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~ E ~ B 2 ξ (x, t) ∂x 2 = 1 v 2 2 ξ (x, t) ∂t 2 x 2 ξ (x,y,z,t)= 1 v 2 2 ξ (x,y,z,t) ∂t 2 2 ξ ∂x 2 + 2 ξ ∂y 2 + 2 ξ ∂z 2 = 1 v 2 2 ξ ∂t 2 ξ ~ E ~ B

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Capitolo 5

Ottica geometrica

5.1 Onde luminose

Le onde luminose sono una piccola parte dello onde elettromagnetiche.Le onde elettromagnetiche sono onde del tutto analoghe a quelle mecca-

niche o acustiche, salvo il fatto che non hanno bisogno di un mezzo materialeper propagarsi. La perturbazione che si propaga come onda è una perturba-zione del campo elettromagnetico che in ogni punto è espresso da due vettori~E (campo elettrico e ~B (campo magnetico).

Come nel caso delle onde materiali, l'onda sarà soluzione dell'equazionedelle onde, che nel caso di onda piana è

∂ 2ξ(x, t)

∂x2=

1

v2∂ 2ξ(x, t)

∂t2

che propaga lungo x, che è perpendicolare al fronte d'onda.Abbiamo anche visto che se l'onda piana non propaga lungo uno degli

assi cartesiani, la sua espressione generale è:

∇2ξ(x, y, z, t) =1

v2∂ 2ξ(x, y, z, t)

∂t2

ovvero

∂ 2ξ

∂x2+∂ 2ξ

∂y2+∂ 2ξ

∂z2=

1

v2∂ 2ξ

∂t2

Nel caso delle onde elettromagnetiche ξ è un vettore ( ~E e/o ~B) e l'equa-zione generale delle onde e.m. piane può essere scritta per entrambe i vettori

58

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 59

o campi:

∇2 ~E(x, y, z, t) =1

v2∂ 2 ~E

∂t2

ovvero

∂ 2 ~E

∂x2+∂ 2 ~E

∂y2+∂ 2 ~E

∂z2=

1

v2∂ 2 ~E

∂t2

e analogamente per ~B si ha

∇2 ~B(x, y, z, t) =1

v2∂ 2 ~B

∂t2

ovvero

∂ 2 ~B

∂x2+∂ 2 ~B

∂y2+∂ 2 ~B

∂z2=

1

v2∂ 2 ~B

∂t2

Come nelle onde materiali, la velocità di propagazione dipende dal mezzoin cui l'onda propaga.

Nel caso in cui il mezzo sia il vuoto si ha:

v =1

√ε0µ0

= cdef= 2.99792458108m/s

c è una costane universale. Nella relazione che de�nisce c le due grandezzedimensionali che compaiono sono rispettivamente:

La costante dielettrica del vuoto = ε0 = 8.854 10−12

La permeabilità magnetica del vuoto = µ0 = 4π 10−7

In un'onda e.m. piana i campi ~E e ~B giacciono sulla super�cie di propaga-zione, o fronte d'onda, sono ortogonali tra di loro e ortogonali alle direzionedi propagazione, giacendo sul fronte d'onda. Con un'opportuna scelta delsistema di coordinate, ~E = Ey ~uy e ~B = Bz ~uz. La propagazione dell'energia

dipenderà dal vettore di Pointing ~S = 1µ0~Ex~B.

Se l'onda è armonica e diretta come x potremmo scrivere

E(x, t) = Em sin (kx− ωt)B(x, t) = Bm sin (kx− ωt)

in fase tra di loro.Se l'onda propaga in un mezzo materiale (dielettrico) la sua velocità di

propagazione sarà < c, Infatti la velocità di propagazione, che dipende dal

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mezzo sarà sempre v = 1√εµ

ma in questo caso ε e µ sono riferiti al mezzo di

propagazione.ε e µ si esprimono in funzione dei loro valori nel vuoto: µ = µrµ0 e

ε = εrε0.µr e εr sono dette rispettivamente permeabilità magnetica e costante

dielettrica �relativa� del mezzo.

εr ≥ 1 µr →{≈ 1 nei dielettrici o diamagnetici� 1 nei materiali magnetici

Utilizzando εr e µr, la velocità dell'onda e.m., in un dielettrico, si scrive

v =1√εµ

=1

√εrµr

c =1

nc

dove abbiamo introdotto l'indice di rifrazione del mezzo

n =√εrµr

L'indice di rifrazione n rappresenta il rapporto tra la velocità di propagazionedell'onda e.m. nel vuoto (n = 1) e nel mezzo in considerazione. Poiché ,salvoper i materiali ferromagnetici, µ ≈ 1 si ha che n è in prima approssimazionen ≈ √εr . Nel caso dell'aria si ha

naria = 1.00029 ≈ 1

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n varia con la frequenza dell'onda. La sua variazione è di solito esprimibilecon la relazione di Cauchy :

n(λ) = A+B

λ2con A e B costanti dipendenti dal mezzo

5.2 Spettro elettromagnetico e spettro della lu-

ce visibile

La sensibilità dell'occhio umano è compresa, nella classi�cazione correntenegli intervalli

3.8 1014 Hz ≤ ν ≤ 7.9 1014 Hz

0.38 10−6 m ≤ λ ≤ 0.78 10−6 m

Poiché l'occhio umano è sensibile a quella particolare regione spettrale?La regione è semplicemente che il sole, che è la nostra più potente fonte diradiazione e.m., ha uno spettro di emissione centrato in questa regione.

Qualunque corpo caldo (cioè a temperatura superiore a 0 K) emette ra-diazione elettromagnetica. Nell'ipotesi di �corpo nero� ( il sole ne è un buonesempio),cioè di un corpo che assorbe tutta la radiazione che lo colpisce,l'intensità della radiazione e.m. (detta termica) emessa è data dalla legge di

Stephan-Boltzmann:I[W/m2

]= εcm = σT 4

dove εcm = I è il potere emissivo integrale, σ = 5.67 10−8 W K−4m−2 è lacostante di Stephan-Boltzmann e T è la temperatura in Kelvin.1

il potere emissivo di un corpo ci dice quanta potenza incidente vienerealmente assorbita, cioè uanto si discosta dall'idealità del corpo nero. Ilpoter emissivo di un corpo, |epsilon, è quindi dato a εcn moltiplicando per ilcoe�ciente di emissività e cioé:

ε = eεcn

Il poter emissivo dipende dalla sostanza, dalla sua temperatura e dallo statosuper�ciale di �nitura.

Il sole, che è praticamente un corpo nero, emette 6.2 107 W/m2.Il poter emissivo integrale è proprio l'integrale (la somma) del poter

emissivo alle singole lunghezze d'onda

εcn =

∫ ∞0

εcnλ (λ)dλ

1Alla temperatura ambiente un corpo nero emette ≈ 500 W/m2

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La forma esatta della εcnλ (λ) si deve a Planck che ne ha anche spiegato la ragio-ne ipotizzando che la radiazione fosse quantizzata, cioè formata da �quanti�indivisibili di energia pari a hν (h la costante di Planck).

Prima di lui, Wien ne aveva misurato la forma (spettro solare di corpineri) e ricavato una relazione che porta il suo nome:

λm T = cost ≈ 2.9 10−3 mK

Che lega la lunghezza d'onda alla quale l'emissività speci�ca è massima allatemperatura.

In sintesi la legge di Wien ci da la posizione del massimo e la legge diStephan-Boltzmann in valore sotteso dalla funzione εcnλ (λ) integrato in dλ.Nel caso del sole, notando che il massimo dello spettro di emissione si ha perλmax ≈ 504nm, si ricava con Wien una temperatura di ca. 5750 K e conS-B un'emissività integrale di 6.2 107 W/m2.

A questo punto possiamo legare tra di loro un'intensità che raggiunge lasuper�cie terrestre,la potenza emessa, il raggio del sole e la distanza sole-terra. Per esempio siccome l'intensità che arriva sulla terra è ca. 1.5 kW/m2,il rapporto 6.2 107

1.5 103rappresenta il rapporto tra il quadrato dei raggi e quindi,

in questo caso, la distanza terra-sole è ca. 200 volte il raggio del sole ( pocopiù).

5.3 Onde di luce, o luminose o visibili

Limitandoci alle onde e.m. nello spettro visibile, molti fenomeni possonoessere trattati senza passare dall'equazione delle onde e.m., imponendo al-l'interfaccia tra due mezzi di�erenti le condizioni di continuità ai campi ~E e~B (come fatto per le onde meccaniche su un �lo composto di due parti conρl diverse).

