologico Sun, le scarpe Reebok (inversione digitale, acquistabili per or-nare gli avatar – le rappresentazionidigitali – dei “cittadini”), l’immobi-liare italiana Gabetti, hanno apertouna sede operativa da quelle parti. InSecond Life infatti si può produrre,vendere e comprare. Vestiti, oggetti,territori. Perfino il ministro AntonioDi Pietro ha comprato un’isola laggiù(o lassù), per piantarci una bandiera

dell’Italia dei Valori. C’è di tutto. Pureil suo bravo quartiere a luci rosse,Amster-Dame, interdetto ai minoren-ni, dove si pagano 400 linden-dollariper avere mezz’ora di sesso virtuale.Qualcuno spaccia “seclimina”, unadroga virtuale che ha l’effetto di alte-rare la percezione dell’avatar. E qual-cuno l’acquista.

C’era una volta la Rete appena na-ta. Attorno agli entusiasmi dei primipionieri, affascinati dagli interminatispazi e dai sovrumani silenzi dell’u-niverso digitale, nascevano le primeriflessioni. Quelle apocalittiche, in-neggianti al Nuovo Mondo Dove Fi-nalmente Saremo Onnipotenti, per-ché ce lo saremo costruito su misura.Ma anche quelle più ponderate: fangiusto dieci anni dal puntuto e pun-tuale saggio di Sherry Turkle, La vitasullo schermo. Nuove identità e rela-zioni sociali nell’epoca di Internet(trad. it. Apogeo), in cui si mettevanoa punto natura, prospettive e rischidelle relazioni umane dentro la Rete.Esiste il rischio di elaborare un “Se-condo Io”, spiegava Turkle a queitempi (era stato il titolo del suo primoprofetico saggio del 1985), di sbilan-ciarsi a tal punto da perdere contattocon la realtà. In effetti tra le personeintervistate dalla studiosa americananon mancavano fanciulli, impuberi oattempati, deliranti a proposito del“trovare se stessi” solo nell’internet.

Il punto, con la Rete, è che men-tre si naviga e si surfa si è altrove ma

non si è altri. Lo confermano, da unaparte, l’assenza di cimiteri in SecondLife, e dall’altra il fatto che tra le pre-rogative di quel “luogo” c’è il cam-bio di valuta – il linden-dollaro, dalnome dell’azienda fondatrice, Lin-den Labs – col dollaro americano(circa trecento contro uno): così ac-cade tra nazioni confinanti, non trauniversi paralleli.

Perché Second life è, incontesta-bilmente, un luogo. Lo è come lo sonotutte le latitudini dell’internet, a pro-posito della quale non per niente u-siamo il verbo andare: “vado in rete”,diciamo, e diciamo bene perché lospazio digitale è appunto questo, unospazio. Quando si va nell’internetcambiano le coordinate spaziotem-porali; ma non l’identità. Definireuna “second life” quella che si tra-scorre in Rete è possibile soltanto nel-la maniera in cui gli emigranti si “rifa-cevano una vita” nelle Americhe lon-tane, con la differenza non trascura-bile che in questo secondo caso il cor-po fisico non varca definitivamentel’oceano e che il trasporto avanti e in-dietro verso il nostro rappresentantevirtuale, l’avatar, è istantaneo e puòavvenire diverse volte al giorno (alminuto!).

Detto questo, e fatta la tara delleovvietà e delle esagerazioni, è indub-bio che Second Life sia un esempioimportante di ciò che può diventarel’internet. E non tanto per le frequen-tazioni numerose, per i ben cinque-milioni di “residenti” vantati al 27marzo 2007: infatti le mode passano ecoloro che oggi amano bighellonareper quelle regioni digitali, magari ac-quistando capi di vestiario firmati mavirtuali e frequentando eventi digita-lizzati ma reali, forse domani sceglie-ranno di impecorirsi appresso ad al-tre convenzioni trendy.

Piuttosto, Second Lifeè importan-te e significativa perché, forse per laprima volta, offre l’esempio pratico epalese di come l’uomo può socializ-zare la prateria della Rete. Infatti èun’isola felice, e felice perché isola.Ha stabilito leggi fondative, una citta-dinanza, una propria etichetta socia-le che viene minimizzata a parole maaffermata nei fatti. Inoltre, e non èmeno importante, propone un’inter-faccia matura: non quel guazzabu-glio di testi scritti e piatte immaginigiustapposte che è il web, bensì unmondo tridimensionale fatto di figuresemoventi e parlanti. Questo, indub-biamente, è il futuro della Rete.

Non c’è molto di originale, in Se-cond Life. Dodici anni fa tutto questoera stato già concepito dall’emittentetelevisiva francese Canal+, che alconvegno Imagina del 1995, a Monte-carlo, presentò insieme alla softwarehouse Cryo il prototipo di Le Deuxiè-

me Monde: una Parigi virtuale e tridi-mensionale, disponibile in Rete, dovesarebbe stato possibile andare, aggi-rarsi, affittare casa, frequentare nego-zi e acquistare o vendere o anche sol-tanto chiacchierare.

Socializzare, insomma: esatta-mente come accade ora in Second Li-fe. Dove sta la differenza? Soltantonella massa critica che oggi, anno2007 (o ieri anno 2003, quand’è ini-ziata l’avventura della community),esiste, e nel 1994 non esisteva ancora.Accedere a Le Deuxième Monde eradifficile, lento, faticoso, e per giunta apagamento: chi mai avrebbe volutoandarci tramite i lenti modem di allo-ra? E, tuttavia, soltanto che si consul-tino le modalità d’accesso sul cd-romche allora veniva distribuito, si notacon stupore compiaciuto che non era-no meno eleganti e sofisticate delleattuali: l’avatar di Le Deuxième Mon-de disponeva, anzi, di opzioni più ar-ticolate e complete.

Due sono, in conclusione, gli

orizzonti nuovi suggeriti da SecondLife. Il primo di tipo sociale: l’orga-nizzazione del selvaggio mondo digi-tale entro poleis cintate, difese, civi-lizzate, cui si accede in maniera con-trollata attraverso portali presidiati.Restano fuori le belve, i virus, le ordebarbariche e maligne: almeno finchéle mura tengono e i residenti-cittadinifanno baluardo.

