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51° Congresso Nazionale SICM Artroscopia e artroplastica del polso: metodiche a confronto 5 ottobre 2013

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51° Congresso Nazionale SICM

Artroscopia e artroplastica del polso:metodiche a confronto

5 ottobre 2013

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COLLASSI CARPALI.CONCETTI GENERALI, INQUADRAMENTO E

DIAGNOSTICA TRADIZIONALE

E. PAMELIN, R. BUDRONI, R. SEDDACentro Regionale di Chirurgia della Mano “Renzo Mantero”

Ospedale San Paolo Savona

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Pamelin Emanuele, Via Poggio dell’Orizzonte 9/a5, 17012 Albissola Marina - E-mail: [email protected]

La comprensione delle modificazioni della geo-metria del carpo da tempo è stato oggetto di discus-sione poiché, pur facendo riferimento ad entità ezio-logiche eterogenee in grado di modificarne la stabi-lità, ha come risultato l’elemento costante delle laperdita del fisiologico rapporto anatomico della ossacarpali, potendo interessare gli elementi scheletricidella medesima filiera del carpo prossimale o distaleo di entrambe. La biomeccanica del carpo è statasenza ombra di dubbio un argomento seducente siain passato che nel presente tanto da aver ispirato dif-ferenti modelli interpretativi quali quello delle co-lonne di Navarro (1919), delle colonne modificata diTaleisnik (1976), la teoria degli anelli ovali di Licht-man (1981), della colonne di Weber (1988), fino allepiù recenti teorie quali la meccanica biarticolareconcentrica che pone l’accento l’importanza di man-tenere una equidistanza della testa del capitato dalradio quale garanzia delle opportune dimensioni ne-cessarie alla corretta cinematica. Benché suggestivaed indiscutibilmente affascinante da un punto di vi-sta filogenetico, anche quest’ultima teoria non hadato tutte le risposte necessarie al modello interpre-tativo necessario allo specialista per il completo in-quadramento diagnostico. Se prendiamo in conside-razione il fatto che, fatta eccezione per il pisiforme,le ossa carpali della prima filiera, non hanno inser-zioni tendinee dirette, la loro funzione assume unareale efficacia solo grazie all’integrità delle struttureossee e capsulo-legamentose che hanno lo scopo di

garantire il reciproco spostamento adattativo neimovimenti di flessione, estensione ed inclinazioneradiale ed ulnare, o la combinazione di questi (1). E’quindi di fondamentale importanza la comprensionedella patomeccanica lesionale che può coinvolgere imeccanismi stabilizzatori del polso quali la compro-missione legamentosa carpale per azione diretta oindiretta o osteo-articolare, o l’associazione di queste(2). Benché il pensiero corra principalmente alle se-quele post traumatiche osteo-articolari o capsulo-le-gamentose, non bisogna dimenticare il ruolo chegiocano le patologie degenerative nell’alterazione deireciproci rapporti articolari del carpo e le sue inevi-tabili conseguenze. E’ importante ricordare che, aprescindere dall’eziologia di base, sia essa post-trau-matica o degenerativa, la perdita di altezza del carpoè da considerarsi conseguente all’ instaurarsi dell’in-stabilità del carpo.

Il collasso carpale è quindi definibile come con-seguenza del mal allineamento delle ossa del carpo(instabilità del carpo), e/o quale conseguenza deldeterioramento delle struttura osteo-articolariprincipalmente conseguenti a:

- Cause post-traumatiche- esiti fratturativi di scafoide (SNAC)- esiti di lesioni legamentose (SLAC)- esiti fratturativi delle ossa del carpo (scafoideescluso)

- Artropatie conseguenti ad affezioni reumati-che (artrite reumatoide)

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E. PAMELIN, R. BUDRONI, R. SEDDA

- Necrosi avascolare (Kiemböck, Preiser)- Artropatie metaboliche (artropatia gottosa,

condrocalcinosi)- Artropatie post-infettiveSe da una parte l’instabilità carpale è difficil-

mente classificabile, i collassi del carpo analizzati seprendiamo in considerazione lo schema analitico insei categorie proposto da Larsen (3), risultano sem-plificati trattandosi di lesioni indiscutibilmentecroniche, statiche irriducibili e generalmente con-seguenti ad instabilità carpali complesse (CIC) odivenute tali a seguito di instabilità dissociative(CID) e/o non dissociative (CIND). Sono inveceda considerare a parte le sequele delle dissociazioniadattative (CIA) poiché sono conseguenza dellaperdita di altezza del carpo a seguito di lesioni amonte o a valle delle filiere carpali che potrebberomantenere comunque inalterata la geometria delcarpo. Difatti una localizzazione reumatica a livellodel legamento radio-scafo-capitato in un primotempo potrà determinare la tipica traslazione ulna-re di tutto il carpo, e solo successivamente, con ilcoinvolgimento dei legamenti intercarpici, deter-minerà una variazione a livello mediocarpico.

Un punto cardine nella comprensione della cine-matica del carpo è che lo scafoide è stato sempre ri-conosciuto come l’elemento chiave per mantenereun’adeguata relazione tra la filiera prossimale e di-stale nella distribuzione dei carichi in particolar mo-do assiali (il 70% dei carichi assiali si distribuisce al-lo scafoide e semilunare provenendo dal capitato).Garantire un assetto stabile in un segmento che altempo stesso deve consentire un arco articolare tri-dimensionale a geometria variabile è possibile solograzie ai reciproci movimenti delle ossa che com-pongono la prima e seconda filiera, nessuno esclusotranne, come accennato sopra, il pisiforme. Non de-ve stupire quindi che sia principalmente lo scafoidead opporsi alle forza di carico assiale determinandoquindi in suo difetto, il collasso carpale, sia essoconseguente ad esiti fratturativi che legamentosi (4).Infatti se lo scafoide si scompone in frammenti in-stabili, la porzione distale avrà la tendenza a seguirei movimenti della filiera distale ed analogamente ilframmento prossimale seguirà i movimenti della fi-liera omologa. In tali circostanze non è possibile

controllare i reciproci movimenti delle filiere, tradu-cendosi in un movimento discinematico della me-diocarpica. Messo sotto carico la parte prossimaledello scafoide tende quindi a seguire semilunare epiramidale ruotando in estensione, mentre il fram-mento distale è forzato in flessione dalla pressioneesercitata da trapezio e trapezoide. Un esempioesemplificativo è la humpback deformity quale con-seguente espressione delle forze discinematice asso-ciate alla pseudoartrosi di scafoide (5). Va comunquericordato che il collasso carpale a seguito di pseu-doartrosi o necrosi del polo prossimale dello scafoi-de non è presente che dai gradi avanzati (grado III)dove è presente la DISI del frammento prossimaleconsensualmente al semilunare e la progressiva mi-grazione del capitato prossimalmente (grado IV).

Analogamente la dissociazione scafo-lunata dilunga durata pur producendo una degenerazionecartilaginea sintomatica secondo un patternosteoartritico specifico che coinvolge progressiva-mente la radio-scafoidea dalla stiloide (SLAC 1) atutta la superficie (SLAC2), solo a partire dal gradopiù avanzato si ha il coinvolgimento della medio-carpica con la migrazione prossimale dl capitato edil conseguente conflitto capito-lunato (SLAC3).Deriva da ciò il fatto che un polso SLAC può esse-re non sintomatico nei primi gradi mentre difficil-mente lo rimarrà nel grado più avanzato. Cionono-stante il 72% delle osteoartriti di polso sono da ri-condurre a quadri SLAC non diagnosticati (6).Probabilmente la differenza nelle conseguenze ar-trosiche tra SNAC e SLAC wrist è da imputare alminor tempo di “slatentizzazione” sintomatologicanegli esiti fratturativi di scafoide.

Benché le frattura delle ossa del carpo, escluso loscafoide, rappresentino poco più del 40% del totale,solo una minima parte di esse vengono prese inconsiderazione per le possibili conseguenze chepossono avere in termini di collasso carpale.Conformemente alla teoria delle colonne di Talei-snik, le ossa implicate nella perdita di altezza car-pale sono il trapezio, trapezoide, capitato e semilu-nare, con valori percentuali complessivi di poco in-feriori al 6% del totale delle fratture delle ossa delcarpo (scafoide escluso). Il ruolo svolto dalle frattu-ra di trapezio e trapezoide acquista rilevanza nel

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caso in cui venga coinvolto il sistema legamentososcafo trapeziale che in associazione alla possibileconcomitante dissociazione scafo-lunata può con-durre alla sublussazione rotatoria della scafoide(RSS) in grado di produrre analoghe conseguenzeal quadro SLAC. Un discorso a parte deve esserefatto per le fratture di capitato. Generalmente lefrattura di capitato sono conseguenti a traumi adalta energia. Anche se rare (1%) le fratture di capi-tato possono essere associate per la metà dei casi alesioni caspulo-legamentose carpo-metacarpali oassociate a lesioni trans-scafo-perilunate. Nella re-stante percentuale dei casi, anche se isolate, le frat-ture di capitato possono evolvere in pseudoartrosi enecrosi del polo prossimale (a causa dall’ampia su-perficie articolare e della vascolarizzazione) chepuò predisporre all’artrosi della mediocarpica equindi al collasso carpale (7). Se da una parte lefratture del semilure rappresentino solo l’1% dellefratture del carpo, devono essere considerate poten-zialmente insidiose poiché capaci di nascondere as-sociate lesioni legamentose (scafo-lunate o luno-pi-ramidali, ma anche radio-lunate)) in grado di svi-luppare instabilità carpale. La frattura del poloprossimale necessita di riduzione e sintesi per nonperdere la funzione dei legamenti radio-lunati lun-go e breve, mentre un frammento dorsale necessitadi riduzione per non compromettere la funzionedei legamenti dorsali (scafo.lunato e luno-trique-trale. Le conseguenze di fratture del semilunarepossono analogamente alle precdenti, condurre aquadri di pseudoartrosi (poco frequente), necrosiavascolare e conseguente instabilità carpale.

Per quanto riguarda le localizzazioni dell’artritereumatoide, bisogna considerare che la sua caratte-ristica di essere una patologia autoimmune sistemi-ca, con tropismo per le articolazioni periferiche, ca-pace di produrre una sinovite erosiva a livello tendi-neo ed articolare, fino alla destrutturazione dei rap-porti articolari. La sinovite erosiva del polso rappre-senta solitamente il primum movens nella patoge-nesi della deformità della mano reumatoide. Ben-ché la radio-ulno-carpica sia l’articolazione abitual-mente coinvolta con la conseguente traslocazioneulnare e deviazione radiale e supinazione del carpo,anche il coinvolgimento e la destrutturazione dei

legamenti della medio-carpica possono condurre adeffetti secondari osteoarticolari importanti. In par-ticolare, secondo il modello proposto da Tubiana ledeformità possono essere classificate in ulnare (lapiù frequente), centrale e radiale (la meno frequen-te) (8) In effeti nella prima bisogna considerare chenella prima forma di deformità, benché avvenga unmigrazione in toto del carpo in senso ulnare e condeviazione radiale, la mediocarpica non vede modi-ficare la propria geometria, conservando i proprivolumi e rapporti articolari. Discorso differente ri-guarda la deformità di tipo centrale, derivante dallalocalizzazione precoce dell’impegno sinoviale a li-vello della radio-scafo-lunata a causa della ricca va-scolarizzazione del legamento di Testut adiacente allegamento scafo.lunato. la lesione che se ne deter-minerà sarà analoga alla già citata lesione del lega-mento scafo-lunato ponendo quindi le basi per unquadro SLAC. Nelle deformià radiali invece ilcomplesso legamentoso interessato è quello radio-scafo-capitato, con conseguente cedimento delcomplesso legamentoso distale scafo-trapeziale econseguente sublussazione rotatoria dello scafoide(RSS) e quindi una riduzione in altezza del versan-te radiale del carpo.

Nel caso della osteonecrosi avascolare del semi-lunare, nonostante la sua eziopatogenesi sia poconota (post-traumatica, vascolare, morfologica, se-condaria a dismetria dell’ulna), è ben nota la suaevoluzione verso il collasso e il suo potenziale de-stabilizzante in grado di condurre all’instabilità delcarpo. Ci si riferisce in questo caso allo stadio III(A e B) con la perdita di altezza e la migrazione inVISI del residuo semilunare ed allo stadio IV conla caratteristica artrosi perilunare. Al di la dellaperdita volumetrica consistente della prima filieradel carpo, non bisogna trascura le conseguenze del-la perdita di funzione dei legamenti intercarpicisafo-lunato e luno-piramidale non più in grado dicontrastare la migrazione prossimale del capitatonell’instaurarsi del collasso carpale.

La malattia di Preiser riguarda la necrosi avasco-lare dello scafoide. Analogamente alla malattia diKiemböck, si distinguono quattro gradi radiologici,potendo esitare il grado terzo in instabilità ed ilgrado quarto in collasso carpale ed artrosi.

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E. PAMELIN, R. BUDRONI, R. SEDDA

Nelle artropatie di origine dismetabolica si di-stinguono quelle conseguenti a deposizione periar-ticolare di microcristalli di urato (artropatia gotto-sa) e quelle conseguenti alla deposizione di pirofo-sfato di calcio diidrato a livello periarticolare e dellacartilagine articolare (condrocalcinosi). Mentre nelprimo caso l’interessamento del carpo è più raro(ma non eccezionale), nel caso di localizzazione alivello della radio-ulno carpica e della medio-carpi-ca (con specifico tropismo per la scafo-trapezio-trapezoide) e della piso-piramidale. Nella loroespressione clinica benché possano apparire simili(la condrocalcinosi monoarticolare è definita pseu-do gotta), nella forma similreumatoide differisceper la frequenza degli attacchi acuti e gli intervallidi remissione oltre che per il corollario dei datibioumorali e radiografici che ne facilita la discrimi-nazione. Come per le altre patologie sopra descrit-te, anche in questo caso, le lesioni erosive periarti-colari, sia per azione diretta sulle strutture lega-mentose che per la destrutturazione erosiva dellacomponente osteo-articolare, conducono alla po-tenziale instabilità carpale preludio del successivocollasso.

Un accenno alle localizzazioni settiche del carpoè necessario non solo per le possibili conseguenzadel trattamento chirurgico o infiltrativo che sotto-stanno ai rischi e alle complicanze infettive, ma an-che per le possibili diffusioni ematogene di agentieziologici quale il Mycobacterium Tuberculosis. Lalocalizzazione al polso della tubercolosi, benché an-cora rara, ha mostrato un recente sensibile incre-mento e, viste le drammatiche conseguenze in casodi pan artrosi carpale, non deve essere miscono-sciuta talvolta l’infezione tubercolare è data dallarottura intra-articolare di un ascesso intravaginaletendineo ; in altri casi può derivare dalla diffusioneematogena localizzata allo scafoide ed al semiluna-re e successivamente alle ossa limitrofe, con il con-seguente collasso strutturale.

DIAGNOSTICA TRADIZIONALE

Il dolore di polso è il sintomo principale chespinge il paziente a sottoporsi a controllo medico.

Benché sia estremamente eterogenea la classe ezio-logica che può condurre a dolore di polso, si puòriordinare questa ampia classe sintomatologica intre categorie: (1) dolore acuto insorto dopo episo-dio traumatico; (2) dolore cronico con storia di pre-gresso episodio traumatico; (3) dolore cronico in-termittente in assenza di episodio traumatico re-cente o pregresso. Nonostante l’introduzione dinuove tecniche di imaging, rimane di fondamentaleimportanza la diagnostica convenzionale radiologi-ca. Nella maggior parte dei casi è in grado di forni-re le informazioni necessari per comprendere nonsolo il quadro eziologico, ma anche di porre indica-zione all’ approfondimento diagnostico supplemen-tare con esame ecotomografico,Tomografia Tom-puterizzata, Risonanza Magnetica, artro RMN. Undiscorso a parte deve essere fatto per l’artroscopiadi polso, poiché tale tecnica è al confine tra la pra-tica diagnostica ed il trattamento vero e proprio. Seda una parte consente la visione diretta intra-arti-colare di lesioni osse e legamentose a livello radio-carpico e mediocarpico, dall’altra ne consente an-che il trattamento, come nei primi gradi della clas-sificazione delle dissociazioni scafo-lunate di Geis-sler (9).

La radiologia convenzionale si basa quattroproiezioni standard: postero-anteriore, postero-an-teriore in inclinazione ulnare, laterale pura. Benchénella pratica quotidiana sia ormai accettato di se-guire le sole proiezioni postero-anteriore e laterale,sarebbe buona norma richiederne il supplemento sela storia clinica del paziente ci richiede maggioreattenzione sulla colonna radiale del carpo, così dapoter visualizzare al meglio con la proiezione obli-qua 45° non solo lo scafoide ma anche i suoi rap-porta con trapezio e trapezoide. Allo stesso modola proiezioni con inclinazione ulnare potrà fornirenon solo importanti informazioni sulle caratteristi-che volumetriche delle ossa delle due filiere del car-po, ma anche sulle caratteristiche di una potenzialeinstabilità carpale (dinamica piuttosto che statica) euna sua datazione approssimativa. Nelle valutazioniradiografiche dei collassi carpali ci si trova ad esa-minare quadri ormai instaurati da tempo, che han-no modificato la in alcuni casi pesantementel’assetto longitudinale del carpo. Di fondamentale

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importanza risultano le proiezioni laterali e poste-ro-anteriori. Esaminando le proiezioni laterali delcarpo si ottengono tre angoli che vanno esaminatiin modo complementare: l’angolo scafo-lunato (pa-tologico quando superiore a 65-80°), l’angolo capi-to-lunato (v.n. 0-15°), l’angolo radio-lunato (anor-male se superiore a 15°). Difficilmente un quadrodi collasso carpale mostrerà un angolo capito-luna-to normale essendo il semilunare migrato in DISI(ad esempio a seguito di una lesione del legamentoscafo-lunato) o in VISI per un interessamento dellegamento luno-triquetrale. Analogamente risulteràalterato anche l’angolo scafo-lunato. L’associazionedegli angoli radio-lunato e capito-lunato consentedi determinare l’asse capito-radiale (passante per ilcentro della diafisi del radio e del capitato) che ri-sulterà sensibilmente alterato in caso di modifica-zione di uno dei due angoli. Nelle proiezioni poste-ro-anteriori i tre archi (linee di Gilula) che consen-te di valutare la corretta relazione delle ossa del car-po. Una interruzione della continuità in uno diquesti archi indica uno spostamento intercarpale.La misurazione degli angoli e la valutazione degliarchi di Gilula sono espressione del grado di malallineamento delle ossa delle del carpo, mentre lamisurazione dell’altezza del carpo, la variazionedell’asse capito-radiale e l’indice di traslocazioneulnare valutano non solo l’entità del collasso carpa-le, ma la misurazione dei differenti indici di trasla-zione ulnare, consente di individuarne più detta-gliatamente la causa. Infatti, se l’indice di altezzadel carpo è calcolato dividendo l’altezza del carpo(calcolata dal margine articolare della faccetta luna-ta ed il margine distale del capitato) per l’altezzadel terzo metacarpo (V.N. 0.54±0’03), non ci forni-sce alcuna informazione rispetto alla traslazione ul-nare della testa del capitato ovverosia del centro dirotazione del carpo. A questo proposito Mc Murtyha suggerito di utilizzare l’asse dell’ulna come pun-to di repere per determinare se c’è una traslazioneulnare rispetto alla testa del capitato, mentre Cha-may et All. hanno preposto di misurare la distanzatra la linea verticale estesa della stiloide radiale ed ilcentro della tesat del capitato per valutare se la tra-slazione ulnare coinvolga il capitato stesso. L’indicedi Mc Murty mette in relazione la distanza dal

centro di rotazione dall’asse passante per la stiloideulnare e l ’altezza del terzo metacarpo (V.N.:0,3±0,03); l’indice di Chamay si ottiene dividendola distanza tra l’asse passante dalla stiloide radialeed il centro del capitato e l’altezza del terzo meta-carpo (V.N.: 0,28±0,03). Tali indici sono correttinella valutazione della traslazione ulnare del capita-to e differiscono in modo significativo a secondadel fattore patomeccanico scatenante come, adesempio, in un polso SNAC o SLAC piuttosto chenegli esiti di necrosi avascolare del semilunare. Unulteriore metodo di misurazione (proposto daSchiund et All.) prende in considerazione la trasla-zione ulnare del semilunare mediante il rapportotra superficie articolare prossimale scoperta e quellatotale del semilunare (V.N.: 32,6±11); mentre Bou-man propone di verificare la medesima traslazionefacendo il rapporto tra la distanza stiloide radiale-faccetta sigmoidea e la distanza tra la stiloide radia-le ed il margine più distante del semilunare (V.N.:0,87) (Fig. 1 a e b) (10).

La notevole mole di informazioni ottenuta conla sola radiologia convenzionale può essere comple-tata ed arricchita ulteriormente mediante la Tomo-grafia assiale Computerizzata. Essa si avvale discansioni in generale con intervallo di 2 mm lungoi piani assiale, coronale e sagittale. L’utilizzo del-l’indagine TAC sarà tanto più accurata quantomaggiore sarà il dettaglio clinico descritto dallospecialista. Infatti, il maggior vantaggio derivantedalla possibilità di elaborare le scansioni sui tre pia-ni consentendo di fornire ricostruzioni tridimen-sionali delle due filiere del carpo, può essere resopoco utile se non addirittura vanificato nel caso incui non sia ben chiaro il meccanismo patomeccani-co che ha determinato quel tipo di lesione specifi-ca. Le variazioni delle superfici articolari così comel’assotigliamento delle rime articolari, le modifica-zione corticali e sottocorticali, possono essereespressione di danno capsulo-legamentoso che me-glio viene identificato mediante l’utilizzo della Ri-sonanza Magnetica. Benché la sensibilità e specifi-cità dell’esame RMN sia rispettivamente del 63% e86%, l’associazione con il mezzo di contrasto intra-articolare ha consentito di aumentarne il valore ga-rantendo una maggiore accuratezza.

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E. PAMELIN, R. BUDRONI, R. SEDDA

L’interpretazione del passaggio del mezzo dicontrasto alle camere adiacenti risulta però pocodiscriminante nel caso in cui ci si trovi a dover ana-lizzare un quadro di collasso carpale, potendo con-trariamente essere molto più importante conoscerelo stato intraspongioso e la vascolarizzazione non-ché la presenza di eventuale edema sottocorticaledella ossa carpali. Tali informazioni risulterannofondamentali non solo per la miglior comprensionedell’evento eziologico, ma anche per la valutazionedegli elementi ossei residui necessari (bone stock)per fornire una proposta terapeutica adeguata. LaRisonanza Magnetica risulta quindi fondamentalenella diagnosi delle disfunzioni carpali secondariealla compromissione degli elementi capsulo-lega-mentosi, ed in caso di collasso carpale fornirà im-portanti informazioni quali la presenza di edemaintraspongioso, espressione di sofferenza degli ele-menti ossei limitrofi fino alla necrosi avascolare.