Il tutto si può fare sulla base di due principi:

1. Principio di Huygens del 1690 (anche detto di Huygens/Fermat).

�Tutti i punti di un fronte d'onda possono essere considerati comesorgenti puntiformi di onde sferiche�.

Questo comporta:

• il fronte d'onda dopo un tempo T è dato dall'inviluppo dei frontid'onda delle onde sferiche secondarie.

• il campo ~E o ~B in un punto P può essere ottenuto come sovrappo-sizione dei campi delle onde sferiche secondarie che lo raggiungono.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 63

2. Principio di Fermat

�Un raggio di luce propagandosi da un punto P ad un altro punto P ′

segue un percorso tale che il tempo impiegato per percorrerlo sia il mi-nimo (o massimo o stazionario) rispetto a quello impiegato percorrendopercorsi diversi (vicini)�.

Nella trattazione con i raggi di luce si considera la luce come formatada raggi luminosi, diretti come il vettore di propagazione ~k e quindi sempreperpendicolari alla super�cie di propagazione, cioè il fronte d'onda. Un raggiodi luce è quindi una linea sempre perpendicolare al fronte d'onda e direttalungo la direzione di propagazione del fronte d'onda stesso.

Approfondiamo ora il signi�cato dei due principi a�rontando il fenomenodella ri�essione e rifrazione dei raggi di luce quando incontrano un mezzocon di�erenti indice di rifrazione.

• Una parte del raggio incidente viene ri�esso e una parte viene trasmesso(rifratto)

• L'intensità del raggio incidente deve essere pari alla somma di quelledei raggi ri�esso e rifratto Ii = Ir + It

• I tre raggi luminosi giacciono su uno stesso piano, perpendicolare allasuper�cie di separazione tra i due mezzi. Questo piano è detto piano

d'incidenza e contiene ~un.

Le relazioni che legano i 3 angoli θi, θr e θt sono dette leggi di Snell e lepossiamo dimostrare partendo da uno qualunque due due principi enunciati:Huygens e Fernmat.

θr = θi n1 sin θi = n2 sin θt Leggi di Snell

la prima in realtà è precedente e si indica semplicemente come legge di

ri�essione.

5.3.1 Dimostrazione sulla base del principio di Huygens

Onda piana in cui il fronte d'onda al tempo t è visto come l'inviluppo deifront id'onda sferici delle sorgenti puntiformi secondarie giacenti sul fronted'onda a t = 0.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 64

3o4-o ciB

aif CCL

cL cceLLoce

9L cO(&cccc ±

0Jc&c T=

s2 cv:

ci

4Qtc c7c

e )C&e Pac

C(L

-toc,_

a

0L ot yJ

i” k

à t z cD)e 4’2e. L

-

-- CLjL

I>

2L c3

5c

cj 42i! ‘v5Q Z)

U4 cc ckj

c

c-\o’eL ca c cO

(( \‘ CC\C( c\Lj A.c-C(.

tL

L C cC

A

--

_A

,, -- L

Figura 5.1: Sviluppo di onde secondarie dal fronte d'onda principale

Ri�essione

Consideriamo le sorgenti secondarie S1 e S2 sul fronte bi.Nell'intervallo di tempo pari ad un periodo T = λ

vla sorgente S2 avrà

contribuito alla formazione del fronte d'onda che raggiunge P2, mentre S1,non potendo l'onda propagare oltre lo specchio, avrà emesso un'onda sfericacentrata in P1 e di raggio λ.

Il fronte d'onda dell'onda ri�essa sarà quindi tangente al fronte d'onda diS1 e passerà per P2, dove S2 è appena arrivata.

θi = θr in quanto i due triangoli P1

4P2 A e P1

4P2 B sono uguali essendo

entrmabi rettangoli ed avendo l'ipotenusa in comune e due cateti uguali a λ.

Rifrazione

Sostituendo lo specchio con un mezzo trasparente con indice di rifrazionen2, l'onda proveniente dal mezzo con indice n1 < n2 continua apropagarsianche al di la della superfcie di separazione, cioè viene trasmessa (o rifratta),almeno in parte. Considerando successivi fronti d'onda che attraversano lasuper�cie di separazione si avrà la situazione in �gure 5.4.

Il tutto accade perchè nel mezzo n2 la velcoità di propagazione cambia equindi cambia la lunghezza d'onda che da la separazione tra i fronti d'ondasuccessivi.

Poichè come sempre la frequenza ν non può cambiare, abbiamo che le lun-ghezze d'onda nei due mezzi sono proporzionali alle relative velocità di pro-pagazione ν = v1

λ1= v2

λ2e poiché le velocità dipendono dall'indice di rifrazione

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3o4-o ciB

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(( \‘ CC\C( c\Lj A.c-C(.

tL

L C cC

A

--

_A

,, -- L

Figura 5.2: Ri�essione secondo Huygens θ = θi

secondo la relazionevi =

c

ni

potremmo anche scrivereIngrandendo i triangoli con ipotenusa in comune ¯P1P2 si ha:

¯AP2 = ¯P1P2 sin θi = λ1¯P1B = ¯P1P2 sin θt = λ2

⇓lambda1

λ2=

sin θisin θt

=n2

n1

=sin θ1sin θ2

da cui deduciamo la legge di Snell

n1 sin θ1 = n2 sin θ2

5.3.2 Dimostrazione sulla base del principio di Fermat

Un concetto importante nella comprensione del principio di Fermat èquello di cammino ottico.

Il cammino ottico OPL è la somma dei tratti di cammino percorsi dallaluce nei di�erenti mezzi, ciascuno moltiplicato per il suo indice di rifrazione.Il principio di Fermat ci dice che, tra tutti i percorsi possibili la luce �sceglierà�quello che minimizza il tempo di percorrenza. Più in generale, e per rigorematematico, il cammino è quello per cui il tempo di percorrenza, ovverp ilcammino ottico, ha un valore stazionario

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U4 cc ckj

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(( \‘ CC\C( c\Lj A.c-C(.

tL

L C cC

A

--

_A

,, -- L

Figura 5.3: Ri�essione secondo Fermat θi = θr

OPL =∑i

nisi = c∑i

sivi

= c∑i

ti = tc

essendo ni = cvie ti = si

viil tempo impiegato a percorrere il tratto si.

Essendo c una costante, OPL e∑

i ti sono legati da una costante e ilminimo, o la stazionarietà, dell'uno coincide con il minimo, o la stazionarietà,dell'altro.

Ri�essione

Determiniamo con Fermat il percorso tra A e B, passante per la super�cieS, che rende stazionario t o OPL.

OPL =

(√a2 + x2 +

√(d− x)2 + b2

)= OPL(x)

Per Fermat dobbiamo rendere nulla la derivata prima d(OPL)dx

= 0. Quindiderivando OPL otteniamo:

1

2

2x√a2 + x2

+1

2

2(d− x)(−1)√(d− x)2 + b2

= 0

x√a2 + x2

=d− x√

(d− x)2 + b2

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 67

08

, --

2 1 C€t

0e&L ‘v2 C( CQ<t cÀAL

C1

o Cccvcc v

2

cLco

-

4C/

o c asc 0L c c&pcxtcJ

C&Xk X Q V CteJ L 0L °r°___ 2i 2/2

21 r

- - =ccc&ck0 ck C

Cc--vs —

2tL2

2.r1 . -

Zf

______

Figura 5.4: Rifrazione secondo Huygens

Ricordiamo ora che, dal punto di vista geometrico

x√a2 + x2

= sin θi

d− x√(d− x)2 + b2

= sin θr

da cui possiamo dedurre la legge di Snell

sin θi = sin θr =⇒ θi = θr

Rifrazione

De�niamo ora il cammino ottico

OPL = n1s1 + n2 + s2 = OPL(x)

= n1

√a2 + x2 + n2

√(d− x)2 + b2

Derivando nuovamente come nel caso precedente otteniamo:

d

dxOPL =

1

2

2n1x√a2 + x2

+1

2

2(d− x)(−1)√(d− x)2 + b2

=⇒ n1 sin θ1 − n2 sin θ2 = 0

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 68

08

, --

2 1 C€t

0e&L ‘v2 C( CQ<t cÀAL

C1

o Cccvcc v

2

cLco

-

4C/

o c asc 0L c c&pcxtcJ

C&Xk X Q V CteJ L 0L °r°___ 2i 2/2

21 r

- - =ccc&ck0 ck C

Cc--vs —

2tL2

2.r1 . -

Zf

______

Figura 5.5: Rifrazione secondo Huygens - 2

dalla quale si ottiene la legge di Snell

n1 sin θ1 = n2 sin θ2

Corollario 3. Essendo il cammino ottico OPL quello riferito al percorso cheminimizza il tempo di percorrenza, esso determina anche il minimo (che èanche quello e�ettivo) di lunghezza d'onda contenute tra A e B

N =OPL

λ0con

{N = numero di lunghezze d'ondaλ0 = c

ν= lunghezza d'onda nel vuoto

InfattiOPL = c

∑i

sivi

=c

ν

∑i

siλi

= λ0∑i

Ni = λ0N

5.3.3 Ri�essione totale

Dalla legge di Snell, se la luce passa da un mezzo con n indice di rifrazionen1 a uno con indice di rifrazione n2 > n1, l'angolo formato dalla luce rifratta

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 69(jQ)

O?L= //

‘12 V)3

c&i ocLo O 9cwvt zcì4Àk c

ccY2% ca’ C CtLLLO t’

to c-c€L € cL F€ro c

/ t CCft

o

cc / L ftcLLO

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LL4 c’-

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c

II1bit —

5;

c C’ ct1 O LO

c & o

cLat L

VI

A L

23

— — — + —

7 7j;ji ?

