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     A      R      T      E      D      E      L      C      O      S      T      R      U      I      R      E 10 7 COST RUIREINLAT ERIZI O 50-51/96 Claudio Renato Fantone Una visione gioiosa della fede e una s pazialità fondata sulla liturgia, esplicitate attraverso il sapiente controllo del fenomeno luminoso, caratterizzano gli edifici religiosi di Gaudí. Grazie a un nuovo processo ideativo e al ricorso spregiudicato a forme di geometria non euclidea, egli afferma una concezione dello spazio basata sulla sintesi fra statica e plastica, impiegando abilmente gli s tessi materiali dei costruttori medievali, la pietra e il laterizio « L’ uom o senza rel i gi one è u n uo m o m eno- m ato sotto l asp ett o sp ir i tuale, un uo m o m util ato».( 1 ) Co n que st e parol e G audí - ri corda il suo b i ograf o B ergós - com m enta, att orno ai quarant’ ann i, qu and o è sem pre più coinvolto nell a progett azione e n ell e- secuzi on e del Tem pio dell a Sagr ada Familia, qu el periodo dell a propri a vit a, cir ca u na de cina d anni, caratt erizzato dal da nd ism o e d all indifferenza ve rso l a Chiesa e la reli gione. In q ue gli ann i difat ti egli preferisce l’ ele- gan za d egl i abit i , l a buo na tavola, i vini e i l tabac co ; am a cu rarsi ne ll asp etto e fre- qu entare i s alott i m on dani e i teatri ; è soli to presentarsi nel canti ere del Tem pio, dove è sub entr ato all età di 31 anni com e archit et- to nel la prosecuzi on e dei l avo ri , all a gu i da di una carrozza scope rt a da d ove, senza scend ere,dà disposizi on iagli op erai. Ep pu re sono fors e anche i com po rt a- m enti di queg li ann i a farci m egli o co m - prendere u n asp ett o d ell a personali tà del- l’ arti sta,che em erge rà in seguit o trasfi gu ra- t o nel senti m ento reli gioso: quel l o di po s- sedere un i m m agine gioi osa dell a v i t a e qu indi dell a fede. Q uesta è dif att i ciò che si avvert e q uan do ci si trova dinanzi al l a fac- ciat a d ell a N ati vit à d ell a ch iesa de l la Sacra Fam igl ia e, d’ alt ra pa rt e, un a atm osfera radiosa, il lum inata e i ll um inante si cogli e nell a p eno m bra co l orata dell a cri pta dell a col on i a G üell o durante un a funzi one ser a- l e n ell a catt edral e d i Pal m a d i M aiorca. Essi rappresen tano i t re capolavori del- l’ artist a nel cam po d ell’ arch it ettura sa cra, fr utto di un a m aturazione sia rel igi osa - all a qu ale contr i bu iscon o prel ati e personaggi di el evata spir i t uali t à che G aud í ha m od o di i nco ntr are - che professi on ale. In veri tà l’ arti sta si m ostra attrat to d al tem a dell architet tura sacra si n d a qu ando è st ud ente presso la Scuola Sup eri ore di Archit ett ura, com e ris ult a in p i ù passi nel M anoscrit to di Reu s” , uno dei pochi scrit ti au tografi dell arti sta com pil ato all’ età di diciott o ann i. Il testo rivela fra l’ altr o un o dei pri ncipali att eggiam enti del futuro architet to, ovvero l a vo lon tà e la necessit à d i t esti m on i arsi at t raver so un li ngu aggio m od erno. G aud í difatt i osserva crit icam en te il carattere pu ram ente archit etton i co e no n reli gioso che con t raddisti ng ue fr eq uen tem ente l e nu ove chiese; egli at t ri bu i sce tal e m ancan- za all a sem pli ce ri prod uzione d i f orm e m edieval i c he, pur se m aest ose, es pri m ono però solo la plasti cit à e la spir it uali tà degli uo m ini di unalt ra ep oca. L’ art e, second o il giovan e arti sta, de ve invece ide ntif icarsi, com e st rum ento di espressi on e, nel senti - m ento r el i gi oso contem po r aneo e n on i m po rs i i nve ce co m e sti l e (got i co). Il m anoscri t to conti ene nu m erose i ntui- zioni e considerazioni ci rca l uso crepusco - lar e d ell e ch iese; i m ateri ali ap pro priat i ne ll a co struz ione dell e singo le parti ; il si gn ifi cato sim bo l ico dell a cu po l a, l a su a i m po rt ante f un zi on e qu al e el em ento di il lum i nazione dell e p arti alt e, dei dipintie dell e vo l te noncdi i terazi on e str uttural e- spazi ale; l i m po rt anza d el deam bu l atori o; l’ au spicabile sem pli cit à dell’ altare e la sua l ocali zzazione i solat a e l eggerm ent e e l eva- ta; la presen za e la posi zione dei t ri fori e dell e tri bu ne; i l r appo rt o fr a geom etri a e orn am entazi on e; l a scult ura, l a p i tt ura e alt ri argom enti . Fra l e osservazi oni em ergono anche alcuni dei principi di que l l a co ncezion e organ i co-gerarchica che sarà prop ri a del - l’ arti sta e ch e rit roverem o ap pli cata n ell e op ere m at ure. Il gi ovane G audí aff erm a infat ti la necessit à di r eali zzare u na idon ea corri spo nd enza fra l involucro esterno del- l’ ed if icio reli gioso e il suo sp azio interno predi spon end o una conform azi one pir am i - dal e; ausp ica l a pi ena arm on ia f ra i l s i ste- m a costr utt i vo e l a rapp resentazi on e di idee reli giose ; r ileva il rapport o o li sti co fra l e part i i nterne di un a chi esa, s econ do cui la nava ta pri ncipale viene e salt ata dall a presen za d i quell e lat eral i così com e la grand ezza d i una cu po l a lo divi ene ri spett o all e vo lt e a b otte vici ne . A ltrov e m ostra con oscen ze archi t ett on i che com po si t i ve di no t evo l e m aturi qu and o sugg eri sce l a presenza di un p ort i co davantiagli i ngressi dell a ch iesa «al fi ne di reali zzare la con tr ap - po sizione fra una p art e piccola e bassa e un alt ra i nco m m ensu rabil e di grand issi m a altezza». ( 2 ) Sin dagli inizi de ll a carri era, quan do , com e si è accennato, G audí è pi ù an i m at o da interesse professionale che da fervida reli giosit à, no n m ancan o incarichi dicarat- tere sacro. L’ art is ta ha occasione d i prog et- tare el em en ti di arr edo li turgico e cap pe l le, anche di di scr ete di m ensi on i , com e ne l Palazzo Ep iscopale di Astor ga (1887-1893) o n el Coll egio de l l e Te resi ane (1888- 1894);( 3 ) i n segu i t o, con la m at urazi on e reli giosa e l’ afferm arsi de ll a fed e, arriva pe rf i no a i m m agi nare un edifi cio ci vil e, l a casa M i l á, com e m onu m ent o all a Vergi ne delRo sari o, santa protett ri ce d ell a propri e- t ari a e com m it t ente. All o scop o m odu l a infat tila facciat a com e fosse la m assa roc- ci osa d el passo d i Fr a’ G herau nell a catena de l M on ts errat (vici no B arcell on a) e i l grandi oso basam ento di un g ruppo scul t o- reo rapp resentant e la Vergine fra gl i Ang eli da po si zi onare sul coronam ento. ( 4 ) D urante q uel peri od o di cresci ta spir i t ua- l e viene o f f ert a a G aud í dal ves covo di M aiorca, Peré Cam pins, una i m po rt ante L’architettura religiosa di Gaudì 1. Nella pagina a fianco. Tempio della Sagrada Familia. Veduta della facciata della Natività con il triplice portale di ingresso e i relativi quattro campanili ( foto de ll’autore).

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Claudio Renato Fantone

Una visione gioiosa della fedee una spazialità fondata sullaliturgia, esplicitate attraversoil sapiente controllo delfenomeno luminoso,caratterizzano gli edifici

religiosi di Gaudí.Grazie a un nuovo processoideativo e al ricorsospregiudicato a forme digeometria non euclidea, egliaff erma una concezione dellospazio basata sulla sintesi f rastatica e plastica, impiegandoabilmente gli st essi materialidei costruttori medievali, lapietra e il laterizio

«L’uomo senza religione è u n uomo meno-mato sotto l’aspetto spirituale, un uomomutilato».(1) Con queste parole Gaudí -ricorda il suo biografo Bergós - comme nta,attorno ai quarant’anni, quando è semprepiù coinvolto nella progettazione e nell’e-secuzione del Tempio della Sagrada

Familia , quel periodo della propria vita,circa una decina d’anni, caratterizzato daldandismo e dall’indifferenza verso laChiesa e la religione.

In quegli anni difatti egli preferisce l’ele-ganza degli abiti, la buona tavola, i vini e iltabacco; ama curarsi nell’aspetto e fre-quentare i salotti mondani e i teatri; è solitopresentarsi nel cantiere del Tempio, dove èsubentrato all’età di 31 anni come architet-to nella prosecuzione dei lavori, alla guidadi una carrozza scoperta da dove, senzascendere, dà disposizioni agli operai.

Eppure sono forse anche i comporta-menti di quegli anni a farci meglio com-prendere un aspetto della personalità del-l’artista, che emergerà in seguito trasfigura-to nel sentimento religioso: quello di pos-sedere un’immagine gioiosa della vita equindi della fede. Questa è difatti ciò che siavverte quando ci si trova dinanzi alla fac-ciata della Natività della chiesa della SacraFamiglia e, d’altra parte, una atmosfera

radiosa, illuminata e illuminante si coglienella penombra colorata della cripta dellacolonia Güell o durante una funzione sera-le nella cattedrale di Palma d i Maiorca.

Essi rappresentano i tre capolavori del-l’artista nel campo dell’architettura sacra,frutto di una maturazione sia religiosa - allaquale contribuiscono prelati e personaggidi elevata spiritualità che Gaudí ha mododi incontrare - che professionale.

