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ATTUALITÀ VENERDI 13 NOVEMBRE 2015 8 VENERDI 13 NOVEMBRE 2015 9 ATTUALITÀ 5° CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE. OGGI CONCLUSIONE DEI LAVORI «Giovani, non guardate dal balcone la vita » Intenso intervento di Papa Francesco che dice: «Meglio una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade» L’immagine della cupola di Santa Maria del Fiore, con la raffigurazione al suo interno del Giudizio Universa- le. Il Peppone e il don Camillo di Guareschi che si fronteggiano con ri- spetto da fronti opposti, senza paura di litigare. Un vescovo che in una metropolitana affollata non sa dove reggersi e allora conta sul sostegno della sua gente. Tre immagini che raccontano, in sintesi, il discorso di Papa Francesco ai 2.200 rappresen- tanti della Chiesa italiana, riuniti a Firenze fino a oggi, venerdì per il lo- ro quinto Convegno ecclesiale nazio- nale. Poco prima, Francesco aveva avuto l’occasione di ammirare la “Crocifissione bianca” di Marc Cha- gall, uno dei suoi quadri preferiti. Il decimo viaggio pastorale di Papa Francesco in Italia era iniziato due ore prima, a Prato, dove incontrando il mondo del lavoro aveva chiesto “patti di prossimità”. “Mi piace una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenti- cati, agli imperfetti”, il sogno del Pa- pa da Santa Maria del Fiore, in cui ha chiesto ai cattolici di essere “creati- vi” e di credere “al genio del cristia- nesimo italiano”. Nella Messa allo stadio Artemio Franchi, momento conclusivo del viaggio, Francesco ha ricordato che l’umanesimo, a partire da Firenze che ne è stata la culla, “ha sempre avuto il volto della carità” e ha auspicato “che questa eredità sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera”. L’iscrizione alla base dell’affresco recita “Ecce Homo”. Il Papa la guar- da, all’esordio del suo discorso a Santa Maria del Fiore, e dice che “possiamo parlare di umanesimo so- lamente a partire dalla centralità di Gesù, scoprendo in Lui i tratti del volto autentico dell’uomo”. “Non dobbiamo addomesticare la potenza del volto di Gesù, è il misericordiae vultus”, simile a quello “di tanti no- stri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati”. Il primo affondo: “Non ca- piremo nulla dell’umanesimo cri- stiano e le nostre parole saranno bel- le, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto”. “Umiltà, disinteresse, beatitudine”. Tre parole che per il Papa dicono molto dell’identità della Chiesa ita- liana. “Disinteresse” significa “cer- care la felicità di chi ci sta accanto”, perché “l’umanità del cristiano è sempre in uscita, non è narcisistica, autoreferenziale. Quando il nostro cuore è ricco ed è tanto soddisfatto di se stesso, allora non ha più posto per Dio”. Il secondo affondo: “Evitia- mo, per favore, di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa pro- tezione, nelle norme che ci trasfor- mano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquil- li”. “Per i grandi santi la beatitudine ha a che fare con umiliazione e po- vertà. Ma anche nella parte più umi- le della nostra gente c’è molto di questa beatitudine”. Il terzo affondo: “Non dobbiamo essere ossessionati dal potere. Una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste”. Poi uno dei temi chiave di questo pontificato: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piut- tosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrappar- si alle proprie sicurezze». Le tentazioni da evitare. Il quarto af- fondo arriva dal no alle “pianifica- zioni perfette perché astratte”, ad “uno stile di controllo, di durezza, di normatività”: “Davanti ai mali o ai problemi della Chiesa è inutile cercare soluzioni in conservatorismi e fondamentalismi, nella restaura- zione di condotte e forme superate che neppure culturalmente hanno che non danno frutto, che rendono sterile il suo dinamismo”, il quinto affondo. Bisogna imparare da “gran- di santi” come Francesco d’Assisi e Filippo Neri, ma anche da personag- gi come don Camillo “che fa coppia con Peppone”: “Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. capacità di essere significative”. Ol- tre a quella del pelagianesimo, l’altra tentazione da cui guardarsi è lo gno- sticismo, che “porta a confidare nel ragionamento logico e chiaro, il qua- le però perde la tenerezza del fratel- lo”. “Non mettere in pratica, non condurre la Parola alla realtà, signifi- ca costruire sulla sabbia, rimanere nella pura idea e generare