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219 5. Onde: il moto che si propaga Che cosa si intende con il termine “onda”? Si dice onda un fenomeno in cui si ha trasferimento di uno stato di moto senza che vi sia trasferimento di materia 3 . Questo si realizza provocando l’alterazione di uno stato di equilibrio e facendola viaggiare nella materia. Mentre la perturbazione si trasmette da una porzione di so- stanza a quella vicina, gli conferisce sia lo stato di moto, accompagnato dalla relativa energia cinetica, sia lo scostamento dall’equilibrio, accompagnato dalla relativa energia potenziale. Come funzionano le onde sulla superfice dell’acqua? Il più noto esempio di spostamento di una perturbazione sono le onde liquide. Get- tando un sasso in uno stagno e guardando dall’alto, il fatto che l’acqua non sia com- primibile fa osservare un cerchio di liquido che immediatamente si solleva tutt’intorno al punto d’ingresso. Quando questo cerchio ricade, oltrepassando verso il basso il pelo libero, lo stesso fenomeno fa si che si sollevi un cerchio più grande in- torno al primo e così via. E’ facile rendersi conto che mentre l’onda si propaga, non si ha reale trasferimento di materia da un cerchio al successivo. Osservando con at- tenzione un tappo di sughero a galla nello stagno si nota infatti che al passaggio dell’onda questo non viene trascinato lungo il pelo dell’acqua ma oscilla 4 . A spostar- si è dunque solamente la perturbazione introdotta dal sasso e non il mezzo materia- le. Le onde nel mare sfruttano questo meccanismo e nascono al largo, dalle variazio- ni nella pressione atmosferica che spinge sul pelo libero. Come funzionano le onde nei solidi? Ogni sostanza materiale solida è una successione di atomi allineati in una struttura regolare e legati fra loro in modo elastico: quando sono avvicinati si respingono e quando sono allontanati si attraggono. La forza che li lega è il risultato di tutte le in- terazioni elettriche fra le particelle che formano gli atomi, ed è una forza di richiamo come quella delle molle. Quando forziamo gli atomi ad allontanarsi dalle posizioni di equilibrio, ad esempio colpendo l’estremo di una sbarra di ferro con un martello, gli atomi che sono spostati direttamente interagiscono in maniera più intensa del so- lito con i vicini, costringendoli a loro volta a spostarsi dall’equilibrio, ed il processo continua auto-sostenendosi. Quali esempi di onde nei solidi si possono fare? (1) E’ un’onda il trasferimento di calore per conduzione, il fenomeno che avviene quando scotta il manico della forchetta con cui si gira il sugo sebbene il fuoco sia a 3 O più propriamente, quando si ha trasmissione di energia senza trasmissione di materia Il trasferi- mento di energia da un luogo ad un altro può avvenire attraverso due meccanismi. Il primo consiste nello spostare materialmente i corpi a cui è legata l’energia stessa; il secondo è provocare l’alterazione di uno stato di equilibrio e farla viaggiare nella materia senza che i corpi si spostino. 4 Descrivendo un cerchio intorno alla sua posizione iniziale.

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5. Onde: il moto che si propaga

Che cosa si intende con il termine “onda”? Si dice onda un fenomeno in cui si ha trasferimento di uno stato di moto senza che vi sia trasferimento di materia3.

Questo si realizza provocando l’alterazione di uno stato di equilibrio e facendola viaggiare nella materia. Mentre la perturbazione si trasmette da una porzione di so-stanza a quella vicina, gli conferisce sia lo stato di moto, accompagnato dalla relativa energia cinetica, sia lo scostamento dall’equilibrio, accompagnato dalla relativa energia potenziale.

Come funzionano le onde sulla superfice dell’acqua? Il più noto esempio di spostamento di una perturbazione sono le onde liquide. Get-tando un sasso in uno stagno e guardando dall’alto, il fatto che l’acqua non sia com-primibile fa osservare un cerchio di liquido che immediatamente si solleva tutt’intorno al punto d’ingresso. Quando questo cerchio ricade, oltrepassando verso il basso il pelo libero, lo stesso fenomeno fa si che si sollevi un cerchio più grande in-torno al primo e così via. E’ facile rendersi conto che mentre l’onda si propaga, non si ha reale trasferimento di materia da un cerchio al successivo. Osservando con at-tenzione un tappo di sughero a galla nello stagno si nota infatti che al passaggio dell’onda questo non viene trascinato lungo il pelo dell’acqua ma oscilla4. A spostar-si è dunque solamente la perturbazione introdotta dal sasso e non il mezzo materia-le. Le onde nel mare sfruttano questo meccanismo e nascono al largo, dalle variazio-ni nella pressione atmosferica che spinge sul pelo libero.

Come funzionano le onde nei solidi? Ogni sostanza materiale solida è una successione di atomi allineati in una struttura regolare e legati fra loro in modo elastico: quando sono avvicinati si respingono e quando sono allontanati si attraggono. La forza che li lega è il risultato di tutte le in-terazioni elettriche fra le particelle che formano gli atomi, ed è una forza di richiamo come quella delle molle. Quando forziamo gli atomi ad allontanarsi dalle posizioni di equilibrio, ad esempio colpendo l’estremo di una sbarra di ferro con un martello, gli atomi che sono spostati direttamente interagiscono in maniera più intensa del so-lito con i vicini, costringendoli a loro volta a spostarsi dall’equilibrio, ed il processo continua auto-sostenendosi.

Quali esempi di onde nei solidi si possono fare? (1) E’ un’onda il trasferimento di calore per conduzione, il fenomeno che avviene quando scotta il manico della forchetta con cui si gira il sugo sebbene il fuoco sia a

3 O più propriamente, quando si ha trasmissione di energia senza trasmissione di materia Il trasferi-mento di energia da un luogo ad un altro può avvenire attraverso due meccanismi. Il primo consiste nello spostare materialmente i corpi a cui è legata l’energia stessa; il secondo è provocare l’alterazione di uno stato di equilibrio e farla viaggiare nella materia senza che i corpi si spostino. 4 Descrivendo un cerchio intorno alla sua posizione iniziale.

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contatto solo col fondo del tegame. Qui le vibrazioni degli atomi di un corpo attorno ai loro siti di equilibrio, vengono trasmesse agli atomi di un corpo adiacente attra-verso la superficie di separazione. E’ chiaro che ciascuna delle due sostanze mantie-ne la propria individualità e che gli atomi non passano dall’una all’altra, ma si scam-biano solo lo stato di oscillazione. (2) Una lamina vibrante produce un’onda lungo una corda tesa: in questo esempio è evidente che a trasferirsi non sono le porzioni di corda ma lo stato di moto. (3) Il fenomeno dei terremoti è ondoso: fra punti anche molto distanti si trasmettono le vibrazioni della crosta terrestre in assenza di qualsiasi trasferimento materiale. Come funzionano le onde negli aeriformi? La propagazione del suono nell’aria ne è un esempio: sono costituite da variazioni locali nella densità della sostanza. La membrana di un altoparlante oscilla produ-cendo successive rarefazioni ed addensamenti nell’aria e questi, in condizioni ambiente, si trasmettono alla velocità di m/s343 fino a far vibrare la parete del nostro timpa-no. Per evidenziare la natura ondosa del suono è utile confrontarlo con il vento, dove invece si ha un reale trasferimento di materia da una regione ad un’altra. L’onda ha sempre bisogno di un supporto dove propagarsi? Negli esempi sopra, l’acqua, l’aria, il terreno, gli oggetti stessi, sono il supporto dove l’onda si propaga, e le cui parti vibrano trasmettendosi lo stato di moto. Tale sup-porto viene detto il mezzo di propagazione dell’onda. Ogni volta che il mezzo è una so-stanza materiale si dice che abbiamo a che fare con onde meccaniche. Esiste però una classe di onde, alle quali si dà il nome di onde elettromagnetiche (OEM), che si propagano anche in assenza di un mezzo materiale. A partire dagli anni trenta del Novecento, lo sviluppo di una branca della fisica nota come meccanica quantistica è giunto sino a concludere che lo spazio vuoto non è semplicemente il “teatro” nel quale avvengono i fenomeni, ma che si tratta piuttosto di qualcosa di simile ad una sostanza, con sue proprietà fisiche di elasticità e di inerzia5, e che viene detta vuoto quantistico. Quando mettiamo in oscillazione un particella dotata di carica elettrica, come un elettrone od un protone, si producono increspature nel vuoto quantistico, analogamente a come s’increspa il pelo dell’acqua quando v’immergiamo e risolleviamo un dito. Onde elettromagnetiche è il nome che si dà a queste oscillazioni del vuoto quantistico. Quali tipi fondamentali di onde esistono? I due tipi più importanti di onde sono detti onde trasversali ed onde longitudinali. Un’onda si dice trasversale quando la perturbazione del mezzo avviene in direzione perpendicolare a quella di propagazione. Quando scuotiamo l’estremità di una corda, creiamo una perturbazione trasversale; la forma è facilmente visualizzabile se al posto di una corda si usa una molla slinky. Se ripetiamo il singolo impulso si produce un’onda. Sono onde trasversali quelle che si stabiliscono nelle corde di chitarre, violini ed archi in genere. Esiste un tipo di on-

5 La costante dielettrica del vuoto 0 è legata all’elasticità, la permeabilità magnetica del vuoto 0 all’inerzia.

perturbazione

V

221

da sismica, detta S, che è trasversale. Un mezzo che supporti le onde trasversali deve poter resistere ad uno sforzo di taglio, cioè ad una forza applicata perpendicolarmente alla superficie che delimita il mezzo. I fluidi non hanno la capacità di resistere allo sforzo di taglio, quindi le onde trasversali sono un fenomeno caratteristico dei mezzi solidi (le onde sull’acqua non sono infatti trasversali). E’ grazie a questa proprietà che siamo venuti a conoscenza del fatto che il centro della Terra contiene del materiale liquido (ferro e nickel). Si osserva infatti che le onde sismiche di tipo S vengono ri-flesse all’indietro ad una profondità di km2900 , segnalando la presenza di un core impenetrabile alle perturbazioni trasversali. Si tratta di una scoperta notevole se si pensa che mai avremmo potuto scavare fino a quella profondità: le trivellazioni si mantengono nell’ambito dei pochi chilometri di spessore della crosta terrestre. Un’onda si dice longitudinale quando la perturbazione del mezzo avviene nella stessa direzione in cui si propaga l’onda. Sono onde longitudinali il suono e le onde di compressione in generale. Tra questa vanno ricordate alcune onde sismiche dette di tipo P, che essendo longitudinali pas-sano anche attraverso il nucleo della Terra. La molla slinky permette di visualizzare con facilità anche le onde longitudinali: basta stringere con le dita un gruppo di spire e poi lasciarlo andare per vedere la perturbazione propagarsi.

E le onde liquide come quelle sulla superficie del mare di che tipo sono? Alcune onde sono più complesse dei casi trasversale e longitudinale appena esami-nati. Le onde liquide ad esempio costituiscono una situazione in cui le particelle d’acqua descrivono un cerchio mentre la perturbazione avanza.

V

perturbazione

V

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6. Propagazione di impulsi sulla corda

Il fenomeno della propagazione di perturbazioni lungo una corda tesa è il più semplice da analizzare grazie alla facilità nella visualizzazione. Si tratta chiaramente di onde trasversali, dove abbiamo un disturbo che si sviluppa in direzione perpen-dicolare a quella lungo cui esso viaggia. Ci serviremo quindi delle perturbazioni sul-la corda non soltanto per approfondire il fenomeno in sé, ma anche per dedurre al-cune proprietà di carattere generale che riguardano tutte le onde.

