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Ristora Magazine anno XIII/n°60 4° bimestre settembre 2015 chf 12.- FOCUS VINO Anche in Ticino si cambia: l’enologia guarda avanti / TENDENZE La Fermentazione nelle cucine degli chef / MERCATI A Tokyo, nell’Olimpo del pesce / BIRRA Quando la “bionda” incontra le fondue / STRATEGIE osare per vincere la sfida della ristorazione d’oltreconfine 2015 Rassegna Gastronomica Mendrisiotto e Basso Ceresio 1 ° ottobre 1 ° novembre 52 a edizione La tradizione che si rinnova ogni anno! Con il sostegno di Banca Popolare di Sondrio (SUISSE) La Banca che parla con te Ci trovi a Chiasso e Mendrisio www.bps-suisse.ch rassegna.ch anno XIII / n.60 / 4° bimestre / settembre 2015 MEZZO PIENO

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Ristora Magazine anno XIII/n°60

4° bimestre settembre 2015

chf 12.-

FOCUS VINO Anche in Ticino si cambia: l’enologia guarda avanti / TENDENZE La Fermentazione nelle cucine degli chef /MERCATI A Tokyo, nell’Olimpo del pesce / BIRRA Quando la “bionda” incontra le fondue /

STRATEGIE osare per vincere la sfida della ristorazione d’oltreconfine

2015

52

RassegnaGastronomica Mendrisiotto e Basso Ceresio

1° ottobre1° novembre

52a edizione

La tradizione che si rinnova ogni anno!

Con il sostegno di Banca Popolare di Sondrio (SUISSE)La Banca che parla con te

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MEZZO PIENO

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In momenti come questo, dalla congiun-tura economica quantomeno complicata, tutti noi cerchiamo di distinguerci con i no-stri pregi, facendo risaltare le virtù perso-nali, cercando di presentare al meglio chi siamo, cosa facciamo e soprattutto come lo facciamo. Insomma, vedendo il bicchiere mezzo pie-no, il mondo del vino, oggi molto più di prima, va esattamente in questa direzione. Sono le persone, le storie, le scelte e le fi-losofie di vita dei produttori che fanno i loro vini. La singola etichetta che ha vissuto di rendita e di “buon nome” per decenni, oggi deve fare i conti con vini emergenti che ri-specchiano le nuove attenzioni e i gusti contemporanei del pubblico. In quest’ottica, che ad alcuni piaccia o no, i vini “verdi” (i vari biologici, biodinamici o naturali) stanno conquistando una fascia di mercato non più trascurabile. I produttori adeguano le loro forze a quello che chiede il mercato, oppure continuano a lavorare in maniera convenzionale, chi bene e chi zoppicando. Insomma, non è più possibile parlare di vino, quanto piuttosto di vini. Dietro ogni singola bottiglia c’è una sto-ria, una passione antica, un piccolo mon-do che (quando conosciuto) riesce a far meglio apprezzare lo stesso vino. Anima e cuore sono componenti fondamentali per innamorarsi perdutamente di un nettare, ma è necessario anche saper raccontare dietro a quella bottiglia cosa c’è e chi c’è. In quest’ottica abbiamo pensato ad un approfondimento che guardasse in ma-niera contemporanea, e senza nascon-dersi dietro a un dito, al vino di oggi. Uno sguardo al mercato con i tanti nuovi arri-vati (“naturali” in primis), chicche dal no-stro fecondo Ticino, tecniche enologiche d’avanguardia e, perché no, anche vino e smartphone che oggi vanno a braccet-to. Gli spunti interessanti arrivano anche dall’estero, visto che per imparare qual-cosa di nuovo non bisogna solo guardarsi le punte delle scarpe. Fuori il mondo si muove, e il Ticino dovrebbe essere pron-to a cogliere nuove opportunità, dato che l’anima e il cuore certo non mancano ai nostri produttori. Entrando in contatto coi produttori loca-li, scopriamo storie tutte da raccontare, aziende che tentano di convertirsi a pro-duzioni più sostenibili, gente che crede nel proprio mestiere e nel futuro dell’azienda che ha cresciuto come un figlio. In questo Ristora Magazine non è tanto di-stante dal mondo vitivinicolo ticinese.

EDITORIALE

IL VINOAL PLURALE

Arianna Livio

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56 PERSONAGGI Angelica Maury: nata per stare in cucina

62 VINO.CH Amigne, più unico che raro

64 FOOD TROTTER Parola agli inviati di RM nel mondo

68 BIRRA Fondue e birra, amore a prima vista

70 MERCATI Tsukiji, il mercato del pesce di Tokyo

74 GIOIELLI DAL MARE Rosso di Mazara, il gambero col cuore

77 DISTILLATI E DINTORNI Profumo di Trinidad

78 AMMAZZACAFFÈ Se il pic-nic si trasforma in un incubo

80 CLUB PROSPER MONTAGNÉ 50 assaggi per 50 anni

PUBLIREPORTAGE28 Chiodi SA44 Gusto1648 Tamborini Vini54 Riso Gallo per Expo 201558 Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio 66 Ristorante Da Giuseppe

NEWS 8 Dal mondo12 Colpo d’occhio

81 BOOK Libreria golosa

82 AGENDA Date e appuntamenti

6 TRIBUTO In ricordo di Adriano Petralli

10 PAST & FUTURE Il vino nella storia

14 FOCUS: Vino, evoluzione di un classico I vini “verdi” alla riscossa 2013, vini ticinesi protagonisti Perlage al naturale Merlot in abito da sera Quando il gelo accarezza l’uva Sotto il segno dei grandi rossi Vino: APP-unti tecnologici Se la natura chiama…

34 TENDENZE Fermento in azione

38 CIBO E SALUTE Farsi del bene mangiando

40 USI E COSTUMI Ristorazione, osare per vincere

42 SEDURRE IN CUCINA La prima cena: consigli per non andare in bianco

46 SUCCESSI A “casa” di Alice

50 DEGUSTAZIONE 5 palati, 5 cuori, 5 vini

4 SOMMARIO4

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FOCUS – VINO SEMPRE PIÙ “VERDE”Mettiamo ordine al caos: cosa sono i vini convenzionali, biologici,biodinamici, naturali e vegani.Pregi e difetti di un mercato in costante cambiamento.

ECCELLENZELa Cantina Kopp von der Crone Visini a Barbengo raccontatagrappolo dopo grappolo. Sette ettari di passione per un esempioticinese di qualità e successo.

RISTORAZIONEUn po’ casa, un po’ ristorante, un po’ oasi di pace:a Lugano La cucina di Alice è tutto questo, e qualcosa in più.

VINI UNICI Paolo Basso traccia un ritratto dell’Amigne,un vino più unico che raro, uno dei fiori all’occhiello nel panoramaenologico del nostro Paese.

MERCATIInizia la nostra nuova rubrica sui mercati del mondo:colori, profumi e specialità a 360 gradi.Si parte dal mercato del pesce di Tokyo.

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Il desiderio alimenta tutto. Senza di esso

non vi sarebbe futuro e il nostro lavoro non

sarebbe così appassionante e unico.

Parliamo di cibo, di territorio, di prodotti.

Raccontiamo storie che ci convincono, per

continuare a desiderare. Di fare sempre

meglio, di apprendere, di informare. Senza

limiti, in modo chiaro e diretto, rivolgendoci

ai professionisti della ristorazione e agli

appassionati di enogastronomia. Sotto il

segno della qualità e a tutti i livelli. Perché i

migliori spunti vengono dalle più umili

cucine e il rispetto della tradizione, unito

alla consapevolezza dell’innovazione, non ci

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rispettavano. Rispondeva sempre presente quando veniva solle-citato a partecipare ad assemblee o giornate di formazione, fosse anche solo per un attimo per rappresentare quella interprofessione che dirigeva. Le nostre vite professionali si sono spesso incrociate, per culminare con la mia nomina a direttore di Ticinowine a colla-borare, in questi pochi mesi, assieme a favore della viticoltura tici-nese. Negli anni è sempre stato generoso di insegnamenti, a divul-gare ciò che con la sua curiosità aveva scoperto. Agiva spesso in maniera discreta, era il regista, ma operava dietro le quinte, lontano dai riflettori. Lavorava per il bene comune mediando, progettando, mettendo a punto idee che, una volta concretizzate, sono state poi adottate con entusiasmo. Senza di lui la viticoltura e l’enologia in Ticino non sarebbero quello che sono oggi. Adriano è stato un punto di riferimento importante per tutto il settore enologico ticine-se e anche un precursore. Ha capito il potenziale della versatilità del Merlot vinificandolo in bianco e lanciando quel “Bucaneve” che in pochi anni è diventato il leader dei bianchi di Merlot.Ciao Adriano grazie per i bei momenti conviviali che ci hai fatto trascorrerre e per tutto quello che hai fatto per il settore vitivinicolo. Ci mancherai, ma siamo convinti che dove ti trovi adesso hai già scelto il giusto pendio per coltivare il tuo amato Merlot.

L’amico Adriano non c’è più. La sua prematura scomparsa ci ha presi tutti quanti di sorpresa, non si pensa mai che la morte possa essere sempre in agguato e le persone a noi vicine ci sembrano eterne. Non sembra possibile non ricevere più le sue telefonate che si sapeva quando iniziavano, ma mai quanto duravano. Adriano Petralli era una persona speciale, ci siamo conosciuti quando, da poco, entrambi non portavamo più i pantaloni cor-ti. Erano gli anni della scuola di enologia di Changins. Lui, ormai un veterano, era già diplomato alla scuola agraria di Mezzana e stava frequentando il Technicum, io fresco da un anno di “stage” in viticoltura, venivo da un’altra professione e muovevo i miei pri-mi passi al corso principale di viticoltura ed enologia. Mi è subito piaciuto perché Adriano sapeva conquistarti immediatamente, era sempre allegro e aveva la battuta pronta, era una di quelle perso-ne che lasciano il segno; un amico vero, sempre disponibile, che affrontava la vita e i suoi problemi cercando le soluzioni in modo da accontentare tutti. Non era un “uregiat”, nel senso buono, ma riusciva a dare un colpo al cerchio e uno alla botte in modo che tutti capissero l’importanza delle sue proposte.Il mondo contadino non è semplice, ma lui riusciva a convincerlo della necessità di alcune scelte a volte impopolari, ma che tutti

TRIBUTI

Andrea Conconi

UNA PERSONA SPECIALE, UN AMICO, UN PUNTO DI RIFERIMENTOIMPORTANTE PER TUTTO IL SETTORE ENOLOGICO TICINESE

IN RICORDODI ADRIANO PETRALLI

3rd EDITION

Evento riservato agli operatoridel settore ho.re.cae ai lettori di Ristora Magazine

Evento organizzato da

In collaborazione con

WEB REPUTATION NELL’HORECADopo il successo delle passate edizioni, Ristora Magazine torna a organizzareuna tavola rotonda sulle tematiche del web applicato ai settori della ristorazionee dell’albergheria.La reputazione online di ciascuno di noi, come privato o azienda, è per moltiun territorio inesplorato, ma allo stesso tempo riveste un ruolo importanteper presentarsi al grande pubblico di Internet.L’evento sarà occasione per approfondire il tema dei social network e di comeutilizzarli per fare personal branding e costruire la propria “web reputation”.Posti limitati. Ingresso gratuito. Per iscriversi e per tutti i dettagli:http://www.ristoramagazine.ch/eventi/web-star-day-3rd-edition/oppure tel. alla segreteria organizzativa al nr. 091 290 49 36.

Sala Metamorphosis Palazzo Mantegazza, Lugano-Paradiso

lunedì 9 novembre 2015

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Grilli, vermi e locuste: stavolta arrivano davvero. In parlamento, la deputata verde liberale Isabelle Chevalley ha già presentato diverse proposte in favore del commercio di insetti commestibili. “Perché vietare in Svizzera il commercio di insetti comunemente consumati in altri Paesi?”, ha chiesto in una delle sue più recenti interpellanze su questo tema. La strada per pietanze simili si dovrebbe presto aprire anche in Svizzera. Il governo federale alla fine di giugno ha infatti messo in consultazione i progetti preliminari di revisione delle ordinanze re-lative alla nuova legge sulle derrate alimentari, che introducono in queste ultime tre specie di insetti: larve di tenebrioni, grilli e locuste migratorie. Se e quando esattamente questi insetti saranno ammessi come derrate alimentari, dipende anche dai risultati della consultazione. L’USAV prevede che le ordinanze potrebbero entrare in vigore nel primo semestre del 2016. Attualmente è in corso una valutazione globale dei rischi, “Tutt’al più potranno esserci delle modifiche o aggiustamenti”.

NEWS DAL MONDO8

AGRICOLTURA NELLO SPAZIO,LA LATTUGA VA SULLA LUNA

MC DONALD’S IN CRISI:700 RISTORANTI CHIUDONO

DANIMARCA,CONVERSIONE BIO AL 100%

Lattuga e pomodori coltivati sulla Luna o su Marte perché i primi equipaggi uma-ni possano avere a disposizione verdura fresca: all’obiettivo stanno lavorando nu-merosi esperimenti, molti dei quali parla-no italiano. Sono stati presentati a Roma, nel convegno sull’”agrispazio” e dopo i test sulla Terra, il primo banco di prova dei primi sistemi autosufficienti potrebbe essere uno speciale modulo destinato alla Stazione Spaziale. ‘’Ma la nuova frontie-ra dell’esplorazione spaziale - ha rilevato Salvatore Pignataro, dell’Agenzia Spaziale Italiana, responsabile del coordinamento con la Nasa per l’utilizzazione nazionale della Stazione Spaziale Internazionale - è andare oltre l’orbita bassa e a questo sco-po è fondamentale riuscire a creare una biosfera artificiale, utilizzando tecnologie biogenerative basate su alghe, funghi e microrganismi in sistemi a ciclo chiuso’’.

In tutto il mondo saranno 700, e la quo-ta più ingente è naturalmente quella degli Stati Uniti che vedrà chiudere i battenti a 184 Mc Donald’s. I ben informati diranno che il classico riciclo (con chiusure in un luogo e aperture in zone più strategiche) potrà riequilibrare i conti. Invece, per la pri-ma volta da sempre, il numero dei ristoranti chiusi supera quello delle nuove aperture. Insomma anche i colossi soffrono, e non solo negli Stati Uniti. Sarà la concorrenza spietata? Sarà un cambiamento di molti golosi verso un atteggiamento più slow? Staremo a vedere.

C’è da scommerci: con tutta probabilità riusciranno nel loro coraggioso intento. Nelle scorse settimane in governo danese ha presentato un progetto che prevede la conversione totale dell’agricoltura nel Pa-ese al biologico, entro “solo” 5 anni (entro il 2020). Costerà molto e sarà di certo un grande impegno, ma ormai la Danimarca vola verso la palma d’oro di nazione più sostenibile del pianeta. Il marchio bio na-zionale ha già compiuto i suoi primi 25 anni, e la crescita del mercato “organic” fa ben sperare per i prossimi 5 anni di duro lavoro. Un in bocca al lupo alla Danimarca, sperando faccia da apripista.

A LONDRA LA CENA SI PAGA IN ANTICIPONEL 2016 IN SVIZZERA SI MANGERANNO INSETTI?

L’INDIA AVRÀ UN TE PIÙ SANO

Se in Europa ancora si discute della possibilità o meno di portare i cani al ristorante, nelle Filippine sono ben oltre. Giannina Gomez, gerente del ristorante Whole Pet Kitchen da 4 anni a Manila, ha pensato di accogliere gli amici a quattro zampe, e fare anche di più. Per gli umani un menu di cucina tradizionale, e per i migliori amici dell’uomo, invece, sono dispo-nibili dei menu studiati ad hoc per il palato canino. Ma non è tutto: i cani possono persino sedersi al tavolo insieme ai padroni. L’idea nasce dalla passione per gli animali di Giannina, e oggi il suo strano locale, attraverso il passaparola, è diventato una meta per curiosi o per padroni che hanno voglia di condividere anche la cena col proprio cane.

L’India compie un significativo passo avanti nell’eliminazione dei pesticidi dalle coltivazioni di tè. La principale azienda indiana del tè, ha infatti deciso di sperimentare nelle piantagioni dell’Assam tecniche di coltivazione ecologica per ridurre l’abuso di sostanze chimiche. Lo rende noto Greenpeace, sottolineando che si tratta di “una buona notizia per gli amanti di questa bevanda, che con il caldo record di questi giorni apprezzano soprattutto il tè freddo. E un successo per Greenpeace in India, che da tempo denuncia l’uso eccessivo di pesticidi nelle coltivazioni indiane di tè”. Un rapporto dell’associazione ambientalista ha infatti mo-strato come nelle piantagioni dell’India – il secondo produttore al mondo di tè, con circa 1,2 miliardi di chili l’anno – si impiegassero fino a 11 chili l’ettaro di pesticidi, contro una media nazionale di 0,5 chili per ettaro. Di particolare importanza – rileva Greenpeace – è il sostegno concreto (circa 30 milioni di euro) che sarà garantito ai piccoli agricoltori dal Tea Board of India, per aiutarli nel passaggio verso un’agricoltura ecologica.

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Con la nascita dei castelli, attorno alle mura si diffuse l’uso di col-tivare una vigna più o meno pregiata, il cui vino era detto “nobile” per indicare che apparteneva esclusivamente al feudatario. In questa epoca, oltre alla funzione di bevanda, il vino riconquistò il ruolo di farmaco per le più diverse malattie, come già racconta-to nei poemi omerici, quando alcune ferite venivano guarite con unguenti a base di vino. Anche Ippocrate raccomandava di bere vino per curare la febbre, come antisettico o nella convalescenza.In epoca romana si era adottata l’assunzione di vino come terapia contro le febbri: Galeno inventò come analgesico il Galenos, una soluzione di alcol e oppio che portò addirittura alla dipendenza l’imperatore Marco Aurelio.Una cura per il corpo che giunge fino a noi. Oggi sappiamo che la presenza di polifenoli e resveratrolo costituisce un aiuto al fun-zionamento del cuore, ed è usato anche nei prodotti anti-aging.Nella scelta non si considerava quindi l’abbinamento con il cibo, ma veniva bevuto nel rispetto dei canoni medico-scientifici. Se-condo la Scuola Medica Salernitana, un vino poteva dirsi perfet-to quando risultava “gagliardo, bello, profumato, freddo o meglio fresco”. Come il cibo, doveva permettere di mantenere l’equilibrio di ogni persona. Ogni individuo doveva bere secondo la propria natura: vino allungato per i collerici, secco per i sanguigni, puro per i ma-linconici. Il vino di mirto era consigliato per migliorare il carattere delle donne! Riscaldava in quanto umido di natura, ma rinfrancava i corpi affaticati se preso con moderazione e bere vino di buona qualità aiutava a generare umori positivi.Già Platone consigliava di berlo in quantità crescenti con l’età, per lenire qualsiasi tristezza propria della vecchiaia.Alla fine del pasto era di rigore bere Ippocrasso, bevanda aroma-tizzata a base di vino addizionato con zucchero e spezie. Dal Rinascimento si cominciarono a delineare, a piccoli passi, i primi abbinamenti tra vini e cibi, partendo dai vini bianchi leggeri per gli inizi del pasto, sino ai vini forti per i dessert, passando attra-verso i rossi degli arrosti. Sante Lancerio, bottigliere di Papa Paolo III, divenne un grande in-tenditore grazie all’immenso culto del pontefice, che ne sceglieva uno per ogni ora del giorno, per ogni mese dell’anno, per quando viaggiava, e per quando si sentiva afflitto dal peso della vecchiaia. Le sue esperienze confluirono in una lettera, considerata il primo testo della letteratura enologica, dove si analizzavano gusto e re-trogusto, aspetto e profumo, elementi indispensabili da conside-rare, assieme a stato d’animo, circostanze e periodo dell’anno, prima di bere un vino: il vino spagnolo era ritenuto troppo forte, mentre i vini francesi, seppur ottimi, risentivano del terreno di pro-venienza; tra le produzioni italiane, reputava il moscatello ideale per osti e “imbriaconi”; il Greco della Torre buono per la servitù, ma non per gli alti prelati; il rosso di Terracina ottimo per notai e copisti; il Mangiaguerra di Napoli pericoloso per il clero, ma ideale per “incitare la lussuria delle cortigiane”. In testa alla classifica delle sue preferenze c’erano vini come Mal-vasia, Greco d’Ischia, Vernaccia di San Gimignano e Nobile di Montepulciano. La terminologia usata era ricca e precisa: per de-finire il gusto impiega parole come “tondo, grasso, asciutto, fumo-so, possente, forte, maturo”; per il colore utilizza “incerato, carico, verdeggiante, dorato” e così via.Sono passati 500 anni, chissà che termini utilizzerebbe oggi per commentare il vino di cobra del Vietnam (un distillato di riso in cui è immerso un serpente) presentato ad Expo!

Sia nei conviti greci che quelli romani il vino si beveva mescolato con acqua, molto probabilmente a causa della sua altissima gra-dazione alcolica dovuta alla vendemmia tardiva. Diffusissimo era inoltre l’uso di addolcirlo con il miele e profumarlo con foglie di rosa, viola e cedro, cannella e zafferano. Insieme al vino veniva-no servite focacce dolci, uova e formaggi, frutta fresca, verdure e ceci. Le locande più pretenziose potevano avere specialità quali cacciagione o pesce, funghi o tartufi. Molti erano i vini prodotti nel bacino del Mediterraneo, ed in parti-colare in Italia: bianchi, rossi, secchi, abboccati, leggeri e pesanti.Plinio parla, solo per Roma, di ben ottanta qualità di vino! Il più apprezzato era il Falerno.Il vino ordinario veniva consumato o venduto appena limpido, quello di qualità o destinato alla vendita era invece travasato in

IL VINO È COMPAGNIA, CONDIVISIONE, ALLEGRIA. BERE INSIEME È UN RITO SOCIALE, UN ATTO COL-LETTIVO ATTRAVERSO I MILLENNI. RIPERCORRERE LA SUA STORIA SIGNIFICA SCRIVERE LA STORIA DELL’UOMO. Già seimila anni fa, i Sumeri simboleggiavano con una foglia di vite l’esistenza umana e sui bassorilievi assiri con scene di banchetti sono rappresentati schiavi che attingono il vino da grandi crateri e lo servono ai commensali in coppe ricolme. Anche gli Ebrei dell’Antico Testamento, che attribuivano a Noè la piantagione della prima vigna, consideravano la vite uno dei beni più preziosi dell’uomo ed esaltavano il vino perché “rallegra il cuore del mortale”. Appartiene, insieme al pane e all’olio, alla co-siddetta “triade mediterranea”, composta dagli alimenti che hanno maggiormente caratterizza-to lo sviluppo delle antiche civiltà mediterranee, in special modo quella greca e quella romana.In queste aree, la pratica della coltivazione del-la pianta della vite venne introdotta da Fenici ed Etruschi, ma furono questi ultimi ad avere per primi l’idea di utilizzare il vino come com-ponente delle ricette: in particolare marinavano la carne, al fine di conservarla, lasciata a bagno nel vino per molte ore, talvolta anche giorni, o lo utilizzavano come base di cottura per aromatiz-zare gli altri alimenti, e anche nelle zuppe, nelle verdure e perfino nei dolci.Nell’antichità il vino veniva considerato un ali-mento per via del suo contenuto calorico e quindi veniva consumato abbinandolo con il cibo in maniera casuale. Nel mondo greco era ritenuto un dono degli dei e tutti i miti sono con-cordi nell’attribuire a Dioniso, dio del vino, il più giovane figlio immortale di Zeus, l’introduzione della coltura della vite tra gli uomini. Era il si-gnificato del simposio, la cui sacralità del rito conosceva anche momenti ludici. I riti dionisiaci o la sola pigiatura dell’uva per secoli hanno rap-presentato un momento di festa collettiva.

PAST & FUTURE

BEVANDA,ALIMENTO E MEDICINA:IL VINO NELLA STORIA

a cura di Marta Lenzi

anfore, dove subiva una serie di trattamenti mirati a garantirne, o meglio a tentare di garantire, la corretta conservazione. Molto comune era l’uso di esporre le anfore al calore e al fumo in appositi locali oppure quello di aggiungere al vino acqua di mare o comun-que salata, secondo un uso già diffuso in Grecia dove si pensava che l’acqua di mare rendesse il vino più dolce e servisse ad evitare il mal di testa del giorno dopo. Le anfore venivano tappare con sugheri e sigillate con pece, argilla o gesso e trovavano collocazione entro le celle vinarie. Il vino era proibito alle donne che, se avevano partecipato al ban-chetto, si ritiravano prima della bevuta finale.Nel Medioevo la viticoltura sopravvisse solo grazie ai monasteri dove la preparazione del vino, simbolo del sangue di Cristo, era indispensabile allo svolgimento dei riti liturgici.

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12 13COLPO D’OCCHIO12

Aumentare la barriera antiossidante nel sangue attraverso un’e-levata matrice polifenolica. È possibile grazie al vino a marchio Equilibrium Food, prodotto in Piemonte dall’enologo Giorgio Gozzellino. L’equipe scientifica Equilibrium intelligent food si è im-pegnata per ricercare un vino che fornisse immediatamente e in un solo bicchiere al giorno (che sarebbe la quantità giornalmente consigliata 150-200 ml) l’apporto benefico del vino rosso, senza dover assumere eccessive quantità di alcool. Gli effetti benefici dei polifenoli sulla salute si riflettono positivamente sulla capacità di aumentare la barriera antiossidante nel sangue, sia in soggetti gio-vani che anziani, sul miglioramento dei meccanismi che possono essere alla base di effetti anti-invecchiamento, alzheimer, anti-dia-betici e anti-tumorali, oltre a una minor incidenza delle malattie.

