4,00 Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 ... · nei maggiori circhi europei. ......

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Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), Art. 1, comma 1, DCB-Modena 4,00

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Direzione, redazione, pubblicit�, amministrazioneEnte Nazionale Circhi - Via Garbini 15, 37135 VeronaTel. 045-500682 - Fax 045-8233483Registrazione Tribunale di Livorno n. 344 del 25.5.1980Pubblicit� Inferiore al 45%Progetto grafico La Cage aux Folles ModenaFotolito e Stampa Italiana Produzioni - Castelfranco EmiliaAbbonamento 2007Italia: 30 euro; estero: 40 euro.Versamento sul ccp di Verona 55814610 (specificando la causale)Intestato a: Ente Nazionale Circhi,Via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma.Tutti i diritti di propriet� sono riservati.Fotografie e manoscritti non richiestinon saranno restituiti.

CircoWeb Site: www.circo.it - E-mail: [email protected] serie - Anno XXXVIV - N. 5 Maggio 2007Direttore responsabile Egidio PalmiriRedazione Alessandro Serena, Claudio MontiCollaboratoriSerena Bassano, Roberta Battistin,Dario Duranti, Roberto Fazzini, Antonio Giarola,Luciano Giarola, Jordì Jané, Michele Laganà, Ruggero Leonardi, Massimo Malagoli,Flavio Michi, Francesco Mocellin, Alessandra Litta Modignani, Ettore Paladino.Con la collaborazione diCircus Zeitung (Germania)Circus Planet (Germania)

Knie: gli alchimistidi Massimo Malagoli p. 4

De Curtis, Principe dei clowndi Alessandro Serena p. 8

Orsetto all’infernodi Claudio Monti p. 12

Oleg Popovdi Massimo Locuratolo p. 16

Tigerpalastdi Francesco Mocellin p. 22

Gli Averino in Umbriadi Marco Martini p. 24

Picasso al circodi Flavio Michi p. 26

Corrado Macaggidi Ruggero Leonardi p. 28

SOMMARIO

In copertina: I Rossyan da Knie (pag. 4). Foto Z.V. ' Circus Knie

Tanto stile italiano nello spettacolo 2007dei Knie. Un ricordo di Tot� e del suo amoreper il circo. Le polemiche sulla sopravvivenzadell�orsetto Knut allo zoo di Berlino. Come sidiventa clown secondo Oleg Popov, tradottoda Massimo Locuratolo. Il Tigerpalast diFrancoforte, una consolidata anomalia tede-sca. Tracce del passaggio in Umbria degliAverino a fine ‘800. Il rapporto fra Picasso eil Circo in una mostra in Svizzera. La tenaciadi Corrado Macaggi in un ritratto di RuggeroLeonardi.

Tanto stile italiano nello spettacolo 2007dei Knie. Un ricordo di Tot� e del suo amoreper il circo. Le polemiche sulla sopravvivenzadell�orsetto Knut allo zoo di Berlino. Come sidiventa clown secondo Oleg Popov, tradottoda Massimo Locuratolo. Il Tigerpalast diFrancoforte, una consolidata anomalia tede-sca. Tracce del passaggio in Umbria degliAverino a fine ‘800. Il rapporto fra Picasso eil Circo in una mostra in Svizzera. La tenaciadi Corrado Macaggi in un ritratto di RuggeroLeonardi.

I KnieAlchimisti che parlano italianodi Massimo Malagoli

Franco Knie ritratto con uno dei suoi elefanti(Foto Lothar Schmid © Circus Knie)