Quale meccanismo permette il propagarsi delle perturbazioni lungo la corda? Alla base dello scorrimento dello stato di moto6 lungo la fune c’è la terza legge della dinamica. Consideriamo una corda tesa orizzontalmente, avente l’estremo finale ancorato. Se solleviamo il capo libero e poi lo riportiamo a posto, questo tira su il tratto contiguo a cui è attaccato, il quale sposta a sua volta il tratto successivo, e così via in sequenza. La corda, grazie alla sua elasticità, si allunga leggermente in dire-zione verticale, e si viene a creare una regione di allontanamento dall’equilibrio. Per capire l’azione delle forze consideriamo il tratto immediatamente vicino a questo scostamento. In condizioni di equilibrio la tensione tira ogni porzione di corda ugualmente verso destra e verso sinistra. Quando l’impulso in figura giunge nel punto A, il piegamento della fune costringe la tensione con cui il tratto ancora fermo AB tira in basso quello deformato, ad avere un componente verticale yT

verso il basso

che agisca da forza di richiamo7. A sua volta però il tratto AB in equilibrio, poiché tira verso il basso la regione sollevata, subisce ad opera di questa un’azione uguale e contraria verso l’alto yT

. I due vettori tensione che tirano i capi di AB, non sono

ora più paralleli ma producono una forza netta verso l’alto, quella che trasferisce la deformazione su AB. Che differenza c’è fra impulso e treno d’onda? Se scuotiamo su e giù l’estremo della corda solo una volta, si genera una singola per-turbazione, che viene detta impulso d’onda. Per generare un impulso a forma di cresta verso l’alto bisogna piegare in quella direzione il capo della fune e riportarlo nella posizione iniziale di riposo. La sorgente di movimento provvede sia ad accelerare il capo verso l’alto sia a decelerarlo per ricondurlo a riposo. Analogamente si dovrà piegare il capo verso il basso e riportarlo a riposo se si desidera un impulso a forma di gola. Se viceversa si vuole un impulso che contenga sia una cresta che una gola bi-sognerà far susseguire entrambi movimenti. Quando invece le oscillazioni si ripeto-no regolarmente più volte, si dice che viene prodotto un treno di onde o più sempli-cemente un’onda. In questa prima fase ci concentreremo sulle caratteristiche dei sin-goli impulsi, ma i risultati che mostreremo sono senz’altro validi anche per i treni di onde, di cui gli impulsi possono pensarsi come i mattoni costituenti.

6 E, come vedremo, della grandezza fisica detta energia. 7 Supponiamo che l’intensità T

sia abbastanza forte da poter trascurare il piccolo contributo che

svolge la gravità in questa azione di richiamo.

gola

cresta

yT

yT

A

BA

B

T

BA

T

T

223

Quali proprietà degli impulsi possiamo trarre dalle osservazioni? L’esperienza mostra che la sorgente di oscillazioni influenza la forma dell’impulso, ma non la velocità con cui questo si propaga, che risulta legata solo alla tensione ed all’inerzia della corda. E’ quindi impossibile far viaggiare più velocemente un im-pulso cambiando il modo in cui si scuote il capo della corda. Osservazioni più am-pie indicano che nemmeno lo stato di moto della sorgente influenza la velocità dell’onda. Se dunque prendessimo la rincorsa prima di scuotere il capo della corda, la nostra velocità non si sommerebbe a quella di propagazione, differentemente da quel che accadrebbe se invece lanciassimo un sasso. In generale quindi, per cambiare la velocità di un’onda bisogna variare le caratteristiche fisiche del mezzo (in questo caso la tensione e lo spessore della corda).

La velocità V

di propagazione delle onde è una proprietà del mezzo e non della sorgente di oscillazioni8. Che differenza c’è fra la velocità dell’onda e quella delle particelle della corda? E’ importante distinguere fra la velocità V

con cui l’impulso d’onda (e quindi

l’energia) si trasmette da un tratto all’altro, che è ciò che chiamiamo velocità dell’onda, e la velocità v delle particelle della corda. Nel caso di un’onda trasversale, quando di-ciamo che non c’è trasferimento di materia, intendiamo che le particelle non si muo-vono nella direzione in cui si sposta l’impulso, ma che si limitano ad oscillare per-pendicolarmente a questa, attorno alle loro posizioni di equilibrio.

Il vettore V

è costante e parallelo alla corda, mentre il vettore v ha direzione sempre perpendicolare alla corda (e quindi perpendicolare a V

) ed intensità e verso variabili.

In termini di componenti scriveremo dunque: ( ; 0), (0; )x yV V v v

. In base alla

seconda legge della dinamica avremo anche un’accelerazione delle particelle della corda in direzione trasversale: l’intensità ed il verso di tale accelerazione sono quelle (variabili) della forza verticale che produce l’impulso. Pertanto il vettore v di un punto sulla corda cambia continuamente. Quale andamento hanno velocità ed accelerazione delle particelle? Osserviamo innanzitutto che i capi 1 e 2 di un trattino di fune, dove questa è rettilinea, sono tirati da una tensione che varia poco la sua componente vertica-le. Ma più s’incurva la fune, maggiore è la variazione della componente verti-cale della tensione a destra e a sinistra del trattino. Ne risulta una maggiore for-za verticale, la quale produce un’accelerazione verticale più intensa e quindi una più repentina variazione di yv . Questo è ad esempio quanto accade alla ba-se dell’impulso oppure nel punto di massimo B in figura. Consideriamo ora al-cune fasi successive per una particella di corda che si trova nella posizione P della figura precedente, mentre viene attraversata dall’impulso.

8 Per alcuni mezzi, detti dispersivi, la velocità di propagazione può dipendere dal numero di oscillazioni che la sorgente compie in un secondo, ma in questa fase in cui consideriamo un singolo impulso, non ci soffermiamo su questi aspetti.

A

B

C

accelerazione

v

P

v

V

velocità

11 xT T

2T2yT

2xT

2T2yT

2xT

1yT1T

1xT

224

Inizialmente 0yv , ma repentinamente l’intensità della velocità balza al

suo valore più elevato per effetto del piegamento. L’accelerazione è diretta in alto, come la componente verticale nella tensione che l’ha prodotta.

La velocità rimane costante finché non cambia la pendenza lungo la corda. Nella posizione A in cui yv smette di crescere ed inizia a diminuire,

l’accelerazione assume per un istante valore nullo, dato che per far decre-scere yv deve cambiare di verso e dirigersi in basso.

All’approssimarsi verso la sommità dell’impulso, yv decresce fino a valere zero nel punto più alto B, proprio come accadeva nel massimo di una traiettoria di caduta libera. Se scegliamo come positivo il verso in cui la par-ticella procede in alto, allora in tutta questa fase si ha 0yv .

Nel punto più alto B l’accelerazione è verso il basso dato che la velocità vie-ne incrementata verso il basso sia prima sia dopo B.

Scavalcato B risulta 0yv : in questa fase la particella sta muovendosi ver-so il basso. Da questo punto in avanti il procedimento si ripete ribaltato: il valore assoluto di v cresce di nuovo, per poi ricadere a zero nella regione dove l’impulso termina.

Come possiamo raffigurare una perturbazione che viaggia lungo la corda? Le rappresentazioni possibili sono due: la principale è l’andamento ( )y x dello spo-stamento dall’equilibrio y in funzione dell’ascissa x sulla corda. Possiamo pensare a questo grafico come se fosse una vera fotografia dell’impulso. Si tratta dell’insieme di posizioni assunte dalle particelle ad un fissato istante t : se guardassimo la suc-cessione di questi grafici allo scorrere del tempo osserveremmo un filmato della per-turbazione mentre si sposta. La seconda possibilità consiste nel disegnare la legge oraria di un punto, cioè il grafico delle altezze ( )y t raggiunte da un punto della corda allo scorrere del tempo. Il concentrarsi su di un punto non ha nulla di ridutti-vo, in quanto se l’impulso non si attenua, tutte le particelle in sequenza replicano lo stesso movimento. Se si confronta l’andamento della fotografia dell’onda ( )y x con quello in funzione del tempo, ci si accorge che i due grafici sono qualitativamente “speculari”. Il motivo va cercato nel fatto che le posizioni che stanno più a destra sull’asse delle x nella fotografia dell’impulso sono quelle che ogni punto assume per prime. In figura sono numerate quattro posizioni nell’ordine in cui vengono as-sunte: come si vede i punti 1 e 2 che si trovano sulla regione frontale dell’impulso sono quelli che incontriamo più a sinistra sull’asse dei tempi. C’è relazione fra la legge oraria dello spostamento e la velocità delle particelle? Vogliamo ora costruire la legge oraria della velocità. Come sappiamo dalla cinemati-ca, la velocità delle particelle, definita come /yv y t (nel limite in cui t si chiude attorno ad un singolo istante), misura la pendenza della legge oraria ( )y t . Quindi, là dove la coordinata y aumenta al crescere di t e si dice che la curva ha pendenza positiva, risulta 0yv . Viceversa nelle regioni dove lo scostamento y dall’equilibrio diminuisce col tempo, e si dice che la curva ha pendenza negativa, risulta 0yv . Infine, più il profilo della corda risulta inclinato (e quindi maggiore è

y

x

12

3

4

'fotografia dell impulsoy

12

3

4

tleggeoraria di un punto

y

tyv

t

y

x

yv

x

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l’incremento della quota che si ha in ogni secondo), maggiore è il valore assoluto della velocità. Che relazione c’è fra la forma dell’impulso e la velocità delle particelle? Per quanto riguarda la curva ( )y x che fotografa l’impulso, il corrispondente anda-mento della velocità ( )yv x risulta ribaltato rispetto a ( )yv t . Questo sempre a causa del diverso significato che ha il fatto di muoversi nel verso delle ascisse che cresco-no, rispetto al fatto di muoversi nel verso dei tempi che crescono. E’ possibile intui-re l’andamento di ( )yv x pensando che la velocità dev’essere positiva nel fronte an-teriore della perturbazione, dove i punti della corda si stanno allontanando dalla po-sizione di equilibrio, e dev’essere negativa sulla “schiena” della perturbazione, dove i punti stanno ritornando indietro verso l’equilibrio. Anche in questo caso i massimi corrispondono ad una inversione del moto e quindi in essi la velocità si annulla. Esercizi 25. Con riferimento alla figura qui a lato si disegni, al passaggio dell’impulso, l’andamento qualitativo della velocità del punto P in funzione del tempo, riportando in particolare le posizioni 1, 2, 3, 4. La legge oraria della velocità si ottiene osservando che P dapprima procede verso il basso ( 2 0v ) e poi, per un tempo più breve, verso l’alto ( 4 0v ). La fase 2 (di al-lontanamento dall’equilibrio) è quella di maggiore durata, e comporta una velocità particellare minore in valore assoluto della fase 4 di avvicinamento all’equilibrio

2 4( )v v dato che la pendenza dell’impulso è qui meno marcata. 26. Con riferimento alla figura a lato si disegni la legge oraria della velocità del punto P al passaggio dell’ideale impulso rettangolare, e si riportino le posizioni 1, 2 e 3. [R: in fondo]

7. Velocità degli impulsi

Ricaveremo ora una formula di dinamica per ottenere la velocità delle onde nel caso semplice degli impulsi lungo la corda. Da questa cercheremo poi di trarre in-dicazioni su di una più generale relazione fra velocità delle onde e caratteristiche fisiche del mezzo, dalle quali come sappiamo, V

dipende esclusivamente.

Da cosa dipende la velocità dell’onda lungo la corda? Si può intuire che l’intensità V

della velocità di propagazione dell’onda è tanto

maggiore quanto più rapidamente viene richiamata nella posizione di equilibrio la porzione di corda che in quel momento risulta sollevata. Infatti, più veloce è questo processo, prima viene trasmessa la perturbazione da un tratto a quello successivo, più rapidamente si sposta l’onda. Ne traiamo due conclusioni:

y

xP1

2

3

y

xP

2

1

3

4

t12v

2

3

yv4v

226

V

deve aumentare al crescere di T

perché una più grande intensità della

tensione produce un più efficace e veloce processo di richiamo.

V

deve diminuire al crescere della massa per unità di lunghezza ML

.

Infatti, più massivo risulta ogni centimetro di corda da richiamare verso l’equilibrio minore è l’accelerazione che la tensione gli riesce ad imprimere e quindi più lento risulta il processo di richiamo.

Eseguendo il calcolo rigoroso si giunge infatti al risultato:

VT

Come si ricava questa formula per V

?