Per la 23esima volta il Cervim, Centro di Ricerche, studi e valorizzazione dei vitigni di montagna, ha premiato i migliori risultati della viticoltura eroica nel mondo. A partecipare al concorso, quest’anno sono stati 600 vini provenienti da diversi Paesi del mondo, in particolare da quelli che, per tradizione e geografia, rispondo-no alle caratteristiche ricercate. Presente con un buon numero di etichette anche la Svizzera, che ha visto in Canton Ticino in prima linea per qualità dei vini. I premi, infatti, sono arrivati anche “a casa nostra”, grazie all’impegno e ai prodotti della Canti-na Monti di Cademario e alla Tenuta Luigina di Stabio. Se a Monti è andato il grande oro e il pre-mio speciale “Gran Premio Cervim” per Ti-cino DOC Merlot Il Canto della terra 2013, e un argento per Ticino DOC Malcantone Rosso dei Ronchi, a Tenuta Luigina sono andati invece due ori, per Anno Secondo 2011 e per Gemma dell’Est 2013. In particola-re l’azienda di Stabio, nata solo qualche anno fa, dimostra ancora

una volta che lavorare sulla qualità delle uve e con maestria in cantina porta buoni frutti. Anzi, frutti d’oro![Nella foro Ettore Biraghi, enologo della Tenuta Luigina]

Il Dipartimento delle finanze e dell’economia ha affidato a Ticino Turismo il nuovo progetto di valorizzazione degli itinerari turistici in Canton Ticino. Dopo due anni di lavoro, oggi il progetto è pronto a partire, attraverso la spinta di 150 itinerari che saranno promossi attraverso i media del territorio e le nuove tecnologie. Percorrere virtualmente gli scorci più reconditi delle valli, lasciarsi ispirare dai grandi classici dell’escursionismo come il Monte Generoso, poter-si orientare attraverso il GPS, sfruttare 4 mila chilometri di sentieri: tutto questo da oggi sarà molto più facile e a portata di mano. Il turismo in Canton Ticino guarda avanti con ottimismo, curando i particolari e puntando tutto sulle sue bellezze.

Distinguersi nel mondo del vino è un imperativo per tante cantine che si trovano a concorrere con avversari sempre più agguerri-ti. La battaglia del mercato, però, oltre che sulla qualità, si gioca anche sul fattore estetico, che si trasforma sempre più in fattore sorpresa. Oggi, infatti, l’etichetta di un vino deve catturare l’atten-zione del consumatore, strizzare l’occhio ai mercati e soprattutto distinguersi. Solo in questo caso ha possibilità di emergere tra un numero crescente di aziende. Ne è un esempio l’etichetta del Shiraz australiano che (guarda un po’) si chiama Boarding Pass Shiraz. La creatività dei grafici si è fatta notare: l’etichetta ricostruisce un biglietto d’imbarco per aereo, un modo per far volare lontano (almeno con la mente) il consumatore. Un successo di pubblico garantito!

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È SEMPRE PIÙ CONTEMPORANEOE AMICO DELLA NATURA.OGGI IL VINO GUARDA AL FUTURO,USA TECNICHE INEDITE, VALORIZZA IL TERRITORIO,SFRUTTA LE NUOVE TECNOLOGIEE FA ANCORA INNAMORARE.

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VINO,EVOLUZIONE

DI UN CLASSICO

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consentite l’osmosi inversa, le resine a scambio ionico…!); proibire sostanze dannose per la salute, indipendentemente dalla loro utilità nel processo di vinificazione; ridurre i limiti massimi consentiti per gli additivi critici, specialmente per l’anidride solforosa. Purtroppo la riduzione dei solfiti stabilita è troppo blanda, tanto da non marcare una vera differenza tra vini convenzionali e vini bio. Oggi il limite di solforosa ammessa per i vini biologici bianchi è 150 mg/l contro i 200 mg/l sul vino convenzionale; per i rossi 100 mg/l contro i 150 mg/l sul convenzionale. Di fatto la normativa lascia al produttore mani libere sull’uso di lieviti selezionati, additivi chimici e coadiuvan-ti enologici durante i processi di vinificazione e affinamento, demo-lendo così qualsiasi possibile significato di “naturalità” attribuibile ai vini etichettati come biologici. Di per sé il vino bio non garantisce il consumatore dell’autenticità compiuta e affidabile. Se applicata con cognizione di causa l’agricoltura biologica rimane una valida opzione per trattare la terra e le piante in modo più rispettoso, meno inquinante e meno invasivo. Purtroppo non sempre è così e molti hanno cavalcato questa opportunità di marketing perché le maglie ufficiali di questa pratica agricola sono troppo larghe e sono state sapientemente studiate per poter essere applicate su scala agroindustriale. È evidente che il processo di certificazione non garantisce pie-namente che il metodo biologico venga applicato con qualità. Il punto è che si deve garantire che le pratiche biologiche vengano realmente eseguite. Certo, i costi burocratici ed economici ci sono, ma la responsabilità nei confronti del consumatore va presa. La certificazione serve per dare garanzie al consumatore, in questo momento confuso e disorientato dagli opportunismi del mercato. Il modo di operare poi è secondo coscienza del vignaiolo, e può essere molto più restrittivo del disciplinare stesso. Ma almeno una scelta di campo è stata fatta, altrimenti si rischia di starne fuori, troppo facile stare a guardare e non prendere posizioni chiare e nette.

VINO BIODINAMICO

I “vini prodotti con uve da agricoltura biodinamica” seguono tre principi basilari (mantenere la fertilità della terra; rendere le piante immuni alle malattie e ai parassiti; produrre alimenti di qualità più

più alla luce del sole, fino a diventare addirittura una moda. Non commettiamo l’errore però di vedere il mondo del vino in bianco e nero in una concezione manichea: le persone che lavorano con onestà e amore per un prodotto “buono, pulito e giusto” esistono anche nelle aziende di dimensioni ragguardevoli, i furbetti che spe-rano di sfruttare l’onda arricchendosi senza una vera scelta di parte esistono anche fra le file dei “puri”. Ora, dare un’etichetta e una precisa definizione a questi vini “altri” non è semplice, difficile anche dare un cappello ad organizzazioni differenti che hanno frazionato le forze. Premesso che aborriamo le etichette, proveremo a dare alcune informazioni di massima (e sicuramente incomplete a causa dello scarso spazio a disposizione) su questo variegato panorama, dai tratti ancora incerti.

VINO CONVENZIONALE

La viticoltura convenzionale è la più diffusa al mondo con un im-patto ambientale preoccupante. Chi non vive il mondo agricolo non sa che c’è un sottile terrorismo che impone l’uso esclusivo della chimica. Questa logica favorisce la pigrizia, l’ignoranza e allonta-na il viticoltore dai “vecchi saperi”, dall’osservazione delle cause che generano un problema, dal nutrire la competenza attraverso lo studio, imparando a porsi delle domande. Questo vuol dire anche che è sempre meno libero, meno colto, impaurito e chimico-di-pendente. Purtroppo, il più delle volte, la nostra è una viticoltura gestita da consorzi e negozianti che hanno nelle vendite il loro uni-co fine. È fin troppo chiaro che la scienza finanziata, ahinoi, quasi esclusivamente dall’industria, non ha molti margini di indipendenza per verificare alternative che metterebbero l’agricoltore in uno stato di maggior indipendenza, sensibilità e responsabilità, recuperando quegli equilibri che Madre Natura impone. Dobbiamo tentare di far crescere un esercito di soggetti pensanti, cercando alleanze con la parte indipendente della Scienza e delle Università.

VINO BIOLOGICO

Il vigneto biologico è ormai una solida realtà e, secondo gli ulti-mi dati analizzati da “Millèsime Bio” (www.millesime-bio.com), la superficie complessiva dei filari coltivati secondo i dettami green ha raggiunto i 275.000 ettari (di cui il 30% in conversione), pari al 3,6% del vigneto mondiale. Il che vuol dire una crescita dell’11% nell’arco di un anno, e del 164% dal 2007 al 2013. La produzio-ne, di pari passo, ha raggiunto i sei milioni di ettolitri, concentrati essenzialmente in Europa: Spagna, Francia ed Italia, infatti, rap-presentano il 73% della superficie mondiale dei vigneti bio. I vini biologici, in Europa, vengono identificati dal simbolo della foglia verde in etichetta. Sono tutti quei vini che ricadono sotto il discusso regolamento UE n. 203/2012 la cui innovazione, rispetto ai prece-denti regolamenti, consta proprio nell’unificazione delle norme da seguire in vigna e in cantina. Senza scendere troppo nei tecnicismi, i vini biologici europei sono accomunati da identiche pratiche bio-logiche nei vigneti (che vietano l’utilizzo della chimica, ma consen-tono l’uso di rame, zolfo, poltiglia bordolese) e in cantina, atte ad ottenere un vino che rispetti queste linee guida: limitare gli additivi o processi che influenzano l’aroma e quindi l’autenticità del vino (però vengono consentite acidificazione e deacidificazione dei vini; sono ammessi l’uso di tannini, gomma arabica, chips, azoto; sono

compiere al vino medio un salto di qualità. Poi, il successo e la bra-ma dei soldi, hanno spinto le aziende alla super produzione, vio-lentando la terra con escavatrici che cambiano i profili delle colline, con l’utilizzo massiccio di fitofarmaci e concimi chimici che hanno sterilizzato il suolo uccidendo la microflora e la fauna. E si è im-boccato il tunnel della standardizzazione: la tecnologia ha prodotto vini piacevoli, sapori morbidi, finali setosi, uguali ovunque. Il vino rischiava di perdere l’anima, l’identità, l’essenza della sua diversità che esprime un territorio, un tempo, un genius loci. La reazione a quest’omologazione porta alcuni vigneron a seguire una strada più autentica, perseguendo una viticoltura rispettosa. Nascono i mo-vimenti dei vini naturali, biologici, biodinamici. All’inizio ristretti a cerchie di adepti, una sorta di carboneria del vino, poi sempre

“Il peggior vino del contadino è meglio del miglior vino industria-le”. Amava le provocazioni intellettuali, Gino Veronelli, per la forza dirompente che emanano, tale da spostare in avanti l’obiettivo da perseguire. Un paradosso dal quale distillare la sua verità, che a distanza di ant’anni fa ancora discutere. Se ripercorriamo gli anni precedenti al rinascimento enologico degli anni Ottanta, il vino del contadino era viziato da malagrazia, da ignoranza nella vinificazio-ne. Puzzava, si corrompeva presto, offriva il corpo esile di una vi-ticoltura votata alla quantità, era sinonimo di pressappochismo e poca cura per i fattori qualitativi. Vignaioli sapienti radicati tra terra e cielo, però, c’erano già, e Veronelli li scopriva e valorizzava. Il contraltare? Una rivoluzione aziendale (investimenti in macchina-ri, tecnologie, ricerche) del vino nata in sordina, che all’inizio fece

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“ Se vuoi trovare l’infinito vai nel finito in tutte le direzioni. La materia non è nulla ciò che conta è il gesto di chi l’ha fatta.”

Johann Wolfgang Goethe

I VINI “VERDI”ALLA RISCOSSA

a cura di Alessandra Piubello

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anche di latte, latticini, uova e derivati, nonché di acquistare e usare prodotti di qualsiasi genere la cui realizzazione implichi lo sfrutta-mento diretto di animali. Le scelte sono guidate dall’attenzione alla cosiddetta cruelty free. Il termine “vegan” è stato coniato nel 1944 con la nascita della “Ve-gan Society” ma, nella sostanza, il veganismo ha una storia mol-to più datata. Tanto in Oriente, con alcune elaborazioni buddiste, quanto in Occidente, ci sono prove di come fosse già stato trac-ciato il percorso verso una dieta che escludesse non solo il consu-mo di carne animale ma anche dei prodotti derivati, in particolare del latte. Il veganismo, così come lo conosciamo adesso, è nato quando la proposta di Donald Watson di creare un coordinamento tra “vegetariani non consumatori di latticini” venne respinta dalla Vegetarian Society, portando Watson a fondare la “Vegan Society”. Per quanto riguarda il marchio, in assenza di una definizione a livel-lo internazionale, europea o nazionale di regole per la definizione di prodotti vegani, sono nate miriadi di brand differenti, che rischiano di confondere i consumatori. Il vegan non gode di una certifica-zione basata su una norma di legge e neppure di protezione giu-ridica; la certificazione si basa su regole autodefinite da singole organizzazioni. L’adesione alla filosofia vegan riguarda ogni fase di produzione. In particolare per il vino si parte dalla vigna dove non possono essere utilizzati prodotti derivanti da animali, perfino quel-li che possono sembrare più innocui (per esempio la propoli). Al bando anche il letame da usare come concime naturale. In cantina sono vietati i chiarificanti che derivano da uova, latte e tutto ciò che riguarda o che semplicemente ha avuto a che fare con l’animale. Quindi niente colla di pesce o gelatina animale. A tutto ciò si ag-giunge il packaging, per il quale non si possono utilizzare pigmenti animali per le etichette, né colla di animale per lo scotch: i controlli vanno dall’etichetta ai cartoni in cui si spediscono le bottiglie. Il mondo del vino vegano è ancora in fase di sviluppo, sono ancora pochi i produttori, ma sicuramente esiste una tendenza in atto.

E ALLORA?

È ormai chiaro che il mondo degli enoappassionati chiede prodotti in grado di raccontare una storia. E quando questa storia non è solo buona, ma pure eticamente bella, la promozione del proprio lavoro ne guadagna. Tutto marketing? Non solo. Sebbene sia pa-lese che i “vini verdi” (mi si conceda quest’espressione, intesa non riferendoci a vini immaturi, ma a quelli attenti alla sostenibilità am-bientale) utilizzino la diversità come leva commerciale (ma quale azienda non mette in luce le sue peculiarità?), è altrettanto vero che i sentieri intrapresi dalle varie filosofie vitivinicole tracciano un cam-mino comune: quello alla ricerca di un vino più autentico, sincero. Certo, l’onestà del produttore non può essere certificata, e quindi è sempre necessario vigilare, formarsi in un proprio percorso, fatto di visite in vigna e in cantina delle aziende produttrici, di assaggi fatti occhi negli occhi con il vignaiolo stesso, costatando personalmen-te se c’è l’Uomo nella bottiglia.La soluzione più ovvia per dirimere la confusione sarebbe quella di obbligare i produttori a indicare sulla retroetichetta tutti i prodotti utilizzati, durante la coltivazione, durante i processi di vinificazione e affinamento. Libertà ai produttori di fare il vino come da proprio credo, ma contestualmente andrebbero date informazioni ampie e corrette, fornendo l’opportunità all’appassionato di scegliere su basi obiettive.

Se dovessimo sintetizzare in maniera grossolana le pratiche natura-li, potremmo così riassumerle: in vigna divieto assoluto della chimica ad eccezione di zolfo e rame (con la prospettiva di eliminare anche questi rimedi); divieto OGM; coltivazione di vigneti autoctoni; ven-demmia manuale; rispetto della biodiversità; pratiche volte al rispet-to e alla preservazione delle risorse ambientali, dell’equilibrio e della vitalità del suolo, ecc... In cantina, fermentazione con lieviti indigeni presenti sull’uva; divieto di qualsiasi additivo; esclusione di ogni si-stema meccanico o chimico che alteri la fermentazione, chiarifichi o modifichi l’equilibrio naturale dei vini; utilizzo della solforosa in quan-titativi minimi, ben al di sotto dei regolamenti biologici vigenti e altro.Tutti, produttori e consumatori, dobbiamo evitare che la questione naturale si blocchi all’ideologia. Alla fine il vino viene fatto con l’uva, non con le parole, e non dobbiamo perdere di vista l’obiettivo, il vino, inteso nella sua purezza, manipolato il meno possibile, trami-te per far emergere ogni singolo terroir con la sua storia, cultura, civiltà, umanità. Per darci piacere e gioia.

VINO VEGANO

Per veganismo si intende una filosofia che esclude totalmente dalla propria vita l’uso di prodotti di origine animale. Gli aderenti rifiutano quindi non solo di nutrirsi di carne e pesce, come i vegetariani, ma

spesso, le pratiche del biologico o del biodinamico in modo ancor più rigoroso, ma non tutti si sottopongono ad una certificazione per dimostrarle. A rigor del vero, naturale non sempre è sinonimo di buono, e non ci si può nascondere dietro il paravento dell’autenti-cità a tutti i costi quando ci sono dei reali errori di vinificazione. Però il percorso di miglioramento in questi anni è stato netto e decisivo: ci troviamo nel bicchiere vini originali, di carattere, che esprimono la terra, il sole, l’uva. Vini genuini (l’approccio va però resettato nell’a-scolto delle diversità espressive rispetto al convenzionale) e senza make up, che sono godibili, sani, digeribili e spesso onesti anche nel prezzo. Alla base del processo sta l’artigianalità, intesa come il lavoro sia viticolo sia di cantina della stessa persona, che segue l’intero processo produttivo, vinificando un’uva sana di cui ha se-guito passo dopo passo l’evoluzione, con una conoscenza della materia che gli consente di interpretarla rispettandola, producendo un vino che è figlio della natura, del proprio territorio e dell’annata. Va da sé che il vino naturale è prodotto in piccole quantità da azien-de di dimensioni ridotte, spesso familiari. Le pratiche per ottenere un vino naturale possono variare da pro-duttore a produttore, ma, ultimamente, sono nate associazioni che tentano di sistematizzare i principi della vitivinicoltura naturale, pro-ponendo sistemi di autoregolamentazione severi e oggettivi, volti a promuovere e ad accreditare l’immagine del vino naturale nel mondo.

alta possibile) e tutta una serie di pratiche che si ispirano agli scrit-ti di Rudolph Steiner, filosofo fondatore dell’antroposofia. Queste pratiche consistono nell’uso di particolari concimi naturali dinamiz-zati, nel tenere in considerazione eventi naturali come le fasi lunari, nel considerare la propria azienda agricola come un organismo au-tosufficiente vibrante che riconosce e rispetta i principi di base della natura. Ovviamente non sono utilizzati prodotti chimici di sintesi né pesticidi o diserbanti; ai vini biodinamici non vengono apportati ad-ditivi di alcun genere e si usano preferibilmente solo i lieviti indigeni, naturalmente presenti sulle uve. Le produzioni biodinamiche non sono contemplate dalla normativa europea, ma sono certificate da soggetti privati, perlopiù associazioni, la più celebre delle quali è Demeter (oltre alla quota annuale, vuole anche una percentuale sulle vendite, alla faccia di Steiner!), che si fanno garanti dell’osser-vanza delle loro regole. Per molti detrattori la biodinamica viene vista come una pratica mi-stica o addirittura esoterica, dato che l’approccio non può definirsi analitico matematico. Se è vero che i principi della biodinamica ap-plicata in agricoltura possono non avere delle risposte scientifiche è doveroso chiarire, immediatamente, che non mancano le ricerche della comunità scientifica. Da oltre trent’anni viene misurata l’effi-cacia del sistema biodinamico messo a confronto con il metodo convenzionale e con l’agricoltura biologica. Vari studi, ad esempio quelli dell’Istituto di Ricerca per l’Agricoltura Biologica in Svizzera (www.fibl.org) evidenziano, a parità di condizioni ambientali, risulta-ti agronomici migliori per la biodinamica rispetto sia all’agricoltura biologica sia a quella convenzionale. Certo, è molto interessante aggiungere che in alcuni casi, non si è ancora capito perché alcuni interventi funzionino, ma è stato stabilito, su base sperimentale, che l’effetto c’è, è determinato, è migliorativo. Richard Feynman, uno dei più grandi scienziati del Novecento e straordinario divulga-tore, sosteneva che i poeti sono sempre in anticipo di una decina d’anni rispetto agli scienziati. È come se attraverso la poesia po-tessimo intuire delle decifrazioni scientifiche. Per questo la varietà espressiva dei vini ottenuti da agricoltura biodinamica non si può riassumere con parametri troppo semplici, nell’assaggio occorre fare uno sforzo personale, entrare in contatto.

VINO NATURALE

Arriviamo ai vini naturali, più difficili da definire, sui quali fervono accesi dibattiti. Partiamo dall’origine: il dualismo tra uomo e natura costituisce un tema sostanzialmente irrisolto o, se si vuole, inevitabilmente aper-to. Alcuni credono che uomo e natura siano un’unica entità; altre filosofie, invece, pongono uomo e natura su due piani differenti, quasi fossero, l’uno di fronte all’altro, in perenne contrasto. Eviden-te che, se si vivono le cose su quest’ultimo piano, il vino non viene percepito come un prodotto della natura, perché alla sua esistenza occorre inevitabilmente l’intervento dell’uomo. E quindi viene riget-tato nella sua accezione di “naturale”. Se invece l’uomo è natura, allora il suo lavoro di affiancamento all’uva, la sua partecipazione profonda affinché tutto si adempia, attraverso un processo di tutela e custodia, permettendo una vigilata espressione spontanea del vino, può essere inteso come naturale. Non essendo disciplinato per legge, il termine “naturale” continua ad essere usato a discre-zione di chi se ne serve, e fare chiarezza è difficile. I vignaioli che producono vini naturali lavorano in vigna seguendo,

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Enrico Trapletti,enologo di Trapletti Vini “Il 2013 è stata nel suo insieme una bell’annata, con piccole diffe-renze tra le diverse regioni. Un po’ più nervosetti dei 2011 e 2012 i vini si sono espressi un po’ più tardivamente e si dimostrano con un buon potenziale di invecchiamento. Un vino da acquistare e dimenticare in cantina per qualche annetto.”

Michele Conceprio,enologo della Tenuta Castelli di Morcote “Sui vini di pronta beva vi è un buon frutto complesso, maturo e sono meno spigolosi dei 2012. I barricati 2013 hanno una strut-tura molto importante ancora in piena fase primaria. Ricco di co-lori profondi aromi tra i primari e i secondari che marcano ancora una piena freschezza. Il 2013 è stato un bel regalo dalla natura. Probabilmente in una fase difficile da degustare oggi dal grande pubblico perché ancora in evoluzione e l’affinamento non è ancora terminato.”

Fredy De Martin,enologo di Gialdi Vini “Una grandissima annata, a livello analitico bella acidità, basso PH, ricco di colore e profumi: una delle più belle annate che ho potuto vinificare. A dimostrazione del fatto, col 2013 arriverà il 36, vino che viene prodotto unicamente nelle annate eccezionali.”

Francesco Tettamanti,responsabile Agriloro“L’annata2013 é in linea con le annate dispari precedenti, 2007-2009-2011. Potenza, eleganza e ottima struttura, accompagnate da quella fragranza e freschezza aromatica che hanno reso grandi i vini ticinesi, qualità che molti ci invidiano in quanto sovente non riescono ad unire queste due caratteristiche, apparentemente agli antipodi.”

Markus Von Dack,enologo dei Terreni alla Maggia“Le gradazioni e la sanità erano perfette. La vinificazione si è svolta senza problemi, i vini oggi si presentano con dei freschi profumi di frutta di bacche, il palato è corposo con una buona armonia, tannini fini presenti e un’acidità interessante.”

alto il 25 di settembre del 2013 si è iniziato a vendemmiare uve sane, di ottima qualità e anche di buona quantità per la felicità dei viticoltori.” Oggi che sono trascorsi due anni da quella vendem-mia, i vini ticinesi sono pronti per il mercato locale e non solo. Pro-segue Conconi: “le premesse della vigilia si sono confermate, i vini si sono affinati, maturati e i primi stanno giungendo sulle tavole. I primi riconoscimenti, sia al Mondial du Merlot che al Grand Prix des Vins Suisse, non si sono fatti attendere.”

LA PAROLA A CHI HA VINIFICATO

Sacha Pelossi,Presidente dell’AVVT, Associazione viticoltori vinificatori ticinesi“I vini del 2013 si presentano con un bel colore, una struttura mag-giore dei 2012 e con dei tannini presenti.”

In arrivo sulle tavole dei ristoranti e nelle cucine dei ticinesi: l’an-nata 2013 regalerà grandi soddisfazioni ai consumatori, sempre attenti e appassionati dei vini locali. Per ripercorrere le fila di una stagione che ha portato buoni risul-tati in casa Ticino, abbiamo ricordato l’annata 2013 insieme ad Andrea Conconi, direttore di Ticino Wine. “Un gennaio mite e un febbraio che non si è smentito come il mese più freddo dell’anno, hanno preceduto un mese di marzo molto freddo facendo sì che la vigna germogliasse in ritardo ri-spetto alla media decennale. Anche la fioritura è avvenuta in ritar-do, ma le ottime condizioni climatiche durante questo importante periodo hanno fatto modo che l’allegagione desse un tasso molto alto di fecondazione. Un mese di settembre caldo e l’alto numero di ore d’insolazione hanno permesso di recuperare il ritardo che si era costantemente mantenuto durante tutto il periodo vegetativo permettendo anche un’ottima maturità fenologica. Con un morale

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2013, VINI TICINESIPROTAGONISTI

FRUTTATI, COMPLESSI E CON BUONA STRUTTURA, COSÌ SI PRESENTANOI VINI ROSSI TICINESI DEL 2013 CHE SONO STATI PRESENTATI IL 3 SETTEMBRE

AL PALACONGRESSI DI LUGANO.