intimismi Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte”. Prima i poveri. “Popoli e pastori in- sieme”, il sesto affondo del Papa: “Ai vescovi chiedo di essere pastori: sarà la gente, il vostro gregge, a so- stenerci”. Come il vescovo che, in metro all’ora di punta, “si appoggiava alle persone per non cadere”. Perché “quello che fa stare in piedi un vescovo è la sua gente”. Settimo affondo sotto forma di preghiera: “Che Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro”. Pri- ma i poveri: la Chiesa “ha l’altra me- tà della medaglia di tutti e riconosce tutti i suoi figli abbandonati, oppres- si, affaticati”. “Dialogare non è negoziare”, avverte Francesco esortando alla cultura del- l’incontro: “Il modo migliore di dia- logare è quello di fare qualcosa insie- me, non da soli, tra cattolici, ma in- sieme agli uomini di buona volontà”, l’ottavo affondo, perché “il fratello conta più delle posizioni che giudi- chiamo lontane dalle nostre pur au- tentiche certezze”. “La nazione non è un museo”, la Chiesa ha titolo per intervenire nel dibattito pubblico. Ai giovani, Francesco ha chiesto di “superare l’apatia” e di non guardare la vita dal balcone. Per tutta la Chiesa italiana, a ogni li- vello, un’indicazione: un percorso sinodale centrato sulla “Evangelii Gaudium”. M. MICHELA NICOLAIS (inviata Sir a Firenze) Dalle parole del Santo Padre PER CREARE UN’UMANITA’ NUOVA «La comunione tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è la nostra meta, il punto d’arrivo della storia umana secondo il disegno del Padre». Ne è convinto il Papa. Nell’omelia della Messa allo stadio fio- rentino “Artemio Franchi”, presieduta nell’ambito del quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa ita- liana in corso a Firenze, Francesco ha spiegato che questa comunione è «la beatitudine dell’incontro tra la nostra debolezza e la Sua grandezza, tra la nostra piccolezza e la Sua misericordia che colmerà ogni nostro limite. Ma tale meta non è soltanto l’orizzonte che illumina il nostro cammino ma è ciò che ci attrae con la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vivere qui e si costruisce giorno dopo giorno con ogni be- ne che seminiamo attorno a noi». Sono questi «i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinno- vata, dove nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri so- no accolti e aiutati». CREDETE AL GENIO DEL CRISTIANESIMO ITALIANO “In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni”. È l’invito del Papa. “Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creati- vo per concretizzare questo studio”, “Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fe- de, solida nelle radici e ampia nei frutti”. “Siate creativi nell’esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile”, “Credete al genio del cristianesimo ita- liano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo”. L’UMANESIMO E IL VOLTO DELLA CARITA’ San Leone ci ricorda anche che “non può esserci vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel servizio alla Chiesa. È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla con lo spirito del buon sama- ritano”. Non per nulla l’umanesimo, «di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più creativi, ha avu- to sempre il volto della carità. Che questa eredità – l’auspicio conclusivo di Francesco – sia feconda di un nuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera». CINQUE MACROGRUPPI E CINQUE “VIE” È entrato nel vivo mercoledì, terza giornata del Convegno ecclesiale nazionale di Firenze, la ri- flessione nei gruppi di lavoro. Cinque macro- gruppi, uno per ciascuna delle cinque “vie” indi- cate nella Traccia (uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare), divisi ognuno in quattro sottogruppi coordinati da un moderatore, che prevedono al loro interno dieci “tavoli” ai quali si stanno già confrontando non più di dieci delega- ti. Un metodo “sinodale”, nuova formula adotta- ta all’appuntamento fiorentino per consentire un autentico dialogo offrendo a tutti la possibilità di intervenire. A fornire le coordinate all’interno delle quali si svolgono i lavori sono state le due relazioni del sociologo Mauro Magatti (Universi- tà Cattolica di Milano) e del teologo Giuseppe Lorizio (Pontificia Università Lateranense). Riflessione nei gruppi di lavoro Le voci dei delegati biellesi a Firenze TORNANDO A BIELLA «SI RIPARTE DALL’INIZIO, DALL’INCONTRO CON L’UOMO NUOVO» Siamo venuti a Firenze carichi delle attese e degli incontri avuti in