5.1.2. Gli aspetti percettivi e vedutistici - Comune di Como · fanno sì che per la prima volta...

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1319 5.1.2. Gli aspetti percettivi e vedutistici Ma cosa è lo sguardo? Sbaglieremmo se credessimo che lo sguardo sia solo un fenomeno fisiologico. An- che se i meccanismi alla base della visione sono identici per tutti, lo sguardo non è mai il medesimo. Esso muta in funzione dei momenti storici e della cultura propria alla categoria sociale dell’osservatore. Dob- biamo considerare lo sguardo come un complesso fenomeno bio – sociale. Il paesaggio nasce quando lo sguardo, con intenzionalità, inizia a cercare il piacere della visione. L’uomo davanti al paesaggio è un uo- mo che guarda. Lo ha ricordato in modo chiaro anche Eugenio Turri: «[…] di paesaggio si può parlare so- lo quando c’è uno sguardo che lo scopre, lo osserva, lo riconosce, lo fa vivere, suscitando certe emozioni o certe riflessioni, quando in altre parole l’homo figurans, l’uomo impegnato a guardare e a rappresentare, non viene sopraffatto da imperativi di altro genere. È allora che il discorso sul paesaggio non può escludere la riflessione su come l’uomo ha guardato il mondo intorno a sé, sia scoprendo lo scenario del proprio vive- re, lo scenario di cui è attore in quanto abitante, sia lo scenario che fa da sfondo al vivere e all’operare di altri uomini, di altre società rispetto alle quali egli è estraneo»1 . Il paradosso, in cui città e territorio sono annullati nella nebbia, è veicolato dalla comunicazione turistica come un gioco, senza preoccupazioni di carattere metaforico. Eppure le immagini rivelano una complessa costruzione linguistica, in cui la rimozione pressoché totale dei punti di riferimento non impedisce la perce- zione della realtà del territorio2 . Il tema della percezione e contemplazione del paesaggio è stato oggetto di studio da parte di numerosi filoso- fi e l’esperienza della percezione e contemplazione del paesaggio è stato inserito in un più ampio quadro di tipo conoscitivo – esistenziale: muovendo dal concetto di sguardo introdotto dal Turri, Luisa Bonesio sotto- linea che il paesaggio “possiede una sua oggettività, indipendentemente dallo sguardo estetico che vi si po- sa3 : i paesaggi sono il volto delle culture, strato visibile la cui logica non si esaurisce nei canoni dell’estetico come settorializzazione dell’esperienza4 . Il riconoscere il paesaggio quale “manifestazione concreta, stori- ca, simbolica e comunitaria di identità culturali espresse nel territorioimplica quindi il superamento della concezione soggettivistico – rappresentativa della visione a sequenze percettive frammentarie5 . 1 C. Ferrata, La fabbricazione del paesaggio dei laghi. Giardini, panorami e cittadine per turisti tra Ceresio, Lario e Verbano, Edi- zioni Casalgrande, Bellinzona, 2008. 2 Aa. Vv., Como e la sua storia. L’immagine storica, Nodo Libri, Como, 1993. 3 L. Bonesio, Paesaggio: anima dei luoghi , Diabasis, Reggio Emilia, 2008. 4 Ibidem. 5 Ibidem.

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5.1.2. Gli aspetti percettivi e vedutistici “Ma cosa è lo sguardo? Sbaglieremmo se credessimo che lo sguardo sia solo un fenomeno fisiologico. An-che se i meccanismi alla base della visione sono identici per tutti, lo sguardo non è mai il medesimo. Esso muta in funzione dei momenti storici e della cultura propria alla categoria sociale dell’osservatore. Dob-biamo considerare lo sguardo come un complesso fenomeno bio – sociale. Il paesaggio nasce quando lo sguardo, con intenzionalità, inizia a cercare il piacere della visione. L’uomo davanti al paesaggio è un uo-mo che guarda. Lo ha ricordato in modo chiaro anche Eugenio Turri: «[…] di paesaggio si può parlare so-lo quando c’è uno sguardo che lo scopre, lo osserva, lo riconosce, lo fa vivere, suscitando certe emozioni o certe riflessioni, quando in altre parole l’homo figurans, l’uomo impegnato a guardare e a rappresentare, non viene sopraffatto da imperativi di altro genere. È allora che il discorso sul paesaggio non può escludere la riflessione su come l’uomo ha guardato il mondo intorno a sé, sia scoprendo lo scenario del proprio vive-re, lo scenario di cui è attore in quanto abitante, sia lo scenario che fa da sfondo al vivere e all’operare di altri uomini, di altre società rispetto alle quali egli è estraneo»”1.