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E IL MERCATO?

Gli Champagne biologici stanno avendo in questi anni un boom d’interesse da par-te dei consumatori piuttosto importante. Quando si fanno i conteggi, però, questa realtà è costretta a ridimensionarsi: tra i produttori certificati bio e quelli che inve-ce “filosofeggiano” fuori dall’accademia, ne contiamo ancora un numero piuttosto basso. Ci sono diverse ragioni che potreb-bero spingere verso una crescita del mer-cato dello Champagne bio o naturale: ad esempio la riscoperta della filosofia green e naturale, una sempre maggiore sensibilità alle piccole produzioni (di nicchia), la ricer-ca di un gusto più caratteristicoe “verticale” rispetto alle ben conosciute e più comuni sensazioni.Le carte dei vini dei ristoranti più contem-poranei e attenti al movimento costante delle masse di acquisto si stanno letteral-mente gonfiando di queste etichette, ma continuano a rappresentare pur sempre un piccolo segmento rispetto ai grandi numeri dello Champagne vecchio stampo.

SIAMO SULLA STRADA GIUSTA,MA SI PUÒ MIGLIORARE

Non dico certo una novità se sottolineo che per vendere una bottiglia al ristoran-te, è necessario e basilare sapere cosa si sta vendendo. Diciamo pure che è la pri-ma regola per un sommelier in sala, ma anche per un ristoratore che ha spesso a che fare col proprio pubblico. Di recente,

però, si può assistere a scene non troppo confortanti in cui chi ha in carta questi vini pare solo cavalcare l’onda commerciale di successo di pubblico, senza dare le infor-mazioni che il cliente in realtà si aspetta da chi “sposa” una certa filosofia. Questo dei vini biologici, e non fanno eccezione naturalmente gli Champagne, non è un trend fine a se stesso, ma una presa di coscienza consapevole e seria che ha ne-cessità di essere trasmessa al pubblico col giusto grado di entusiasmo, in modo che il cliente finale si senta stimolato e si lasci pian piano educare al rispetto del-la Natura che oggi, per nostra fortuna, passa anche dal bicchiere. Quello che si può credere un difetto, a volte si potreb-be scoprire essere una tipicità: bisogna tornare un po’ bambini e ricominciare da capo. Questa è la grande sfida degli Champagne biologici oggi.

Nuovi gusti, emozioni “diverse”: negli ultimi anni sono stati diversi i momenti di degu-stazione che mi hanno fanno meditare su cosa “frizza dentro al bicchiere” (che pos-sibilmente non sia l’ormai vecchia e dém-odé flûte), per captare tutto quello che le mani del vigneron, la salubrità dell’uva e la specificità del terroir ci hanno regalato e ci stanno regalando.Sì, parlo di vigneron perché il connubio grande maison – vino biologico difficilmen-te “s’ha da fare” per una serie di motivi, il primo tra tutti gli alti costi di produzione che questa filosofia di vita in primis e poi dilavoro richiede, dati dall’ingente spesa di tempo, dall’abbassamento delle rese e dalla possibile incertezza sul risultato con-clusivo. Tutte queste variabili, oggi che il consumatore medio risulta più informato,

sono ormai chiarissime. Da diversi anni ormai esiste un nuovo filone di produ-zione enologica che ha toccato anche la Champagne. Anch’esso come nel resto delle altre roccaforti nel vino BIO s’ispira al più stretto rapporto tra le tre componen-ti uomo - terra - vino, creando un micro-cosmo gustativo diverso dai soliti schemi convenzionali. Nel caso specifico si assiste più ad una esaltazione di un dato territorio piuttosto che all’espressione di un mo-no-vitigno riscontrabile nelle uguali misure in un’altra parte del globo.

Gli Champagne bio, quindi, rispondono a logiche comuni per tutti i produttori di altri vini biologici, ma ci sono anche del-le caratteristiche specifiche: ci troviamo davanti a dosaggi bassissimi di liqueur

d’expedition, di anidride solforosa (non inoculata, ma solo prodotta naturalmen-te), e anche di zuccheri. Inoltre l’uso del legno è piuttosto morigerato, mentre in vigna abbiamo davanti una generazione di addetti ai lavori che ha imparato ad usare il meno possibile i prodotti chimici e di sintesi, privilegiando invece l’utilizzo di prodotti naturali. Queste pratiche ap-paiono più efficienti e meno nocive, e ci riferiamo in particolare all’utilizzo di pre-parati biodinamici (ad esempio il cornole-tame, il cornosilice, alcuni infusi di ortica, achillea ecc.) E poi c’è la Natura con la N maiuscola, che a modo suo riesce a dare una mano alla produzione di questi “artisti enologici” grazie alla loro buona cono-scenza delle fasi lunari, stellari e dell’in-tera galassia.

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Se invece volete partire non tanto dalle nozioni, ma da uno “studio sul campo” allora eccovi qualche etichet-ta da non perdere: Jacques Selosse, Andrè Beaufort, Larmandier-Bernier, Fleury, Francois Bedel, Georges Laval.

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MERLOTIN ABITO DA SERA

PREMIATO COME MIGLIOR VINO AL MONDIAL DU MERLOT 2015PER LA SUA ELEGANZA E RAFFINATEZZA, BALIN 2012,

UNO DEI MERLOT DELLA CANTINA KOPP VON DER CRONE VISINIDI BARBENGO È “SOLO” LA PUNTA DI DIAMANTE

DELL’AZIENDA VINICOLA LUGANESE.PERCHÉ QUI, OLTRE AI VINI, C’È UNA PASSIONE DA MEDAGLIA D’ORO.

Barbengo è un piccolo angolo di paradiso. E non solo perché in estate tira una leggera brezza rinfrescante, ma anche perché qui c’è uno dei regni del nostro vino più conosciuto e amato: il Merlot. La cantina Kopp von der Crone Visini sorge proprio in quel di Bar-bengo ed è la realizzazione di due sogni che si sono uniti per formarne uno solo. Anna Barbara von der Crone e Paolo Visini collaborano dal 2002, ma nel 2006 finalmente realizzano il loro sogno condiviso: quello di aprire insieme una cantina che porti entrambi i nomi e racchiuda la filosofia che li unisce da sempre.L’amore per la terra ticinese e per il suo terroir, unito ad un profon-do rispetto per la natura e i suoi cicli naturali, ha portato la can-tina di Barbengo a raggiungere successi di tutto rispetto. Oggi, a raccoglierne i frutti, è in particolare un’etichetta: Balin, annata 2012, che si conquista ben tre premi invidiabili come “Miglior Mer-

Vini che rispettano le leggi silenziose della natura e dell’agricoltura integrata, e che vengono lavorati separatamente rispetto alla tipo-logia di uva raccolta, per rendere piena giustizia alle caratteristiche e alla personalità di ciascun vitigno. “Abbiamo un vitigno che stiamo coltivando seguendo le regole del biologico” continua Anna, “ad oggi stiamo sperimentando e cercando di capire i primi risultati, per poi lavorarci anche in futuro. Nel frattempo, io e Paolo insieme al nostro staff quotidianamente cerchiamo di intervenire il meno possibile sulle uve, lasciando che ogni anno la vigna si esprima in modo naturale. Le nostre uve sono a Barbengo, ma anche in Sementina e soprattutto nel Men-drisiotto (a Pedrinate e Castel San Pietro).”Da sempre innamorati del Merlot, Anna e Paolo hanno trovato la “ricetta perfetta” per il loro Balin 2012 che è valsa tante soddisfa-zioni: si tratta di un Merlot in purezza con un bouquet molto varie-gato, floreale e anche speziato (al naso ricorda le rose, ma anche i chiodi di garofano, e per certe note anche il caffè). “Non andiamo alla ricerca di vini dall’importanza eccessiva”, ci spiega ancora Anna, “piuttosto il nostro “marchio di fabbrica” è l’eleganza e un tocco di finezza che accomuna un po’ tutte le nostre etichette.”Alla Cantina di Barbengo si è brindato ali successi raggiunti, dopo i premi dell’ultima edizione del Mondial du Merlot: tutto, rigorosa-mente, insieme al personale. “È come una grande famiglia: oltre a me e Paolo, qui hanno vissuto anche i miei quattro figli e il no-stro staff, preziosissimo, va e viene di continuo. I risultati e le gioie vanno condivise, altrimenti non hanno valore. Ad esempio, già lo scorso anno avevamo avuto buoni riscontri dal Mondial e abbia-mo scelto di fare un paio di giorni di vacanza-studio insieme a tut-to il team: abbiamo visitato altre cantine e ci siamo divertiti, questo è il modo migliore per festeggiare i successi, che non sono solo nostri, ma di tutti quelli che lavorano per noi in vigna e in cantina.”

Quando i risultati vengono raggiunti, poi però è facile sedersi sugli allori e accontentarsi. Non è il caso della cantina von der Crone Visini, che guardando al futuro non ha sogni nel cassetto da realiz-zare, quanto piuttosto progetti da alimentare di continuo. “Non c’è un vero e proprio sogno, piuttosto la voglia di migliorare sempre, di riuscire a fare ancora meglio di oggi sia in vigna che in cantina. Non vogliamo diventare più grandi, ma curare sempre più detta-gliatamente i nostri prodotti.”

lot Svizzero”, “Miglior vino del concorso” e “Medaglia Grand Or” (94.4 punti) nell’ultima edizione del Mondial du Merlot.E non è certo un caso: l’impegno da sempre profuso in vigna e in cantina, ha portato la Kopp von der Crone Visini agli onori della cronaca e ha suscitato sana curiosità nei consumatori attenti alla qualità.“Dopo il recente riconoscimento, in occasione di Cantine Aperte sono venuti a farci visita molti appassionati, richiamati dalla notizia del premio, e questo ci ha fatto davvero piacere”: a raccontarcelo è Anna Barbara von der Crone, che in questa splendida cantina ci lavora e ci vive. “Paradossalmente, avendo lavorato molto coi mercati della Svizzera interna, i nostri vini sono più conosciuti fuori dal Ticino, che qui in casa. Ora, però, anche il Ticino si accorge di noi, visti i buoni risultati raggiunti e a parlare sono solo i nostri vini”.

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E, indovinate? Terzoni è riuscito a estrarre un bouquet aromatico di tutto rispetto anche da loro. I premi nazionali e internazionali, d’altra parte, rendono omaggio alla caparbietà di riuscire a trarre il meglio dal proprio territorio (e dalle proprie uve). Molti di questi sono stati assegnati al Sensazioni d’Inverno, un passito di Malvasia di Candia aromatica (una tipo-logia di Malvasia presente solo sulle colline piacentine), che non si avvale della Crioestrazione aromatica, ma che rappresenta la passione e l’eccellenza dei vini Terzoni.

su queste fasi, sui tempi e le temperature. Questione di numeri, di precisione e di tante, tante prove. Un enologo, però, non ha a disposizione un numero infinito di vendemmie su cui sperimentare le proprie teorie. Ho cercato di ottimizzare al meglio le prove e ho lavorato per un paio d’anni per ottenere il giusto mix di congela-mento, scongelamento, temperature, tempistiche. Alla fine, però, ho trovato i coefficienti giusti e sono riuscito nel mio intento.”E bisogna credergli sulla parola, visto che i suoi vini parlano da soli. I vini dell’azienda che oggi possono vantare l’uso della Crioestra-zione Aromatica sono tre, due dei quali sono Ortrugo in purezza.

26 FOCUS

No, non si parla di ice wine. Piuttosto di una storia di professiona-lità e caparbietà che merita di essere raccontata, soprattutto alla luce degli eccellenti risultati raggiunti. Nelle vene di Marco Terzoni, ventottenne piacentino DOC, scorre DNA da vignaiolo, e non po-teva che essere così visto che rappresenta la quinta generazione al lavoro su quelle vigne. Fino a qui, una bella storia di famiglia, ma uguale a tante altre in Italia. 5 anni fa, però, Marco Terzoni a soli 23 anni e dopo aver ultimato gli studi in enologia ad Alba e aver girato mezza Francia lavorando a Bordeaux, Sauterne e Cognac, mette a punto un me-todo di vinificazione unico nel suo genere, che oggi gli regala tante soddisfazioni. Si chiama Crioestrazione Aromatica, marchio registrato onde evi-tare copie non autorizzate, ed è un trattamento dell’uva che riesce a estrapolare il cuore aromatico degli acini. “Tutto è iniziato diversi anni fa, riflettendo sulle uve Ortrugo”, ci spiega Terzoni, “il nome di questo vitigno significa altra uva, a sot-tolineare il fatto che questa tipologia d’uva non avesse una grande personalità propria, ma piuttosto venisse fin da tempi antichi utiliz-zata per i tagli dei vini. L’Ortrugo è uno dei cavalli di battaglia della mia terra, e non mi davo pace del fatto di non riuscire a ricavare dalla mia uva un bouquet aromatico degno. Quindi mi sono mes-so a studiare su libri di enologia contemporanei, ma anche antichi. In uno di questi mi sono imbattuto negli studi di Ollivier, un allievo del famoso enologo francese Gayon: si parlava di congelamento e scongelamento delle uve e di alcuni risultati raggiunti con questa pratica. Allora mi si è accesa la lampadina: bisognava lavorare

A SOLI 23 ANNI HA REGISTRATO IL BREVETTO DELLA CRIOESTRAZIO-NE AROMATICA, UN METODO INNOVATIVO PER ESTRARRE AL MEGLIO GLI AROMI DALLE UVE. DOPO SOLI 5 ANNI I RISULTATI NON MANCA-NO: ABBIAMO INTERVISTATO MARCO TERZONI, ENOLOGO PIACENTINO DELL’AZIENDA FAMIGLIARE TERZONI CLAUDIO ARRIVATA ALLA QUINTA GENERAZIONE.

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QUANDO IL GELOACCAREZZA L’UVA

Le uve, una volta raccolte, vengono tempestivamente portate in una cella ove la temperatura e l’umidità sono costantemente controllate. Solo in questo modo è possibile tenere sotto controllo i processi

biochimici che avvengono nell’acino. Per un periodo di circa 10 giorni i grappoli, stoccati in cassette di legno resistenti agli sbalzi termici, vengono sottoposti ad escursioni termiche predefinite in base agli obiettivi qualitativi e alla varietà di uva interessata (importante lo stato sanitario del raccolto e l’elasticità della buccia). Come riportano gli studi effettuati da C. Ollivier (1986) “il congelamento e il decongelamento delle bucce e degli strati sottoepidermici comportano delle modificazioni dell’ultrastruttura dei tessuti e producono una migliore liberazione degli aromi e dei precursori di

aromi dell’uva”. Questo si traduce in vini dal corredo aromatico netto, fresco, fiorale, tutte qualità ricercate per un vino bianco. La tecnica, applicata per la prima volta su uve Ortrugo per la produ-

zione di vino spumante, ha già riscontrato un ampio successo soprattutto grazie alla facilità di beva ed alla caratteristica delicatezza del bouquet che la Crioestrazione consente di ottenere.

La tecnica

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da settembre a dicembre, che vede protagonisti dai grandi vini piemontesi ai francesi (vedi box).

Nelle cantine Chiodi di Ascona, l’enologo Andrea Arnaboldi che rappresenta la terza generazione della famiglia in azienda, conti-nua a lavorare con grande impegno ispirandosi alla vinificazione bordolese come il padre Fabio gli ha trasmesso e insegnato ad apprezzare: “Sin dalla mia prima vinificazione, mi sono costante-mente applicato per ricercare una sempre maggiore finezza, sia per la linea Chiodi, sia per i vini che curo per la Cantina Carleva-ro, con la quale ci siamo uniti nel 2009 vista la nostra armonia di intenti in fatto di vino e la grande amicizia fra Gian Piero Carlevaro e mio padre”.

Fra i merlot della linea Chiodi, dalle uve delle Terre di Pedemonte, spiccano il Merlot Tre Terre, l’Ultima Goccia, vino sempre più apprezzato a livello ticinese e svizzero, e il Rompidèe, ottenuto da vigne di oltre 50 anni. Dalla linea Carlevaro, prodotti da uve del bellinzonese, il merlot la Murata, con le mura storiche della città sull’etichetta, l’Ampelio, vinificato con la migliore selezione di uve e che nel 2011 ha ottenuto 18 punti su 20 da Weinwisser e il Riserva del Carmagnola, da uve provenienti esclusivamente dai vigneti di Arbedo, fresco d’argento al Gran Prix du Vin suisse 2015.

CHIODI ASCONA SAVia Delta 246612 Asconawww.chiodi.ch

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senza confondere o sopraffare il cliente per quantità esposta. Nel punto vendita dell’azienda, oltre ai merlot ticinesi e alla produ-zione propria, quest’ultima con i vini delle Terre di Pedemonte e del Bellinzonese in primo piano, sono esposti i grandi vini bordolesi, dai grandi ai piccoli Châteaux, e i vini della Borgogna. Oltre naturalmente ad un’ampia selezione di vini d’importazione italiani, di bollicine, dai Franciacorta agli Champagne, e di distillati. Non tutti ovviamente sono esposti in enoteca, l’assortimento è molto vasto! Per questo, per gli amanti dei grandi rossi francesi, una visita ai piani inferiori, in cantina, fra i corridoi di scatole in legno dove riposano i nettari dei più pregiati Châteaux, non può che rassicurare.

“L’attività di importazione di grandi rossi francesi è da quasi trent’anni una delle caratteristiche della Chiodi, che già a partire dagli anni 80, sotto la direzione di Fabio Arnaboldi, ha costruito una sempre più fitta rete di contatti diretti e privilegiati nella regione di Bordeaux, tradizione poi consolidata, a partire dal 2005, dal figlio Andrea, ingegnere enologo diplomato all’Istituto nazionale di Changins.” Giovanni Antognini, direttore generale di Chiodi Ascona, va fiero di questa peculiarità del gruppo, soprattutto da quando nella nuova enoteca Arnaboldi ad Ascona, ristrutturata nel 2012, gli esclusivi vini francesi hanno trovato la loro giusta visi-bilità. Qui le bottiglie, in una location minimalista e nel giusto spa-zio, diventano protagoniste, esposte con discrezione ed eleganza,

PUBLIREPORTAGE28

Giovanni Antognini (Direttore Generale di Chiodi) Andrea Arnaboldi (enologo di Chiodi)

SOTTO IL SEGNODEI GRANDI ROSSI,DA CHIODI UN AUTUNNO

TUTTO DA DEGUSTARE

Gli appuntamentiin Enoteca Arnaboldi

giovedì 10 settembre serata Piemontegiovedì 10 ottobre serata Borgognavenerdì 6 novembre serata Prima Goccia Rompidèevenerdì 20 novembre serata vini Carlevaro (a Bellinzona)giovedì 10 dicembre serata Champagne giovedì 17 dicembre serata Bordeaux

Dalla primavera del prossimo anno, riprenderanno inoltre le attività all’aperto, con le proposte di Wine & Food per conoscere e apprezzare il territorio vinicolo ticinese e le sue eccellenze enogastronomiche. Anche in questo caso qualità e cura nel programma proposto: aperitivo nei vigneti delle “Tre Terre” nelle Terre di Pedemonte, dai quali vigneti, nei comuni di Tegna, Verscio e Cavigliano, vengono prodotti i merlot Tre Terre, Rompidèe e Ultima Goccia; visita nella cantina di Verscio, dove le uve vengono vinificate, pranzo in comune accompagnato dai vini propri e visita della cantina di Ascona, con degustazione finale negli accoglienti spazi della nuova enoteca.

Dall’inaugurazione del nuovo punto vendita, dotato di accoglien-te sala degustazione, sono state valorizzate anche le attività di eventistica, alle quali partecipano sempre più appassionati di vino e professionisti del settore. Ricco il programma di appuntamenti

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30 TESTATA

Bevitori occasionali, wine lovers, somme-lier o professionisti: non c’è una sola ca-tegoria che non porti con sé un piccolo aiuto tecnologico o una memoria virtuale dei vini degustati. Insomma, il mondo delle App del vino è ricco, variegato e in crescita costante, proprio perché la tecnologia ci viene incontro per cercare di organizzare al meglio il nostro lavoro, ma anche per “catalogare” le emozioni che un’etichetta ci regala. Sul vostro tablet o nello smar-tphone che non abbandonate mai non può mancare almeno un’applicazione che veda il vino protagonista! Scopriamo insieme le migliori del settore per iOS e Android.

Sicuramente non può mancare My-Som-melier disponibile per sistemi iOS e An-droid: come un sommelier, l’applicazione ci guida e consiglia sul giusto e corretto abbinamento del vino rispetto al piatto che stiamo per degustare.

Vivino, recensita dai più come la migliore App sul mondo del vino, è paragonabile ad una biblioteca: è sufficiente scattare una foto all’etichetta del vino e ci verranno pro-posti recensioni, abbinamenti e molte in-formazioni su quel particolare vino, prezzo compreso! Vivino è lo scanner per il vino disponibile per iOS e Android.Molto simile a Vivino è Delectable Wine; con le stesse caratteristiche e funzionalità, le informazioni di entrambe le App sono continuamente arricchite ed aggiornate grazie al contributo delle community di ap-passionati che ne usufruiscono.

Nello smartphone degli enoturisti non può mancare l’App del Movimento del Turi-smo del Vino. Questa applicazione, nata come strumento ufficiale del movimento stesso per gli utenti iOS, permette di vi-sualizzare in modo veloce le 20 cantine più vicine alla propria posizione. Inoltre l’App mantiene sempre aggiornati sugli eventi

organizzati dal Movimento: Cantine aper-te, Calici di Stelle, Benvenuta vendemmia, Cantine Aperte a San Martino, Cantine Aperte a Natale.

Molto carina e interessante l’App Vini del Vallese per iOS che, grazie a un somme-lier personale interattivo, ci permette di scorrere l’elenco dei produttori del vino della regione, visualizzare la strada del vino virtuale e interattiva ed essere aggiornati su eventi, gastronomia ed enoturismo del territorio; unico neo è la non disponibilità in lingua italiana.

Se siete alla ricerca di un vino particolare o di un’annata importante ci viene incontro l’App Wine – Searcher, (anche questa sviluppata sia per iOS che per Android) che, come indica il nome, dedica la sua funzione principale alla ricerca.Gli utenti possono ricercare un vino per nome oppure scattando una foto; si rice-

L’applicazione stagionale più usata è quel-la di Vinitaly, che fornisce informazioni indispensabili per organizzare al meglio le proprie giornate di lavoro veronesi: coordi-nate degli stand, orari dei convegni, elenco degustazioni e molto altro.

Per gli agronomi c’è Agro, l’App profes-sionale che permette di creare report delle proprie visite e delle analisi svolte su ter-reni, culture e piante. Con Agro si rispar-miano carta, penna e circa 15 ore di lavoro settimanali, anche se il prezzo (999,99 $ su iOS) non è proprio economico!

vono molte informazioni su dove è possibi-le acquistare, sul rating d’epoca, sui vitigni, eventuali critiche e prezzi. Attivando il Gps nel proprio smartphone è possibile persino cercare il negozio più vicino nel quale è di-sponibile una determinata annata.

Per ogni consumatore c’è un vino, analo-gamente si può dire per le applicazioni: c’è solo da divertirsi scoprendo e provando le App più originali e funzionali del settore vino!

Ma esistono anche le applicazioni profes-sionali, progettate per andare incontro alle più svariate esigenze lavorative.

FOCUS30

VINO:APPUNTI TECNOLOGICI

a cura di Giacomo Acciai

Non dimenticate…

Sicuramente tutte queste applicazioni permettono all’utente di ottenere informazioni immediate per vivere esperienze più approfondite e consapevoli. Vale la pena ricordare che i giudizi espressi, sono sempre soggettivi e nascono da esperienze personali che non possono essere gli stessi per tutti. Le valutazioni ri-portate su un determinato vino o azienda, derivano da community molto variegate, composte da appassionati ma anche da professionisti, che valutano i prodotti in base a criteri diversi: non dimenticatelo.

Oltre a ciò, ricordate anche che non è corretto giudicare un rivenditore in base al solo prezzo di vendita visto che sono molti i fattori che vanno a determinare un prezzo: ad esempio la scelta della carta dei vini (più è ampia e più investimento richiede), la modalità di vendita (on-line o in punto vendita), le quantità vendute, ecc.

Detto questo, buon’App a tutti!