Figura 5.6: Cammino Ottico

(jQ)

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‘12 V)3

c&i ocLo O 9cwvt zcì4Àk c

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c C’ ct1 O LO

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VI

A L

23

— — — + —

7 7j;ji ?Figura 5.7: Ri�essione secondo Fermat

è più piccolo dell'angolo di incidenza Al contrario se il passaggio è tra n1 en2 con n1 > n2.

Nel caso in cui n2 < n1 si ha il concetto i angolo limite, al di là del qualesi ha ri�essione totale. Questo è alla base delle �bre ottiche, o guide di luce.

In corrispondenza dell'angolo limite θt = θ2 = pi2da cui segue che sin θ2 =

1. L'angolo limite, cioè l'angolo minimo di incidenza per cui si ha ri�essionetotale è quindi:

θ1 = θ0 =n2

n1

< 1

Nel caso di vetro (n1 = 1.5) e aria (n2 = 1) si ha che l'angolo limite èθ0 = 41.8◦. Tra vetro e acqua (n1 = 1.5 e n2 = 1.33) θ0 = 62.7◦. Tra acquae aria (n1 = 1.33 e n2 = 1) θ0 = 48.6◦.

5.3.4 Ri�essione speculare e di�usione

La legge di Snell funziona per i mezzi in cui la luce è in grado di propagare,trasparenti, e se la super�cie di separazione tra i mezzi è di tipo cosiddetto�speculare�, cioé molto liscia. Se al super�cie non è su�cientemente liscia siha il fenomeno della di�usione.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 70

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\)G2C2

I

/11 - 2 2

t,1 i 2

(5

-c

Figura 5.8: Rifrazione secondo Fermat

La di�erenza tra liscia e non liscia dipende dalla rugosità comparata allalunghezza d'onda:

Super�cie speculare Rugosità < λ Specchi, lenti, acqua calma.Super�cie non speculare Rugosità > λ Tutti gli oggetti comuni

I colori che vediamo degli oggetti sono dati dalla luce ri�essa dalla lo-ro super�cie. Essi sono composti dalle lunghezze d'onda che non vengono,o vengono meno, assorbite. il fatto che li vefdiamo da ogni angolazione èconseguenza del fatto che la luce da loro ri�essa è di�usa.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 71

JL -Q c sJi

‘l’i L a

‘ Q0 uci &c u-& ‘tt4O CoL c cL > 41 c4

i CO co9LL LcL

p4c&o LJI J Lv?c’ ! COcO &

e t2c. ‘YJ e c&-t ‘1k1 7 ‘Vi 2.

t2

‘la

Vi/

4 kl

z:i (v)

c% (M=& -I33)

CCc 33 e LtLz1) 4 (C

1 a

fr11>ii2

vi2

1 11’L’c5cJo LL, ci 2csco

/4O £

Ct

c 41 8Vi1

T2

Figura 5.9: Ri�essione totale

JL -Q c sJi

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‘ Q0 uci &c u-& ‘tt4O CoL c cL > 41 c4

i CO co9LL LcL

p4c&o LJI J Lv?c’ ! COcO &

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Vi/

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c% (M=& -I33)

CCc 33 e LtLz1) 4 (C

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fr11>ii2

vi2

1 11’L’c5cJo LL, ci 2csco

/4O £

Ct

c 41 8Vi1

T2

Figura 5.10: Ri�essione totale

5.3.5 Dispersione della luce

Se usiamo la luce solare, bianca, o quella di una normale fonte di lueper illuminazione abbiamo a che fare con uno spettro (visibile) di lunghezze'onda e quindi, secondo la relazione di Cauchy, l'indice di rifrazione dei mezziche attraversa dipenderà dalla lunghezza d'onda. Il fenomeno che ne derivaè detto dispersione.

Dalla relazione di Cauchy notiamo che n(λ) è una funzione decrescentedella lunghezza d'onda. n decresce passando dal violetto (λ = 400nm) alrosso (λ = 700nm). Per ricordarsi basta pensare che il violetto ha unafrequenza più alta, il mezzo fa più �fatica� a reagire e la velocità è quindi piùbassa e quindi n è più alto. Rispetto al raggio non de�esso, la deviazione δdel violetto è maggiore essendo θvt = θv2 .

Vediamo un esempio numerico riferito al vetro Flint al Silicio (nv = 1.66nel violetto e nr = 1.62 nl rosso). Consideriamo un raggio incidente conθi = 30◦. da questo otteniamo

sin θv2 =0.5

1.66=⇒ θ22 = 17.53◦

sin θv2 =0.5

1.62=⇒ θ22 = 17.98◦

e relativamente alla de�essione subita rispetto al raggio incidente

δr = θi − θr = 12.02◦

δv = θi − θv2 = 12.47◦

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 72

il rosso è de�esso meno del violetto. La di�erenza δr − δv ≈ 10mrad =10mm/m.

5.4 Coe�cienti di Fresnel: ri�essione e rifrazio-

ne

Sono i rapporti tra le intensità delle onde ri�essa e rifratta rispetto aquella dell'onda incidente. Essi dipendono dalla polarizzazione dell'onda, cioèdalla direzione del campo elettrico rispetto al piano d'incidenza: normale oparallelo. 2 Per ricavarli nei due casi si impongono le condizioni di continuitàdeicampi ~E e ~B all'interfaccia. Noi ci limitiamo all'incidenza perpendicolarein cui, per tutti i raggi, θ ≈ 0 (o molto piccoli). In questo modo sparisce ilpiano d'incidenza e con lui l'e�etto della polarizzazione.

-5-o8

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ÀÀ LÀ ciccco& i& k ccc c k

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&è’.O OW cO . cc L- Gci)QJ QLc

E=E±E E2-6.

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2

_____

2I2 2

(5ccL t6

__

4

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QL cek QvcL

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__

j2

* cc CCt sc7.SQcL

(I ± c’z

Figura 5.11: Ri�essione e Rifrazione ad incidenza normale

Si possono scrivere due relazioni che devono essere rispettate:

E1 = Ei + Er = E2 = Et

Ii = Ir + It

Poiché l'intensità dipende quadraticamente dal campo elettrico,si ha quin-di:

n1E2i = n1E

2r + n2E

2t

2Nel caso di luce solare o da generica sorgente luminosa, ogni fotone ha la sua pola-

rizzazione e sono uniformemente distribuite. Scomponendo l'onda nelle direzioni ‖ e ⊥ al

piano d'incidenza assoceremo l'intensità alle due componenti in parti uguali, relativamente

all'onda incidente.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 73

Possiamo ora de�nire 3

rdef=ErEi

=n1 − n2

n1 + n2

tdef=EtEi

=2n1

n1 + n2

da cui si ottengono i coe�cienti di Fresnel

Rdef=IrIi

=

(n1 − n2

n1 + n2

)2

Tdef=IrIi

=4n1n2

(n1 + n2)2

Si veri�ca cheR+T = 1 e che sono uguali a quelli ottenuti per la ri�essionee trasmissione in una corda tesa con due densità diverse ρ1 e ρ2, sostituendon con

√ρl. Infatti a parità di tensione T , si ha nei due casi:

v ∝ 1√ρl

corda tesa

v ∝ 1

nonda luminosa

Nle passaggio tra un mezzo con indice di rifrazione n1 ad uno ad indicedi rifrazione n2, il cmapo elettrico dell'onda trasmessa ha sempre lo stessoverso di quello dell'onda incidente, mentre quello dell'onda ri�essa ha lo stessoverso solo se n2 < n1, nel caso contrario, n1 < n2 ( come tra aria e acqua o

3

Ei + Er = Et

n1E2i = n1E

2r + n2E.t2

E2t =

n1

n2

(E2

i − E2r

)2(Ei + Er)

2=

n1

n2

(E2

i − E2r

)Ei + Er =

n1

n2(Ei − Er)

Ei (n1 − n2) = Er (n1 + n2)

Er

Ei=

n1 − n2

n1 + n2

n1E2i = n1 (Er − Ei)

2+ n2E

2t

2n1Ei = (n1 + n2)Et

Et

Ei=

2n1

n1 + n2

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 74

vetro) il campo elettrico dell'onda ri�essa ha verso opposto rispetto a quellodell'onda incidente.