“Il paradosso, in cui città e territorio sono annullati nella nebbia, è veicolato dalla comunicazione turistica come un gioco, senza preoccupazioni di carattere metaforico. Eppure le immagini rivelano una complessa costruzione linguistica, in cui la rimozione pressoché totale dei punti di riferimento non impedisce la perce-zione della realtà del territorio”2.

Il tema della percezione e contemplazione del paesaggio è stato oggetto di studio da parte di numerosi filoso-fi e l’esperienza della percezione e contemplazione del paesaggio è stato inserito in un più ampio quadro di tipo conoscitivo – esistenziale: muovendo dal concetto di sguardo introdotto dal Turri, Luisa Bonesio sotto-linea che il paesaggio “possiede una sua oggettività, indipendentemente dallo sguardo estetico che vi si po-sa”3: i paesaggi sono il volto delle culture, strato visibile “ la cui logica non si esaurisce nei canoni dell’estetico come settorializzazione dell’esperienza”4. Il riconoscere il paesaggio quale “manifestazione concreta, stori-ca, simbolica e comunitaria di identità culturali espresse nel territorio” implica quindi il superamento della “concezione soggettivistico – rappresentativa della visione a sequenze percettive frammentarie”5. 1 C. Ferrata, La fabbricazione del paesaggio dei laghi. Giardini, panorami e cittadine per turisti tra Ceresio, Lario e Verbano, Edi-

zioni Casalgrande, Bellinzona, 2008. 2 Aa. Vv., Como e la sua storia. L’immagine storica, Nodo Libri, Como, 1993.

3 L. Bonesio, Paesaggio: anima dei luoghi, Diabasis, Reggio Emilia, 2008.

4 Ibidem.

5 Ibidem.

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La necessità di superare la coincidenza tra paesaggio in senso estetico e bella veduta era già stata espressa da Paolo D’Angelo, che proponeva di leggere il paesaggio quale “identità estetica dei luoghi”6, identità data dall’interazione di natura, cultura e storia, secondo la lezione di Rosario Assunto. Ciò permette di abbando-nare un’idea di paesaggio quale mero punta di vista, quadro naturale da conservare (paesaggio – immagine), senza cadere però nella tentazione di ridurre il paesaggio al solo ambiente, a spazio fisico – biologico, privo di implicazioni estetico – percettive. Ma questo esperire esteticamente la natura, costruire l’identità estetica del paesaggio attraverso uno sguardo lanciato da dentro, implica un’ulteriore passaggio. Rosario Assunto scriveva infatti che “l’esperienza estetica presuppone l’inseparabilità della contemplazione di un paesaggio dal viverci dentro”7, introducendo così l’idea di un’etica della contemplazione. Precisava inoltre che l’immagine paesaggistica è sintetica e immediata e viene restituita attraverso iconemi: descrizioni, riferimenti, immagini sintetiche e riassuntive di una realtà ar-ticolata e complessa. “Iconemi sono in tal senso le unità elementari della percezione: le immagini che rap-presentano il tutto, che ne esprimono la peculiarità, ne rappresentano gli elementi più caratteristici, più i-dentificativi. Iconema è un segno che, in quanto elaborato e selezionato dal meccanismo percettivo, assume valore simbolico e funzionale (il simbolo, frammento rappresentativo del tutto, secondo il significato origi-nario) nella visione del percettore”8. “[…] Gli iconemi rappresentano il leitmotiv di un paese, di una regio-ne, nel senso che in esso si esprimono gli elementi costitutivi, le emergenze nodali di uno spazio organizzato, che proprio da essi trae omogeneità e unità di orditura. Sul piano percettivo si tratta solitamente delle «im-magini centrali» che si colgono percorrendo il paese, quelle che più di altre noi memorizziamo, che entrano più incisivamente nel nostro vissuto e ci riappaiono nel ricordo, nel sogno, le immagini che fotografiamo”. Nell’accezione specifica, se si considera il paesaggio quale prodotto della nostra percezione e della nostra e-sperienza estetica, esso esiste nel momento in cui viene osservato e vissuto. La lettura del paesaggio, oltre agli aspetti morfologici analizzati nel precedente capitolo, passa pertanto ne-cessariamente attraverso una nuova ulteriore chiave di lettura: l’esperienza fruizione – percezione – contem-plazione; ecco che la Dgr 8 novembre 2002, n. 7/110459 riconosce il forte legame tra paesaggio e fruizione percettiva precisando che, sebbene questo nesso sia inscindibile, non sempre è possibile parlare di valori pa-noramici o di relazioni visive rilevanti. Il modo di valutazione vedutistico si dovrà pertanto applicare là dove si consideri di particolare valore questo aspetto, in quanto si stabilisce tra osservatore e territorio un rapporto di significativa fruizione visiva per ampiezza (panoramicità), per qualità del quadro paesistico percepito, per particolarità delle relazioni visive tra due o più luoghi. Sintetizzando, il legislatore regionale invita ad osser-vare quanto si vede, cosa si vede, da dove si vede. Il paesaggio comasco è costituito da più insiemi percettivamente omogenei, legati da strette relazioni di inter-visibilità reciproca. L’elemento base del mosaico paesaggistico è costituito dall’articolata morfologia del ter-ritorio, cui si sovrappongono gli insediamenti, le aree naturali, le infrastrutture, …, che disegnano le linee del paesaggio e lo caratterizzano secondo strutture ed elementi portanti. Vengono così messe in evidenza le grandi linee del paesaggio percepibile e gli elementi costitutivi che carat-terizzano ciascun ambito, attirando l’attenzione a causa della loro forma, dimensione e significato. Si tratta della cosiddetta “visibilità assoluta”, riferita non a punti di vista particolari, bensì a un insieme generalizzato, che esplora gli elementi morfologici e fisici, la loro consistenza e forma, nonché le eventuali continuità con ambiti limitrofi; tale sistema di analisi si sofferma quindi su quegli elementi culturali che caratterizzano l’ambito stesso e definiscono l’identità dei luoghi, attirando l’attenzione per i connotati visivi pregnanti e si-gnificativi, per la particolare forma, dimensione o significato10.