In verità l’artista si mostra attratto daltema dell’architettura sacra sin da quandoè studente presso la Scuola Superiore diArchitettura, come risulta in più passi nel“Manoscritto di Reus”, uno dei pochi scrittiautografi dell’artista compilato all’età didiciotto anni.

Il testo rivela fra l’altro uno dei principaliatteggiamenti del futuro architetto, ovverola volontà e la necessità di testimoniarsiattraverso un linguaggio moderno. Gaudí difatti osserva criticamente il carattere

puramente architettonico e non religiosoche contraddistingue frequentemente lenuove chiese; egli attribuisce tale mancan-za alla semplice riproduzione di formemedievali che, pur se maestose, esprimonoperò solo la plasticità e la spiritualità degliuomini di un’altra epoca. L’arte, secondo ilgiovane artista, deve invece identificarsi,come strumento di espressione, nel senti-mento religioso contemporaneo e nonimporsi invece come stile (gotico).

Il manoscritto contiene numzioni e con siderazioni circa l’ulare delle chiese; i materialinella costruzione delle singsignificato simbolico della cuimportante funzione quale illuminazione delle parti alte,

delle volte nonché di iterazionspaziale; l’importanza del del’auspicabile semplicità dell’allocalizzazione isolata e leggerta; la presenza e la posizionedelle tribune; il rapporto fra ornamentazione; la sculturaaltri argomenti.

Fra le osservazioni emeralcuni dei principi di que llaorganico-gerarchica che saràl’artista e che ritroveremo apopere mature. Il giovane Gainfatti la necessità di realizzarcorrispondenza fra l’involucrol’edificio religioso e il suo sppredisponendo una conformazdale; auspica la piena armonima costruttivo e la rappreseidee religiose; rileva il rappo rle parti interne di una chiesa,la navata principale viene epresenza di quelle laterali c

grandezza di una cupo la lo divalle volte a bo tte vicine. Alconoscenze architettoniche conotevole maturità quando supresenza di un portico davantdella chiesa «al fine di realizzarposizione fra una parte piccoun’altra incommensurabile dialtezza».(2)

Sin dagli inizi della carriecome si è accennato, Gaudí èda interesse professionale chreligiosità, non mancano incartere sacro. L’artista ha occasiotare elementi di arredo liturgicanche di discrete dimensionPalazzo Episcopale di Astorgao nel Collegio delle Teres1894);(3) in seguito, con la religiosa e l’affermarsi dellaperfino a immaginare un edificasa Milá, come monumento

del Rosario, santa protettrice dtaria e committente. Allo scinfatti la facciata come fosse lciosa del passo di Fra’Gheraudel Montserrat (vicino Barcgrandioso basamento di un grreo rapp resentante la Vergine da posizionare sul coronamen

Durante quel p eriodo di crele viene offerta a Gaudí dalMaiorca, Peré Campins, una

L’archit et tura religiosa di Ga

1. Nella pagina a fian co. Tempio della SagradaFamilia. Veduta della facciata della Natività con iltriplice portale di ingresso e i relativi quattrocampanili (foto d ell’autore).

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opportunità di affrontare le problematicheliturgiche: il restauro della cattedrale diPalma di Maiorca (1901-1914).

Anche in tale circostanza l’artista rivela ilsuo pragmatismo: anziché cercare normeutili al proprio lavoro ne i trattati di liturgia,egli preferisce trascorrere un anno osser-

vando e annotando imperfezioni e carenzenel cerimoniale delle funzioni vescovili -private così di significato - dovute all’erratadisposizione d ell’arredo liturgico.(5)

Quella di Gaudí risulta una vera e pro-pria restaurazione architettonica e liturgicacon cui viene ripristinata l’unità della nava-ta centrale, trasferendo cioè il presbiteriodal centro di questa (tradizione ibericaassai diffusa) allo spazio absidale, dove eraantecedentemente al 1330.

I suoi interventi sono motivati dall’inten-to di conseguire una libera visibilità dellospazio della navata, indirizzando la vistaprospettica verso l’altare e l’abside dellacattedrale, e, dal punto di vista liturgico, daquello di offrire maggiore spazio ai movi-menti dei sacerdoti officianti durante le

messi solenni e di disporre le cantorieprossime all’altare. Consegue tale obietti-vo, restituendo il naturale fondale allavisuale interna, con la riapertura dei fine-stroni dell’abside, l’eliminazione di unabalconata, che correva lungo il muro pre-sbiterale rompendone la verticalità, e di un

grande retablo gotico frapposto fra l’altaree la retrostante cattedra vescovile (che pre-cedentemente risultava inutilizzata).(6)Avanza infine il nuovo presbiterio, legger-mente rialzato, verso la navata, fino aiprimi pilastri.

Inoltre, per mantenere la ‘trasparenza’spaziale dell’impianto gotico e, al tempostesso, per focalizzare la fuga prospetticaverso l’abside, dove è il trono episcopale,Gaudí realizza una serie di mirabili compo-sizioni in ferro battuto: cinge le alte colon-ne della navata con anelli-candelabri postiad una altezza pari a quella degli schienalidel presbiterio, conseguendo pertanto unaimmaginaria continuità lineare; frapponefra presbiterio e navata una balaustrametallica insolitamente ‘aerea’, composta

da una serie d i candelabri fra loro concate-nati; sospende infine sopra l’altare, concavi di acciaio fissati alla volta, l’originalecomplesso del baldacchino e del lampada-rio a sette lati con lampade incastonate ependenti.

Gaudí integra abilmente il nuovo effetto

luminoso alla solenne spazialità della strut-tura gotica rivelando, come si è avutomodo di notare, una gioiosa interpretazio-ne della fede e dei suoi riti.

L’artista mostra di possedere una sor-prendente concezione spazio-temporaledell’edificio religioso - che sarà ancora piùevidente nelle realizzazioni future - secon-do cui le arti plastiche dello spazio sonoimmaginate congiunte alle azioni tempora-li rappresentate dalla voce del celebrante edei fedeli, dalla musica, dal canto e dallecampane, giacché secondo Gaud í «... Ilmovimento richiede spazio e temp o».(7)

L’architetto è consap evole che la proget-tazione delle chiese richiede, nell’ambitodella scelta fra impianto basilicale e centra-le, una attenta analisi di una serie di fattori

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che determinano vantaggi e difetti dellerispettive tipologie.

Negli edifici a pianta basilicale la circola-zione interna fortemente direzionale siaccompagna a un accentuato senso diprofondità spaziale, ma, nel contempo, diciò non ne trae beneficio la visibilità e l’a-

custica delle cerimonie religiose che nonrisultano altrettanto buone come lo sonoinvece nelle chiese a pianta centrale .Parimenti l’illuminazione, sia naturale cheartificiale, se da un lato può favorire omeno la visibilità e l’apprezzamento delledecorazioni murali, dall’altro essa ‘organiz-za’gerarchicamente e diversamente lo spa-zio interno e quindi risulta fondamentaleanalizzarne lo stretto rapporto con l’im-pianto strutturale.

Il problema della stabilità ha semprecaratterizzato la storia de ll’architettura deitempli, giacché essi devono rappresentarel’eternità del sacro e, quindi, essere digrandi dimensioni e du raturi.

E’ notorio che la ricerca statica in taleambito ha assunto maggiore rilevanza

allorché le funzioni religiose e i fedeli, chead esse partecipavano, si sono spostati dal-l’esterno all’interno d egli edifici. Così allasala ipostila greca ed egizia, ‘occupata’ dauna gran quantità di colonne e con travilignee o di pietra di luci modeste, si è pas-sati all’ambiente voltato del vicino oriente.

L’evoluzione successiva e costante dellestrutture ha visto il lento passaggio dall’in-volucro di muratura massiccia dell’architet-tura bizantina e romanica a quello ampia-mente traforato e luminoso di quella goti-ca, dove il sostegno delle pesanti volte dicopertura viene risolto mediante archi ram-panti ed espansioni murarie esterne.

Le problematiche sopra accennate sononote all’architetto catalano che dopoimportanti esperienze professionali ha pro-babilmente già maturato alcune convinzio-ni su strumenti e modalità ideative al finedi pervenire a quella sintesi fra finalitàliturgiche, concezione plastico-spaziale esistema strutturale, che egli ritiene qualitàfondamentali nella costruzione di un tem-pio. Gli occorre un banco di prova e lo

trova nel progetto della chiesnia operaia di Santa Coloma, ctagli dal conte Güell.

Il principale obiettivo delladiana, che impegnerà l’artisdieci anni, dal 1898 al 1908,superamento dell’impianto

chiesa gotica eliminando coarchi rampanti esterni e ricorred elementi strutturali tali da ale sollecitazioni, di sola comprl’ambito interno all’edificiomotivo intende impiegare sopietre, gli stessi materiali demedievali.

Si è già avuto modo, insaggi,(8) di soffermarci sul sindo ideativo dell’architetto catsu un m odello tridimensionaldicelle e di pesi fissato al soffratorio - rappresentante lo schvolto in forma stereostatica deedilizio - che viene successivgrafato e impiegato come baseindagini plastico-strutturali.

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7. Cattedrale di Palma di Maiorca. Vdella navata centrale. Si noti il raffindei candelabri che cingon o le colonnbaldacchino sospeso sopra l’altare nelmaestoso spazio medievale. Il grande

 pend ente da lla copertu ra è della metàed era posto nel presbiterio prima dellgaudian a (fonte: “Catedral de Mallorde Oro S.A., 1993).

2. Tempio della Sagrada Familia. Sezionelongitudinale della chiesa (da I.Puig Boada, ElTemplo de la Sagrada Familia, ed. de Nuevo ArteThor, Barcellona, 6ª edizione 1986).

3. Tempio della Sagrada Familia. Pianta dellasimbologia corrispondente alle strutture di coperturadella chiesa (da I.Puig Boada, El Templo de laSagrada Familia, ed. de Nuevo Arte Thor,

 Barcellon a, 6ª ediz ione 1 986) .4. Tempio della Sagrada Familia. Veduta d al bassodel plastico delle navate con le colonne arboriformi ele volte di copertura di form a paraboloide-iperbolica(foto d ell’autore).