Il secondo orizzonte è altrettantosuggestivo e implica il salto di qualitàverso forme di espressione più ade-guate e soddisfacenti di quelle attua-li. Cliccheremo, linkeremo, chattere-mo guardando negli occhi i nostriavatar, andando nei luoghi selezio-nati, aprendo e chiudendo porte di pi-xel che stabiliscono dei “fuori” e dei“dentro”. Come abbiamo sempre fat-to dall’alba dei tempi, e come nell’in-ternet finora è stato impossibile fare.Ma dobbiamo, perché noi siamo sem-pre gli stessi anche quando andiamo“altrove”. La vita che abbiamo da vi-vere è una soltanto. •

BUFALE E PROMESSE DI SECOND LIFEIn quella straordinaria comunità sull’internet, che oggi conta cinque milioni di “residenti”, s’annidano davvero promesse suggestive e feconde. Ma non quelle di un “altro mondo”: bensì di una Rete finalmente socializzata e capace di raccontarci meglio l’unica realtà

si può produrre,vendere, comprare. c’è prostituzione,

c’è droga. e di pietros’è fatto l’isola

De Niro dal Bronx alle stanze del potereSeconda prova da regista per l’attore che incarna l’anti-mito del tormento contemporaneo

In The Good Shepherd – L’ombra delpoterenella versione italiana –, suaseconda regia a oltre dieci anni da

Bronx (1993) Robert De Niro si ritagliaun ruolo secondario, uno spazio limi-tato (ma determinante nell’equilibriodel racconto) da cui emerge il volto af-faticato, misterioso e ancora affasci-nante di un uomo che s’è guadagnatoin quarant’anni di carriera osanna deicritici e affetto del pubblico.

Pochi ricordano che gli esordi diDe Niro, figlio di artisti (sia Robert DeNiro sr. che Virginia Admiral eranopittori e se la madre mise da parte l’ar-te per tirar su il figlio dopo la separa-zione, il padre continuò la sua carrieratanto che le sue opere sono state espo-ste a cura di De Niro jr in anni recenti),furono teatrali, con un’infilata di ruoliche, sulla scorta delle tecniche appre-se alla scuola di Stella Adler e poi al-l’Actor’s Studio e integrate con perso-nale puntigliosità, hanno plasmato ilsuo stile interpretativo fino a renderloun modello imprescindibile.

Nato al Greenwich Village nel

1943, De Niro ha vissuto gli ultimi de-cenni di Little Italy (poi mangiata daChinatown), respirandone l’aria co-me il suo sodale Martin Scorsese (ottocollaborazioni all’attivo, prima dipassare il testimone, forse, all’eredeLeonardo Di Caprio) e quelle atmosfe-re, quelle trame di rapporti, quelle ur-genze umane fondamentali ha saputotrasferire in tanti personaggi uniti dal-la costante del disagio esistenziale,del tormento interiore sempre prontoa esplodere in violenza, della necessi-tà/impossibilità di costruire relazionistabili e stabilizzanti.

Dopo le prime apparizioni cine-matografiche giunte a integrare l’or-mai lanciata carriera teatrale, De Nirotrova la fama negli anni Settanta pro-prio grazie ai ruoli offertigli non solo

da Scorsese, ma anche da molti altriregisti impegnati, dal Francis FordCoppola de Il Padrino parte II al Berto-lucci di Novecento, ma anche, natural-mente, Cimino con Il Cacciatore.

La sua recitazione fatta di imme-desimazione totale nei personaggi,nella ricerca di una gestualità e di unaparlata che contribuissero a tratteg-giare figure a tutto tondo (un’abitudi-ne che, paradossalmente, negli anniha finito per trasformare ogni perso-naggio in un’altra faccia di De Niro),interagiva bene con il lavoro registicodi autori in cerca di nuove soluzioni,desiderosi di sfruttare il camaleonti-smo dell’attore per creare figure indi-menticabili, mitiche nella loro solita-ria individualità e utili a dare consi-stenza al tessuto dei racconti di cuifanno parte.

In un certo senso si potrebbe direche è Toro Scatenato, emblematicaperformance che impone al corpo del-l’attore una trasformazione impres-sionante, a chiudere una prima faseprofessionale segnata dal successo e

aprirne una nuova in cui il nostro, nonsenza segnare alcune memorabili in-terpretazioni (su tutte ci piace ricor-dare l’enigmatica e ambigua figura diNoodles in C’era una volta in Americae quella di Mendoza in Mission), la-scia che il suo mito si mantenga vivoanche quando riveste ruoli secondari,ma importanti (come ne Gli intoccabi-li). Con il tempo arriveranno ancheparti meno convincenti in cui De Nirosi lascia andare alla maniera, che è ilversante più rischioso del suo stile in-terpretativo, ma senza mai davveroperdere l’affetto del pubblico.

Ma le ambizioni di De Niro vannooltre l’essere attore e nel 1989, comemolti altri interpreti avrebbero fattonegli anni seguenti, fonda con JaneRosenthal la propria casa di produzio-ne, La TriBeCa Productions, con l’in-tenzione di porsi come punto di riferi-mento per il mondo cinematograficonewyorkese, polo non alternativo, macomplementare a quello hollywoo-diano, da cui pure De Niro derivavaalcune delle sue risorse finanziarie.

Il progetto ha avuto il suo compi-mento con la nascita, una manciata dianni fa, del TriBeCa Film Festival, unappuntamento per il cinema indipen-dente che, con l’imborghesimento delSundance, ha acquistato sempre piùrilievo e autorevolezza e che ha forni-to (almeno in teoria) il modello dellaFesta del Cinema di Roma.

Curandosi sempre meno delle re-censioni a volte maligne che gli rim-proverano prove d’attore non sempreconvincenti, De Niro è approdato infi-ne al progetto della vita proprio con ilrecente Good Shepherd, risultato dilunge ricerche e approfondimenti. Ese la pellicola, a differenza del più per-sonale e riuscito Bronx, non persuadedel tutto (per mancanza di ritmo e

coinvolgimento, per alcuni appesan-timenti anti-retorici), è chiaro che inessa si respira uno dei temi chiavi del-la cinematografia di De Niro.