Consideriamo un impulso che si propaga verso destra con velocità V

, e scegliamo di trattare il problema in un sistema di riferimento che viaggi alla stessa velocità dell’impulso. La corda ci appare scorrere verso sinistra con velocità V

, come se

fosse tirata dentro ad un tubo trasparente avente la forma dell’impulso. Concen-triamoci su di un piccolo tratto di lunghezza l in cima alla cresta: ricaveremo un’espressione per la sua velocità, che però sarà valida ovunque visto che V

è la

stessa per tutta la corda. Possiamo approssimare il moto di questo tratto come se in quell’istante stesse percorrendo con velocità costante verso sinistra, una circonferen-za di raggio R . Perché ciò sia possibile sappiamo che la risultante delle forze che agisce su di esso deve essere centripeta: chiamiamo cF

tale risultante. Se indichiamo

con m la massa del tratto di corda considerato sappiamo che deve essere:

2

c

VF m

R

Chi produce la forza centripeta? La forza centripeta è risultato dell’azione sul tratto l della tensione T

della cor-

da, che tira sia verso destra che verso sinistra. Per semplicità assumiamo che l’intensità della tensione non cambi mai lungo la corda: questo è vero solo se l’impulso ha un’ampiezza abbastanza piccola da far sì che la fune sia allungata in modo regolare, cioè nella stessa proporzione in ogni tratto. Anche sotto questa ipo-tesi la somma delle due azioni della tensione a destra ed a sinistra sul tratto l non è nulla, in quanto questi vettori non hanno la stessa direzione. Piuttosto, la loro composizione vettoriale fornisce proprio cF

. Il triangolo delle forze cT T F

è

isoscele, e risulta simile all’altro triangolo isoscele avente per base l (considerato approssimativamente rettilineo) ed per lati i due raggi R . Infatti essendo T

tangen-

ziale, i lati obliqui corrispondenti R e T

sono fra loro perpendicolari, e quindi formano lo stesso angolo al vertice . Facendo la proporzione:

T

T l

RR

V

T

T cF

RR

l

227

cF T

l R

Inserendo in questa equazione l’espressione per la forza centripeta si ha:

2

/

VV

T Tm

R l R m l

ed osservando che la densità lineare vale /m l si ottiene il risultato cercato. Questo risultato conferma le intuizioni iniziali? La relazione fra velocità, tensione, e massa per unità di lunghezza è quella aspettata: più tesa è la corda più veloce si propaga l’impulso, più massiva è l’unità di lunghez-za della corda, più lento viaggia l’impulso. Una impressionante verifica di questa formula la si può fare osservando un impulso propagarsi lungo una frusta. A mano a mano che si procede verso la punta, la frusta diviene più sottile e diminuisce la massa per unità di lunghezza . Al decrescere di corrisponde un aumento così notevole della velocità di propagazione da superare la velocità del suono e produrre un piccolo bang sonico (il caratteristico schiocco), fenomeno che analizzeremo nel paragrafo dedicato all’effetto Doppler. Esercizi 27. Si calcoli la velocità di propagazione delle onde sulla corda di massa

kg0.150m e lunghezza complessiva m0.750L , disposta nella configurazio-

ne illustrata qui a lato, sapendo che kg2.00M . Calcoliamo la tensione sulla corda applicando la seconda legge della dinamica alla massa appesa M , la cui accelerazione è nulla. Lungo un asse verticale orientato in alto si ha:

N N0 (2.00 9.81) 19.6yT Mg Ma T Mg

ed essendo /m L risulta:

m/s m/s19.616.2

/ 0.150/2.00V

T Mgm L

28. Si consideri una corda appesa, di massa complessiva m e lunghezza L e si cal-coli la velocità con cui viaggiano gli impulsi su di essa. In questo caso non possiamo trascurare l’effetto della gravità come si fa per la fune orizzontale, in quanto è il peso stesso della corda che causa la tensione. Scendendo dal punto di sospensione dove è posto l’oscillatore, e detta y la lunghezza della por-zione di fune misurata dal capo libero, abbiamo che un tratto nella posizione y è tirato in basso dal peso della corda sotto di lui, che vale:

( )m

T y y gL

essendo /m L la densità lineare di massa della corda.

y

M

228

Inserendo il risultato nella formula per la velocità: ( / )

/V

m L gygy

m L

n questo caso la velocità di propagazione non è costante ma cresce con la distanza dall’estremo libero. Come sappiamo la velocità di propagazione dipende esclusiva-mente dal mezzo, ed in questo caso le condizioni fisiche del mezzo stanno cambian-do perché varia della tensione lungo la corda. Quali considerazioni generali si possono fare a partire da questo risultato? Le riflessioni fatte si estendono anche agli altri mezzi meccanici, vale a dire che per stabilire la velocità di propagazione delle onde sono rilevanti due aspetti del mezzo: proprietà inerziali: quanta massa viene accelerata al passaggio di ogni impulso. Più grande è questa massa, più lenta risulta l’onda. Infatti più massa deve essere ri-portata nella posizione di equilibrio, meno efficiente risulta il processo di richiamo e di conseguenza sarà più lento anche il trasferimento della perturbazione. proprietà elastiche: con quanta forza il mezzo resiste alle deformazioni. La forza con cui resiste alle deformazioni è la forza con cui il mezzo richiama verso l’equilibrio. Maggiore è questa forza di richiamo, più rapido è il processo di trasfe-rimento della perturbazione, più veloce l’onda. Ne deduciamo una relazione di pro-porzionalità di carattere generale per la velocità delle onde meccaniche:

Vproprietàelastica

proprietà inerziale

Nel caso della corda, la proprietà elastica interessata è T

e quella inerziale , nel

caso del suono vedremo che questi ruoli sono svolti dalla pressione e dalla densità.

8. Sovrapposizione di impulsi Proseguiamo nello studio delle perturbazioni lungo la corda tesa, allo scopo di

capire e visualizzare quello che accade quando nella stessa regione di spazio si tro-vano a passare due o più onde. Si tratta di un fenomeno molto diverso da quello che si verifica quando due particelle collidono nel tentativo di occupare lo stesso spazio. L’esperienza mostra che l’effetto delle perturbazioni ondose si sovrappone, cioè che esse si attraversano, e ciascuna mantiene la propria individualità, senza ve-nire alterata in modo permanente dalla presenza delle altre. Come sappiamo che le onde si sovrappongono inalterate? Ad indicarci la risposta è proprio il comportamento delle perturbazioni semplici sulla corda. Consideriamo le situazioni proposte qui a lato. Nel primo caso viaggia-

N

229

no uno verso l’altro due impulsi identici ma capovolti. Entrambi hanno un profilo simmetrico rispetto al loro punto centrale. In questa condizione di simmetria si os-serva che nell’istante in cui le due perturbazioni occupano lo stesso tratto di corda, i loro disturbi si cancellano reciprocamente e la corda appare imperturbata. Questo comportamento può essere spiegato assumendo che le quote degli scostamenti y dall’equilibrio si addizionano algebricamente. Addirittura possono esservi alcuni punti, detti nodi, (come quello indicato con N ), che restano sempre fermi perché lì le oscillazioni mantengono valore esattamente opposto durante l’intero passaggio. Immediatamente dopo i due impulsi emergono inalterati come se si fossero recipro-camente attraversati, e ciascuno procede nel verso che possedeva inizialmente. Se ne ricava che durante la fase di sovrapposizione i due profili hanno mantenuto immu-tata la loro individualità. La seconda situazione vede procedere uno contro l’altro due impulsi (sempre dotati ciascuno di simmetria rispetto ad un punto centrale) stavolta identici sia nel profilo che nel segno dello scostamento y dall’equilibrio. Nell’istante di completa sovrapposizione si osserva la comparsa di un disturbo il cui profilo è, punto per punto, la somma algebrica delle quote y originarie. Successi-vamente i due impulsi emergono inalterati. I comportamenti sopra descritti, insieme a molte altre osservazioni non solo delle onde trasversali ma anche di quelle longi-tudinali, conducono a concludere che vale un’importante proprietà detta: Principio di sovrapposizione Se due o più onde attraversano la stessa regione di spazio, mantengono inalterata la propria individualità. La perturbazione risultante in ogni punto è la somma algebri-ca delle singole perturbazioni, e ciascuna contribuisce con lo stesso valore che avreb-be se le altre non ci fossero. Cosa accade alle velocità delle particelle durante la sovrapposizione? Le velocità particellari si addizionano secondo le normali regole valide per i vettori. Ad esempio nell’istante di completa sovrapposizione dei due impulsi simmetrici capovolti, la velocità delle particelle è ben lungi dall’essere nulla. Ne risulta invece un vettore orientato in alto, nella regione a destra del punto centrale, in basso, nella regione alla sinistra. La sua intensità è pari alla somma delle componenti verticali originarie, e pertanto è nulla solo nel punto centrale, dove nulle erano anche le velo-cità delle particelle nei due impulsi originari. Nell’istante di completa sovrapposi-zione di due impulsi uguali, simmetrici e capovolti, l’energia dei punti del tratto di corda interessato è interamente in forma cinetica, essendosi cancellate le deforma-zioni verticali che trasportavano energia potenziale elastica. Esercizi 29. Consideriamo due impulsi ideali - impossibili da realizzare - aventi forma ret-tangolare, che procedono uno verso l’altro come in figura, nelle due situazioni pro-poste in figura. Si rappresenti un istante in cui le perturbazioni interessano un tratto comune di corda.

La risposta si ottiene addizionando algebricamente le ampiezze degli scostamenti dall’equilibrio:

230

Il segno di y dipende ovviamente dall’orientamento dell’asse, l’importante è che sia assunto opposto per impulsi che si allungano in verso opposto rispetto alla condi-zione di riposo della corda.

30. Dati due impulsi simmetrici ed equiversi, che viaggiano uno verso l’altro alla ve-locità m/s1V

, si si disegni la successione delle forme assunte dalla corda ad in-

tervalli di un secondo a partire dall’illustrazione in figura.

Facendo avanzare i picchi degli impulsi di un metro ogni secondo che passa ed ad-dizionando le quote si ottiene la seguente serie di “istantanee”:

31. Dati due impulsi simmetrici e aventi verso opposto, che viaggiano uno verso l’altro alla velocità m/s1V

, si si disegni la successione delle forme assunte dalla

corda ad intervalli di un secondo a partire dall’illustrazione in figura. [R]

9. Riflessione e trasmissione degli impulsi

Nel mondo reale, il mezzo in cui viaggiano le onde meccaniche deve necessa-riamente avere un’estensione finita. Quando l’onda ne raggiunge i confini, per im-mettersi in un nuovo mezzo con differenti caratteristiche, i fenomeni che hanno luo-go fanno sì che il bordo si comporti come se fosse una seconda sorgente di oscilla-zioni. Le caratteristiche fisiche dei due mezzi potranno essere più o meno diverse: inizieremo considerando gli impulsi sulla corda nel caso limite (ideale) in cui i mez-zi sono estremamente differenti. Dapprima vedremo cosa accade quando l’impulso tenta di immettersi in un mezzo molto più rigido (ad esempio quando il capo finale è ancorato al muro), poi quello in cui il secondo mezzo è molto meno rigido (cioè quando il capo finale può scorrere liberamente).

321123 m

s0t

321123 m

s0t

V

V

F

F

321123

s2t

m321123

s1t

m

321123

s5t

m321123

s4t

m

321123 m

s3t

321123

s6t

m

231

Che accade quando l’impulso su di una corda incontra un estremo fisso? Quando un impulso come quello in figura, animato da velocità V

, incontra un

estremo fisso (cioè un mezzo molto più rigido), esercita sul vincolo una forza F

(di intensità variabile) in quanto tende a modificare lo stato di quiete delle particelle che lo compongono, volendo accelerarle verso l’alto. Per il terzo principio della dinamica il vincolo esercita sulla corda una forza F

eguale in modulo a quella originaria,

contraria in verso e diretta lungo la stessa retta di azione. In seguito all’azione di F

, alla corda viene impresso un nuovo impulso che risulta

capovolto e speculare rispetto a quello incidente. Questo viene detto impulso riflesso, e si mette in moto in direzione opposta al primo e con velocità V

. La sua forma ca-

povolta e speculare si spiega osservando che il vincolo riproduce l’azione della sor-gente nella stessa successione temporale ma in verso opposto. Pertanto la prima porzione di impulso che incide è anche la prima ad essere rimandata indietro. Che accade quando l’impulso su di una corda incontra un estremo libero? L’incontro con un estremo libero, cioè con un mezzo molto meno rigido, può essere nella pratica realizzato sorreggendo dolcemente la corda con la mano, oppure trami-te un anello libero di scorrere attorno ad un tondino metallico posto orizzontalmen-te. Qui l tratto finale di corda si sposta guidato dall’impulso, e l’anello ripete il mo-vimento inizialmente impresso dalla sorgente. Si genera quindi un impulso specula-re all’originale (la prima porzione di impulso che incide è anche la prima ad essere rimandata indietro) con lo stesso lato verso l’alto rispetto all’originale, e diretto in verso opposto. Esercizi 32. Si disegni il risultato della riflessione di un ideale impulso squadrato nella situa-zione proposta nella figura a lato.