Più recentemente è stato introdotto anchel’utilizzo della scintigrafia ossea in grado di fornireun elevata sensibilità a spese di una minor specifi-cità per la valutazione di precoci stati infettivi, in-fiammatori, vascolari o ischemici post-traumatici.La tecnica prevede la somministrazione di radioi-sotopo (tecnezio 99m difosfonato) che viene suc-cessivamente captato dal tessuto osseo. Un aumen-to di captazione corrisponde ad una attività osteo-blastica ripartiva in sede di lesione. Per conversouna minor captazione si dimostrerà nelle aree dovela perfusione è ridotta o assente o dove il tessutoosseo è destrutturato. Nella valutazione di un qua-dro di collasso carpale la scintigrafia può riveste unruolo secondario nell’approfondimento degli esitifratturativi che evolvono in pseudoartrosi o osteo-necrosi così come nella localizzazione di focolaisettici in tal caso mediante l’utilizzo del radioisoto-po con leucociti marcati. In ogni caso la scintigrafia

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Figura 1. A) è riportato l’indice di altezza carpale che si ottiene dividendo l’altezza del carpo L2 per l’altezza del terzo meta-carpo L1. Il valore normale è compreso tra 0,51 e 0,57 (V.N.:0,54±0,03); (Youm et All 1978,JBJS,Vol.40°,423.431); B) latraslazione del capitato, può essere misurata con differenti indici utilizzando l’asse dell’ulna come repere di riferimento comenel caso dell’indice di traslazione di Mc Murtry (b/L1=0,3±0,03). Se si prende in considerazione l’asse passante per la stiloideradiale si ottiene l’indice di Chamay (c/L1=0,28±0,03);analogamente Di Benedetto ha proposto di utilizzare l’asse longitudi-nale del radio e la sua distanza “a” dal capitato (a/L1=0,105±0,024). Gli indici di Schiund e di Bouman considerano la tra-slazione ulnare del semilunare: Schiund (f/f+g=32,6±11); Bouman (e/d=0,87±0,04).

A B

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non è da considerare l’esame di approccio nella va-lutazione di un collasso carpale, ma piuttosto unutile approfondimento diagnostico.

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RUOLO DELL’ARTROSCOPIANEL COLLASSO CARPALE

J.C. MESSINA, R. LUCHETTIUnità Operativa Chirurgia della Mano, Istituto Ortopedico Gaetano Pini,Milano

Centro di Chirurgia della Mano, Rimini, Italy

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Jane C.Messina, U.O.C.Ortopedia Traumatologica per la Chirurgia della Mano, Via Pini 9,MilanoE-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

L’artroscopia di polso permette la visualizzazionediretta delle strutture articolari sia cartilaginee sialegamentose e la valutazione della loro integrità olesione in vari stadi.Il collasso carpale è un’entità patologica in cui la

stabilità del carpo è compromessa da un danno bio-meccanico cronico, legamentoso o osseo che com-porta una degenerazione cartilaginea di grado va-riabile delle diverse superfici articolari delle ossadel carpo (1).Le lesioni legamentose croniche ed in particolar

modo le lesioni del legamento scafo-lunato, com-portano un progressiva instabilità con progressivodanno cartilagineo di vario gradi fino ad arrivareallo SNAC wrist (Tab. 1). Ad esse possono inoltreassociarsi quadri misti in lesioni associate del luno-

piramidale o di altre strutture legamentose intrin-seche ed estrinseche.Anche le frattura non trattate dello scafoide car-

pale comportano una progressiva usura delle super-fici articolari con sviluppo dello SNAC wrist (Tab.2). Anche la condrocalcinosi articolare comportaun quadro di progressiva degenerazione artrosicache risulta comunque meno frequente delle formeprecedenti (SCAC wrist) (2). Anche le artropatieinfiammatorie croniche portano con meccanismidiversi, alla degenerazione della cartilagine artico-lare e delle strutture legamentose ed evolvono poiin un quadro di instabilità cronica ed artrosi.La diagnosi di questi quadri è prevalentemen-

te radiografica, tuttavia esami complementari qualila TAC e la RM possono essere utili nella diagno-si pre-operatoria per valutare l’alterato allinea-mento del carpo, lo stato cartilagineo (RM), il tro-fismo osseo, la presenza di versamento articolare(RM).Tabella 1. Stadi del polso SLAC.

Stadio Descrizione

Stadio I Artrosifra stliode radiale e scafoideDissociazione scafolunata dinamica

Stadio II Condropatia della faccetta articolare fraradio e scafoideDissociazione scafo-lunata statica e DISI

Stadio III Condropatia della radioscafoidea,scafocapitata, lunocapitata

Tabella 2. Stadi del polso SNAC.

Stadio Descrizione

Stadio I Condropatia radio-scafoidea

Stadio II Condropatia radio-scafoidea eCondropatia scafo-capitata

Stadio III Condropatia radio-scafoidea, scafo-capitatae condropatia luno-capitata

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L’artroscopia di polso ha un ruolo diagnosticoimportante in quanto è l’unico strumento che per-mette di osservare direttamente le superfici artico-lari con una tecnica mini-invasiva e valutarne laloro integrità. Allo stesso moso permette di valuta-re le strutture legamentose ed in particolare per-mette di guidare la scelta del trattamento chirurgi-co.

SNAC/SLAC I

Nello SNAC/SLAC I il danno artrosico è loca-lizzato all’articolazione fra scafoide e stiloide ra-diale (Fig. 1). L’artroscopia di polso conferma lalesione radiograficamente visibile e permette dieffettuare una stilodectomia radiale artroscopicaassociata o meno alla riparazione dello scafolunatoo al trattamento della pseudoartrosi dello scafoidecarpale mediante innesto osseo ed osteosintesi (2-3). Questa scelta chirurgica è utile in quanto sipuò tentare la ricostruzione ed il recupero funzio-nale. La stiloidectomia evita la rigidità in devia-zione radiale evitando contemporaneamente di ef-fettuare interventi più aggressivi cosiddetti “di sal-vataggio”.

SLAC II/SNAC II

Nello SLAC II è interessata l’articolazione tuttal’articolazione radio-scafoidea (Fig. 2), non più so-lo la stilo-scafoidea (Tab. 1). In tal caso l’artro-scopia ci permette di visualizzare l’entità del dannoe soprattutto valutare l’integrità dell’articolazioneradio-lunata e luno-capitata. Ci permette inoltredi stadiare la lesione dello scafolunato che spesso èdi tipo statico (stadio 4 della classificazione artro-scopica).Nello SNAC II la condropatia interessa l’artico-

lazione radio-scafoidea ma anche l’articolazionescafo-capitata (Tab. 2).Se l’articolazione radio-lunata è conservata ed è

danneggiata l’articolazione capito-lunata è possibi-le effettuare un intervento di artrodesi dei quattroangoli. Mentre se l’articolazione luno-capitata è in-tegra è possibile in alternativa effettuare l’inter-vento di resezione della I filiera del carpo. Que-st’ultima procedura è stata proposta anche per viaartroscopica (4 )L’artrodesi dei quattro angoli è stata recente-

mente proposta anche per via artroscopia (5-6).Recentemente diversi autori hanno proposto so-

luzioni alternative a questi intervento di salvataggioche permettano di mantenere il più possibile lafunzione del polso. Uno di questi è la tenodesi spi-

RUOLO DELL’ARTROSCOPIA DEL COLLASSO CARPALE 245

Figura 1. Riscontro artroscopico di condropatia della stiloi-de del radio.

Figura 2. Riscontro artroscopico di condropatia radio sca-foidea

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J.C. MESSINA, R. LUCHETTI

rale proposta da Garcia-Elias in cui viene effettuatauna resezione dello scafoide ed una stabilizzazionedel carpo mediante parte del tendine FRC che vie-ne trasposto radialmente al capitato (con eventualestabilizzazione con ancoretta) e quindi posterior-mente, attraverso il legamento radi-piramidale, cheviene quindi ritensionato e suturato su sé stesso.Tale procedura permette di correggere la DISI. Irisultati preliminari sono incoraggianti ma non sidispone dei risultati a lungo termine (7)Un’altra soluzione innovativa è stata proposta

che permetta mediante un’ artroplastica di interpo-sizione associata a stabilizzazione scafolunata di ri-pristinare la funzione del polso ma tale interventoha ancora un breve follow-up e i risultati definitivinon sono ancora disponibili (8).

SLAC/SNAC III

In questo stadio le superfici interessate sonomaggiori e comprendono la radio-scafoide, e la ca-pito-lunata (Fig 3). L’artroscopia ha il ruolo diconfermare il danno cartilagineo, visualizzare il

malallineamento del carpo ed aiutare la decisionechirurgica che in questo stadio prevede in generel’artrodesi dei quattro angoli oppure la resezionedella prima filiera con impianto di protesi del capi-tato in pirocarbonio (2)

SNAC IV

In tali casi vi è l’interessamento anche dell’arti-colazione radio-lunata, che è visualizzabile in ar-troscopia, tenendo conto che man mano chel’artrosi progredisce, lo spazio articolare si riducesempre di più e pertanto risulta molto difficoltosoentrare in articolazione. Infatti raramente si effet-tua l’artrosocpia in tali casi e ci si basa perloppiùsui dati radiografici. In questo stadio gli interventiindicati sono l’artrodesi radiocarpica e la protesiz-zazione del polso. E’ possibile eventualmente effet-tuare una artrodesi radio-scafo-lunata in caso chela medio-capica sia integra (per esempio in caso didanno artrosico secondario a frattura intrarticolaredel radiodistale malconsolidata inveterata che abbiacomportato un danno alla radiocarpica e non allamediocarpica).

CONCLUSIONI

L’artroscopia ha un ruolo diagnostico importan-te nel collasso carpale in quanto permette l’accu-rata valutazione della cartilagine articolare e quin-di è utile nel programmare l’intervento chirurgico.Inoltre nelgi ultimi anni si è rivelata sempre piùutile nell’assistenza di procedure chirurgiche inno-vative soprattutto negli stadi precoci del collassocarpale.

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246

Figura 3. Reperto artroscopico di condropatia fra semilnaree capitato.

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RUOLO DELL’ARTROSCOPIA DEL COLLASSO CARPALE 247

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SCAFOIDECTOMIA E TENODESI MEDIOCARPICAPER SNAC E SLAC II

R. LUCHETTI1, M. CORRADI2, R. COZZOLINO1, L. MARENGHI2

1Rimini Hand Center, Rimini2Clinica Ortopedica, Università di Parma

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Luchetti Riccardo, Via Pietro da Rimini 4, 47923 Rimini - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

L’artrosi avanzata di polso “SNAC” o “SLAC”grado 2 (SNAC II, SLAC II) è caratterizzata daldanno cartilagineo a carico della radioscafoidea conintegrità dell’articolazione radiolunata (RL) e luno-capitata (LC). Il trattamento di una SNAC/SLACII sintomatica comprende solitamente l’escissionedello scafoide con fusione della mediocarpica(MCF) (1) o la resezione della prima filiera carpale(PRC) (2). In tutti e due i casi viene eliminataun’articolazione (LC e\o RC) ancora valida. Sequeste due articolazioni fossero conservate, si po-trebbe avere un polso con funzione più fisiologica.Indubbiamente, la semplice scafoidectomia è un’opzione possibile (3): tuttavia, la mediocarpica di-viene estremamente instabile con il capitato chetende a sublussarsi radialmente e posteriormente ela prima filiera a ruotare in DISI.La nuova tecnica (4, 5), qui descritta, è stata

ideata per mantenere la mediocarpica inalterataquando viene rimosso solo lo scafoide. Lo scopo èquello di presentare i risultati preliminari di questanuova procedura utilizzata specificamente per iltrattamento di SNAC/SLAC II.

MATERIALI E METODI

Dal 2007 al 2012, sono stati operati con questametodica 16 pazienti (13 maschi e 3 femmine conetà media di 49 anni) di cui 7 casi erano affetti daSLAC II e 5 casi da SNAC II. Due casi di SNACII erano stati precedentemente operati senza succes-

so per pseudoartrosi di scafoide. I criteri di inclusio-ne sono stati: 1) il dolore localizzato sul lato radialedel polso con presenza di sinovite; 2) limitazionedella motilità del polso (flesso-estensione e devia-zione ulnare-radiale); 3) immagini radiografiche po-sitive per SNAC e SLAC II. L’ammissione al grup-po di studio è stato possibile solo dopo che i pazien-ti avevano firmato un consenso informato, in cuierano state descritte la nuova tecnica chirurgica, lepossibili complicanze e le alternative a quest’ultima.Tutti i pazienti erano stati sottoposti nel preope-

ratorio e postoperatorio ad indagini radiografiche,valutazione clinica usando il Mayo Wrist Scoremodificato secondo Cooney (6) e ai questionari diautovalutazione PRWHE e DASH.Prima dell’intervento chirurgico al polso i pa-

zienti che presentavano casi dubbi sono stati sotto-posti ad artroscopia di polso con tecnica a secco (7,8) per verificare la condizione cartilaginea dell’arti-colazione radio-carpica e medio-carpica. I pazienticon una cartilagine LC e RC intatta sono statioperati nella stessa seduta con la tecnica chirurgicaprecedentemente stabilita.

TECNICA CHIRURGICA

La tecnica prevede un doppio approccio chirur-gico al polso. L’approccio dorsale con un’incisionecutanea interrotta o longitudinale, permette diraggiungere il retinacolo degli estensori che vieneaperto longitudinalmente a livello del 3° comparti-mento in corrispondenza del tubercolo di Lister. Itendini estensori vengono isolati (EPL radialmente

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SCAFOIDECTOMIA E TENODESI MEDIOCARPICA PER SNAC E SLCA II 249

e EDC con EPI ulnarmente) in modo da consenti-re l’esposizione della capsula dorsale. Viene scolpi-to ed elevato un lembo capsulare con base radiale(9) dopo denervazione del polso mediante resezio-ne del ramo terminale del nervo interosseo poste-riore. L’escissione dello scafoide inizia dal lato dor-sale ma è necessario anche un approccio volare perprocedure ad una dissezione accurata del tubercolodello scafoide. A questo punto si distacca alla suagiunzione muscolo-tendinea il flessore radiale delcarpo (FCR) interamente o in parte ottenendo co-sì un lembo tendineo di circa 10 centimetri a basedistale (Fig. 1).Il lembo tendineo viene fatto passare nello spa-

zio dello scafoide escisso e trasferito dorsalmentepassandolo intorno al collo del capitato (Fig. 2) acui viene fissato con un’ancora, per evitare lo slitta-mento del tendine nella mediocarpica e per creareun blocco meccanico dorso-laterale al capitato. Illembo tendineo successivamente viene fatto passareattorno al legamento dorsale radio-piramidale (Fig.3), e trazionato al fine di correggere la DISI del se-milunare (Fig.4). Quello che rimane del lembotendineo viene suturato su se stesso.

CONSIGLI E SUGGERIMENTI

Al termine della procedura di tenodesi mediocar-pica va valutato clinicamente e in scopia il movi-mento del polso, prestando attenzione alla correttaposizione dei capitato e del semilunare. Viene ese-guita poi la chiusura della capsula, riposizionati itendini estensori e suturato il retinacolo degli esten-sori. Un drenaggio in aspirazione è posizionato nel-l’area dell’escissione dello scafoide. Il polso è protet-to con una valva volare gessata a 20° di estensione. Ipazienti sono stati rivisti ad uno, tre, sei, dodici mesie valutati mediante indagini cliniche e radiografiche.

Protocollo di riabilitazione del polso

Il programma di riabilitazione consiste in unaimmediata mobilizzazione delle dita, prevenzionedell’edema con l’applicazione di ghiaccio e massag-gi di drenaggio linfatico. La mobilizzazione delpolso inizia dopo 6 settimane di tutore volare econtinua per altre 6 settimane. Si raccomanda lamobilitazione del polso in acqua e mantenere Il tu-tore volare di polso in termoplastica per 2 mesi a

Figura 1. Rappresentazione grafica di una visione palmaredel polso sinistro. Dissezione del FCR (flessore radiale delcarpo).

Figura 2. Rappresentazione grafica di una visione dorsaledel polso sinistro. Tenodesi medio-carpica con lembo tendi-neo del FRC ruotato attorno al legamento RP (radio-pira-midale).

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R. LUCHETTI, M. CORRADI, R. COZZOLINO, L. MARENGHI250

protezione di attività a rischio. La ripresa del lavoroè consentita dopo almeno 3 mesi.

RISULTATI

Le immagini radiografiche preoperatorie hannomostrato una minima deformità in DISI in due ca-si. In un caso è stata evidenziata una reazione sub-condrale del capitato (geodi). Solo in un caso difallimento il paziente è stato sottoposto dopo 6mesi a resezione della prima filiera. Sette pazientisono risultati soddisfatti ad un follow-up medio di18 mesi e tutti sono tornati alle loro precedenti oc-cupazioni (nessun paziente svolgeva lavori manualipesanti). Il dolore da sforzo è risultato significati-vamente diminuito da 8 a 3 (valore medio), secon-do la scala VAS, mentre il dolore a riposo è risulta-to assente; la flessione del polso e l’estensione sonorimaste quasi invariate, la deviazione radio-ulnare ela forza di presa erano aumentate. Il questionarioDASH e PRWE è passato da 43 e 51 (preoperato-rio) a 16 e 25 (postoperatorio) e nessun pazientelamentava dolore a gradi estremi del movimentodel polso (Tab. 1).

Le radiografie eseguite al controllo mostravanocostantemente una traslazione in senso radiale delcapitato con un minimo aumento della deformitàin DISI (Fig. 5).

DISCUSSIONE

La scafoidectomia distale è stata impiegata per lapseudoartrosi di scafoide (10, 11) e l’artrosi dellaSTT (12) dimostrando di rappresentare un validotrattamento, dal momento che mantiene una fun-zione del polso pressoché normale. La presenza

Figura 3. Rappresentazione grafica di una visione dorsaledel polso sinistro. Il lembo tendineo del FRC viene fattopassare dorsalmente attorno al legamento RP. Da notare ladeformità in DISI.

Figura 4. Disegno laterale del polso sinistro. Tenodesi me-diocarpale utilizzando un lembo tendineo del FRC con cor-rezione della defomità in DISI.

Tabella 1. Valutazione dei risultati su 7 casi con f-up mediodi 18 mesi

Parametri Pre-operatorio Post-operatorio(media) (media)

Dolore a riposo (VAS) 3 0Dolore da sforzo (VAS) 8 3Flesso/Estensione (°) 96 94Dev.Radiale/Ulnare (°) 45 48Forza di presa (Kg.) 21 25PRWE 43 16DASH 51 25

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SCAFOIDECTOMIA E TENODESI MEDIOCARPICA PER SNAC E SLCA II 251

Figura 5. Caso Clinico: uomo 54 anni con SNAC II al polso sini-stro. A) Valutazione clinica preoperatoria: flessione-estensione delpolso (30°-40°) con dolore (VAS 8) localizzato al lato dorso-radialedel polso sinistro [deviazione radio-ulnare = 15°-25°, forza di presa= 11 Kg]; B) Radiografia in AP e laterale del polso sinistro conSNAC II. Notare la deformità in DISI e l’artrosi radio-scafoidea;C) Visione Intraoperatoria dorsale del polso sinistro con tenodesimedioarpale con il FRC e ancoraggio del tendine al lato radiale delcapitato (*); D) Rx postoperatorio del polso sinstro in AP e laterale:controllo a 18 mesi. Notare (frecce) la recidiva della deformità inDISI e la minima translazione radiale e dorsale del capitato; E)Risultato clinico al controllo (18 mesi): il polso era completamentesenza dolore (VAS 0), flessione ed estensione (36°-40°) e forza dipresa aumentata (19 Kg) [deviazione radiale-ulnare = 15°-30°]. Ilpaziente è ritornato al precedente lavoro dopo 4 mesi.

A

B

C D

E

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R. LUCHETTI, M. CORRADI, R. COZZOLINO, L. MARENGHI

della parte prossimale dello scafoide insieme al se-milunare contribuisce a formare una configurazio-ne simile ad un acetabolo “coxa manus” (13) utile amantenere il capitato in una posizione anatomica.La resezione completa dello scafoide determina,

invece, la tendenza ad un collasso delle ossa carpali:il capitato si sposta radialmente e il semilunareruota dorsalmente (deformità in DISI). Recente-mente Altissimi (3) ha mostrato che la scafoidecto-mia isolata per SNAC o SLAC stadio II può offri-re buoni risultati; in un solo paziente ha registratoun peggioramento che ha richiesto una artrodesimediocarpica.La tecnica qui descritta unisce alla resezione

scafoidea, la tenodesi mediocarpica utile per stabiliz-zare la prima e la seconda filiera carpale (4, 5). Inconfronto con l’artrodesi della mediocarpica e con laPRC, questa metodica conserva sia il semilunare cheil piramidale e mantiene una mediocarpica funzio-nale. La tenodesi mediocarpica poi, oltre a mantene-re la posizione del capitato, corregge anche la defor-mità in DISI. Il movimento del polso quindi risultapiù fisologico in confronto alle due metodiche tradi-zionali (artrodesi mediocarpica e carpectomia) per lapresenza di entrambi le filiere del carpo. L’articola-rità del polso in flesso-estensione raggiunge infattiun valore medio di circa 100° anche se la flessionedel polso, sebbene non dolorosa, è più limitata ri-spetto all’estensione a causa della tenodesi dorsale.I primi risultati di questi casi operati sono molto

promettenti, anche se, al follow-up, le immagini ra-diografiche mostrano una evoluzione degenerativadelle ossa carpali caratterizzata da un limitato spo-stamento radiale del capitato e minima deformitàin DISI. Tuttavia, questi dati radiologici non sonocorrelati con i buoni risultati funzionali così comeaccade per la carpectomia. Al momento non pos-siamo sapere se questa degenerazione articolareavrà una progressione tale da portare il polso ope-rato ad un collasso carpale. In ogni caso, il polsopuò essere ripreso chirurgicamente con la resezionedella prima filiera (come in un caso di questa serie)oppure con l’artrodesi della mediocarpica (1).Sulla base di questi risultati preliminari possia-

mo suggerire di utilizzare questa tecnica in pazientiche richiedono basse prestazioni funzionali e nei

pazienti in cui la deformità in DISI non è visibile oè minima .

