5.1 algocrazia

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Algocrazia: il potere degli algoritmi (il software conta)

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Algocrazia: il potere degli algoritmi

(il software conta)

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Il sofware conta (Miconi, 2013)Il web non è culturalmente neutrale. La tecnologia crea dei frame: delle cornici che definiscono un campo di possibilità (nuove e più ampie), ma allo stesso tempo pongono seri limiti alle azioni.

Software come promotori (facilitano alcune pratiche, come l’intelligenza collettiva, il web collaborativo ecc.) e, allo stesso tempo, limitatori (software takes command - Manovich, 2010).

Le pratiche umane (nuove o vecchie che siano), una volta calate nello spazio digitale, vengono modellate e modificate dal nuovo ambiente, e sottoposte alla regolamentazione dei codici e dei software della rete.

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“Il codice è legge” (Lessing, 2006)Il Web è sfuggito a lungo alla regolamentazione giuridica (estensione globale VS normative nazionali, velocità tecnologie VS lentezza apparati regolatori), ma questo non lo rende un territorio vergine, libero da ogni forma di autorità e controllo, spalancato di fronte alla libera iniziativa degli individui.

Non è la legge a dominare sul Web, sono i codici informatici i veri strumenti di governo della rete.

I codici informatici determinano quello che le persone possono o non possono fare, diventano essi stessi una forma di regolamentazione (sono una sorta di “burocrazia” della rete).

Ma quando gli interessi commerciali determinano i codici e gli algoritmi, creano una sorta di “legge privatizzata”.

Norme giuridiche pubbliche VS algoritmi privati (e spesso segreti, o così complessi da agire sotto la soglia di consapevolezza degli utenti)

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“Il codice è legge” (Lessing, 2006)!

La partita decisiva per il futuro della rete si gioca sul controllo dei codici (informatici): dal momento che i codici esercitano un forte potere sui comportamenti umani, sarà decisivo il ruolo dei soggetti e dei gruppi sociali in grado di controllarli e modificarli.

Critica all’influenza sociale delle tecno-élite (Galloway, 2004): I protocolli tecnici, gli algoritmi e gli standard sono stabiliti da un’oligarchia di scienziati (e manager di imprese private) provenienti da una classe sociale piuttosto omogenea. Mentre la rete è usata ogni giorno da persone molto diverse tra loro, chi decide gli standard (le regole) è una piccola tecno-élite.

Necessità di una negoziazione sociale sulla messa a punto dei codici informatici.

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Estratto da 2024 (Radio24) del 5 luglio 2014

Facebook manipola le emozioni?

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Il punto di vista di Facebook

2006: Zuckerberg capisce che l’algoritmo che sta alla base di FB non riesce più a soddisfare le esigenze dei suoi utenti. Chi ha molti amici e mette parecchi like può trovarsi fino a 15 mila nuovi post da leggere. Una cifra enorme che rischia di mettere in difficoltà gli iscritti e di farli scappare verso altri lidi.

«Il nostro obiettivo è mostrare agli utenti ciò che gli interessa», spiega Mosseri (da 15.000 a 300 post per utente). «Vogliamo fare fatica al posto vostro. Quello che gli utenti vedono sulla loro bacheca è determinato dalle loro connessioni (amici e gruppi di appartenenza), dall’interazione con essi e con i contenuti». «La posizione nella bacheca dipende anche dalle mie abitudini, se mi guardo più spesso immagini o contenuti video». E’ chiaro poi che se un utente guarda spesso i post del New York Times, i contenuti di questo giornale avranno un punteggio più alto e dunque saranno meglio posizionati sulla timeline.

Ma News Feed non è rimasto immune dalle critiche. Molti non gradivano infatti che fosse Facebook a decidere cosa gli utenti dovessero vedere sulle loro bacheche.

Contenuti tratti da: Serafini M., “Facebook, parla Mister Algoritmo: ‘Così selezioniamo per voi’” 12/03/2015

Adam Mosseri (32 anni), alla guida del team di News Feed

“Se quello che vediamo sulle nostre bacheche ci piace o meno dipende da lui”