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32 FOCUS

Non è una moda, quanto piuttosto un ritrovato rispetto per la ter-ra. Anche in Ticino il vento sta cambiando, e la Tenuta Castello di Morcote, che della qualità dei propri vini ne ha sempre fatto una bandiera, riscopre una nuova sensibilità “verde” in favore di una mano sempre più leggera e impercettibile dell’uomo nelle sue etichette. Nel 2008 una ricerca della Confederazione metteva in luce la splendida zona del Castello di Morcote come una piccola oasi di biodiversità. Qui, in armonia, flora e fauna locale vivono in simbiosi da sempre e Gaby Gianini, anima della Tenuta, ha voluto sempli-cemente riportare l’equilibrio di sempre andando a valorizzare un patrimonio unico. L’intervento dell’uomo in vigna, dopo questa decisione, è andato facendosi sempre più lieve, diventando oggi un tocco impercetti-bile che rimette sul gradino più alto le leggi della Natura. Michele Conceprio, enologo della Tenuta, ci spiega: “Abbiamo deciso di ridurre al minimo l’impatto dell’uomo in vigna e di con-seguenza anche in cantina. D’altra parte abbiamo la grande for-tuna di avere dalla nostra parte una Natura benevola che ci regala nettari preziosi e di grande qualità. Da quando abbiamo iniziato questo percorso, che unisce pratiche biologiche e biodinamiche, non siamo più noi a forzare l’uva, ma piuttosto il contrario. Rispet-tare la natura, insomma, significa avere piante meno stressate, in simbiosi più profonda con l’intero territorio circostante.”Se una volta qui si combatteva perché la vigna fosse produttiva,

SE LA NATURACHIAMA…

oggi non sono i trattamenti a decidere quanta uva si avrà in ven-demmia. Anzi, attraverso questa sorta di rivoluzione verde, è la pianta stessa, in base alle sue capacità naturali, alla stagione, alla meteo a decidere la sua resa. In molti casi questo significa poter contare su numeri inferiori rispetto al passato, ma a guadagnarne è di sicuro la qualità dei vini: un esempio è la maggiore concen-trazione di polifenoli e antociani che regalano ai vini più struttura e complessità. Il tutto, senza intervento esterno, sfruttando solo le doti di Madre Natura Non c’è più una produzione forzata, ma solo la giusta produzione che la Natura ha scelto. “Essere in sintonia con la terra e i suoi frutti” prosegue Conceprio, “significa avere a che fare con piante più felici, che regalano vini organoletticamente superiori. Se prima era l’uomo ad avere preso il sopravvento cercando di pilotare la Natura, oggi è lei la vera pro-tagonista del nostro lavoro, coi suoi cicli e le sue annate.”Questa rivoluzione copernicana coinvolge tutta la cantina: un lavo-ro nel rispetto della terra, seguendo codici biologici e biodinamici, significa lasciarsi guidare. Il che, tradotto in azioni, vuol dire non poter programmare scientificamente il lavoro, ma sottostare alle regole della luna calante o crescente, momenti in cui le energie in vigna seguono ritmi tutti naturali. Un percorso che, ne siamo certi, piacerà ai tanti fautori di una vita più sostenibile per il pianeta, ma anche agli intenditori e amanti del vino.

…IL CASTELLO DI MORCOTERISPONDE “PRESENTE”.DA QUALCHE ANNO L’AZIENDAVITIVINICOLA DI MORCOTEHA INIZIATO UN PERCORSORIVOLUZIONARIO, DALLA VIGNAALLA CANTINA.SE PRIMA ERA L’UOMO A PIEGARELA NATURA ALLA SUA VOLONTÀ,ORA È QUEST’ULTIMAA DETTARE LE SUE REGOLE.

DEM_RistoraMag_225x297_20150609_A.pdf 1 09.06.15 11:09

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34 35TENDENZE34

FERMENTO IN AZIONEANTICHISSIMO, EPPURE ALL’AVANGUARDIA:

IL METODO DELLA FERMENTAZIONE IN CUCINA VIVE UNA SECONDAGIOVINEZZA, GRAZIE A MOLTI GRANDI CHEF CHE NE RISCOPRONO

LA PRATICA E I PREGI.

frigoriferi non esistevano nemmeno nelle intenzioni. In Corea il processo avviene in grandi vasi con un tappo sigillante, dove l’ossigeno non riesce a penetrare. Oggi, sempre più chef di avanguardia di-chiarano di avere trovato nella fermenta-zione un modo per dialogare da vicino con gli alimenti, che cambiano ed evolvono se-condo le leggi della natura, donando nuo-vo sapore alla materia originale. Attraverso la fermentazione alcuni alimenti subiscono un processo che li rende più “conservabi-li”: si formano degli acidi che riescono ad abbassare naturalmente il pH del cibo e, in questo modo, viene impedito il proliferare di microrganismi nocivi. Anticamente la fermentazione era neces-saria per usufruire dei cibi e conservarli, oggi però sappiamo che questo millena-rio uso è anche salutare: i probiotici che si sviluppano negli alimenti sottoposti a que-sto processo, infatti, aiutano la digestione. Oggi la fermentazione ha decisamente mi-gliorato le sue tecniche, che risultano più monitorabili grazie a condizioni ambientali che si possono tenere sott’occhio, con-trollando la temperatura, la densità, l’aria e le tempistiche del processo.

Quando si dice fermentazione, viene in mente il vino e, meno spesso, la cucina. Il nostro cibo quotidiano, però, conta tanti cibi fermentati, e vale la pena capire meglio di cosa si tratta. La fermentazione è la trasformazione de-gli zuccheri contenuti nella materia orga-nica: nel mosto, ad esempio, ma anche nella soia, nel pesce, nella verdura. Quo-tidianamente siamo circondati da tantissi-mi alimenti fermentati, a cui non facciamo troppo caso: un esempio sono i salumi, ma anche lo stesso pane e naturalmente i formaggi. Fin dall’antichità, nel lontano Oriente, la fermentazione controllata era l’unico me-todo di conservazione, quando ancora i

Il cibo fermentato per eccellenza: il kimchi coreano

Grandi chef e fermentazione

Il sapore è pungente, oltre ad essere anche piccante per l’aggiunta (molto comune) del peperoncino. Il Kimchi, piatto antichissimo di origini coreane, sono le foglie del cavolo raccolto in stagione (intorno al mese di novembre) e poi fermentate in un misto di salamoia, ravanelli, verdure varie, pasta di gamberetti salata, salsa al peperoncino, aglio, acciughe, zenzero e scalogno. Dopo aver fatto questo elenco vi renderete con-to da soli, anche non avendolo mai assaggiato che il suo gusto non può che essere molto intenso. Il Kimchi si ama o si odia, ma di recente (nella cornice di Expo Milano 2015) viene presentato come emblema della salubrità della cucina coreana.

Di recente, lo chef Massimo Bottura (modenese sul secondo gradino del podio ai 50 Best Restaurants di S.Pellegrino) ha creato un piatto in cui lascia fermentare della pasta fresca. Il risultato dei suoi tagliolini è a metà strada tra i sapori tradizionali italiani, di cui è ambasciatore nel mondo, e gusti asiatici, più pungenti e “diversi”.Dopo la recente esperienza giappone, René Redzepi, chef tristellato del Noma di Copenaghen lancia i suoi nuovi trend attraverso il Nordic Food Lab (il laboratorio di ricerca gastronomica creato in collaborazione con l’Università di Copenhagen). Si sta occupando, tra le altre cose, anche della fermentazione di più ali-menti, proprio in onore dell’alimentazione in stile “asian”.

Funghi, lampone marinato nel suo succo fermentato, fiori e pane bianco fermentato.

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delle spezie più usate in Oriente: nello specifico, in un piatto di pasta Equilibrium Food di 100 grammi sono contenuti i 2 grammi di spezia che normalmente vengono consumati dagli indiani in un giorno (e l’India è il Paese nel mondo in cui ci si ammala meno di tumore). Oltre 700 studi scientifici parlano della curcumina e del suo potenziale nella prevenzione di tumori, artriti, allergie, atero-sclerosi, diabete, malattie neurodegenerative, sindrome metaboli-ca, obesità, eccetera. Quello che potrebbe sembrare solo un vezzo, ossia quella piccola percentuale di pepe (talmente minima che al gusto non è percepi-bile) serve in realtà a garantire le doti benefiche dell’assimilazione della curcuma. Tanto per iniziare è buona, che non è così scon-tato. “E poi, i risultati dell’osservazione clinica da noi effettuata dicono (anzi certificano) che nei casi di bambini diabetici riescono a mantenere un livello di glicemia più costante e di conseguenza hanno bisogno di utilizzare meno insulina esogena.Insomma, una pasta con poteri antinfiammatori e antiossidanti (caratteristiche che stanno alla base anche dell’anti-invecchia-mento), e che rispetta tutte le “sacre” regole dei gourmet contem-poranei: coltivazione biologica, con un disciplinare di produzione a tutela dell’intera filiera, trafilata al bronzo, essiccata lentamente a bassa temperatura. Aggiungiamo anche che, contenendo cur-cuma, risulta più saporita di una pasta classica, quindi richiede anche meno sale per la cottura.”Quando chiedo a Procaccini se con il cibo biologico si vada sul sicuro, mi spiega quello che non avrei voluto sapere: “oggi, in qua-si tutti i casi la filiera certificata bio inizia dalla coltivazione, ossia da campi non contaminati, e poi prosegue con la produzione, la distribuzione (e relativa tracciabilità). Purtroppo, però, non viene considerato un passaggio che è assolutamente fondamentale: quello dei semi e delle semenze. In alcuni casi, infatti, ha poco valore la coltivazione bio, ossia quando il seme è modificato ge-neticamente con tecniche indotte come l’irradiazione nucleare, anche se non lo sappiamo. Per questo, il nostro modo di lavorare è differente e vuole certificare anche l’uso di semi di origini gene-ticamente pure.”

Lontana, ma sempre più “vicina”, l’Asia procede con la sua pa-cifica invasione delle nostre tavole. Spesso, però, si tratta di una semplice ispirazione alla filosofia alimentare asiatica, con modelli alimentari rivisti all’occidentale e che, quindi, perdono tutto il loro valore. Se ancora non vi fosse chiaro quando si parla del valore dell’ali-mentazione asiatica, si intende la salubrità della loro cucina e del concetto locale di nutrirsi per farsi del bene e non solo per dare piacere alle papille gustative (come invece succede in Occidente). A spiegarci questi due mondi paralleli è Derry Procaccini, nutri-zionista, divulgatore scientifico, consulente in benessere e docen-te di nutrizione SaNIS Scuola di Nutrizione e Integrazione Sportiva, presso le Università di Bologna, Torino e Pavia. Inutile opporsi all’edonismo gastronomico degli europei (e non solo) che vogliono mangiare solo “cose buone”, ma è l’ora per ripensare le nostre abitudini alimentari e provare a far incontrare il cibo in primis sano della cultura asiatica e il nostro palato fine. Nasce da questa sfida il progetto Equilibrium Food, di cui Pro-caccini é anima e volto. “Quello che mi piacerebbe portare sulle tavole dei ticinesi è del cibo che fosse, allo stesso tempo, buono e salutare, e con questo termine non intendo semplicemente che non faccia male, ma che abbia delle vere e proprie caratteristiche curative. E non vale solo per il Ticino, visto che il progetto muove i suoi primi passi anche al di fuori della Svizzera.”No, non siamo nell’ambito dei dietologi improvvisati, ma piuttosto in quello di un coraggioso progetto che riesce a sposare etica e salute. “Quello che cerchiamo di fare con questi nuovi prodotti (pasta, farine e crackers) è riuscire a mettere insieme gusto e be-nessere, ma anche e soprattutto a dimostrare in modo diretto al consumatore che davvero i nostri cibi fanno bene.”Facciamo un esempio scientifico, con carte e dati alla mano: la pasta di Equilibrium è realizzata con semola di grano duro Cappelli Akrux (una delle poche specie di grano antico che certamente non ha nulla a che fare con gli OGM, ma nemmeno con nes-sun’altra tecnica di manipolazione genetica, non si intende solo nell’immediato, ma anche nel passato un po’ più remoto), poi c’è un prezioso 2% di curcuma e un 1% di pepe. La curcuma è una

38 CIBO E SALUTE38

FARSI DEL BENEMANGIANDO

IL PUNTO DI VISTA È FONDAMENTALE: UNA COSA È PARLARE DI CIBICHE NON CI FACCIANO MALE, UN’ALTRA È SPERIMENTARE

QUELLI CHE CI FANNO ANCHE BENE.CI RACCONTA IL SUO PUNTO DI VISTA DERRY PROCACCINI,

NUTRIZIONISTA CHE SI È “INVENTATO” UNA LINEA DI PRODOTTI ALIMENTARIBUONI E SANI.

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dalla produzione agricola del territorio evidenziano la qualità dei prodotti nostrani e la garanzia insita nei prodotti agroalimentari ti-cinesi a filiera corta.Ma il problema non è così semplice da risolvere perché i consu-matori svizzero-italiani hanno nel frattempo acquisito, complice la globalizzazione e le frequenti vacanze, una grande familiarità con il cibo e le abitudini delle regioni italiane e apprezzano prodotti, piatti e gusti della variegata offerta Dop tipici nella storia gastronomica dello stivale italiano.La recente indagine del Censis “Gli italiani e il cibo, rapporto su una eccellenza da condividere” fotografa uno spaccato della po-polazione italiana che si potrebbe estendere anche ai residenti di confine della nostra zona. L’87% degli intervistati dichiara di cono-scere i cibi tipici e di sceglierli quando fa la spesa! Ecco conferma-to, e spiegato, l’esodo oltre confine.Per contrastare questo fenomeno e limitare i danni, la grande e piccola distribuzione svizzera ha iniziato a proporre anche in Ti-

In queste calde giornate di mezza estate le cronache giornalisti-che elvetiche, dopo i festeggiamenti per il recente Natale della Pa-tria, orfano ahimè dei tradizionali falò a causa di siccità e pericolo di incendi, hanno continuato a riferire di massicce presenze nei supermercati e nei ristoranti di oltre-confine di cittadini svizzeri in trasferta alimentare.È giusto ricordare che la nuova parità franco euro invoglia i consu-matori del nostro Paese a recarsi nelle nazioni vicine per acquisti di prodotti mangerecci freschi o confezionati, a prezzi considerati convenienti e analogamente a frequentare trattorie, ristoranti e al-berghi per una colazione, un pranzo o una cena.Il fenomeno è allarmante: lo è soprattutto nella nostra zona di con-fine e ha evidentemente innescato una rapida reazione dei grup-pi della grande distribuzione che con immediate contro-misure hanno iniziato ad adeguare i prezzi al nuovo rapporto di cambio, aumentando le offerte speciali e le promozioni. Nuove campagne pubblicitarie e comunicazioni mirate sui prodotti locali provenienti

cuoco professionista e offrirla nella lista del vostro esercizio po-trebbe essere una scelta di successo. Chi mi legge, forse aggrotterà il viso. Sento già le critiche: nessuna tradizione ci lega alla porchetta alla romana e bla bla bla.Cerco di spiegarmi meglio. La Svizzera ha una lunga tradizione nel cucinare la carne di maiale: un recente comunicato di Proviande in-forma che ogni abitante in Svizzera consuma 52,4 kg di carne all’an-no, 4/5 di produzione interna, di cui circa la metà carne di maiale.I cuochi in Svizzera hanno una grande famigliarità con la cottura di arrosti in grandi pezzi, anche questo è un dato di fatto.Tra le specialità presentate nei ristoranti elvetici si trovano arrosti di vari tagli di carne, e per il maiale arrosti di carrè, di collo e di filetto. Cucinare in modo corretto un maialino è comune tradizione in vari cantoni. A Sapori Ticino 2015 lo chef Pascal Kleber dell’Arosa Kulm ha presentato il suo maialino di Ormalingen, specialità da me peraltro già ricordata su Ristora 2012, cucinata da Ambrogio Stefanetti alla Vecchia Osteria di Seseglio.Allo stesso tempo, in Ticino oggi è difficile trovare nel menu di un ristorante carni arrostite: si è persa l’abitudine di presentare un piatto del giorno con carni cotte: sempre di più solo carne bianca e rossa alla griglia o in padella (più facile e meno impegnativa per la cucina, di certo).La difficile situazione economica dovrebbe stimolare il ristorante a presentare oggi piatti diversi e più gustosi per differenziarsi dalla concorrenza d’oltre confine. La conferma viene dalla cacciagione, capriolo o cervo, che quando è offerta attira sempre la clientela straniera e locale, perché è carne cucinata a dovere e presentata con i suoi contorni di tradizione. Riflettiamoci.

cino le settimane del prodotto italiano, con offerte che spaziano da pasta secca di gran marca a prezzi competitivi, a tutto quanto è possibile reperire nei supermercati italiani tra i prodotti Doc o Dop. La promozione spesso è abbinata ad una comunicazione sui media locali che illustra la storia e la produzione dei prodotti tipici venduti, veri tesori gastronomici del territorio italiano.

Incuriosito da una di queste offerte ho acquistato in un grande mercato ticinese non solo qualche salume, qualche sugo o del formaggio, ma anche un piatto pronto. Parlo di una confezione di “Porchetta cotta lentamente al forno a legna, conciata con rosma-rino e finocchietto selvatico” già pronta all’uso.Come forse alcuni sanno la Porchetta di maiala è conosciuta con la denominazione di Porchetta alla romana, originaria di Ariccia, ed è un tipico prodotto dei Norcini, i salumai dei Castelli romani. Diffusa e commercializzata già ai primi del `900, da tempo si fregia del riconoscimento IGP.Devo dirlo: la porchetta era ottima! Permettetemi, però, una con-siderazione diretta ai nostri ristoratori, confrontati con questa “mi-grazione” oltre confine.Il vostro cliente è sempre più solleticato (anche tra le mura di casa) da gusti di piatti di altre regioni e segue novità e tendenze in materia di food. Sapete, ad esempio, che la Porchetta è oggi lo street-food più diffuso sull’Adriatico dove ha soppiantato altre specialità affermate? A Rimini hanno contato più di 130 automez-zi attrezzati per vendere panini con pane casareccio e porchetta tagliata fine!Cucinare una porchetta in “casa” è più facile del previsto per un

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DALLA “PORCHETTA DELLA DISCORDIA” AI TANTI TICINESICHE MANGIANO IN ITALIA.

ECCO LE RIFLESSIONI SULLA CATEGORIA DI RISTORATORI LOCALICHE OGGI SOFFRE, E ANCHE QUALCHE CONSIGLIO RAGIONATO

RISTORAZIONEOSARE PER VINCERE

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perciò care donne non fatevi distrarre dal sorriso smagliante o dal taglio degli occhi, perché ogni frase potrebbe celare l’insidia che vi condizionerà la vita per i prossimi tempi, quindi siate attente osser-vatrici e ascoltatrici.Dentro al locale cari signori, sfoderate tutte le regole di bon ton, eleganza e galateo. Mi raccomando: sarà forse per i troppi allenamenti in palestra che atrofizzano la muscolatura del braccio, ma troppo spesso noto uo-mini apparentemente educati e insospettabili che appoggiano go-mito e arto inerme sul tavolo: nel mio caso per un atto ignobile del genere scarterei anche Brad Pitt (va bene forse sto esagerando, con lui sarei un po’ più tollerante).Non intromettetevi se non richiesto nella scelta del menù, lasciate libere le sue papille gustative e la sua mente di fantasticare e vagare tra i gusti dei piatti proposti (vale per entrambi). Evitate frasi come “non so cosa prendere, tu cos’hai visto?” perché sono irritanti e dimostrano insicurezza e scarsa personalità (tra qualche giorno lei si rivedrà a dovervi cercare alle 6 del mattino i calzini da accostare alla cravatta) ma anche frasi come “prendi il carpaccio, è davvero deli-cato e leggero” perché esprimono condizionamento e privazione di libertà anche se dette con tutte le migliori intenzioni.La conversazione a tavola è un punto determinante della serata, non tediatela con eccesive presentazioni delle vostre prodezze o beni: non state vendendo un fondo, datele spazio di scoprirvi. Se Lei inizia a giocherellare con il bicchiere, la state mettendo a disagio o annoiando; datele spazio di manovra per esprimersi, lasciatela parlare ascoltandola, così si sentirà capita ed apprezzata. Interes-satevi ai suoi pensieri e alle sue passioni, dovrete essere abili a por-tare la conversazione su temi profondi, che le stanno a cuore senza sembrare invadenti.Argomenti apprezzati dal genere femminile sono i vostri scorci d’in-fanzia o adolescenza, perché inteneriscono sempre e sanno di pu-rezza.Non fissatela imbambolati con l’espressione da branzino e non in-correte in un “sei bellissima”: ha abbastanza autostima e intelligenza da capire che siete interessato a Lei.Il corteggiatore esperto potrà poi sbilanciarsi anche nella carta dell’empatia, ma bisogna essere attenti. Se Lei gradisce un amaro a fine serata, uno “stavo pensando la stessa cosa” ma anche un classico “anch’io la penso come te” la lasceranno di stucco e vi trasformerete come per magia nell’uomo della sua vita. Ovviamente non dovete eccedere con questo trucco e un minimo di verità deve esserci: il filo che vi farà catalogare come anima gemella o come banale adulatore è davvero sottilissimo.Altro trucchetto è insinuarle un minimo di gelosia, controllando ve-locemente sul tardi il cellulare: fatelo una o due volte ed evitate giu-stificazioni.Usciti dal ristorante (inutile dirvi niente conto alla romana, vero?), os-servate il suo stato d’animo: se non è stanca, sorprendetela portan-dola in un locale insolito o a passeggiare in un luogo non scontato.La serata sta giungendo al termine e, se avrete giocato bene le vostre carte, Lei sarà pronta per consegnarvi il premio, un bacio da copione. Ma potete anche giocarvi l’asso (di cuori) nella manica, sorprendendola: a fine serata salutatela con un bacio sulla guancia dicendole “tu mi piaci molto, lo so che ti saresti aspettata un bacio che sicuramente sarebbe stato anche per me stupendo, ma io vo-glio davvero conoscerti”, cose da vero cavaliere d’altri tempi.Non mi resta che aggiungere Bon appetit et bonne soirée, gustatevi questi momenti magici.

L’uscita a cena al ristorante è un gioco di seduzione bellissimo: pur essendo una sorta di romantica rappresentazione teatrale e un pro-tocollo classico come il panettone a Natale, rimane la certezza che Lei vi piace e Lei è onorata di essere il personaggio principale.Dopo che anche il nobil gesto del regalare una rosa è stato sdoga-nato e fast-foodizzato dai ragazzi delle rose che tampinano in cen-tro, ogni uomo dovrebbe potersi giocare le proprie carte nel corso di una cena.Purtroppo pochissimi eletti ne escono con l’award di un bacio a fine serata. Cosa fa scattare in Lei, giuria unica, l’assegnazione di “++” nella valutazione per il premio? Esistono degli errori che vanno oltre il calzino da tennis bianco e sono più subdoli e sottovalutati.Le regole principali per il successo sono tre: saper osservare, saper ascoltare ed essere sé stessi.Questi tre princìpi devono essere applicati ancora prima che Lei abbia accettato il vostro invito. La scelta del ristorante-palcoscenico deve essere ben ponderata. Dovete innanzitutto prediligere un luo-go che vi rispecchi, quindi che conoscete già. Non dovete puntare agli effetti scenici portandola in ristoranti super-stellati: per quelli, se vi guadagnerete la stella della sua approvazione, avrete tempo. Indi-cato potrebbe essere un ristorante-bistrot che vi descriva, un piace-vole raffinato ritrovo per riscoprire l’arte della semplicità, un perfetto equilibrio tra la vostra essenza, lo stile del locale ed il gusto dei piatti.Dovete inoltre tenere presente le particolarità della vostra commen-sale. Se l’avrete osservata con attenzione, sarà facilissimo evitare gaffe come quella di finire in un locale per carnivori impenitenti se è vegetariana.In ogni caso, mai sottolineare che la scelta è stata fatta in base alle sue esigenze, perché passereste subito da ruffiani. Durante la cena ci si mette “a nudo”: l’uomo tira fuori i suoi pregi e difetti, le sue passioni, le sue qualità e una parte del suo carattere,

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tutti gli apprendisti cuochi della Svizzera che sono al 2° o al 3° anno di apprendistato, della classe 1994 o più giovani e che sono alla ricerca di una nuova sfida. Entro il 27 novembre 2015 avete la possibilità di inviare per iscritto il vostro lavoro di partecipazione al concorso.

Lavoro di partecipazione al concorso Il lavoro di partecipazione al concorso è composto per prima cosa da un lavoro scritto e in secondo luogo dalla finale pratica di cu-cina che avrà luogo il 17 marzo 2016 presso la scuola professio-

LE ISCRIZIONI PER «GUSTO16», L’UNICO CONCORSO DI CUCINA NA-ZIONALE PER APPRENDISTI IN SVIZZERA, SONO APERTE. QUESTO CONCORSO PER GIOVANI CUOCHI TALENTUOSI VIENE ORGANIZZATO DA PRODEGA/GROWA/TRANSGOURMET SOTTO IL PATRONATO DELLA SOCIETÀ SVIZZERA DEI CUOCHI. SI POSSONO VINCERE INTERESSANTI E ALLETTANTI PREMI, COLTIVARE CONTATTI UTILI, FARE MOLTA ESPE-RIENZA E VIVERE DEI MOMENTI INDIMENTICABILI.

New York, Amburgo, Lucerna e Lugano: «gusto16» mette in palio dei premi veramente attraenti. Questa opportunità è riservata a

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Il concorso di cucina: un successo duraturoQuesto concorso di cucina per apprendisti è ormai diventato un vero e proprio trampolino di lancio per giovani cuochi talentuo-si. Infatti, «gusto» ha permesso a molti partecipanti di entrare a far parte della squadra giovanile di cuochi e, di conseguenza, di muovere i primi passi nel mondo dei concorsi di cucina. Grazie a «gusto» molti apprendisti hanno la possibilità di dimostrare in pub-blico le proprie capacità, di farsi conoscere e allo stesso tempo fare delle esperienze importanti. Inoltre, la partecipazione a «gu-sto» rappresenta per molti apprendisti anche una sfida personale grazie all’ideale preparazione all’esame finale.