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252

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LA RESEZIONE DELLA PRIMA FILIERA DEL CARPO

R. ADANI, E. MORANDINIU.O. C. Chirurgia della Mano - Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona

Policlinico GB Rossi , Verona

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Dr. Roberto Adani, U. O. C. Chirurgia della Mano, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona, PoliclinicoGB Rossi, Piazzale LA Scuro 10, Verona - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

La resezione della prima filiera carpale fu ripor-tata inizialmente da Stamm nel 1944 con la finalitàdi: “alleviare la sintomatologia dolorosa del polso inpreda a processi degenerativi, conservando allo stessotempo una sufficiente motilità articolare evitandol’artrodesi”.La tecnica chirurgica consiste nel rimuovere la

prima filiera carpale, trasformando un’articolazionecomplessa come la radio carpica in un nuovo tipodi articolazione, più semplice ma creando nuovipunti di contatto e di stress articolare (1), non sem-pre fisiologici.Condizioni indispensabili alla sua realizzazione

sono l’integrità del polo prossimale del grand’osso edella fossetta lunata del radio con preservazionedelle cartilagini per consentire lo scivolamento del-le superfici della neoarticolazione senza provocaredolore (2). La curvatura del grand’osso corrispon-derebbe a circa i due terzi della fossetta radiale peril semilunare determinando pertanto, in questonuovo assetto, un movimento del grand’osso sul ra-dio in traslazione radiale e rotazione (3).Negli ultimi trent’anni parecchi sono stati i lavo-

ri comparsi in letteratura sulla resezione della pri-ma filiera, che descrivevano la carpectomia comeun intervento controverso considerandolo una scel-ta chirurgica “alternativa” e quindi soprattutto unintervento di salvataggio (4-6).

Le critiche maggiori, rivolte alla metodica, eranoe sono la diminuzione della forza e della motilitàarticolare, il prolungato periodo di riabilitazione etalvolta la comparsa di una possibile evoluzione ar-tritica della neoarticolazione con conseguente ria-cutizzazione della sintomatologia dolorosa (3-6).Le indicazioni e le controindicazioni all’utilizzodella resezione della prima filiera devono essere as-solutamente rispettate al fine di ottenere un soddi-sfacente risultato.

INDICAZIONI

La resezione della prima filiera carpale trova in-dicazione in diverse situazioni.- La dissociazione scafo-lunata e la sua conse-

guente progressione verso l’instabilità cronicascafo-lunata rappresenta una delle cause più fre-quenti di degenerazione dell’articolazione radio-carpica. L’evoluzione verso il quadro di “scapho-lu-nate advanced collapse” comunemente definito comeSLAC è un’evenienza pressoché costante quando ladissociazione scafo-lunata non è stata adeguata-mente trattata. Le prime modificazioni ossee av-vengono tra scafoide e stiloide radiale e successiva-mente a carico dell’articolazione radio-scafoidea.L’articolazione radio-lunata è inizialmente rispar-miata rendendo pertanto possibile l’intervento diresezione della prima filiera (7) (Fig. 1A).

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R. ADANI, E. MORANDINI

- La pseudoartrosi inveterata, non trattata o ina-deguatamente trattata, dello scafoide, determina unquadro di collasso carpale noto come “scapho-lunatenonunion advanced collapse” (SNAC).- Il trattamento del morbo di Kienbock rimane

estremamente controverso soprattutto nello stadioIII di Lichtman. In particolare nello stadio III Bcaratterizzato oltre che dal marcato collasso del se-milunare anche dalla costante associazione dellasublussazione rotatoria dello scafoide. In tale stadiola resezione della prima filiera carpale può trovareun suo utilizzo purchè le modificazioni a caricodella radio-carpica non abbiano provocato un qua-dro degenerativo da rendere inutile l’intervento dicarpectomia (8).- La necrosi vascolare dello scafoide, evenienza

sicuramente rara rappresenta una situazione in cuila resezione della prima filiera può trovare un suoimpiego (9).- Infine nei gravi traumatismi di polso caratte-

rizzata da lussazione perilunare del carpo, inizial-mente misconosciuta, la resezione della prima filie-ra carpale può essere considerata il solo interventochirurgico in grado di ripristinare una soddisfacen-te escursione articolare (10 –11).

TECNICA CHIRURGICA

L’intervento chirurgico è eseguito in anestesiaplessuale e l’approccio può essere sia dorsale chevolare (11, 12). Nel caso si utilizzi la via dorsale sipuò impiegare sia un’ incisione longitudinale chetrasversale. Quest’ultima consente di meglio visua-lizzare il polso medialmente e lateralmente rimuo-vendo con maggiore facilità il polo distale delloscafoide e associando un’eventuale stiloidectomiaradiale. L’incisione della capsula si effettua utiliz-zando un lembo ad U a base distale con assi paral-leli rispettivamente al secondo e quarto comparti-mento o con un lembo a T invertita. La diretta vi-sualizzazione del polo prossimale del grande osso edella fossetta lunata del radio consente di verificarelo stato delle rispettive cartilagini. La carpectomiapuò iniziare dal lato ulnare e progredire in sensoradiale, il pisiforme è lasciato in sede. Terminata

l’asportazione ossea, nel caso di conflitto tra la sti-loide radiale e il trapezio, soprattutto in deviazioneradiale, può essere consigliabile effettuare la stiloi-dectomia radiale avendo cura di lasciare in sede illig. volare radio capitato. Al termine dell’interventosi valuta la motilità del polso e la conseguente nuo-va posizione del grand’osso sul radio. Si procedequindi alla sutura della capsula e del retinacolo.L’accesso volare può avvenire sia attraverso una

incisione curvilinea dal polso al palmo (12) sia at-traverso un’incisione che ricalca inizialmente quellaimpiegata per l’accesso allo scafoide carpale se-guendo il decorso del FRC per poi proseguire insenso trasversale fino a metà della faccia volare delpolso ed estendentesi distalmente al palmo nuova-mente in senso logitudinale (11) (Fig. 1A). Conquesta metodica è inizialmente asportato lo scafoi-de (Fig. 1B), e dopo aver isolato il nervo mediano espostato i tendini flessori in senso ulnare, s’incide lacapsula rimuovendo il semilunare. E’ importante inquesta fase avere cura di non danneggiare la super-ficie cartilaginea del grand’osso. Il piramidale èasportato per ultimo dopo aver mobilizzato i tendi-ni flessori in senso radiale; movimenti in senso ra-diale e ulnare del polso possono essere d’ausilio inquesta fase (Fig. 1C).Al termine dell’intervento il polso è posizionato

in estensione, la rieducazione inizia precocemente(12) dopo circa 7 giorni dall’intervento chirurgico.La riabilitazione prosegue per circa 5-6 settimane,il ritorno all’attività lavorativa avviene dopo un paiodi mesi.

DISCUSSIONE

La resezione della prima filiera del carpo puòessere considerata insieme all’artrodesi di polsouna delle procedure di salvataggio del polso, a dif-ferenza di questa consente di mantenere una sod-disfacente motilità articolare, anche se la forza dipresa è sicuramente inferiore rispetto all’artrodesi.La resezione della prima filiera del polso garanti-sce un’escursione articolare minima valutabile sui30°, sia in flessione che in estensione (6) per un to-tale di circa 60°/70° (4-6), raramente determina

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una diminuzione dell’arco articolare rispetto alpreoperatorio (13).Il problema maggiore della metodica risiedereb-

be nelle modifiche che talvolta possono intervenirea carico del grand’osso e del radio. Sicuramentegioca un ruolo fondamentale l’integrità delle carti-

lagini articolari al fine di prevenire l’instaurarsi diprocessi degenerativi tra grand’osso e radio respon-sabili di un progressivo deterioramento della moti-lità articolare e soprattutto di recidive della sinto-matologia dolorosa. Tale evenienza può però sem-pre essere risolta ricorrendo all’intevento di artro-desi di polso. L’alternativa alla resezione della pri-ma filiera carpale, nei casi con evidente perdita del-le cartilagini articolari tra capitato e semilunare, èrappresentata dall’artrodesi a quattro angoli, anchese i risultati ottenibili in termine di recupero arti-colare sono inferiori rispetto a quelli forniti dallaresezione della prima filiera carpale (4-6).In conclusione riteniamo la resezione della pri-

ma filiera carpale un intervento chirurgico sempliceda impiegare soprattutto in quei pazienti che desi-derano conservare, anche se solo in parte, la moti-lità della radio carpica.

BIBLIOGRAFIA

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10. Retting M, Raskin K. Long-term assessment for proximal

LA RESEZIONE DELLA PRIMA FILIERA DEL CARPO 255

Figura 1. (A) Incisione chirurgica utilizzata per la resezio-ne di filiera per via volare. (B) Iniziale rimozione delloscafoide. (C) Retraendo i tendini flessori in senso ulnare esuccessivamente in senso radiale è possibile asportare primail semilunare e in un secondo tempo il piramidale.

C

B

A

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R. ADANI, E. MORANDINI

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RESEZIONE DELLA FILIERA PROSSIMALE DEL CARPOED ARTROPLASTICA DI INTERPOSIZIONE CON LEMBO

CAPSULARE DORSALE

A. LAZZERINI, L. MARZELLA, A.M. QUERENGHIU.O. Chirurgia della Mano - I.R.C.C.S. Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (Milano)

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Dr. Alberto Lazzerini, U.O. Chirurgia della Mano, Istituto Clinico Humanitas, Via Manzoni, 56 20089 Rozzano(Mi) - Tel. 0282244662 - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

La resezione della filiera prossimale del carpo(emicarpectomia prossimale) costituisce un metododi trattamento semplice ed affidabile in molti casidi grave degenerazione articolare del polso. Essatrova applicazione nella malattia di Kienboch, negliesiti di fratture e lesioni legamentose (1, 2).Tale intervento consente il recupero di una mo-

bilità entro il range funzionale ed una significativapermanente riduzione del dolore, soddisfacendoanche le esigenze funzionali di lavoratori manuali(3).Il limite principale alla possibilità di eseguire

questa semplice procedura è costituito dal grado diconservazione delle superfici articolari della basedel capitato e della fossetta lunata del radio, chedovranno affrontarsi a costituire la nuova articola-zione tra il radio e la seconda filiera delle ossa delcarpo.La tecnica chirurgica qui presentata prevede

l’associazione alla semplice emicarpectomia di unaartroplastica di interposizione capsulare (4). Essacostituisce un metodo per estendere l’indicazionealla resezione della filiera prossimale del carpo acasi in cui le superfici articolare del radio e del ca-pitato presentano condizioni di conservazione nonideali. Più in generale offre migliori garanzie di unafunzione articolare prolungata nel tempo in sogget-ti con attività manuale intensa.

MATERIALI E METODI

Dal 2010 al 2013 10 pazienti, di cui 9 di sessomaschile ed uno di sesso femminile, di età compre-sa tra 38 e 69 anni (M = 51,3 anni) affetti da gravedegenerazione articolare del polso con significativasintomatologia dolorosa sono stati sottoposti ad in-tervento di resezione della filiera prossimale delcarpo associata ad artroplastica di interposizionecapsulare.9 pazienti erano lavoratori manuali in attività.

uno era pensionato, ex lavoratore manuale.Le cause della degenerazione articolare erano

esiti di lesioni legamentose (SLAC Wrist) (5 casi),esiti di frattura articolare del radio distale (3 casi),pseudoartrosi dello scafoide (SNAC Wrist) (1 ca-so) e Malattia di Kienboch (1 caso).Tutti i pazienti presentavano iniziale degenera-

zione della superficie articolare del capitato o dellafossetta lunata del radio o di entrambi.Tutti i pazienti presentavano significativa ridu-

zione della flesso-estensione del polso (M = 30°-0-30°), associata a sintomatologia dolorosa elevata(VAS: > 5).La tecnica chirurgica prevede un accesso dorsale,

apertura parziale del terzo canale retinacolare e lus-sazione radiale del tendine del ELP. Identificazio-ne e sezione del nervo interosseo posteriore. Acces-so articolare mediante preparazione di un lembocapsulolegamentoso dorsale a base radiale e suo ri-

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A. LAZZERINI, L. MARZELLA, A.M. QUERENGHI

baltamento prossimale (Fig. 1). Asportazione com-pleta di scafoide, semilunare e piramidale. Resezio-ne della stiloide radiale ove presente possibile con-flitto stilo-carpico. Copertura della superficie arti-colare del radio con il lembo capsulolegamentoso,che viene fissato alla capsula palmare con 2-3 puntidi sutura. Affrontamento della neoarticolazione ra-dio-capitata. Chiusura della neoarticolazione me-diante lembo retinacolare dorsale. Il polso viene poiimmobilizzato con una emipolsiera rigida in posi-zione neutra di flesso-estensione ed in lieve devia-zione radiale per 6 settimane.Nel follow up sono stati rivalutati la mobilità, il

dolore mediante somministrazione della scala ana-logica visuale (VAS), la stabilità articolare mediantetest dinamici manuali (evocazione del segno delcassetto allo stress dorso-palmare e radio-ulnare),nonché il grado di soddisfazione e la ripresa dell’at-tività manuale.

RISULTATI

Il range di mobilità è mediamente aumentato intutti i pazienti, ed è paragonabile ai risultati otteni-bili mediante la semplice resezione della filieraprossimale a condizioni articolari ideali (M = 40°-0-40°).Il dolore è permanentemente ridotto in tutti i

pazienti trattati (VAS < 2).In nessuno dei casi trattati si sono riscontrati se-

gni di instabilità articolare alle manovre dinamiche.Tutti i pazienti hanno ripreso le precedenti atti-

vità manuali e professionali.

DISCUSSIONE

La resezione della filiera prossimale del carporappresenta una tecnica chirurgica di salvataggiomolto efficace, da anni utilizzata nei casi di gravedegenerazione dell’articolazione del polso conse-guenti a numerose cause: fratture, lussazioni, insta-bilità articolari da lesione legamentosa, necrosi os-see asettiche e postraumatiche (1).Tutte le principali casistiche presentate in lette-

ratura riportano persistente riduzione del dolore,conservazione della mobilità e ripresa della funzio-ne manuale.La nuova articolazione costituita dalla fossetta

lunata del radio e dalla base del capitato ha unacongruenza inferiore rispetto alla normale articola-zione radio-lunata o luno-capitata. L’area di con-tatto articolare risulta ridotta anche dell’86% (5).Questo determina a lungo andare modificazioni

degenerative delle superfici articolari, specie a cari-co del capitato. Queste alterazioni non si associanosolitamente però ad una sintomatologia dolorosasignificativa (3), rappresentando verosimilmente unfenomeno di adattamento delle superfici articolarialla nuova funzione.Data questa particolare condizione anatomica di

relativa incongruenza, la presenza di alterazioni de-generative articolari a carico della fossetta lunatadel radio o della base del capitato costituiscono unacontroindicazione all’esecuzione della resezionedella filiera prossimale. In questi casi altre procedu-

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Figura 1. Linea di incisione del lembo capsulare dorsale

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re sono da preferire, come le artrodesi parziali o to-tali o la sostituzione protesica (1,6).L’artroplastica di interposizione secondo la tec-

nica presentata rappresenta una metodica perestendere l’indicazione alla resezione della filieraprossimale anche a casi con iniziale degenerazionearticolare della fossetta lunata del radio o della basedel capitato.Essa è stata ben descritta da Eaton nel 1997 (4),

e riproposta poi da numerosi autori.I risultati della casistica da noi presentata sono

allineati a quelli presenti in letteratura per quantoriguarda la riduzione persistente del dolore ed il re-cupero della mobilità articolare.Il sacrificio della capsula dorsale non comporta

un peggioramento della stabilità articolare rispettoalla semplice resezione della filiera prossimale. Ilcomplesso apparato capsulolegamentoso dorsaledel polso ha funzioni fondamentali nel manteni-mento della biomeccanica del polso, ma perde granparte della sua importanza in seguito all’elementa-rizzazione articolare conseguente all’asportazionedella filiera prossimale del carpo. Diventa pertantoun elemento più facilmente sacrificabile, a condi-zione che l’apparato legamentoso palmare e colla-terale siano integri.La ricostituzione della continuità capsulare dor-

sale mediante lembo retinacolare secondo la tecnicaproposta contribuisce a restituire stabilità articolarealla neoarticolazione radio-capitata.La valutazione radiografica postoperatoria di-

mostra una interlinea articolare tra il radio ed il ca-pitato mediamente di 2-3 mm anche nei casi conscarsa rappresentazione della cartilagine articolareal momento dell’intervento, dovuta al tessuto ca-psulare interposto. Tale interlinea tende a ridursi aicontrolli successivi senza mai scomparire completa-mente, e senza che a questo fenomeno corrispondaun progressivo peggioramento della sintomatologia

o dell’escursione articolare raggiunta al termine delperiodo riabilitativo postoperatorio.La presenza del tessuto interposto tra la base del

capitato e la superficie articolare del radio contri-buisce verosimilmente ad attenuare il sovraccaricomeccanico conseguente alla citata relativa incon-gruenza articolare, riducendo pertanto i conse-guenti fenomeni degenerativi.Alla luce dei dati presentati riteniamo che

l’artroplastica di interposizione capsulare dorsalerappresenti una metodica chirurgica semplice edaffidabile, che associata alla resezione della filieraprossimale del carpo ove indicata ne può estenderel’indicazione anche a casi con degenerazione dellesuperfici articolari del radio e del capitato. Più ingenerale essa rappresenta un atto accessorio chepuò migliorare i risultati della semplice resezionedella filiera prossimale senza un significativo ulte-riore danno chirurgico.

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RESEZIONE DELLA FILIERA PROSSIMALE DEL CARPO ED ARTROPLASTICA 259

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COLLASSI CARPALI. POSSIBILITÀ CHIRURGICHE.RESEZIONE DELLA PRIMA FILERA CON

INTERPOSIZIONE PROTESICA RCPIA. MARCUZZI1, A. RUSSOMANDO2, H. OZBEN, G. KANTUNAKIS2

1Modulo Professionale Urgenze Mano (Resp. Cav. Dott. Augusto Marcuzzi)2Dirigente medico di 1° livello Struttura complessa di chirurgia della Mano e microchirurgia Policlinico di Modena

Azienda Ospedaliero Universitaria di Modena

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Dott. Augusto Marcuzzi, Struttura Complessa di Chirurgia della Mano e Microchirurgia, Azienda Ospedaliero-Uni-versitaria-Policlinico di Modena, Largo del Pozzo 71, 41100 Modena - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

La resezione della prima filiera (PRC) è ampia-mente riconosciuta come intervento indicato nellepatologie degenerative del polso come, la SNAC(Scaphoid-Nonunion Advanced Collapse), laSLAC (Scaphoid-Lunate Advanced Collapse), laSCAC (Scaphoid-Chondrocalcinosis AdvancedCollapse) ed il morbo di Kiembock (KNAC) al IV-stadio della classificazione di Lichtman (1, 2). Tut-tavia, quando l’artrosi coinvolge la superficie artico-lare della testa del capitato, la PCR è controindica-ta. In tali casi le artrodesi parziali o l’artrodesi totalecostituiscono il trattamento di scelta. Tuttavia la so-stituzione protesica della testa del capitato con unaprotesi in pirocarbonio (RCPI) può rappresentareun ulteriore opzione di trattamento (3).

Tale intervento chirurgico si prefigge l’obiettivodi ottenere una buona escursione articolare del pol-so con buona risoluzione sul sintomo dolore ed unsoddisfacente recupero della forza.

Scopo di tale lavoro è descrivere la tecnica chi-rurgica e riportare la nostra esperienza sull’utilizzodi tale protesi, confrontare i risultati con quelli dialtre tecniche chirurgiche come le artrodesi parzialio l’artrodesi totale e le protesi totali di polso.

MATERIALI E METODI

Dal Marzo 2004 al Novembre 2011, presso la

Struttura Complessa di Chirurgia della Mano diModena, 41 pazienti con artrosi del polso checoinvolgeva la testa del capitato sono stati trattatimediante resezione della prima filiera e stiloidecto-mia radiale associate all’impianto di una protesi inpirocarbonio (RCPI) per la testa del capitato. Seipazienti non si sono sottoposti al follow up. Dei re-stanti 35 pazienti, 18 erano affetti da SNAC (13pazienti allo stadio III e 5 pazienti allo stadio IV);11 pazienti erano affetti da SLAC allo stadio III e2 erano affetti da SCAC (1 paziente allo stadio IIIe un paziente allo stadio IV); 4 pazienti erano af-fetti da Morbo di Kiembock (KDAC). L’età mediadei pazienti al momento dell’intervento era di 53,8(range 22 anni-81 anni); 26 pazienti erano maschie 9 femmine. 16 pazienti svolgevano un lavoro leg-gero 19 pazienti erano lavoratori manuali pesanti.Dei polsi affetti 24 erano a destra e 11a sinistra.

La protesi RCPI (Resurfacing Capitate Pirocar-bone Implant) è costituita da materiale in pirocar-bonio di rivestimento attorno ad un’anima in graf-fite. Esistono due misure la piccola (14) e la media(16) (Fig. 1).

L’apposizione della protesi è diretta, impian-to/osso, senza l’uso di cemento e senza integrazio-ne ossea da parte dell’impianto.

La protesi RCPI è una protesi monoblocco constelo a sezione conica inclinato di 15° rispetto allasua testa. Il pirocarbonio è un materiale tecnologi-camente caratterizzato da compatibilità biochimica

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e biomeccanica, da elevato carico di rottura e da re-sistenza alla fatica ed all’usura (3).

Il modulo di elasticità del pirocarbonio è ugualea quello dell’osso corticale per cui rende la protesicompatibile da un punto di vista biomeccanico.

La biocompatibilità del pirocarbonio è dimo-strata dall’utilizzo di questo materiale per la costru-zione di valvole cardiache artificiali utilizzate consuccesso dal 1969 (4, 5).

Per la valutazione dei risultati sono stati presi inconsiderazione criteri clinici e criteri radiografici.

TECNICA CHIRURGICA

In anestesia plessuale si procede mediante unaincisione cutanea curvilinea sul dorso del polsocentrata sul IV compartimento degli estensori, do-po neurotizzazione del nervo interosseo dorsale siprocede alla capsulotomia dell’articolazione radio-carpica mediante un lembo capsulare a base prossi-male sul radio secondo tecnica personale (6).

Si procede alla resezione della prima filiera delcarpo, si posiziona, quindi il polso in flessione di 90°e si effettua l’osteotomia a minima della testa del-l’osso capitato con una inclinazione di circa 75° ri-spetto all’asse longitudinale del grande osso allo sco-po di creare un piano parallelo a quello della fossettalunata del radio atta ad accogliere la protesi RCPI.

Dopo avere preparato il canale intraosseo del ca-pitato mediante strumentario specifico per l’im-pianto si applica protesi di prova.

Per essere maggiormente sicuri della scelta dellamisura della protesi, del posizionamento ottenutodella protesi di prova nel capitato e della congruen-za della testa della protesi con la glena radiale (fac-cetta lunata del radio), si effettuano dei controllidinamici con il fluoroscopio nelle varie posizionidel polso (antero-posteriore e radializzazione ed ul-narizzazione) per escludere conflitti radio-carpali.

Dopo avere applicato la protesi definitiva si ese-gue la capsuloraffia, sutura del retinacolo e dellacute con controllo Rx finale.

Infine si confeziona una valva gessata con polsoin posizione di 20° di estensione e di 15° di ulnariz-zazione da mantenere per 4 giorni a tempo pieno.