Andamento qualitativo dei coe�cienti di Fresnel per incidenza qualunquee luco non polarizzata.

a ‘yø eL c

LLe, Lc cLdj ccc

cWI ckJc( L-t &eL 2

I 2(cw tu e )

cWI c*ckc r4oi ,

I V Vt i — —

-

__

ftE -

_

C c iert T

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O*e coI ib

T1—

I

aG. LUtc a

CJq c- j t2. 2

E; + i, & = i, E, + S$ ULLC 1L1LA cCw?

VcPI EZ)

%2) 2 (E

- 2 =>/

2 4 2

> 2vE +)Et 2vt

E k+

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Figura 5.12: Andamento coe�cienti verso angolo incidenza

5.5 Prisma

Il prisma è costituito da una lastra di materiale trasparente con due faccepiane che formano un angolo α, detto angolo di apertura del prisma. La lucebianca, passando attraverso il prisma, si disperde separando i vari colori.Questo fenomeno dipende dal fatto che n = n(λ) e che la deviazione delraggio dipende da n.Ponendo uno schermo si vedono i vari colori separati,ponendo un'apertura sullo schermo si separa un colore.

Utilizzando luce monocromatica il prisma viene utilizzato per misurarel'indice di rifrazione di una sostanza ( usata per costruire il prisma o per riem-pire il prisma sottile cavo), nota α e δm. δm è l'angolo di deviazione minima

che si ha quando il raggio interno al prisma si propaga perpendicolarmentealla bisettrice di α.

Notiamo nella �gure 5.13 che i triangoli IBE e IAE sono isosceli ( ¯IE⊥ bisettrice di α) allora possiamo scrivere θe = θi = γ + β = α+δm

2essendo

γ = α2e β = δm

2.

Dalla legge di Snell sulla prima faccia n1 sin θi = n2 sin γ e quindi, essendosin θi = n sin γ si ha:

n =sin θisin γ

=sin(α+δm

2

)sin α

2

δm = 2θi − α = 2 (θi − θt)Misurando con precisione α e δm si ricava n alla lunghezza d'onda della

luce utilizzata. Variando la lunghezza d'onda della luce e ripetendo la misurasi ricava n = n(λ).

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 75

-5-o8

___

cLoC-L jiCL c cw Lt c e L a

cL) p&ft L ,ÀcccL, ycc cLJou, /

t L CiJ-iÀ. CJZ.

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__

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CCU’t

3ci ci

S

-

=

y

Figura 5.13: Prisma e relativi angoli signi�cativi

Se α è piccolo, tale per cui si possa scrivere sinα ≈ α, tutti gli altriangoli sono piccoli e approssimabili al loro seno. Infatti α = θt e quindi seα è piccolo a maggiore ragione lo è θt. Inoltre per n < 2 si ha δm < α eanche θi < α poiché θi = δm+α

2. Sostituendo per α piccolo l'angolo al seno,

la relazione che ci permette di calcolare n diventa

n =sin(α+δm

2

)sin α

2

=α + δm

2= 1 +

1− δmα

De�niamo ora il potere dispersivo D di una sostanza

Ddef=

nF − nCnD − 1

dove nF , nC e nD sono gli indici di rifrazione a tre lunghezze d'onda diriferimento, facili da produrre. Si dimostra che utilizzando un prisma incondizioni di deviazione minima (per il raggio λD centrale) e con piccoloangolo al vertice α, vale la relazione:

D =nF − nCnD − 1

=δF + α− (δC + α)

δD + α− α=δF − δCδD

cioè il rapporto tra la di�erenza della deviazione minima agli estremi rispettoalla deviazione minima a centro banda.

5.6 Specchi

Gli specchi sono degli strumenti ottici aventi una super�cie ri�ettente.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 76

i

aG ìa

9cc&-iO LrzcxAo rc&

__

ii’ ,

L D. cL

L U CjLLO T, d

___

‘ic* zc,L 2Lci ,

cL4lzA rw l’’.

U4A ALAL tC&t &LC 4-2tL J 4L LÀA-W

L.JJL ccL

cL ibL &4

LcwcXJt tct2ick

ILc,

i

0R

o

H

i

$ce LOì cc4 -

So oP2H i-f

; cL o

pAO h’ k0 5LQIcL f»tLL -

ìL

i’j1 p’ H’ sc ccL O’?2’ Ht

OL

a /

1 (osco o tL J

Figura 5.14: Schema per gli specchi piani. I triangoli4

OHP e IHP sonotriangoli per ∀ P . d0 = |di|

5.6.1 Specchi piani

I raggi luminosi provenienti dall'oggetto O e ri�essi dallo specchio sem-brano provenire da un punto I, immagine virtuale di O. I prolungamenti deiraggi ri�essi si incontrano in I da cui sembrano provenire.

L'immagine è virtuale perché in essa non convergono raggi reali, bensìsembrano partire raggi divergenti In generale:

• Un'immagine reale può essere vista su uno schermo perché in essaconvergono raggi reali.

• Un'immagine virtuale è vista dall'occhio perché fa convergere i rag-gi divergenti che sembrano provenire da essa, focalizzandoli su uno�schermo�, la retina.

Vediamo ora la visione di un oggetto di altezza h0 attraverso l'occhio, lacui pupilla ha dimensioni �nite

I triangoli4

OP1H e4

IP1H sono uguali, così come sono i triangoli4

OP2H

e4

IP2H. Analogamente, partendo da O′, essendo H ′ il punto perpendicolareallo specchio, si ottiene l'immagine I ′ sul prolungamento IO′H ′. Si applicano

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 77

i

aG ìa

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ii’ ,

L D. cL

L U CjLLO T, d

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So oP2H i-f

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a /

1 (osco o tL J

Figura 5.15: Visione di un oggetto attraverso l'occhio

le stesse costruzioni, i triangoli4

O′P ′1H′ e

4I ′P ′1H

′ sono uguali e anche i triangoli4

OP ′2H′ e

4I ′P ′2H

′. In conclusione |di| = |d0| e hi = h0|.I segni dipendono dalle convenzioni di segno adottate.Per costruire l'immagine I di un punto O bastano due raggi poiché i

prolungamenti di tutti i raggi passano per I (fascio di rette). Chiaramentesi prenderà quello passante per H più un altro qualunque, che si ri�ette inun punto P qualunque dello specchio.

5.6.2 Specchi Sferici

Gli specchi sferici sono di tipo concavo o convesso, secondo che la super�-cie ri�ettente sia oncava o convessa. Cominciamo a considerare il comporta-mento di uno specchio concavo che riceve raggi paralleli, da un oggetto moltolontano così da poter considerare l'onda come piana.

Dalle relazioni tra gli angoli in �gura 5.16 si ha che CF = FP semprema anche ¯FH < CF per θ 6= 0. Infatti CP = CH = R, detto raggio di

curvatura dello specchio. Possiamo quindi scrivere:

CF =R

2 cos θ

¯FH = R− CF = R

(1− 1

2 cos θ

)In pratica F si avvicina ad H all'aumentare di θ e quindi

¯FH =

R

2per θ = 0 =⇒ cos θ = 1

<R

2per θ 6= 0 =⇒ cos θ < 1

Per poter usare gli specchi sferici come strumenti ottici dobbiamo mettercinelle condizioni di θ piccolo, in modo che cos θ ≈ 1. Questo fa si che tutti

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 78

Figura 5.16: Specchio concavo

i raggi paralleli che raggiungono lo specchio convergono, dopo la ri�essione,in un solo punto F , detto fuoco. I raggi che raggiungono lo specchio conθ piccolo sono detti �parassiali�. Se i raggi sono parassiali possiamo porreθ = sin θ = tan θ e cos θ = 1. Questa approssimazione, che fa convergere iraggi paralleli in un fuoco F , è detta �approssimazione parassiale�. Se non siè in approssimazione parassiale, F si sposta e si ha �aberrazione sferica�.