6 P. D’Angelo, “Il paesaggio e l’estetica”, in Paesaggio Teoria Storia Tutela, Patron, Bologna, 2004.

7 R. Assunto, Il paesaggio e l’estetica, Giannini Editore, Napoli, 1973.

8 E. Turri, Paesaggio come teatro, Marsilio, Venezia, 1998.

9 Dgr 8 novembre 2002, n. 7/11045 recante “Approvazione Linee guida per l’esame paesistico dei progetti”, in Burl, 2° suppl. stra-

ordinario al n. 47 del 21 novembre 2002. 10

V. Romani, Il paesaggio. Teoria e pianificazione, Angeli, Milano, 1994.

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È interessante osservare come gli stessi decreti di vincolo ex L. 1497/1939, apposti su un’estesa porzione del territorio cittadino, siano ricchi di rimandi al valore panoramico dei luoghi tutelati nonché al loro configurarsi quali punti di vista accessibili, da cui godere splendidi scenari, o come quadri naturali di singolare bellezza, godibili da lago, strade, ferrovie e da numerosi punti di vista pubblici. Tale “visibilità assoluta” è strettamente legata anche all’individuazione di punti e percorsi panoramici che, aprendo scorci sul paesaggio, accompagnano l’osservatore lungo un percorso che conduce dai punti prescelti fino al paesaggio circostante, secondo differenti tracciati di fruizione visiva. Un ulteriore elemento privilegiato di fruizione del paesaggio è rappresentato dalle principali vie di comuni-cazione, dai tracciati stradali, ferroviari, della funicolare e dalle rotte della navigazione lacuale. Differenti sistemi di trasporto e diverse velocità ad essi collegate portano con sé una trasformazione della vi-sione e si fanno mediatori tra noi e il territorio, divenendo elementi narrativi11; ben diversa appare pertanto la visione da parte di chi percorre sentieri o strade locali, piuttosto che tracciati viabilistici a elevata velocità. Questi ultimi, in particolare, si contraddistinguono per l’alta velocità di percorrenza e la conseguente contra-zione di spazio e tempo. Sparisce conseguentemente il primo piano, con perdita della profondità, per lasciare il posto allo sfondo, di cui è comunque impossibile cogliere i dettagli. Inoltre l’immagine prescelta, una volta fissata, permane per un breve momento, e subito viene sostituita da una nuova scena, realtà in costante cam-biamento su un territorio sempre diverso12. “La velocità e la linea retta lungo la quale il treno attraversa il paesaggio non annullano quest’ultimo, ma fanno sì che per la prima volta esso sostenti tutta la sua ricchezza”13. 11