La risposta si ottiene invertendo le posizioni lungo la direzione verticale e lungo quella orizzontale: 33. Si disegni il risultato della riflessione di un ideale impulso squadrato nella situa-zione proposta nella figura a lato. [R] 34. Si disegni il risultato della riflessione di ideali impulsi squadrati nelle situazioni proposte in figura.

La risposta si ottiene invertendo le posizioni lungo la direzione orizzontale: 35. Si disegni il risultato della riflessione di ideali impulsi squadrati nelle situazioni proposte in figura. [R]

V

V

232

Cosa accade nel caso intermedio in cui i due mezzi sono abbastanza simili? Consideriamo due corde di differenti densità lineari9, che chiameremo 1 e 2 se-guendo d’ora in avanti la seguente convenzione: - il pedice 1 indicherà il mezzo dal quale l’onda proviene - il pedice 2 indicherà il mezzo verso il quale l’onda sta andando Si osserva che un impulso che raggiunga il punto di congiunzione viene in parte ri-flesso ed in parte trasmesso nel secondo mezzo. La relazione che esiste fra i due nuovi impulsi dipende dalla natura e dall’entità della differenza fra le caratteristiche fisi-che dei due mezzi. Cosa accade se la l’impulso proviene dalla corda a minore densità lineare? Poniamoci nel caso 2 1 (e quindi 2 1V V

). Nel momento in cui la perturba-

zione proveniente dalla corda con minore valore di entra in quello con maggiore , dato che tenta di modificare lo stato di quiete del mezzo più pesante, esercita su di esso una forza verso l’alto. Il risultato è un impulso che viaggia nel mezzo 2 con forma e velocità orientate come quello originario. Il mezzo 1 però subisce a sua volta un’azione uguale e contraria, da cui nasce un impulso riflesso che sarà capovolto e con forma speculare (perché la porzione di impulso che incide per prima è la prima ad essere riflessa), e che procede in verso contrario all’originario. Gli impulsi rifles-so e trasmesso sono entrambi attenuati in altezza, visto che la somma delle loro energie non può superare quella dell’impulso originario, ed inoltre l’impulso tra-smesso è più lungo dell’impulso riflesso. Infatti va osservato che il punto di congiun-zione delle due corde, nel momento in cui la perturbazione incide, è in comune fra i due impulsi. Pensando ad esso come alla sorgente, se ne deduce che occorre lo stesso tempo per generare tanto l’impulso riflesso che quello trasmesso. Ma se il tempo che occorre ad un punto per essere attraversato da una oscillazione completa è uguale da ambo le parti della corda, e la velocità come sappiamo è differente, ne segue che l’impulso deve essere più lungo dove la velocità è maggiore. Cosa accade se la l’impulso proviene dalla corda a maggiore densità ? Se viceversa è la perturbazione proveniente dalla corda più pesante a voler entrare in quella leggera, anche in questo caso la prima corda subirà l’azione di una forza eguale e contraria a quella esercitata per modificare la quiete delle particelle della seconda. Si tratta tuttavia di una forza di intensità insufficiente a capovolgere l’orientamento in alto dell’impulso, dato che ora la seconda corda è molto più legge-ra (non differentemente, la forza di reazione è minore quando sferriamo un calcio prima conto un pallone e poi contro il muro). Quindi la reazione del secondo mezzo attenuerà l’ampiezza dell’impulso senza capovolgerlo. Il punto di giunzione esegui-rà allora un’oscillazione come quella iniziale, ed il risultato saranno due impulsi, uno nel primo mezzo, con forma speculare, ampiezza ridotta e velocità opposta all’originale, ed uno nel secondo mezzo che prosegue nel verso iniziale, di forma simile all’originale ma più corto per lo stesso ragionamento svolto nel caso preceden-te ma con una velocità che ora è aumentata. 9 Pertanto i due mezzi sono caratterizzati da differenti impedenze 1Z e 2Z , vedi paragrafo sugli strumenti a corda.

PRIMA

DOPO

1 2

PRIMA

DOPO

1 2

233

Come possiamo far scomparire un’onda senza che ci siano riflessioni? E’ necessario che il capo finale della corda oscilli proprio come farebbe se la fune continuasse. Possiamo agganciare l’estremo ad un pistone, il cui attrito interno ri-produca esattamente quello della corda: in questo caso non avviene alcuna riflessio-ne ma l’energia dell’onda è interamente assorbita dal pistone, che si riscalda. Qual-cosa di simile si riesce ad ottenere legando il capo della fune al piede di un tavolo e poi lasciando una metà di corda adagiata sul pavimento, mentre l’altra metà viene inclinata reggendo l’altro capo con la nostra mano. Se scuotiamo l’estremo osser-viamo il treno di onde che viaggia verso il pavimento, dove le oscillazioni sono as-sorbite senza dare luogo a riflessioni. Nel paragrafo dedicato agli strumenti a corda vedremo che questa condizione di assenza di riflessione può essere vista in termini di una grandezza che si chiama impedenza, che misura quanto il mezzo si oppone al passaggio delle onde. Si eliminano le riflessioni quando le impedenze dei due mezzi sono il più possibile vicine (o come si dice “adattate”) perché dal punto di vista dell’onda è come se il primo mezzo non si interrompesse. Quando la differenza fra le impedenze è massima si ha massima riflessione: sono i due casi sopra esaminati dell’estremo vincolato (impedenza infinita) e dell’estremo libero (impedenza nulla).

10. Onde periodiche Esaminiamo adesso, sempre con un particolare riferimento alle vibrazioni sulla corda, le proprietà cinematiche dei treni d’onda, cioè quelle perturbazioni che si osservano quando la sorgente ripete regolarmente lo stesso impulso, compien-do un moto periodico con una sua frequenza f ed un suo periodo T . Qual è il treno di onde più semplice possibile? Nel modo reale il treno d’onde, per quanto lungo possa essere, ha comunque un ini-zio, una fine, e quindi una durata. Anche se può apparire strano, da un punto di vi-sta matematico è più semplice trattare un treno d’onda ideale, di durata infinita, che non uno che inizia e termina. Infatti quando studiamo un fenomeno fisico circoscrit-to nel tempo e nello spazio, ci dobbiamo interessare anche di ciò che succede nei par-ticolari istanti iniziale e finale, cosa di cui invece non ci preoccupiamo se la è durata infinita. Pertanto introdurremo una sorta di perturbazione idealizzata, formata da un numero infinito di ripetizioni dello stesso impulso, e la chiameremo onda periodi-ca. Un’onda reale che risponda rigorosamente a tali caratteristiche non esiste, tutta-via considereremo periodica un’onda che si ripete regolarmente per un tempo mol-to più lungo dell’intervallo durante il quale siamo interessati a studiarla. Cosa significa dire che due punti oscillano “in fase”’? La replica dello stesso impulso da parte della sorgente ha per conseguenza il fatto che lungo la corda esistono dei punti che sono raggiunti simultaneamente dalla stes-sa caratteristica del profilo. Avremo ad esempio una serie di punti che si troveranno nello stesso momento ad avere la massima distanza dalla posizione di riposo, altri

2

234

che occuperanno contemporaneamente un minino, altri ancora una stessa posizio-ne a metà del profilo. Allo scorrere dell’onda queste serie di punti vibrano in sincro-nia, andando insieme su e poi insieme giù, e poi risalendo di nuovo, a seconda della geometria del profilo, e per questo di dice che oscillano in fase. Ad esempio vibrano in fase tutti i punti A della figura, così come tutti i punti B.

Si dice che due o più punti sono in fase quando oscillano in sincronia, essendo rag-giunti contemporaneamente dalla stessa regione del profilo dell’impulso d’onda.

Come possiamo misurare l’estensione di un singolo profilo in un’onde periodica? Se scattiamo una foto dell’onda ad un dato istante, ne otteniamo l’andamento, per così dire, “congelato”. E’ facile rendersi conto che essendo l’andamento un replica infinita dello stesso profilo, la distanza fra un punto ed il più vicino che oscilla in fase con esso, è sempre la stessa. Usando quindi come simbolo la lettera greca lambda : Si dice lunghezza d’onda , la più breve distanza fra due punti che oscillano in fase. Lo specificare che si tratta della più breve distanza significa che per misurare a par-tire da un qualunque punto sulla corda dovremmo scegliere, fra tutti quelli in fase con esso, il primo vicino cioè quello successivo. Gli altri disteranno evidentemente un multiplo intero di lunghezze d’onda: 2 , 3 e così via. Non ha quindi alcuna im-portanza se si sceglie di misurare la lunghezza d’onda come distanza fra due creste successive, fra due gole successive o fra due qualunque punti consecutivi che oscil-lano in fase. Il valore di verrà lo stesso, ed è il parametro che esprime la lunghez-za di un singolo profilo in un treno di onde. Che relazione esiste fra e la frequenza della sorgente? La sorgente, lo ricordiamo, deve compiere un moto periodico per generare un treno di onde. Il periodo T e la frequenza f di questo moto possono essere misurati po-nendoci fissi in un punto dello spazio, contando il numero di profili che ci passano davanti in un dato intervallo di tempo, e calcolando i rapporti:

tempo trascorsonumero dei profili che passano

T numero dei profili che passanotempo trascorso

f

Ci si riferisce a queste grandezze come al periodo ed alla frequenza dell’onda: il si-gnificato è lo stesso di quelle introdotte per il moto periodico, così come il fatto che sono reciproche ( 1/f T ). Il periodo corrisponde al numero di secondi che occor-re ad un singolo ciclo per oltrepassare un punto nello spazio. Quindi, ricordando che un profilo è lungo , e che la velocità dell’onda ha un’intensità costante V

che di-

pende solo dal mezzo, facendo il rapporto fra lo spazio percorso dall’impulso ed il tempo T che ha impiegato per attraversarlo si ottiene la velocità:

V fT

A A A

B B B

235

Un modo alternativo di leggere l’ultima formula è pensare di moltiplicare il numero f di cicli svolti al secondo per la lunghezza di un ciclo, così da ottenere la lunghezza attraversata in un secondo, cioè la velocità. Per riassumere quindi: f è determinata solo dalla sorgente V

è una proprietà del mezzo è determinata sia dal mezzo che dalla sorgente Che succede ad f e a quando l’onda passa da mezzo ad un altro? In questo caso osserviamo una variazione di V

e di , che dipendono dal mezzo,

ma nessun cambiamento di f , che dipende dalla sorgente. Come per un solo impulso, quando V

nel secondo mezzo diminuisce, deve diminuire. Infatti, se i profili si

spostano più lentamente, renderli più corti è il modo per tenere uguale il numero f di impulsi che attraversano un punto dello spazio. Usando il pedice 1 per il mezzo da cui l’onda proviene, ed il pedice 2 per il mezzo nel quale l’onda sta entrando, si vede infatti che, la relazione fra le lunghezze d’onda è la stessa che c’è fra le velocità:

2 22

1 11

/

/

V f V

VfV

11. Onde armoniche Cosa si intende per onda armonica? Un’onda armonica è un particolare caso di onda periodica, in cui la sorgente, ed ogni punto del mezzo, seguono oscillazioni armoniche. Oscillano di moto armonico ad esempio le lamine ancorate ad un estremo, come i rebbi di un diapason, la forchetta che si usa per accordare gli strumenti. Come sappiamo, il moto armonico ha per legge oraria una funzione seno, quindi se connettiamo uno dei rebbi al capo di una corda, osserviamo lo sviluppo di que-sta legge oraria nello spazio: il profilo di ogni impulso sarà un periodo di sinu-soide, con le caratteristiche creste e gole. La lunghezza d’onda è in questo caso la semplice distanza fra due creste (o due gole) successive. L’importanza delle onde armoniche risiede nella scoperta del fisico francese Fourier (inizi del XVIII secolo), per cui esse sono una sorta di alfabeto con il qua-le “scrivere” le altre. Le onde generiche possono infatti essere immaginate come sovrapposizione di tante onde armoniche di diversa frequenza.

236

Cosa si intende per equazione di un‘onda? L’equazione dell’onda è una formula che permette di esprimere in ogni punto dello spazio, e per ogni istante di tempo, la grandezza fisica che è stata pertur-bata e sta viaggiando. Ad esempio nel caso delle onde su di una corda, si tratta dell’altezza y di cui ciascun pezzetto si solleva rispetto alla posizione di equili-brio mentre l’onda sta passando. Nel caso del suono in aria sarà invece la varia-zione nella pressione rispetto al valore medio atmosferico. Come si ricava l’ equazione di un‘onda armonica? Procederemo considerando una corda tesa il cui capo libero viene fatto oscillare di moto armonico. Sappiamo allora che il punto iniziale della corda, ove po-niamo la sorgente e l’origine degli assi, avrà un’altezza 0( )y t che cambia nel tempo come fa la proiezione lungo le ordinate di un moto circolare uniforme di raggio A e velocità angolare . Come si vede risulta 0( ) siny t A .