5. Cattedrale di Palma di Maiorca. Il baldacchino elampadario sospeso sopra l’altare median te cavi diacciaio fissati alla volta della navata (d a I. de Solá-

 Morales, Gau dí, ed. Poligrafa, Barcellon a 198 3; foto:F.Catalá-Roca).6. Cattedrale di Palma di Maiorca. Particolare deicandelabri di ferro che cingono le colonne (fotodell’autore).

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Ma è opportuno ricordare come perGaudí il puro aspetto meccanico nondebba imporsi su quello plastico. Infatti ledifferenze riscontrabili fra le linee delmodello e la sola parte costruita, la cripta,lasciano ipotizzare che anche il modellofunicolare rappresenti solo una fase preli-minare di studio necessaria a sviluppareuna intuizione iniziale che ha bisogno diun supporto tridimensionale in grado dievidenziare il comportamento statico.

Inoltre, occorre tenere presente che lacripta costituisce, nell’ambito del progettoglobale, l’attacco a terra d ella chiesa, per dipiù in presenza di un terreno in pendenza;come tale essa rappresenta un elemento dimediazione che opportunamente Gaudí ritiene di trattare in modo particolare, pre-sumibilmente ‘forzando’ in alcuni punti lemere necessità strutturali a vantaggio diuna maggiore espressività degli elementie/o dell’intera parte e per integrare l’interaopera al territorio adiacente.

Così, infatti, il maestro catalano descrivel’inserimento pae saggistico: «Una combina-zione di laterizi ricotti e un conglomeratodi scorie e di piriti conferisce alle partiinferiori il tono esatto d el terreno sabbioso;verso l’alto il grigio diventa più argenteo esimile al colore del tronco dei pini che cir-

condano l’edificio; più in alto ci sarebbe rostati i verdi, i violetti e gli azzurri, costituitida materiali vetriati, che si armonizzanocon le chiome degli alberi, con le cime chechiudono l’orizzonte e infine con ilcielo ».(9)

Nella planimetria generale dell’insedia-mento operaio, la chiesa risulta infatti col-locata ai margini dello stesso, su una colli-netta circondata da un boschetto, e le sueguglie si sarebbero potute intravvedere frale chiome dei pini circostanti, mentre unavisione globale sarebbe stata forse possibi-le solo da alcuni punti di vista particolari.

L’approccio alla chiesa superiore risulta

graduale, ‘rallentato’ mediante la disposi-zione della scalinata di accesso, suddivisain rampanti in modo da determinare uningresso quasi ‘tangenziale’ (essa costitui-sce al tempo stesso la copertura del porticoantistante la cripta). Al termine del percor-so, attraversato il modesto sagrato, ci sitrova dinanzi al vasto spazio della navatacentrale , coperto da un susseguirsi d i

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cupole e ‘circondato’ dalle semi-cupoledelle navate laterali e dalla serie di volte edi pareti perimetrali inclinate che seguonoil movimentato contorno planimetrico.L’interno viene così modulato d alle diverseespansioni orizzontali e verticali dellesuperfici murarie rischiarate dalla luce p ro-veniente dalle numerose aperture varia-mente distribuite.(10) Lo spazio interno

risulta quindi, data la snellezza delle colon-ne con le loro ramificazioni, estremamente‘trasparente’ da consentire al fedele unanotevole visibilità interna.

E’il risultato di una mirabile combinazio-ne di uno schema centralizzato, costituitoda una pianta ovaloide e un alzato informa conica - conseguenza logica dellageometria statica imposta dal modello funi-

colare - con uno schema di tipsoprattutto per il sistema di co

Circa l’aspetto luminoso dconosce dai biografi quantofosse per Gaudí il problema dzione delle chiese. Sul tema egsoffermato con le sue condichiarando di non prediligerzione centrale perché genera larità e quindi monotonia; soche «la luce nei templi devequella indispensabile e non din una chiesa si ha bisogno di to e le fonti di luce troppo pogono e trasme ttono agitAmmette l’impiego dell’illumitrica, considerando errata l’idescarsa favorisca la de vozione concetto che «la luce deve e sstroppa né poca, giacché sia l’uaccecano; si deve avere luce suseguire con il messale e partemente al sacrificio».(13)

A tal proposito la scelta planca e l’orientamento dell’edificmaggiore dell’ovale secondonord-sud, lasciano immaginarnazione discontinua ma estesvamente variata dal mattino grazie alla presenza tutt’attorn

ni laterali e di oculi disposti lusta delle cup ole. La luce così fbe rischiarato le superfici mucate.(14)

L’inserimento dell’organismsembra rinforzare l’idea an

10. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Particolaredell’innesto d elle volte paraboloidi iperboliche incotto su una colonna inclinata (foto dell’autore).11. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Vedutainterna del portico (foto dell’autore).

8. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Particolaredella struttura in mu ratura dell’involucro dentellatocostituita da filari di laterizio norma le e a cotturadura d isposti nelle zone meccanicamente sollecitatee da pietre irregolari nerastre nelle zon e pressocché ‘scariche’(foto dell’autore).9. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Vedutadell’involucro esterno con le caratteristiche aperturedi aspetto antropomorfo (foto dell’autore).

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luogo sacro prescelto; l’involucro dentella-to della cripta, adagiata e interrata neldeclivio leggero del terreno, grazie ancheal largo impiego dell’argilla cotta, sembraavervi fatto parte da sempre. I laterizimischiati al pietrame nerastro che formanole superfici speronate, le colonne inclinatedel portico, di basalto o di pietre o di mat-toni speciali, che si protendono, nervose, asostenere membrane iperboloidi di cotto,contribuiscono insieme sia a risolvere l’a-spetto statico, sia a realizzare una ottimaleintegrazione visiva con l’ambiente circo-stante.

La cripta risulta suddivisa funzionalmen-te in tre zone, disposte in sequenza lungol’asse maggiore dell’ovale: il po rtico ante-riore, ambiente di sosta riparato, lo spaziodedicato al culto, con l’altare principale e ibanchi disposti a raggiera intorno adesso,(15) e l’area presbiterale del coro,disposto su un livello più alto e, pertanto,con altezza pressoché dimezzata rispetto aquella della cripta, seguita dagli ambientidi servizio, la sagrestia, magazzini, ecc.disposti sul retro.

Gaudí ripropone anche all’interno unpercorso avvolgente, che si svolge anular-mente dall’ingresso al coro e agli ambienti

di servizio, secondo un insolito ritmo carat-terizzato dalle pieghe della sup erficiemuraria dell’involucro, dalle cortecce arbo-ree dei pilastri inclinati, dalle costole delsoffitto variamente curvate e orientate edalla sequenza delle caratteristiche apertu-re antropomorfe.

Lo spazio unitario viene così frantumatoattraverso l’esperienza percettiva e tattilenel cui ambito la luce gioca un ruolo assaisignificativo contribuendo a conferireall’ambiente quella atmosfera raccolta maal tempo stesso serena e gaia tanto cara aGaudí.

La luce colorata proviene da una serie diaperture romboidali (sono complessiva-mente 22, e di dimensioni differenti) che sisusseguono lungo il contorno dello spaziocriptale attaccate fra loro come anelli diuna catena. Le vetrate variopinte, con ilsegno della croce con braccia curvilinee edelementi petaliformi ad essa frapposti, fil-trano una varietà di tonalità luminose:ocra, verde, sabbia, giallo, celeste, azzurro,rosso.(16)

La loro posizione sulla parete - la loroaltezza da terra va dai 3,00 ai 3,70m circa,mentre le punte sono quasi a filo con ilsoffitto - e la loro distribuzione garantisco-

no una quantità di luce pressoché unifor-me lungo l’arco della giornata senza peròinterferire con il passaggio del fedele e riu-scendo a rischiarare mirabilmente le tessi-ture laterizie della struttura di copertura.

Le aperture all’esterno sono dotate divisiere parapioggia decorate nell’intrados-so con mosaici di pezzi di ceramica multi-colore e sono completate da particolarigrate di protezione ottenute con aghi discarto provenienti dalla fabbrica tessiledella colonia, sagomati e disposti secondoun disegno a maglia triangolare.

La gamma di forme, di superfici, di trameimpiegate sembrano dunque confermareche Gaudí nel passare dai fili del modellofunicolare alla materia laterizia e lapideaabbia piuttosto preferito esaltare l’espressi-vità plastica della seconda.

Analoga posizione l’artista manifesta ne lrisolvere l’impianto definitivo del Tempiodella Sagrada Familia che dovrà sembrareun ‘bosco di pietra’, dove ciascun elemen-to architettonico verrà valorizzato median-te la sua correlazione con le leggi dellaliturgia. Gaudí ne studia ogni asp etto e par-ticolare: la posizione del p resbiterio, quelladell’altare, delle cantorie e delle sacrestie,ma anche l’acustica degli spazi interni e la

qualità della luce. Per questo motivo egliprevede nel Tempio l’impiego di mo lteplicisuperfici diffondenti risolte geometrica-mente con p araboloidi iperbolici che costi-tuiranno le forme delle volte delle navate edelle aperture delle finestre. Grazie a essesi otterranno una varietà di sfumature lumi-nose che daranno al fedele l’impressionereale di trovarsi all’interno di un bosco.(17)

La sensazione è dovuta anche all’impie-go di una struttura interna portante ‘arbo-rescente’ costituita da colonne dal profilostellato e scanalato secondo un doppio eopposto moto elicoidale. Il sistema consi-ste nel raccogliere direttamente le sollecita-zioni provenienti dai centri di gravità dellemasse delle coperture, nello scomporle,tramite ramificazioni, in una serie di suc-cessivi elementi sostenenti localizzati einclinati secondo le risultanti delle p ressio-ni. Ciò consente di poter ridurre la sezionedegli stessi in relazione alla resistenza delmateriale da impiegarsi nell’elementocostruttivo e, al tempo stesso, di ottenerel’indipendenza me ccanica di c iascunacolonna che sostiene la sua parte di coper-tura allo stesso modo di un tronco d’alberorispetto al fogliame sostenuto dai rami. Intal modo l’architetto riesce anche a svinco-

lare quasi totalmente le pareti esterne dallafunzione portante delle coperture dellenavate, consentendo alle stesse di poteressere largamente traforate.