Dalla quinta giornata il paziente inizia la riabili-tazione mobilizzando attivamente il polso in fles-so-estensione e radializzazione ed ulnarizzazione,aumentando gradualmente nei giorni successivi ilrange articolare.

La valva viene mantenuta soltanto di notte peraltri 20 giorni.

Tutti i casi sono stati sottoposti a follow up con-siderando la valutazione dei ROM, il recupero del-la forza valutata con Jamar test, la valutazione deldolore mediante la scala V.A.S, il punteggio DA-SH, il giudizio del paziente.

Controlli radiografici sono stati eseguita 40 gior-ni, 3 mesi, sei mesi ed un anno per accertare la sta-bilità dell’impianto, la dislocazione dell’impianto,l’osteolisi subcondrale, rottura dell’impianto prote-sico.

Le valutazioni statistiche sono state effettuatecon il Wilcoxon test (per 2 variabili dipendenti),Manny-Whitney U test (per 2 variabili indipen-denti) Kruskal-Wallis (per variabili multiple dipen-denti.

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Figura 1. Protesi in pirocarbonio nelle due misure media egrande 14 e 16 mm di diametro.

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A. MARCUZZI, A. RUSSOMANDO, H. OZBEN, G. KANTUNAKIS

RISULTATI

Il follow up medio è stato di 34 mesi (range: 12-91,SD 18,4). I valori medi preoperatori della fles-sione del polso, dell’estensione, radializzazione, ul-narizzazione erano 25° (range: 5°-45°), 25° (range5°-45°), 4,7° (range: 0°-10°,SD2,6) e 12° (range: 0°-25°), rispettivamente.

I valori post operatori della flessione, estensione,radializzazione e ulnarizzazione erano rispettiva-mente 33° (range: 10°-55°) SD 11,2), 34° (range:0-45°, SD 10,6), 5,3° (range: 0°-10°, SD 2.4) e 19°(range: 5°-35°, SD 7.1). L’aumento dei valori diflessione, estensione e deviazione ulnare erano sta-tisticamente significativi (P=0.006; P=0.001;P0,001 rispettivamente).

L’incremento del valore della deviazione radialenon era statisticamente significativo (p=0,279).Quando i pazienti sono stati raggruppati in base altipo di attività lavorativa svolta o alla diagnosi dipartenza, le differenze nell’escursioni di movimen-to dei polsi non erano statisticamente significativenei 2 gruppi.

I valori medi pre operatori e post operatori nellaforza di presa nel lato affetto erano 10,1 kg (range:2 kg-29.3 kg, SD 7.1) e 16,5 kg (range: 2,6 kg-42.8kg SD 9,29), rispettivamente. L’aumento mediodella forza di presa era statisticamente significativo(p=0.0019), non c’era invece una differenza statisti-camente significativa fra valori pre operatori e postoperatori fra gruppi se i pazienti venivano divisi se-condo l’attività lavorativa e il tipo di patologia.

I valori pre operatori e post operatori della VASerano rispettivamente 8,4 (range: 4-10, SD 1.49) e1.4 (range 0-10, SD 2,6). La diminuzione del do-lore nella VAS era statisticamente significativo(p=000.1). Invece quando i pazienti sono stati rag-gruppati in base alla patologia e all’attività lavorati-va, la differenza fra VAS preoperatoria e post-ope-ratoria non era statisticamente significativa.

La completa risoluzione del dolore è stata otte-nuta in 22 pazienti, 10 pazienti avevano un doloreaspecifico sul lato ulnare. Un paziente aveva la VASpost operatoria uguale a 5 e presentava una instabi-lità della radio-ulnare distale (DRUJ) diagnosticatadopo l’intervento.

Tale paziente è stato sottoposto a sinoviectomiae stabilizzazione della RUD con flap del retinacolodegli estensori. Un paziente di 42 anni presentavadolore post operatorio sulla stiloide radiale dovutaad un confitto tra stiloide e trapezio, in seguito èstato sottoposto a stiloidectomia radiale. Dopo taleintervento il dolore è scomparso. In un paziente ildolore è peggiorato a causa di una instabilità pros-simale del carpo, ed è stato sottoposto ad interven-to di artrodesi totale.

IL valore medio del DASH era 56.9 (range16,7-95, SD:18.2) pre operatoriamente e 11,4(range:1-50.8, SD 13.9) nel post operatorio. La di-minuzione del DASH score è stata statisticamentesignificativa (p=0.001); raggruppando i pazienti perpatologia e attività lavorativa le differenze nei valo-ri post e pre operatori non erano statisticamente si-gnificative.

Dopo l’intervento i lavoratori pesanti sono tor-nati al loro lavoro, il paziente più giovane ha ripre-so la pratica delle arti marziali senza problemi.

Trentadue pazienti erano soddisfatti dell’inter-vento; 2 pazienti con SLAC stadio III ed un pa-ziente con SNAC stadio III non erano soddisfatti

Al controllo radiografico abbiamo riscontratouna buona stabilità dell’impianto in tutti i pazienti(Fig. 2).

In 22 pazienti l’impianto era ben alloggiato nellafossa del semilunare, in 13 pazienti si evidenziavauna lieve traslazione ulnare del carpo. Nel pazientedi 56 anni con SNAC III è stato osservato un leg-gero affossamento della protesi nel capitato al con-trollo dopo un anno. Tuttavia il paziente non avevadolore e non è stato necessario nessun reintervento.Non abbiamo osservato nessuna complicanza in-traoperatoria come perforazione dell’articolazionecarpo-metacarpica del 3 raggio o problemi cicatri-ziali o di infezione.

DISCUSSIONE

Nella patologia cronica post traumatica e nondel polso, in fase avanzata, quando l’evoluzione ar-trosica medio-carpica e radio-carpica hanno causa-to una evidente invalidità, l’obbiettivo del tratta-

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mento chirurgico è rivolto a risolvere il dolore pre-servando.

Nel nostro studio l’uso della protesi RCPI hamostrato un soddisfacente risultato nel raggiungi-mento di tali obbiettivi nella maggior parte dei pa-zienti.

L’intervento di resezione pura della prima filieranon sarebbe indicato in questi casi, a causa del qua-dro artrosico della superficie articolare della testadel capitato (1).

La protesi RCPI ha permesso di allargare l’indi-cazione della resezione della prima filiera anche aquesti casi permettendo di ottenere ottimi risultatisul dolore con un valido recupero della forza di pre-sa mantenendo una discreta motilità del polso (3).

Nei nostri pazienti la resezione della prima filie-ra associata ad RCPI ha portato ad una conserva-zione ed un miglioramento dei ROM del polso.

L’aumento della forza di presa ed il miglioramentodel dolore ha aumentato le capacità funzionali neinostri pazienti. Questo è anche dimostrato dalladiminuzione del DASH score e dal grado di soddi-sfazione espresso dai pazienti.

La via di accesso utilizzata è dorsale poiché loprevede la tecnica chirurgica. Il raggiungimento diun buon ROM nella nostra esperienza può ancheessere attribuito all’utilizzo di un approccio mini-invasivo preservando i legamenti intercarpali dorsa-li. Tale metodo viene usato dal primo Autore da ol-tre 15 anni. Grazie a tale via di accesso mini-inva-siva i tempi di immobilizzazione post operatoriasono ridotti significativamente, nella nostra espe-rienza il breve tempo di immobilizzazione è un fat-tore chiave nel recupero dei ROM (6).

Per quanto riguarda l’utilizzo della RCPI in pa-zienti molto giovani è noto, che la resezione della

COLLASSI CARPALI. POSSIBILITÀ CHIRURGICHE 263

Figura 2. V.A. maschio di anni 56, lavoratore manuale pesante. Affetto da dissociazione scafo-lunata cronica. SLAC III delpolso destro. (A ,B) Radiografie preoperatorie nelle proiezioni AP e laterale. (C, D) Radiografie di controllo dopo 25 mesi nelleproiezioni AP e laterale. (E, F) Controllo clinico dopo 25 mesi.

E

A B C D

F

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prima filiera, riducendo l’area di trasmissione delcarico alla fossetta del semilunare e testa del capita-to, può causare una precoce degenerazione, quindiessa diviene una scelta dubbia nei pazienti giovaniin cui l’artrosi coinvolge l’articolazione medio-car-pica.

In alcuni pazienti giovani viene usata più ampia-mente l’artrodesi a 4 angoli con 10 anni di followup, malgrado l’incidenza di complicanze come lapseudoartrosi,la mobilizzazione dei mezzi di sinte-si, l’impingement sul margine dorsale del radio (7-10).

Per evitare questi risultati sgraditi noi abbiamoesteso l’indicazione della protesi RCPI e coinvoltoanche pazienti giovani nello studio.

Noi crediamo che dopo la resezione della testadel capitato non intervenga nessun altra degenera-zione a carico della testa del capitato e della super-ficie articolare del radio sulla fossetta del semiluna-re, e che mantenere la lunghezza della testa del ca-pitato eviti l’impingement dorsale.

Inoltre, diversamente dalla immobilizzazionenecessaria nell’artrodesi dei 4 angoli, noi possiamoiniziare subito la mobilizzazione attiva. Questo èmolto utile per ottenere un migliore range of mo-tion, che è un miglioramento funzionale importan-te soprattutto nei pazienti giovani. Un follow uppiù lungo di questi pazienti chiarirà se l’utilizzodella RCPI nei pazienti molto giovani con artrosidel polso che coinvolge la medio-carpica sia un’op-zione sicura e valida

CONCLUSIONI

Riteniamo che l’intervento di resezione dellaprima filiera associata alla applicazione della prote-

si RCPI, sulla base dei buoni risultati radiografici eclinici ottenuti, possa costituire sicuramente unavalida tecnica chirurgica in alternativa alla artrodesitotale che blocca definitivamente il movimento delpolso, alle protesi totali per le gravi complicanze ri-portate ed infine alla artrodesi parziali per le variecomplicanze descritte.

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LE ARTRODESI PARZIALI NEI COLLASSI DEL CARPO

P.P. BORELLIDay Hospital, Chirurgia del Polso, Chirurgia della Mano - 1a Divisione di Ortopedia e Traumatologia

Azienda Spedali Civili di Brescia

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Pier Paolo Borelli, Dirigente di “Day Hospital, Chirurgia del Polso, Chirurgia della Mano”, 1a Divisione di Ortope-dia e Traumatologia, Azienda Spedali Civili di Brescia

INTRODUZIONE

Le Artrodesi Parziali del Carpo, che comune-mente vengono identificate nella più nota artrodesidei 4 angoli (1), si basano sul concetto di eliminareil movimento da una articolazione degenerata equindi fonte di dolore, e di trasferirlo su di una ar-ticolazione non ancora coinvolta nel processo dege-nerativo. Se inizialmente non si potevano certoconsiderare come procedure prive di complicazioni(1), con il passare del tempo sono diventate il prin-cipale trattamento negli stadi avanzati dei collassicarpali (2).Le artrodesi parziali di polso rientrano in quel

gruppo di procedure definite oggi come “MotionPreserving Procedures” (MPP) (3). Oltre alla tradi-zionale artrodesi delle 4 ossa carpali o 4 angoli,vengono oggi considerate altre artrodesi parzialiche possono coinvolgere 2, 3, 4 ossa carpali e lametà prossimale dello scafoide, 5 ossa carpali(l’intero scafoide, il semilunare, il capitato, il pira-midale e l’uncinat0 (3). In alternativa a queste sipongono le altre procedure, che pure individuanonella scafoidectomia la soluzione al problema dolo-re e affrontano il problema di come risolvere in al-tro modo l’instabilità carpale conseguente allascafoidectomia e che definiamo come scafoidecto-mia isolata (4), scafoidectomia e capsulodesi (5),Scafoidectomia e tenodesi (6,7), fino alla resezionecompleta della prima filiera del carpo (8).

Tutte queste procedure hanno l’obiettivo comu-ne di risparmiare un certa quota di movimento a li-vello della radio carpica e vengono appunto defini-te con il termine di “Motion Preserving Procedu-res” (3). Sebbene possano essere considerate da al-cuni autori come una tappa verso una artrodesi to-tale di polso, se l’indicazione chirurgica è corretta el’intervento eseguito rispettando la tecnica si pos-sono ottenere buoni risultati a lungo termine (2). Enon a caso quindi in questa direzione molte ditte sisono mosse per offrire placche sempre più a bassoprofilo e sempre più dedicate, con il concetto mo-derno della stababilità angolare.Bain (9) individua alcuni prerequisiti morfologi-

ci e legamentosi per optare verso una resezione del-la prima filiera o verso una particolare artrodesiparziale, come ad esempio l’integrità del legamentoradioscafocapitato se si scgelie la resezione dellaprima filiera, o l’integrità del legamento radioluna-to breve se si sceglie la artrodesi dei 4 angoli. Per-tanto ogni MPP ha dei propri prerequisiti morfo-logici e anatomici.Siamo comunque abituati a considerare la

SNAC e la SLAC le condizioni patologiche chepiù spesso si avvantaggiano di una Artrodesi Par-ziale perchè, quando sintomatiche, richiedono lascafoidectomia come primo “step” chirurgico.Trumble (5) suddivide la SLAC in 4 stadi, rap-

presentati dal coinvolgimento dello stiloide radialenello stadio 1, dell’articolazione radioscafoidea nel-

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P.P. BORELLI

lo stadio 2, dell’articolazione capitolunata nello sta-dio 3, e dell’intero carpo nello stadio 4.E lo stesso avviene nella SNAC, con l’unica dif-

ferenza di un coinvolgimento più precoce della me-diocarpica.In effetti dal punto di vista biomeccanico la “sto-

ria naturale” è la stessa: In entrambi i casi lo scafoi-de diventa instabile e, nello stadio 1, si crea un ano-malo contatto con lo stiloide radiale che determinail classico quadro radiologico di “appuntimento”dello stiloide. Con il passare del tempo il capitato simuove verso lo scafoide, determinando una con-dropatia che interessa in modo sempre più esteso laradioscafoidea identificando lo stadio 2, ma coin-volge, successivamente, anche la mediocarpica,identificando così lo stadio 3. A questo punto loscafoide deve essere rimosso e per stabilizzare lamediocarpica, al fine di mantenere l’altezza del car-po inalterata, si deve ricorrere ad una artrodesi par-ziale.Nello stadio 1, quando sintomatica, la resezione

dell’apice dello stiloide radiale può rappresentateuna indicazione appropriata.Nel successivo lento ed inevitabile percorso verso

lo stadio 3, stadio in cui tutti sono appunto concor-di sulla necessità di rimuovere lo scafoide e di asso-ciare una artrodesi parziale, lo stadio 2 rappresentaancora un punto controverso per quanto riguarda lastrategia terapeutica, che può prevedere, come al-ternativa, una resezione della prima filiera.In una recente revisione sistematica dei risultati

della Resezione della Prima Filiera comparata allaArtrodesi dei 4 angoli mostra differenze minime enon significative per quanto riguarda la forza,l’escursione articolare, la risoluzione del dolore, lasodisfazione del paziente e il numero di conversioniin Artrodesi Totale di Polso. La meta-analisi mo-stra solo una significativa maggior incidenza inosteoartrosi radiologica della radiocapitata nella re-sezione della prima filiera, supportata dall’incon-gruenza anatomica tra capitato e fossa lunata chepuò predisporre appunto alla artrosi (8).La rilevanza clinica di questo aspetto radiologico

non è chiara, poichè la maggior parte dei pazientiviene definita come asintomatica, anche a lunga di-stanza dall’intervento. Ma questo aspetto non è

sufficiente per affermare che anche un paziente di30 o 40 anni possa affrontare il rischio futuro diuna osteoartrosi, che come sappiamo è evolutiva.Di contro, nella artrodesi dei 4 angoli le complica-zioni riferite in letteratura sono superiori ma dob-biamo considerare che gli articoli analizzati nellasuddetta revisione sistematica sono antecedenti al2008 e quindi non riportano i risultati delle placchecircolari di ultima generazione, cioè a stabilità an-golare, che hanno in effetti risolto molte dellecomplicanze riportate in letteratura nella artrodesidei 4 angoli, come la mancata consolidazione e ilconflitto dorsale tra il mezzo di sintesi utilizzato eil bordo dorsale del radio. Ed oggi in letteratura èin effetti indicato in maniera chiara come evitare,in una artrodesi intercarpica, il conflitto dorsale tracapitato e radio correggendo la DISI associata (10).In definitiva la scelta tra una resezione della pri-

ma filiera e una artrodesi dei 4 angoli, nello stadio2, dipende dall’età del paziente e dalle esigenze la-vorative, nel senso che a volte si deve prediligere lastabilità e la forza, a volte l’ampiezza del movimen-to, senza dimenticare che l’esperienza e la preferen-za del chirurgo verso l’una o l’altra delle proceduregioca un ruolo importante .Possiamo considerare che nello stadio 2 di una

SLAC o di una SNAC, quando comunque loscafoide, che è la fonte del dolore, è da rimuovere,l’indicazione ad una artrodesi parziale (2 angoli, 3angoli, 4 angoli), soprattutto in un paziente giova-ne, può sembrare eccessiva, ma comunque giustifi-cata se le richieste funzionali sono elevate. E pro-prio nello stadio 2, in cui la resezione della primafiliera si è sempre imposta come l’ alternativa alleartrodesi intercarpiche, Garcia-Elias (7) ritiene do-veroso porsi 2 domande: E’ ragionevole fondereuna articolazione normale come la lunocapitata,come avverrebbe in una artrodesi parziale? E’ ra-gionevole eliminare anche le articolazioni radiolu-nata e lunocapitata come avverrebbe in una rese-zione della prima filiera ?In effetti le conoscenze sull’evoluzione delle

strategie terapeutiche alternative in uno stadio 2,anche se non ancora basate sull’evidenza scientifi-ca, ci portano oggi a considerare anche soluzionialternative alla pur sempre valida resezione della

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prima filiera: la semplice scafoidectomia (4), laScafoidectomia associata a Capsulodesi (5) e laScafoidectomia associata a Tenodesi della Medio-carpica (6, 7).Altissimi (4) ha mostrato i risultati preliminari

su pazienti trattati con la semplice scafoidectomiaeseguita in uno stadio precoce. In sintesi ritiene cherimuovere lo scafoide da un piccolo accesso volaresia un intervento poco invasivo che può dare buonirisultati, per adesso a medio termine.Sembra che associare anche la capsulodesi alla

scafoidectomia possa dare risultati affidabili (5).Nella tenodesi della mediocarpica si fa un passo

in più rispetto alla semplice scafoidectomia: unabendelletta del Flessore Radaiale del Carpo sembrapossa opporsi alla inevitabile traslazione della 2a fi-liera sulla prima, ovviamente in caso di pazienti abasse richieste funzionali. (6,7)Ma per rimanere strettamente nel tema della

scelta tra resezione della prima filiera e artrodesidei 4 angoli personalmente ritengo doveroso osser-vare che nello stadio 2, il paziente si trova a doverconsiderare la proposta di una procedura chirurgicacome la “scafoidectomia”, destruente la normale ar-chitettura del carpo, il che significa “rimuovere”un’osso degenerato, al fine tuttavia di rimuovere ildolore, mantenendo una quota di movimento. Sipuò ritenere allora più giustificato, in termini di“rischi futuri” per il paziente, proporre e quindi sot-toporre al suo consenso informato, opzioni chirur-giche che basano il movimento residuo su una arti-colazione, la Radio-Lunata, che mantiene normalel’architettura radiocarpica a quel livello, piuttostoche su un intervento come la resezione della primafiliera, che basa il movimento residuo su una arti-colazione geometricamente incongrua. A meno cheil polso non sia anche rigido e non sia proprio la“sottrazione” della prima filiera a rappresentare lasoluzione del problema.Le soluzioni più conservative, sopra accennate,

per pazienti a basse richieste funzionali, come laScafoidectomia associata o meno a Capsulodesi oTenodesi della Mediocarpica, non pregiudicanoeventualmente il ricorso a soluzioni più demolitivecome la Resezione della Prima Filiera o una Artro-desi dei 4 angoli, nel caso diventi necessario.

La mia personale opinione mi porta a considera-re opzioni di trattamento basate sul “risparmio”dell’anatomia del carpo più che sul “sacrificio” sen-za nulla togliere, nello Stadio 2, ad una proceduracome la Resezione della Prima Filiera che in termi-ni di Evidenza Scientifica ha sicuramente superatola prova del tempo.

MATERIALI, METODI, DISCUSSIONE

Le artrodesi parziali. Nello stadio 3, quando lamediocarpica è coinvolta nel processo artrosico, vi èoramai un consenso generale nel ricorrere, dopo lascafoidectomia, ad una artrodesi parziale. In lette-ratura sono classicamente proposte 3 alternative:l’artrodesi dei 2 angoli, tra capitato e semilunare,l’artrodesi dei 3 angoli tra semilunare, capitato euncinato, e la più diffusa artrodesi dei 4 angoli tracapitato, semilunare, uncinato e piramidale. Ri-muovere anche il piramidale, e limitare l’artrodesialla capito-lunata, può rappresentare un’altra op-zione di trattamento. (11). Bisogna tuttavia consi-derare che nello stadio 2 e 3 della SLAC non sem-pre lo scafoide deve essere rimosso perché a volteuna porzione di cartilagine del polo prossimale,quella dorsale, e di cartilagine del fossa scafoidearadiale, quella volare, sono risparmiate dal pocessoarttrosico. La tac “cone beam”, nella sua più recenteespressione in termini di alta definizione e bassaemissione radiologica, può mostrare con evidenzasia la lussazione rotatoria dello scafoide che il pre-ciso punto in cui si verifica il conflitto. Anchel’artroscopia può essere utile a tale riguardo. Inqueste situazioni riportare e mantenere lo scafoidenella sua posizione originale con una artrodesi par-ziale scafolunocapitata, associata ad una stiloidec-tomia radiale, può rappresentare la soluzione delproblema (12).