Il rapporto padre-figlio, sia essobiologico o metaforico/d’elezione,infatti, è chiaramente al centro delfilm, in una versione dolorosamentemalata e inevitabilmente fallimenta-re. Forse il culmine (o solo un’altratappa) di una riflessione che l’autorepropone come percorso di lettura diun’umanità ferita e problematica.Che paradossalmente, nella sua bor-ghesità burocratica, non è poi cosìlontana dai personaggi maledetti chehanno fatto la fortuna di De Niro intutta la sua carriera. •

Luisa Cotta Ramosino

THE GOOD SHEPHERD-L’OMBRA DEL POTERE REGIA DI ROBERT DE NIRO CON MATT DAMON, ANGELINAJOLIE, ALEC BALDWIN 167’, USA 2007

come una chat tridimensionaleo un mercato dove far soldi,perché è, prima di tutto, unmondo di possibilità, dove puoiessere chi vuoi e creare qualsia-si cosa. Ad affascinare è proprioquesta vastità di orizzonti: cisono terre da conoscere, creatu-re fantasy, popoli con cui dialo-gare. Non ultimo l’occasione, aportata di mano, di realizzareidee, fantasie, progetti. Si puòcreare da un animale a un loca-le. O mettere in piedi un eventolive». Ma è vero che tutti riesco-no a dare corpo alle fantasie?«In realtà Sl è un paradiso so-prattutto per gli informatici chepossono sbizzarrirsi a creareoggetti, skin e, non ultimo, pro-grammi nei programmi. Per glialtri è difficile animare gli og-getti o creare qualcosa di strut-

turato, perché occorre conosce-re i codici. Io volevo aprire unlocale con le slot machine. Erauna bella idea, ci ho provato,ma le difficoltà di programma-zione erano troppe».

In Sl non ci sono guerre,non s’invecchia e tanto meno simuore. «Ci sono migliaia di ter-re. Ma non esistono cimiteri»,conferma Rex 2. «È un paradisoun po’ dissociante, qui il tempoè dilatato mentre gli spazi sonoristretti. Un’ora equivale a ungiorno; un giorno a un mese. Edato che ci si sposta con il tele-trasporto, le distanze tra i terri-tori sono annullate».

Un Truman Show del futu-ro, in grado di esaudire i deside-rata di tutti? Forse no: «All’ini-zio mi piaceva tantissimo: misentivo onnipotente. Tra me e ilmio avatar preferivo a occhichiusi la mia versione virtuale.Poi però mi sono annoiato. For-se perché sentivo che era co-munque una situazione un po’falsa… non so. Adesso mi con-netto due ore al giorno, ma hosmesso di esplorare le terre egravito sostanzialmente a piaz-za Parioli, dove si raduna la co-munità italiana». Chissà. Forsenon è poi così meravigliosa unarealtà dove decidiamo noi cosaci piaccia sia possibile e cosa,invece, no. •

di Francesca D’Angelo

La generazione cresciuta apane e reality si è stancatae, dal Grande fratello, ha

fatto rotta su internet, trovandola felicità (e alcuni anche ungruzzolo) in Second Life. Agliex adepti della Casa catodica, laseconda possibilità concessadal piccolo schermo per piaceredavvero deve trasformarsi inuna realtà. In una Second Life.

Su questa intuizione s’in-nesta il mondo creato da PhilpRosedale e Linden Lab: un uni-verso parallelo, un novello Pae-se delle meraviglie, in versione3d. Dove la vita è esattamentecome la si desidera: chi entrapuò assumere la fisionomiapreferita, scegliere la professio-ne (sempre che desideri lavora-re) e crearsi mondi su misura.Viaggiando nel tempo e nellospazio, volando o teletraspor-tandosi. Un reality world, dove isogni diventano realtà. E, nonultimo, un business. Se s’ag-giunge che i costi del mondo in3d sono di gran lunga più bassidi quelli reali, è facile immagi-nare quanto sia vivace il turno-ver economico. Stando alle sta-tistiche ufficiali, 140 residentiin Sl guadagnano tra i 2mila e i5mila dollari al mese, mentre90 abitanti hanno già superatola media dei 5mila dollari.

È la prima volta che perso-naggi virtuali vivono con soldiveri. Ma sarebbe riduttivo sle-gare il potenziale economicodalla vocazione di communitypropria di Sl. La convertibilitàdel denaro nasce, infatti, comeelemento narrativo che permet-te all’utente di concepire Sl co-me un mondo autonomo, sì, daquella esterno, ma sufficiente-mente stabile per essere credibi-le come universo a se stante. Ilcambio di valuta funge da anel-lo di congiunzione che vidimadi attendibilità i sogni realizzatisul web. Tant’è che il guadagnogenerato in Sl non va nelle ta-sche dei fondatori ma resta nel-le mani degli utenti che lo crea-no: Rosedale e Linden percepi-scono “solo” i 10 dollari mensiliversati da ciascun abbonato alsito. Inoltre, a differenza d’unqualsiasi reality, in Sl non ci so-no eletti al successo e sconfitti.Sulla carta tutti possono tutto.

È l’alchimia di sogno e real-tà che distingue Sl, come spiegaal “Dom” un suo residente, l’a-vatar Rex 2 Thobo: «Sarebbe ri-duttivo classificare Second Life

aprire un localecon slot machineera complicato.è un paradiso

per informatici

Alice, illustrazione di Giovanni Grasso Fravega per Alice nel paese delle meraviglie, SBE 1993

Page 14: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 71 4 I L D O M E N I C A L E

di Beatrice Buscaroli

Le prime furono greche e romane.Come per secoli accadrà, eranosoprattutto figlie o sorelle.

Le donne artiste: «Non si son ver-gognate», scriveva nel CinquecentoGiorgio Vasari, «quasi per torci il van-to della superiorità, di mettersi con letenere e bianchissime mani nelle co-se meccaniche, e fra la ruvidezza de’marmi e l’asprezza del ferro, per con-seguir il desiderio loro e riportarsenefama». Sta parlando di Properzia de’Rossi, scultrice bolognese che diven-ne celebre per essersi cimentata coinoccioli di ciliegia e di pesco, ma, an-cor prima, per aver ricevuto unacommissione in marmo dal cantieredi San Petronio a Bologna.