Sostegno di partnershipLa realizzazione di «gusto», è possibile grazie al grande sostegno dei tanti sponsor dell’industria e del commercio. Oltre a Emmi, Ice Factory Schweiz AG, Kadi, Mercedes-Benz e Unilever Food Solutions, che sono i partner leading, vi sono ulteriori sponsor che sostengono in modo considerevole questo evento.

I documenti del concorso, come anche ulteriori informazioni e immagini, si possono scaricare da subito sul sito ufficiale www.gustoevent.ch.

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GIOVANICUOCHITALENTUOSI,SIETE PRONTI?

ECCO IL CONCORSO DI CUCINA PER APPRENDISTI «GUSTO16»

Il vincitore di «gusto15»:Lukas Kaufmann, Waldhaus Flims Mountain Resort, Flims

Lukas Kaufmanndurante il concorso «gusto15» a Baden

I primi tre classificati di “gusto15” (d.s.a.d.):Corinne Heussi, (3° posto), Lukas Kaufmann (1° posto),Sara Gruosso (2° posto)

nale BBBaden a cui saranno ammessi i nove migliori lavori, scelti dalla commissione di concorso della Società svizzera dei cuochi. I partecipanti dovranno realizzare due portate, costituite da un an-tipasto e da un piatto principale sul tema «Interpretazione creativa della tradizione».

AntipastoCreazione di un antipasto freddo e caldo con pesce, ver-dure biologiche ed erbe aromatiche. L’antipasto può essere composto da un massimo di due componenti principali.

Piatto principaleCreazione di un piatto principale a base di carne di vitello “Swiss Quality” con due differenti metodi di cottura/tec-niche culinarie, accompagnate da un contorno a base di carboidrati, verdura e/o frutta biologica. Il piatto principale può essere composto da un massimo di tre componenti principali.

Un concorso giovane e con una lunga tradizione Il concorso di cucina «gusto16», dedicato in modo particolare ai giovani talenti culinari, è già giunto alla sua dodicesima edizione. Questo concorso di cucina nazionale per apprendisti, l’unico in Svizzera, è organizzato da Prodega/Growa/Transgourmet, il più grande commerciante all’ingrosso a libero servizio e di fornitura in Svizzera, sotto il patronato della Società svizzera dei cuochi. Attra-verso questo concorso annuale, Prodega/Growa/Transgourmet si impegna a favore della formazione professionale nella gastrono-mia sostenibile e accompagna i giovani cuochi talentuosi sulla via del successo.

Partecipare e vincere!L’obiettivo principale di «gusto16» è quello di promuovere i giovani cuochi svizzeri. Per questo motivo ogni anno i premi in palio offro-no opportunità uniche all’apprendista durante la sua formazione. Il vincitore o la vincitrice si aggiudicherà un soggiorno di due set-timane a New York con visita nella cucina del ristorante dello chef di cucina, gastronomo e autore di libri americano, Thomas Keller. Nel programma c’è anche la visita al «Eleven Madison Park» nella cucina di Daniel Humm. Chi si classificherà al 2° posto si aggiu-dicherà un viaggio di una settimana ad Amburgo. Al «Landhaus Scherrer» lo Chef di cucina Heinz O. Wehmann vi coinvolgerà nel-la sua nuova interpretazione della cucina tedesca settentrionale della tradizione e nella cucina moderna molecolare. Sarà anche interessante la visita e la partecipazione al corso specialistico da Bell Germania. Il 3° posto offre un doppio programma culinario, da poter scegliere. Il Park Hotel Vitznau è stato premiato per la sua eccellente cucina come «Gault Millau Hotel dell’anno 2014». L’executive chef di cucina Christian Nickel (16 punti Gault Millau) offre una visita nelle cucine dei due ristoranti del Parkhotel. A Lu-gano Dario Ranza, chef di cucina al Principe Leopoldo (16 punti Gault Millau), rivelerà la sua filosofia culinaria. Inoltre, tutti gli ap-prendisti cuochi che invieranno il proprio lavoro di partecipazione al concorso riceveranno in regalo un coltello Kai, come anche un rimborso menu sotto forma di buoni acquisti del valore di CHF 100.-- da parte di Prodega/Growa.

«gusto» è l’unico concorso di cucina nazionale in Svizzera per apprendisti al 2° e al 3° anno. Questo concorso viene organizzato da Prodega/Growa/Tran-sgourmet, Transgourmet Svizzera SA, sotto il patronato della Società svizzera dei cuochi.

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sarà per questo che non sembra di stare a Lugano, ma in un posto nel bel mezzo del mondo. I collaboratori di Alis, infatti, provengono da tutto il mondo: Portogallo, Ecuador, Afghanistan, Italia, Croazia realiz-zando un melting pot unico nel quale si re-spira un’aria internazionale, ma col calore di una casa.

piatti a loro dedicati, infine usiamo tante erbe che danno profumo oltre che colore ai nostri piatti. Insomma abbiamo un toc-co decisamente personale in sala come in cucina.”Alis è complice di aver contagiato lo chef con la sua grande passione per il te. “Da questo incredibile prodotto non si ricava solo una bevanda” ci spiega lo chef, “noi, ad esempio, col te spesso ci cuciniamo: molto spesso realizziamo a mano la pasta al te matcha, che i clienti ormai hanno nel cuore.”Paste, gnocchi e dessert, infatti, sono re-alizzati a mano, esattamente come si fa-rebbe a casa.In tutto questo, il tocco elegante di Alis e staff è un po’ dappertutto, anche nell’at-tenzione per i dettagli del catering che continua ad essere uno dei suoi impegni:

Ricette di casa, un sorriso solare e uno staff collaudato e in sintonia: sono questi gli in-gredienti del successo de La cucina di Ali-ce, ristorante nel cuore di Lugano, affaccia-to sul lago e dove davvero ci si sente come a casa. Da cinque anni l’anima del locale è naturalmente Alis Dancilovic, origini croate ma ormai luganese DOC, da anni impegna-ta nella ristorazione (prima in patria e poi in Svizzera, sua patria di adozione). Tutto qui parla di lei: un tocco a metà stra-da tra informale e curato, un’anima femmi-nile e di buon gusto che riesce a traspor-tare il cliente, nei brevi tempi di una pausa pranzo, in un ambiente dove concedersi qualche vizio. A metterci il cuore (fattore non misurabile, ma di certo non trascurabile) è lei, l’Alice che dà il nome al ristorante. “Ho sem-pre amato la cucina fin dall’infanzia nella campagna istriana, e una volta cresciuta ho iniziato a esplorare il terreno lavorando nell’ambito dei catering, poi finalmente ho aperto questo angolo di buona cucina in città” ci racconta Alis, “Era il 2010 e mi sono guardata un po’ intorno: a Lugano ci sono tanti bellissimi ristoranti, ma io vo-levo proporre qualcosa che ancora non trovavo: l’aria di casa. E dopo cinque anni, credo di esserci riuscita”.Sarà la prevalenza di colori luminosi, sarà la sua presenza che in sala si sente eppure è leggera, di certo ci pare che Alis sia riu-scita nel suo intento. In cucina, a darle man forte fin dal primo giorno, c’è Daniel Codega, chef di origini valtellinesi e con una mano mediterranea che sa rispettare la materia prima e anche rivederla in luce più contemporanea. Qui infatti, oltre ai grandi classici che non si possono togliere dalla carta senza rischia-re di far arrabbiare gli habitué (la cheeseca-ke, ad esempio, ma anche il mitico ham-burger) ci sono diversi piatti interessanti. Il filo rosso è quello della stagionalità, per andare incontro alle regole e ai tempi det-tati dalla Natura. “Quando possiamo scegliamo prodotti lo-cali, con un occhio di riguardo ai fornitori che rispettano la nostra idea di sosteni-bilità: ad esempio, il pesce di lago viene dall’unica donna pescatrice del Ceresio. Non mancano anche delle chicche che servono ad impreziosire le nostre ricette: per citarne solo una, in stagione abbia-mo un’insalata di carciofi e calamansi (un agrume poco conosciuto, ma buonissimo)che i clienti apprezzano molto. Pensiamo agli amici vegetariani che trovano sempre

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A “CASA”DI ALICESENTIRSI A CASA AL RISTORANTE? NON POTEVA CHE CHIAMARSI COME LEIQUESTO ANGOLO DI MONDO A LUGANO,VISTO CHE QUI ALICE È UN PO’ OVUNQUE:NEI PICCOLI DETTAGLI COME NELLA FILOSOFIADEL RISTORANTE, CHE FA RESPIRARE ARIA FAMIGLIARE,MA CHE VI TRASPORTA ANCHE IN GIRO PER IL MONDO.IL TUTTO CON UN TOCCO UNICO, CHE È QUELLODI ALICE E DEL SUO STAFF:SENZA INVADENZA, MA CON UNA GRAZIA E UN TOCCOCHE “CI SONO, MA NON SI VEDONO”.

In autunno, tra le varie proposte ga-stronomiche, c’è anche uno dei ca-valli di battaglia de “La cucina di Ali-ce”: il filetto di Angus scozzese al Blu di Moncenisio. La firma dello chef, in moltissime pietanze, ha il profumo delle erbe aromatiche, che riescono a dare un tocco mediterraneo, e anche a colorare il piatto in modo che si inizi a mangiare prima con gli occhi.

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vino viene travasato in piccole botti da 500 e 225 litri dove rimane per circa 24 mesi. All’imbottigliamento segue un periodo di affina-mento in bottiglia di circa due anni.

GLI ABBINAMENTI GASTRONOMICI:Denso e potente, merita la carne, il pollame nobile come faraona o fagiano, quei piatti in cui l’acidità accompagnata ad un corredo tannico concentrato e compatto riescono a contrastare e a pene-trare la fibra senza scomporsi. La fitta trama tannica suggerisce di accostarlo a piatti piccanti e speziati, come ad esempio il sugo di castrato abruzzese, una sella di camoscio o un salmì di lepre o cin-ghiale e formaggi a pasta dura lungamente stagionati. Temperatura di servizio consigliata non oltre i 18 gradi e servito in ampi ballon.

I vini dell’azienda Gulfi sono importati in Svizzera in esclusiva da Tamborini Vini – Lamone (www.tamborinivini.ch)

Il Nero d’Avola ha origine siciliana, nell’assolata terra di Siracu-sa, vino forte, capace di resistere in terreni non irrigati ed utiliz-zato per decenni come uva da taglio per rinforzare vini dal tenore insufficiente. Riscoperto negli ultimi 10 anni, il Nero d’Avola è il vitigno usato per i migliori rossi siciliani, infatti è propenso all’in-vecchiamento. Ha un grappolo non molto grande con acino me-dio-piccolo leggermente appuntito, con frutti dal colore rosso con sfumature violette, molto suggestivo, aroma pronunciato di frutta rossa (prugna, mora) e tannini non allappanti. Vitigno dalla bassa resa per vite, il Nero d’Avola dà origine a grandi vini rossi in cui le sensazioni olfattive di frutta rossa, anche dopo lunghi anni, rap-presentano la componente più importante e caratteristica, insie-me ai tannini tipicamente dolci. Pur essendo coltivato in tutta la Sicilia, il Nero d’Avola soprattutto tra Noto e Pachino continua ad avere la sua massima espressione.L’azienda Gulfi (www.gulfi.it) ha fatto un’importante ricerca del proprio “terroir” per esaltare i suoi vini che sono Nerojbleo, pro-dotto con uve che provengono dai vigneti situati nelle vicinan-ze della cantina a Chiaramonte Gulfi, ed i vari cru Nerobaroni, Nerobufaleffj, Neromaccarj, Nerosanloré che provengono da vi-gneti nelle contrade del comune di Pachino nel siracusano. Il pun-

to di forza dell’azienda Gulfi è di essere riuscita a rappresen-tare al meglio le tipicità di ogni singolo vigneto, mettendo sul mercato cinque tipologie di Nero d’Avola con caratteristiche diverse.

Vi presentiamo in questo numero un loro grande cru: NEROMACCARJ, Nero d’Avola in purezza.

Il NEROMACCARJ è un cru di Nero d’Avola dal carattere particolarmente deciso possente e ricco. La forza acida che ne segna la personalità trova puntuale riscontro e bilan-

ciamento nella fitta trama tannica ma soprattutto nella ricchezza di polpa e nella maturità di frutto che dan-no al vino una grande avvolgenza, da cui nel tempo si liberano sempre più nette le tipiche note di erbe secche e confetture.

LA VIGNA:La Vigna Maccari fra le più rinomate del pachine-se, sottozona classica della Val di Noto, si estende per circa 3 ettari a 30 m di altitudine. Il terreno, calcareo argilloso, appartiene ad una formazione geologica particolarmente antica, caratterizzata da stratificazioni molto sottili e compatte. Il clima è temperato-caldo mediterraneo. La densità di im-pianto è di 7000 viti per ettaro allevate ad alberello. Le vigne, non irrigate hanno oltre 35 anni con resa naturale che non supera i 50 quintali ad ettaro.

LA VINIFICAZIONE E L’AFFINAMENTO:Le uve vendemmiate dopo la metà di settembre, vengono vinificate in rosso con lunga macerazio-ne del mosto con le bucce. Dopo la malo-lattica, il

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Azienda BiancaVigna 100% GleraProvenienza: Conegliano – ValdobbiadeneClassificazione DOCGPrezzo: 16,90 Chf

IL PROFESSIONISTA:Già al naso è un vino appassionante, con nessuna nota “ruffiana” tipica di tanti Pro-secco. C’è una bella freschezza, una nota finale mandorlata che apprezzo molto, e direi che è un vino schietto: così come si sente al naso risulta anche sul palato, il gu-sto non è coperto dai lieviti che lo rende-rebbero più “facile”, ma anche con meno personalità. LA GIORNALISTA:Con giornate calde e assolate come quel-le di questa torrida estate, un vino come questo potrebbe diventare il miglior amico dell’aperitivo. Non esiste più un vino “fatto per le donne” e sono sempre più i vini fat-ti da donne: questo è semplicemente un buon vino. LA VENDITRICE:Se dovessi riassumere questo vino alla luce della personalità della produttrice, che conosco, direi che siamo davanti ad un vino senza particolari voli pindarici, ma che convince e piace in primis a chi lo fa. Pulito, in ordine e con una vena tutta per-sonale: pur essendo commerciale, visto che il Prosecco oggi piace a tutti, questo ha qualcosa in più. IL RISTORATORE:perfetto per l’aperitivo, sembra studiato apposta! Fresco, con delle bollicine piene

che invitano a bere un bicchiere e a chie-derne subito un secondo. Un vino “easy” che incontra i favori della maggior parte della clientela, che oggi è stata letteral-mente conquistata dal Prosecco. L’APPASSIONATO:la leggera nota sapida non è fastidiosa, ma piuttosto insieme agli agrumi pulisce bene il palato. Decisamente adatto come vino di inizio pasto, un vino che come si dice per una signora elegante ma non troppo “che non impegna”, e che si distingue nella massa dei tanti Prosecco che oggi ci offre il mercato.

DEGUSTAZIONE50

Per rispettare le “quote rosa” del vino, per questa degustazione abbiamo scelto dei vini fatti da donne. Che siano produttrici o eno-loghe, insomma, queste 5 bottiglie portano nel bicchiere lo spirito

femminile ed elegante che non guasta anche quando si parla di vino. I vini degustati sono vini di importazione, svizzeri e ticinesi.

5 PALATI,CUORI,VINI

OSPITI DELL’ENOTECA NONSOLOVINO A VEZIA,5 DEGUSTATORI SI SONO INCONTRATI PER SCAMBIARSI OPINIONI E STORIE

SU 5 VINI PARTICOLARI, TUTTI SOTTO IL TETTO DEI 20 FRANCHI.UNA DEGUSTAZIONE CHE, PIÙ CHE FAR EMERGERE

LE CARATTERISTICHE TECNICHE DEI VINIÈ UN MOMENTO DI SCAMBIO INTERESSANTE TRA AMANTI

DEL NETTARE DI BACCO.

I degustatori:

La scelta dei vini:

IL PROFESSIONISTAAnna Valliè sommelièrecon APF (attestatoprofessionale federale)

LA GIORNALISTAArianna Livioè esperta di comunicazionee direttricedi Ristora Magazine

IL RISTORATOREGagan Nirhè gerentedel Ristorante Tablaa Montagnola

L’APPASSIONATOJean Claude Cochard è un abbonatodi Ristora Magazinee appassionato di vino

LA VENDITRICEAnnelie Lundinè titolare dell’enotecaNonsolovino

Conegliano -Valdobbiadene DOCG Extradrye

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Azienda La StoppaProvenienza: Piacenza 60% Barbera – 40% Bonarda Classificazione: Igt Emilia RossoAnnata: 2013Prezzo: 15 Chf

LA PROFESSIONISTA:In questo caso siamo di fronte ad un vino che potremmo definire d’altri tempi. Ri-spetto ai tanti vini studiati a tavolino e che riescono nel loro intento di piacere a tutti, qui siamo davanti ad un prodotto “rustico e sincero”, con una vena acida piuttosto marcata e una certa libertà di espressione, che potrà anche raccontarci qualcosa di diverso tra qualche anno. LA GIORNALISTA:Si torna di nuovo ai vini naturali, e mi vie-ne da chiedere quando i palati dei consu-matori si abitueranno a vini un po’ diversi come questo, che nell’accezione di natu-rale racchiude una buona dose di perso-nalità e di carattere. Al contempo, anche in questo caso, il tocco femminile mi pare una nota distintiva.

successo in Svizzera interna, ma ancora relativamente poco conosciuto in Ticino. IL RISTORATORE:Un azzardo: con questo vino un po’ spe-ciale si potrebbe pensare di farci un aperiti-vo. Magari si potrebbe servire ad una tem-peratura un po’ più fredda del consueto, e abbinarlo a qualche stuzzichino prima dei pasti. Ottimi i salumi che ammantano di grassezza la bocca, e il vino arriverebbe a sgrassare tutto. L’APPASSIONATO: Per tornare sul tema donne e vino, trovo che in questi ultimi anni la donna sia sem-pre più spesso alla ricerca di vini di carat-tere. Finiti i tempi del palato “da signorine”, oggi mi trovo di frequente seduto al tavolo con donne competenti e che hanno gusti decisi e forti.

Azienda Fattoria Moncucchetto100% MerlotProvenienza: Canton TicinoAnnata: 2013Prezzo: 20 Chf

LA GIORNALISTA:Dietro questo vino, che conosciamo, ci stanno due donne: Lisetta Lucchini è ani-ma e cuore dell’azienda, insieme all’eno-loga della Fattoria Moncucchetto, Cristina Monico. Oggi non fa più specie, ma fino a pochi anni fa il mondo del vino era pret-tamente maschile, e questa inversione di tendenza è un bel traguardo per tutto il popolo femminile, soprattutto per chi il vino lo ama. LA VENDITRICE:Le esperienze all’estero hanno donato qual-cosa in più alla professionalità dell’enologa Monico. Questo Merlot andrebbe lasciato in cantina e se ne potranno cogliere i frutti anche tra due o tre ani, quando si sposerà degnamente a piatti di carne alla griglia, ma anche ai formaggi freschi ticinesi. IL RISTORATORE:Personalmente nel mio locale ho una carta dei vini decisamente ricca: si contano 340 etichette, di cui una sessantina sono sviz-zere. Per esperienza, questa è una buona espressione del Merlot ticinese e il cliente locale apprezza sempre di più il vino “di casa”. Oggi, molto spesso, il cliente si fa sempre più sensibile al fattore costi e rie-sce a capire anche che i ticinesi, a volte, sono penalizzati dai concorrenti di altre na-zioni. Nonostante questo il trend è quello di scegliere vini locali al ristorante. L’APPASSIONATO: Vedrei bene un incontro tra grandi classici del territorio: questo Merlot ticinese si spo-sa alla perfezione con un buon risotto alla luganighetta, ad esempio, a dimostrazione che cucina e carta dei vini possono andare a braccetto.

Azienda Garofoli100% VerdicchioProvenienza: Jesi (Marche)Classificazione: Verdicchio Castelli di Jesi DOC Classico Superiore Annata: 2012Prezzo: 19,50 Chf

LA PROFESSIONISTA:Uno splendido vino che, a differenza del precedente, è più “impegnativo” e non è certo un prodotto beverino come il Pro-secco. D’altra parte, ha uno stile molto personale e molto deciso, è un vino con un carattere ben percepibile, con il suo profumo fruttato, una lunghezza notevole e un calore avvolgente. LA GIORNALISTA:Un vino con un carattere ben delineato, con un’anima che si percepisce in ogni sorso, ma addirittura anche prima, visto che la prima cosa che colpisce è il colo-re intenso. Forse non semplice o per tutti (data la sapidità importante) è comunque qualcosa che stupisce e che si fa ricor-dare.

IL RISTORATORE:bella freschezza, note mandorlate e una buona struttura. Insomma, un vino che mi piace. Di certo, il suggerimento ai ristora-tori è quello di abbinarlo (non è certo un vino da aperitivo), magari con una capa-santa speziata con ceci, per rifarci ad un piatto “di casa”. La crosticina leggermen-te piccante si sposa perfettamente con la spalla del vino che arriva a pulire tutto il palato. L’APPASSIONATO:Un vino che, personalmente, apprezzo davvero molto. Quasi incredibile pensa-re che non si sia mai avvicinato ad una barrique, ma questo lo rende ancora più interessante e intrigante, anche per il con-sumatore in cerca di qualcosa di diverso dai bianchi più classici.

Azienda Marie-Thérèse ChappazGamay e Pinot NeroClassificazione: AOC Valais Annata : 2014Prezzo : 20 Chf

LA GIORNALISTA:La questione della qualità dei biodinamici è un argomento ancora aperto, e che vede schierati fautori e detrattori. A giudica-re semplicemente dal prodotto di questa Signora del vino, possiamo dire tranquilla-mente che i buoni risultati, per chi lavora bene (seguendo la biodinamica o i metodi tradizionali) arrivano sempre. E questo è uno dei casi, appunto. LA VENDITRICE:Non si può bere questo vino senza ci-tare la grande donna che ci sta dietro. Marie-Thérèse Chappaz è una delle grandi protagoniste del vino svizzero, conosciu-ta nel Vallese e non solo, una donna con le idee chiare, un punto di riferimento per l’enologia nazionale, e anche per quella “in rosa”. Il suo amore per la terra e i suoi cicli naturali l’hanno portata verso la scel-ta biodinamica, che oggi porta avanti con successo e convinzione.IL RISTORATORE:Questo è un vino che si sposa perfetta-mente al tipo di cucina dei miei ristoranti. Ma, come per quella indiana, vale per tutti gli abbinamenti con piatti speziati, saporiti e di un certo carattere, dove il sapore è de-ciso. Che ne dite di uno spiedino di pollo, cipolla e peperoni cotto in forno tandoori? L’APPASSIONATO: Molto spesso, al ristorante e non solo, si tende a scegliere questa tipologia di vino, ma preferendo etichette italiane. Sarà il prezzo, oppure un po’ di faciloneria, ma sarebbe interessante trovare più spesso in carta un vino di questo tipo. Il rapporto qualità prezzo è ottimo, e in più è un pro-dotto nazionale.

DEGUSTAZIONE

Dôle la Liaudisaz

Trebbiolo

L’Arco

Podium

LA VENDITRICE:Questo Verdicchio è in costante e silen-ziosa evoluzione. Rispetto alla prima volta che assaggiai un 2012 si è decisamente evoluto, e questo mi lascia pensare che il miglior consiglio sia quello di dare ancora un po’ di tempo a questo vino e lasciarsi sorprendere dall’invecchiamento.

LA PROFESSIONISTA:Si sente molto l’incidenza del Pinot nero con le spezie dolci al naso e poi in boc-ca è un buon vino, “succoso”, non trop-po artefatto o perfettivo, ma piuttosto con una rugosità che gli conferisce carattere e un’anima che letteralmente si accende sul palato.

LA VENDITRICE:Elena Pantaleoni gestisce l’azienda dal ’97 e da sempre ha dato la sua impronta alle vigne, andando nella direzione dei vini naturali, senza cercare di rincorrere le cer-tificazioni biologiche, ma semplicemente lavorando come le dice il cuore. Questo, in particolare, è un vino che ha moltissimo

LA PROFESSIONISTA:Note tipiche di Merlot, anzi del Merlot di casa nostra, con la prugna, la frutta matu-ra, spezie, e anche qualche tocco di viola. In bocca ha un bell’impatto con una deli-cata freschezza, tannini giovani e presenti, e un potenziale di invecchiamento che lo migliorerà nel giro di due/tre anni.