Dettagli di tecnica chirurgica nelle artrodesiparziali

Artrodesi dei 2 angoli. Per quanto riguarda l’ar-trodesi dei 2 angoli o capitolunata, la revisione cri-tica della letteratura dimostra una più alta percen-

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P.P. BORELLI

tuale di mancata consolidazione, rispetto alla artro-desi dei 4 angoli, e questo porta a consigliare di in-cludere anche il piramidale e l’uncinato nell’artro-desi (13).Anche se dobbiamo ricordare che vi sono soste-

nitori della artrodesi capitolunata, come Garcia-Elias, che consigliano di ipercorreggere la posizionedel semilunare in flessione e di traslare il capitatoin direzione ulnare ed eventualmente di includerenell’artrodesi l’uncinato, nel caso ci si trovi di fron-te a quella particolare forma del semilunare definitatipo 2, in cui il semilunare presenta una faccetta ar-ticolare anche per l’uncinato. E’ importante sottoli-neare un aspetto importante di biomeccanica a fa-vore della artrodesi CL rispetto alla artrodesi dei 4angoli: quello di preservare il movimento elicoidalesull’uncinato riducendo il rischio di conflitto ulno-carpale, possibile complicazione a medio e lungotermine nell’artrodesi dei 4 angoli (14).L’accesso chirurgico è diretto sul 3° canale esten-

sorio, che può essere aperto anche solo nella suaporzione distale al fine di divaricare radialmente iltendine dell’estensore lungo del 1° dito ed esporrela capsula sottostante per una artrotomia longitudi-nale. Rimosso lo scafoide e prelevato da questa laspongiosa per il successivo innesto, si rimuove lacartilagine degenerata dalla testa del capitato e dalsemilunare. Per non rimuovere eccessivo tessuto os-seo dalla superficie distale del semilunare può esse-re conveniente, a volte, eseguire dei semplici foragecon un filo di kierschner da 1 mm. L’innesto osseocolma il gap creatosi tra capitato e semulunare. Conun filo di kierschner utilizzato come joistik si riducel’eventuale dorsiflessione del semilunare. Si traslapoi il capitato sul semilunare per aumentare la su-perficie di artrodesi, controllando in scopia che lospostamento non sia eccessivo e che non si creino ipresupposti per un conflitto osseo tra capitato e pi-ramidale o tra uncinato e piramidale. Si stabilizzatemporaneamente con 1 filo di kierschner la posi-zone del capitato sul semulunare e si procede allastabilizzazione definitiva utilizzando cambre o filidi Kierschner, che possono essere affondati nell’os-so. Può diventare invece difficoltosa, dato l’accessoarticolare minimo eseguire una stabilizzazione conviti cannulate autocompressive.

Artrodesi dei 3 angoli. Viene considerata unasemplificazione dell’artrodesi dei 4 angoli, nel sen-so che, oltre allo scafoide carpale, anche il pirami-dale viene rimosso. Il vantaggio è che aumental’escursione articolare in deviazione ulnare e si ri-duce il rischio di conflitto tra uncinato e piramida-le. Inoltre, il piramidale può rappresentare unabuona fonte di innesto osseo in caso di scafoidecarpale malacico e non utilizzabile per tale scopo.L’accesso chirurgico dorsale è quello classico, cen-trato sul terzo canale con i lembi retinacolari eleva-ti sul 2° e 4° canale per consentire l’esposizione del-la capsula che viene solitamente incisa con il lemborcapsulare di Berger (15).Quando si rimuove lo scafoide si deve fare atten-

zione a risparmiare il legamento radioscafocapitato,mentre durante la rimozione del piramidale si devefare attenzione a non danneggiare il nervo ulnare.Anche in questo caso il semilunare deve essere ri-dotto, se dorsiflesso, mentre il carpo deve esseretraslato sul piano frontale in modo che il semiluna-re stia a cavallo del capitato e uncinato. La stabiliz-zazione definitiva richiede generalmente cambre ofili di kierschner. Tuttavia, potendo il polso flettersipiù facilmente, possono essere utilizzate anche viticannulate con doppio filetto, autocompressive, ap-plicate in direzione prossimo-distale, affondate aldi sotto della superficie articolare. Anche se, rispet-to all’applicazione retrograda, la stabilità del mon-taggio è superiore dal punto di vista biomeccanico,non dobbiamo dimenticare che il movimento resi-duo avviene a livello della superficie del semilunaree il passaggio della vite può divenire sede di unprocesso artrosico. In caso di utilizzo di cambre èopportuno verificare sul campo operatorio che du-rante il movimento di estensione non si verifichialcun conflitto osseo.

Artrodesi dei 4 angoli.Proposta daWatson nel 1984è sicuramente l’artrodesi parziale più utilizzata (1).In una revisione di 1000 casi ha dimostrato la

sua affidabilità (16), come pure le sue complicazio-ni legate all’utilizzo specifico dei differenti mezzi disintesi utilizzati fino agli anni 90: fili di Kierschner(ritardo di consolidazione, prolungato manteni-mento in sede e infezioni a livello del tramite dei

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fili), cambre (conflitto dorsale con il bordo del ra-dio e mancata consolidazione) e viti (danno cartila-gineo e possibile mobilizzazione della vite).Le placche circolari sono proprio state proposte

con l’intento di risolvere tali complicanze e di con-sentire una mobilizzazione più precoce. Cionono-stante nei primi anni del loro utilizzo sono statedescritte una alta percentuale di complicanze(mancata consolidazione, rottura dell’impianto,mobilizzazione dell’impianto, conflitto dorsale conil radio. Lo stesso Merrel (17), ideatore della primaplacca circolare con viti non a stabilità, ha mostratobuoni risultati ma il tempo immobilizzazione rima-neva piuttosto lungo: 4-6 settimane.E lo stesso veniva riportato da altri autori (18)E come per i mezzi di sintesi in genere, l’evolu-

zione tecnologica ha portato alla modifica delleprime placche circolari, caratterizzate da viti mo-nodirezionli non bloccate, in placche con viti mul-tidirezionali non bloccate. Successivamente sonocomparse sul mercato le placche circolari con viti astabilità angolare multidirezionale, nate proprio peraumentare la stabilità del montaggio e accorciare itempi di immobilizzazione. Sono poi di più recenteintroduzione le placche a forma quadrangolare conuna doppia filiera di viti, quella centrale per viti dacorticale, non bloccate, che attuano la compressio-ne tra le 4 ossa e quella periferica per viti a stabilitàangolare multidirezionale, placche che consentonodi introdurre fino a 12 viti, il che determina un in-cremento della stabilità così da consentire al pa-ziente di iniziare la mobilizzazione attiva del polsopochi giorni dopo l’intervento.La mia esperienza personale consiste in 40 pa-

zienti con un F.U. medio di 6 anni (da un minimodi 8 mesi ad un massimo di 10 anni). Il risultatofunzionale è eccellente o buono nel 92 % dei casisecondo il Modified Mayo Wrist Score. Nel 94%dei casi il paziente si è ritenuto soddisfatto o moltosoddisfatto. Solo in un caso il risultato funzionale èstato ritenuto insufficiente per comparsa di conflit-to ulnocarpale.In nessun caso l’artrodesi dei 4 angoli è stata

convertita in artrodesi totale.Anche in caso di artrodesi dei 4 angoli la tecnica

chirurgica consiste nell’accesso classico dorsale al 3°

compartimento retinacolare, nella resezione del n.interosseo, nella capsulotomia secondo Berger, nellasuccessiva ipercorrezione della DISI, e nella fresatu-ra molto precisa grazie a frese che consentono diapplicare la placca al di sotto della superficie ossea.Nel caso di utilizzo di placche quadrangolari con

doppia filiera di viti, queste sono di dimensione emorfologia variabile, così da utilizzare la placcadella dimensione approprita al carpo da artrodesiz-zare, con un montaggio che può richiedere anche12 viti (Fig. 1, 2).A differenza dell’accesso chirurgico classico è

possibile eseguire anche un “doppio accesso retina-colare”, come già consigliato da Mantovani (19).

LE ARTRODESI PARZIALI NEI COLLASSI DEL CARPO 269

Figura 1. (A, B) SLAC 3.

A B

Figura 2. (A, B) Scafoidectomia e artrodesi dei 4 angoli conplacca quadrangolare e 12 viti.

A B

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P.P. BORELLI

Dopo aver eseguito un accesso chirurgico longi-tudinale dorsale mediano ed aver esposto il tendineestensore lungo del 1° dito, si esegue una capsulo-tomia longitudinale, centrata sullo scafoide.Lo scafoide può essere rimosso in blocco o fram-

mentato con la Luer. Presonalmente, con il polsoperfettamente stabilizzato da un sistema di trazioneorizzonatale, consiglio di rimuovere prima la carti-lagine degenerata dallo scafoide, così da esporre laspongiosa da utilizzare successivamente come inne-sto. In alternativa, prima di rimuovere lo scafoide èconsigliabile, con un cucchiaio tagliente rimuoverela spongiosa che sarà utilizzata succesivamente perl’innesto osseo nelle superfici da artrodesizzare.Si dovrà poi rimuovere la cartilagine degenerata

dal versante radiale della testa del capitato e dalversante radiale della superficie del semilunare, chespesso risulta difficile da decorticare per cui è pre-feribile eseguire anche dei forage con un filo diKierschner.Terminato lo step chirurgico radiale, si ricostrui-

sce la capsula e il retinacolo, con la possibilità di la-sciare al di fuori del suo canale l’estensore lungo del1° dito. Si passa poi ad esporre il versante ulnaredel retinacolo. Si incide il 5° canale, esponendo iltendine dell’estensore proprio del 5° dito, si incideil pavimento del 5° canale e si espone il piano lega-mentoso estrinseco della capsula articolare, solle-vando in pratica, senza aprirlo il 4° compartimento.Così le 4 ossa vengono alla luce con le relative su-perfici articolari contigue del capitato, semilunare,uncinato e piramidale , la cui cartilagine articolareviene asportata fino alla esposizione di osso sub-condrale. Prima dell’inserimento della spongiosa siverifica la correggibilità del semilunare con un filodi Kierschner utilizzato come joistk. Una voltariempiti gli spazi articolari e corretta la posizionedel semilunare, che deve in pratica coprire la testadel capitato, si stabilizza temporaneamente la posi-zione delle 4 ossa con 1 o pù fili di Kierschner e lasi controlla in fluoroscopia.Si centra poi la punta della fresa sul polo prossi-

male dell’uncinato e si eseguono i vari passaggi del-la stabilizzazione definitiva della placca fino al con-trollo fluoroscopico finale, che deve verificare lacorretta lunghezza delle viti ed un ottimale affon-

damento della placca al di sotto della superficie os-sea, il che consente il mantenimento, o addiritturaa volte il recupero, di un discreto grado di flessioneed estensione senza conflitto con il bordo dorsaledel radio.In conclusione, il primo suggerimento nell’ese-

cuzione di una artrodesi dei 4 angoli consiste nel“doppio accesso retinacolare” che preserva parte delcircolo residuo nel semilunare e capitato a tuttovantaggio della consolidazione. Inoltre in questoaccesso il n. interosseo non viene sacrificato e per-tanto la propiocettività della porzione centrale dellacapsula viene risparmiata.Il secondo consiglio è quello di asportare tutta

la spongiosa possibile dallo scafoide prima dellasua rimozione. Per poi evitare tutte le complica-zioni descritte in letteratura nelle artrodesi parziali(mancata consolidazione, mobilizzazione del mez-zo di sintesi, artrosi adiacente, conflitto ulno car-pale, conflitto tra placca e bordo dorsale del radio)la raccomandazione più importante è quella diipercorreggere il semilunare in VISI, per meglioaffondare la placca al di sotto della superficiue del-l’osso. Nel caso si opti per una artrodesi dei 2 an-goli la raccomadazione più importante è quella direndere collineari il semilunare e il capitato perevitare un conflitto tra uncinato e semilunare, ri-cordando che se il capitato viene ipercorretto sulsemilunare si corre il rischio di creare un conflittotra piramidale e uncinato. Ecco perché quando,dopo la scafoidectomia, è indicata una artrodesiparziale del carpo è preferibile includere, a mio av-viso, il piramidale in una artrodesi dei 4 angoli,procedura che anche in un recente studio retro-spettivo (10) su 572 pazienti viene considerata unabuona opzione di trattamento a lungo termine(follow-up medio di anni 14.7) per il polso SNACe SLAC sintomatico, in termini di risoluzione deldolore a riposo, di mantenimento di una escursio-ne articolare sempre all’interno dell’arco funziona-le postulato da Palmer per il polso (20), e questononostante i segni di artrosi degenerativa a livellodella fossetta lunata che, come del resto avvieneanche nella resezione della prima filiera a livellodella radiocapitata (21), non sembra avere ad oggiuna sicura corrispondenza clinica.

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LE ARTRODESI PARZIALI NEI COLLASSI DEL CARPO 271

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TRATTAMENTO RIABILITATIVO POST CHIRURGICODOPO RESEZIONE DI PRIMA FILIERA DEL CARPOCON APPROCCIO VOLARE ED ARTRODESI DEI

QUATTRO ANGOLI

A. SAMA1, R. LUCHETTI1, T. FAIRPLAY2

1Centro di Riabilitazione della Mano, Rimini2Centro Privato di Riabilitazione della Mano, Bologna

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 7: COLLASSI CARPALI

Corrispondence: Sama Annalisa, via F.Arcangeli 294, 47521 Cesena (FC) - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

L’articolazione del polso è un’articolazione moltocomplessa e soggetta a numerose patologie e traumiche possono portare ad un dolore ed una perdita diforza disabilitanti, con conseguente perdita di fun-zione non solamente di mano e di polso ma di tuttol’arto superiore. Dopo il fallimento delle misure con-servative, diverse procedure chirurgiche sono stateideate con lo scopo di incrementare la funzione delpolso attraverso la riduzione del dolore associato adun ripristino dell’arco di movimento e della forza.

Gli interventi di preservazione del movimentosono procedure che mirano alla riduzione del dolo-re con mantenimento di parte dell’arco del movi-mento, richiedendo però come condizione basel’integrità di alcune articolazioni (1).

Tra questi interventi quelli che vengono eseguitimaggiormente sono l’intervento di resezione diprima filiera del carpo e l’artrodesi dei quattro an-goli (2).

Nonostante questi tipi di interventi vengano an-cora spesso considerati una scelta chirurgica alter-nativa e perciò di salvataggio, numerosi autori han-no documentato l’efficacia di queste procedure nel-la riduzione del dolore con preservazione di un ef-ficace arco di movimento (3, 4).

Le maggiori critiche mosse a queste metodicheriguardano la diminuzione della motilità articolare,della forza di presa, la scarsa predittibilità dei risul-

tati ed infine il rischio di una degenerazione artro-sica della neoarticolazione o di una non unionedell’artrodesi con conseguente ricomparsa di sinto-matologia dolorosa (5).

Un’attenta valutazione pre-operatoria e la sceltadei giusti candidati all’intervento può ovviare que-sto rischio.

Le indicazioni riabilitative presenti in letteratu-ra a seguito di questi interventi chirurgici non sonounivoche, ma diversi autori hanno sottolineatol’importanza del percorso riabilitativo ai fini di unbuon recupero post chirurgico. Secondo Bedeschiet al. (6) “l’affidabilità dell’intervento è altresì cor-relata alla tecnica chirurgica ed al trattamento ria-bilitativo post-operatorio con conseguenze favore-voli sul risultato funzionale ed in particolare sulgrado di flesso-estensione del polso”. Essendo que-sti interventi chirurgici particolari e modificando inmodo permanente la biomeccanica del polso, ne-cessitano di riabilitatori specializzati che non met-tano a rischio il risultato post chirurgico.

Il protocollo riabilitativo proposto qui di seguitoed utilizzato dalla nostra equipe si rifà ai modelliproposti da Burke et al. (7), ed è stato modificatoin base alla nostra esperienza ed al follow-up deicasi clinici nel tempo. Riportiamo infine i risultatidel follow-up a distanza di circa 10 anni inerentiall’intervento di resezione di prima filiera del car-po, e i dati inerenti al follow-up di circa 9 mesi re-lativi ad artrodesi dei quattro angoli.

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MATERIALI E METODI

Il protocollo riabilitativo che proponiamo vieneutilizzato a seguito di intervento di resezione diprima filiera del carpo con tecnica chirurgica conapproccio volare, e ad artrodesi dei quattro angolicon tecnica di fissazione con 2 viti con unica inci-sione dorsale e senza preservazione del retinacolodegli estensori (8).

Per entrambe le procedure chirurgiche le tecni-che riabilitative utilizzate e gli scopi terapeutici so-no gli stessi, con grande differenza nella tempisticadi applicazioni di tali tecniche, che comunque vo-gliono essere solamente una linea guida e sonoconcordate costantemente con il chirurgo che haeseguito l’intervento.

In particolar modo l’inizio della mobilizzazioneattiva è pressoché immediata per la resezione diprima filiera del carpo (2-3 giorni), la mobilizza-zione è invece subordinata a controllo radiograficoda parte del chirurgo con stabilizzazione dell’artro-desi per quanto riguarda l artrodesi dei quattro an-goli.

Gli scopi del programma riabilitativo specificopost intervento in entrambi i casi sono i seguenti:

- Prevenire/ridurre la formazione di edema postoperatorio

- Prevenire la formazione di aderenze cicatriziali- Ridurre il dolore post operatorio- Recuperare il range di movimento- Recuperare la forza muscolare- Recuperare la stabilità del polso- Recuperare la forza di presa e di pinza- Migliorare la funzione del polso e della mano- Preparare il paziente al recupero delle sue nor-mali attività di vita di relazione e lavorative

Prima settimana post operatoria

Nell’immediato post operatorio gli interventiriabilitativi eseguiti sono gli stessi per entrambe letecniche chirurgiche. Il paziente viene temporanea-mente immobilizzato con valva gessata confeziona-ta in sala operatoria, che permette il maggior utiliz-zo possibile delle dita e che verrà sostituita intornoal 7°-10° giorno da tutore antibrachiale in termo-

plastica confezionato su misura, con posizionamen-to del polso a circa 20 gradi di estensione, dita epollice completamente liberi. Questo serve a darestabilità e protezione alla neo-articolazione e a tut-te le strutture periarticolari, impedendo al pazientedi compiere movimenti che, in questa prima fase,potrebbero danneggiarle, e verrà indossato per circa3-4 settimane in modo continuativo, rimuovendolosolo durante le sedute di fisioterapia (Fig. 1).

Al 3°-4° giorno post chirurgico viene valutato ilpaziente per la prima volta ed in tale occasione gliviene insegnato ad eseguire il programma di eserci-zi a domicilio da ripetere ogni due ore circa. Il pa-ziente viene inoltre educato alla gestione dell’artooperato, consigliando di evitare prolungate posizio-ni declivi che possano causare edema alla mano.Gli esercizi assegnati comprendono movimenti discorrimento tendineo, mobilizzazioni attive com-plete delle dita e delle articolazioni non operate edi controllo dell’edema, al fine di aiutare il ritorno

TRATTAMENTO RIABILITATIVO POST CHIRURGICO DOPO RESEZIONE DI PRIMA FILIERA DEL CARPO 273

Figura 1. Tutore removibile di immobilizzazione del polsopost intervento chirurgico

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A. SAMA, R. LUCHETTI, T. FAIRPLAY

venoso. Questa parte del trattamento riabilitativo,assieme alla costante comunicazione con il pazienterispetto anche alle sue aspettative di risultato, vie-ne considerata estremamente importante. È statodimostrato infatti che la partecipazione attiva delpaziente al proprio programma riabilitativo è fon-damentale. Lo stesso Ministero della Salute riportale seguenti raccomandazioni: “Elementi essenzialisono sempre rappresentati dalla piena informazionee dalla partecipazione consapevole ed attiva allescelte ed agli interventi da parte della persona chene è al centro, della famiglia e del suo contesto divita”.

“La collaborazione del paziente, la sua motiva-zione e adesione al trattamento sono elementi chia-ve che vengono ricercati e mantenuti attraverso losviluppo della relazione d’aiuto; essa è il filo con-duttore di tutto l’intervento terapeutico” (9).

Le ripercussioni di una mancata adesione daparte del paziente al protocollo riabilitativo e laconseguente esecuzione di esercizi fatti solo in se-duta e non al domicilio possono essere gravi e por-tare ad una rigidità e dolore con scarso risultato po-st operatorio, nonostante il successo della tecnicachirurgica. A questo scopo viene consegnata al pa-ziente una scheda personalizzata nella quale vengo-no indicati gli esercizi da eseguire al domicilio: sicerca di ridurre al minimo gli esercizi necessari inbase al bisogno del paziente per focalizzare la suaattenzione e risorse su quelli più importanti, tenen-do conto che sarà richiesto un costante impegno daparte del paziente per un periodo di tempo piutto-sto lungo, circa tre mesi, e che il programma tera-peutico verrà modificato nel tempo in base all’an-damento dell’arto.

Riabilitazione post resezione di prima filiera delcarpo con approccio volare

Prima-terza settimana

Dopo 3-4 giorni si iniziano le sedute di fisiote-rapia con un terapista della mano qualificato, conuna frequenza di circa 3 volte alla settimana, se nonci sono complicanze, durante le quali si rimuove iltutore e si inizia il programma di mobilizzazioni

attive assistite del polso e passive molto blande inflesso-estensione, prono-supinazione, nelle devia-zioni ulnari e radiali ed in circonduzione. Questo èpossibile grazie alla tecnica chirurgica con approc-cio volare che risparmia il retinacolo degli estensorie permette una mobilizzazione precoce, sempre nelrispetto della guarigione dei tessuti molli attornoalla neo articolazione. Infatti bisogna tenere benpresente che una mobilizzazione passiva eseguitaall’interno di un range di movimento eccessivo, ini-ziata troppo presto, potrebbe portare all’insorgenzadi instabilità della neo articolazione con comparsadi dolore e di processi artrosici importanti e conse-guente impotenza funzionale.

L’importanza di una mobilizzazione precoce èstata supportata da numerosi autori, che hanno ri-portato in letteratura studi sulla biomeccanica dellanuova articolazione, che potenzialmente potrebbepermette di guadagnare un range di movimentoampio (10), ma la componente cicatriziale gioca unruolo importante nella sua limitazione.

In questa fase può essere eseguito un massaggiolinfodrenante generale dell’estremità superiore, as-sociato ad eventuale bendaggio compressivo conbenda tipo “Coban” nel caso in cui il paziente pre-senti edema delle dita e della mano.

Si insegna al paziente a rimuovere lo splint e adeseguire le stesse mobilizzazioni attive al domicilioin ambiente protetto e sicuro se si ritiene sia ingrado di gestire la situazione ed evitare pericoli omovimenti eccessivi. Nel caso in cui non si ritengache il paziente possa eseguire nel modo corretto gliesercizi si rimanda alle settimane successive e si tie-ne costantemente monitorizzata la motilità del pol-so.

Durante le mobilizzazioni si insegna a rispettarela soglia del dolore, senza mai oltrepassarla, soprat-tutto nelle prime settimane, ma si dice al pazienteche è sufficiente avvertire una leggera tensione cheva mantenuta 5 secondi circa, per 10 ripetizioni peresercizio. L’importanza del rispetto del dolore serveanche a ridurre il rischio di insorgenza di sindromealgoneuodistrofica. Se il paziente riferisce un fasti-dio eccessivo o dolore può essere utile un’appro-priata terapia con massaggi di rilassamento musco-lare ed applicazione di T.E.N.S. a bassa ampiezza,

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in associazione all’utilizzo del mobilizzatore passi-vo che viene consigliato ai pazienti particolarmenterigidi o restii a muovere in autonomia il polso aldomicilio o che faticano a capire la tecnica giusta;in questo caso il fisioterapista stabilità l’arco di mo-vimento che verrà rivalutato ed aumentato gradata-mente. Al termine di ogni seduta e di ogni sessionedi esercizi al domicilio viene utilizzata la criotera-pia se necessario, poi è riposizionato lo splint cor-rettamente che viene indossato per tutto il giorno etutta la notte.