Properzia, Sofonisba, ArtemisiaProperzia (morta nel 1500) ebbe

un suo autorevole ruolo nella storiadell’arte. Giorgio Vasari le dedicò unaintera Vita, testimoniando quantovasta fosse diventata la sua fama, sepapa Clemente VII, appena dopo l’in-coronazione di Carlo V a Bologna,chiese di vederla. Ma la «misera don-na», «del corpo bellissima» era mortain quella stessa settimana.

Nel suo rilievo marmoreo conGiuseppe e la moglie di Putifarre pareabbia raffigurato l’uomo cui la legavaun «infelicissimo amore».

Unica scultrice dell’età modernafino all’Ottocento, sembra prefigura-re con commovente precisione, perbiografia e bravura, per forza e pas-sione, la figura di Camille Claudel.

«Dama de honor de la Reyna», giàpittrice ufficiale di Filippo II alla cortedi Spagna, Sofonisba Anguissola(1525-1635), cremonese di buona fa-miglia, è una delle prime vere e pro-prie artiste della storia. Lombardaper natura e per cultura, amò ritrarree ritrarsi, tentando un timido natura-lismo, sorprendente per le date e perl’audacia, che piacerà a Caravaggio.

Ebbe l’onore di ricevere, novanten-ne, una visita di Anton van Dyck.Quasi completamente cieca, fu ritrat-ta dal giovane fiammingo sul suo tac-cuino, e intanto gli spiegava come farcadere la luce dall’alto, sui volti, permitigare la vecchiaia...

Figlia di un caravaggesco di pri-ma osservanza, quell’Orazio che co-me lei allargò la sua fama fino all’In-ghilterra, Artemisia Gentileschi(1593-1654) amò, pianse, dipinse. Fu

violata dal maestro e si vendicò comepoté: da femmina e da pittrice. Conti-nuò a dipingere scene dove il sanguegronda rosso purpureo come una ten-da di velluto e sempre pensando aquel ragazzo che la violentò, ma, so-prattutto – lo si capisce dagli atti delprocesso – dopo, non la volle sposare.

Grazie all’indimenticabile libro diAnna Banti, Artemisia risorse come

pittrice molto prima delle altre, le tan-te artiste che riapparvero a poco a po-co, dagli anni Settanta del Novecentoin avanti, al seguito delle prime belli-geranti rassegne, quali la mostra diLos Angeles del 1979, curata da AnnSutherland Harris e Linda Nochlin,pioniere di questa storiografia che oraha in Italia una delle più autorevoli eappassionate voci in Vera Fortunati.

Lavinia ed ElisabettaSi sposò invece l’altra protagoni-

sta di una delle coppie d’artisti piùsingolari che la storia ricordi, LaviniaFontana (1552-1614), altra figlia dipittore, bolognese di nascita e di ca-rattere, che amava dipingere e nonperdeva tempo con l’amore e fu fattasposare dal padre Prospero, che letrovò un umile imolese, artista di nes-sun nome, che le tolse l’infamia di zi-tella. Lei continuò a firmarsi col no-me di suo padre e solo ogni tanto ag-giunge le brevi sillabe del Zappi mari-to. Si divertiva a canzonarlo per aver-lo addestrato così bene a rifinire di ri-cami i suoi dipinti, dove trine, pizzi ecolletti ridondano e fanno lussureg-giante contorno alla sua severa virtùdi ritrattista. La simmetria perfettadel Ritratto della famiglia Gozzadini

Nasce nel 1982, esattamente 25anni fa, sotto l’egida dell’U-nesco, la Giornata internazio-

nale della Danza. Il giorno, il 29 apri-le, non è scelto a caso: è quello che lasorte decise per la nascita di Jean-Georges Noverre (1727-1810), balle-rino, coreografo e teorico della danzaa cui si deve il celebre trattato di este-tica Lettres sur la Danse (1760).

Ogni anno, il 29 aprile, viene dif-fuso al mondo un messaggio scrittoda una personalità della danza. Edopo quelli di Béjart, Matz Ek, vanManen, Forsythe, Cunningham,Plissetskaja, tanto per citarne alcu-ni, questa volta sarà la coreografatedesca Sacha Waltz, della quale ri-cordiamo la splendida Dido and Ae-neas, vincitrice quest’anno del pre-mio Danza e Danza, a proporre ilsuo. Sarà letto in tanti teatri, nellepiazze, nelle scuole di tutto il mon-do. Perché sarà l’intero popolo delladanza a festeggiare e a festeggiarsi.

Così, scorrendo città e nazioni,scopriamo il fortissimo fil rouge chele unisce secondo i multiformi ritmiche la danza sa esprimere.

A Città del Messico si inizierà lagiornata con un’assemblea di WorldDance Alliance, che promuove l’u-nità dell’arte coreutica e proseguecon workshop nelle scuole e all’a-perto. A Boston sarà la compagniadi Alvin Ailey a iniziare i festeggia-menti al Wang Center. E il New YorkCity Ballet con una serata balanchi-niana anticipa la festa al 28 aprile.

A Singapore saranno i laboratorie le “Master class” aperte agli stu-denti e al pubblico appassionato adanimare la giornata. A Parigi, a Pa-lais Garnier, si festeggerà con lospettacolo L’allegro, il pensieroso e ilmoderato di Robyn Orlin con il Bal-letto dell’Opera.

A Mosca, al Teatro Bolscioi, GalaPerformance di stelle come SvetlanaZhakarova, che giungerà a Milanocon il teatro moscovita l’8 maggio.

Per Danse-Tanze-Danza, da Zuri-go a Losanna, da Ginevra a Berna siorganizzano corsi di introduzione al-la danza in scuole di ballo e teatri. Lagiornata si concluderà uniforme-mente con una festosa immersionenel “ballo moderno”.

A Baden Baden, il Balletto diMontecarlo propone il suo celebre ebellissimo Romeo et Giuliette di Mail-lot, che, coreografato da AmedeoAmodio, va in scena anche a Veronaal Teatro Filarmonico con LetiziaGiuliani e Roberto Bolle. Il nostro piùcelebre danzatore festeggia, dunque,in Italia la giornata della Danza, chequest’anno sta riscuotendo grandeinteresse anche in molte nostre città.