Ciò che più affascina del progetto delTempio rimane la convinzione dell’artistache il futuro edificio religioso debba rap-presentare la ‘risposta’a un ambizioso pro-gramma spirituale e liturgico e i modi concui egli riesce a concretizzarlo.

Gaudí intende attribuire alla costruzionestessa una funzione d idattica della dottrinacristiana, facendo corrispondere ciascunelemento architettonico a un simbolo reli-gioso, sempre seguendo una gerarchia cherisultasse in accordo con quella strutturalee costruttiva del Tempio. Così le quattrogrosse colonne che sostengono il tiburioindicano i quattro evangelisti, Giovanni,Luca, Marco e Matteo; le dodici colonneche le attorniano rappresentano gli aposto-li, mentre le altre colonne onorano le dio-cesi e le arcidiocesi spagnole. In modoanalogo gli stessi corpi che caratterizzanol’involucro esterno hanno il loro significatosimbolico e gerarchico: l’alta copertura deltiburio rappresenterà il Cristo, quelle limi-trofe i quattro evangelisti, la cupola del-l’abside è dedicata alla Vergine Maria, le

lanterne delle cappelle radialidatori, i dodici campanili, di cula chiesa, agli apostoli e altri an

A tal proposito riferisce Beincontrato una sera l’artistadavanti al tavolo dello scritquadernetto aperto , mostesclamò : «Vedi? In questa p agidottrina cristiana. E, inveroBergós -, era un quadro sinotarrivava a riempire la paginamerati e ingegnosamente relaconcetti fondamentali: le Tre PTrinità, in corrispondenza conteologali e con i tre primi Comsette Sacramenti in relazionerichieste del Paternostro; i settcreazione e i sette Comandalegge mosaica riguardanti ilsette doni dello spirito santo,virtù capitali e i sette peccatsette opere spirituali di Miserfrontate con le sette corporalini che si contraccambiano conne dei frutti dello spirito Santdel credo gerarchizzate sinottmaniera simile, in altre pagannotazioni di iconografia e connessioni fra Antico e Nuov

14.15. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Cementoe laterizio sono abilmente combinati a formarestrutture dalle insolite trame; le superfici,differentemente reattive alla luce sia natu rale cheartificiale, realizzano origina li effetti chiaroscurali(foto d ell’autore).

12. Cripta di San ta Coloma de Cervelló (o dellacolonia Güell). Veduta interna della scala di accessoal coro e di alcun e particolari strutture di sostegnodella copeertura realizz ate con ma ttoni speciali (fotodell’autore).13. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Vedutainterna d elle navate circolari concentriche (fotodell’autore).

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e una sorta di diagrammi delle diversetappe dell’Anno Liturgico, con un a selezio-ne delle scene e dei testi che lo caratteriz-zano. Tutto questo accompagnato da mol-teplici indicazioni relative alla loro rapp re-sentazio ne plastica...».(19)

Nella distribuzione degli elementi Gaudí si basa sulle necessità liturgiche, soprattut-to quelle relative alle cerimonie solennidove la visibilità della celebrazione delculto, sia dalle navate che dalle gallerie, èparticolarmente importante. L’impiantofinale dell’edificio è d i tipo b asilicale acroce latina composta di cinque navatelongitudinali di 45 metri di lunghezza e daun transetto di tre navate largo complessi-vamente 30 metri; in totale è prevista unacapienza di oltre quattordicimila fedeli ingrado di stare comodamente seduti. Suciascuna testata della croce sono collocatii tre ingressi dedicati rispettivamente allaCarità, quello centrale, alla Fede e allaSperanza, quelli laterali. Le tre rispettivefacciate sono progettate in maniera auto-noma e diversa l’una dall’altra ma inaccordo con i temi dell’iconografia cristia-na: la facciata orientata al sole nascente èdedicata alla nascita, all’infanzia di Gesù eal mistero dell’Incarnazione; quella princi-pale della Gloria, orientata al mezzogior-

no, intende ricordare l’evangelizzazione diGesù Cristo; quella a ponente rappresentala Passione, la Morte e la Resurrezione delRedentore.

Inoltre l’intero organismo è circondato eisolato dai rumori della strada da uno spa-zio porticato ove poter recitare il rosario inprocessione.

L’aspetto p iù rilevante della qualità spa-ziale interna è rappresentato dalla modula-zione verticale che accompagna l’osservan-te (dalla dilatazione sotto al portico esternoalla compressione sotto le tribune postesopra l’ingresso) nel suo percorso di avvi-cinamento fino a trovarsi nell’ampioambiente della navata che si concludenella volta dell’abside e del tiburio, mira-bilmente congiunte, così da consentirgli dipercepire l’unità del tempio. Questa risultala grande abilità dell’architetto catalano:egli riesce, mediante la limitata lunghezzadelle navate fino al transetto, a coniugarele positive peculiarità liturgiche dell’im-pianto basilicale con quelle visive degliimpianti centrali.

La gerarchia spaziale e simbolica internatrova riscontro anche all’esterno attraversouno straordinario gioco dei volumi e la stu-diata dimensione e disposizione delle raffi-gurazioni scultoree proprie del culto cri-stiano.

Le masse vengono ‘distribuite’seco ndoun crescente ritmo ascensionale e secondo

un’organizzazione corale che vede lungo ilati delle navate il progressivo succedersiin altezza dei frontoni delle facciate, men-tre i campanili inglobati ai p ortali di ingres-so con le dorate cuspidi che ora si staglia-no isolate nel cielo, annunciano quellemolto più alte che dovranno sorgere alleloro spalle secondo la consueta gerarchiastrutturale e simbolica: la copertura deltiburio con i suoi 170 metri di altezza, quel-le che lo contornano e che ad essa sarannocollegate con ponticelli saranno alte 130metri, mentre quella absidale sarà di 140metri.

Si comprende ora meglio cosa intendes-se Gaudí ne l dire che «la storia dell’architet-tura è la storia de l tempio».(20)

In merito al futuro dell’opera conoscia-mo le intenzioni dell’architetto quandoafferma che «non è possibile ed ificare iltempio nell’arco di una sola generazione;lasciamo, quindi, una vigorosa testimo-nianza del no stro passaggio, affinché legenerazioni che verranno sentano lo sti-molo per fare altrettanto; e d’altro cantonoi non ci vincoleremo per il resto dell’o-pera».(21)

Gaudí ha trascorso gran parte della vitalavorando alla costruzione del Tempio,arrivando a sacrificarsi per e sso, rifiutando

ogni compenso, e perfino a chiedere l’ele-mosina al fine di ricavare fondi per la pro-secuzione dei lavori. L’artista ha concepitoil Tempio quale monumento non alla pro-

pria persona, come purtroppo ritengonooggi alcuni studiosi e critici, ma alla FedeCristiana.

Questo aspetto dovrebbe aiutare a capire

quale sia lo spirito strutturante di una catte-drale che permane al di là degli uominiche la costruiscono. Ad esso partecipanonon solo l’impostazione strutturale, ma

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anche l’insieme dei percorsi liturgici, lerelazioni e la gerarchia fra le parti, l’intimosignificato degli elementi; essi imprimonovitalità imperitura all’intero organismo.

L’unità del complesso ne garantisce lasopravvivenza: tutto ciò - e non ci sembrapoco - il maestro catalano ha inteso lascia-re alle future generazioni di architetti.

Note bibliografiche

(1) J.Bergós Massó, Gaudí, el hombre y la obra ,Universidad politecnica de Barcelona, 2ª edizione,Barcellona 1974.( 2) I.Puig Boada,  El pen sa me n t de Ga u dí , ed.C.O.A.C. Barcellona 1981, pagg. 39 e 46. Il libro ch econtiene scritti e p ensieri dell’architetto catalano rac-colti dai suoi collaboratori è stato recentemente pub-blicato in edizione italiana a cura di Maria AntoniettaCrippa con il titolo “Antoni Gaudí, id ee per l’archi-

tettura”, editore Jaca Book, Milano 1995.(3) Gaudí aveva elaborato, a detta dei biografi cheebbero occasione di vederlo, un interessante proget-to di una chiesa da collocarsi nel corpo centrale delcollegio Teresiano. L’architetto però non lo portò at e rmi ne perché non condi vi deva l a dec i si onedell’Ordine monastico di Santa Teresa del Gesù direalizzare una capp ella privata e pertanto non acces-sibile dalla strada.(4) Il gruppo da eseguire in pietra, metallo dorato ecristallo, non venne realizzato per i timori dei pro-prietari che, allo scopp iare dei moti antireligiosi cheebbero luogo nel luglio del 1909, decisero di nonattuare il simbolismo mariano voluto d a Gaudí.(5) Cfr. J.Bergós Massó, op. cit. pag. 47.(6) Nell’esecuzione delle relative vetrate l’artistaricorre ad un originale metodo di sovrappo sizione dipezzi di pasta vitrea nei tre co lori primari e di diffe-rente spessore - talvolta con l’aggiunta di uno neutro- ottenendo co sì una varietà di sfumature.(7) Brano di Gaud í riportato in I.Puig Boada, op. cit.

n° 163, pag. 143.(8) I temi generali del pensiero gaudiano, dell’ap-

proccio ideativo e delle tecnologie costruttive adot-tate in prevalenza d all’architetto catalano, sono statiaffrontati dall’autore nei due saggi pubb licati suCostruire in laterizio, n°24, nov-dic 1991,  An ton i

Gaudí: tradizione e innovazione nell

 zio , e n°25, gen-feb 1992,  Ant oni G

laterizio dal piano allo spazio.