Dopo 14-19 giorni, le suture vengono rimosseed il paziente può incominciare gli esercizi di mo-vimento attivo del polso e della mano in acqua tie-pida, ed il trattamento della cicatrice, con lo scopodi prevenire la retrazione e l’ipersensibilità dandogli giusti stimoli alla cicatrizzazione. Preferiamoiniziare il massaggio di scollamento senza cremaper avere una maggiore presa sulla cute del pazien-te, ed utilizzando poi una crema idratante per pro-seguire il massaggio che in tutto dura una decina diminuti.

Quarta-quinta settimana

Tra la quarta e la quinta settimana viene eseguitauna valutazione radiografica da parte del chirurgoe, se la neo articolazione risulta stabile, si può ini-ziare ad aumentare l’arco di movimento della mo-bilizzazione passiva e la sua intensità, che comun-que rispetta la soglia del dolore del paziente, e sicomincia lo svezzamento dallo splint che deve av-venire in modo molto graduale, mantenendolo du-rante la notte, e iniziando a toglierlo di giorno solonelle situazioni di sicurezza. A questo punto delprogramma si può inserire l’utilizzo di ultrasuonoterapia soprattutto sulla cicatrice, e l’immersionedella mano e del polso in bagni di paraffina nel ca-so in cui l’edema non sia presente o si sia risolto.L’effetto termico determinato dalla paraffina aiutaa preparare le fibre collagene e le fibre muscolari al-l’allungamento esercitato dal terapista durante lamobilizzazione passiva; inoltre si può posizionare ilpolso del paziente in specifiche posture su tavolacanadese, per ottenere il maggior grado di motilitàsoprattutto nei movimenti più rigidi ed evitando la

comparsa di dolore. Il fisioterapista può decideredi effettuare all’interno della stessa seduta più ba-gni di paraffina per recuperare le diverse posizioni,o decidere di lavorare su una posizione alla volta. Ilprogramma di esercizi al domicilio viene variato esi concede di iniziare leggere attività di vita quoti-diana con lo scopo di aumentare la funzionalità el’utilizzo della mano.

Sesta-dodicesima settimana

Il paziente può rimuovere lo splint di notte e loutilizza solamente in situazioni rischiose o dove èprevista una pesante attività di sollevamento. Si in-seriscono esercizi di resistenza progressiva per po-tenziare la forza muscolare del polso e della mano el’utilizzo di elettroterapia attiva. Inoltre a questopunto del programma riabilitativo, la seconda filie-ra dovrebbe essersi adattata perfettamente al nuovoassetto articolare, e possono essere inseriti eserciziin carico del polso, evitati fino a questo momentoper non aumentare il rischio di sviluppare artrosialla neo-articolazione. Vengono proposte attivitàriabilitative che ripristino la forza isometrica delpolso in modo da poter utilizzare liberamente lamano nelle diverse attività contro resistenza, datoche il polso lavora spesso in co-contrazione di fles-sori ed estensori ed esercizi di propriocezione didifficoltà crescente.

La terapia continua fino a che il paziente nonraggiunge un plateau funzionale.

Il periodo di convalescenza per riprendere le at-tività lavorative dipende dall’andamento post-ope-ratorio e dal tipo di lavoro che svolgeva il paziente.In generale, un lavoro leggero può essere ripresodalla sesta alla decima settimana dopo l’interventochirurgico; un lavoro di media pesantezza dopo 10-12 settimane dall’intervento; occorrono invece 12settimane di trattamento postoperatorio per poterriprendere un lavoro pesante. Un’analisi della capa-cità lavorativa, che si adatti al singolo paziente, puòessere di grande aiuto nel prendere un’adeguata de-cisione riguardo il ritorno al lavoro. Si può dotareil paziente di un supporto momentaneo flessibileper il polso in modo da aumentare la tolleranza allavoro svolto. Tutte queste tappe sono precedute da

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A. SAMA, R. LUCHETTI, T. FAIRPLAY

una visita di controllo radiografica da parte del chi-rurgo che valuta eventuali controindicazioni.

Riabilitazione a seguito di intervento di artrodesidei quattro angoli

Le tecniche riabilitative sono le stesse utilizzateper l’intervento di resezione di prima filiera delcarpo, con la differenza di tempistica che si riportaqui di seguito.

L’inizio della mobilizzazione di polso è subordi-nata al controllo radiografico da parte del chirurgoe quindi a consolidamento dell’artrodesi. Si inizia iltrattamento della cicatrice non appena sia permes-so, di solito 4 giorni dopo la rimozione dei punti, edal momento in cui è concessa l’inizio della mobi-lizzazione, gradatamente nelle settimane successivesi inseriscono le stesse tecniche utilizzate perl’intervento di resezione di prima filiera dalla se-conda settimana di trattamento in poi. La mobiliz-zazione del polso è permessa in maniera minima seil retinacolo degli estensori è stato sezionato e poirisuturato. La flessione del polso è permessa in ma-niera maggiore rispetto alla estensione per motiviprotettivi del retinacolo. Ovviamente la stabilità ela solidità dell’artrodesi mediocarpica è un altrofattore fondamentale per l’inizio precoce della mo-bilizzazione. In generale si può dire che maggiore èla stabilità e prima si può iniziare la mobilizzazionedel polso. Sicuramente l’accertamento radiograficodarà certezza allo stato di consolidazione e stimo-lerà ad una riabilitazione più aggressiva del polso.

RISULTATI

Su un numero complessivo di 60 pazienti sotto-posti a resezione di prima filiera tra il 1990 e il 2006dallo stesso chirurgo (R. L.) è stato selezionato ungruppo di 11 pazienti sottoposti a procedura chirur-gica con approccio volare che avevano seguito unprotocollo riabilitativo specifico. E’ stato eseguito unfollow up a medio-lungo termine per valutare i risul-tati funzionali ottenuti a distanza di 10 anni circa.

I pazienti sono stati valutati in modo oggettivoattraverso la rilevazione della motilità articolare del

polso, la forza di presa e di pinza attraversol’utilizzo di pinchometro e dinamometro, e tramitevalutazione soggettiva con la rilevazione del dolorea riposo e sotto sforzo (scala VAS 0-10), sommini-strazione di questionario DASH e PRWE, MAYOScore modificato Cooney.

Per quanto riguarda invece i dati relativi all’in-tervento di artrodesi dei quattro angoli è in corso lastessa valutazione. Al momento, su un totale di 61casi trattati, disponiamo dei dati relativi a 34 casi diartrodesi mediocarpica, con follow-up medio di 9mesi.

DISCUSSIONE

I risultati dimostrano che l’intervento di resezio-ne di prima filiera del carpo dà ottimi risultati an-che nel lungo termine. In particolare, in rapportoalla misurazione dell’arto controlaterale, l’articola-rità in media ha raggiunto il 70% , la forza di presail 75%, ma il miglioramento più importante è avve-nuto a livello di dolore a riposo e sotto sforzo che èdiminuito nettamente e a livello di indice Mayomodificato Conney che ha raggiunto in medio unvalore di 88, indicando una percezione del pazientedi “buona funzionalità” che ha permesso un ritornoa tutte le attività di vita quotidiana, compreso quel-lo alla propria occupazione (Tab. 1).

Anche l’intervento di artrodesi dei quattro ango-li fornisce ottimi risultati funzionali. Il dolore sottosforzo è risultato migliorato, il dolore a riposo ri-solto, la motilità del polso globalmente ridotta,mentre la deviazione radio-ulnare è risultata pres-soché invariata e la forza di presa lievemente au-mentata. Tutti i casi hanno mostrato una consoli-dazione radiografica completa ed hanno ripresol’attività lavorativa precedente in tre mesi. (Tab. 1).

CONCLUSIONI

Gli interventi chirurgici di resezione di prima fi-liera del carpo e di artrodesi dei quattro angoli sonometodiche chirurgiche di salvataggio non propostein prima istanza, ma che hanno dimostrato una

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TRATTAMENTO RIABILITATIVO POST CHIRURGICO DOPO RESEZIONE DI PRIMA FILIERA DEL CARPO 277

buona efficacia. Analizzando i dati ottenuti daglistudi che abbiamo condotto per entrambi gli inter-venti, possiamo affermare che, anche a distanza dilungo tempo, i pazienti sono molto soddisfatti delrisultato ottenuto, soprattutto in termini di funzio-nalità, diminuzione del dolore e ripresa della prece-dente attività lavorativa. La scelta del giusto candi-dato e della metodica chirurgica più idonea al casoclinico permette di prevenire complicanze quali in-stabilità della neo articolazione, mal consolidazionedell’artrodesi e degenerazione artrosica. Un inter-vento fisioterapico tempestivo e mirato è fonda-mentale, a nostro avviso, per garantire un buon ri-sultato post-operatorio. Infine riteniamo che unruolo importante in questo percorso sia rappresen-tato dall’educazione del paziente, che deve essere unprotagonista attivo del proprio recupero funzionale.

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Tabella 1. Riepilogo dei dati di valutazione oggettiva e soggettiva post intervento di resezione di prima filiera del carpo confollow-up medio di 10 anni e artrodesi dei quattro angoli con follow-up medio di 9 mesi

Valori mediResezione prima filiera del carpo Artrodesi quattro angoli

(Follow-up 10 anni) (Follow-up 9 mesi)

Dolore a riposo (Scala VAS) 0 0Dolore sotto sforzo (Scala VAS) 3 3Flessione (gradi) 57 24Estensione (gradi) 54 30Deviazione radiale (gradi) 17 15Deviazione ulnare (gradi) 30 20Flesso-estensione (gradi) 112 54Deviazione radio-ulnare (gradi) 47 35Forza di presa (Kg) 29 21DASH 19PRWE 16Mayo Wrist Score 88

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ESITO DELLE FATTURE DI POLSOCONCETTI GENERALI

M. D’ARIENZOClinica Ortopedica, Università di Palermo

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

SESSIONE 8: ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO

Corrispondence: D’Arienzo Michele, Policlinico Giaccone, Via del Vespro 129, 90127 Palermo - Tel. 091 6554115 - Fax 091 6554111- E-mail: [email protected]

Gli esiti più frequenti delle fratture di polso sonorappresentati dalle malconsolidazioni, dal conflittoulno e stilo carpico, dalle pseudoartrosi del radio edall’artrosi radio-carpica.

MALCONSOLIDAZIONI E CONFLITTO RADIO-ULNO

CARPICO

Le malconsolidazioni o vizi di consolidazione(malunion degli Autori anglo-sassoni), che usual-mente vengono divise in “nascent or early malu-nion” e “mature malunion”, e le problematiche ra-dio-ulno carpiche sono trattate rispettivamentenella sessione “Attuali trattamenti per i vizi di con-solidazione del polso” ed in quella “Instabilità ra-dio-ulnare distale”.

Ricordiamo che le malconsolidazioni sono mol-to più frequenti nei pazienti trattati incruentamen-te (18%) rispetto a quelli trattati cruentamente(4%) e che il trattamento di elezione è rappresen-tato dall’osteotomia parafocale nelle forme extra-articolari e dall’osteotomie in-out e out- in, quasisempre associate ad artroscopia, in quelle intra-ar-ticolari (1).

La fissazione del’osteotomia deve essere stabileper permettere una precoce fisiochinesiterapia equindi un rapido recupero del R O M articolare.

PSEUDOARTROSI

Le pseudo-artrosi del radio distale sono moltorare e raggiungono un’incidenza dell’0,2% (2).

Si parla di pseudoartrosi quando siano trascorsialmeno 6 mesi dall’evento fratturativo e gli esamiradiografici non evidenziano formazione di calloosseo (3). Così come per altri distretti possono es-sere classificate in ipertrofiche ed atrofiche.

Tra le cause ricordiamo la comminuzione dellafrattura, l’insufficiente riduzione e l’inadeguata fis-sazione dei frammenti, l’associazione di una frattu-ra del 1/3 distale di ulna (4).

Il quadro clinico è caratterizzato da dolore, limi-tazione funzionale associata ad importante defor-mità.

Il trattamento è generalmente chirurgico, riser-vando quello incruento (tutori, magneto-terapia,campi elettrici pulsati, etc.) a soggetti non operabilio con scarse richieste funzionali.

Il trattamento consiste, come negli altri segmen-ti, nelle forme ipertrofiche nello stabilizzare la frat-tura con un mezzo di sintesi adeguato (placca darevisione) e nelle forme atrofiche nell’associare allaplacca un trapianto osseo autologo (gold standard)o sintetico “vitalizzato” da fattori di crescita, ricor-dandosi sempre di ripristinare la lunghezza del ra-dio e i corretti valori angolari.

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ARTROSI RADIO-CARPICA

Rappresenta un esito relativamente frequentespecialmente nelle fratture articolari che interessa-no la fossetta scafoidea e/o quella del semilunare el’articolazione radio-ulnare distale (5, 6).

L’associazione di lesioni legamentose rappresen-tano un fattore aggravante e accelerante l’insor-genza dell’artrosi (Slac) (7).

Le forme più frequenti sono l’artrosi radio-scafoidea (Fig. 1), la radio-scafo-lunata, mentrepiù rare sono l’artrosi radio-lunata e quella radio-ulnare distale. Nelle forme più gravi non è rarol’interessamento dell’articolazion medio-carpicarealizzando così un quadro di pan-artrosi.

Il quadro clinico è costituito da dolore, defor-mità e riduzione della motilità e della forza di presaanche se, in alcuni casi, essa è asintomatica.

L’esame strumentale più importante è quello ra-diografico che mette in evidenza la riduzione dello

spazio articolare, l’addensamento osteo-condrale el’eventuale presenza di geodi.

La TC e la R M (Fig. 2) danno maggiori infor-mazioni sulle condizioni della superficie articolare,sullo stato di sofferenza osteo-condrale e legamen-tosa del polso, anche se per pianificare un correttotrattamento è importante eseguire un’artroscopia.

Il trattamento chirurgico è quanto mai vario eva dalla resezione della stiloide radiale, all’artrodesiradio-lunata (Fig. 3) e radio-scafo-lunata (Fig. 4)associata a resezione della parte distale dello scafoi-de (8) o a protesi della testa del capitato(9) contrasferimento del movimento all’articolazione me-dio-carpica, all’artrodesi dei quattro angoli, alla re-sezione della prima filiera del carpo (10, 11), al-l’impiego di protesi parziali o totali fino ad arrivareall’artrodesi di polso, vero intervento di salvataggio.

ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO. CONCETTI GENERALI 279

Figura 1. Quadro rx di artrosi radio-scafoidea Figura 2. Quadro R M di artrosi radio-scafoidea

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M. D’ARIENZO280

CONCLUSIONI

Gli esiti di fratture di polso, rappresentati da malconsolida-zioni, conflitto radio-ulno carpico, pseuso-artrosi ed artrosi,sono eventi per fortuna non frequenti e necessitano di untrattamento che il più delle volte è chirurgico e che richiedeuna notevole esperienza ed una corretta pianificazione pre-operatoria per ottenere dei buoni risultati.

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Figura 3. Schema di atrodesi radio-lunata Figura 4. schema di artrodesi radio-scafo-lunata

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SESSIONE 8: ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO

Corrispondence: Massimo Caruso, S.O.D.C. Chirurgia della Mano e Microchirurgia, AUOC, Via Largo Pelagi 1, FirenzeE-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

Le fratture articolari complesse del polso (stadioIV e V nella classificazione di Melone (1), III o IVnella classificazione di Mayo (2), IVC e IVD nellaclassificazione Universale (3) e C3 nella classifica-zione AO (4, 5) sono caratterizzate da grave com-minuzione articolare, instabilità e irriducibilità. Sela riduzione della frattura non è eseguita corretta-mente ripristinando l’anatomia osteoarticolare o seuna precoce mobilizzazione con mezzi di sintesiinadeguati ha provocato la predita della corretta ri-duzione, può essere necessario eseguire trattamentichirurgici correttivi per ottenere un polso non do-loroso con un arco di movimento sufficiente pereseguire le attività di vita quotidiana.

In tal senso, è critico individuare un fattore con-dizionante la possibilità di riparazione morfologicaosteo-articolare e la tipologia di soluzioni ricostrut-tive alternative. L’entità del danno cartilagineo as-sume, senza dubbio, questo ruolo.

Negli esiti di fratture articolari complesse di pol-so è dunque necessario eseguire sempre, oltre allaradiologia convenzionale, una diagnostica strumen-tale di approfondimento (TC, RMN) che permettauna chiara percezione di tale aspetto ai fini dell’in-dicazione chirurgica. Pari importanza rivestel’osservazione delle lesioni carpali associate e la va-lutazione dell’irriducibilità o instabilità coesistenti.È inoltre necessario, ai fini della pianificazione chi-

rurgica, valutare l’articolazione radio-ulnare distalein termini di stabilità e di entità della comminuzio-ne ulnare.

Gli interventi correttivi possono essere quindidivisi in:

1. Osteotomie correttive di radio2. Artrodesi parziali intercarpiche e radio-carpi-

che3. Innesti osteoarticolari4. Artroplastiche biologiche5. Artroplastiche protesicheVi è anche spazio per l’artrodesi totale del polso,

indicata quando il danno articolare irreparabile in-teressa sia l’articolazione radio-carpica che l’arti-colazione intercarpica.

TRATTAMENTO CHIRURGICO

Il trattamento chirurgico degli esiti di fratturearticolari complesse di polso ha come scopo la rico-struzione articolare e la precoce mobilizzazione, alfine di ripristinare un arco di movimento funziona-le in assenza di dolore.

Sappiamo che in fase acuta il disallineamentointra-articolare dei frammenti non deve essere tol-lerato se maggiore di 2 mm nei pazienti anzianivi edi 1 mm nei giovani (7). Nel trattamento inizialevanno anche ben valutate e nel caso, correttamentetrattate, le lesioni associate delle parti molli (8, 9).

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

ESITO DELLE FRATTURE DI POLSOTRATTAMENTO CHIRURGICO

P. BIGAZZI, S. PFANNER, M. CERUSOChirurgia e Microchirurgia della Mano

Azienda Ospedaliero Universitaria “Careggi” - Firenze

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L’inadeguata guarigione della lesione può esitarein un polso rigido e dolente.

Si rende quindi necessario eseguire interventi di“salvataggio” per ripristinare un polso non dolente efunzionale.

Nei casi in cui il dolore e la rigidità siano dovutiad allineamento non corretto del radio o alla pre-senza di un’irregolarità intrarticolare ben identifi-cabile su di una superficie di scorrimento comples-sivamente buona, può essere indicata, in maniesperte, l’osteotomia correttiva dell’epifisi distale oanche intrarticolare di radio.

Le artrodesi parziali intercarpiche sono le proce-dure di salvataggio che trovano più frequentementeindicazione negli esiti di fratture articolari com-plesse del polso che esitano lesioni croniche osteo-legamentose carpali. Le condizioni della fossettadel semilunare e dell’articolazione medio carpicasono aspetti critici per porre indicazione a tali in-terventi: ciò presume, in ogni caso, l’esecuzionepreoperatoria di un’indagine TC.

In caso di perdita della corretta superficie artico-lare di radio distale, associata o meno a concomi-tante lesione dell’arco carpale prossimale, trova in-vece indicazione l’artrodesi radio-scafo-lunata. Talemetodica può essere eseguita in urgenza o cometrattamento a distanza a condizione che il rivesti-mento cartilagineo delle componenti ossee che for-mano la mediocarpica sia intatto (10). La letteratu-

ra recente riporta in numerosi articoli i risultati ot-tenuti con questa procedura utilizzata in urgenzanel trattamento dei postumi delle fratture comples-se del radio distale (11-14). In genere l’intervento èrealizzato utilizzando un accesso dorsale e la sintesipuò essere eseguita con placca, con viti cannulate,con cambre e/o fili Kirshner. Le caratteristiche del-la frattura, le eventuali lesioni associate e la presen-za di mezzi di sintesi posizionati in fase acuta pos-sono far orientare per un accesso volare o anchecombinato (Fig. 1).

Questo tipo di artrodesi parziale è utilizzata,inoltre, come procedura di elezione in numerosecondizioni patologiche, degenerative o infiamma-torie, che coinvolgono l’articolazione radio-carpicae consente di mantenere una escursione articolarefunzionale del polso in assenza di dolore. La rese-zione della metà distale dello scafoide (15, 16), pre-vista in tale procedura, migliora la motilità medio-carpica permettendo a questa articolazione unaescursione su un asse orientato da dorso-radiale adulno-palmare, condizione biomeccanica conosciutacome “dart throwing movement”.

Nelle perdite di sostanza di cartilagine articolarelimitate ma irreparabili per entità di comminuzio-ne, è stata di recente prospettata la ricostruzionecon trapianti osteo-cartilaginei modellati; questipossono essere non vascolarizzati o vascolarizzati esono prelevati da aree non sottoposte a carico o da

P. BIGAZZI, S. PFANNER, M. CERUSO

Figura 1.

10-bigazzi:bigazzi 17-09-2013 15:54 Pagina 282

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283ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO. TRATTAMENTO CHIRURGICO

ossa carpali coinvolte nella lesione; il patch osteo-cartilagineo viene fissato con una sutura riassorbi-bile o con mini-ancore (17, 18).

La sostituzione protesica, parziale o totale, puòessere presa in considerazione come procedura inurgenza, in particolare in pazienti anziani o osteo-porotici (19, 20) analogamente a quanto codificatoper altri distretti anatomici.

L’artrodesi totale del polso, infine, rappresentaun’indicazione di trattamento adeguata quandonon sia possibile, per considerazioni dipendentidalla tipologia della lesione o dalle caratteristichedel paziente, eseguire alcuna delle procedure pallia-tive precedentemente elencate (21).

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Figura 2.

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SESSIONE 8: ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO

Corrispondence: Giulio Pezzella, Via Dossetti 3, 27020 Travacò Siccomario (PV) - Fax 0382-498490E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

Le fratture di polso possono portare a esiti in-validanti legati a varie problematiche. L’esito piùfrequente è la rigidità di polso. Questa è spesso bentollerata, sia per il buon compenso funzionale dellacatena cinetica spalla-gomito-polso, che per il limi-tato range funzionale del polso richiesto nella quoti-dianità. Il trattamento elettivo è il trattamento kine-siterapico che il più delle volte porta a risultati sod-disfacenti, ma in alcuni pazienti la perdita di artico-larità è refrattaria alla terapia conservativa e in que-sti casi può essere indicata una soluzione chirurgica.

Ciò comporta un basso numero di casi dovesussiste un’indicazione chirurgica per una artrolisi.Questa è posta quando la rigidità porta ad un’inva-lidità specifica per il soggetto o è presente dolore.Tali stati morbosi possono essere dovuti alla pre-senza di aderenze intrarticolari (1) o capsulari (2)conseguenti al trauma, all’atto chirurgico eseguitoper il trattamento della frattura o da un’eventualeimmobilizzazione post-riduttiva, nel caso di untrattamento incruento.