A Roma le manifestazioni si di-panano dall’Accademia Nazionaledi Danza, e al Teatro Massimo di Pa-lermo gli ospiti sono i ragazzi dellaScuola del Teatro San Carlo di Napo-li, diretta da Anna Razzi. Mentre lacittà partenopea si lascia animare daGabriella Stazio, con una “parata”alla collina del Vomero: vari i gruppiche si esibiranno in diverse forme didanza con l’intento di coinvolgeregioiosamente la popolazione.

Poi, altri festeggiamenti da Be-nevento a Torino, ma soprattutto aMilano che quest’anno, per la primavolta, si apre a questa manifestazio-ne coinvolgendo le scuole di danza,che rimarranno aperte con numero-se lezioni e Master class.

Con il Comune in prima linea, siaprirà la sera il Teatro Arcimboldiper ospitare la lettura del messaggiodi Sacha Waltz da parte di JosephFontano – presidente di World Dan-ce Alliance per l’Europa – e l’assolodi Ismael Ivo dal titolo Mapplethorp.Ma anche gli Ottagoni delle Galleriemilanesi ospiteranno danza: dall’-hip-hop al walzer, dai tanghi alle ca-raibiche. Poi, uno scambio atteso: indue scuole, lezioni di classico e dijazz, oltre a quelle di danza-terapiacon ragazzi disabili per i quali il bal-lo è un toccasana. Se ne parlerà piùcompiutamente al prossimo festival“Dreamtime” (dal 3 al 6 luglio), perora è un segnale che sottolinea laforza di questa festa che a Milanonon dimentica nemmeno i piccolicon lezioni-gioco e letture, e i grandicon video all’Urban Center e conve-gno (il 28) dedicato alla danza, conforte connotazione contemporanea:per quale futuro? Con una giornatacosì, anche a Milano, forse la rispo-sta sarà positiva. •

Aurora Marsotto

ARTE E DINTORNI

Danzatori di tutto il mondo unitevi,il 29 è festa grande. Anche a Milano

artemisia gentileschiamò, pianse, dipinse.

fu violata dal maestroe si vendicò: da

femmina e da pittrice

LE DONNE DELL’ARTE L’ARTE DELLE DONNE

SULLE PUNTE

Sotto: Così Milano “dipinge” la sua festa

Page 15: 6 16 21 2007 1,50 ATLANTE DELL’UOMO LIBERO...a cura di Angelo Crespi a pagina 3 MISTERI Sveliamo l’enigma di Leonardo Gianluca Montinaro a pagina 4 L’ALTRA STORIA Cosa cela il

I L D O M E N I C A L E 1 5S A B AT O 2 1 A P R I L E 2 0 0 7

— ROMAI gemelli Hemingway, di LeonardoRizzi, Teatro Dell’Orologio, fino al6 maggio; tel. 06/6875550

L’idea è curiosa: Leonardo Riz-zi, lette le biografie dello scrittore,ipotizza che Hemingway abbia unfiglio in Italia. Da qui partono tuttele ambizioni dell’aspirante scrittoreErnesto Graziani, convinto da tuttauna serie di coincidenze di esserelui quel figlio. Ma ovviamente, delpresunto padre ha più difetti chepregi: è ironico, ma incapace diconcentrarsi, ama il pugilato e l’al-col. E raggiunti i 30 anni non hacombinato nulla. Anche il tentati-vo di sfruttare economicamente lapretesa parentela si rivela un boo-merang, perché si trova a vivereuna vita irreale, tratta dalla biogra-fia del “padre”. Insomma, un testoparadossale. E i paradossi, si sa,fanno sempre bene al pensiero.

Roma ore 11, di Elio Petri, TeatroValle, dall’8 al 20 maggio,www.enteteatrale.it

Un testo teatrale tratto dall’in-chiesta che Elio Petri, allora giova-nissimo giornalista, condusse per ilregista Giuseppe De Santis. Il pun-to di partenza era un’offerta di la-voro, apparsa sul Messaggero, do-menica 14 gennaio 1951: «Signo-rina giovane intelligente volente-rosissima attiva conoscenza datti-lografia miti pretese per primo im-piego cercasi. Presentarsi in via Sa-voia 31, interno 5, lunedì ore 10-11». Si presentarono 200 ragazze.La scala dello stabile non resse e lostesso giornale, 48 ore dopo, pub-blicava in prima pagina: «Una ter-ribile disgrazia è accaduta ieri mat-tina nell’interno di un villino di viaSavoia, dove 77 giovani donne so-no rimaste ferite in modo più o me-no grave e una è deceduta per l’im-provviso crollo dell’intera scala del-lo stabile». Ne uscì un’inchiestache si trasformò in una denunciadella disperazione e delle prepo-tenze subite dalle ragazze. Il filmche ne nacque fu censurato.Quanto è cambiato da allora?

— NAPOLILunga, la strada. Chi era AleksandrVertinskij?, di Paolo Nori, TeatroMercadante, dal 26 aprile al 6 mag-gio; www.teatrostabilenapoli.it

Uno spettacolo che gode il pa-trocinio dell’Ambasciata ucraina edell’Istituto di Cultura Taras Shev-chenko e che, nel riproporre la vitadi Aleksandr Vertinskij attraverso lesue canzoni, in qualche modo rico-struisce anche la storia russa dellaprima metà del XX secolo. L’esi-stenza del grande cantante, unPierrot russo dall’aria tristissima, haa che fare con la miseria, l’orfano-trofio, il teatro, la gloria, la guerra,la rivoluzione, l’Ucraina, i tedeschi,l’emigrazione, la Francia, l’Ameri-ca, il Medio Oriente, i night club,Stalin, il ritorno in patria, l’UnioneSovietica, la diffidenza, la morte, lagloria postuma. Vertinskij, famosoin Russia prima della rivoluzione,dovette fuggire e fece carriera traParigi e New York. Ma voleva tor-nare: gli fu permesso nel 1943. At-traversò in tournée tutta la Russiaed ebbe di nuovo successo.