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In fatto di eleganza, si sa, il nero va su tut-to. Non fa eccezione il riso Gallo Venere, integrale e dal colore inconfondibile, scel-to da molti grandi chef per piatti di una classe innegabile. Le sue caratteristiche conquistano al primo assaggio, anzi anco-ra prima. Durante la cottura, infatti, i suoi chicchi sprigionano un caldo e avvolgente aroma di pane appena cotto.Il Riso Gallo Venere, originario dalla lontana Cina, oggi viene coltivato anche in Pianura Padana, culla italiana dei chicchi di qualità.Interessanti anche le leggende legate a questo antico, eppur contemporaneo riso: si narra, infatti, che fosse uno dei piatti pre-feriti degli imperatori cinesi e che ne ap-prezzassero anche le doti afrodisiache che gli valsero il nome di riso proibito.Il Riso Gallo Venere, anche semplicemente bollito è una sorpresa per i palati, anche i più esigenti. Tuttavia moltissimi grandi chef lo hanno scelto per realizzare intriganti ri-cette dai profumi esotici, piatti di carattere con il pesce come co-protagonista oppure rivisitazione di grandi classici tradizionali con un tocco in più. Per capire da vicino come elevare al mas-simo questo tipo di riso, ecco l’illustre esempio di Gualtiero Marchesi che ha cu-rato per la Guida di Riso Gallo una ricetta davvero golosa.

RICETTA DELLO CHEFGUALTIERO MARCHESI PIRAMIDE DI RISO VENERECON GAMBERI E CALAMARETTI Ingredienti:220 g Riso Gallo Venere16 code di gambero16 piccoli calamaretti già puliti1 scalogno tritato3/4 l brodo vegetale80 g olio extravergine d’oliva1 piccolo zenzero2 cucchiai salsa di soia1 cucchiaio nero di seppiail succo di mezzo limone

Preparazione: Mettere a marinare lo zenzero nel succo di limone, 30 g di olio, la soia e il nero di seppia.

Frullare il tutto per ottenere la salsa di de-corazione. In un tegame con 40 g di olio soffriggere lo scalogno e unire il Riso Ve-nere di Riso Gallo.Continuare la cottura aggiungendo poco per volta il brodo bollente.Nel frattempo in una padella, con l’olio re-stante, saltare velocemente e su un solo lato le code di gambero precedentemente incise per il lungo e i calamaretti, senza sa-lare e pepare. Tenere al caldo.Terminare la cottura del Riso Venere di Riso Gallo aggiustandolo di sale.Pressarlo dentro 4 stampini piramidali fo-derati di pellicola da cucina.Rovesciarli al centro di ciascun piatto e contornarli con le code di gambero e i ca-lamaretti. Nappare il Riso Venere di Riso Gallo con la salsa precedentemente preparata.

L’ELEGANZADEL NERODI RISO GALLOPROFUMI E SAPORI CHE, DAL LONTANO ORIENTE,HANNO CONQUISTATO ANCHE LE NOSTRETAVOLE. I CHICCHI NERI DEL RISO GALLO VENEREREGALANO PRESTIGIO AI VOSTRI PIATTI,GRAZIE AD UN TOCCO ESOTICO E DI CLASSECHE NON SI PUÒ CHE APPREZZARE.

Il piatto di Gualtiero Marchesidella nona edizione di Guida Gallo.

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denza con la ristorazione veloce, ma anche quella classica e a po-ter contare su esperienze molto diverse tra loro e tutte formative. A causa di qualche problema di salute, Angelica è stata costretta a rinunciare al suo ristorante dove ha lavorato per quasi 10 anni, ma non si è certo data per vinta, trovando comunque spazio in realtà lavorative più piccole e scoprendo un nuovo mondo all’in-terno della ristorazione, oggi fa “la chefa” come la chiama simpa-ticamente la sua titolare, in un piccolo esercizio nel Mendrisiotto.“In tutti questi anni di lavoro, tra sala e cucina, tra gestione e rap-porti col personale, ho capito che mi piacerebbe mettere a dispo-sizione degli altri il mio bagaglio lavorativo, entrare nel mondo della formazione, una integrazione professionale per adulti che si affac-ciano a questo lavoro. Questa professione non è statica, come molti pensano. Si evolve di continuo, e ho un piccolo progetto personale che mi piacerebbe realizzare, visto che stare in cucina è la mia più grande passione. Staremo a vedere.”Una cosa è certa: Angelica non si ferma qui. Nuove sfide profes-sionali la attendono, e da lei non ci si può che aspettare qualche bella sorpresa.

La storia di Angelica Maury Vicari non si può condensare in un paio di pagine, e non tanto perché siano successe tante cose dal-la sua nascita a Santiago del Cile nel 1962, ma piuttosto perché è difficile spiegare il susseguirsi di coincidenze e incroci che l’hanno portata oggi ad avere uno dei sorrisi più contagiosi mai incontrati. Il suo destino sembrava segnato, purtroppo in negativo, da un’in-fanzia un po’ complicata in cui la famiglia alto borghese da cui proviene ebbe dei problemi finanziari, che la spinsero a iniziare a lavorare giovanissima per mantenersi e pagarsi gli studi alla scuola alberghiera e di cucina. Lo si capisce anche la prima volta che la si incontra: Angelica non è il tipo da abbattersi, anzi, parados-salmente esprime il meglio nell’affrontare i problemi e ricostruirsi. È così che anche se, in quell’epoca era quasi impossibile senza l’aiuto della famiglia, ancora giovanissima con un marito e una figlia piccola e a dispetto dei rischi, decide di trasferirsi in Svizzera dove pensava le opportunità fossero sicuramente migliori che in Cile: non a caso, ma semplicemente perché il destino ha scelto che il padre di sua figlia fosse uno svizzero nato e cresciuto in Cile. “Questo pezzo di carta era il mio passaporto per la vita” dice Angelica e prosegue nel raccontarci la sua lunga e bellissima storia. Arriva in Ticino con un bagaglio leggero, ma già ricco di esperienze lavorative: durante gli studi alla Scuola Alberghiera, infatti, aveva iniziato un’attività di catering e aveva lavorato in un bar serale molto rinomato.La passione per la cucina è nata da bambina: “Le necessità mi hanno portato tra i fornelli fin da piccola, ed è sempre stato un grande amore quello per la cucina” prosegue, “e una volta arrivata qui avevo il sogno di realizzarmi ed aprire una mia attività nella ristorazione.”Il suo primo lavoro, in realtà, si svolge nel palazzo dove abita con la famiglia, come colf, ma poi riesce a trovare un impiego nel reparto macelleria di un supermercato. Lavora a stretto con-tatto con 13 uomini e coi primi soldi messi da parte frequenta la scuola esercenti. Tutto si può dire, ma non che ad Angelica manchi caparbietà. Da quel momento, la ristorazione è stata una parte importante, basilare della sua vita: ha lavorato in cucina, ma anche come gerente, ha imparato a gestire il personale e l’amministrazione, ha “rubato” agli chef del Sud Italia i loro segreti, ha conosciuto e sperimentato un po’ tutto all’interno di questa incredibile e po-liedrica professione. Paninoteche, bar, hotel, ristoranti e grandi catene: nel suo ampio curriculum vitae non manca nulla. Le sue tante e diverse espe-rienze l’hanno portata ad avere un punto di vista privilegiato, in cui professionalità e passione per la cucina si fondono per an-dare a formare quella particolare e unica donna che è Angelica Maury Vicari. Le sue esperienze professionali si alternano in diversi luoghi, in Canton Ticino e nella vicina Italia, e la aiutano a prendere confi-

56 PERSONAGGI56

SONO NATAPER STARE IN CUCINA

LA STORIA DI ANGELICA MAURY VICARI È FATTA DI COINCIDENZE DI VITA,MA ANCHE DI UNA PASSIONE INNATA PER IL SETTORE

DELLA RISTORAZIONE, DAL QUALE HA IMPARATO MOLTOE NON SMETTE DI IMPARARE.

UN ESEMPIO DI COME I SOGNI PROFESSIONALIPOSSONO ANCHE TRASFORMARSI IN GRANDI ESPERIENZE DI VITA.

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Una tradizione che riesce a non spegnere le tradizioni, quelle culinarie. La Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Bas-so Ceresio, che ha visto i suoi albori nei lontani anni ’70, oggi è più viva che mai e si prepara a vivere una nuova stagione da grandi numeri. Lo scorso anno, infatti, hanno risposto presente all’appello della Rassegna oltre 20 mila persone. “Per il 2015 puntiamo a raggiungere quota 25 mila presenze”, ci racconta Antonio Florini, presidente della Rassegna, che in questa festa autunnale della buona cucina del ter-ritorio ci ha creduto fin dall’inizio. A proporre i loro piatti saranno 42 ristoranti (più un ospite fuori territorio) che tengono alta la bandiera della buona cucina, pro-ponendo gustosi piatti tradizionali, ma an-che ricette più contemporanee per andare incontro ai gusti moderni dei gourmet di oggi. A partire dalla mitica sella di capriolo, toccando un po’ tutta la selvaggina di sta-gione, si arriva anche a piatti un po’ diversi che sono i “nuovi classici” e che rendono giustizia a prodotti d’eccellenza del territo-rio. Insomma, la rassegna è la vera e au-tentica portavoce dei valori gastronomici, e anche un modo goloso per accaparrarsi gli ambiti omaggi. Non possiamo ancora svelarvi quali oggetti saranno a disposi-zione dei clienti, ma vi assicuriamo che ne rimarrete conquistati. L’arte della buona cucina necessita della giusta immagine di promozione: attraverso il concorso fotografico lanciato lo scorso anno, infatti, l’immagine della Rassegna è stata scelta dalla giuria presieduta dal fotografo Giovanni Luisoni per apparire

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RASSEGNA GASTRONOMICA,DOVE I PIATTI TRADIZIONALI

SONO DI CASA

Antonio Florini,Presidente della Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio

EDIZIONE NUMERO 52 PER UNA DELLE KERMESSE PIÙ LONGEVEE AMATE DELLA SVIZZERA: TORNA LA RASSEGNA GASTRONOMICA

DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIODAL PRIMO OTTOBRE AL PRIMO NOVEMBRE 2015.

PIATTI E TRADIZIONE, TERRITORIO ED ECCELLENZA: ANCHE QUEST’ANNO GLI INGREDIENTI PER LA RICETTA DI UN SUCCESSO CI SONO TUTTI.

0 - OSPITE DELLA RASSEGNARISTORANTEGROTTO GRILLO, LUGANOIndirizzo: via Ronchetto 6Località: 6900 Luganotel: 091 970.18.18www: http://www.grottogrillo.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il sabatoa mezzogiorno e la domenica tutto il giorno

1 - PIZZERIA RISTORANTECON ALLOGGIOAL TORCHIO ANTICO, ARZOIndirizzo: Piazzetta BustelliLocalità: 6864 Arzotel: 091 646 49 94www: http://www.altorchioantico.che-mail: [email protected] pasti: 11.00 - 14.00 / 18.00 - 23.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Lunedì chiusofino alle 17.00

2 - RISTORANTE PIZZERIABORGOVECCHIO, BALERNAIn cucina: Michele SepeIndirizzo: Via Monti 9Località: 6828 Balernatel: 091 682 81 81www: http://www.ristorante-borgovecchio.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaApertura: Chiuso il sabatoe la domenica a pranzo

3 - GROTTOCROTTO DEI TIGLI, BALERNAIndirizzo: Viale A. Tarchini 53Località: 6828 Balernatel: 091 683 30 81www: http://www.crottodeitigli.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso sabatomezzogiorno, domenica serae lunedì tutto il giorno

4 - ALBERGO RISTORANTELA PALMA, BISSONEIndirizzo: Piazza BorrominiLocalità: 6816 Bissonetel: 091 649 84 06www: http://www.futuraristoranti.come-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 15.00 / 18.30 - 23.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

5 - RISTORANTEBATTELLO, BRUSINO ARSIZIOIndirizzo: Lungolago P. RoncaioliLocalità: 6827 Brusino Arsiziotel: 091 996 21 35e-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 15.00 / 18.00 - 23.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso il lunedì

6 - RISTORANTE PIZZERIACHALET SAN GIORGIO,BRUSINO ARSIZIOIndirizzo: Via San Giorgio 24Località: 6827 Brusino Arsiziotel: 091 996 21 55www: http://www.chaletsangiorgio.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00/ 18.00 - 22.00Prenotazione: IndispensabileRiposo settimanale: chiuso il lunedì

7 - OSTERIAOSTERIA DELLA POSTA,BRUSINO ARSIZIOIndirizzo: Lungolago RoncaioliLocalità: 6827 Brusino Arsiziotel: 091 980 24 80www: http://www.brusino.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.00 - 21.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

8 - GROTTODEL TIGLIO, CAPOLAGOIndirizzo: Via Municipio 10Località: 6825 Capolagotel: 091 648 16 98e-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 13.45 / 18.30 - 22.00Prenotazione: IndispensabileRiposo settimanale: Chiuso il mercoledìa mezzogiorno

9 - RISTORANTEGROTTO EGUAGLIANZA, CAPOLAGOIndirizzo: Via Municipio 20Località: 6825 Capolagotel: 091 630.56.17www: http://www.eguaglianza.come-mail: [email protected] pasti: 11.45 - 14.00 / 18.45 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso la domenicae il lunedì

10 - ALBERGO RISTORANTESVIZZERO, CAPOLAGOIndirizzo: Via Famiglia Avvocato Scacchi 13Località: 6825 Capolagotel: 091 648 19 75www: http://www.albergoristorantesvizzero.come-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Aperto tutti i giorni

11 - GROTTOLOVERCIANO, CASTEL SAN PIETROIndirizzo: Via ai Grotti 30Località: 6874 Castel San Pietrotel: 091 646 16 08www: http://www.grottoloverciano.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

12 - CAFFÈ RISTORANTEINDIPENDENZA, CHIASSOIndirizzo: Via Bossi 2Località: 6830 Chiassotel: 091 683 04 04www: http://www.ristoranteindipendenza.come-mail: [email protected] pasti: 11.45 - 14.30 / 18.45 - 22.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso la domenica

13 - ALBERGO RISTORANTETOURING MOEVENPICK, CHIASSOIndirizzo: Piazza Indipendenza 1Località: 6830 Chiassotel: 091 682 53 31www: http://www.moevenpick-restaurants.com/hotel-albergo-touringe-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 14.30 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

14 - RISTORANTE PIZZERIA PIANO BARLE FONTANELLE, GENESTRERIOIndirizzo: Via Vallera 6Località: 6852 Genestreriotel: 091 647 11 47www: http://www.ristfontanelle.che-mail: [email protected] pasti: 11.45 - 14.15 / 18.30 - 22.15Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

15 - GROTTOVALLERA, GENESTRERIOIndirizzo: Via Vallera 3aLocalità: 6852 Genestreriotel: 091 647 18 91e-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.30 / 19.00 - 22.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso sabatoe lunedì a mezzodì

16 - RISTORANTE PIZZERIAANATOLIA, MENDRISIOIndirizzo: Via Lavizzari 2 - Piazzale Alla ValleLocalità: 6850 Mendrisiotel: 091 630 22 55www: http://www.anatolia-tr.che-mail: [email protected] pasti: 11.45 - 14.30 / 18.30 - 22.30(Pizzeria fino 23.30)Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso la domenicaa mezzogiorno

17 - RISTORANTEANTICO GROTTO TICINO, MENDRISIOIndirizzo: Viale alle Cantine 20Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 77 97www: http://www.grottoticino.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: mercoledì chiuso

I RISTORANTI DELLA RASSEGNA

sulle etichette dei vini prescelti e sulla co-municazione ufficiale dell’evento. In questo modo il comitato organizzatore, in collabo-razione con Mendrisiotto Turismo, vuole farsi promotore di una nuova immagine le-gata al territorio, che ne valorizzi l’aspetto artistico-enogastronomico come richiamo al turismo. Sabrina Corti ha messo, quindi, la firma all’edizione 2015 con una splendi-da fotografia ispirata al tema di Expo Mila-no “nutrire il pianeta”.Il nuovo concorso per scegliere l’immagi-ne simbolo della Rassegna del prossimo anno è già partito, il tema sarà “Mendrisiot-to attraverso” e potete partecipare anche voi iscrivendovi tramite l’apposita sezione del sito www.rassegna.ch.

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tel: 091 648 23 53www: http://www.osteriaunione.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 15.00 / 19.00 - 22.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: martedì serae mercoledì tutto il giorno

34 - ALBERGO RISTORANTEPARK HOTEL , ROVIOIndirizzo: Ronchi 8Località: 6821 Roviotel: 091 649 73 72www: http://www.parkhotelrovio.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.45 - 21.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Aperto tutti i giorni

35 - OSTERIA CON ALLOGGIOUL FURMIGHIN, SAGNOIndirizzo: Piazza Garuf 3Località: 6839 Sagnotel: 091 682 01 75e-mail: [email protected] pasti: 12:00 - 14:00 / 19:00 - 21:00Prenotazione: IndispensabileRiposo settimanale: chiuso il martedì

36 - OSTERIA GROTTOGROTTO DEL GIUVAN, SALORINOIndirizzo: Via Stradone 19Località: 6872 Salorinotel: 091 646 11 61www: http://www.grottodelgiuvan.che-mail: [email protected] pasti: 12.00-14.00/19.00-22.00in settimana prenotazione indispensabilea mezzogiorno

Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il lunedìe il martedì

37 - ALBERGORISTORANTE HOTEL SERPIANO,SERPIANOIndirizzo: Via SerpianoLocalità: 6867 Serpianotel: 091 986 20 00www: http://www.serpiano.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18:30 - 21.30Prenotazione: IndispensabileRiposo settimanale: Sempre aperto

38 - OSTERIAOSTERIA LUIS, SESEGLIOIndirizzo: Via Campora 1Località: 6832 Sesegliotel: 0916830013www: www.osterialuis.che-mail: [email protected]: GraditaApertura: 10.00 - 14.30 / 17.00 - 24.00Riposo settimanale: sabato a pranzo,domenica sera e lunedì tutto il giorno

39 - RISTORANTEVECCHIA OSTERIA SESEGLIO,SESEGLIOIndirizzo: Via Campora 11Località: 6832 Sesegliotel: 091 682 72 72www: http://www.vecchiaosteria.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso domenica serae lunedì tutto il giorno

40 - RISTORANTEANTICA OSTERIA, TREMONAIndirizzo: Piazza RinaldiLocalità: 6865 Tremonatel: 091 646 75 45e-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 13.30 / 19.00 - 21.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso sabatomezzogiorno, domenica serae lunedì tutto il giorno

41 - GROTTOGROTTO GRASSI, TREMONAIndirizzo: via ai Grotti 16Località: 6865 Tremonatel: 078 894 06 65www: http://www.grottograssitremona.chOrari pasti: 12.00 - 14.30 / 18.30 - 22.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso lunedì, martedìe mercoledì

42 - ALB.RIST.ENOTECACONCA BELLA, VACALLOIndirizzo: Via Concabella 2Località: 6833 Vacallotel: 091 697 50 40www: http://www.concabella.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 21.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso la domenicae il lunedì18 - RISTORANTE, ENOTECA,WINE BAR

ATENAEO DEL VINO, MENDRISIOIndirizzo: Via Pontico Virunio 1Località: 6850 Mendrisiotel: 091 630 06 36www: http://www.atenaeodelvino.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso la domenica

19 - ALBERGO RISTORANTEHOTEL CORONADO, MENDRISIOIndirizzo: Via Borromini 10Località: 6850 Mendrisiotel: 091 630 30 30www: http://www.hotelcoronado.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

20 - OSTERIAOSTERIA LANTERNA, MENDRISIOIndirizzo: Via alle Cantine 10Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 85 00Orari pasti: 11.45 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso il martedì

21 - RISTORANTE PIZZERIALICEO, MENDRISIOIndirizzo: Via Agostino Maspoli 37Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 20 22www: http://www.ristorantepizzerialiceo.che-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 13.30 / 18.30 - 22.00(pizzeria fino alle 23.00)prenotazione indispensabile a mezzogiornoPrenotazione: IndispensabileRiposo settimanale: Chiuso la domenicae il sabato a mezzogiorno

22 - ALBERGO RISTORANTE PIZZERIAALBERGO MILANO, MENDRISIOIndirizzo: Via Stefano Franscini 6

Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 57 41www: http://www.hotel-milano.che-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Sempre aperto

23 - RISTORANTE GROTTOSAN MARTINO, MENDRISIOIndirizzo: Via alle Cantine 30Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 53 12www: http://www.grottosanmartino.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il martedì

24 - RISTORANTESTELLA, MENDRISIOIndirizzo: Via Stella 13Località: 6850 Mendrisiotel: 091 646 72 28www: http://www.ristorantestella.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.30 - 23.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Aperto tutti i giorni

25 - GROTTOBALDOVANA, SALORINOIndirizzo: Bellavista-Monte GenerosoLocalità: 6872 Salorinotel: 091 646 25 28www: http://www.baldovana.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 21.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: chiuso il martedì

26 - OSTERIALA PEONIA, SALORINOIndirizzo: Alpe di Mendrisio -Bellavista Monte GenerosoLocalità: 6872 Salorinotel: 091 646 98 88www: http://www.peonia.ch

e-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il lunedìe il martedì

27 - RISTORANTEAL GHITELLO, MORBIO INFERIOREIndirizzo: Parco della BreggiaLocalità: 6834 Morbio Inferioretel: 091 682 20 61www: http://www.alghitello.che-mail: [email protected] pasti: 12:00-13:45/ 19:00-21:45Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: sabato a mezzogiorno,domenica sera

28 - GROTTODEL MULINO, MORBIO INFERIOREIndirizzo: Via Ai Crotti 2Località: 6834 Morbio Inferioretel: 091 683 11 80www: http://www.grottomulino.come-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 21.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il lunedìe il martedì

29 - BAR RISTORANTEMIMOSA, MORBIO INFERIOREIndirizzo: Via dei FioriLocalità: 6834 Morbio Inferioretel: 091 682 18 34www: http://ristorantemimosa.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Chiuso il sabatoa mezzogiorno

30 - RISTORANTE PIZZERIAAL GAGGIO, NOVAZZANOIndirizzo: Via Gaggio 15Località: 6883 Novazzanotel: 091 647 29 51e-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.00 / 19.00 - 22.00Prenotazione: GraditaApertura: 10.00 - 14.30 / 17.00 - 23.00Riposo settimanale: Chiuso il lunedìtutto il giorno e il sabato a mezzogiorno

31 - RISTORANTECAFFÈ SOCIALE, RIVA SAN VITALEIndirizzo: Via Dell’Indipendenza 7Località: 6826 Riva San Vitaletel: 091 648 17 89www: http://www.ristorantesociale.che-mail: [email protected] pasti: 12.00 - 14.30 / 18.30 - 22.30Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Aperto tutti i giorni

32 - GROTTOGROTTO POJANA, RIVA SAN VITALEIndirizzo: Via Pojana 63Località: 6826 Riva San Vitaletel: 091 649 74 31www: http://www.grottopojana.come-mail: [email protected] pasti: 11.30 - 14.00 / 18.30 - 22.00Prenotazione: GraditaRiposo settimanale: Aperto tutti i giorni

33 - OSTERIAOSTERIA TEATRO UNIONE,RIVA SAN VITALEIndirizzo: via dell’Indipendenza 16Località: 6826 Riva San Vitale

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Il vino della Rassegna Gastronomica,parola a Gialdi

Come tutti gli anni, anche per il 2015 la Rassegna Gastronomica del Mendrisiotto e Basso Ceresio ha il suo vino. A mettere la firma al nettare, rigorosamente ticinese, stavolta è Feliciano Gialdi. Proprio a riguardo, Gialdi ci ha spiegato che il rosso “è una selezione di uve Merlot del Mendrisiotto. Volevamo un vino Merlot di buona struttura e di carattere, ma allo stesso tempo fruttato e morbido, versatile e adatto ai vari piatti proposti durante la rassegna gastronomica. Per il bianco abbiamo creato un assemblaggio di uve Chardonnay e Viognier del Mendrisiotto, un vino elegante e fine, fresco e adatto ad accompagnare l’aperitivo e i primi piatti.”

RASSEGNA GASTRONOMICA DEL MENDRISIOTTO E BASSO CERESIO1 OTTOBRE - 1 NOVEMBRE 2015WWW.RASSEGNA.CH

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re vinificato in dolce o secco, una versatilità che si estende anche alla versione dolce, che esiste in diverse gradazioni zuccherine. L’Amigne dolce è di certo la tipologia più diffusa, ma di recente la versione secca vive una seconda giovinezza date le tendenze di mercato. Per chi opta per una produzione secca, il lavoro in vigna è fondamentale, visto che è necessario intervenire con largo anticipo per portare l’uva ad una certa maturità fenolica, ma senza che lo zucchero diventi troppo importante. Se, fuori dalla sua area di eccellenza, l’Amigne è ancora poco co-nosciuta, come abbiamo detto, è anche vero che chi ci si imbatte difficilmente potrà poi dimenticare questi vini: tipiche sono le sue note di mandarino (il vero timbro di fabbrica di questo nettare), che sul palato ha tannini importanti (per un bianco) che lo rendono particolarmente adatto agli abbinamenti col cibo.Nella versione secca, ad esempio, si sposa ottimamente con pe-sci di lago in padella, magari con un salmerino impreziosito da qualche spezia esotica che richiami i sentori del mandarino. Nella versione dolce, invece, si abbina con dessert a base di frutta o pasticceria secca, ma anche da solo è un buon compagno di me-ditazione. Ha una buona capacità di invecchiamento: personal-mente lo apprezzo particolarmente intorno al suo quinto “comple-anno”, ma per chi ama una complessità maggiore si arriva anche fino a 20 anni. Insomma, l’Amigne è una vera chicca svizzera, un vino di cui i produttori locali vanno giustamente molto fieri. Per promuoverlo al meglio, esistono diversi eventi in loco che sono riusciti a to-gliere un po’ di polvere alle bottiglie, per presentarsi in modo più contemporaneo e attuale. C’è l’Amigne on the Road, un festival di street food a fine agosto, ad esempio, che riesce a rendere più popolare un vino che finora è stato più a suo agio nell’alta gastro-nomia. Ecco un ottimo esempio di come promuovere un vino (e il suo territorio) coinvolgendo le nuove generazioni e strizzando l’occhio ai consumatori più giovani.