In approssimazione parassiale, ¯FH = f = distanza focale.

f =R

2

Utilizzare specchi in approssimazione parassiale vuol dire in pratica usarespecchi piccoli rispetto al raggio di curvatura della loro super�cie ri�ettente.Il piccolo angolo solido sotteso, implica piccolo θ.

Fissato uno specchio, con il relativo asse ottico, in approssimazione pa-rassiale si può costruire facilmente l'immagine di un punto, attraverso il trac-ciamento di due qualunque dei quattro raggi di cui conosciamo il percorso.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 79

5.6.3 Costruzione dell'immagine in approssimazione pa-

rassiale

Tutti i raggi provenienti dall'oggetto (puntiforme), dopo ri�essione, con-vergono in un punto, ovver i loro prolungamenti convergeranno in un punto.Nel primo caso l'immagine è reale, nel secondo virtuale. I quattro raggi chesappiamo tracciare sono:

1. raggio parallelo all'asse principale, asse ottico

2. raggio passante per il fuoco

3. raggio passante per il centro di curvatura

4. raggio passante per il vertice.

In particolare, presi i raggi da un punto esterno all'asse ottico 4 , si haper i rispettivi raggi ri�essi, o i loro prolungamenti:

1. passa per il fuoco

2. è parallelo all'asse otico

3. si ri�ette su se stesso (ri�essione ortogonale)

4. è simmetrico rispetto all'asse ottico

Convenzioni di segno

Nella costruzione dell'immagine si distingue una parte reale (dove ci sonoi raggi reali, dalla parte ri�ettente dello specchio)e una parte virtuale (dietrolo specchio).

• tutte le grandezze dalla parte reale sono positive

• tutte le grandezze dalla parte virtuale sono negative

• l'ingrandimento è positivo se l'immagine non è capovolta, negativi se ècapovolta

4Di un punto sull'asse ottico non riusciamo a costruire l'immagine in quanto tutti i

raggi tracciabili sono coincidenti.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 80

5.6.4 Equazione degli specchi

Nell'approssimazione parassiale, applicando le convenzioni di segno giàdette, si scrivono delle semplicissime equazioni che valgono per tutti glispecchi sferici: piani, convessi, concavi.

1

d0+

1

di=

1

f

m = −dido

f =R

2m è l'ingrandimento trasversale.

Con queste convenzioni di segno, le prime due equazioni sono identichea quelle delle lenti sottili (sferiche). Quella che da la distanza focale saràdiversa perché f dipenderà da entrambi i raggi di curvatura della lente edall'indice di rifrazione del materiale di cui è fatta ( e se il mezzo non è ilvuoto anche dall'indice di rifrazione del mezzo).

Vediamo ora esempi di costruzione di immagini e ricaviamo le prime dueequazioni. La 3a l'abbiamo già dimostrata come conseguenza dell'approssi-mazione parassiale.

Figura 5.17: Equazione degli specchi

Dalla similitudine dei triangoli4

OO′V e4

II ′V si ottiene

hiho

= m = −dido

L'equazione degli specchi si ottiene dalla similitudine di4

OO′F e4

V P ′F :

¯OO′ = h0 = OF tan δ = (d0 − f) tan δ¯II ′ = hi = ¯V P ′ = −f tan δ

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 81

da cui derivahiho

= −dido

=f

do − fche possiamo riscrivere come

dof = di (do − f)

di

(1

f− 1

do

)= 1

1

di+

1

do=

1

f

Vediamo un'altra dimostrazione dell'equazione degli specchi

Figura 5.18: Equazione degli specchi

Possiamo subito scrivere le grandezze che compaion0 nel'equazione deglispecchi in funzione di s e degli angoli in �gure 5.18.

α =s

doβ =

s

R=

s

2fγ =

s

di

L'equazione degli specchi sarebbe dimostrata se fosse α+ γ = 2β. Infattisi avrebbe:

s

do+s

di= 2

s

2fsempli�cando

1

do+

1

di=

1

f

La relazione α + γ = 2β è presto dimostrata guardando i vari triangoli:

α = β − θγ = β + θ

α + β = β − θ + β + θ = 2β

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 82

Specchio Convesso

Consideriamo un oggetto di altezza ho. do è come sempre maggiore di 0.f e R sono minori di 0 perché C è nella parte virtuale. Dopo la costruzione sivede che di < 0 e hi è positivo perché l'oggetto non è stato invertito e quindim > 0.

Numericamente bisogna vere do e R (o f). Il segno di R (o f) ci dice se lospecchio è convergente (concavo) o divergente (convesso). Da do e f si ricavadi e quindi da do e di si ricava m e hi se è noto ho.

L'immagine è virtuale perché sta in V (d < 0).

Figura 5.19: Specchio concavo

Specchio Piano

si capisce subito che lo specchio piano è un caso particolare dello specchiosferico, quando il raggio di curvatura R =∞, In questo caso 1

R= 0 e quindi

1f

= 0.Le equazioni degli specchi diventano:

1

do+

1

di= 0 =⇒ di = −d0

m = −dido

= 1

Specchi Convessi

C'è un solo caso perché l'oggetto deve sempre stare dalla parte reale ed èsempre a sinistra del fuoco.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 83

Per do che va da 0 a ∞, di si sposterà da 0 a f , restando sempre nellaparte immaginaria e quindi di < 0. Da questo segue che m ≥ 0 sempre e0 ≤ m ≤ 1 rispettivamente per do =∞ e do = 0.

Lo specchio convesso si comporta quindi come un ipotetico specchio con-cavo in cui l'oggetto possa stare nella parte virtuale. Invertire le regione R eV , l'immagine va proprio a situarsi nello spazio tra V e F , in cui nello spec-chio concavo l'immagine non può ma stare. Questo proprio perché l'oggettonon può stare in V .

Figura 5.20: Specchio convesso

5.7 Diottro sferico in approssimazione paras-

siale

Il diottro sferico è uno strumento ottico in cui una super�cie sferica (det-ta super�cie diottrica) separa due mezzi trasparenti di indice di rifrazionerispettivamente n1 e n2. In questo caso si considerano solo i raggi trasmessiper rifrazione; il diottro è quindi complementare allo specchio, in cui esistonosolo i raggi ri�essi.

Le convenzioni di segno che adottiamo sono congruenti a questa conside-razione e dipendono dalla parte del diottro da cui proviene la luce. Tuttele grandezze dalla parte opposta, parte reale, sono positive; tutte le gran-dezze dalla parte da cui proviene la luce, parte vistuale, sono negative. Faeccezione l'oggetto che sarà detto reale se sta dalla parte da cui proviene laluce (do > 0) e virtuale se sta dalla parte opposta (do < 0). Le convenzioni,salve per l'oggetto, sono le stesse utilizzate per gli specchi ma le regioni Re V sono invertire, proprio perché in un caso si utilizzano i raggi ri�essi enell'altro quelli rifratti.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 84

Figura 5.21: Confronto convenzioni sui segni per specchi e diottri

5.7.1 Sintesi delle convenzioni di segno per specchi e

diottri

Considerazione di base:

• una super�cie di uno specchio (detta catottrica) ri�ette i raggi realinella stessa regione dalla quale provengono =⇒ regione reale = regione

da cui proviene la luce

• una super�cie diottrica trasmette per rifrazione i raggi reali nella regio-ne opposta a quella da cui proviene la luce =⇒ regione reale opposta.

Da queste considerazioni discende che :

1. L'oggetto reale, do > 0, se sta dalla parte da cui proviene la luce

2. tutte le altre grandezze sono positive se nella parte reale R, negativese nella parte virtuale V . L'immagine è reale se di > 0.

3. L'ingrandimento è positivo se l'immagine non è invertita, negativo seinvertita.

5.7.2 Dimostrazione della legge del diottro

Dimostriamo ora la legge del diottro in approssimazione parassiale.In approssimazione parassiale, tutti gli angoli sono su�cientemente piccoli

da poter scrivere:

θ = sin θ = tan θ

cos θ = 1

n1θ1 = n2θ2

Inoltre K coincide con V e quindi do = OV ≈ OK e di = V I ≈ KI eR = ¯V C ≈ KC.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 85

Figura 5.22: Legge del diottro

Scrivendo α, β e γ ( in approssimazione parassiale) in funzione di ¯PK siha (V coincide con K):

α =¯PK

doβ =

¯PK

Rγ =

¯PK

di

Basta adesso ricavare θi e θ in funzione di α, β e γ e di. Sostituendolinella legge di Snell in approssimazione parassiale (n1θ1 = n2θ2), si ottiene:

θ1 = α + β

θ2 = β − γ

e quindin1 (α + β) = n2 (β − γ)

n1

(1

do+

1

R

)= n2

(1

R− 1

di

)n1

do+n2

di=

(n1 − n2)

R

Poiché sia applicabile l'approssimazione parassiale il punti I è unico poi-ché di è unico, indipendentemente dal punto P scelta.