Altro esito frequente delle fratture di polso è lapresenza di frammenti osteocondrali intrarticolari,conseguenza della frattura stessa. Questi, a volte,possono essere causa di dolore o di blocchi articola-ri. In questo caso si rende necessaria l’asportazionechirurgica. Capitolo a parte è il distacco della sti-loide ulnare con conseguente pseudoartrosi. Questo

è un evento piuttosto frequente. La pseudoartrosipuò essere esito di frattura isolata della stiloide opiù frequentemente associata a fratture dell’epifisidistale di radio. Palmer (3) ha classificato la pseu-doartrosi in due Tipi. Nel Tipo 1 la lesione interes-sa l’apice della stiloide, al di sopra cioè della inser-zione della fibrocartilagine triangolare (FCT) e dellegamento collaterale ulnare; nel Tipo 2 interessa labase, al di sotto della inserzione di tali strutture an-nullando quindi la loro funzione e soprattuttol’azione stabilizzante della CFT sulla articolazioneradioulnare distale (ARUD). Spesso risulta asinto-matica, a volte però il paziente lamenta dolore insede ulnare e sensazione di instabilità del polso du-rante la pronosupinazione: in questi casi si rendenecessario un trattamento chirurgico.

Anche i legamenti intrinseci del polso possonoessere interessati da lesioni nelle fratture di polso: ilegamenti scafo-lunato e luno-piramidale con per-centuali rispettive del 32-54% e del 15-16% e ilcomplesso fibrocartilagineo triangolare (CFCT)con percentuali del 78% secondo Lindau (4). Talilesioni possono portare a instabilità scafo-lunata(SL), luno-piramidale (LP) o della ARUD. In que-sti casi l’approccio artroscopico può essere utilenella diagnosi di tali lesioni o nel trattamento diqueste, soprattutto riguardo al CFCT.

In ultimo, ma non meno importanti, sia comeincidenza, che come problematiche che ne conse-guono, sono i danni condrali delle superfici artico-

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

ESITI DELLE FRATTURE DEL POLSO:POSSIBILITÀ ARTROSCOPICA

G. PEZZELLA, A. BURINI, M. NAVAIstituto Auxologico Italiano, Casa di Cura Capitanio - Milano

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lari (4), legati al tipo di frattura o alla sua non per-fetta riduzione. Anche in questo caso l’artroscopiariveste un ruolo sia diagnostico, che terapeutico.

MATERIALE E METODI

Noi eseguiamo l’artroscopia di polso in aneste-sia loco-regionale, con paziente supino, tourniquetalla radice dell’arto e polso in trazione con 5 Kg.Per questa procedura utilizziamo un’artroscopiocon diametro di 2,7 mm; l’artroscopio da 1,9 mmlo utilizziamo solo nei polsi più piccoli o serrati.Non usiamo la pompa ad infusione, ma soluzionefisiologica a caduta: la tecnica chiamata “a secco”,senza l’ausilio di soluzione fisiologica, non è da noiutilizzata per gli svantaggi che abbiamo osservatosia nella visione articolare che nell’uso dello stru-mentario artroscopico (motorizzato, ma soprattuttonell’utilizzo delle radiofrequenze). L’artroscopiaviene iniziata nell’articolazione radio-carpica avva-lendoci dei portali 3-4 e 6R; secondo il tipod’intervento che dobbiamo eseguire possiamo uti-lizzare ulteriori portali quali l’1-2, il 6U e, nell’e-ventualità, anche il portale volare. Per lavorare nellamedio-carpica utilizziamo i portali classici MCU eMCR. Di seguito descriviamo le tecniche artrosco-piche da noi utilizzate per le varie patologie.

Tecnica artroscopica per l’artrolisi di polso nelle rigiditàNel polso rigido post-traumatico l’ingresso in

articolazione può risultare difficoltoso per la presen-za di aderenze intrarticolari o perché a volte questotipo di polsi appaiono particolarmente serrati; inquesti casi consigliamo, prima di entrare conl’artroscopio (noi iniziamo sempre con il portale 3-4), di farsi strada per via smussa con una pinza tipoKlemmer in modo da allargare il più possibile ilcampo operatorio; in tal caso bisogna stare attenti alpiano articolare per non creare danni cartilaginei.Una volta entrati è necessario creare un ampio cam-po visivo sufficiente per orientarsi e per lavorare: in-fatti la visione interna il più delle volte è ben lontanada quella di un polso normale per la presenza di settifibrosi e orientarsi può creare delle difficoltà. In que-sti casi, dopo aver praticato il secondo portale (6R),

si deve entrare con una punta da shaver piuttosto ag-gressiva, individuarne la punta con la visione artro-scopica e poi rimuovere gradualmente il tessuto fi-broso-cicatriziale. Una volta tolta una sufficientequantità di questo bisogna orientarsi, individuare iprofili dello scafoide e semilunare, i legamenti volari(Testut, radio-scafo-capitato e radio-luno-piramida-le) e la FCT. Individuate queste strutture e valutateeventuali lesioni è necessario rimuovere le altre fi-brosi intraticolari, se sussistono. Creato così un am-pio spazio dove lavorare si valuta lo sfondato dorsalee, se occluso, lo si ricrea con l’ausilio dello shaver al-ternando i portali con l’ottica e il motorizzato per li-berare sia la parte radiale che ulnare dello sfondatostesso; una volta liberato, se la capsula dorsale apparefibrotica si esegue la capsulotomia sino alla eviden-ziazione dei tendini. La capsulotomia si può pratica-re sia sul lato volare che dorsale avvalendosi del por-tale volare, o dell’1-2, e lasciando integri i legamentoradio-carpali ulnari, come indicato da Viegas e poisottolineato da Verhellen (2). La capsulotomia vieneeseguita o con apparecchio a radiofrequenze (sono incommercio punte dedicate da polso), usandolo abassa potenza e a piccoli tocchi per evitare danni ter-mici alle strutture adiacenti, o con basket da piccolearticolazioni facendo particolare attenzione allestrutture tendinee adiacenti. Durante queste mano-vre chirurgiche è necessario valutare di tanto in tantol’articolarità ottenuta in modo di fermarsi quandoquesta è completa. Nella nostra esperienza una voltarimossi i setti fibrosi e ricreato lo sfondato dorsalecon eventuale capsulotomia, si ottiene un’articolaritàsufficiente. Infatti sia la medio-carpica (MC) chel’articolazione radio-ulnare distale (ARUD) rara-mente vengono interessate da retrazioni capsulari odalla formazione di setti fibrosi. Suturati i portali ar-troscopici viene confezionato una bendaggio com-pressivo da rimuovere dopo 5-7 giorni, momento incui si inizierà la rieducazione motoria.

Tecnica artroscopica per l’asportazione dei corpi liberiendoarticolari e per il trattamento della pseudoartrosidella stiloide ulnare Tipo 2 di Palmer

Per l’asportazione di corpi liberi endoarticolariin esiti fratture si utilizzano i portali classici 3-4 e6R. La tecnica non presenta grosse difficoltà se il

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G. PEZZELLA, A. BURINI, M. NAVA

frammento risulta mobile in articolazione. Se que-sto, al contrario, è adeso a tessuti cicatriziali intrati-colari, va isolato e liberato con il motorizzato uti-lizzando, eventualmente, ulteriori portali per poiasportarlo.

Per il trattamento della pseudoartrosi della sti-loide ulnare Tipo 2 di Palmer, iniziamol’artroscopia con i portali 3-4 e 6R. Dopo aver va-lutato eventuali patologie intrarticolari concomi-tanti eseguiamo un portale accessorio 6U allargato,dal quale, a cielo aperto, isoliamo e asportiamo ilframmento della stiloide. Si cruenta quindi l’epifisidell’ulna nell’area di pseudoartrosi per facilitare lacicatrizzazione e s’infigge a questo livello una mini-ancora. A questo punto carichiamo uno per volta ifili dell’ancora su un filo trasportatore che vienefatto passare, sotto visione artroscopica, attraversola FCT con un ago del 18 e, fatti fuoriuscire i capidel filo dal portale 6R, la reinseriamo utilizzandoun nodo a scorrimento (5) (Fig. 1). Dopo l’inter-vento chirurgico manteniamo un apparecchio ges-sato brachio-metacarpale a gomito flesso per 5 set-timane. Alla rimozione di questo s’inizia il pro-gramma riabilitativo.

Artroscopia diagnostica di polsoL’artroscopia diagnostica di polso non presenta

grosse difficoltà. Con l’utilizzazione dei vari portaliabbiamo la possibilità di valutare tutti i comparti-menti articolari che lo compongono: l’articolazioneradio-ulnare distale (ARUD), l’articolazione radio-carpica (RC) e la medio-carpica (MC). Come

prassi iniziamo l’artroscopia con la valutazione del-la RC, per poi passare alla MC: raramente valutia-mo l’ARUD, e lo facciamo solo nei vasi in cui sisospetta una lesione dell’inserzione foveale dellaFCT o sospettiamo un danno delle superfici arti-colari tra il radio e l’ulna. Con la visione direttadelle superfici articolari di tali comparti e dellestrutture legamentose presenti si riesce ad avereuna valutazione precisa di tutte le componenti in-trarticolari del polso.

Artrodesi radio-scafo-lunata artroscopicamente assistitaLa nostra esperienza si limita ad un solo caso

di artrodesi intercarpica (Fig. 2). Si trattava di unapaziente alla quale è stata eseguita una artrodesi ra-dio-scafo-lunata per una grave condropatia radio-scafoidea e radio-lunata post-traumatica. In artro-scopia abbiamo cruentato con una burr da piccole

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Figura 1. Quadro radiografico preoperatorio e risultato do-po l’intervento con riduzione della distanza tra radio e ul-na: come si nota la distanza tra radio e ulna è nettamentediminuita tra il quadro pre e post-operatorio.

Figura 2. Artrodesi Radio-Scafo-Lunata artroscopicamente assistita: a sinistra il quadro preoperatorio, al centro il quadro po-stoperatorio e a destra il risultato finale a 4 mesi.

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articolazioni, alternando i portali radio-carpici (3-4e 6R) e medio-carpici (MCR e MCU), le superficiarticolari radio-scafoidea, radio-lunata e scafo-lu-nata. Una volta ottenuta una buona congruenza deipiani articolari abbiamo stabilizzato il polso con deifili di Kirschner., sotto controllo artroscopico efluoroscopico. I fili sono stati rimossi dopo 2 mesi,ad avvenuta fusione dell’artrodesi.

RISULTATI

Artrolisi artroscopica di polsoDal 1999 al 2012 abbiamo trattato di artrolisi

artroscopica 54 polsi rigidi. Di questi, 35 presenta-vano una rigidità come esito di frattura di polso. In25 casi si trattava di soggetti di sesso maschile e in10 di sesso femminile. Non abbiamo mai avutocomplicanze post-operatorie. In tutti i casi abbia-mo avuto un incremento dell’articolarità. In flessio-ne abbiamo ottenuto un incremento di 35° di me-dia, e in estensione di 30°. Anche la forza è aumen-tata con un incremento della presa a pugno di 15Kg di media. In 4 pazienti il dolore è aumentato: sitrattava polsi in cui era presente una condropatia di3°-4°. In questi casi si è avuto egualmente un incre-mento del range articolare.

Stiloidectomia e reinserzione artroscopica della FCTI pazienti trattati di asportazione della stiloide

ulnare e reinserzione artroscopica della FCT dal1999 ad oggi sono stati 12, e di questi 9 erano uo-mini e 3 donne. In un caso abbiamo avuto una mo-bilizzazione dell’ancoretta rilevata ad un controlloradiografico a tre settimane. Il paziente è stato rio-perato sostituendo l’ancoretta con una più grande,sulla quale è stata reinserita la TFC con la tecnicasopra decritta, con completa risoluzione della sin-tomatologia.

Abbiamo controllato tutti i pazienti valutandola diminuzione del dolore, la stabilità della ARUDe l’articolarità.

Il dolore è diminuito in tutti i casi con com-pleta scomparsa in 8 di questi. In tutti i pazienti èaumentata la stabilità e l’articolarità non è diminui-ta in alcun caso.

Artroscopia diagnostica di polsoDal 1999 a oggi abbiamo eseguito 87 artrosco-

pie diagnostiche di polso in polsi dolorosi croniciin esito di fratture di polso. Si trattava di casi in cuii tradizionali presidi diagnostici non erano stati ingrado di definire una patologia. Nella maggior par-te dei casi si è rilevata una condropatia delle super-fici articolari (47 casi): di questi, 7 presentavanoanche un danno dello SL e 11 una lesione dellaFCT. Nei restanti casi, in 25 abbiamo rilevato unalesione della FCT, in 10 una lesione non dissociati-va dello SL e in 5 una lesione del LP.

Artrodesi radio-scafo-lunata artroscopicaL’unico caso trattato da noi con una artrodesi

radio-scafo-lunata era una donna di 68 anni che ri-portava in anamnesi una frattura composta dellastiloide radiale con lesione del legamento safo-lu-nato, avvenuta 21 anni prima. La frattura era statatrattata con apparecchio gessato, ma la lesione delloscafo-lunato non venne operata. Quando è giuntaalla nostra osservazione presentava una SLAC le-sion con grave danno delle superfici articolari delradio, del semilunare e dello scafoide. La paziente èstata controllata sino a 2 anni dopo l’intervento, ri-ferendo scomparsa completa del dolore.L’articolarità era di 20° in flessione e 20° in esten-sione, a carico della sola medio-carpica. Il grip ri-sultava aumentato di 10 kg.

DISCUSSIONE E CONCLUSIONI

Artrolisi artroscopica di polsoI quadri anatomo-patologici che possono por-

tare ad una rigidità di polso sono differenti (Tab.1). L’indicazione chirurgica di artrolisi artroscopicaviene posta solo quando le cause della rigidità sonointrarticolari ed esiste congruità dei piani articolari;nel caso in cui sussista una grave condropatial’indicazione al trattamento chirurgico deve essereposta con cautela in quanto l’aumento dell’escur-sione articolare può portare, come abbiamo potutovedere, ad un aumento del dolore e, a nostro avviso,è molto meglio tollerato dal paziente un polso rigi-do non dolente che un polso doloroso ma mobile.

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G. PEZZELLA, A. BURINI, M. NAVA

Verhellen et al. (2) nel 2000 hanno decritto iltrattamento artroscopico della rigidità di polso do-vuta a capsulite adesiva della radio-carpica, prati-cando una capsulotomia. Wehbé e Karasick nel1985 sottolineano la formazione di setti fibrosi in-trarticolari nella radio-carpica in seguito a traumicon conseguente limitazione dell’articolarità. Hat-tori (1) fa una distinzione artroscopica più precisadi questi setti e ne descrive tre tipi differenti:

Tipo A: struttura membranosa con origine dallegamento scafo-lunato che divide completamentel’articolazione radiocarpica.

Tipo B: struttura membranosa che ha sempreorigine dal legamento scafo-lunato ma che dividesolo parzialmente l’articolazione radiocarpica.

Tipo C: formazione di membrane multiple chedividono la radiocarpica in più punti.

Oltre a questi quadri anatomopatologici, nelle35 artrolisi artroscopiche che abbiamo eseguito, in18 casi abbiamo notato come fattore di rigidità an-che la formazione di una fibrosi dello sfondato dor-sale del polso a livello della radiocarpica che andavaad occludere lo sfondato stesso. Ciò determinavasoprattutto una limitazione della flessione; talequadro era inoltre ben evidente anche negli esamicontrastografici (artroTC o artroRM) eseguiti nelpreoperatorio. Nella nostra esperienza abbiamo no-tato che questo, se non ricreato, compromette la ri-presa della articolarità, soprattutto in flessione (6).

Abbiamo notato inoltre che difficilmente que-sti quadri anatomo-patologici intervengono singo-larmente ma molto spesso sono concomitanti e sisommano nella patogenesi di un polso rigido post-traumatico. Per questi motivi noi non siamo d’ac-

cordo con alcuni autori (2) che pongono indicazio-ne ad un’artrolisi artroscopica di un polso rigidosolo se questo è determinato da una retrazione ca-psulare. Gli stessi pongono indicazione di un’artro-lisi artroscopica in assenza di condropatia e di do-lore; al contrario noi abbiamo avuto ottimi risultatianche in presenza di degenerazione cartilagineanon grave, e nel caso di presenza di dolore abbiamosempre avuto un miglioramento della sintomatolo-gia. Siamo d’accordo sul fatto che in presenza diincongruenza articolare o artropatia degenerativagrave l’artrolisi artroscopica non è indicata.

I risultati da noi ottenuti, infine, sono più chesoddisfacenti, in accordo con quanto riportato inletteratura: questo pone l’artrolisi artroscopica co-me tecnica di prima scelta nella rigidità di polso.

Stiloidectomia e reinserzione artroscopica della FCTNonostante la pseudoartrosi della stiloide ulna-

re sia una patologia piuttosto frequente solo rara-mente è dolente. Le cause che possono determinaredolore sono: un impingement del frammento dellastiloide (che spesso risulta ipertrofico) con il pirami-dale e una instabilità della DRUJ. Nella pseudoar-trosi di Tipo I il dolore è attribuibile solo all’impin-gement e in questo caso l’asportazione del fram-mento è sufficiente per risolvere la sintomatologia.Nel Tipo II solo l’asportazione del frammento puòrisolvere l’impingement ma destabilizza ulterior-mente la DRUJ, infatti il complesso TFCC-stiloideulnare è lo stabilizzatore primario della DRUJ nellapronosupinazione (5).Per questi motivi negli annisono stati proposti diversi interventi che vanno al dilà della semplice escissione del frammento in pseu-doartrosi ma che prevedono una ristabilizzazioneanatomica e funzionale del complesso TFC e dellasua inserzione ulnare. Palmer (3) ha proposto la ri-duzione e sintesi della pseudoartrosi con fili di Kir-schner e cerchiaggio ad 8 (zuggurtung) che risolvesì la sintomatologia e dà una stabilizzazione dellaDRUJ. A nostro avviso questa risulta una tecnica didifficile esecuzione, con il rischio che la pseudoar-trosi non si saldi, e che obbliga il paziente ad un se-condo intervento per la rimozione dei mezzi di sin-tesi. Questo tipo di intervento oltretutto non è indi-cato, a nostro avviso, nelle pseudoartrosi con fram-

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Tabella 1.

Cause intrarticolariCapsulite adesiva dorsaleCapsulite adesiva volareOcclusione dello sfondato dorsaleSetti fibrosi intrarticolariSofferenza condraleInstabilitàIncongruenza capi articolari

Cause ExtrarticolariAderenze extrarticolari

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mento ipertrofico in quanto non elimina il dolore daimpingement. Per ciò che riguarda l’unica compli-canza avuta da noi (mobilizzazione della mini-anco-ra) col senno di poi ci siamo resi conto di aver sceltoun’ancora troppo piccola in quanto l’ulna presentavaun’area di rarefazione ossea che non dava eccessivegaranzie di tenuta. Infatti la sostituzione con un’an-cora di maggiori dimensioni ha determinato unaperfetta tenuta con buon risultato finale (5).

Artroscopia diagnostica di polsoNella diagnosi delle patologie intraticolari di

polso, tutta la letteratura è concorde nell’affermareche l’artroscopia di polso è, al giorno d’oggi, unaprocedura di estrema affidabilità e che attualmenterappresenta il “gold standard” soprattutto per ciòche riguarda le patologie legamentose o condralipost-traumatiche. C’è però da considerare che congli esami strumentali a nostra disposizione (radio-grafie standard, RM ed esami contrastografici qualil’artroTC e l’artroRM), riusciamo il più delle volte adefinire la patologia in atto. Per questi motivi rite-niamo che l’artroscopia diagnostica di polso vada ri-servata a quei casi di difficile soluzione, dove gliesami diagnostici non hanno rilevato alcuna patolo-gia che possa determinare il dolore in un polso inesiti di frattura. Per questo motivo, con l’affinarsinegli anni delle procedure diagnostiche di cui sopra,le artroscopie diagnostiche di polso sono gradual-mente diminuite rispetto agli anni passati e, oggi,rappresentano solo una piccola percentuale delle ar-troscopie di polso che eseguiamo annualmente.

Artrodesi radio-scafo-lunata artroscopicaLe artrodesi intercarpiche artroscopicamente

assistite non rappresentano attualmente un interven-to di routine sul polso. Anche in letteratura gli arti-coli disponibili sono scarsi. Ho descrive 12 casi trat-tati con artrodesi intercarpiche artroscopiche, ese-guite dal 1997 al 2008, così suddivise: 3 artrodesiscafo-trapezoidee, 4 scafoioidectomie con artrodesidei 4 angoli, 3 artrodesi radio-scafo-lunate, 1 artro-desi radio-lunata e 1 artrodesi luno-piramidale. Lafusione dell’artrodesi è stata ottenuta in 9 casi. Nel2012 del Pinal (8) ha riportato la propria esperienzadescrivendo 4 casi di scafoidectomia e artrodesi dei 4angoli (3 dei quali in SNAC lesion) con buoni risul-

tati. Anche se i risultati riportati sono più che soddi-sfacenti, tali interventi sono caratterizzati, il più del-le volte, da lunghi tempi chirurgici e l’esecuzione ri-chiede una tecnica chirurgica caratteristica solo dichi ha una notevole esperienza nella artroscopia dipolso. Nel caso operato da noi, infatti, i tempi chi-rurgici sono stati piuttosto lunghi (superiori alle 2ore) e durante l’intervento abbiamo incontrato di-verse difficoltà tecniche che ci hanno indotto a nonripetere l’esperienza, anche se il risultato ottenuto èstato eccellente. Luchetti (9), infine, descrive unatecnica di Sauvé-Kapandji artroscopica con buoni ri-sultati. Anche se in questo caso i casi trattati eranoaffetti da artrosi radio-ulnare, tale tecnica può essereapplicata in esiti di fratture che hanno portato adanni articolari della radio-ulnare distale.

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ESITI DELLE FRATTURE DI POLSO: POSSIBILITÀ ARTROSCOPICA 289

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SESSIONE 8: ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO

Corrispondence: Andrea Atzei, Viale Pasteur, 6/A, 31100 Treviso - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

Negli esiti delle fratture del radio distale non èrara la comparsa di disturbi dolorosi talora grave-mente invalidanti. Frequentemente tali disturbi so-no riconducibili alla presenza di irregolarità dellasuperficie del radio distale, il cui riconoscimentotardivo impediva di instaurare tempestivamente untrattamento correttivo. Knirk & Jupiter (1) hannodescritto lo sviluppo di degenerazione artrosica inpresenza di scalini intra-articolari post-traumaticimaggiori di 2 mm, dimostrando, pertanto cheanchel’articolazione del polso, che, non sopportando ilcarico corporeo era considerata erroneamente abasso rischio di sviluppare artrosi, può andare in-contro a degenerazioneartrosica precoce in esiti po-st-traumatici.