Ibidem. 12

C. Ferrata, La fabbricazione del paesaggio dei laghi. Giardini, panorami e cittadine per turisti tra Ceresio, Lario e Verbano, Edi-zioni Casalgrande, Bellinzona, 2008. 13

W. Schivelbush, Storia dei viaggi in ferrovia, Einaudi, Torino, 1988.

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Tuttavia, per ottenere una visione completa di ciò che circonda l’osservatore, è necessario volgere lo sguardo e osservare gli elementi costitutivi dei paesaggi della velocità, ove spesso le ragioni strutturali e funzionali del manufatto prevaricano su quelle paesaggistiche.

Lavori di realizzazione della nuova autostrada Milano – Como – Chiasso

(in Pifferi E., “Como anni ‘’70 e dintorni”, Como, 2009, p. 197)

Realizzazione delle gallerie e del viadotto

dell’autostrada a Monte Olimpino (in Pifferi, cit., p. 197)

Dogana di Brogeda (in Pifferi, cit., p. 197)

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L’individuazione di punti panoramici, di punti strategici di fruizione visiva, nonché di tracciati panoramici stimola l’approfondimento del rapporto di intervisibilità esistente tra i diversi punti del territorio, consenten-do di cogliere alcuni aspetti chiave delle relazioni che caratterizzano il paesaggio esaminato e gli elementi che lo compongono.

La fruizione percettiva dei paesaggi e la lettura delle relative trasformazioni è inoltre strettamente legata al punto di osservazione e alla scala prescelti. Essere partecipi del paesaggio significa pertanto ricercarne il ca-rattere intrinseco con continui e progressivi salti di scala che, superando l’immediato percettivo, conduca a una tensione continua tra vicino e lontano, interno ed esterno, azione e contemplazione. I paesaggi si tra-sformano non solo per i processi naturali e le attività dell'uomo, ma anche per il continuo cambiamento del nostro modo di percepirli e giudicarli. Si può conseguentemente ipotizzare che taluni scardinamenti del pae-saggio contemporaneo e la noncuranza di chi li vive, possa essere in parte legato ad un punto di osservazione troppo prossimo all’oggetto, che ne fa perdere la capacità di lettura.

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È possibile inoltre osservare come la configurazione morfologica del territorio divenga elemento chiave nella ricerca di rapporti visivi e di scambio tra la città e il suo intorno, e contribuisca a creare visuali differenti in relazione alla posizione, al cono ottico, all’altitudine.

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Alcune vedute ricorrenti nella lettura del paesaggio comasco appaiono già presenti nell’iconografia storica e testimoniano come vi sia sempre stata la ricerca di punti di vista privilegiati nella visione e percezione della

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città; inoltre taluni punti di vista sono stati “frequentati con tale costanza e precisione […] da divenire luoghi comuni della vedutistica comasca, contribuendo in modo determinante a costruire la percezione collettiva della città e del suo contorno di colline”14. Dalle colline e dai rilievi che cingono la città è sempre stato possibile “un osservare la città dall’alto”15; vi è poi la vista della città dal lago, forse la più rappresentata nell’iconografia storica, e infine la percezione del paesaggio dall’interno della città stessa.

P. Birmann om J. Rebell, Ia veduta di Como, Patria dei due Plinii, Vienna, 1802 – 1808 ca

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Aa. Vv., Como e la sua storia. L’immagine storica, Nodo libri, Como, 1993. 15

Ibidem.

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G. Elena, Como, Milano, 1850 ca.

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J. Wetzel, Como, Zurigo, 1822

S. Prout, Como, Londra, 1839

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Veduta del porto di Como da est, 1830 ca.

W. Turner, The old part of Como, 1841

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P. Birmann o J. Rebell, L’Olmo. Passeggio vicino a Como, Vienna, 1802 – 1808