Ricordando che per l’angolo spazzato in radianti è 2t t

T

otteniamo:

02

( ) siny t A tT

Questa è la legge oraria del capo della corda. Consideriamo ora un qualunque punto a destra dell’origine, segnato x in figura: ogni impulso vi giungerà dopo un ritardo pari ad intervallo t . Se V

è la velocità dell’onda abbiamo:

V

V

xt x t

Di conseguenza il punto x ha, nell’ istante t , l’altezza y che il punto 0x aveva t secondi prima, e cioè all’istante t t . In formule questo si scrive:

0( ) ( )y t y t t

da cui si ha la posizione nel tempo di un generico punto sulla corda:

Asin

x

y

A

A

0

237

2 2( ) sin sin

V

xy t A t t A t

T T

.

Infine, ricordando che V T

, si ottiene l’equazione di un’onda armonica di

periodo T e lunghezza d’onda che viaggia nel verso delle x crescenti:

2 2( , ) siny x t A t x

T

Come possiamo leggere l’ equazione dell’onda armonica? Essa, nota la posizione x di un pezzettino di corda, ne fornisce la quota y per ogni lettura t dell’orologio. Come si vede, se aumenta il tempo, l’argomento del seno ( e quindi la quota y ) resta uguale solo se aumenta anche la posizione x . Questo corrisponde a dire che la perturbazione si è spostata nel verso in cui aumentano le ascisse, oppure, che l’onda è progressiva. Cosa si intende per fase dell’onda? La fase è la grandezza che esprime, tramite i radianti, il “percorso” fatto com-plessivamente dall’onda nello spazio e nel tempo:

2 2t x

T

Per capirne il significato ricordiamo che, incrementando il tempo di un periodo, o avanzando di una lunghezza d’onda, ritroviamo lo stesso profilo dell’onda che si ripete. Queste operazioni corrispondono allora ad addizionare 2 ra-dianti all’argomento del seno, da cui le definizioni:

:T tempo che deve trascorrere affinché la fase dell’onda vari di 2 : distanza che l’onda deve attraversare affinché la sua fase vari di 2 10

La frazione 2 /T quindi esprime i radianti da associare ad ogni secondo che passa: se moltiplicata per t trasforma in radianti il tempo trascorso. La frazione 2 / costituisce i radianti da associare ad ogni metro attraversato: se moltipli-cata per x trasforma in radianti lo spazio attraversato. L’argomento del seno è la differenza fra i radianti accumulati dalle oscillazioni nel tempo dall’istante zero e quelli impiegati per giungere nel punto x . Si definiscono poi:

Numero d’onda: 2k quantità di cui varia la fase nell’unità di percorso

Pulsazione: 2T quantità di cui varia la fase nell’unità di tempo

10 In formule: t t T 2 2 2 2t x

T Tfase t T x

x x 2 2 2 2t xT Tfase t x

238

così che l’equazione delle onde si può scrivere anche: ( , ) siny x t A t kx . Cosa esprime l’equazione dell’onda se fissiamo la coordinata x? L’espressione dipende sia dal tempo che dalla posizione. Se in essa si fissa il va-lore di x otteniamo l’andamento in funzione del tempo dell’altezza di quel punto, cioè la legge oraria del trattino di corda che occupa la posizione x . In partico-lare se 0x si ha la legge oraria dell’origine: 2( ) sin Ty t A t Cosa esprime l’equazione dell’onda se fissiamo il tempo t? Se viceversa si fissa il valore di t , otteniamo l’altezza che la corda ha in quel momento in funzione della posizione, e cioè una foto della corda all’istantet . In particolare all’istante 0t - supponendo l’onda iniziata da prima – si ha

2 /( ) siny x A x . In conseguenza del diverso segno che hanno la parte spaziale e quella temporale della fase, la foto dell’onda ha un andamento specu-lare rispetto alla legge oraria. Come per il caso dell’impulso singolo, questo esprime il fatto che le prime posizioni in ordine cronologico (quelle a sinistra sull’asse dei tempi), sono quelle più avanti sull’asse delle x . Se vogliamo scri-vere l’equazione di un’onda in cui la posizione della corda a 0t non sia l’origine, dobbiamo traslare la curva 2 /( ) siny x A x , cioè sommare un valore costante alla fase. Ad esempio se il capo della corda parte dal punto più in basso la fase iniziale deve valere /2 , quindi:

2 2

( , ) sin2

y x t A t xT

in questo modo si ha per 0t ed 0x , 2siny A A .

In conseguenza del valore della fase iniziale l’equazione delle onde può assumere altre espressioni, diverse da quella qui ricavata.11 Esercizi 36. Si scriva l’equazione dell’onda armonica che procede verso destra alla velocità di

m/s2.0 ed all’istante s0.0t assume la forma in figura.

Da un’analisi della figura risulta m5.0A e m/4 3.0 da cui m12 .

Ricaviamo il periodo dell’onda: s s/ 12/2.0 6.0T V

.

Per s0.0t si ha y A : la fase in quel momento deve valere /2 . Allora:

2 2( , ) 5.0 sin

6.0 12 2y x t t x

11Nel caso proposto, essendo sin /2 cos si ottiene cos 2 / 2 /y A t T x

12 3

2 2

A

A

x

2sin( )y A x

0fotografia al tempo t

m3.0

m5.0

x

y

12T T 3

2T 2T

A

A

t

2sin Ty A t

0leggeoraria del punto x

y

x

2

239

Quando due onde si dicono in fase e quando in opposizione di fase? Due onde armoniche la cui fase differisce di 2 o di un suo multiplo si dicono in fa-se. Esse hanno creste e gole esattamente coincidenti: in figura sono leggermente sfal-sate per chiarezza. Due onde armoniche la cui fase differisce di o di un suo multi-plo dispari, si dicono in opposizione di fase od anche in controfase. In questo caso le cre-ste della prima onda sono sovrapposte alle gole della seconda e viceversa. Esercizi 37. Due oscillatori di frequenza Hz10f generano insieme due onde in due corde uguali, la seconda avente una tensione quattro volte la prima. Sapendo che la prima onda viaggia a m/s3.5 si trovi la differenza di fase dopo un tratto m0.50x .

La velocità della seconda onda è doppia: 2 14 / 2 / 2V T T V

ed inoltre risulta doppia anche la sua lunghezza d’onda 2 12 . Consideriamo un qualunque tempo t successivo al raggiungimento del punto x da parte dell’onda più lenta. La differenza di fase in x vale:

2t

T

1

2 2x t

T

2 1 1 1

2 2 22

x x x x

e ricordando che 11 /V f

, si ottiene:

rad rad1 /

3.140.50 4.5

3.5/10V fx

Cosa cambia nell’equazione se l’onda viaggia in direzione opposta all’asse x? Per l’onda che viaggia nella direzione negativa, detta anche regressiva, un punto x ha, nell’ istante t , l’altezza 0y che il punto 0x avrà t secondi dopo, e cioè

0( , ) ( )y x t y t t . Replicando i calcoli fatti per l’onda progressiva si trova:

( , ) siny x t A t kx

Quindi nella progressiva i termini t e kx sono discordi, nella regressiva concordi.

12. Scomposizione di Fourier Cosa produce il principio di sovrapposizione sulle onde armoniche? Come sappiamo dallo studio degli impulsi, il principio di sovrapposizione rende possibile addizionare algebricamente gli effetti delle onde. Quando due onde armo-niche di pari frequenza si attraversano come in figura, producono ancora un’onda armonica della stessa frequenza. Si osservano fenomeni detti di interferenza, che consistono nel rafforzamento o nell’indebolimento dell’ampiezza, che risultano più o meno marcati a seconda di quanto le creste e le gole si sovrappongono. I casi che si presentano vanno dal massimo di interferenza costruttiva, quando le creste della prima onda coincidono perfettamente con le creste della seconda (e lo stesso accade con le gole), al massimo di interferenza negativa, se le creste della prima onda sono

stessa f

diversa f

in fase

in controfase

240

perfettamente sovrapposte alle gole della seconda). In quest’ultima situazione, se le due onde hanno anche la stessa ampiezza, si assiste ad un istante di cancellazione totale. La somma di due o più onde armoniche di frequenza differente, produce un’onda anch’essa periodica, ma in generale non si tratta più di un’onda armonica, come si intuisce subito osservando gli esempi in figura. Esercizi 38. Due onde armoniche di frequenza Hz5.5f ed ampiezze m0.35 e m0.45 , si attraversano lungo una corda procedendo in versi opposti alla velocità di m/s11 . Relativamente alla figura d’interferenza che si produce, si trovino il massimo ed il minimo scostamento dall’equilibrio e la distanza che li separa. Calcoliamo la lunghezza d’onda: m m/ (11 / 5.5) 2.0V f

.

La massima ampiezza si produce quando le due onde sovrappongono creste a creste e gole a gole, ed è pari alla somma della due ampiezze: m m(0.35 0.45) 0.80 .

La minima ampiezza, pari alla differenza fra le due: m m(0.45 0.35) 0.10 si ha

quando le creste della prima si sovrappongono alle gole della seconda. Questo ac-cade quando la distanza fra le creste delle due onde diventa m/2 1.0 .

In cosa consiste la scomposizione di Fourier? Il fisico francese Fourier ha dimostrato che si può percorrere anche la strada inversa, vale a dire che ogni onda periodica di frequenza f può essere ottenuta addizionan-do una serie di onde armoniche. A contribuire al processo di sovrapposizione sono però solamente le frequenze multiple intere di f , dette anche armoniche di f , e cioè:

f ,2f , 3f , 4f ,…nf n intero

Le armoniche di una data frequenza hanno infatti la proprietà di completare un nu-mero intero di oscillazioni nel tempo che occorre a quella di frequenza fondamentale per completarne una sola. In questo modo, trascorso ogni periodo dell’armonica fondamentale, tutto il gruppo di onde si viene a trovare simultaneamente nella posi-zione di partenza. Così il risultato dell’addizione sarà un’onda anch’essa di frequen-za f , che è il più piccolo multiplo di tutte le altre. Le ampiezze delle armoniche non sono uguali e vanno calcolate di volta in volta, ed alcune possono essere nulle. Ad esempio riportiamo lo sviluppo di Fourier per: Il segnale ad onda quadra: si ottiene sommando solo le armoniche dispari, prendendole con ampiezza decrescente come 1/n .

241

Il numero complessivo delle armoniche da addizionare è idealmente infinito, qui abbiamo approssimato l’onda quadra di frequenza f (tratteggiata) sommando solo la prima, la terza e la quinta armonica, cioè, posto 2 f , le funzioni sin x , 13 sin 3 x , 1

5 sin 5 x Il segnale a dente di sega: si ottiene sommando tutte le armoniche prendendole con ampiezza decrescente 1/n .

Anche in questo caso l’onda a perfetto dente di sega di frequenza f (tratteggiata) si avrebbe addizionando infinite armoniche. Qui si riporta la somma solo delle prime quattro, cioè, posto 2 f , le funzioni sin x , 1

2 sin2 x , 13 sin 3 x , 1

4 sin 4 x . L’onda triangolare simmetrica: si ottiene sommando solo le armoniche dispari, con ampiezza decrescente come 21/n , prese a segni alterni .

L’onda a tratto spesso è ottenuta con le sole prime tre armoniche dispari, cioè, posto

2 f , sin x , 19 sin 3 x , 1

25 sin 5 x . Per avere la perfetta onda triangolare simmetrica tratteggiata, di frequenza f ci vogliono tutti gli infiniti addendi . Cos’è lo spettro di un’onda? Si tratta dell’insieme delle ampiezze delle armoniche di Fourier la cui somma costi-tuisce l’onda stessa. Ad esempio lo spettro dell’onda quadra è formato dalle infinite armoniche dispari prese con ampiezza 1/n , cioè 1 1A , 2 0A , 3 1/3A ,

4 0A , 3 1/5A e così via. Il calcolo dello spettro di un’onda periodica non è ef-fettuabile con i soli metodi dell’algebra, ma richiede nozioni più avanzate. In figura riportiamo un’onda periodica formata da solo cinque armoniche, ed il suo spettro. Come s vede, nel caso più generale le armoniche possono anche presentare una dif-ferenza nella fase iniziale.