62

piemontese Avanà, con il francese Meslier e persino con il valdo-stano Roussin).Nel mondo ne esistono solo 40 ettari, di cui una trentina a Vetroz. Gli altri, invece, poco distanti e comunque all’interno del territorio vallesano. Insomma, siamo davanti ad un gioiello rarissimo e pre-zioso, un tipo d’uva che, oltre ad essere più unico che raro, riesce a produrre un nettare con caratteristiche altrettanto rare. Proprio a Vetroz, l’Amigne trova il suo terreno ideale (con scisti nere e granito) e condizioni climatiche favorevoli. Visti i buoni risultati ottenuti dalle cantine, in questi ultimi anni è aumentata la superficie produttiva, anche per rispondere a una domanda in crescita. Certo, si tratta pur sempre di un vino di nic-chia, che gli stessi esperti fuori dalla Svizzera spesso non cono-scono ancora. Uno dei suoi punti di forza è senza dubbio il fatto che possa esse-

VINO.CH62

a cura di Paolo Basso

C’è un luogo particolare e unico nel cuore del Canton Vallese e si chiama Vetroz. Qui, in un paesaggio verde suggestivo e carico di storia, tra un campanile “appuntito” e le montagne sullo sfondo, nasce qualcosa che il resto del mondo ancora non conosce, ma che meriterebbe l’attenzione internazionale. Il vitigno Amigne ha una storia antichissima che si perde nelle in-terpretazioni di millenni orsono. Alcuni dicono che siano stati gli antichi Romani a portare qui quest’uva, anche se ricerche più re-centi non sembrano confermare questa tesi. Per molto tempo si è pensato che il suo nome derivasse proprio dal latino “vitis aminea” (vite di qualità), ma probabilmente si intendeva in generale la vite pregiata, e non nello specifico il vitigno Amigne. Di storielle a riguardo ce ne sono parecchie, ma quello che oggi diamo assolutamente per certo è che l’Amigne è un’uva autoc-tona del Vallese (con qualche similitudine e corrispondenza con il

AMIGNE,PIÙ UNICO CHE RARO

ALLA SCOPERTA DI UN VITIGNO CHE È UNO DEGLI ORGOGLI NAZIONALIDELLA SVIZZERA. DOLCE, SECCO E NELLE INFINITE DECLINAZIONI

CHE GLI SONO CONGENIALI:QUESTO È UN VINO CHE MERITEREBBE DI ESSERE CONOSCIUTO

IN TUTTO IL MONDO, UN BELL’ESEMPIO DI ECCELLENZA

Chi lavora bene con l’AmigneFabienne CottagnoudJean René GermanierAndré FontannazRomain PapilloudSerge Roh

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64 65FOOD TROTTER64

VIETNAM MON AMOURdi Francesca Lalia Giovati (un po’ mamma, un po’ geisha, un po’ chef: è nata senza occhi a mandorla, ma l’Asia è nel suo DNA)

TOKYO, LA METROPOLI DA SCARTAREdi Bruno Remondini (residente in Asia ed Europa, combatte il colesterolo con il “pata negra”)

Sapevo che la cucina vietnamita era ottima, ma non avevo idea di quanto lo fosse realmente fino a quando non mi ci sono trovata fisica-mente, con i piedi, le mani, la testa e il cuore in Vietnam. Nossignori, la cucina orientale non è tutta uguale, i noodles non hanno tutti lo

stesso sapore! Potrei perdere ore a raccontarvi la prelibatezza e al contempo la delicatezza e l’equilibrio del “PHO”, il loro piatto nazionale, declinato da nord a sud del Paese in decine di modi differenti, ma l’indelebile resta per me quello che il mio compagno di viaggio ed io

abbiamo condiviso con i monaci della pagoda del legame (Chua Phuoc Duyen) nei pressi di Hue. All’ombra di ciliegi timidamente fioriti, nell’ora in cui si schiudono i fiori di loto, accompagnati dal meditato silenzio della campagna vietnamita, il nostro corpo e la nostra anima si sono fusi: dapprima incantati dalla bellezza di ciò che ci circondava e poi saziati dai profumi avvolgenti e dai sapori lievemente speziati del Pho preparatoci e che ha suggellato il nostro matrimonio buddhista. Menta, lime, germogli di soia, una punta di peperoncino, forse

dello zenzero, spaghetti di riso (noodles), brodo e manzo tagliato finemente sono ancora impressi nel mio palato e nei miei occhi insieme agli sguardi dolci del mio compagno e ai sorrisi sdentati dei monaci. Credetemi, un Pho del genere capita una sola volta nella vita!

Il titolo potrebbe far storcere il naso e domandarsi: “Ma come? Tokyo non era una meta per buongustai?” Tokyo, e il Giappone più in generale, sono un mecca imperdibile per un ricercatore di prelibatezze da gustare. E allora perché scartarla? Per un gioco di parole. Tokyo va scoperta levando i vari strati dell’imballaggio che la proteggono, uno dopo l’altro. Proprio come un pacco regalo natalizio taluni tenderanno a strapparne l’incartamento per entrare subito in possesso dell’oggetto desiderato. Ed é qui che sta l’errore. Il “packaging” é estremamente importante nella cultura alimentare giapponese. Se vi capita di girare nei pressi del famoso Senso-Ji di Asakusa, vi potrete imbattere in una strada specializzata nella cucina, dagli elettrodomestici agli utensili più svariati. Ma soprattutto in negozi che vendono (a caro prezzo) imitazioni di pietanze, dal sushi al Katsu-don, che raggiungono una perfezione quasi maniacale. Una sorta di Madame Tussauds del cibo. Moltissimi ristoranti fanno bella mostra di queste ingannevoli copie all’entrata. Invece, nei basement dei grandi centri commerciali a Ginza troverete i migliori prodotti alimentari provenenti dal Giappone e dal resto del mondo: tutti perfettamente disposti e imballati per attirare l’attenzione del più raffinato acquirente. Qui scoprirete anche che un melone o un grappolo d’uva possono costare quanto un abito firmato. Certo, alla fine quello che conta è che il contenuto sia all’altezza del contenente, ma perché privarsi della gioia di cominciare a pregustarlo con la vista? Tokyo é una città complessa, enorme, con una cultura e un idioma molto complicati. Insomma, per non fare indigestione, andrebbe scoperta poco alla volta. Il mio consiglio è di immergervi nei vari quartieri, osservare i ristoranti che distinguono l’area in cui vi trovate, gli odori che ne traspirano e le pietanze che vengono offerte. Una volta fatta la vostra scelta, sbirciate nel tavolo del vicino e non siate timidi nel chiedere con un impacciato gesto di avere lo stesso. Avrete così assaporato il gusto del cibo che vi troverete davanti, scartandone una alla volta le caratteristiche che lo avvolgono e lo rendono unico. E statene certi, difficile che il cibo non sia all’altezza!

ISRAELE: CENA DI NOZZE CON… RISO IN BIANCOdi Maddalena Goi (si nutre fotografando il mondo, ma ogni tanto non disdegna qualche assaggio etnico)

CORTES APERTAS: LA BARBAGIA TI APRE LE PORTE DI CASAdi Lars Prinz (skipper e lupo di mare, con un debole per le traversate enogastronomiche)

Se ti ritrovi in Medio Oriente (più precisamente in Israele, a Gerusalemme) l’equazione culinaria (arabo-israe-liana) è presto fatta: hummus, falafel, tabbouleh, menta, labané (una specie di yogurt), pite in gran quantità, spezie, caffè al cardamomo, datteri, miele, pollo, sesamo e frutta secca impareggiabile, a tal punto da rischia-re il ricovero per “nocciodipendenza”. Ma questa volta va diversamente e ti ritrovi davanti a un’occasione a cui non puoi proprio rinunciare: l’invito a cena a un matrimonio arabo! Non ci penso due volte e accetto. Chi avrebbe resistito all’idea di sapere come si svolge un matrimonio all’araba e soprattutto quali prelibatezze ti avrebbero servito? La sala è colma di invitati, 700 almeno, chi più chi meno. Ma è proprio quest’ultimo detta-glio che diventa insopportabile quando capisci che il matrimonio non inizia e quindi gli sposi non arrivano e tu di conseguenza non mangi finché tutti gli ospiti non sono seduti a tavola. Verso le 21.30 iniziano ad arrivare le prime portate, o meglio i primi piattini. Ad ogni tavolo vengono serviti circa 8/10 piattini, ognuno con qualcosa di diverso sopra. C è hummus, mais, salsa di tahina con melanzane così detta babaganoush, peperoni, pasta fredda, couscous... loro le chiamano insalate ma sarebbero delle salsine, che si accompagnano tutte con l’immancabile pane pita. Tutto procede a questo ritmo di farcitura dei panini per almeno due ore e mezza. Nel frattempo, la maggior parte degli ospiti si lancia, a turno chiaramente, in balli sfrenati al centro della pista. Finalmente arriva un altro piatto, questa volta servito ad ogni invitato. “Ecco, questa è la cena!” mi dicono. Rimango incredula e disorientata per un attimo: il piatto è costituito da riso in bianco con mandorle tostate e carne trita (una chicca!), una coscia di pollo e contorno di piselli con carote lessi. Subito dopo arriva la torta: una di quelle estremamente glassate, colorate, luccicose e alte ma dal gusto piuttosto artefatto. Fedele compagno per tutto il tempo della cena è il famoso liquore a base di anice: l’arak. Per quanto abbia trovato il menù abbastanza scontato e tradizionale è stata una serata estremamente curiosa, divertente e sicuramente insolita. La multiculturalità, soprattutto se si parla di cibo, è sempre cosa assai gradita e giusta.

Mi trovo in Sardegna. Ormai da più di 2 anni vivo sulla mia barca a vela a Santa Teresa in Gallura. La sto preparando per il giro del mondo a vela (partenza autunno 2017). Nel frattempo si vive, si fanno amicizie, si

esplorano costa, isole ed entroterra. E, naturalmente, si mangia e si beve. Ad esempio in Barbagia a Cortes apertas. Sì, proprio la Barbagia – terra di semplici pastori, briganti e sequestri – ha saputo reinventarsi con

un’idea di marketing geniale. A turno, secondo un calendario ben strutturato, da settembre a dicembre i paesi della Barbagia si aprono al mondo per qualche giorno e mettono a disposizione di tutti i visitatori i loro

ingredienti più genuini e le loro tradizioni culinarie (e non) più antiche e autentiche. Se arrivi in anticipo alla ma-nifestazione o ti attardi oltre, ti capiterà anche di vedere situazioni-quasi-limite. Orde di uomini-lupo al bar che sbranano le tue donne con lo sguardo (le loro le conservano gelosamente in casa) o lupi solitari che ti sfidano

a bere per vederti crollare a terra in coma. Se invece ti confondi nella folla di curiosi turisti - e sardi di altre zone - durante gli orari ufficiali della manifestazione, potrai ad esempio imparare a fare i macarrones de erritu o la fregola con la simpatica nonnetta di turno, ma anche vedere le nipoti nei costumi tradizionali che inforna-

no le formaggelle nel forno a legna. I macarrones sono dei pezzetti di pasta fresca attorcigliati con maestria attorno ad un lungo ago di ferro, capaci poi di accogliere e assorbire al meglio il sugo di pomodoro e maiale. La fregola invece si lavora in un paiolo di rame buttandoci della farina di grano duro e poca – mi raccomando

poca – acqua. Con gesti sapienti della mano si raggruma poi in palline che ricordano lontanamente il cous-cous. Le formaggelle poi sono ancora un’altra storia. Comunque occhio: non pensate di andare in Barbagia a

fare gli splendidi o a provocare perché troverete pane per i vostri denti. Un atteggiamento rispettoso e fermo è quello che vi consiglio e che mi ha permesso di viaggiare in tutto il mondo in sicurezza. Anda bè!

(Autunno in Barbagia: www.cuoredellasardegna.it)

E VOI?Avete mangiato qualcosa di indimenticabile durante le ultime vacanze? Avete bevuto strani intrugli dall’altra parte del mondo?Diventate uno dei nostri Food Trotter inviandoci la vostra esperienza enogastronomica dai cinque continentiall’indirizzo [email protected]

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66 PUBLIREPORTAGE

portato con me l’italianità. L’impronta dei luoghi dove sono stato e dove ho vissuto, luoghi lontani o vicini, è sempre presente nei miei piatti.” L’ampia sala del ristorante è utilizzata per esporre quadri di artisti locali. Perché Giuseppe ama l’arte in tutte le sue forme, e so-prattutto condividerla con chi varca la soglia del suo ristorante. Una piccola libreria a disposizione degli avventori è un altro picco-lo grande dettaglio di come il patron ami lasciar esprimere i suoi clienti, “promuovo la lettura valorizzando i libri, ovvero regalandoli a tutti coloro che amano leggere. Chiedo solo di rimetterli in cir-colazione e se proprio sono piaciuti e non si riesce a separarsene almeno di rimettere in viaggio un altro libro”. Giuseppe ama tenersi aggiornato sulle varie cucine regionali appena può e coinvolgere i suoi clienti in queste esperienze attraverso corsi e rassegne a tema. In un’accogliente e intima saletta organizza corsi di cucina e dimostrazioni per piccoli gruppi, eventi molto apprezzati dai clienti, abituati ad essere coinvolti in proposte sempre più accattivanti, dove si può imparare e divertirsi forniti di grembiule e di tanta vo-glia di sperimentare. La carta del ristorante è contenuta e curata, tutto è preparato al momento, con prodotti di stagione e con qual-che piatto “svizzero” stagionale, soprattutto quando lo chef ha malinconia delle specialità che ha imparato a cucinare nel periodo in cui ha lavorato nella Svizzera interna e in Ticino. Fra poco, e non vede l’ora di ricominciare a proporla, sarà la volta della selvaggi-na, con tutte le sue specialità a base di cervo, capriolo, cinghiale e lepre. E c’è già chi si è riservato una sella alla Baden Baden, preparata con tutti i crismi, con la magia dell’autunno attorno e un buon bicchiere di vino a scadare gli animi.

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Giuseppe Longo dalla Sviz-zera ha imparato molto e come afferma mamma Lucia “è diventato più svizzero di uno svizzero!”. Grande professiona-lità, precisione e sensibilità gli ingredienti base della filosofia di Giuseppe. Siciliano d’origi-ne, brianzolo d’adozione, que-sto chef appassionato, dopo la gavetta in alberghi e ristoranti in Italia, Inghilterra, Spagna e Svizzera, trova finalmente la possibilità di saziare la sua voglia di esprimersi in cucina decidendo di aprire, due anni fa, un locale tutto suo. L’ambi-zione e la tenacia non gli man-cano, insieme al sostegno di mamma Lucia, che lo affianca in sala con affettuosa fermezza, e a quello dei fedeli clienti, di-

ventati amici negli anni. A Colle Brianza, non senza sacrifici, ridà lustro ad una location storica, dove un tempo hanno sostato molti personaggi famosi, da musicisti, attori, fino a cantanti. Riportato in auge soprattutto per banchetti e per famiglie, il Ristorante-pizzeria “Da Giuseppe” è ora la location ideale per assaggiare una cucina regionale e tradizionale o una buona pizza. La linea di cucina di Giuseppe è classica mediterranea e regionale, con una particolare attenzione ai prodotti del territorio, cotture brevi o a bassa tempe-ratura e pasta fresca fatta in casa. “Ovunque mi sono trovato, in diversi paesi e in altrettante diverse località, ho sempre cercato di rispettare il contesto tradizionale in cui mi trovavo, ma ho sempre

SVIZZERA NEL CUORE,BRIANZA NEL PIATTO

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68 TESTATA68

Ricette conviviali per natura, che riuniscono intorno allo stesso fornelletto più persone, le fondue (che siano di carne o formaggio) sono una gioia per tutti i palati. Si mangia, si beve e si chiacchiera, forse un po’ di più rispetto alle cene classiche, visti i tempi obbli-

gati per aspettare o comporre il proprio piatto. Tra un boccone e l’altro, di solito, ci sono vino o te caldo. Ma, visto che la birra è il mio forte (e il mio pallino) ecco qualche abbinamento inconsueto per le vostre fondue.

69BIRRA

FONDUE MOITIÉ MOITIÉ

Uno dei piatti che hanno fatto conoscere la Svizzera ga-stronomica nel mondo è sicuramente la fondue di for-maggio. Per compensare questo piatto grasso e pieno, composto per il 50% da Vacherin Fribourgeois e per il 50% da Gruyère, ho scelto un accostamento ardito con una birra acida. La Gueuze Foudroyante di Lindemans è una belga a fermentazione spontanea che regala note minerali al vostro palato. Appartiene al genere Lambic, e trovo che l’abbinamento a questo piatto, oltre che dettato dall’intuizione, sia un ottimo modo per gustare appieno il sapore del formaggio fuso. Rinfrescante e dalla gasatura non eccessiva, si avvicina molto più che in altri casi, al risultato sgrassante di un vino, donando alle papille la giusta preparazione al prossimo boccone di pane e formaggio. Nel caso, invece, aggiungeste del pomodoro alla vostra fondue, preferirei l’abbinamento con una IPA.

FONDUE BOURGUIGNONNEIl piatto è amato soprattutto dagli estimatori carnivori e da chi predilige sapori decisi. I quadretti di carne cotti in olio bollente si sposano perfettamente alla Belgian Ale Gouden Carolus Hopsinjoor, una fiamminga generosa e morbida allo stesso tempo firmata da Het Anker. L’in-vitante schiuma e il fine perlage la rendono particolar-mente adatta a compensare, col suo gusto amarognolo, il sapore piuttosto dolciastro delle salse in accompa-gnamento. Il luppolo si sente (è prodotta con 5 diverse qualità), ma non è troppo invadente e “non uccide” il piatto dato che questa birra è dotata anche di una buo-na freschezza.Questa etichetta, che si presta decisamente all’invec-chiamento, ha 8 gradi e sostiene in tutto un piatto impor-tante come la fondue bourguignonne.

FONDUE CHINOISELa più delicata e fine tra le fondue è di certo la versione chinoise, di note origini asiatiche. Tramite la cottura nel brodo, la carne si asciuga e ne esce un sapore delicato dato anche dai sentori vegetali del brodo. Per rendere giustizia a questo piatto ci vuole una birra che sappia valorizzare senza sopraffare i sapori decisi, ma legge-ri. A questo scopo ho scelto una Valaisanne Amrich, in puro stile weizen (la legge di purezza a cui sottostà il processo produttivo le dona più carattere del resto delle blanche). Qui il luppolo aromatico “Amarillo” regala note di albicocca e una spiccata acidità: questa è la vera e unica blanche vallesana, che accompagna degnamente il vostro piatto di chinoise.

FONDUE E BIRRA AMORE A PRIMA VISTA

a cura di Luca Mazzola (Luppolo in Fabula)

NON È UNA MISSIONE IMPOSSIBILE, MA UNA CORAGGIOSAPROVOCAZIONE. INSIEME ALLE TRE PIÙ CLASSICHE DECLINAZIONI

DELLA FONDUE, INFATTI, SOLITAMENTE SI SERVE DEL VINO O DEL TE CALDO.OGGI, INVECE, VI DIMOSTRIAMO CHE ANCHE LA BIRRA

FA LA SUA BELLA FIGURA

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70 71TESTATA

spazi, lo spirito di questo luogo inizia ad impossessarsi del visitatore aiutandolo a dimenticare la stanchezza della giornata passata e facendo crescere in lui un irrefre-nabile curiosità nel vedere una luce accen-dersi dietro una serranda appena alzata, osservare un’anziana disporre meticolo-samente delle casse colme di pescato in bella mostra o udire una friggitrice iniziare a sfrigolare nell’attesa dell’arrivo dei primi avventori.La varietà degli stimoli e l’intensità delle sensazioni permettono di trascorrere ore come fossero istanti, curiosando in ogni angolo in cerca di profumi e colori nuovi, lasciandosi entusiasmare da ogni sensa-zione. Perché è propriamente questo che l’esperienza nel paese del Sol Levante re-gala al neofita: la sensazione, ormai sem-pre più rara alle nostre latitudini, di essere confrontati con qualcosa di nuovo e di diverso, ma altrettanto organizzato, grade-vole ed efficiente rispetto alle esperienze gastro-turistiche domestiche.Verso le quattro, quando le gambe ci ricor-dano che sono troppe le ore senza sosta, cresce il desiderio di affidarsi ad un porto sicuro. Il locale, scelto a caso, ha appena aperto. È sicuramente uno dei tanti ma è fondamentale ribadire che la professiona-lità nel maneggiare cibo da queste parti è talmente elevata, che è impensabile uscire da un ristorante insoddisfatti.Quando è possibile ci si accomoda di-rettamente al bancone. Una posizione privilegiata perché permette ai maniaci di questo tipo di cucina di assistere ad ogni attimo delle minuziose preparazioni. Il sa-luto, fatto da tutto il personale e ad alta voce all’entrata del cliente nel locale, lascia forse stupiti in quanto inevitabilmente si viene catapultati al centro dell’attenzione. Superato questo primo impatto diventa una piacevole abitudine alla quale è anche piacevole rispondere, solo però con un ti-mido versetto e senza eccedere.Chi sta nella postazione di comando, dietro il bancone, ha esperienza. A que-ste latitudini il contatto con il cliente e la possibilità di preparare del pesce sotto i suoi occhi è considerato un punto di arrivo per un cuoco, motivo di grande orgoglio e coronamento di anni di apprendimento, spesi il più delle volte ad affettare verdura e maneggiare riso dietro le quinte. Dietro il banco è facile che troneggino acquari ricolmi di pesci che sguazzano inconsape-voli di non essere unicamente parte di un soprammobile ornamentale.

frutta e verdura dai colori e profumi ine-brianti. Tra queste si intercalano minuscoli negozi, ristoranti o altri angoli dove viene preparato e servito cibo anche sfruttando pochi metri quadrati.Questa zona, liberamente accessibile al pubblico, accoglie una moltitudine di vi-sitatori sia giapponesi che stranieri. Infatti se per uno straniero in visita in Giappone Tokyo è una meta irrinunciabile, tanto è che il mercato risulta una tappa obbliga-ta. Molti preferiscono approcciare questo universo all’alba, mentre altri, compreso il sottoscritto, prediligono rinunciare a qual-che ora di sonno e godersi questo spet-tacolo straordinario a conclusione di una serata immersa nelle abbaglianti vie della capitale.Già dopo mezzanotte si avverte il primo brulicare di attività. Inconfondibile è il ru-more ronzante dei carrelli i quali girano

aver trascorso geologici tempi d’attesa ed essere stati rigorosamente registrati. Fu proprio qui che nel 2013 venne venduto all’asta un tonno di 222 chilogrammi per la modesta somma di 155 milioni di yen, ovvero circa 1,8 milioni di dollari.Quello che al semplice spettatore è dato vedere sono i contorni di questi spazi, non privi di fascino, ma che spesso hanno le sembianze, più che di un luogo dove si è venduto e comprato, di un’area dove è ap-pena terminata una rissa tra bande rivali.

Tsukiji: il nome risulta sicuramente imper-scrutabile almeno tanto quanto lo spazio che accoglie quello che è considerato oggi il più grande e organizzato mercato del pesce del mondo, quello di Tokyo. La benevolenza del popolo giapponese nei confronti dello straniero fa sì che, fortuna-tamente, il termine venga spesso accop-piato alla più comprensibile espressione anglosassone “Fish Market” il che con-ferisce un non so che di tranquillizzante.

Ciò in quanto, mai come in questo luogo, è necessario essere sereni per affrontare e godere appieno questa esperienza. L’area che ospita questo scenario unico si artico-la su 200’000 metri quadrati e ormai dal 1935 rappresenta, oltre che un’attrazio-ne imperdibile per lo straniero, un solido ramo dell’economia giapponese, capace di generare un volume d’affari di più di 5 miliardi di dollari all’anno coinvolgendo più di 60’000 operatori.

Il mercato, agli occhi dei profani, si pre-senta in modo non usuale rispetto ad altri spazi destinati a questo genere di attività, in quanto l’accesso alle aree dove real-mente avviene il commercio del pesce è strettamente riservato agli addetti ai lavori e protetto da forze dell’ordine, le quali non esitano ad allontanare l’invasore, anche con metodi risoluti. Solo pochi eletti, 120 al giorno, hanno la fortuna di guadagnarsi un posto d’onore alle aste dei tonni, dopo

70 MERCATI70

TSUKIJI:DALLA NOTTE ALL’ALBA

a cura di Nicola Guarneri

IMPRESSIONI DI UNA NOTTE TRASCORSA SENZA METAAL MERCATO DEL PESCE DI TOKIO, TRA LUCI, PROFUMI E SAPORI.