queste settimane nella nostra Diocesi. Abbiamo de- siderato che l’iscrizione al convegno di Firenze in un certo senso non portasse solo il nostro nome ma quello di tanti volti incontrati negli incontri zonali e nelle nostre realtà quotidiane. Incontri che hanno avuto il respiro concreto della nostra chiesa diocesana: appassionata e a volte affati- cata, partecipe e a tratti faticosa, desiderosa di lavorare in- sieme (tra laici e preti, tra co- munità parrocchiali) e a volte ristretta nei confini delle no- stre realtà particolari, impa- ziente di nuove indicazioni che possano dare uno slancio rinnovato e un poco stanca nel ricevere stimoli di rinno- vamento. Abbiamo imparato, negli in- contri di preparazione, a ve- dere come germi di nuovo umanesimo siano diffusi nel- le nostre comunità più di quanto possano vedere i nostri poveri occhi increduli, segni di quello Spirito che sostiene e fa camminare la chiesa e del lavoro appassionato di donne e uomini, preti e laici. Per dir- la con le parole di Magatti, a cui è stata affidata una delle due relazioni fondamentali del Convegno: «Nelle nostre cit- tà, nelle nostre parrocchie, nelle nostre famiglie: l’umano è resiliente. Non solo resiste ad un destino di astrazione e frammentazione, ma vi risponde creativamente. Sono an- cora tanti - anzi sono forse addirittura la maggioranza, den- tro e fuori la Chiesa - le donne e gli uomini che (…) conti- nuano a custodire la tenerezza e il calore dell'umano». Qui a Firenze si sta cercando di camminare sulla strada trac- ciata da papa Francesco il quale, in un passaggio impegna- tivo dell’omelia allo stadio ha detto: «in realtà, la comunio- ne tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è la nostra meta, il punto d’arrivo della storia umana secondo il disegno del Padre. (…) Ma tale meta non è soltanto l’oriz- zonte che illumina il nostro cammino ma è ciò che ci attrae con la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vi- vere qui e si costruisce gior- no dopo giorno con ogni be- ne che seminiamo attorno a noi. Sono questi i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinnova- ta, dove nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri sono accolti e aiutati». Ecco allora a Firenze una chiesa che incontra. Secon- do il nostro vescovo Gabriele il valore del convegno ecclesiale è “in sé”: «un modello che la chiesa italiana ha fatto proprio e che in questa esperienza vediamo profondamente mutato e già provocato nel suo metodo dagli stimoli di papa Francesco». Paola si chiede: «Cosa siamo venuti a fare a Firenze? A vedere volti, ad ascoltare voci, a cambiare sguardi e sorrisi, gioie ed emo- zioni con perfetti sconosciuti, a capirsi al volto con alcuni, a guardare perplessi altri, a riempirsi gli occhi di bellezza, a commuoversi sentendo il Papa dire certe cose… un pezzet- to di chiesa universale». Valentina è provocata: «L’insegna- mento del Papa che voglio provare a fare mio: sia una chie- sa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa. La vicinanza e la preghiera sono la chiesa per vivere un umanesimo cristiano». Al Convegno di Firenze le cinque vie, i venti gruppi, i due- centrotre tavoli, i duemiladuecento delegati… non sono espressione di una chiesa che parla ma della volontà di ascoltare nel modo più diffuso e capillare. In questo modo noi delegati non siamo portatori di nessuna sintesi ma sia- mo messi a contatto con la realtà e l’esperienza che noi stessi portiamo. A Firenze si fa l’esperienza di una chiesa che si cimenta con il discernimento. Secondo le parole di papa Francesco: «Vi raccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialo- go e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti». A Firenze non stiamo cercando risposte che ruberebbero al- le nostre comunità la capacità di leggere e capire la realtà concreta: segno della presenza del Signore che i cristiani devono fare fermentare e crescere. «Torneremo a casa» ri- corda Simone, «non con progetti o risposte ma con la con- vinzione che valga la pena sognare una chiesa che incontra, ascolta e così cerca strade insieme». Il Papa ci ha chiesto di prendere sul serio le parole autore- volmente consegnate alla chiesa, giusto giusto due anni fa: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di co- loro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano sal- vare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento». (EG 1). Si riparte dall’inizio, dall’incontro con l’Uomo Nuovo. I delegati biellesi a Firenze