1f

2f

3f

4f

5f

1f 2f 3f 4f 5f

A

242

13. Onde stazionarie sulla corda e risonanza Cosa si intende per risonanza? Come sappiamo, quando l’onda raggiunge i confini di un mezzo di estensioni finite, mentre una parte prosegue il cammino, una porzione più o meno consistente della perturbazione viene rinviata all’indietro attraverso il meccanismo della riflessione. Se tuttavia, nel contempo, anche la sorgente che ha prodotto l’onda originaria conti-nua ad oscillare, il mezzo si riempie di due treni che viaggiano in direzioni opposte. Il loro effetto combinato può dare luogo ad interferenze costruttive che rafforzano le ampiezze delle onde. Il fenomeno è noto come risonanza, ed è il principio base del funzionamento degli strumenti musicali e di numerosi dispositivi sonori naturali come la nostra bocca e la faringe, oppure il canale auricolare. Analizziamo il feno-meno della risonanza nel semplice caso di una corda tesa fra due estremi vincolati. Come descrivere i due treni d’onda sulla corda con estremo vincolato? Dobbiamo pensare al punto di ancoraggio come se fosse una seconda sorgente: ogni impulso che vi incide viene capovolto e rilanciato all’indietro verso la sorgente origi-naria, dove incontra le nuove perturbazioni che questa continua ad emettere. Se la corda è lunga L , ogni impulso impiegherà un tempo pari a 2 /L V

per tornare al

punto di partenza. Qui il processo di riflessione si ripete: l’impulso si scontra con la sorgente, ad esempio una lamina che sta vibrando. Se la corda è abbastanza elastica, l’ampiezza dell’impulso diviene maggiore dell’ampiezza di oscillazione della lamina che l’ha creata, e così anche la prima sorgente potrà nella pratica considerarsi un se-condo punto di ancoraggio, dove l’impulso si riflette di nuovo, ribaltandosi per la seconda volta. Ora, se calibriamo la sorgente in maniera che il suo periodo sia uguale al tempo necessario per questo viaggio di andata e ritorno:

2Ldurata di un giro andata e ritorno T

V

allora l’istante in cui l’impulso è tornato nella posizione iniziale è proprio quello in cui viene prodotto un nuovo impulso, che risulta così perfettamente sovrapponibile a quello originario. La sovrapposizione è del tipo che dà luogo ad interferenza co-struttiva, e la perturbazione si rafforza un poco ad ogni nuovo giro, e così si osserva un progressivo aumento dell’ampiezza ad ogni nuova oscillazione. Ma allora perché la perturbazione non cresce senza limite? Gli impulsi sono soggetti all’azione di contrasto fatta dall’attrito fra le fibre della cor-da, che tende a diminuire la loro ampiezza convertendo lo stato di moto ordinato dell’onda in effetti di riscaldamento. Questa attenuazione è tanto più forte quanto maggiore è l’ampiezza stessa, quindi più l’interferenza costruttiva amplifica l’impulso, più esso viene ridotto ad opera dell’attrito. Pertanto l’impulso cresce in

progressiva regressiva

243

ampiezza solo fino a che lo stato di moto immesso ogni secondo12 dalla sorgente nel-la corda supera quello che la corda perde, nello stesso tempo, per opera dell’attrito. Il sistema si stabilizza nel momento in cui la dispersione e la nuova immissione ogni secondo divengono uguali. A questo punto l’ampiezza raggiunta, detta di risonanza, non cambia più fintanto che la sorgente continua a vibrare. Quali sono le frequenze della sorgente che mettono in risonanza la corda? Stare al passo con la sorgente di oscillazione è un po’ come dare spinte ad un’altalena al momento giusto: l’ampiezza delle oscillazioni cresce solo se si impri-me una nuova forza ogni volta che un ciclo viene completato. Questo conduce alla condizione già scritta sopra per il periodo, che tradotta in frequenza diviene:

12 1

2

VLun giro T f armonica fondamentale

T LV

Il valore di 1f è detto armonica fondamentale della corda. In generale lo stesso effetto di amplificazione si può ottenere anche se facciamo en-trare due interi impulsi nel tempo di un giro, oppure tre e così via. In questi casi in-fatti coincidono sempre creste e gole della nuova onda e di quella riflessa.

2 12 1

2 2 22

VLun giro T f f seconda armonica

T LV

3 12 1

3 3 32

VLun giro T f f terza armonica

T LV

12 1

2n

VLun giro nT f n nf n sima armonica

T LV

Quali sono le lunghezze d’onda ammesse? La condizione trovata per le armoniche, se letta in termini di , significa che la ri-sonanza amplifica solo quelle vibrazioni tali che un numero intero di mezze lun-ghezze d’onda entrino esattamente nell’estensione L del mezzo. Si ha risonanza se la corda contiene un numero intero n di mezze lunghezze d’onda:

2L n

1

2; 1,2, 3, 4...

2n

VLf n nf n

n L

.

Quali caratteristiche ha l’onda che si genera alla fine sulla corda? Dovendo ospitare un numero intero di mezze lunghezze d’onda, ed essendo i capi vincolati, sulla corda compare una struttura scandita da una serie di posizioni che

12 Si tratta in realtà dell’energia immessa ogni secondo che eguaglia l’energia dissipata ogni secondo per attrito, come vedremo meglio.

armonica fondamentale

12;L f f

seconda armonica

1; 2L f f

terza armonica 3

12; 3L f f

nodo

antinodo

244

rimangono fisse nello spazio, dette nodi. Essi sono presenti non solo negli estremi, in cui le oscillazioni sono impedite, ma anche internamente alla corda ogni mezza lun-ghezza d’onda, laddove il principio di sovrapposizione fra le onde progressiva e re-gressiva opera in modo che i due contributi si cancellino per interferenza distruttiva. Fra ogni coppia di nodi consecutivi si stabilisce invece una zona dove la corda vibra, detta ventre, con un punto, l’antinodo, dove l’ampiezza di oscillazione è massima. In base alle condizioni trovate abbiamo che un nodo ed un antinodo si distanziano di quarto di lunghezza d’onda. Come dimostreremo anche matematicamente, i punti della corda compresi fra due nodi oscillano in fase, cioè il loro moto è sempre armonico ma anziché vibrare in sequenza come nell’onda originaria, lo fanno simultaneamente, cioè raggiungono insieme il loro massimo così come ripassano contemporaneamente per la posizione di equilibrio. Due ventri consecutivi oscillano invece in controfase cioè le loro accelerazioni sono sempre opposte. Questo tipo di perturbazione è confinata nella corda e pertanto non trasporta energia: viene detta onda stazionaria. Esercizi 39. Un’onda avente m3.2 viaggia verso l’estremo vincolato di una corda, dove viene riflessa. Si dica a quale distanza dall’estremo troveremo i primi due nodi e a quale distanza i primi due antinodi. Escludendo i nodi negli estremi, avremo i primi due nodi a distanze multiple di mezza lunghezza d’onda misurate dal capo vincolato, cioè a m1.6 e m3.2 . Distan-ziati di un quarto di lunghezza d’onda da questi, avremo i primi due antinodi, cioè per m0.80 e m2.4 . 40. La terza armonica di una corda lunga cm90.0 ha una frequenza di Hz440 . Si calcolino: la lunghezza d’onda della nota sulla corda, la velocità delle onde su quella corda, la lunghezza d’onda che la vibrazione assume passando nell’aria. [R: m m/s m0.600 ,264 ,0.780 ]

Come si ricava l’equazione dell’onda stazionaria sulla corda? Diremo progressiva l’onda generata nell’estremo sinistro della corda, in moto nella direzione positiva delle ascisse. La sua equazione è:

( , ) sinPy x t A t kx

Diremo regressiva l’onda generata nell’estremo destro della corda, in moto nella di-rezione negativa delle ascisse. La sua equazione è:

( , ) sinRy x t A t kx

Il moto che anima un punto sulla corda non è più quello dell’onda progressiva, ma nemmeno quello dell’onda regressiva: è invece il loro effetto combinato secondo il principio di sovrapposizione. La distanza ( , )y x t del punto dalla posizione di equi-librio sarà quindi data dalla somma algebrica degli effetti di entrambe le onde:

( , ) ( , ) ( , ) sin sinP Ry x t y x t y x t A t kx A t kx

245

Applicando la formula di prostaferesi per la somma di due seni13:

12( , ) 2 sin[ (y x t A t kx t kx 1

2)] cos[ ( t kx t )]kx

e ricordando che cos cost t si ottiene l’equazione dell’onda stazionaria su di una corda:

( , ) 2 sin cosy x t A kx t Cosa si deduce da questa equazione? Da un’analisi dell’equazione delle onde stazionarie sulla corda emergono due im-portanti proprietà:

L’equazione ottenuta non è più quella di un’onda, né progressiva né regressi-va, in quanto non contiene le espressioni t kx . Proprio perché non ab-biamo a che fare con qualcosa che si propaga, la perturbazione risultante è detta onda stazionaria.

Il fattore cos t dipende solo dal tempo mentre il termine sinkx unica-mente dalla posizione. Se fissiamo l’ascissa di un punto sulla corda, la sua altezza rispetto all’equilibrio oscilla di moto armonico con ampiezza

( ) 2 sinA x A kx : ( , ) ( )cosy x t A x t

Possiamo cioè interpretare il fattore indipendente dal tempo 2 sinA kx come un modulatore dell’ampiezza del moto di oscillazione: la corda si potrà immaginare come costituita da tanti punti che vibrano di moto armonico con ampiezza differen-te, che cambia al variare di x secondo la legge ( ) 2 sinA x A kx . In che relazione sono le oscillazioni di due “occhielli” consecutivi? Dovendo essere l’ampiezza un numero positivo, va osservato che si può porre

( ) 2 sinA x A kx solo se per la x di quel punto risulta sin 0kx . Per quei valori delle ascisse che hanno sin 0kx porremo ( ) 2 sinA x A kx ed allora l’equazione delle oscillazioni sarà ( , ) ( )cosy x t A x t . Quindi, come si era già anticipato, i punti di due “fusi” consecutivi sono in opposizione di fase, cioè mentre i punti del primo salgono quelli del secondo scendono, e viceversa. Le due regioni sono visibili in figura. Come si può ritrovare la condizione sulle lunghezze d’onda ammesse? Se vogliamo realizzare delle onde stazionarie, il fattore 2 sinA kx che modula l’ampiezza delle oscillazioni dei punti deve ridursi a zero nei due estremi, dove la corda rimane ferma. Nella posizione 0x la condizione è soddisfatta qualunque sia L . Nell’estremo x L , ricordando che 2 /k ,deve essere: 13 1 1

2 2sin sin 2 sin ( ) cos ( )p q p q p q

x

y

246

22 sin 0 , 1,2,3...

2A kL kL L n L n n

cioè ritroviamo la stessa condizione per cui nella corda deve entrare un numero in-tero di mezze lunghezze d’onda.

14. Gli strumenti a corda Ma quale di queste frequenze nota sentiamo quando la corda vibra? L’armonica fondamentale, quella con 2L , individua la frequenza della nota che si dice associata alla corda. Le armoniche superiori sono meno intense in quanto più attenuate dall’attrito per il maggior numero di piegamenti che impongono alla corda. Se fosse la sola a vibrare, lo strumento avrebbe la sonorità di un diapason, che non risulta molto gradevole all’orecchio. Ma la presenza delle armoniche supe-riori, combinate con l’armonica fondamentale con ampiezze relative delle oscilla-zioni che variano molto da uno strumento all’altro, produce una sonorità caratte-ristica dello strumento, detta timbro.14 Con quali frequenze oscillano le corde degli strumenti musicali? Gli strumenti che producono suoni per mezzo di una serie di corde ancorate ai due estremi, a differenza del caso esaminato prima, non sono provvisti di una sorgente che imponga loro la frequenza alla quale devono vibrare. Le corde vengono invece pizzicate (come nella chitarra o nell’arpa), martellate (come nel pianoforte), oppure sfregate (come nel violino e negli archi in genere). L’azione della tensione che le ri-chiama verso la posizione di equilibrio, fa innescare oscillazioni aventi un grande numero di frequenze diverse. Fra tutte le vibrazioni possibili però, soltanto alcune vengono naturalmente amplificate per effetto della sovrapposizione con le onde ri-flesse dai punti di ancoraggio. Si tratta proprio della serie di armoniche di frequenza

2n

Vnf

L

, che per il fatto di essere esaltate costituiscono un insieme di oscillazioni

naturali per la corda, e sono a volte dette modi normali del sistema.