5.7.3 Fuochi del diottro sferico

Il diottro sferico ha due fuochi

• F2 o fuoco principale che è quello in cui convergono i raggi rifratti ( oi loro prolungamenti) se l'oggetto è posto all'in�nito e quindi do = ∞e i raggi arrivano tutti paralleli all'asse ottico.

• F1 o fucoo secondario che è quello in cui deve trovarsi l'oggetto (reale ovirtuale) perché la sua immagine si formi all'in�nito e quindi di = ∞.Poiché è legato alla posizione dell'oggetto gli diamo la convenzione dido.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 86

Le distanze focali si ottengono dall'equazione del diottro ponendo rispet-tivamente do = ∞ e di = ∞ L'equazione ci darà valori positivi o negativi(rispetto alle solite convenzioni di segno) a seconda che la super�cie diottricasia convessa o concava. I due fuochi sono sempre uno reale e l'altro virtuale,uno positivo e l'altro negativo, uno nella regione R e l'altro nella regione V ,Si pone di solito f1 = f2

• Calcolo di f2: si pone do = ∞ nell'equazione del diottro. Da questosegue

n2

di=n2 − n1

R

di(n2 − n1) = n2R

di = f2 = Rn2

n2 − n1

= f

f2 ha lo stesso segno di R se n2 > n1, segno opposto se n2 < n1.

• Calcolo di f1: si pone di = ∞ nell'equazione del diottro e quindi do =+f1

5. Infattin1

do=n2 − n1

R

do(n2 − n1) = n1R

do = f1 = Rn1

n2 − n1

f1 = Rn1

n2 − n1

f1 ha lo stesso segno di R se n2 > n1, segno opposto se n2 < n1.

Nota: poiché il denominatore è lo stesso si ha :

|f2| > |f1| se n2 > n1

|f2| < |f1| se n2 < n1

5.7.4 Costruzione dei fuochi

Vediamo ora la costruzione per determinare i fuochi di un diottro.Notiamo che l'inversione del segno di R è annullata dall'inversione del

segno di (n2 − n1). Si noti che il fuoco dalla parte di n maggiore è piùlontano.

5Il segno più deriva dal fatto che do ha convenzioni di segno opposte a tutte le altre

grandezze, escluso F . Se diamo a f1 le stesse convenzioni di segno di do, f1 e f2 hanno lo

stesso segno.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 87

Figura 5.23: Costruzione dei fuochi per un diottro a) convesso e b) concavonel caso in cui n2 > n1

Figura 5.24: Costruzione dei fuochi per un diottro a) convesso e b) concavonel caso in cui n2 < n1

La simmetria dei casi indicati in �gura è un esempio della validità delprincipio di inversione del cammino ottico.

Infatti i casi 1 e 3 e i casi 2 e 4 sono gli stessi avendo invertito il camminoottico dei raggi luminosi. In pratica il caso 3 è il caso 1 con invertita ladirezione da cui proviene la luce, con conseguente inversione delle regioni Ve R. Analogamente il caso 4 è il caso 2 con sambiata la direzione della luce.

5.7.5 Costruzione dell'immagine

La costruzione dell'immagine nel caso del diottro è del tutto analogo aquella degli specchi. Basta utilizzare due dei tre raggi noti (manca quello peril centro della super�cie sferica).

1. Un raggio ‖ all'asse ottico passa (o il suo prolungamento passa) per F2.

2. Un raggio passante per il vertice è deviato secondo Snell: θ2 = n1

n2θ1

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 88

3. Un raggio dal fuoco (o il prolungamento dal fuoco) F1 continua ‖ all'asseottico.

5.8 Lente Sottile

La lente sottile la possiamo considerare come un passaggio al limite diun diottro sferico con due super�ci diottriche, quando la distanza tra le duesuper�ci diottriche tende a 0.

Ci basiamo sulla �gura tracciando le grandezze do e di relative alla primasuper�cie diottrica e procedendo poi alla seconda super�cie utilizzando unoggetto che è l'immagine formata dalla prima super�cie.

Figura 5.25: Costruzione per una lente sottile.

Applicando la legge del diottro alle due super�ci diottriche si ha:

n1

d(1)o

+n2

d(1)i

=n2 − n1

R1

n2

d(2)o

+n3

d(2)i

=n3 − n2

R2

Passando al limite per L→ 0, V2 coincide con V1 e d(2)0 = L−d(1)i = −d(1)i .

Sommando ora membro a membro le due equazioni si ottiene (con d(1)o = d0

e d(2)i = di):

n1

do+

n2

d(1)i

+n2

−d(1)i+n3

di=n2 − n1

R1

− n2 − n3

R2

e sempli�cando si ha

n1

do+n3

di=n2 − n1

R1

− n2 − n3

R2

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 89

Questa legge generale della lente sottile vale per n1, n2 e n3 qualunque. Se idue mezzi 1 e 3 sono uguali, cioè n3 = n1, allora la legge diventa:

1

do+

1

di=n2 − n1

n1

(1

R1

− 1

r2

)=

1

f2=

1

f

Nel caso n3 = n1, abbiamo quindi 2 equazioni:

1.1

do+

1

di=

1

f

detta legge delle lenti sottili, identica a quella degli specchi.

2.1

f=n2 − n1

n1

(1

R1

− 1

R2

)detta legge del costruttore di lenti che sostituisce per le lenti la leggef = R

2, ovvero 1

f= 2

R, che è valida nel caso degli specchi.

Se n1 6= n3, i fuochi non sono più simmetrici e vanno calcolati partendodall'equazione completa delle lenti sottili, ponendo le stesse condizioni usateper i diottri. Cioè:

n1

do+n3

di=n2 − n1

R1

− n2 − n3

R2

dovef2 = di per d0 =∞f1 = d0 per di =∞

Sostituendo si ottiene per n1 6= n3:

• do →∞n1

n3

do+

1

di=

1

f2=

1

fcon

1

f=n2 − n1

n3

1

R1

− n2 − n3

n3

1R2

• di →∞

1

do+

n3

n1

di=

1

f1con

1

f1=n2 − n1

n1

1

R1

− n2 − n3

n1

1

R2

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 90

Notiamo ancora che per n1 = n3 si ha f1 = f2 sempre.Notiamo in�ne che, poiché la lice proviene da una direzione, F2 e F1

hanno signi�cato e proprietà diverse. F1 è a volte utile per la costruzionedell'immagine e ci indica la posizione del fuoco F2 in caso di inversione deverso di provenienza della luce. Scambiando O eI, insieme alla direzione dellaluce, anche i fuochi si scambiano come conferma del principio di reversibilitàdel commino ottico.

Nota: Le ipotesi alla base della trattazione delle lenti sottili sono due:

1. approssimazione parassiale: tutti gli angoli sono piccoli ( l'aperturadella lente è piccola), V eK coincidono, la legge si Snell n1 sin θ1 =n2 sin θ2 diventa n1θ1 = n2θ2.

2. lo spessore della lente, L, è trascurabile: cioè nella �gura 5.26 V1, V2e H sono coincidenti. Una conseguenza di questo è che un raggio chepassa per H non viene deviato solo se n3 = n1. La seconda conseguenzaè che si considera una sola deviazione sul piano della lente.

Figura 5.26: Approssimazione di lente sottile.

Veri�chiamo le due conseguenze sui raggi incidenti che ci permettono dicostruire i raggi rifratti principali e costruire le immagini.

1. vicino al vertice (vertici) la lente è approssimabile ad una lastra a faccepiane di spessore L.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 91

• infatti un raggio parassiale nella direzione di H, incide sulla lentein un punto P1 tale che ¯P1V1 = hi ≈ L

2sin θ′i. In approssimazione

parassiale (θi molto piccolo) è ¯PK � L e quindi θ′i = θi + ∆θi =θi + arctan hi

R= hi che corrisponde all'approssimazione di facce

piane. Lo stesso si può ripeter per la rifrazione sulla secondasuper�cie.

Figura 5.27: Approssimazione di lente sottile a lastra a facce piane.

• approssimando la lente visino al vertice con una lastra piana si ri-cava facilmente lo spostamento d che subisce il raggio. In generale

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 92

si ha

l =L

cos θ2

θ2 = arcsin

(sin θin

)d = l sin (θi − θ2)

nel caso della lente in approssimazione parassiale θi = sin θi =tan θi e cos θi = 1 da cui segue

l = L

θ2 =θin

d = Lθin1

n

con L e θi entrambi trascurabili (lente sottile e approssimazioneparassiale).