— MAMIANO DI TRAVERSE-TOLO (PARMA)Fuochi sparsi, Visita clandestina almuseo, di Jean-Christophe Bailly,Fondazione Magnani Rocca, dall’8al 27 maggio, www.teatrodue.org

Si può trasformare in teatrouna visita a un museo? Sì, per Jean-Christophe Bailly, critico d’arte edrammaturgo che ha concepitoFuochi sparsi come una visita clan-destina alla Fondazione MagnaniRocca. Immaginando che in tutto ilmondo alcune persone si radunas-sero fuori dai musei per entrarvidopo l’orario di chiusura, accom-pagnate da due custodi-fattori. Glispettatori vengono condotti tra lesale della Fondazione: l’esposizio-ne dei quadri, da Goya a Morandi,costituisce l’architettura intorno acui ruota lo spettacolo. Per ogni di-pinto, una scoperta. L’idea è moltodidattica, ma ha il pregio di restitui-re alle opere d’arte quello che, ingenere, viene loro sottratto neimusei: la vita.

Valeria Palumbo

in mostra a Washingon, per la fastosarassegna Italian Women Artists, di-spone con disegno preciso due giova-ni coppie accanto al padre nell’om-bra neutra di una stanza. Due sorellefiglie di un senatore bolognese sposea due fratelli: è il 6 aprile 1570.

Figlia di uno dei protagonisti delmanierismo bolognese, molto attivoa Roma a metà ’500, Lavinia si formòalla sua scuola, dominata da un gustoeclettico che univa ai modelli tosco-romani e parmensi i primi sentori diquello spirito nuovo che avrebbe nu-trito la “riforma” dei Carracci.

Il tono è aulico e dà alle figureun’immobilità sospesa e irreale, con-trastata dalla maggiore morbidezzache stende sui volti una luce più te-nue e aggiunge ai ritratti un’ombra diumanità e di letizia. Il catalogo dellapittrice conta centotrenta lavori tra ri-tratti, storia e mitologia: è il più am-pio che un’artista donna vissuta pri-ma del Settecento abbia compiuto.

«Snella ma robusta», non bella,operosissima, Elisabetta Sirani (1638

- 1665) entrò nella leggenda perchémorì, forse avvelenata, a 27 anni. Fi-glia di un discepolo di Guido Reni,seppe declinare l’idea del maestronella misura accostabile e amabiledella sua virtù, della sua innocenza edel suo candore. La morte precoceaggiunse un’aura alla sua leggenda;

quasi autodidatta. Talento precoce,lavoratrice infaticabile, nei dieci anniscarsi che poté dedicare al lavoro pro-dusse più di duecento opere: ritratti,Madonne col Bambino, eroine dellastoria antica e della Bibbia, raggiun-gendo una notorietà notevolissimache portò il suo lavoro in alcune dellemaggiori raccolte italiane ed europee.

E le altre, dopo di loroLa storia delle donne artiste pro-

segue, oltre il barocco, per espandersie diffondersi lungo Sette e Ottocento.Sarà, questa, una vicenda accolta nel-la vasta mostra L’arte della donna dalRinascimento al Surrealismo di pros-sima apertura a Milano. Vi troveremoCamille Claudel e la sua vicenda arti-stica e umana, oscillazione continuadi grandezza e miseria, di doni e spre-chi, abissi di infelicità, capolavorisommessi e assoluti; Berthe Morisot,Suzanne Valadon, Eva Gonzales. An-cora padri, mariti, fratelli, in mezzo aiquadri, in mezzo alle statue.

E Frida Kahlo, messicana, comu-nista, rivoluzionaria, ma ancora mo-glie e figlia: «Con adoracion, su fijaFrida Kahlo» scriverà in calce all’im-mobile ritratto del padre, con la suagrafia tonda da scolara. •

il sospetto avvelenamento la trasfor-mò in un mistero mai risolto. A fineOttocento, Antonio Manaresi pubbli-cò gli atti del processo che portò a in-carcerare la bella serva di casa Sirani,Lucia Tolomelli, accusata, “perdona-ta”, scomparsa. Nota come «emula diGuido Reni», fu un’ottima pittrice

Una sorta di “Storia del-l’arte moderna”, è forsequesto il modo migliore

per provare a definire il riccopercorso di una mostra checorre in 124 capolavori, tra di-pinti, stampe e disegni, toc-cando i nomi di tutti quei gran-di che, dalla metà del XIX seco-lo agli anni Venti del Novecen-to hanno voltato le spalle al-l’Accademia per innovare e ri-voluzionare i linguaggi dellapittura.

«Una storia sconosciuta»,come scrive Tatjana Bosnjaknel suo saggio in catalogo, lacui unicità «consiste nel fattoche le opere d’arte modernaqui rappresentate, nell’inequi-vocabile stile e nella tipicitàdelle varie fasi creative dei piùillustri artisti dell’epoca, pro-vengono tutte da un museoche non è situato in nessunadelle metropoli o dei centri ar-tistici più famosi del Mondo».Ma l’anima “periferica” non è

la sola peculiarità di questacollezione. Che proviene sì dalMuseo Nazionale di Belgrado(chiuso fino al 2010 per un am-bizioso progetto di ristruttura-zione), ma soprattutto nascedalla raccolta privata di un sin-golo collezionista. Il principeserbo Paul Karadordevic, che

ha costruito la sua “Cameradelle meraviglie” in presa di-retta, spesso acquistando leopere direttamente dagli ate-lier dei singoli artisti, folgoratodal frizzare della scena parigi-na e dallo spettacolo del “nuo-vo” osservato nel pieno del suodivenire.

Una quadreria, quindi,unica anche e soprattutto perla coerenza che l’ha animatafin dalla nascita, con la Franciacome Eldorado dell’arte e l’in-novazione stilistica come uni-ca musa ispiratrice.

Matrici fondamentali cheritroviamo perfettamenteespresse e intellegibili nel per-corso espositivo allestito nellestanze di Villa Olmo, a duepassi dal Lario (fino al 15 lu-glio; info: tel. 02/54914 –031/571979).

Non un semplice “evento”,come ci ammonisce LucianoCaramel nel suo saggio in cata-logo, perché il termine «è deltutto improprio per questa mo-stra» che «nella primaria leva-tura degli artisti e nell’alta qua-lità dei dipinti proposti non sirisolve infatti in una sequenzadi opere capolavoro [...] né hala moderata ambizione dellamonografia».