(9) Brano di Gaudí riportato su J.Berg88.(10) A tal proposito una più p articoldescrizione della chiesa superiore ciBoada nel suo studio, L’esglesia de la

ed. Lumen, Barcellona, 1976.(11) Racconta I.Puig Boada di aver una sera nel cantiere del TempioFamilia così proferire: «noi abbiamo tettura ladd ove l’ha lasciata lo stile bBoada, op. cit., pag. 53.(12) Brano di Gaudí riportato su I.

 pensa men t de Ga ud í, n°103 pag. 119(13) Brano di Gaud í riportato su J.pag. 47.(14) Cfr. J. Tomlow,  Da s M ode ll, A

 Ha n gem od ell u nd sei n e Rek on

Universität Stuttgart, Stuttgart, 1989, (15) Anche i banchi biposto sono staGaudí; hanno un telaio in ferro batspalliera in legno di ro vere. Il retro dattrezzato a leggio mentre l’inginocctuito da una tavola di legno ribaltabiverticale, per evitare il depositarsiRiferisce Bergós che la sagoma ad astata scelta al fine di rend ere scomodparlare fra i fedeli (J.Bergós, op.cit., p(16) Le vetrate attuali non so no qu ellfurono dan neggiate durante i disordistate dapprima sostituite con altre dinel 1980 nuovamente con vetrate a fu

(17) Nelle volte è prevista anche l’inluce artificiale, con lampade costituialabastro sistemate nei fori circolaridi.(18) Per una più dettagliata descriziologia presente nel Tempio, si vedan oBoada,  El Tem plo de la Sagr ad a F

Nuevo Arte Thor, Barcellona, 6ª edBergós, op. cit., e di J.F.Rafols, Gau

Barcellona, 1929.(19) J.Bergós Massó, op. cit., pag. 113(20) Brano di Gaud í riportato su J.pag. 107.(21) Brano di GaudÌ riportato su I.Templo de la Sagrada Familia , pagriferiscono che egli era consapevollui a terminare l’opera e di non provper questo. Difatti dopo aver realizzapar t e de l c laustrum perimetrale Rosario egli dichiara: «... ho fatto solouna piccola parte del claustrum in mfuturo abbiano un’idea di come lonuare. Già so che il gusto personaleche mi succederanno influirà nell’openon mi dispiace: trovo ancora che n

tempio. Accentuerà la varietà dei tenità del piano generale. I templi hataggio: dato che il loro programma possono concepire al lungo termine senza che le necessità varino, e i nuointerverranno con i l tempo e ancharchitettonici doneranno maggiore echezza monume ntale al l’insieme. non sono mai stat i opera di un s(Brano di Gaudí riportato su I.Puig Bment de Gaudí , n°342 pag. 193).

18. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Particolareillustrante l’insolita apertura di una finestra; glielementi inferiori si aprono a bilico diagon ale inmodo assai su ggestivo facendoli somigliare alle alimulticolori di una farfalla (foto dell’autore).19. Cripta di Santa Coloma d e Cervelló. Pianta esezione longitudin ale (da I.Puig Boada, L’esglesiade la Colonia Güell, ed. Lumen, Barcellona, 1976).

16. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Vedutadella tessitura laterizia dell’intradosso della voltasopra l’altare e della struttura di sostegno dimontan ti e archi di mattoni speciali che delimita la

 zon a del cor o (foto d ell’autore).

17. Cripta di San ta Coloma de Cervelló. Sezionetrasversale (metà) e lon gitudinale d ella chiesasuperiore (esclusa la cripta) secondo laricostruzione di Jos Tomlow (da J. Tomlow, Das

 Modell, Ant oni Ga udí s Hangem odell un d sein e Rekonstru ktion , ILUni versität Stu ttgart, Stu ttgart,1989).

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      A      R      T

      E      D      E      L      C      O      S      T      R

      U      I      R      E

Mariano Ranisi

Due chiese romane, concepitenegli anni tra le due guerre,legate dal filo sott ile dellinguaggio “ novecento” , nelquale i due progettisti siriconobbero, ma che esprimono

due concezioni aff atto diversedello spazio architettonico: dauna parte costrut ti e atmosfereanticlassici, dall’altra unriaff ondare nella storia, nelmisticismo tardo antico

Delineatosi e scoloritosi nel breve volgeredi due decenni, il linguaggio architettonico“novecento” ha avuto, in Italia, due grandiprotagonisti: Marcello Piacentini eGiovanni Muzio. Mentre al primo è da rico-noscere, nel periodo tra le due guerre, l’as-soluto protagonismo nelle vicende archi-tettoniche italiane, al secondo è ascrivibilela paternità di tale movimento con quellapalazzina milanese, la Ca’Brutta, che sem-bra velare, con la negatività dell’espressio-ne letterale che la distingue, la fortuna diuna poetica che ebbe comunque il meritodi coniare anche momenti di buo na qualitàspaziale - dove spesso si percepisce unabellezza gelida, talvolta scostante ma inaltri casi ammaliante - nelle vesti di un lin-guaggio che assunse una propria autono-mia figurativa, ottenuta con un processo dispoliazione della forma classica teso alconseguimento di una improbabile forma“pura”.

Nel confronto di due opere di rilievo - ilCristo Re, di Marcello Piacentini, e SantaMaria Mediatrice, di Giovanni Muzio - attri-buibili per molti aspetti a tale poetica, inprimo luogo perché i loro autori ne erano iprincipali interpreti, si rinvengono elemen-ti di giudizio per affermare che nell’archi-tettura sacra il movimento “novecento”

produsse testimonianze di un certo interes-se, degne di essere ricordate dalla storio-grafia architettonica.

La chiesa di Cristo Re, che apre il suofronte principale su viale Mazzini, a Roma,viene consacrata al culto religioso, nel1934, dopo lunghe vicissitudini progettuali,dovute al ripensamento delle scelte lingui-stiche che dalla soluzione iniziale, inclinead una versione eclettico-storicista, pervie-ne, infine, a quella adottata, mediatrice diistanze moderne tra accenti europeisti - rin-venibili negli esterni - ed ap parati morfolo-gici, di gusto Novecento, che definiscono laparticolare spazialità dell’interno.(1)

Impostata su uno schema planimetricoche, secondo la stessa attestazione diPiacentini(2), è una riduzione dei secolaricaratteri tipologici della pianta latina e diquella a croce greca, la fabbrica del CristoRe dispone, dopo un’antenavata con ai laticelle tripartite, di un’ampia aula, sovrastata,alla intersezione degli assi principali, da u nluminoso tamburo chiuso da una calotta ilcui tipo si ripropone su un anello ciecoappoggiato sul catino d ell’abside, sulla ver-ticale dell’altare. L’atmosfera spaziale del-l’interno - dovuta ad una partitura di pos-senti membrature tendenti alla verticalità,peraltro inedite nella concezione e propo-ste secondo i modi dell’ordine gigante -risente delle percezioni provate con lavisione degli esterni dove la forte espres-

sione della tessitura laterizia - di chiarainfluenza esterofila, d’altronde giustificatanelle nebbiose atmosfere nordiche - indu-ce nel visitatore, aduso ad una iconografiareligiosa tradizionale, una inquieta curio-sità che si acqueta nel compiacimento inte-riore provato con l’addentrarsi nell’interno,nel confronto con l’insolito eloquio delleparti la cui riconoscibilità sembra affidataal solo colore.(3)

Più tardi, dopo un lungo periodo digestazione del cantiere - aperto nel 1942 econcluso nel 1950 - sorge a Roma, sul colledel Gelsomino, il complesso della CasaGeneralizia dei Francescani - con annessachiesa di Santa Maria Mediatrice - in uncontesto paesistico che permette, dal piaz-zale antistante il fronte principale dellaCuria , una eccezionale veduta dellaCapitale, con in primo piano la Città delVaticano. L’organismo - che comprende, inmodo unitario, tre distinte funzioni: sedegenerale dell’Ordine dei Francescani, ilconvento e la chiesa - è articolato lungo unasse longitudinale in una disposizione pla-nimetrica, piuttosto macchinosa nella con-cezione, che risponde peraltro ad una pre-cisa simbologia.(4) La chiesa dispone diuna pianta particolare composta da duegrandi aule, separate da una possente volta

a botte racchiudente l’arco trionfale conl’altare; la prima aula, dall’invaso ottagona-le sovrastato da una lucente cupola, è adi-bita alle funzioni di navata riservata aifedeli; in quest’interno è riproposta “... lasimbologia trinaria delle chiese mistiche -la militante, la purificante, la trionfante - siain senso ascensionale che secondo un per-corso processionale verso l’altare”.(5) Laseconda aula, dalla conformazione rettan-golare, è attrezzata per le funzioni delcoro. “Decorato con un imponente soffittoa cassettoni in rovere di Slavonia intagliatoa motivi esagonali, così come i 72 stalli peri frati, il coro è concluso da un’ampia pare-te - forata da finestroni che prendono lucedal chiostro - completamente ricoperta da...”(6) coloratissimi affreschi. Gli esterni de lgrande complesso si avvalgono della sem-plice ed efficace cortina in laterizio che,con la mediazione di elementi in traverti-no, atti a sottolineare gli accenti, uniformae distingue il tutto.In p articolare la chiesa,il cui apparato tipo-morfologico richiamamodelli del passato come il volume ottago-no, la sovrastante copertura del tetto, sulquale è poggiato un lanternino, e i corpi difabbrica laterali contenenti le nicchie, è unsolido congegno dal sapore antico, ram-memorante la tipologia degli antichi batti-steri.

La cono scenza dei rispettivi ambiti figu-rativi, in cui si propongono le architetture

G. Muzio e M. Piacentini

Le chiese di Cristo Re e diSanta Maria Mediatrice in Roma

1. Nella pagina accanto. Chiesa di Cristo Re a Roma.

Particolare della facciata prin cipale, con uno dei

 portali la terali. Qu asi tagli ato n ella ma ssa lateriz ia,

il fornice acquista viva forza espressiva accentuando

la funz ione di passaggio svolta.