14 L’orecchio umano percepisce due vibrazioni di frequenza doppia come una stessa nota. Il salto di frequenza corrispondente al raddoppio si dice intervallo di un’ottava. Un’ottava viene divisa in 12 semi-toni. Fra le frequenze di due note distanti un semitono si ha 12

2 12f f in modo che scorrendo

l’ottava sia volte

12 12 12 12

12

2 2 2... 2 2f f . Quando vibra la corda corrispondente al DO

centrale nel pianoforte Hz532.2f , le armoniche 2 ,4 ...f f sono i successivi DO. Le

armoniche 3 ,6 ...f f sono SOL mentre le armoniche 5 ,10 ...f f sono MI. Dunque una singola nota reale nasconde al suo interno un accordo maggiore.

247

Come possiamo cambiare l’altezza del suono emesso dalle corde? Inserendo nella formula per le armoniche l’espressione della velocità delle onde sul-la corda in funzione della sua densità lineare si ottiene:

2n

Tnf

L

Questa formula permette di capire che esistono tre modi per cambiare la frequenza di tutta la serie delle armoniche - e di conseguenza l’acutezza del suono emesso. Possiamo rendere più acuta la nota accorciando la corda, tendendola, oppure assotti-gliandola. Nel primo caso la scelta di una minore lunghezza L , riducendo il denominatore nell’espressione, produce una serie di armoniche di frequenza maggiore. Una corda lunga la metà, a parità delle altre condizioni, produrrà una nota di frequenza dop-pia, o come si dice, un’ottava sopra. Così, in generale, più piccole saranno le dimen-sioni dello strumento, più acute le note che esso emetterà, come si verifica facilmente confrontando i suoni di un violino con quelli di un contrabbasso. Per produrre una nota più acuta possiamo operare anche aumentando la tensione della corda: la presenza della radice fa ora sì che per raddoppiare la frequenza e far uscire l’ottava superiore occorre tenderla di quattro volte il valore originario. Appo-site chiavette permettono di fissare la giusta frequenza variando la tensione. Infine possiamo agire sulla densità lineare che figura al denominatore: in una chi-tarra od in un violino le corde che devono emettere note basse sono più spesse e circondate da una spirale di metallo che ne accresce la densità lineare; viceversa le corde che devono produrre note acute sono leggere e sottili. Il fatto che la densità lineare figuri al denominatore sotto radice, fa si che per avere una frequenza doppia si debba dividere per quattro il valore di Come funziona una chitarra? La chitarra si compone di sei corde di differente densità e spessore, ancorate in cima (capotasto) ed in fondo (ponticello). Lungo il manico della chitarra (la ta-stiera) si trovano delle barrette metalliche che suddividono la lunghezza in tanti spazi. Se premiamo il dito in uno di questi, la barretta metallica immediatamen-te successiva diviene un nodo che sostituisce quello che inizialmente si trovava al capotasto. La corda, che è stata accorciata, produce ora una serie di armoni-che dalla frequenza maggiore. In ogni caso, quando pizzichiamo una corda, di tutte le armoniche noi sentiamo soprattutto la fondamentale, che è molto più intensa delle altre. Perché la fondamentale risulta più intensa? Uno dei motivi per cui negli strumenti a corda domina questa armonica, è il fat-to che essendo la sua lunghezza d’onda la maggiore, produce nelle oscillazioni un andamento gentile e morbido della corda, che viene poco attenuato dalle fri-zioni. Le armoniche superiori invece, impongono che più lunghezze d’onda en-trino nella corda, e quindi i piegamenti che questa deve seguire sono più con-

248

torti. La conseguenza è un maggiore smorzamento dell’intensità dovuto a fri-zioni interne, che rende le armoniche tanto più deboli quanto più alto è il loro ordine. A cosa serve la cassa dello strumento? Quel che vogliamo dallo strumento è che il suono prodotto dalle oscillazioni delle corde, propagandosi nell’aria, giunga alle nostre orecchie: l’energia deve essere tra-sferita efficacemente dalle corde all’ambiente. Si esprime questo concetto dicendo che i due mezzi che sostengono le onde (le corde prima, e poi l’aria) debbono essere bene accoppiati. La corda oscillante, da sola, con la sua piccola superficie laterale, sposta pochissima aria, e allora, affinché lo strumento funzioni, si dovranno trasferi-re le vibrazioni ad un mezzo intermedio che abbia delle proprietà fisiche e geometri-che tali da mettere in oscillazione quante più molecole di aria possibile. Se fissassi-mo le corde ad un supporto qualunque, ad esempio fra due barre di cemento, si produrrebbero dei suoni molto deboli, ed in compenso le vibrazioni durerebbero molto a lungo. Avremmo cioè realizzato un pessimo accoppiamento. Viceversa le corde sono poste a diretto contatto con la tavola armonica, la quale a sua volta fa parte di una cassa che racchiude dell’aria. Questa configurazione è studiata per avere il ruolo tipico delle antenne, quello di irraggiare nello spazio le perturbazioni che sono al loro interno. Oltre a ciò, la geometria della cassa conferisce a ciascuno strumento il suo suono caratteristico, detto timbro. Ma perché la cassa dello strumento è così efficace? Affinché la tavola armonica riceva energia sotto forma di oscillazioni, la struttura viene progettata perché offra alle corde una deformabilità quanto più possibile simi-le alla loro. E’ questa condizione di somiglianza nelle proprietà elastiche che permet-te alle vibrazioni di passare agevolmente dalle corde alla tavola e viceversa. Nel con-tempo, quanto più efficiente è il trasferimento di energia verso la cassa, tanto meno le onde si riflettono all’indietro rimanendo confinate sulle corde. Stimolata per mezzo del sistema d’aggancio delle corde, detto ponticello, la superficie estesa della tavola fa vibrare sia l’aria fuori che quella racchiusa nella cassa. All’interno si stabiliscono del-le onde stazionarie che rafforzano le armoniche emesse dalla corda e contribuiscono al suono fuoriuscendo dalle aperture (il rosone della chitarra od i fori a forma di “ef-fe” nel violino). Il processo di trasferimento energetico va nei due sensi: prima dalle corde alla cassa, poi quella parte di segnale che non si è propagata nell’aria torna dalla cassa alle corde rimettendole in moto, e così via. Quando le corde sono al mas-simo della loro oscillazione, la cassa va a zero e viceversa: così fino all’estinzione del suono a causa degli effetti dissipativi. Per misurare bontà di questo processo di trasferimento da un mezzo ad un altro viene introdotta una grandezza detta impe-denza15. Cosa misura l’impedenza? Uno strumento musicale trasforma l’energia cinetica fornita dal musicista nell’energia trasportata da un’onda acustica. Siamo ora interessati all’efficacia di tale

15 Impedenza meccanica quando il supporto è un mezzo solido come una corda od una tavola armo-nica, impedenza acustica se invece il supporto è l’aria come per gli strumenti a fiato od a canna.

249

processo cioè vogliamo misurare quale frazione dell’energia ricevuta in ingresso viene ogni secondo convertita nell’energia dell’onda. L’impedenza Z è la grandezza fisica che esprime quanto un mezzo si oppone al passaggio delle onde. Quello che vogliamo misurare attraverso l’impedenza è quanta forza l’onda deve applicare al mezzo stesso per modificarne la forma di un certo grado che ci siamo prefissati. Più il mezzo è rigido, minore sarà l’effetto di deformazione che l’azione dell’onda produrrà. I parametri fisici significativi per esprimere Z dipendono dal sistema in esame: da un punto di vista generale possiamo solo dire che si definisce l’impedenza in modo tale che minore risulta Z , minore sarà la forza che occorrerà eserci-tare per produrre oscillazioni. Il sistema viene quindi messo in oscillazione tanto più efficacemente quanto più bassa è la sua impedenza. Si può dimostrare che per una corda ideale di lunghezza infinita, quando esercitiamo una forza sinusoidale di mo-desta ampiezza, Z risulta costante nel tempo su tutta la corda, e legata solo ai pa-

rametri caratteristici della corda:, cioè CZ T

, in modo da crescere con la ten-

sione e la densità lineare16. Quindi più la corda è tesa più forza dobbiamo esercitare (ad esempio pizzicandola) per produrre oscillazioni); lo stesso vale quanto più la corda è spessa o pesante. Per una tavola armonica l’esperienza mostra che la resi-stenza offerta dal mezzo alle oscillazioni si misura tramite la grandezza: 2

TZ Ad , dove d è lo spessore ed A un valore caratteristico della tavola considerata. Pertan-to più la tavola armonica è spessa maggiore è la forza che occorre esercitarvi per farle sostenere delle onde sonore. Cosa accade quando l’onda passa da un mezzo ad un altro? Il cambiamento di mezzo comporta un cambiamento d’impedenza ed il risultato è che una parte dell’onda viene riflessa all’indietro ed una parte trasmessa. L’efficacia del trasferimento di energia meccanica fra i due mezzi dipende dalla relazione che esiste fra le loro impedenze, e si osserva che: la frazione di energia trasferita è tanto maggiore quanto più i valori delle due im-pedenze sono vicini. La parte di energia che non passa viene riflessa indietro nel mezzo originario, trami-te un meccanismo analogo a quello visto per il punto di ancoraggio della corda oscil-lante.

16 Ricordando la relazione di questi parametri con la velocità di propagazione dell’onda sulla corda si ha anche

/CZ T v

, cioè minore è l’impedenza più veloce è l’onda.

250

Come si ripartisce l’energia fra i due impulsi , quello trasmesso e quello riflesso? Se indichiamo con R la frazione dell’energia portata dall’onda che ogni secondo viene riflessa all’indietro (quindi 0 1R ), è possibile arrivare a dimostrare che vale la relazione:

1 2

1 2

2Z Z

RZ Z

Il numero R è detto coefficiente di riflessione, e questa sua espressione contiene due importanti informazioni:

Fissati 1Z e 2Z la presenza del quadrato indica che la frazione di energia trasmessa è la stessa, sia che l’onda provenga dal mezzo con impedenza maggiore per entrare in quello d’impedenza minore, sia viceversa.

La frazione di energia riflessa è tanto minore quanto più piccolo è il nume-ratore, e diviene zero se 1 2Z Z . In questo particolare caso, detto adatta-mento d’impedenza, si ha il trasferimento nel secondo mezzo di tutta l’energia che l’onda trasporta.

Quindi, se i due mezzi hanno un’impedenza molto differente, come ad esempio le corde della chitarra e l’aria, non è possibile trasferire efficacemente energia dall’uno all’altro tramite un’onda. Il segnale viene quasi totalmente riflesso co-me accade nel caso di due corde a densità molto diversa. Occorre un adatta-mento d’impedenza che faccia sì che l’impedenza dei mezzi 1 e 2 congiunti sia simile a quella del mezzo 3. Nel caso della chitarra il ponticello adatta l’impedenza della corda a quella della tavola che a sua volta è molto più vicina a quella dell’aria. Un modo alternativo di vedere la cosa è che nella corda le onde sonore hanno una velocità molto maggiore che non nell’aria e questo comporta una lunghezza d’onda a sua volta maggiore. Uscire dalla corda per andare nell’aria comporta una troppo brusca variazione di lunghezza d’onda, come una ferrari che dall’autostrada vuole uscire su di un viottolo. In realtà il suono all’interfaccia corda-aria viene riflesso per la gran parte. Quali altri esempi di cambio d’impedenza si possono fare? Quando facciamo un’ecografia vengono inviati nel nostro corpo ultrasuoni di frequenze dell’ordine della decina di megahertz. Il gel viene utilizzato per adat-tare l’impedenza del nostro corpo a quella del generatore. La bocca svasate della tromba funge da adattatore d’impedenza fra la colonna d’aria oscillante all’interno dello strumento e lo spazio aperto. L’adattamento di impedenza è poi fondamentale per il trasferimento ottimale di potenza dei segnali elettrici da un dispositivo ad un altro (ed evita la distorsio-ne).