L’esposizione, infatti, pren-de il via ancor prima dell’Im-pressionismo, con i rivoluzio-nari esperimenti di pittura enplein air di Camille Corot eHenri-Joseph Harpignies, che,insieme a una suggestiva Natu-ra morta con ciliegie di EugèneBoudin guidano il visitatoreverso le stanze fulcro della mo-stra. Quelle dove troviamoDaumier, Degas e le sue balleri-ne, la celeberrima Cattedrale diRouen (nella sua versioneRosa) di Monet e i paesaggi diPissarro. Ma anche un piccoloolio di Alfred Sisley e una riccaserie di ritratti femminili firma-ti da Renoir, e i suoi paesaggibucolici, fino a Mary Cassatt,in un’unica carrellata che esau-

risce a meraviglia questa inten-sa panoramica impressionista.

Di cui, poi, si seguono tuttigli sviluppi, coerenti e non, apartire dalle evoluzioni stilisti-che successivamente introdot-te da Gauguin e Rodin, con l’es-senzialità dei loro tratti, dalladelicatezza di Lautrec e PierreBonnard, dai materici “inter-ni” di Édouard Vuillard. Finoalla definitiva affermazionedelle istanze simboliste, conl’allegorico Centauro stanco diGustave Moreau e i cupi e in-quietanti carboncini di OdilonRedon.

Anticamera perfetta per ilritorno al colore del movimen-to fauvista – in cui è giusto rica-vare spazio per André Derain eMaurice de Vlaminck, ma forseanche per Henri Matisse eGeorges Rouault – e per la pic-cola ma ficcante sezione dedi-cata alla sfida cubista. Quisplendidamente rappresentatada un Ritratto di donna di Pi-casso oltre che da un gruppo diCorridori e da un’inusuale pen-na su carta raffigurante La tourEiffele di Robert Delaunay.

Ancor più insolita, poi,l’immagine che la mostra resti-tuisce di Kandinsky (con un

L’ANGOLO DEL TEATRO

ARTE E DINTORNI

Da Corot a Kandinsky, l’arte che divenne moderna

ITALIAN WOMEN ARTIST,FROM RENAISSANCE TO BAROQUEWASHINGTON, NATIONAL MUSEUM OF WOMEN IN THE ARTSCATALOGO SKIRAFINO AL 15 LUGLIOWWW.NMWA.ORG

L’ARTE DELLE DONNE DAL RINASCIMENTO AL SURREALISMOMILANO, PALAZZO REALEDAL 1° DICEMBRE 2007 AL 9 MARZO 2008

paesaggio che esula completa-mente dalle sue creazioni geo-metriche), mentre la Composi-zione II, del 1929, rispecchiaperfettamente le attese del visi-tatore che si avvicina a PietMondrian.

Prima di arrivare a lui, pe-rò, c’è ancora spazio per la-sciarsi catturare e stupire dallericerche costruttiviste di El Lis-sitskij e da quattro studi di Mo-holy-Nagy, per tornare al figu-rativo di Urillo, e per immer-gersi in quel clima eterogeneoche animava la cosiddetta“Ècole de Paris”, dove compa-re anche il nostro Modigliani,insieme a Chagall, Lhôte,Rouault e Pascin.

Perché la coerenza che cele-bravamo all’inizio del pezzo,quella che celebrano i curatoridella mostra e i conservatori delMuseo di Belgrado, non è fattadi una piatta uniformità di stili eiconografie, ma proprio dallacontinua tendenza a rinnovaretecniche e linguaggi, idea delmondo e sentimento estetico.

Come ben nota, ancora, Lu-ciano Caramel appuntando che«alla sintesi efficace impostadalle esigenze del titolo – Im-pressionisti, simbolisti e avan-guardie – è sotteso un legamereale, non tuttavia di strettaconsequenzialità; di successio-ne, piuttosto, di realtà diversema non isolate. Su di un itinera-rio che dalle sorgenti porta alladivaricata maturità di quella fa-se dell’arte europea che condu-ce, attraverso la crisi rivoluzio-naria delle avanguardie stori-che, alle espressioni più pro-priamente novecentiste». •

Matteo Tosi

Le futuriste comin-ciarono a esporrenei primi anni Dieci.

Una dopo l’altra, Alma Fi-nora, Rosa Rosà, Barbara,Benedetta.

Benedetta Cappa è lamoglie di Marinetti. «Be-nedetta tre volte», comescrisse di lei Ada Negri, fucompagna ideale dell’in-ventore del futurismo, fu-turista completa e convin-ta, pittrice, scrittrice, e

madre di tre figlie. È col futurismo che le

donne cominciano aesporre, pubblicare, parte-cipare alle vicende artisti-che e culturali del tempocon un’intensità totalmen-te nuova nella storia. Neglistessi anni anche le avan-guardie straniere vedononascere alcune grandi, co-me Meret Oppenheim.

A quasi cento anni dal-la nascita del futurismo, il

nostro secolo ha rovesciatoi ruoli. «Non credo che nelXXI secolo ci sarà bisognodi porre l’accento sulla pre-senza delle donne nell’ar-te, se non semmai per sot-tolineare una loro maggio-ranza» scriveva SandraPinto in un volume dedica-to all’Arte delle donne al-cuni anni fa.

Dai premi alle gallerie,dalle curatrici alle direttricidi musei, la presenza delle

donne nel mondo nell’arteha, dal punto di vista nu-merico, largamente supe-rato quello degli uomini.Vanessa Beecroft, italianadi Genova, classe ’69, èuna delle più note prota-goniste dell’arte contem-poranea; la Biennale di Ve-nezia del 2005 è stata cura-ta da due donne, e quella diquest’anno ha affidato auna donna il PadiglioneItalia… •

L’ARTE È DONNA. E, SI DIREBBE, ANCHE IL SUO FUTURO

Qui sopra: Artemisia Gentileschi,Giuditta che decapita Oloferne, 1612, Al centro: Sofonisba Anguissola, La partita di scacchi, 1555A sinistra: Elisabetta Sirani, Porzia che si ferisce, 1664

Una grande retrospettiva, a Washington,rende omaggio al talento e alla storia diquelle italiche dame che vollero confrontarsicon marmi, tele e cavalletti. Un’altra mostramilanese, poi, proseguirà il cammino

Impressionistie avanguardienella sublimecollezione di un principeserbo: cosìVilla Olmo, a Como, rendeomaggio allarivoluzioneche stravolsela pittura tra metà ’800 e gli anni Venti