 

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Muzio rispetto a Piacentini, che ad uncerto punto se ne distacca, resta più legatoal lessico classicheggiante che, già neiprimi anni Venti, con l’operazione della Ca’Brutta, in via Moscova, a Milano, avevaridotto ad una forma geometrica elementa-re richiamante i modelli storici soltanto perl’apparato tipo-morfologico. Difatti talepropensione gli determinerà il dileggio diG. Pagano quando quest’ultimo, in un arti-colo pubblicato su Costruzioni-Casabella,redatto nel 1941, accosterà il repertoriofigurativo muziano a quello dell’industriasanitaria.( 8) Pagano, assertore del verborazionalista, ovviamente condannava l’o-perazione “purificatrice” degli elementiclassici che, tuttavia, incontrava il favore diuna committenza a sua volta ostile per lasvolta modernista come era intesa daiseguaci del Movimento Moderno. Muzio,dopo le prime vicende milanesi, riducel’uso dell’apparato classicheggiante, sep-pure semplificato, concedendosi soltantoqualche verbosa riproposta come nelMonumento ai Caduti, in piazza Sant’Am-

brogio, a Milano, del 1926. Ma negli anniQuaranta ne riprende pienamente l’usocon la chiesa romana del Gelsomino, forseper l’esplicita richiesta della committenzache desidera un apparato chiesastico cherammenti l’immagine secolare della chiesadi Cristo.

Ma è nella veste degli esterni, do veambedue gli architetti ricorrono alla tessi-tura laterizia, che si individuano fatti tali darendere p roblematica una certificazionelinguistica che rimandi a quella identifica-bile con la loro opera generale. È una scel-ta difforme dell’apparato di rivestimento;tuttavia ognuna rispondente all’idea diarchitettura che s’intendeva esprimere.Nella chiesa di Santa Maria MediatriceMuzio è quasi indifferente ad ogni conces-sione de corativistica, lasciando alla con for-mazione volumetrica ogni intento espressi-vo. Afferma A. Muntoni: “Questo corpo difabbrica, costruito come tutto il comp lessoin muratura mista di tufo e mattoni e rive-stito esternamente con laterizi in cortina ezoccolo in travertino, ha caratteri insieme

semplici e austeri. Ma nello c’è la perfezione, la nitidezza dne, la chiarezza dei ritmi geCondividendo l’assunto è benche nella chiesa di Santa Marila cortina laterizia, esaminata nappare priva di una ridondanbilità; in altre circostanze l’iddi questa antichissima struttudistinguibile, non soltanto pere caratteristiche dei suoi cdimensioni del mattone, altezz-, ma per l’atmosfera partemana, fatta di colore, di rugopolosità, di tempo trascorsoovviamente provata davanti agCristo Re dove il mattone rommano ed è disposto secondo ftripli, intervallati con diversostemperare l’effetto peso del rio. In tale circostanza è riconocacia della particolare vestizioda Piacentini nel conferire unamale alla chiesa che segna uconformismo eclettico-stor

3. Chiesa di Cristo Re a Roma. La parte retrostante

del tempio. Alla partitura di volum i pieni “risponde

la trasparenza dell’abside formata da un a serie di

 pilastri ch e l’avvolgono a mod ellarla e a riproporre

una dimensione cromatica ottenuta con ladiversificazione dei m ateriali”.

di Muzio e Piacentini, e l’esame delle fab-briche, oggetto di questo studio, consento-no una serie di riflessioni concernenti ilmodo in cui i due architetti hanno configu-rato le opere in questione, tenendo contodei loro mezzi espressivi e dei tempi in cuisi maturarono i progetti e si concretizzaro-no gli edifici. Il proposito è accertare laqualità, il senso dello spazio liturgico,offerto da queste due chiese, in unmomento in cui i tradizionali apparati lessi-cali vengono accantonati in ragione di unmodernismo che si propone di rompereogni legame con il passato, in una situazio-ne conflittuale molto accesa tra conserva-tori - fedeli al repertorio classicheggiante,seppure talvolta riletto in chiave persona-lissima da A. Brasini - e modernisti, a lorovolta confrontati sulla necessità del radica-le allontanamento dalla memoria storica - irazionalisti - oppure mediatori d i unaforma architettonica - i novecentisti - chetenta l’affrancamento dal repertorio anticosenza dimenticarne i costrutti e le regoleaccademiche.

L’indagine critica sull’opera architettoni-ca di Muzio e Piacentini colloca, general-mente, sul piano del linguaggio, questiarchitetti nell’area modernista, quella piùpropriamente ascrivibile al Novecento.Tuttavia tale inquadramento è soggetto adalcune precisazioni. Mentre per GiovanniMuzio il percorso figurativo sembra, nellelinee generali, dai primi inizi impostato suun repertorio linguistico già configurato,con i mezzi espressivi Novecento, e che simantiene quasi costante durante l’arco diuna lunga vita professionale, Piacentini haun esordio incerto tra propensioni ecletti-co-storicistiche ed europ eiste - nella specieper la Secessione viennese - fino a sfociarein un modernismo Novecento che nondisdegna talvolta l’uso di archi e colonne.Tuttavia nell’opera in esame, il Cristo Re -gestita per quasi tutti gli anni Venti e primidel decennio successivo -, Piacentinimodella, alla fine, una particolare spazia-lità architettonica chiaramente ammiccantealle tendenze moderne, dove le istanze“novecento” e “razionalista” - prevalente la

prima nell’interno, mentre la seconda èaccreditabile per gli esterni - si confronta-no in un corretto equilibrio.

Comportamento diverso è quello diMuzio che nella chiesa di Santa MariaMediatrice si rifugge in un intimismo e sto-richeggiante sogno di rivivere una spazia-lità architettonica dal sapore antico, disan-corando peraltro il suo particolare conge-gno chiesastico dalle storiche tipologie pla-nimetriche - “... non le navate di tipo b asili-cale, né transetti oggi non utilizzabili, nécroci greche o latine a quattro arconi epennacchi ...”(7) - ma adoperando citazio-ni, tipi, riconoscibilissimi per antica nascita- la serliana, la cupola a spicchi di padiglio-ne, l’ottagono presbiteriale, le spe cchiaturea nicchia, l’arco trionfale, il coro - il tuttoingegnosamente connesso - con la media-zione di un repertorio figurativo plastico-pittorico di grande scuola - in un comples-so chiesastico unitario, indubbiamente ori-ginale per la propria identità figurativa marammemorante altri trascorsi, altri luoghi dialtri tempi.

2. Chiesa di Cristo Re a Roma. Una delle fiancate del

tempio, dove “prevale la suggestione del composito,

della pluralità degli elementi volumetrici che creano

una percezione dinamica ... che costringe il

visitatore a mu oversi ... ad esplorare le parti”.

2

 

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caratterizzava, nei primi anni Trenta, ilquartiere Prati. “La facciata (...) si spoglia ditutte le decorazioni, perde gli elementi pla-stici e le modanature per venir compressa,quasi congelata, in una superficie “pura”,una forma geometrica essenziale: un ret-tangolo, affiancato dai due prismi che svol-gono la funzione di torri campanarie men-

tre i valori formali trapelano e scaturiscono

unicamente dalle proporzioni, dai rapportitra le superfici ed i volumi messi in camponel gioco della composizione.(10)

Tuttavia la scelta di Muzio per una tessi-tura laterizia priva di una forte individualitàè giustificata dalla intenzione del progetti-sta di privilegiare un altro mezzo espressi-vo, proposto come materiale diverso, per

sottolineare particolari funzioni. Infatti

incastonato sul setto laterizio de lla facciataprincipale della chiesa d i Santa MariaMediatrice è p osto un ordito architettonico,una leggerissima membratura. “Si tratta diuna serliana a doppio ordine, trattata inbianco e prezioso marmo statuario apua-no, nel quale le colonnette monoliticheesibiscono capitelli conici appena svasati....

(11) Ad un primo esame quella che apparecome una scenae frons, sembra legata altutto soprattutto per altri riferimenti comela cornice di gronda o lo zoccolo basamen-tale che si propongono come chiusure for-mali; la sua appartenenza al complesso èverificata soltanto con la lettura ravvicinata,dove gli elementi attestano la loro prezio-sità di natura architettonica sullo sfondodella partitura in laterizio. Il coinvolgimen-to emotivo di questo brano della facciatariesplode nell’interno con la visione del-l’arco trionfale che ripropone lo stessoschema architettonico, con luce e colorediversi.

Singolare è, pertanto, il comportamentodi Muzio e di Piacentini di fronte al compi-to di elaborare uno spazio chiesastico nel-l’ambito della con tinuità della loro posizio-ne linguistica. Un’esigenza sperimentalepromuove l’opera di Piacentini, quasi lanecessità di un confronto, di una verifica,

di una indagine culturale condotta su altretestimonianze espressive calate nella con-dizione italiana. Con la chiesa di Cristo Re,il suo progettista si compiace di reinventa-re con una certa libertà il proprio linguag-gio figurativo sull’onda dell’entusiasticaammirazione provata con il suo pellegri-naggio culturale nell’Europa. Il dispositivoarchitettonico di tale fabbrica è da inten-dersi, pertanto, un’operazione di raffinatacultura, come attesta il Prandi(12), poiché il“materiale” europeo adoperato è filtratodalla colta sensibilità di Piacentini chefacendosene soverchiare accantona per unmomento ogni suggerimento che la suaeducazione classica gli impone va. Difatti, ilrespiro spaziale avvertito nel Cristo Re èindubbiamente an ticlassico; basta osserva-re, tra i tanti episodi offerti dalla lettura deltempio, la cella, sulla destra d ell’antinava-ta, che contiene il gruppo statuario dellaPietà, il quale sembra gravato dallo spazioproteso all’infinito.

Comprensibile è anche la posizionequasi reazionaria di Muzio che, sorretto daun formidabile mestiere, con l’operazionedi Santa Maria Mediatrice allenta le brigliedi una posizione novecentista, fino allorarispettata con piena convinzione, per filtra-re il rimosso della sua sapienza antica perricreare un’atmosfera sacrale persuasiva,uno scenario che rammemora il fascino delpassato. L’aspetto linguistico dell’insieme -

4. Chiesa di Cristo Re a Roma. Veduta dell’area

absidale della chiesa: sullo sfondo, ovattata da l cono

d’ombra creato dalla calotta cieca, emerge

comunqu e l’imperiosa imm agine del “Cristo in

trono”(affresco di Achille Funi).5. Nella pagina accanto. Chiesa di San ta Maria

 Mediatric e a Roma . L’aspetto del tempio -

richiamante ascendenze storicistiche, con notazioni

di gusto Novecento - visto dallo slargo di accesso (foto

di M. Ranisi).