Il raggio che passa per H (o V ) non viene quindi de�esso (d = 0e θe = θi). ricordiamo che θe = θi sempre, per le lastre piane, senn = n1. Infatti n1 sin θ1 = n2 sin θ2 = . . . = nn sin θn e quindi pernn = n1 si ottiene sin θ1 = sin θn da cui θ1 = θn.

2. Per raggi non passanti per il vertice si ha una de�essione che è la sommadelle de�essioni sulle due super�ci diottriche. Poiché L è consideratonullo (cioè trascurabile) la de�essione totale è applicata sul piano dellalente. La de�essione applicata sul piano della lente è somma delle duede�essioni.

Nota importante: il fatto che un raggio che passa per H non vengadeviato è valido solo se n3 = n1. Se n3 6= n1 si considera sempre una soladeviazione in H (L = 0 e d = 0) ma θe non è più uguale a θi.

Dalla legge di Snell in approssimazione parassaile si ha (sempre lastrepiane al vertice):

n1θi = n2θ2 = n3θe =⇒ θe =n1

n3

θi

Notiamo che il rapporto θeθi

non dipende dall'indice di rifrazione n2 dellalente, ma solo dal rapporto tra gli indici di rifrazione dei due mezzi tra i qualiè posta la lente. Il raggio per H non viene de�esso se n1

n3= 1 allora n3 = n1.

Riassumiamo i raggi di cui conosciamo il percorso e che possiamo quindiusare per la costruzione dell'immagine.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 93

Figura 5.28: Trasmissione di un raggio attraverso un piastra a face piane.

1. I raggi provenienti da un'oggetto all'in�nito, paralleli all'asse ottico,dopo la deviaione convergono (o i loro prolungamenti convergono) nelfuoco F2.

2. I raggi che provengono ( o i cui prolungamenti provengono) da F1,escono paralleli all'asse ottico, formando un'immagine all'in�nito.

3. I raggi passanti per H (vertice della lente tra V1 e V2,diciamo nel mez-zo) vengono deviati secondo la relazione θe = n1

n3θi. Proseguono senza

deviazione se n3 = n1.

Le tre regole sopra indicate valgono per tutti i valori di n1, n2 e n3.

• Applicando la 3) bisogna state attenti se n3 = n1 o n3 6= n1.

• Applicando le prime due bisogna ricordare che f1 = f2 solo se n3 = n1.Per n3 6= n1, f1 6= f2 e ciascuno deriva dalla sua formula. I segni di f1e f2 sono sempre uguali tra loro. Se un fuoco è nella parte reale, l'altroè nella parte virtuale e viceversa.

Per procedere alla costruzione dell'immagine bisogna conoscere la posi-zione dei fuochi. Per conoscere la posizione dei fuochi bisogna conoscere iraggi R1 eR2 e i valori degli indici di rifrazione n1 n2 e n3.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 94

5.8.1 Calcolo della posizione dei fuochi

• n3 = n1

1

f=n2 − n1

n1

(1

R1

− 1

R2

)=

1

f1=

1

f2Legge del costruttore di lenti

• n3 6= n11

f2=

1

f=n2 − n1

n3

1

R1

− n2 − n3

n3

1

R2

1

f1=n2 − n1

n1

1

R1

− n2 − n3

n1

1

R2.

La conoscenza della posizione dei fuochi è su�ciente per procedere alla co-struzione dell'immagine Serve anche il rapporto n1

n3se si vuole usare il raggio

passante per il vertice.

5.8.2 Calcolo della posizione dell'immagine di e dell'in-grandimento trasversale m = − di

do

Si applicano, con le solite convenzioni di segno, le equazioni che abbiamoricavato per trovare di. Noti di e do è noto anche m.

5.8.3 Calcolo dell'immagine

Sia nota o calcolata la posizione dei fuochi. E' importante comprenderela di�erenza tra i due fuochi.

1. Il fuoco F2 è quello in cui convergono i raggi paralleli all'asse ottico,provenienti dalla parte da cui proviene la luce, d0 = +∞. se nonconvergono è il luogo in cui convergono i prolungamenti di questi raggi.

2. Il fuoco F21 è quello in cui deve essere posto l'oggetto perché i raggida esso, raggiunta la lente, proseguono parallelamente all'asse otticoformando l'immagine all'in�nito, di = +∞. Se F1 si trova nella parteR, dove l'oggetto è virtuale e f1 è, come do, negativo, devo usare unraggio virtuale per costruire l'immagine all'in�nito, da incrociare conil raggio virtuale (prolungamento) che ricavo utilizzando F2.

Nota:L'immagine è costruita con i raggi reali o con i raggi virtuali. Nelprimo caso 'immagine è reale, nel secondo virtuale. I raggi utilizzati sullabase delle proprietà dei fuochi o sono entembe reali ovvero sono entrambevirtuali.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 95

Figura 5.29: Lente convergente. F1 opposto a F3 se n3 = n1. f1 e f2 hannolo stesso segno per le convenzioni adottate.

• I raggi reali convergono in F2 e partono da F1.

• I raggi virtuali partono da F2 e convergono in F1.

Oppure detto in altro modo, dopo la rifrazione sulla lente:

• F2: luogo di convergenza dei rggi provenienti dall'in�nito( do = ∞)ovvero luogo da cui sembrano partire i raggi reali divergenti provenientida d0 =∞.

• F1: luogo di convergenza da cui partono i raggi realiche formano un'im-magien all'in�nito (di =∞) ovvero luogo di apparente convergenza deiraggi dell'oggetto che formano un'immagine all'in�nito, o meglio cheprocedono paralleli all'asse ottico.

Per costruire l'immagine di O′ si possono usare i raggi costruiti sullabase delle proprietà dei fuochi e quello per il vertice che per n3 = n1 nonviene de�esso, mentre per n3 6= n1 viene de�esso secondo la legge di Snell inapprossimazione parassiale

θi =n3

n1

θe

Se non richiesto in modo particolare, si usi il raggio per il vertice e quellocostruito con F2.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 96

Figura 5.30: Lente divergente. F1 opposto a F3 se n3 = n1. f1 e f2 hanno lostesso segno per le convenzioni adottate.

5.8.4 Esempi di costruzione dell'immagine con una lente

sottile

Ricordare che per la costruzione di un punto O′ dell'oggetto, posto al difuori dell'asse ottico:

1. Il raggio che utilizza le proprietà di F2 parte d O′ parallelamente all'asse

ottico e viene rifratto dalla lente prima di raggiungere F2, ovveri rimache i raggi rifratti sembrino provenire da F2.

2. Il raggio che utilizza F1 è diretto verso F1 (o parte da F1) rifrattoparallelamente all'asse ottico quando attraversa la lente

3.n3 = n1 =⇒ f1 = f2

Lente Convergente

La lente convergente è caratterizzata dalle seguenti caratteristiche:

• f1 = f2 > 0

• f2 in R i F1 in V

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 97

Figura 5.31: Lente convergente.

• d0 > 0

• Consideriamo il caso ∞ ≥ 0 f1

� f2 ≤ di <∞� m = − di

do< 0 e 0 < |m| <∞

In questo caso l'immagine è reale e invertita.Consideriamo il caso f1 > do ≥ 0

• di < 0 e ∞ > |di| ≥ 0

• m = − dido> 0 e ∞ > m > 1

L'immagine è virtuale e invertita.

Lente divergente

La lente divergente è caratterizzata dalle seguenti caratteristiche:

• f1 = f2 < 0

• f2 in V

• f1 in R

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 98

Figura 5.32: Lente divergente.

• do > 0

• Il raggio da O′ parallelo all'asse ottico raggiunta le lente viene rifratto.Il raggio rifratto sembra partire da F2.

• Il raggio da O′ verso F1, quando incontra la lente viene rifratto paral-lelamente l�asse ottico.

Oggetti Virtuali do < 0

Sono oggetti che vengono a trovarsi dalla parte opposta da quella da cuiproviene la luce. In realtà essi sono immagini reali formate dalla lente prece-dente in assenza della lente in oggetto. Sulla base di questa considerazionesi considerano i raggi reali che l'hanno formata e, tra questi, quello paral-lelo all'asse ottico e quello proveniente da, o passante per, F1 della lente inoggetto.

5.8.5 Nota sulle lenti sottili

Se n3 = n1 tutte le lenti sottili hanno i due fuochi simmetrici rispettoal piano della lente. COn le convenzioni adottate la legge del costruttore di

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 99

Figura 5.33: Lente convergente: costruzione dell'immagine nel caso do > f1.