A sinistra: Marc Chagall,Contadino e mucca, 1926-27, olio su telaSotto: Eugène Boudin,Natura morta con ciliegie,1853-56, olio su tela

un collezionistafolgorato dallascena parigina e dal “nuovo”

nel suo divenire

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OZI E NEGOZI

BIBLIOFILIAIl mondo di FazioFrutto della poesia didascali-ca del ’300, il Ditta mundi diFazio degli Uberti si pone co-me ideale continuazione del-la Commediadantesca. Scrit-to fra il 1346 e il 1367 narra diun viaggio fantastico e sa-pienzale, attraverso Europa eAfrica, compiuto dal poetasotto la guida del geografoSolino. Fra le tante allegoriel’opera contiene interessanticognizioni geografiche e sto-riche. La libreria Mediolanum(tel. 02/86462616) di Milanone propone la seconda e ulti-ma edizione antica (la prima èdel 1474), stampata a Vene-zia da Cristoforo di Pensa perLuca Antonio Giunta, nel1501 ( 9.000). Esemplarefresco e marginoso, che si se-gnala per la bella legatura se-centesca con filetti oro ai piat-ti, fregi al dorso e tagli dorati.

LA MOSTRA50 anni dopo, ArturoPer celebrare il rotondo anni-versario della scomparsa del-l’eccelso musicista e direttored’orchestra, la Biblioteca diVia Senato ospita fino al 7 ot-tobre Toscanini tra note e co-lori. Affascinante mostra chesvela un inedito ritratto uma-no del grande Arturo e, so-

prattutto, la sua passione perl’arte, riunendo quel che re-sta della sua prestigiosa rac-colta , particolarmente orien-tata alla pittura macchiaiola edivisionista. Ecco, allora, unaquarantina di preziose opered’arte, tra cui lavori di Serne-si, Boldini, Lega e la splendidaToelette del Mattino di Tele-maco Signorini, che ispirò aLuchino Visconti una scena diSenso (tel. 02/76215314).

L’ASTADue volte LondraSotheby’s nella sede di NewBond Street presenta una tor-nata (il 27) senza capolavori,ma con opere dalle stime bas-se e dalle attribuzioni incerteche sicuramente attirerannol’attenzione di appassionatialla continua ricerca dellascoperta. Se l’opera di Batta-glioni e Zugno non suscitaparticolari entusiami, non co-sì può dirsi per il piccolo dipin-to di J.C. Vernet o per le tele diGiovanni Stanchi, Jan Brue-ghel e F. Delust presenti in ca-talogo. Quanto a Christie’s, ilcatalogo dell’asta di King’sStreet (28) presenta opere dilivello medio, anche già vistesul mercato. Ma sono degnedi menzione l’Ecce Homo diBattistello Caracciolo, la Na-tura morta con fiori e dolci diGiuseppe Recco, un paesag-gio di J.Ph. Harcket e l’Ercolee Onfale di Stefano Danedi.

L’APPUNTAMENTODon Chisciotte 48 oreMille e non più mille sono lericorrenze che si festeggianoogni anno. Dal 1995, poi, sicelebra la Giornata mondialeUnesco del Libro e del dirittod’autore. In data 23 aprile,che ricorda la morte (nellostesso anno, il 1616) di Mi-guel de Cervantes e WilliamShakespeare. Ecco, allora, l’i-niziativa dell’Instituto Cer-vantes di Roma che, presso lasua sede di piazza Navona,organizza la lettura integrale(sia in italiano che in spagno-lo) del Don Chisciotte. Lamaratona prende il via a mez-zogiorno di oggi, sabato 21, ecorre filata fino alla medesi-ma ora di lunedì 23 (Info: tel.06/8537361).

Direttore ResponsabileAngelo Crespi, Caporedattore Giuseppe RomanoRedazione Marco Respinti, Davide Brullo, Matteo Tosi,Giovanni Abruzzo, Elena Buffa (consulente grafico), Giovanna Dal Negro (segreteria di redazione)Illustrazioni di Gianni ChiostriRedazione via Senato 12, 20121Milano, Telefono 02-36560007 Fax 02-36560008, Registrazione Tribunale di Milano n.362 del 17/06/2002

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S E T T I M A N A L E D I C U L T U R A

NUMERO CHIUSO IN REDAZIONE IL 17 APRILE 2007

La China: a Lucca l’elisir di lunga vita del dottor Massagli

Esistono ancora, nelmondo del cibo edel vino, alcune

preparazioni “alchemi-che” le cui ricette riman-gono gelosamente segre-te. Pur vantando numerositentativi d’imitazione,queste specialità si posso-no gustare solo acquistan-do il prodotto autentico,preparato seguendo la ri-cetta originale. È il caso,per esempio, della celebretorta Barozzi di Vignola,creata cento anni fa da unapiccola pasticceria del

paese emiliano; è il casodella torta del Palio di Astima è anche il caso - moltopiù su vasta scala - dellaCoca Cola che ben si guar-da dal rendere pubblici in-gredienti e dosi della cele-bre bevanda. L’Italia pul-lula di queste rarità. Fraesse spicca per fama l’Eli-sir di China Massagli,creato nel 1855 da Pasqua-le Massagli nell’omonimafarmacia tutt’ora esistentein piazza San Michele aLucca. Comunementechiamata China, la bevan-

da del dottor Massagli èancora prodotta come 150anni fa. Leggermente alco-lica (con una beneficaazione sull’apparato dige-rente) è uso, a Lucca, gu-starla come aperitivomentre fuori dalla Toscanasi è imposta come liquoreda fine pasto. Commercia-lizzata fuori dalla farma-cia solo dal 1901, la bevan-da, dal leggero ma corro-borante sapore amarogno-lo, raggiunse l’apice dellanotorietà fra le due guerrequando era abitualmente

consumata dal jet set ditutta Europa. La prepara-zione prevede una lungamacerazione della cortec-cia di “ginebona officina-lis” (pianta che cresce nel-le foreste dell’Amazzoniae dell’Estremo Oriente)con l’aggiunta di spezie ederbe aromatiche.

Per gustarla consiglia-mo, a Lucca, il locale stori-co Massagli (tel. 0583/469010), in via Santa Cro-ce, tutto dedicato alla cele-bre China. •

Gianluca Montinaro

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