4

 

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6. Chiesa di Santa Maria Mediatrice a Roma.

 L’interno d el tempio visto dal coro. In pr imo pi ano

l’altare con l’agile arco di trionfo e, in fondo, l’aula

ottagona riservata ai fedeli (foto di M. Ranisi).

7. Chiesa di Santa Maria Mediatrice a Roma.Particolare di un finestrone illumina nte il tempio,

reinterpretato secondo una iconografia tardo-antica

(foto di M. Ranisi).

8. Chiesa di Santa Maria Mediatrice a Roma.

Particolare dell’arco di trionfo. L’eccezionale qu alità

architettonica del tempio è data d alla pregevolezza

di ogni dettaglio, mirabilmen te fuso nell’insieme con

grande gusto e professionalità (foto di M. Ranisi).

9. Roma, Casa Generalizia dell’ordine dei MinoriFrancescan i. L’ingresso principa le al complesso,

distinto da elementi architettonici che si richiamano

al repertorio Novecento (foto di M. Ranisi).

6 7 8

9

10. Roma, Casa Generalizia dell’ordine dei Minori

Francescani. L’effetto prospettico offerto dal portico

del chiostro del complesso, con le bianche volte

emergenti sulla calda tonalità della cortina laterizia,

richiama l’opera pittorica del Beato Angelico (foto di M. Rani si).

che presenta momenti spaziali di alta sug-gestione per il perfetto fondersi del contri-buto di molteplici arti - è, sotto l’aspettodella identità, alquanto ambiguo poichéappare situato su una soglia limbica chetende verso l’eclettismo storicistico piutto-sto che al modernismo Novecento.

Il Cristo Re e Santa Maria Mediatrice si

pongono, pertanto, come opere staccaterispetto alle consolidate tendenze dei loroautori, un momento di licenza poetica, dievasione figurativa, forse d i compiacimen-to per l’occasione di creare in piena libertàuna spazialità architettonica spesso intima-mente sognata. Il risultato, in ambedue icasi, è uno spartito spaziale dove l’animo

resta sospeso nell’intesa di un messaggiofigurativo che sorprende, commuove erimanda ad un invisibile fattore, idealeartefice di questi luoghi straordinari.

Note

(1) Una recente analisi storico-critica del Cristo Re ècontenuta nel saggio di Mario Pisani,  Il t emp io di

Cristo Re di M. Piacentini, in “Palladio”, n. 13, giugno1994, pp. 91-98.(2) AA.VV., Tempio di Cristo Re, Roma, 1961, pag. 25.(3) Un raffronto tra l’apparato figurativo del comples-so della Casa Generalizia dei Francescani, in Roma, diG. Muzio, e i contenuti simbolici sottesi è tracciato nelsaggio di Alessandra Muntoni incluso in: AA.VV.,  Il

modo di costruire - 150 anni di costruzione edile in Italia , Roma, 1992.(4) AA.VV., Tempio di Cristo Re, op. cit., pp. 52-55.

(5) AA.VV., Il modo di costru ire, op. ci

(6) Ibidem , pag. 418.(7) M. Piacentini, Una nuova chiesa

chitetto Giovanni Muzio, in “Fede e

1954, pag. 1.(8) L’affermazione dileggiante suona Muzio . . .ha iniziato lo sp accio dimodellat i sullo stampo di un tornicesso, credendo così dar nobiltà viv

indigeste ed inutili colonne con cui cezare il suo nordico stilismo”. Cfr.: G.Psalvarci dalle false tradizioni e d

monum entali?, in “Costruzion i-Cas

gennaio 1941.(9) AA.VV., Il modo di costru ire, op. ci

(10) M. Pisani,  Il tem pio d i Cristo Re

op. cit., pag. 93.(11) AA.VV., Il modo di costru ire, op. c

(12) Cfr.: nota 4.

 

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monumento centrale dell’insediamento. Laloro architettura è semplice e riprende letipologie tradizionali. I fronti sono mossida forme ornamentali costruite con la posadei mattoni. Queste caratterizzano l’artico-lazione plastica degli elementi delle faccia-te, come cornicioni, portoncini e aperturecon un campionario di soluzioni diverse.

Anche i marciapiedi della corte intorno allachiesa sono pavimentati con mattoni e lostesso materiale compare ne lle superficidella galleria con la scala che attraversa lecase. Questa è disposta in asse alla chiesae raccorda la parte retrostante della corteall’esterno del quartiere, creando un affac-cio scenografico anche sull’abside.

L’uniformità di materiale tra esterno edinterno conferisce continuità agli spazi,caratterizzati da un’alternanza suggestivatra ambienti aperti e chiusi, ristretti o gran-diosi. Alla prospettiva del passaggio tra lecase che conduce alla chiesa succede il

sagrato ampio, sovrastato dalla facciatadella chiesa; da qui attraverso aperturestrette si accede all’atrio, dal qu ale, varcatoun altro portale, si entra nella navata.

La chiesa domina così il complesso degliedifici residenziali circostanti e chiude conuno slancio verticale la prospettiva delloslargo che collega il sagrato alla piazza del

quartiere. Nonostante il fuori scala rispettoalle altre costruzioni, l’uso del materialecomune dà una caratterizzazione uniformea questo spazio urbano scenografico, nelquale l’edificio religioso è il polo di aggre-gazione del quartiere.

Dall’impostazione generale al dettagliodecorativo, l’intero disegno è basato sulmattone come modulo de ll’architettura.

L’uso del laterizio a vista è una consuetu-dine consolidata n ella tecnica ediliz iadanese. Esso ricorre nei tamponamentidelle strutture intelaiate, dove si ritrovanofrequentemente tessiture decorative di

disegno diverso, talvolta velateggio che lascia intravedere lmentali sotto il colore vivace dcie. I paramenti in mattoni a vquenti nelle strutture murarietardogotiche, dei magazzindegli edifici pubblici, come la ca e le costruzioni ottocentesc

zione ferroviaria e del muncapitale. Anche il frontone scitazione della tradizione locarazioni con archetti e colondelle facciate delle chiese quatripropongono sul muro ciecdelle finestre e delle vetrate dtraforati.

Il riferimento di Klint alla ccostruttiva e formale locale nosemplice citazione. Egli reintementi tradizionali della chiesail laterizio a vista e i fronti scuso diverso del materiale e

1. Particolare della tessitura mu raria.2. Elementi ornamentali in mattoni negli edifici delquartiere della chiesa.

124 COSTRUIREIN LATERIZIO5 0-51/ 96

      A      R      T

      E      D      E      L      C      O      S      T      R

      U      I      R      E

Michela Rossi

La chiesa espressionista diJensen Klint ripropone laconcezione tipologica dellacattedrale gotica, ri cercandouna forma originale nel disegnodel paramento. Il mattone è ilmodulo dell’interacomposizione sino allasoluzione del dettaglioornamentale dell’articolazioneplastica che scandisce i fr onti,l’elemento formale dicontinuità tra l’edificio el’insediamento residenzialeantistante, che riadatta allaricerca moderna forme erapporti urbani tradizionali

La Grundtvigskirke di Jensen Klint aCopenhagen è un esempio significativodelle tendenze regionalistiche che affianca-no lo sviluppo del Movimento Modernocercando di coniugare le istanze di rinno-vamento formale con il richiamo alle tradi-zioni.

L’opera di questo architetto è legata alla

reinterpretazione delle forme e dei mate-riali della tradizione gotica, intesa comeespressione originale della cultura nordeuropea e come punto di continuità tra ilpassato e il futuro. ll Backsteingotik dellecittà anseatiche e i tamponamenti a vistadelle strutture intelaiate, con le loro tessitu-re ornamentali, forniscono lo spunto pe r laricerca di soluzioni di superficie nuove pervarietà e ricchezza espressiva. Questomodello locale si sovrappone a suggestionidiverse fornite da tradizioni esotiche, comequella araba, in una ricerca formale chepersegue la realizzazione di effetti tessili eplastici di grande suggestione, giocandocon la geometria del pezzo costruttivo. Ilriferimento più vicino è costituito dall’e-spressionismo tedesco, con un uso menofantasioso del materiale e un legame piùforte con la consuetudine locale. Come lecostruzioni della Scuola di Amsterdam(1) edell’espressionismo tedesco(2), il lavoro di

Klint riafferma il valore espressivo dellasuperficie attraverso l’esaltazione d ell’usodel mattone, sfruttandone le potenzialitàespressive nell’articolazione della superfi-cie muraria. Queste correnti locali infattisono condizionate dall’influenza delle ideedi William Morris e dagli scritti di JohnRuskin(3), che sottolineano il valore dellavoro manuale e l’importanza della deco-razione nella qualità estetica della superfi-cie. L’uso del laterizio, con soluzioni legatealle caratteristiche del materiale e de rivatedal suo assemblaggio, soddisfa il desideriodi continuità con la tradizione e la volontàdi articolare in maniera razionale la super-ficie esterna dell’edificio.