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ATTUALITÀ VENERDI 13 NOVEMBRE 20158 VENERDI 13 NOVEMBRE 2015 9ATTUALITÀ

5° CONVEGNO ECCLESIALE NAZIONALE. OGGI CONCLUSIONE DEI LAVORI

«Giovani, non guardatedal balcone la vita»Intenso intervento di Papa Francesco che dice: «Meglio unaChiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade»

� L’immagine della cupola di SantaMaria del Fiore, con la raffigurazioneal suo interno del Giudizio Universa-le. Il Peppone e il don Camillo diGuareschi che si fronteggiano con ri-spetto da fronti opposti, senza pauradi litigare. Un vescovo che in unametropolitana affollata non sa dovereggersi e allora conta sul sostegnodella sua gente. Tre immagini cheraccontano, in sintesi, il discorso diPapa Francesco ai 2.200 rappresen-tanti della Chiesa italiana, riuniti aFirenze fino a oggi, venerdì per il lo-ro quinto Convegno ecclesiale nazio-nale. Poco prima, Francesco avevaavuto l’occasione di ammirare la“Crocifissione bianca” di Marc Cha-gall, uno dei suoi quadri preferiti. Ildecimo viaggio pastorale di PapaFrancesco in Italia era iniziato dueore prima, a Prato, dove incontrandoil mondo del lavoro aveva chiesto“patti di prossimità”. “Mi piace unaChiesa italiana inquieta, sempre piùvicina agli abbandonati, ai dimenti-cati, agli imperfetti”, il sogno del Pa-pa da Santa Maria del Fiore, in cui hachiesto ai cattolici di essere “creati-vi” e di credere “al genio del cristia-nesimo italiano”. Nella Messa allostadio Artemio Franchi, momentoconclusivo del viaggio, Francesco haricordato che l’umanesimo, a partireda Firenze che ne è stata la culla, “hasempre avuto il volto della carità” e

ha auspicato “che questa eredità siafeconda di un nuovo umanesimo perquesta città e per l’Italia intera”.L’iscrizione alla base dell’affrescorecita “Ecce Homo”. Il Papa la guar-da, all’esordio del suo discorso aSanta Maria del Fiore, e dice che“possiamo parlare di umanesimo so-lamente a partire dalla centralità diGesù, scoprendo in Lui i tratti delvolto autentico dell’uomo”. “Nondobbiamo addomesticare la potenzadel volto di Gesù, è il misericordiae

vultus”, simile a quello “di tanti no-stri fratelli umiliati, resi schiavi,svuotati”. Il primo affondo: “Non ca-piremo nulla dell’umanesimo cri-stiano e le nostre parole saranno bel-le, colte, raffinate, ma non sarannoparole di fede. Saranno parole cherisuonano a vuoto”.“Umiltà, disinteresse, beatitudine”.Tre parole che per il Papa diconomolto dell’identità della Chiesa ita-liana. “Disinteresse” significa “cer-care la felicità di chi ci sta accanto”,