Figura 5.34: Lente convergente: costruzione dell'immagine nel caso do < f1.

lentin2 − n1

n1

(1

R1

− 1

r2

)=

1

f

permette di calcolare entrambe i fuochi. conseguenza della simmetria è cheil raggio che passa per il centro della lente non viene de�essa.

Se n3 6= n1, la distanza dei due fuochi è diversa e valgono le relazioni:

1

f2=n2 − n1

n3

1

r1− n2 − n3

n3

1

R2

1

f1=n2 − n1

n1

1

R1

− n2 − n3

n1

1

R2

Le regole per la costruzione dell'immagine utilizzando i fuochi restano lestesse, ma il raggio per il centro della lente vien in questo caso deviato secondole legge di Snell in approssimazione parassiale θe = n1

n3θi.

La sintesi della posizione dell'immagine in funzione della posizione del-l'oggetto può essere espressa gra�camente, gra�cando la legge 1

do+ 1

di= 1

f

nei due casi:

• f > 0 allora lente convergente

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 100

Figura 5.35: Lente divergente: costruzione dell'immagine.

Figura 5.36: Lente convergente con oggetto virtuale.

• f < 0 allora lente divergente

Ricordano che m = − dido, sugli stessi gra�ci si può porre anche m

5.9 Sistemi a più lenti con lo stesso asse ottico

De�nita la direzione da cui proviene la luce, rimane de�nita la successio-ne, l'ordine, in cui vengono considerate le lenti. L'immagine formata dallaprima lente sarà l'oggetto per la seconda lente, questa a sua volta genereràun'immagine che sarà l'oggetto per la terza, e così via �no all'ultima lente delsistema ottico che genererà l'immagine �nale sulla base dell'oggetto formatadalla lente precedente come immagine.

Nel passare da una lente alla successiva cambia ovviamente il punto (cen-tro dell lente) da cui si misurano le grandezze do, di,f2 e f1 e si modi�canole regioni R e V .

queste regole valgono sia che si costruisca l'immagine �nale (passando daquelle intermedie) gra�camente, sia che si usino in successione le equazionidelle lenti.

Se nel sistema ottico c' anche uno specchio, non cambia nulla salvo che lesue proprietà sono diverse e la costruzione dei raggi e la de�nizione del fuocoseguono regole diverse.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 101

Figura 5.37: Lente divergente con oggetto virtuale.

Figura 5.38: Lente convergente: rappresentazione gra�ca.

L'ingrandimento totale trasversale è sempre il prodotto degli ingrandi-menti prodotti dalle singole lenti:

m =∏

mi

5.10 L'occhio

L'occhio è una lente convergente con uno schermo pieno di pixels.Se l'oggetto si avvicina, siccome la posizione dello schermo è �ssa, l'occhio

deve ridurre la distanza focale in modo che l'immagine, reale e capovolta, siformi sempre sullo schermo. Poiché la capacità dell'occhio è imitata nelridurre la distanza focale ( ≈ 10%, da ≈ 25 a ≈ 22 mm), c'è una distanzaminima al di sotto della quale non si riesce più a metter a fuoco detto punto

prossimo.La dimensione dell'immagine sulla retina h considerando il raggio per il

centro del cristallino, anche se non è del tutto corretto, ma quasi perchén1 ≈ n3 è data da:

hL = mho = −hodbulboocularedprossimo

≈ −ho2.5cm

25cm≈ − 1

10ho

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 102

Figura 5.39: Lente divergente: rappresentazione gra�ca.

La dimensione angolare, che è quell che conta poiché sulla retina è semprehi = dbo tan θ, è do tan θ, con do ≥ dpp. La dimensione che vediamo dell'ogget-to dipende dalla sua distanza ed è proporzionale a θ = tan−1 ho

dcon d ≥ dpp.

Dal punto di vista visuale la massima dimensione si ha per do = dpp.

5.11 Strumenti Ottici

Gli strumenti ottici formano un'immagine dell'oggetto in modo che que-sta immagine, diventa oggetto per l'occhio, produca un'immagine sulla retinapiù grande e quindi con maggiore risoluzione. La risoluzione con cui vediamoun'oggetto o un suo particolare dipendono dall'ara che la sua immagine oc-cupa la retina. maggiore è l'angolo sotto il quale vediamo l'oggetto, maggioreè la sua grandezza visuale.

Si de�nisce ingrandimento angolare o visuale di uno strumento ottico,l'ampli�cazione che lo strumento produce dell'angolo visuale di un oggetto:

mθ =θimθog

=θiθo

• Lente d'ingrandimento e microscopio per veder sotto un angolo maggio-re oggetti piccoli che, se posti alla minima distanza dalla quale l'occhiopuò focalizzarli sulla retina, punto prossimo 0 dpp = 25 cm, hanno unpiccolo angolo visuale.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 103

Figura 5.40: L'occhio umano come strumento ottico.

Figura 5.41: Punto prossimo dell'occhio umano

• Cannocchiale o telescopio per vedere con maggiore risoluzione, cioèingranditi, oggetti molto lontani che sono quindi visti sotto un piccoloangolo visuale.

Notiamo che in entrambi i casi quello che importa è avere un grande θi,non la dimensione dell'immagine hi. A parità di θi, l'immagine deve trovarsiad una distanza dall'occhio maggiore o uguale a dpp, ma più è distane e meglioè poiché l'occhio la vede, sempre con lo stesso θi, ma in una condizione�rilassata�.

5.11.1 Lente d'ingrandimento

Lo schema di funzionamento è quello in �gura 5.44 in cui un oggetto pic-colo da �ingrandire� è posto tra il foco e il vertice di una lente convergente difocale f . L?occhio vede l'immagine virtuale formata ponendosi in prossimitàdella lente.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 104

Figura 5.42: Strumenti Ottici.

Figura 5.43: Ingrandimento angolare.

Poiché vogliamo ingrandire e f è ben più piccolo di dpp, θmaxi è poco più

grande di θi con occhio a riposo (immagine all'in�nito o comunque moltolontana). Scegliendo di usare θi che produce un'immagine lontana si hado = f allora:

θi =hof

θo =hodpp

e quindi

mθ =θiθo

=dppf

5.11.2 Microscopio

E' schematicamente un sistema a due lenti, o gruppi ottici, convergenti icui fuochi sono posti ad una distanza l, detta tiraggio. La lente dalla partedell'oggetto è detta obiettivo e quella dalla parte dell'occhio oculare.

Funzione: l'obiettivo ingrandisce e inverte l'oggetto facendo cadere l'im-magine in corrispondenza del fuoco dell'oculare (seconda lente). Lo faràcadere appena all'interno perché l'immagine si formi all'in�nito (o molto lon-tana) dalla parte �giusta� della lente. L'oculare si comporta come una lented'ingrandimento per l'immagine ingrandita e invertita formata dalla primalente (obiettivo).

mob =dobido

=hiho

= − l

fob

e quindi l'ingrandimento angolare è tanto più grande quanto più grandeè l rispetto a fob.

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 105

Figura 5.44: Schema di funzionamento della lente d'ingrandimento.

Figura 5.45: Schema di funzionamento del microscopio.

L'oculare è una lente d'ingrandimento con mθoc = dpp

foce quindi l'ingrandi-

mento visuale è dato da:

Mv = mtobm

θoc = − l

fob

dppfoc

5.11.3 Cannocchiale Kepleriano o telescopio

ha gli stessi componenti del microscopio (obiettivo e oculare) ma si usa-no entrambe le lenti per produrre ingrandimento angolare, essendo l'ogget-to molto lontano (pressoché all'in�nito), non essendo spostabile ed essendonaturalmente piccolo l'angolo visuale sotto il quale è visto.

L'ingrandimento visuale è dato da

Mv =fobfoc

e quindi per avere un alto ingrandimento fob � foc.

5.11.4 Cannocchiale Galileiano

Se la seconda lente è divergente si ha il cannocchiale Galileano che noninverte. La lente è posta tra la lente dell'obiettivo e il suo fuoco F2. F ob

2

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CAPITOLO 5. OTTICA GEOMETRICA 106

Figura 5.46: Cannocchiale Kepleriano o telescopio.

coincide sempre cin f oc1 ma l'immagine dovrà stare leggermente alle'ester-no rispetto a f oc1 per produrre un'immagine all'in�nito dalla stessa partedell'oggetto

5.11.5 Cannocchiale a specchio

La prima lente può essere uno specchio concavo, che si comporta co-me una lene convergente. L'immagine si formerà nel fuoco dello specchio.L'immagine in questo caso è invertito come nel Kepleriano.

Figura 5.47: Cannocchiale Galileiano e a specchio