Nell’architettura di Klint la ricerca delnuovo nel rispetto della tradizione e il rap-porto con il materiale sono fondamentali:“Noi dovremmo sviluppare le cose, lesuperfici, i materiali in accordo con la loroessenza e con le esigenze del tempo; nondobbiamo accontentarci di copiare i vecchi

stili, ma crearne uno nostro attraverso lacomprensione, l’assimilazione e lo svilup-po delle culture precedenti, in modo dacreare un ambiente bello e piacevole per lavita e le attività dell’uomo contempora-neo”.(4) Le sue idee erano molto vicine aquelle di Morris ed egli combattè tutta lavita per restaurare nel suo paese l’artigia-nato e la cultura del lavoro manuale.Questi sforzi non diedero grandi risultati,

perchè le sue convinzioni, basate sulla tra-dizione, furono considerate rivoluzionariedai contemporanei. Ma le idee di Klintlasciarono un segno importante sul costrui-to locale. Il figlio Kaare e il genero IvarBentsen gli succedettero nell’attività e neproseguirono la scuola, accentuando l’in-fluenza esercitata dalle sue opere sull’ar-

chitettura danese.Klint trova nel m attone il materiale ideale

per il soddisfacimento della sua ricerca dicontinuità innovativa con la tradizione.Egli invita a sfruttarne le p otenzialitàespressive per arricchire le forme senzacadere nell’ornamento fine a sè stesso esenza copiare soluzioni e dettagli dal pas-sato. Il risultato è un’architettura originalema sobria, nella quale l’articolazione deldisegno nasce dalla geometria dell’elemen-to costruttivo; l’uso studiato del materialelega le forme degli elementi architettonicialla costruzione del muro. Questo avvienesenza che l’aspetto tecnologico e costrutti-vo abbia il sopravvento sulla ricerca for-male. La sua opera culmina nellaGrundtvigskirche di Copenhagen, che èconsiderata il suo capolavoro.

La chiesa fu progettata nel 1914, ma lacostruzione dell’edificio fu iniziata solo nel1921. Essa fu terminata nel 1940, dieci anni

dopo la morte dell’architetto, che avevadisegnato ogni cosa nei minimi dettagli. Ilprogetto risale al concorso per un monu-mento in onore del pastore N.F.S.Grundtvig, morto nel 1872 dopo averelasciato un segno profondo nella vita reli-giosa ed educativa danese. Jensen Klintpartecipò con il progetto della chiesa, mala sua proposta fu considerata troppo one-rosa dal comitato organizzatore e non fupremiata nonostante il giudizio favorevole.L’idea di commemorare il pastore con unedificio piuttosto che con un altro monu-mento esclusivamente celebrativo, comeuna statua, ebbe però molta risonanza e inpoco tempo fu raccolto il denaro necessa-rio alla costruzione. Il Comune donò il ter-reno nel nuovo quartiere di Bisperjerg,fondato negli stessi anni di fronte al cimite-ro cittadino.

L’edificio si trova al centro di una vastaspianata erbosa con pochi alberi, delimita-ta da edifici a schiera piuttosto bassi. La

pianta della chiesa riprende quella dellecattedrali gotiche. La facciata è concepitacome il west-werk delle chiese fortificate,ma l’esterno è la riminiscenza ingrandita diuna p arrocchia di villaggio.

La chiesa è realizzata in laterizio a vistacome il quartiere che la circonda. Gli edifi-ci intorno alla chiesa infatti riprendono neldisegno dei fronti e nel dettaglio dei para-menti murari le caratteristiche formali del

I disegni del matt one:la Grundtvigskir che aCopenhagen

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nuova ed originale dell’articolazione delparamento murario.

La facciata della chiesa si divide in dueparti. Quella inferiore è in scala con gli edi-fici vicini e riprende la forma del frontonetipica degli edifici tradizionali danesi, siacivili che religiosi. La parte retrostante èmolto più alta. Il suo slancio è accentuato

dalla partitura architettonica delle superfi-ci. Queste sono scandite da un’articolazio-ne p lastica che disegna forme allungate,con linee parallele a distanza regolare cheposizionano e definiscono gli elementi deldettaglio. Il modello compositivo del fron-te si basa sulla sovrapposizione di triangolicoi lati non paralleli, che diventano piùacuti verso l’alto sottolineando la tensioneverticale dell’insieme.

Il laterizio a vista è il materiale usato nel-l’intera costruzione e interessa sia le super-fici interne che quelle esterne. Oltre amuri, pavimenti e volte anche gli elementifissi di arredo, come l’altare e il pulpito,sono fatti con gli stessi mattoni giallastri. Ilmattone impiegato nella costruzione è piùpiccolo di quello unificato, ma le faccemantengono dimensioni multiple a menodel giunto (cm 23 x 11 x 5) e quindi i pezzipossono essere combinati con regolarità inqualunque posizione. Le soluzioni costrut-tive giocano con la modularità delle faccedel pezzo per creare disegni piani nella

3a,b. Disegni di progetto della Grund tvigskirche.4. Nella pagina accanto. La facciata d ella chiesa.

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come nel basamento evidenzia il passag-gio tra appoggio e arco, negato dalla con-tinuità della forma plastica e dalla man-canza di capitello.

Il dettaglio plastico della facciata dellaGrundtvigskirke scaturisce dallo spessoredel muro come alterazione geometrica emodulata della superficie. La sua articola-

zione è controllata dalle proporzioni delmattone e sottolinea la logica tettonicadella costruzione. Il rapporto con il modu-lo e i suoi sottomultipli è evidente in ognidettaglio e costituisce un elemento di con-fronto e di misura costante; esso si perdenell’effetto complessivo per emergere neiparticolari.

La ricerca di effetti decorativi derivatidalle dimensioni modulari del materiale siesprime nel rigore matematico della m an-canza assoluta di elementi ornamentaliinseriti. L’articolazione plastica dello spes-sore del mu ro cristallizza nel p assaggio dalgenerale al particolare la logica geometricadel paramento e non sembra casuale cheproprio la matematica sia stata il primointeresse di Jensen Klint.

Note

(1) Maristella Casciato, Wim de Wit, Le case Eigen

Haart di de Klerk, Officina Edizioni, Roma, 1984.(2) Franco Borsi,  L’archite ttur a dell’espressi oni smo ,Vitali e Ghianda, Genova, 1967.(3) John Ruskin, The seven lamps of architectur, 1849.(4) Così si esprimeva Jensen Klint in ARCHITEKTEN,aprile 1901, traduzione libera dal sommario inglese diKay Fisker, Den Klin tske skole , in ARKITEKTUR, ann oVII, n. 2, Arkitektens Forlag, Copenhagen 1963, pag.78.

Bibliografia

- Kay Fisker,  Den Klin tske skole , in ARKITEKTUR,anno VII, n. 2, Arkitektens Vorlag, Copenhagen, 1963,pagg. 37/80, con sommario in inglese e tedesco.- Suzanne S. Frank,  Michel de Klerk a n archi tect of 

the Amsterdam School, Ann Arbor, Michigan, 1984.- Paul Groenundijk, Piet Vallaard, Voor moderne

architectuur in Amsterdam , Rotterdam, 1987.- Knud Millech,  Dan sk a rchitek turstom nin ger , 1850-1950, Copenhagen, 1951.- Manfredo Tafuri, Franceso Dal Cò,  Architett ura con-

temporanea, Electa, Milano, 1976.- Michela Rossi,  Il disegn o d el par amen to m urari o -

Tradizione del luogo e lingu aggi formali n ell’uso del

mattone a vista , Tesi di Dottorato di ricerca in Rilievoe rappresentazione del Costruito, Consorzio tra leFacoltà di Architettura delle Università degli Studi diPalermo, Reggio Calabria, Napoli e Firenze, Palermo,1992.

Si ringrazia l’architet to Frandzen dello studio d iArchitettura Toyberg-Frandzen di Copenh agen p er lacortese concessione delle copie dei disegni di proget-to della chiesa, inediti in Italia.

5.6. Elementi ornamentali in mattoni negli edificidel quartiere della chiesa.

128 COSTRUIREIN LATERIZIO5 0-51/ 96

tessitura ed effetti plastici sulle superfici.L’interesse e l’attenzione di Klint alla defi-nizione del dettaglio costruttivo, impernia-to sulle forme e le geometrie del mattone,è sottolineato dai suoi disegni di progetto.

Il rilievo diretto con dotto sull’edificiodocumenta la fedeltà della realizzazione alprogetto. Gli esecutivi degli arredi architet-

tonici, come il pulpito e l’altare principale,disegnati dal figlio Kaare nel 1936, eviden-ziano la ripropo sizione di un’articolazioneformale basata sull’uso del mattone comeelemento costruttivo e decorativo, comenei paramenti dell’edificio. Anche il pro-getto de ll’organo è impostato sull’articola-zione della superficie muraria: il disegno diprogetto riporta i segni dei ricorsi murari,come elemento di misura modulare.

Anche il motivo dei giunti dell’apparec-chiatura muraria è studiato e assume unavalenza ornamentale. La tessitura prevalen-te nelle costruzioni danesi in muratura por-tante è quella che de riva dall’assestamentoa croce.

Questo assemblaggio determina la pre-senza di linee inclinate incrociate sullasuperficie del muro, la cui percezione con-tinua nonostante l’andamento spezzatocrei un “effetto rete” sul paramento. Lamaglia di questa tessitura individua unmodulo costituito da un mattone di lato eda due di testa, che forma una croce qua-drata e consente la realizzazione di disegniornamentali a losanga. Tali motivi ricorro-no nell’assestamento gotico degli edificireligiosi quattrocenteschi, dove sono legatiad alterazioni della tessitura regolare difondo. L’interpretazione di Jensen Klintdei segni della superficie del muro propo-ne una soluzione innovativa rispetto allaconsuetudine locale. Egli inventa una tessi-tura regolare, basata sulla ripetizione di unmodulo più complesso, irregolare, di quel-lo a croce, che simula una posa casuale eindifferenziata e non provoca la lettura dieffetti a rete accentuati, ma n ello stessotempo crea una grana omogenea sullasuperficie. La ripetività di questo moduloun po’ più grande della croce si coglie solodopo una osservazione attenta nelle super-fici più grandi. Questa tessitura sembra stu-diata per evitare l’effetto di una retevibrante provocato dall’assestamento a

croce.Gli zoccoli interni e dei pilastri polistiliche reggono le volte a crociera costolonatesono evidenziati da mattoni disposti di fac-cia come un materiale da rivestimento.Anche le volte a vista sono costruite daconci posati di piatto in ricorsi perpendico-lari all’andamento dei costoloni.

All’imposta dei vari ordini di volte, laposa dei mattoni di p iatto in verticale

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