perché “l’umanità del cristiano èsempre in uscita, non è narcisistica,autoreferenziale. Quando il nostrocuore è ricco ed è tanto soddisfattodi se stesso, allora non ha più postoper Dio”. Il secondo affondo: “Evitia-mo, per favore, di rinchiuderci nellestrutture che ci danno una falsa pro-tezione, nelle norme che ci trasfor-mano in giudici implacabili, nelleabitudini in cui ci sentiamo tranquil-li”. “Per i grandi santi la beatitudineha a che fare con umiliazione e po-

vertà. Ma anche nella parte più umi-le della nostra gente c’è molto diquesta beatitudine”. Il terzo affondo:“Non dobbiamo essere ossessionatidal potere. Una Chiesa che pensa asé stessa e ai propri interessi sarebbetriste”. Poi uno dei temi chiave diquesto pontificato: «Preferisco unaChiesa accidentata, ferita e sporcaper essere uscita per le strade, piut-tosto che una Chiesa malata per lachiusura e la comodità di aggrappar-si alle proprie sicurezze».

Le tentazioni da evitare. Il quarto af-fondo arriva dal no alle “pianifica-zioni perfette perché astratte”, ad“uno stile di controllo, di durezza,di normatività”: “Davanti ai mali oai problemi della Chiesa è inutilecercare soluzioni in conservatorismie fondamentalismi, nella restaura-zione di condotte e forme superateche neppure culturalmente hanno

che non danno frutto, che rendonosterile il suo dinamismo”, il quintoaffondo. Bisogna imparare da “gran-di santi” come Francesco d’Assisi eFilippo Neri, ma anche da personag-gi come don Camillo “che fa coppiacon Peppone”: “Vicinanza alla gentee preghiera sono la chiave per vivereun umanesimo cristiano popolare,umile, generoso, lieto.

capacità di essere significative”. Ol-tre a quella del pelagianesimo, l’altratentazione da cui guardarsi è lo gno-sticismo, che “porta a confidare nelragionamento logico e chiaro, il qua-le però perde la tenerezza del fratel-lo”. “Non mettere in pratica, noncondurre la Parola alla realtà, signifi-ca costruire sulla sabbia, rimanerenella pura idea e generare intimismi

Se perdiamo questo contatto con ilpopolo fedele di Dio perdiamo inumanità e non andiamo da nessunaparte”.Prima i poveri. “Popoli e pastori in-sieme”, il sesto affondo del Papa:“Ai vescovi chiedo di essere pastori:sarà la gente, il vostro gregge, a so-stenerci”. Come il vescovo che, in metro all’ora

di punta, “si appoggiava alle personeper non cadere”. Perché “quello chefa stare in piedi un vescovo è la suagente”. Settimo affondo sotto formadi preghiera: “Che Dio protegga laChiesa italiana da ogni surrogato dipotere, d’immagine, di denaro”. Pri-ma i poveri: la Chiesa “ha l’altra me-tà della medaglia di tutti e riconoscetutti i suoi figli abbandonati, oppres-si, affaticati”.“Dialogare non è negoziare”, avverteFrancesco esortando alla cultura del-l’incontro: “Il modo migliore di dia-logare è quello di fare qualcosa insie-me, non da soli, tra cattolici, ma in-sieme agli uomini di buona volontà”,l’ottavo affondo, perché “il fratelloconta più delle posizioni che giudi-chiamo lontane dalle nostre pur au-tentiche certezze”. “La nazione nonè un museo”, la Chiesa ha titolo perintervenire nel dibattito pubblico. Aigiovani, Francesco ha chiesto di“superare l’apatia” e di non guardarela vita dal balcone. Per tutta la Chiesa italiana, a ogni li-vello, un’indicazione: un percorsosinodale centrato sulla “EvangeliiGaudium”.