251

Soluzioni 2. Si tratta di calcolare il periodo, che è il tempo corrispondente ad un singolo ciclo:

s s99

1 10.455 10

2.20 10T

f

4. rad(3/2)3 3270 2 4.71

4 2Rs

s RR R

rad(3/4)3 3135 2 2.36

8 4Rs

s RR R

rad(1/3)260 1.05

6 3RR s

sR R

6. Sapendo che il giorno solare medio è periodo di rotazione, s86400T , si ha:

rad/s rad/s52 6.287.27 10

86400T

Per avere la velocità lineare del punto P è necessario conoscere il raggio r della circonferenza che esso descrive. Con riferimento alla figura si ha:

km km6400 cos 42 4756r da cui si ricava:

rad/s) ( km) km/s m/s5(7.27 10 4756 0.346 346v r

7. La frequenza è il numero di giri al secondo, quindi considerando giri/min45 un numero esatto, si ha:

giri giri Hz

min s45 3

4560 4

f

da cui si ricava la velocità angolare, che tenendo tre cifre risulta:

rad/s rad/s rad/s3 32 2 4.71

4 2f

per le velocità lineari è sufficiente moltiplicare per i due raggi:

cm/s cm/s184.71 42

2 2A

Ad

v

cm/s cm/s4.54.71 11

2 2B

Bd

v

8. Risulta m/s20v V

, infatti quando il punto di contatto ha fatto un giro

completo, anche il centro della ruota si è spostato di un tratto pari al perimetro della ruota. Per la velocità angolare e la frequenza, identiche per tutti i punti della ruota, risulta:

rad/s rad/s Hz Hz20 5050 8.0

0.40 2 6.28

vf

R

9. Lungo un asse parallelo al piano inclinato, posto lo zero in corrispondenza della posizione rilassata che la molla avrebbe senza la massa, all’equilibrio, indicando con F

la forza elastica, abbiamo: 0x xW F

Osservando che, essendo 0x , si ha 0xF kx :

60 3

3135 4

3270 2

42

Pr

2 R

2 R

xW W

F

x

x

y

252

sin 0mg kx

m m cm-22

sin 1.70 9.81 sin 356.38 10 6.38

1.50 10

mgx

k

cioè la molla si comprime di cm6.38 . 10. Lungo un asse parallelo al piano inclinato, posto lo zero in corrispondenza della posizione rilassata che la molla avrebbe senza la massa, all’equilibrio, indicando con F

la forza elastica, abbiamo: 0x xW F

Osservando che, essendo 0x , si ha 0xF kx : sin 0mg kx

m m cm-22

sin 2.10 9.81 sin254.35 10 4.35

2.00 10

mgx

k

cioè la molla si comprime di cm4.35 . 11. Il massimo allungamento si ha quando la forza elastica della molla bilancia il va-lore massimo dell’attrito statico, cioè S N

, dove N

è la forza normale al piano

d’appoggio. Lungo un asse parallelo al nastro, posto lo zero in corrispondenza della posizione rilassata della molla, all’equilibrio, indicando la forza elastica con F

, si ha:

0Sx xf F osservando che, essendo 0x , si ha 0xF kx :

0S N kx

e poiché la seconda legge della dinamica lungo l’asse verticale ci dice: 0y yN W N mg N mg

sostituendo si ottiene: 0Smg kx

m m cm22

0.840 1.30 9.812.68 10 2.68

4.00 10Smg

xk

13. Quando la molla è in equilibrio in verticale, lungo l’asse delle ordinate si ha:

0 0elasticaF W kx mg

N/m N/m0.850 9.8155.6

0.150

mgk

x

quindi il periodo delle oscillazioni in orizzontale vale:

s s0.8502 6.28 0.776

55.6

mT

k

15. Sostituendo ampiezza e frequenza nella formula data, osservando che: rad/s rad/s2 (6.28 0.0191) 0.120f ,

otteniamo la legge oraria di questo moto, in cui rimane ignota la fase iniziale 0

0 0( ) cos( ) ( ) 0.540 cos(0.120 )x t A t x t t Possiamo trovare la fase iniziale imponendo la condizione data sulla posizione della particella s m(0 ) 0.250x :

s m0 0(0 ) 0.540 cos(0.120 0 ) 0.540 cos( ) 0.450x

Sf

x

y

x

F

N

W

xW

W

F

x

xy

253

rad10 0

0.450cos 0.833 cos (0.833) 0.586

0.540

da cui si ha la legge oraria completa: ( ) 0.540 cos(0.120 0.586)x t t

osservando che: s s1/ (1/ 0.0191) 52.3T f possiamo ora calcolare le posizioni richieste:

s s m(5.00 ) 0.540 cos(0.120 5.00 0.586) 0.203x s s m(15.0 ) 0.540 cos(0.120 15.0 0.586) 0.393x

s s m(3 ) (157 ) 0.540 cos(0.120 157 0.586) 0.453x T x

16. Si ha cm3.00A e Hz Hz40.667

6.00f da cui:

rad/s rad/s2 6.28 0.667 4.19f Se iniziamo a contare il tempo nell’istante in cui il cocomero sta sott’acqua, la fase iniziale dovrà essere tale per cui s)= cm(0 3.00y , quindi:

0 0 0 02

(0) 3.00 sin( 0 ) 3.00 sin( ) sin 1,y A

La legge oraria risulta allora:

0 2( ) sin( ) 3.00 sin(4.19 )y t A t t

La quota della linea di galleggiamento dopo s0.200 e dopo s0.650 risulta es-sere:

s cm cm(0.200 ) 3.00 sin(4.19 0.200 1.57) 2.01y s cm cm(0.650 ) 3.00 sin(4.19 0.650 1.57) 2.74y

Pertanto se s0.200t la linea di galleggiamento sarà cm2.01 sotto al pelo dell’acqua, mentre se s0.650t la linea di galleggiamento sarà cm2.74 sopra al pelo dell’acqua. 17. Come si ricava osservando l’istante in cui la barretta è orizzontale, l’ampiezza delle oscillazioni della proiezione di A è doppia dell’ampiezza delle oscillazioni della proiezione di B. In una rotazione antioraria come quella in fi-gura, B si trova sempre in anticipo di una angolo piatto rispetto ad A, cioè la sua fase iniziale vale . Se scegliamo come istane zero quello in cui l’ascissa di A è massima, le equazioni dei due moti armonici sono:

2( ) sin

3Ax t L t 1( ) sin( )

3Bx t L t

18. L’ampiezza del moto vale R in entrambi i casi, ed anche la pulsazione non dipende dal diametro sul quale si proietta P, ed è pari a:

giri rad/s

s4 8

2 23 3

f

Per quanto riguarda la fase, bisogna dapprima fissare l’istante zero a partire dal quale iniziamo a contare il tempo: scegliamo il momento in cui B si trova nella posizione in cui la sua proiezione è massima, cioè vale R. Se decidiamo di mi-surare gli angoli a partire dal punto in cui il diametro taglia la circonferenza, si vede bene che all’istante zero la fase di A vale /6 e quella di B è nulla. In quel

P

AC

B

6

s0t

254

momento si vede bene che la fase B è sempre maggiore di /6 rispetto alla proiezione di A

8( ) sin

3 6Ax t R t

8( ) sin

3Bx t R t

20. Si deve appendere al capo una massa qualunque (purché grande rispetto a quel-la della liana) e misurare il periodo delle piccole oscillazioni. Sapendo che una corda lunga m15 produce un periodo:

s152 6.28 7.8

9.81L

Tg

quelle liane per cui si misura una durata delle oscillazioni maggiore di questo valore sono più lunghe di m15 . 21. Nel momento in cui viene tagliata la fune il pendolo si trova soggetto solo alla forza peso ed è un corpo in caduta libera. La forma della traiettoria dipende dalla velocità iniziale e, considerando un’oscillazione verso destra come in figura, è: (1) una retta verticale se il filo è tagliato nel punto di massima altezza, visto che in quella posizione la velocità iniziale è nulla; (2) una porzione di parabola che inizia a destra del vertice, se il filo è tagliato durante l’avvicinamento all’equilibrio, cioè quando la velocità è inclinata verso il basso; (3) la metà esatta di una parabola se il filo è tagliato nel punto più basso, quando la velocità è orizzontale e massima; (4) una porzione di parabola che inizia a sinistra del vertice, se il taglio avvien nella fase di allontanamento dall’equilibrio. In questo caso la massa risale fino al vertice della parabola e poi ricade. Il punto di massimo è inferiore all’altezza massima che avrebbe raggiunto se non avessimo tagliato, perché la componente verticale della velocità non viene più incrementata dall’azione del filo. 22. Se la densità fosse costante, la massa crescerebbe con il volume e cioè proporzio-nalmente al cubo del raggio del pianeta. Quindi dalla Terra alla Luna il cubo del raggio diminuisce di 81 volte ed il raggio diminuisce di 3 81 3 volte. Il rapporto fra i periodi vale pertanto:

LL L T

T T L

RT R M

T R M

3 LR

81 LM

LM81

33

quindi L TT T cioè le oscillazioni sono tre volte più lente mentre fra le accelerazio-ni di gravità vige la relazione:

3 9L TT L

T L

T gg g

T g

Questi risultati sono un po’ differenti dai valori reali ( 6T Lg g e 2.5L TT T ), quindi non possiamo assumere densità costante ed uguale per i due corpi celesti. 23. I periodi non possono rimanere uguali perché, mentre l’accelerazione di gravità

varia, e con essa il periodo del pendolo 2L

LT

g , i valori della costante elastica

k della molla e della massa attaccata restano gli stessi, e con essi il periodo

1

2 3 4

255

2m

Tk

. Se vogliamo che le due oscillazioni siano sincrone pure sulla Luna,

dobbiamo attaccare alla molla una massa 'm tale che: ' '

2 2 ' 6L L L

L m L m L Lm k k

g k g k g g

e ricordando che vale l’uguaglianza dei periodi sulla Terra:

2 2L m L m L

m kg k g k g

Risulta quindi 'm m e le due masse differiscono della quantità:

' 6 5L L L

m m k k kg g g

pertanto la variazione in percentuale da apportare ad m è: 5 /'

5 500%/

kL gm mm kL g

Possiamo rendere sincroni i pendoli sulla Luna anche usando una lunghezza 'L per il filo del pendolo tale che:

' '2 2 '

6LL L

L m L m m mL g g

g k g k k k

Sulla Terra vale l’uguaglianza:

2 2L m L m m

L gg k g k k

risulta quindi 'L L e le due lunghezze differiscono della quantità: 1 5

' 16 6 6

m m m mL L g g g g

k k k k

pertanto la variazione in percentuale da apportare ad L è: 5 /6' 5

0.833 83.3%/ 6

mg kL LL mg k

24. Il pendolo ha un periodo di:

s s30.00.500

60T

L’accelerazione di gravità sulla superficie del pianeta vale:

2P

GMg

R

che sostituita nell’espressione del periodo produce: 2

2 2P

L R LT

g GM

da cui si ha il valore della massa del pianeta:

kg6 22 2

2 11 2

4 9.86 (7.500 10 ) 0.8004

6.67 10 0.500

R LM

GT

kg kg kg12 11 23 264 9.86 56.25 0.80010 1064 10 1.06 10

6.67 0.250

26. La brusca pendenza del fronte dell’impulso suggerisce un repentino allontana-mento dall’equilibrio ed un passaggio di velocità da zero (posizione 1 alla base) fino al valore massimo positivo (posizione 2 all’incirca a metà del fronte). Successivamen-

yv

t

2

1

3

256

te la velocità ricade a zero per mantenersi su questo valore per tutta la durata del “tetto” piatto del fronte, dove non si ha allontanamento né avvicinamento all’equilibrio e quindi è sempre 0yv . Il processo si ripete nella fase di discesa, con valori negativi della velocità dato che qui le particelle viaggiano verso l’equilibrio. 31. Anche in questo caso, si fanno avanzare i picchi degli impulsi di un metro ogni secondo che passa e si addizionano le quote:

33. La risposta si ottiene invertendo le posizioni lungo la direzione verticale e lungo quella orizzontale. 35. La risposta si ottiene invertendo le posizioni lungo la direzione orizzontale: 40. Trattandosi della terza armonica, nella lunghezza L della corda devono entrare esattamente tre mezze lunghezze d’onda, da cui:

cm cm m2 2 90.03 60.0 0.600

2 3 3L L

La velocità delle onde su quella corda vale dunque: m/s m/s(0.600 440) 264V f

Assumendo per la velocità del suono a temperatura ambiente m/s343Sc otte-

niamo la lunghezza dell’onda nell’aria:

cm m0.600343 0.780

264aria S

ariacorda corda

c

V

321123

s2t

m321123

s1t

m

321123

s5t

m321123

s4t

m

321123 m

s3t

321123

s6t

m