Lo spazio aperto al pubblico, adiacente al mercato, consiste invece in un dedalo di viuzze, anfratti e cunicoli lungo i quali si

susseguono bancarelle con esposti pro-dotti di ogni sorta che includono sì pesce fresco ma anche suoi derivati, così come

carichi seguendo traiettorie irregolari lungo ogni via percorribile quasi fossero formiche impazzite. Il visitatore deve pertanto non lasciarsi troppo distrarre dall’ambiente cir-costante mantenendo un occhio vigile per non incorrere in qualche serio pericolo e evitare, nella migliore delle ipotesi, di farsi apostrofare in malo modo in perfetto idio-ma nipponico.E così, vagabondando inebriati per questi

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cato e lo sguardo, poco prima chino sulle mani del maestro, ritorna alto puntando sui grattacieli, mentre i rotondi profumi di cibo scompaiono lasciando spazio all’acre odore d’asfalto.

È arduo riassumere l’essenza di queste preparazioni, le quali sanno concentrare, in una forma minimale, un elevato numero di pregi. Qualità, estetica e gusto, il tutto curato con una ritualità quasi maniacale, questi sono gli elementi che risiedono in perfetto equilibrio in ciò che viene servito con una grazia unica su una essenziale ta-voletta di legno. Il tutto è impreziosito da una sensazione pervasiva di attenzione e rispetto nei confronti di cosa e di chi si sta servendo. Dopo due ore arriva la dodicesima e ultima preparazione ed il percorso si conclude più per ragioni di spazio che di desiderio, in quanto il nostro uomo, ormai libero da ogni inibizioni, potrebbe continuare ad oltranza a deliziarci, apprezzando la nostra malce-lata euforia. All’uscita del locale il sole è già alto e tiepido. Imbocchiamo un cunicolo buio ritrovandoci in una corte interna. Restia-mo attratti da un locale lillipuziano dove ci abbandoniamo alla rituale ultima sosta gustando un chirashi con gamberi e tonno accompagnato da un sakè per un ultimo brindisi. Varchiamo il perimetro del mer-

L’offerta di prelibatezze spazia da sushi e sashimi, passando per nigiri, gunkan e maki, i quali vengono sapientemente sem-pre assemblati al momento con maestria, utilizzando pesci di innumerevoli tipologie e di indicibile freschezza. Un esempio su tutti è rappresentato dal tonno dove in ogni ristorante ne vengono distinte e proposte numerose specie, valorizzando sempre anche le varie parti dell’animale.Il miglior modo per affrontare l’esperienza gastronomica seduti su un banco sushi al mercato del pesce di Tokyo è senza dub-bio concedere carta bianca a chi ti sta di fronte affinché egli si senta libero di espri-mersi personalizzando le sue creazioni in base alla sua esperienza. Questo approc-cio generalmente suscita un certo entusia-smo, caratteristica che non è sempre evi-dente scorgere nello chef nipponico. Non occorre aspettarsi vagonate di cibo servite a raffica: le preparazioni sono lente, pre-cise e meticolose, i tagli perfetti, l’estetica impeccabile.L’attesa dei piccoli capolavori e l’accresciu-ta confidenza permettono nell’occasione lo scambio di qualche battuta, cosa non scontata, ma il nostro entusiasmo ha pro-babilmente scalfito la coriacea personalità del maestro. Discutiamo principalmente di come la cucina giapponese abbia cono-sciuto ultimamente molta popolarità anche dalle nostre parti, con risultati non sempre esaltanti. Discorso ovvio ma lui, subito, si rabbuia. Credo di aver forse detto qualche parola di troppo ma non è così, e subito scopro il motivo della sua contrarietà. Nar-ra di sempre maggiori proposte, spesso indecenti, ricevute da operatori della risto-razione di diversi paesi, soprattutto asiati-ci, affinché lui potesse organizzare corsi di preparazione di sushi di durata settimana-le. Visibilmente inorridito, prosegue la sua opera, fiammando un nigiri.

MERCATI

CASTELLODI MORCOTE

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Una tipica giornata di pesca nel canale di Sicilia, ultimo giorno di navigazione dopo ventisette trascorsi in mare.

ore 7.15:mare calmo con una leggera foschia e una bava di vento, equi-paggio inquieto perché la pesca non va troppo bene.

ore 7.30:marinai impazienti attendono una mia decisione. Ordino al mo-torista di sostituire gli iniettori al motore e al nostromo di misu-rare la lunghezza delle catene e dei cavi.

ore 9.10:il motorista rimette in moto e caliamo la rete, “che Dio ce la mandi buona!”

ore 13.30:salpiamo la rete e il nostromo mi conferma che il pescato c’è. I marinai sono contenti e a bordo ritorna la serenità dopo gior-ni di reti vuote. Dopo ventisei giorni di navigazione si prevede l’arrivo di una tempesta con mare forza sette. Ci mettiamo in navigazione per Mazara che dista 168 miglia.

ore 19.40:finalmente in porto a Mazara del Vallo, scarico del pescato.

Il rosso di Mazara scaricato è stato pescato nel Mar Mediterra-neo ad una profondità di 700 metri circa, in acque incontami-nate, e dopo averlo scelto con cura è stato surgelato a bordo ad un temperatura di -50 gradi per garantire un prodotto di assoluta freschezza e genuinità. Durante la bordata di pesca lo abbiamo conservato nella stiva ad una temperatura non in-feriore a -20 gradi e tutte le fasi della lavorazione sono state eseguite dal mio equipaggio a bordo del motopesca e nes-sun’altra manipolazione è intervenuta successivamente. Il Ros-so di Mazara, il gambero con il cuore, è l’unico gambero rosso al mondo certificato “Friend of the Sea”, per noi pescatori il rispetto del mare e delle sue specie marine sono una priorità.

Il ComandantePaolo Giacalone

N.B.ore 20.30:scendo dal motopeschereccio con le gambe quasi rattrappite e sulla terraferma mi gira la testa. Mi siedo su una panca vicino ad un tavolo: qui mi offrono un bicchiere di vino bianco Anthilia Donnafugata e un piatto caldo di zuppa di pesce. Letteralmen-te rinasco. Grazie Paolo Giacalone e grazie Mazara del Vallo: domani andrò al Museo del Satiro di Mazara e lascerò una pergamena in cui racconto questa bellissima esperienza.

A.S.

74

Il gambero rosso di Mazara viene pescato da motopesca di al-tura in zone molto distanti dalla costa, ad una profondità di circa settecento metri, vicino a grandi canyon marini e dove la corrente di acqua fresca attira il gambero. La collaborazione con esperti di tecnologie alimentari ha consentito di sviluppare a bordo delle motonavi da pesca la tecnica del Flash Freezing Process, ov-vero la surgelazione istantanea. Il gambero appena pescato viene immesso in acqua salata a -5°C con aggiunta di un ossidante organico inodore e immediatamente inserito nel tunnel di surge-lazione subendo uno shok termico con temperatura di -50 gradi.

GIOIELLI DAL MARE74

Diario di bordo del capitanoMOTOPESCA OLYMPIA

ROSSO DI MAZARAIL GAMBERO COL CUORE

a cura di Attilio Scotti

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che per primo isolò il glutammato e lo indicò come fonte di sa-pore. Poi vennero gli studi di Giovanni Bonafaccia e di Stefano de Martino dell’Istituto Nazionale Italiano di ricerca degli alimenti che hanno perfezionato e codificato il gusto Umani (dato sostan-zialmente dal monosodio glutammato) che non viene percepito immediatamente, ma solo dopo che l’alimento è stato degluti-to. Evidentissimo nel Gambero Rosso di Mazara: quindi questo crostaceo (Aristeus antennantus o Aristaeomorphafoliacea) con-segna due generi di sapori, dati da il prima e il dopo. “Il quinto gusto del Rosso di Mazara consegna alle papille e allo stomaco la nuova magia del mare, quello vero, dove a settecento metri di profondità le correnti fredde consegnano al Rosso di Mazara purezza ed immensità.”

Con lo slogan “-50° C più che fresco” si vuole proprio rendere questa idea: il consumatore finale ha l’opportunità di poter pre-levare dall’intera confezione anche modiche quantità di crostacei e conservare il resto senza che ciò influisca negativamente sulla genuinità del prodotto. Oggi con questa tecnica di surgelazione si può affermare con assoluta certezza che il “-50° C più che fresco “del Rosso di Mazara è meglio del fresco!

IL QUINTO GUSTO

Nel 1908 anno fa in Giappone, viene “scoperto” l’umami. Il gusto Umani), detto anche quinto gusto (quattro i sapori fondamentali: l’amaro, il dolce, il salato, l’acido) fu reso celebre dal dottor Ikeda

GIOIELLI DAL MARE DISTILLATI E DINTORNI

La scheda tecnica

Sapore: carne compatta e molto iodata, con un gusto pronunciato e con delle note leggermente dolci

Nota: dal mese di luglio a ottobre la testa del gambero assume una colorazione scura per la presenza delle uova. Il caviale del gambero si presta per preparazioni culinarie sublimi

Riconoscimenti: unnico gambero al mondo certificato “Friend of the Sea”

Come degustarlo a crudo: scongelare il gambero, poi su un piatto spruzzare qualche goccia di spremuta di mandarino tardivo di Ciaculli e un filo di olio extravergine di oliva spremuto a freddo da olive del Poggio Belvedere di Trapani dell’Azienda agricola Sortino. Degusterete un capolavoro

centinaia di barili di rum di cui i più vecchi risalivano al 1974. Decise così di comperarli tutti e di imbottigliarli a pieno grado. Nel 2012 incomincia ad imbottigliare l’annata 2000, l’ultima trovata nel magazzino, l’ultima 100% Trini-dad, dato che dopo questo millesimo la melassa per le successive produzioni sarà proveniente dall’estero. Oggi infatti non esiste più canna da zucchero nell’isola.Le bottiglie Caroni messe in commercio sono poche e rare e quindi subito diventate oggetti di culto. Oggi si trovano in commercio l’annata 1998, un 12 anni ed un 15 anni.

Il rum Caroni rappresenta dunque la memoria storica della tradizione di un’isola che Luca Gargano ha

voluto preservare e far conoscere al mon-do. Caroni 12 anni è un Heavy Rum “del passato”, di grande struttura ma anche sorprendete bevibilità.

CARONI 12 ANS(100% TRINIDAD) – 50% VOL.

Questo rum dal colore oro intenso ha un aroma di melassa carbonizzata, idrocar-buri, vaniglia e banane caramellate . Al palato è vellutato e morbido, ha sentori di frutta secca tostata, liquirizia affumica-ta, vaniglia e miele , marzapane e spezie delicate come pepe bianco con un po’ di zenzero e noce moscata. Si tratta di un rum corposo che ha un palato equilibra-to ed armonico, con un finale lungo. Un classico dei Caraibi.

LA PROVOCAZIONE DEL SOMMELIERMARCO RASETTI:

Provatelo con una Bavarese Karma Dark con gelatina di frutti esotici

RUBRICA A CURA DI:Mondo WhiskyLa più grande collezione di Single Malt del TicinoVinoteca Tamborini, Via Serta 18,6814 LamoneTel. +41 91 935 75 45www.tamborinivini.ch

DALLA CHIUSURA DELLA DISTILLERIA A MUST HAVE PERAPPASSIONATI E COLLEZIONISTI

Lo zuccherificio con annessa distilleria Caroni di pro-prietà dello stato di Trinidad ha iniziato la sua attività nel 1918. Trinidad è una grande isola staccata dal Con-tinente Sudamericano, non è vulcanica ma produce ugualmente delle ottime melasse, utilizzate per l’espor-tazione e per grandi Rum da blend.La distilleria possedeva sia degli alambicchi a colon-na che alambicchi discontinui e produceva degli “heavy rum” dallo stile unico e subito rico-noscibile. Era un prodotto venduto solo in piccole quantità con l’etichetta della distilleria e quindi ad appannaggio di pochi estimatori.Ci sono quattro diversi stili: Il Ron Spa-gnolo di Cuba, Santo Domingo e Ame-rica Centrale, speziato ed elegante che utilizza il metodo Solera; il Rhum Fran-cese Agricole diffuso in Martinica, Haiti e Guadalupe, dal dolce profumo di canna da zucchero; il Rhum Inglese, potente e concentrato, originario di Barbados, Giamaica, Grenada e St. Lucia; infine il Rhum Demerara prodotto solo in Guya-na dalle migliori canne da zucchero, col-tivate sulle sponde del fiume Demerara.Il declino dell’industria dello zucchero, iniziato nel 900 tocca anche Trinidad e nell’ottobre del 2003 lo stato chiude Caroni, che pur lavorando zucchero da 100 anni aveva riservato al rum un’im-portanza secondaria.Nel 2004 il caso vuole che Luca Gargano, presidente e direttore generale dell’a-zienda genovese Velier, durante un suo viaggio a Guyana e Trinidad, scopre che la distilleria Caroni è stata chiusa da po-chi mesi e si faceva già fatica a leggere il nome Caroni sul muro esterno. Alcu-ni operai stavano ancora imbottigliando in maniera artigianale alcuni lotti di rum, così Luca chiese al liquidatore se ci fos-sero ancora delle botti. Giunti al magaz-zino; all’apertura della porta appare una visione che non avrebbe potuto immagi-nare neanche nel sogno più ottimistico:

CARONIPROFUMO DI TRINIDAD

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78 L’AMMAZZACAFFÈ

stie più voraci di voi oppure i vostri invitati si ritraggano per qualche macchiolina nera non identificata tra un chicco e l’altro. Tutti in piedi e col piatto in mano, quindi, a distanza di sicurezza dalle formiche, ma non dalle api malefiche che vi vogliono rubare il companatico e vi ronzano attorno rischiando di infilarvisi in bocca ad ogni boccone. Ci si consola con la torta salata fatta dalla mam-ma della cugina della sorella del cognato: “sai, lei è bravissima con le torte salate”. Il sapore, però, assomiglia pericolosamente a quello della naftalina, con retrogusto di crostacei e un tocco di suola di scarpa. Nel frattempo, si scatena un’improvvisa folata di vento che rime-scola le carte in tavola e fa planare i tovaglioli e i piatti di plastica sopra le vostre teste. Che importa? Le belle cose vanno sudate, siete pronti ad organizzare il prossimo pic-nic? Risposta: “sì beh, magari facciamo l’anno prossimo…”

Immaginate un prato verde, una bella tovaglia a quadri bianca e rossa distesa e leccornie di ogni genere pronte all’uso. Immagi-nate una giornata di sole ancora un po’ calda, il giusto direi, con un cielo azzurro limpido e della buona compagnia. È così che tutti noi, romantici e un po’ idealisti, immaginiamo il nostro pic nic alla sua vigilia. Poi, però, c’è la realtà con cui fare i conti. La verità è che la meteo prometteva benissimo, ma il cielo pare coperto. E comunque, spesa fatta con anticipo e tutti i commensali avvi-sati, ora il pic-nic va fatto ugualmente. Quel bel prato verde che ricordavate in collina, in realtà, è un po’ in pendenza ma non sarà certo questo a fermarvi. Si inizia a preparare: l’insalata di riso nel contenitore è pronta per essere degustata quando un’orda impazzita di formiche prende d’assalto la vostra postazione. Bisogna correre ai ripari (e veloce-mente) prima che l’insalata di riso sparisca smangiucchiata da be-

BUCOLICHE ASPETTATIVE DI PRANZETTI ALL’ARIA APERTAROVINOSAMENTE DISTRUTTE DALLA DURA REALTÀ: QUANDO IL PIC-NIC

DA IDILLIO CAMPESTRE DIVENTA UNA SFIDA CON LA NATURA.

SE IL PIC NICSI TRASFORMA IN UN INCUBO

a cura di Carlotta GirolaPrendetevi il meglioo lasciatevi rifornireMercato ProdegaTransgourmet Svizzera SACentro Galleria 36928 MannoTel. 091 604 24 00Fax 091 604 24 01

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81BOOK80 CLUB PROSPER MONTAGNÉ

Bernardi (responsabile settore vino) e dai “chevaliers” Luca Mer-lo (cassiere e responsabile culinario), Piero Tenca (responsabile culinario) e Marco Pasotti (responsabile settore pane). I membri “gourmet” sono oltre 40, mentre i ristoranti ticinesi sono 6: il Ri-storante Castelgrande a Bellinzona, l’Antica Osteria del Porto a Lugano, il Ristorante Albergo Cereda di Sementina, il Ristorante Atenaeo del Vino a Mendrisio, il Ristorante Stazione da Adriana e Agnese a Intragna e il Ristorante della Torre a Morcote. La cena di gala vivrà su una ricca scelta di prodotti di qualità consigliati da Ticino a tavola, l’iniziativa di GastroTicino per au-mentare la conoscenza e il consumo di prodotti locali nella risto-razione. Per iscriversi e avere ulteriori informazioni è sufficiente in-viare un e-mail ad [email protected]; per sottolineare il 50esimo, il Club apre le iscrizioni anche ai non associati. E durante la cena saranno presentati anche i prodotti realizzati per i festeggiamenti: la “Cuvée Prosper”, un vino speciale imbottigliato in “Magnum” dalla Valsangiacomo Vini di Mendrisio, il riso Terreni alla Maggia allo zafferano e i Sali del Jura, aromatizzati dallo chef Luca Merlo (limone, zenzero, erbe dell’orto, fiori delle Alpi svizzere e molte altre spezie).

Non è usuale scoprire un territorio attraverso 50 specialità gastro-nomiche servite in una sola cena. L’idea è venuta all’Ambasciata ticinese del Club Prosper Montagné che quest’anno taglia il tra-guardo dei 50 anni. Ecco quindi che sabato 17 ottobre al Risto-rante Albergo Cereda di Sementina, diversi cuochi, guidati dallo chef Luca Merlo, proporranno un viaggio imperdibile tra sapori, profumi e colori del Ticino, con qualche doverosa concessione ai prodotti svizzeri.

La serata di gala celebra, quindi, un Club che emoziona i gastro-nomi di tutta la svizzera da ben mezzo secolo. Un Club nato per rendere omaggio a Prosper Montagné, il celebre cuoco, giornali-sta e scrittore - nato a Carcassonne nel 1865 e morto nel 1948 - che fu considerato come un vero e proprio maestro culinario da tutti gli chef del suo tempo. A lui, alla sua opera e soprattutto alla sua filosofia gastronomica, si ispira il Club Prosper Montagné fondato subito dopo la morte del “maestro” dal discepolo René Morand. In Svizzera il Club esiste dal 1965 e conta 15 “amba-sciate”. Il Comitato dell’Ambasciata ticinese è composto, oltre che dall’“ambassadeur” Alessandro Pesce, dal “consul” Ezio De

80

SABATO 17 OTTOBRE SERATA DI GALAPER IL GIUBILEO DEL CLUB PROSPER MONTAGNÉ

50 ASSAGGI PER 50 ANNIDI STORIA DELLA GASTRONOMIA

LIBR

ERIA

GOLO

SA

1 4

2 5

3 6

BIANCO ROSSO & BLUAA. VV.Salvioni Edizioni

UNA POLPETTA CI SALVERÀA. Scafuri, G. Roversi Giunti Editore

SLOW WINE 2015G. Gariglio, F. GiavedoniSlow Food Editore

NEW YORK, LE RICETTE DI CULTOM. GrossmanGuido Tommaso Editore

WHERE CHEFS EATJ. Warwick L’Ippocampo

BISTROTB. Auboyneau, F. Simon Guido Tommasi Editore

Bianco Rosso & Blu ripercorre dalle sue origini la storia della viticoltura della Svizze-ra italiana e fotografa la situazione attuale attraverso i cicli vitivinicoli della coltivazio-ne, raccolta, vinificazione, distribuzione e degustazione del nettare di Bacco.

Nell’ottica del risparmio e del non spreco, la ricetta più “rivalutata” di recente è quella delle polpette. Di carne, di pesce o di ver-dura: tutto fa brodo, per un piatto classico, che ha fatto la storia e che ora torna sulla cresta dell’onda. Qui potete ispirarvi con tante ricette, e farle vostre con una sbirciata tra gli avanzi.

I vini, le etichette e le loro storie. La guida, ormai entrata nell’Olimpo delle più atten-dibili e autorevoli, racconta lo stato dell’e-nologia italiana e vi aiuta ad orientarvi nella giungla delle tante etichette. 1909 cantine, 23.000 vini degustati, 182 chiocciole: cosa vi serve ancora?

Un newyorkese DOC ripercorre le strade della sua città attraverso le ricette che sono entrate nel mito. Un ottimo modo per trarre ispirazione d’oltreoceano, dal-la metropoli più cosmopolita del pianeta. Non manca nulla: dai bagel al salmone alla celebre cheesecake.

Le guide ai ristoranti non si contano più. Ma questa è decisamente diversa, visto che il parere spassionato arriva diretta-mente dai professionisti del settore. I più grandi chef al mondo (alcuni anche svizze-ri) ci raccontano i loro ristoranti del cuore, divisi per tipologia.

Un volume illustrato dove si parla della fi-losofia dei bistrot parigini, offrendo ottimi spunti per chi vuole proporre una risto-razione curata e golosa, ma a prezzi ab-bordabili. Ricette, arredamento, riflessioni: un ottimo strumento per farsi trasportare altrove e da cui “rubare” idee.

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82 AGENDA82

USCITA NR. 60ANNO XIIISETTEMBRE 2015

BIMESTRALE DI ENOGASTRONOMIAPERIODICITÀ CINQUE VOLTE L’ANNO

EDITORERM Ristora Magazine S.A.Via Motta 18 – C.P. 1564 – 6830 CHIASSOTel. +41 (0) 91 290 49 36Fax +41 (0) 91 290 49 [email protected]

DIRETTOREArianna [email protected]

CAPO REDATTRICECarlotta [email protected]

GRAFICAElios Meroni

FOTO© Ristora Magazine

PUBBLICITÀRM Ristora Magazine S.A.Tel. +41 (0) 91 290 49 36Fax +41 (0) 91 290 49 [email protected]

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMEROGiacomo Acciai, Paolo Basso, Andrea Conconi, Paolo Grandi,Nicola Guarneri, Camille Jardin,Marta Lenzi, Luca Mazzola,Giacomo Pellegrini, Alessandra Piubello, Attilio Scotti

ABBONAMENTICHF 40.00 per 5 numeri (in Svizzera)CHF 50.00 per 5 numeri (estero)[email protected]

PREZZO A COPIAChf 12.00 (+ spese di spedizione)

DATE E APPUNTAMENTICIOTTOLANDO CON GUSTO26-27 settembre, Malcesine (Verona)Se avete ancora qualche giorno di vacanza, non perdete la “caccia al tesoro gourmet” organizzata sulle sponde del Lago di Garda. La sera del 25 settembre ci sarà anche una cena in quota, dove dall’alto del Monte Baldo potrete assa-porare le specialità d’acqua dolce (e non solo) tipiche della zona.

RASSEGNA GASTRONOMICA MENDRISIOTTOE BASSO CERESIO1 ottobre - 1 novembre 2015, Mendrisiotto e Basso CeresioGourmet, questo è l’appuntamento per voi. Oltre 40 ristoranti per la rassegna gastronomica più longeva di tutta la Svizzera. Un mese intero per gustare il me-glio della gastronomia di casa, e tanti premi per i golosi partecipanti.

GOURMESSE9 - 12 ottobre 2015, ZurigoCon 4000 metri quadrati di esposizione, Gourmesse festeggia i suoi primi 21 anni di successi con una selezione dei prodotti gourmand che trovano a Zurigo una piattaforma di vendita privilegiata.

SETTIMANA DEL GUSTO17 - 27 settembre 2015, LocarnoUna settimana (e qualche giorno in più) per riscoprire tutto il piacere del buon cibo e della convivialità a tavola. Quest’anno tocca alla nostra bella Locarno la palma di Città del Gusto 2015, e tra eventi, degustazioni e incontri ci sarà un bel da fare per i golosi ticinesi e non solo. Per maggiori info www.gout.ch

BASLER WEINMESSE24 ottobre - 1 novembre 2015, Fiera di BaselOltre 4500 etichette per andare alla scoperta delle novità vitivinicole del mon-do. Prodotti nazionali e internazionali non mancheranno, per uno dei principali eventi di settore, dove potrete tranquillamente fare una passeggiata tra le vigne dei 5 continenti.

WEB STAR DAY9 novembre, Lugano Palazzo Mantegazza Sala Metamorphosis Terza edizione per la tavola rotonda organizzata da Ristora Magazine sul web applicato al mondo dell’albergheria e della ristorazione. Questa volta si parlerà di web reputation, ossia di cosa dice la Rete di voi, professionisti e singoli cittadini.

IGEHO21 - 25 novembre, Basilea Torna uno degli appuntamenti imperdibili per i professionisti del settore Horeca: l’esposizione internazionale dedicata a hotel, aziende di catering, e consumi extra-domestici è il punto di incontro ideale per chi vuole restare aggiornato e fare business.

Page 43: 52 Mendrisiotto e Basso Ceresio 2015 - miabbono.com ristora magazine... · STRATEGIE osare per vincere la sfida della ristorazione d’oltreconfine ... consigli per non andare in

I Vini ticinesi si riconfermano al Grand Prix des Vins Suisses

29 medaglie d’oro

10 finalisti5 nella categoria Merlot4 nella categoria assemblaggi rossi1 nella categoria Spumanti