M. MICHELA NICOLAIS(inviata Sir a Firenze)

Dalle parole del Santo Padre

PER CREARE UN’UMANITA’ NUOVA«La comunione tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è la nostra meta, il punto d’arrivo dellastoria umana secondo il disegno del Padre». Ne è convinto il Papa. Nell’omelia della Messa allo stadio fio-rentino “Artemio Franchi”, presieduta nell’ambito del quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa ita-liana in corso a Firenze, Francesco ha spiegato che questa comunione è «la beatitudine dell’incontro tra lanostra debolezza e la Sua grandezza, tra la nostra piccolezza e la Sua misericordia che colmerà ogni nostrolimite. Ma tale meta non è soltanto l’orizzonte che illumina il nostro cammino ma è ciò che ci attrae con lasua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vivere qui e si costruisce giorno dopo giorno con ogni be-ne che seminiamo attorno a noi». Sono questi «i semi che contribuiscono a creare un’umanità nuova, rinno-vata, dove nessuno è lasciato ai margini o scartato; dove chi serve è il più grande; dove i piccoli e i poveri so-no accolti e aiutati».

CREDETE AL GENIO DEL CRISTIANESIMO ITALIANO“In ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni Diocesi e circoscrizione, cercate di avviare, inmodo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuarele sue disposizioni”. È l’invito del Papa. “Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creati-vo per concretizzare questo studio”, “Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fe-de, solida nelle radici e ampia nei frutti”. “Siate creativi nell’esprimere quel genio che i vostri grandi, daDante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile”, “Credete al genio del cristianesimo ita-liano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo”.

L’UMANESIMO E IL VOLTO DELLA CARITA’San Leone ci ricorda anche che “non può esserci vera sapienza se non nel legame a Cristo e nel servizio allaChiesa. È questa la strada su cui incrociamo l’umanità e possiamo incontrarla con lo spirito del buon sama-ritano”. Non per nulla l’umanesimo, «di cui Firenze è stata testimone nei suoi momenti più creativi, ha avu-to sempre il volto della carità. Che questa eredità – l’auspicio conclusivo di Francesco – sia feconda di unnuovo umanesimo per questa città e per l’Italia intera».

CINQUE MACROGRUPPI E CINQUE “VIE” È entrato nel vivo mercoledì, terza giornata delConvegno ecclesiale nazionale di Firenze, la ri-flessione nei gruppi di lavoro. Cinque macro-gruppi, uno per ciascuna delle cinque “vie” indi-cate nella Traccia (uscire, annunciare, abitare,educare, trasfigurare), divisi ognuno in quattrosottogruppi coordinati da un moderatore, cheprevedono al loro interno dieci “tavoli” ai quali sistanno già confrontando non più di dieci delega-ti. Un metodo “sinodale”, nuova formula adotta-ta all’appuntamento fiorentino per consentire unautentico dialogo offrendo a tutti la possibilità diintervenire. A fornire le coordinate all’internodelle quali si svolgono i lavori sono state le duerelazioni del sociologo Mauro Magatti (Universi-tà Cattolica di Milano) e del teologo GiuseppeLorizio (Pontificia Università Lateranense).

Riflessione nei gruppi di lavoro

Le voci dei delegati biellesi a Firenze

TORNANDO A BIELLA «SI RIPARTE DALL’INIZIO, DALL’INCONTRO CON L’UOMO NUOVO»Siamo venuti a Firenze carichi delle attese e degli incontriavuti in queste settimane nella nostra Diocesi. Abbiamo de-siderato che l’iscrizione al convegno di Firenze in un certosenso non portasse solo il nostro nome ma quello di tantivolti incontrati negli incontri zonali e nelle nostre realtàquotidiane. Incontri che hanno avuto il respiro concretodella nostra chiesa diocesana: appassionata e a volte affati-cata, partecipe e a tratti faticosa, desiderosa di lavorare in-sieme (tra laici e preti, tra co-munità parrocchiali) e a volteristretta nei confini delle no-stre realtà particolari, impa-ziente di nuove indicazioniche possano dare uno slanciorinnovato e un poco stancanel ricevere stimoli di rinno-vamento. Abbiamo imparato, negli in-contri di preparazione, a ve-dere come germi di nuovoumanesimo siano diffusi nel-le nostre comunità più diquanto possano vedere i nostri poveri occhi increduli, segnidi quello Spirito che sostiene e fa camminare la chiesa e dellavoro appassionato di donne e uomini, preti e laici. Per dir-la con le parole di Magatti, a cui è stata affidata una delledue relazioni fondamentali del Convegno: «Nelle nostre cit-tà, nelle nostre parrocchie, nelle nostre famiglie: l’umano èresiliente. Non solo resiste ad un destino di astrazione eframmentazione, ma vi risponde creativamente. Sono an-cora tanti - anzi sono forse addirittura la maggioranza, den-tro e fuori la Chiesa - le donne e gli uomini che (…) conti-nuano a custodire la tenerezza e il calore dell'umano».