Intorno alla fine degli anni ‘90, si sono afferma-tele cosiddette tecniche di medicina rigenerativa o“orthobiologics”per ottenere una soluzione biolo-gica al danno cartilagineo con una riparazione du-ratura e affidabile, in alternativa al trattamentochirurgico di artrodesi o protesi. Grazie alla mag-giore disponibilità di risorse tecniche e all’evolu-zioneanche delle tecniche artroscopiche, è statopossibile introdurre l’utilizzo delle tecniche di me-dicina rigenerativa anche per le piccole articolazio-ni, in particolare per il polso, con risultati incorag-gianti.

IL DANNO CARTILAGINEO

La cartilagine è il tessuto più differenziato delnostro corpo, privo di nervi e vasi sanguigni, riceveil suo nutrimento dal liquido sinoviale, riveste lesuperfici articolari. E’ costituita da matrice extracellulare e da cellule altamente specializzate, con-drociti.La matrice extra cellulare è costituita per il65-80% da acqua, proteoglicani per il 4-7%, colla-gene per 10-20%. I proteoglicanisono molecole acorpo centrale proteico legato a catene polisaccari-di che chiamate glicosaminoglicani quali condroi-tin solfato, cheratan solfato e dermatan solfato. Iproteoglicani si legano all’acido ialuronico forman-do aggregati che sono concentrati nella matricepericellulare e aumentano dalla regione superficia-le a quella profonda.Il collagene è il principale co-stituente della matrice. Le diverse isoforme hannola caratteristica comune di organizzarsi in tripliceelica. Il collagene cartilagineo è il tipo II, che con-ferisce proprietà meccaniche specifiche della carti-lagine (come le proprietà di tensione e la resistenzaalle forze di taglio e torsione) e immobilizza i pro-teoglicani all’interno della matrice. I condrociti so-no cellule di origine mesenchimale, altamente spe-cializzate, provvedono al continuo rinnovo mole-colare della matrice cartilagineain risposta a stimo-li ambientali, meccanici e a cambiamenti di pres-sione.

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

ALTERNATIVE INNOVATIVE AI TRATTAMENTITRADIZIONALIDEI POSTUMI DELLE FRATTURE

DEL POLSO

A. ATZEI1, C. CEOLDO1, PP. BORELLI2, D. TIETTO3, R. LUCHETTI4

1Fenice HandSurgery and Rehabilitation Team, Centro di Medicina,Treviso - Policlinico San Giorgio, Pordenone2Day Hospital, Chirurgia della Mano, Chirurgia del Polso - 1a Divisione di Ortopedia e Traumatologia - Spedali Civili, Brescia

3Centro Kinesis, Padova4Centro Privato di Chirurgia e Riabilitazione della Mano, Rimini

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La cartilagine si suddivide in 4 zone: - tangen-ziale o superficiale 10-20% contiene fibre collageneparallele alla superficie articolare, scarsa compo-nente cellulare, abbondante contenuto di acqua,scarsi proteoglicani; - zona intermedia 40-60% confibre collagene a diametro maggiore, condrociti se-cernenti matrice extra cellulare; - zona profonda30% con fibre collagene ad andamento perpendico-lare alla superficie articolare, scarso contenuto diacqua, massima quantità di proteoglicani e notevo-le attività cellulare; - zona calcifica o zona di transi-zione, scarsi condrociti ipertrofici,matrice extra cel-lulare simil-ossea; - osso sub condrale, vascolarizzato,costituito da idrossipatite, collagene tipo I, proteo-glicani e acqua per 4%. Tra strato profondo e carti-lagine calcifica c’è la linea di demarcazione detta“tidemark”.

La cartilagine, si comportacome un materiale bi-fasico (80% acqua e 20 % solido),sopporta carichiapplicati in compressione e di taglio staticamente,ciclicamente e ripetitivamente. Le forze in com-pressione si trasferiscono, grazie alla pressione idro-statica, dallo strato superficiale a quello profondo,salvaguardando la componente solida della matrice.Le forze di taglio sono ostacolate dalle fibre colla-gene che agiscono con tensione e torsione. Agisco-no sulla zona intermedia senza danno, viene peròcolpita la componente solida, per ovviare a questo,diminuiscono le resistenze di superficie ed aumen-ta la lubrificazione cioè aumenta la produzione diacidoialuronico.

Un buon trofismo cartilagineo è favorito da unadeguato stimolo biomeccanico a livello articolare,un buon sistema di lubrificazione per ridurre le for-ze di taglio che tendono ad usurare la matrice extracellulare. Il tessuto cartilagineo può venir compro-messo da lesioni traumaticheo stress biomeccanici(p. es discinesia secondaria a instabilità articolare),patologie infiammatorie, infettive, degenerative.Questi danni costituiscono un notevole problema,poiché sono difficili da diagnosticare, non esistonosegni o sintomi patognomonici, ma soprattutto so-no difficili da trattare in quanto la cartilagine hascarse capacità rigenerative quindi provocare un’u-sura a tutto spessore, che arriva fino all’osso subcondrale. Attività che richiedono impatti articolari

ripetitivi, torsioni articolari e/o rapide decelerazioniespongono a rischio di lesione. Accanto a lesionipuramente traumatiche ci sono lesioni su base de-generativa, come l’osteoartrosi, o su base infiam-matoria come A.R, o infettiva, o una combinazionedelle prime.

Nella pratica clinica dobbiamo ricordare che iltrauma fratturativo, oltre a produrre le cosiddettefratture osteocondrali (ben riconoscibili macrosco-picamente e alle RX), può provocare anchefratturecondrali isolate e/o microdanni a carico dei con-drociti e della matrice.Le fratture osteocondralisono lesioni a tutto spessore con interessamentodel piano articolare a tutto spessore. Il sanguina-mento che ne consegue porta alla formazione diun coagulo contenente cellule staminali mesenchi-mali che si differenziano in condroblasti e condro-citi. Si ha produzione di collagene tipo 2, collage-ne tipo 1 residuo e proteoglicani. Dopo 1 anno daldanno il tessuto di riparazione è un complesso dicartilagine ialina e fibrocartilagine con collagenetipo 1. Questa cartilagine riparativa non ha le ca-ratteristiche meccaniche della cartilagine nativa epertanto con il tempo si possono instaurare lesioniosteoarticolari, tanto meno significative quantopiù accurata è stata la riduzione dei frammenti ar-ticolari. Le fratture condrali sono lacerazioni dellasuperficie articolare senza danno all’osso sub con-drale. Dopo una fase iniziale con necrosi condroci-taria,si verifica un aumento delle mitosi e forma-zione di tessuto fibroso riparativo. I microdanni acarico dei condrociti e della matrice, non provoca-no distruzione della superficie articolare, madi-struzione della struttura collagenica e fessurazionie innescano una reazione di ispessimento da partedell’osso sub-condrale. Oltre che in seguito a unviolento trauma contusivo articolare, possono inmicrodannicondrocitari sono tipici delle superficiartrosiche, in cui i microtraumi ripetuti (per es. persublussazioni croniche) provocano la morte cellu-lare e innescano il meccanismo degenerativo del-l’osteoartrite (OA).

L’artroscopia consente di stadiare accuratamentele lesione cartilaginee: attualmente la piu’ utilizzataè la classificazione macroscopica di Outerbridge(1961) che prevede 4 gradi.

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A. .ATZEI, C. CEOLDO, P.P. BORELLI, D. TIETTO, R. LUCHETTI

I grado: superficie articolare tumefatta, morbida,ricoperta da vescicole;

II grado: superficie articolare con solchi e fessu-razione di diametro inferiore a 1 cm;

III grado: superficie articolare con solchi i fessu-razioni di diametro superiore a 1 cm;

IV°grado: erosione a tutto spessore della cartilagi-ne articolare con interessamento dell’osso sub con-drale.

L’imagingradiologico ha generalmente un ruolodi primo piano nello studio della cartilagine sia perquanto riguarda la diagnosi che la stadiazionedellelesione e per la valutazione a distanza del loro trat-tamento. Tuttavia le possibilità diagnostiche nellepiccole articolazione sono fortemente limitate perle ridotte dimensioni e la morfologia dei capi arti-colari. La radiologia tradizionale non consente divisualizzare la cartilagine, ma può fornire informa-zioni indirette.Mentre la RMN è il gold standard:nelle sequenze T1 e T2 con soppressione del tessu-to adiposo, è in grado di apprezzare le variazioni disegnale per individuare la condropatia iniziale. E’un esame accurato, sensibile e specifico per lo stu-dio della cartilagine. La RMN viene utilizzata perlo studio morfologico per la valutazione biochimicadel rigenerato.

OPZIONI DI TRATTAMENTO CON TECNICHE DI

MEDICINA RIGENERATIVA

Il trattamento della patologia cartilaginea puòessere mediante: stimolazione biofisica, viscosup-plementazione, utilizzo di fattori di crescita a origi-ne piastrinica, o chirurgico. Le diverse tecniche uti-lizzate trovano indicazione a seconda del danno ri-scontrato. La Stimolazione Biofisica Articolare èuna terapia che, utilizzando campi elettromagneticipulsati, previene la degenerazione della cartilagine.È dimostrato che la Stimolazione Biofisica prodot-ta dal sistema I-ONE (Igea) ha effetti anti-infiam-matori articolari, contribuisce alla riduzione del do-lore e ad accelerare il recupero funzionale dei pa-zienti con di lesioni di I o II sec. Outerbridge. Letecniche di viscosupplementazione utilizzano acidoialuronico a diversi pesi molecolari per via infiltra-

tiva. L’acido ialuronico ad alto peso molecolarecontribuisce ai meccanismi di lubrificazione dellacartilagine e la sua infiltrazione nel cavo articolareha anche lo scopo di ripristinare le proprietà visco-soelastiche del liquido sinoviale e di proteggere lacartilagine dalla penetrazione di cellule infiamma-torie o dagli enzimi litici. Studi di laboratorio han-no dimostrato che l’acido ialuronico a basso pesomolecolare stimola l’attività anabolica dei condro-citi (tramite i recettori CD44 ) verso la produzionedi nuova cartilagine e che si oppone a meccanismipotenzialmente dannosi (chemiotassi di alcune cel-lule dell’infiammazione, sintesi della prostaglandi-na PGE2, radicali liberi). Il ricorso a cicli infiltrati-vi è solitamente ben tollerato dal paziente e porta ariduzione significativa delle artralgie in pazienticon artropatia iniziale.

Le iniezioni di PRP sono una nuova tecnologiadi medicina rigenerativa che utilizza il plasma san-guigno che è stato arricchito con piastrine autolo-ghe (Abbreviazione: PRP), come una fonte con-centrata di diversi fattori di crescita e proteinebioattive (platelet-derived growth factor, insulin-like growth factor, transforming growth factor(TGF-β), epidermal growth factor, fibroblastgrowth factor e altri) che sono rilasciati per degra-nulazione dalle stesse piastrine. Lo scopo principa-le di iniezione del PRP è di attivare la cascata diguarigione fisiologica dei tessuti nelle lesioni carti-laginee croniche o accelerarla nel caso di lesioniacute, che porta alla formazione di nuovi condrocitie alla sintesi di collagene. I fattori determinantinell’efficacia di questi trattamenti sono correlati alnumero di piastrine utilizzate, che non dovrebbeessere inferiore a 1.2–2.0 x 109/mL, ed alla tecnicadi pro cessazione, che può alterare significativa-mente il contenuto di fattori di crescita. Cugat etal. hanno sviluppato la tecnica di isolamento speci-fico dei fattori di crescita piastrinici - platelet-richgrowth factors (PRGF)- ottenendo significativi ri-sultati nel trattamento di difetti condrali negli atle-ti.

Nishimoto et al. ha proposto una nuova tecnicache prevede l’uso combinato di PRP e cellule me-senchimali indifferenziate (dal midollo osseo) perimplementare il contenuto intra-articolare, non so-

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lo di fattori di crescita, ma anche di cellule “lavora-trici”, aprendo nuove frontiere alla medicina rige-nerativa. Il trattamento chirurgico delle lesionicondrali prevede due sottotipi di tecniche:-Inter-venti di stimolazione midollare quali perforazioni,microfratture, condroabrasioni; -interventi di sosti-tuzione della cartilagine biologica quali innestiosteocondrali, impianti di condrociti.

Particolare interesse riveste l’impiego di allograftosteocondrali, vere e proprie protesi biologiche. Lacartilagine trapiantata sopravvive e viene supporta-ta da osso sub condrale sottile che viene riabitatoda quello del ricevente. Utilizzata per diversi di-stretti articolari maggiori, non è esente da rischi ecomplicanze e rimane una metodica ancora da per-fezionare per l’applicazione nelle piccole articola-zioni. Lo sviluppo di scaffold iniettabili che possa-no aderire prontamente ed in modo stabile e con-sentire il trapianto di cellule mesenchimali nella se-de del difetto cartilagineo (Cartifill) apre nuove

possibilità di applicazione delle tecniche avanzatedi medicina rigenerativa anche nelle piccole artico-lazioni del polso. Per il momento i risultati sonoincoraggianti, sebbene attualmente non ci sianostudi prospettici randomizzati con lungo follow up.

BIBLIOGRAFIA

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SESSIONE 8: ESITO DELLE FRATTURE DI POLSO

Corrispondence: FT Giulia Guidi, Firenze - Tel. 055-213161 - E-mail: [email protected]

INTRODUZIONE

Gli esiti di frattura del polso, con dolore duranteil movimento e limitazione del range articolare,possono limitare lo svolgimento delle attività lavo-rative e della vita quotidiana del paziente.Il trattamento riabilitativo ha lo scopo di proteg-

gere e mantenere l’obiettivo chirurgico, ripristinan-do la massima funzionalità possibile, mantenendola stabilità e garantendo la riduzione o l’assenzadella sintomatologia algica.Quest’articolo illustra le modalità di riabilitazio-

ne in alcune procedure chirurgiche, escludendo latecnica di artrodesi dei 4 angoli e la resezione dellaprima filiera del carpo, affidate ad altri autori.

Artrodesi totale di polso

L’intervento di artrodesi totale consiste nella fu-sione delle articolazioni RC, MC e comunementedelle CMc 2,3, allo scopo di ottenere un polso sta-bile in buona posizione funzionale e non dolente.Il movimento di prono - supinazione deve sem-

pre essere conservato; in caso di esiti funzionali odolorosi a carico della RUD, questi vengono tratta-ti separatamente con tecniche chirurgiche che co-munque abbiano lo scopo di ripristinare il ROMfunzionale.L’artrodesi totale di polso è comunemente otte-

nuta con osteosintesi interna, mediante placche de-

dicate o, più raramente, con fissazione esterna. Lastabilità della sintesi consente l’utilizzazione precocedi tutori statici di sostegno del polso e la mobilizza-zione immediata delle dita. La prono-supinazioneva conservata o riabilitata con un programma riabi-litativo integrato, e definito in base alle eventualiprocedure chirurgiche che siano state associate.L’angolo di fusione è definito dal mezzo di sin-

tesi e in presenza di un polso controlaterale norma-le corrisponde ad una estensione di circa 15°. In ca-si complessi, ed in presenza di un consistente dan-no funzionale a carico della mano o del polso con-trolaterali, può essere indicato uno splinting tem-poraneo pre-operatorio allo scopo di definire conmiglior precisione l’angolo di artrodesi più utile peril paziente (attività quotidiane, igiene, uso di ap-poggi, attività lavorative) (1).Fino alla evidenza radiografica della fusione del-

le ossa del carpo, il trattamento riabilitativo consi-ste nel conservare l’escursione articolare massimadelle articolazioni non coinvolte controllandol’edema post-operatorio e mantenendo lo scorri-mento tendineo dei flessori e degli estensori delledita.A fusione ottenuta, il paziente deve essere riedu-

cato a prese e attività funzionali con nuovi schemidi movimento corretto.Tra le complicanze, è frequente osservare lo

strutturarsi di una limitazione del ROM articolaredelle metacarpo-falangee che il paziente tende a

Riv Chir Mano - Vol. 50 (2) 2013

TRATTAMENTO RIABILITATIVO NEGLI ESITI DELLEFRATTURE DI POLSO TRATTATE CHIRURGICAMENTE

G.GUIDI1, M. CERUSO2, S PFANNER2

1 Studio Guidi di Riabilitazione della Mano e Arto Superiore, Firenze2 S.O.D.C. Chirurgia della Mano e Microchirurgia, Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi, C.T.O., Firenze

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mantenere in flesso-estensione intermedia mentreeffettua le diverse prese utilizzando le sole PIP,DIP delle dita lunghe .Risulta dunque utile aggiungere al tutore statico

di polso una componente dinamica, con trazionielastiche o in nylon, o statico progressiva. La forzaapplicata deve essere avvertita dal paziente solo co-me una leggera tensione.Il tutore dinamico/statico - progressivo deve es-

sere indossato per almeno due ore due volte al gior-no.La cuffietta, nella quale è inserito un elastico o

nylon, è posizionata su F1, in modo che l‘elasticotrazioni in flessione le metacarpo-falangee. Il pa-ziente deve assecondare l’effetto dinamico del tuto-re senza eseguire altro esercizio dedicato.Sempre per incrementare la flessione delle meta-

carpo-falangee è utile eseguire gli esercizi di fles-sione delle metacarpo-falangee applicando tempo-raneamente piccoli tutori digitali che mantengonole interfalangee prossimali e distali estese.A fusione ottenuta è importante impostare un

lavoro globale per reimpostare il gesto, rinforzare lamuscolatura dell’arto superiore, scegliere movimen-ti di compenso alla mancata articolarità del polsoper riportare il paziente al lavoro e allo svolgimentodelle attività della vita quotidiana.

Artrodesi parziali

L’artrodesi parziale radio-scafo-lunata (RSL) èuna procedura di elezione in numerose condizionipatologiche, post traumatiche, degenerative o in-fiammatorie, che coinvolgono l’articolazione radiocarpica. L’obiettivo è l’eliminazione del dolore pre-servando parte della mobilità del polso secondo unasse fisiologico del movimento.Il trattamento riabilitativo consiste nel incre-

mentare gradi di movimento sfruttando la possibi-lità di mobilizzare precocemente la medio- carpica,proteggendo la stabilità del polso.La stecca gessata post-operatoria viene sostituita

alla rimozione delle suture chirurgiche con un tu-tore confezionato su misura; è frequente l’utilizza-zione di fili di Kirshner che costituiscono un ele-mento critico per il terapista nella confezione del

tutore e nella gestione igienica delle sedi di infis-sione percutanea durante la riabilitazione.A due/quattro settimane dall’intervento si ini-

ziano esercizi sotto la guida del fisioterapista, permobilizzare la medio-carpica permettendo l’escur-sione articolare su di un asse estensione-radializza-zione/flessione-ulnarizzazione del carpo, definitocome dart- throwing motion (DTM) (2, 3, 4.)Il terapista si adopera per la riduzione dell’ede-

ma e per il trattamento della cicatrice istruendo ilpaziente al riguardo dello scorrimento tendineo e almantenimento del ROM delle articolazioni noncoinvolte.A consolidazione avvenuta il trattamento riabili-

tativo consisterà nel recuperare la stabilità del polsoincrementando gradi di movimento con precociesercizi isometrici: la resistenza viene applicata ma-nualmente dal terapista che è in grado di dosarnel’entità e di scegliere i gradi nei quali posizionarel’articolazione durante l’esercizio (3).

Protesi di polso

In casi selezionati, e in presenza di precise ri-chieste funzionali, può essere presa in considerazio-ne la sostituzione protesica parziale o totale delpolso, ricorrendo ad impianti ad alta compatibilitàbiologica.A oggi non esiste un protocollo di riabilitazione

validato e la letteratura disponibile al riguardo è li-mitata. Riteniamo però importante che il terapistaconosca i diversi tipi di protesi, gli accessi e la tec-nica chirurgica, la stabilità ed il ROM intraopera-tori ottenuti, le possibili complicanze, le procedureeventualmente associate.Il trattamento riabilitativo in casi post-traumatici

va differenziato da quello applicato in soggetti affettida Artrite Reumatoide, patologia infiammatoriacronica a carattere progressivo, con disabilità signifi-cativa, dolore e instabilità, spesso associata a instabi-lità della RUD, deviazione ulnare delle metacarpo-falangee, deformità del pollice, problemi tendinei.Nei soggetti con esiti di frattura di polso il pro-

blema è monoarticolare, la qualità dell’osso è in ge-nere normale, non vi è un vissuto di dolore protat-tosi per molti anni.

TRATTAMENTO RIABILITATIVO NEGLI ESITI DELLE FRATTURE DI POLSO TRATTATE CHIRURGICAMENTE 295

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G. GUIDI, M. CERUSO, S. PFANNER296

L’intervento di emi-artroplastica o di sostituzio-ne totale ha come obiettivo quello di recuperare unrange articolare funzionale, un polso stabile e liberodal dolore.Il trattamento riabilitativo inizia precocemente;

la riabilitazione deve essere progettata individual-mente per restituire funzione alla mano e al polso.Sostituiamo la stecca gessata alla rimozione delle

suture chirurgiche, in quindicesima giornata, conun tutore in materiale termo - modellabile confe-zionato su misura con il polso a 15 gradi di esten-sione di polso e dita libere.Il paziente inizia la mobilizzazione attiva assisti-

ta in flesso - estensione con la guida del terapista,seguita da crioterapia.È importante ridurre l’edema e mantenere la mo-

bilità delle dita, con esercizi di scorrimento tendi-neo dei flessori e degli estensori delle dita con eser-cizi semplici. Nelle fasi successive ci avvaliamo diesercizi propriocettivi e della mirror therapy (5, 6).

MATERIALI E METODI

Tutti i pazienti sono stati valutati a sei mesi, a unanno e ogni anno successivo con il test di forza ese-guito con il Jamar test, il test di presa eseguito conil pinch test, il dolore con la scala analogica visivapre e post chirurgica (VAS), il R.O.M. attivo e unavalutazione della funzionalità pre e post chirurgicacon il PRWE. (Patient rated wrist evalutation) e ilquestionario DASH.

CONCLUSIONI

La comunicazione tra fisioterapista e chirurgo èsostanziale per il successo della riabilitazione fun-

zionale del paziente attraverso la chirurgia. Il trat-tamento è infatti da definirsi sempre, nel suo com-plesso, chirurgico-riabilitativo.La collaborazione tra le due figure è fondamenta-

le nel determinare il timing appropriato per le variefasi di trattamento; consente inoltre il raggiungi-mento e il mantenimento della massima funzionalitàpossibile per il tipo di intervento eseguito, garanten-do la stabilità articolare necessaria individuando lamassima ampiezza di movimento consentita. Ha in-fine lo scopo di ottenere non solo il recupero funzio-nale del polso, ma di tutto l’arto superiore nelloschema motorio utile per consentire lo svolgimentodelle attività della vita quotidiana e del lavoro.La letteratura scientifica è carente di articoli ine-

renti tale argomento riabilitativo.

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