Qui a Firenze si sta cercando di camminare sulla strada trac-ciata da papa Francesco il quale, in un passaggio impegna-tivo dell’omelia allo stadio ha detto: «in realtà, la comunio-ne tra divino e umano, realizzata pienamente in Gesù, è lanostra meta, il punto d’arrivo della storia umana secondo ildisegno del Padre. (…) Ma tale meta non è soltanto l’oriz-zonte che illumina il nostro cammino ma è ciò che ci attraecon la sua forza soave; è ciò che si inizia a pregustare e a vi-

vere qui e si costruisce gior-no dopo giorno con ogni be-ne che seminiamo attorno anoi. Sono questi i semi checontribuiscono a creareun’umanità nuova, rinnova-ta, dove nessuno è lasciato aimargini o scartato; dove chiserve è il più grande; dove ipiccoli e i poveri sono accoltie aiutati». Ecco allora a Firenze unachiesa che incontra. Secon-do il nostro vescovo Gabriele

il valore del convegno ecclesiale è “in sé”: «un modello chela chiesa italiana ha fatto proprio e che in questa esperienzavediamo profondamente mutato e già provocato nel suometodo dagli stimoli di papa Francesco». Paola si chiede:«Cosa siamo venuti a fare a Firenze? A vedere volti, adascoltare voci, a cambiare sguardi e sorrisi, gioie ed emo-zioni con perfetti sconosciuti, a capirsi al volto con alcuni, aguardare perplessi altri, a riempirsi gli occhi di bellezza, acommuoversi sentendo il Papa dire certe cose… un pezzet-to di chiesa universale». Valentina è provocata: «L’insegna-mento del Papa che voglio provare a fare mio: sia una chie-

sa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensivaper timore di perdere qualcosa. La vicinanza e la preghierasono la chiesa per vivere un umanesimo cristiano». Al Convegno di Firenze le cinque vie, i venti gruppi, i due-centrotre tavoli, i duemiladuecento delegati… non sonoespressione di una chiesa che parla ma della volontà diascoltare nel modo più diffuso e capillare. In questo modonoi delegati non siamo portatori di nessuna sintesi ma sia-mo messi a contatto con la realtà e l’esperienza che noistessi portiamo. A Firenze si fa l’esperienza di una chiesa che si cimenta conil discernimento. Secondo le parole di papa Francesco: «Viraccomando anche, in maniera speciale, la capacità di dialo-go e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare ècercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune.Non è questo che intendo. Ma è cercare il bene comune pertutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori pertutti». A Firenze non stiamo cercando risposte che ruberebbero al-le nostre comunità la capacità di leggere e capire la realtàconcreta: segno della presenza del Signore che i cristianidevono fare fermentare e crescere. «Torneremo a casa» ri-corda Simone, «non con progetti o risposte ma con la con-vinzione che valga la pena sognare una chiesa che incontra,ascolta e così cerca strade insieme». Il Papa ci ha chiesto di prendere sul serio le parole autore-volmente consegnate alla chiesa, giusto giusto due anni fa:«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di co-loro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano sal-vare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dalvuoto interiore, dall’isolamento». (EG 1). Si riparte dall’inizio, dall’incontro con l’Uomo Nuovo.

I delegati biellesi a Firenze