Lo spettatore fedele al Circo Nazionale Svizzero (e sonotanti) che con curiosità sfoglia la brochure del 2007 primache inizi lo spettacolo, può avere l’imbarazzante sensazionedi trovarsi di fronte ad uno spettacolo piuttosto “ordinario”.Nessun volto nuovo, nessuna caratteristica speciale, nessuntema particolare. Anzi una massiccia presenza di volti noti,molti dei quali passati da questa pista abbastanza direcente. Ma l’iniziale disagio si trasforma col passare deiminuti e, al termine delle tre ore dell’esibizione, la sensa-zione è di avere appena assistito ad una delle miglioriproduzioni del complesso elvetico degli ultimi anni.Impossibile? Pare che ancora una volta gli alchimisti Knieabbiano dimostrato di possedere la pietra filosofale chetrasforma in oro tutto ciò che tocca, creando un’alchimiain grado di far sprigionare un’energia irresistibile.Questo sin dalla coreografia iniziale, anche questa all’ap-parenza semplice: musica accattivante, luce al fosforo,costumi bianco verdi arancione e delle barre fosforescentiche al buio compongono la brillante scritta KNIE.Come sempre molta importanza assume la comicità,quest’anno molto spazio ai cabarettisti Duo Lapsus, moltofamosi nel cantone tedesco che rappresenta il 50% delmercato dei Knie. Una coppia ben assortita con uno altomagro, preciso consulente di ottimizzazione aziendale,leader. L’altro, il suo assistente, in casacca arancione econ una flemma ed un distacco assoluti. Si ripropone,sotto una nuova veste, l’antica opposizione fra personaggi.Due comici che corrispondono in quanto a notorietà ainostri Ficarra e Picone o comunque ad una delle coppieuscite da Zelig o da un altro programma televisivo disuccesso. Pur esterni al circo sono molto integrati nellospettacolo e si inseriscono anche in quadri di tipico stampocircense, come del resto avevano già fatto altri comicinelle edizioni passate. Con alcune componenti acrobatichee ottima capacità interpretativa. Come in un replay conespressioni facciali davvero esilaranti o nell’entrata comicaposizionata dopo il numero degli elefanti nella quale èutilizzato un piccolo trattore a braccio meccanico (unasorta di ruspa) ad evocare un pachiderma a motore. Ideaottima e ben realizzata a prescindere dalla lingua utilizzata.Ma quest’anno lo spazio alla comicità è vasto e a trefacce. Se il Duo Lapsus è già molto conosciuto dal pubblicoe presenta una comicità di stampo televisivo, il DuoRossyan propone invece la più classica comicità circense,per altro ben collaudato negli ultimi anni con le scritturenei maggiori circhi europei. Il duo presenta una delle ultimeentrate musicali di assoluto livello anche se da Knie èstata scomposta in frammenti disseminati lungo lo spet-

tacolo. Se da un lato permette al pubblico di affezionarsiai personaggi, dall’altro forse penalizza l’esibizione in sé.L’esito presso il pubblico è molto buono e giustifica l’utilizzodella coppia nella maggior parte dei manifesti di quest’annodel circo svizzero.Altra tipologia di comicità è quella del ventriloquo WillerNicolodi. Torna dopo pochi anni con un numero pratica-mente inalterato, come del resto il successo che riscuote.Anzi forse con l’artista ha acquisito un senso dei tempise possibile ancora migliore.A questo punto una nota patriottica. È bello constatarecome il programma di quest’anno del più importante circosvizzero e forse del mondo sia pieno di artisti italiani. Finoa una decina di anni or sono era raro trovare nostriconnazionali qui, ma quest’anno Knie parla italiano. Infattioltre ai citati Rossyan e Willer Nicolodi il tricoloreè sventolato anche dal Duo Randols compostodall’affascinante italo spagnola Denise “Randols”Garcia e dal suo compagno Massimiliano MediniTriberti. I due tornano qui solo dopo 24 mesi daltermine del contratto dell’altro numero, quello congli Hula Hoop che ha reso nota la bella spagnola.Questa volta tocca ad un numero di pattini a rotelle.Per Massimiliano una tradizione di famiglia. Ma inquesto caso la messa in scena è assai particolare,

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Geraldine Katharina Knie (Foto Gunther Kathrein © Circus Knie)

molto sensuale senza mai scadere nella volgarità, esostenuta da tecnica di buon livello. E ben figura ancheil numero di verticali di Dustin Nicolodi, che dimostra diavere messo a frutto l’esperienza all’Accademia del Circoe l’appartenenza ad una famiglia tra le più proficue degliultimi tre decenni.Oltre agli artisti citati sono presenti altri anch’essi piuttostovisti. Come il diciottenne ceco Alan Sulc giocoliere bouncing(ovvero di “rimbalzo”) che si fece conoscere circa un lustrofa nei concorsi per giovani promesse sino ad essere invitatoal Festival per eccellenza, quello di Monte Carlo. Oggi piùmaturo e più tecnico, presenta sino a 11 palline, maproprio per questo forse risulta un po’ superata la messain scena con balletto, più adatta ad un ragazzetto che a

un maggiorenne.Dopo oltre dieci anni tornano nella cupola di Knie deitradizionali trapezisti volanti. Si tratta dei Flyng Michaels(già da Bouglione), che nonostante l’infortunio di unodegli agili riesce a presentare gli spilli piu’ forti, compresoun triplo salto mortale ad occhi bendati che riempie gliocchi ed il cuore degli appassionati che da troppo tempolamentavano l’assenza di questo gran classico dellapista.Ed anche il sostenuto aereo del Duo Mac è di casa nelcielo di Knie, dove torna dopo poco tempo. Ed è stranoperché, torniamo a farlo notare, raramente questo com-plesso ripropone gli stessi artisti a così breve distanza.C’è da dire che in questo caso si tratta di un numero

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Les Peutch (Foto Fred Merz © Circus Knie)Les Peutch (Foto Fred Merz © Circus Knie)

abbastanza diverso, impreziosito dall’aggiunta di passaggiai tessuti.Chiude lo spettacolo la barra russa transnazionale WhiteCrow, agile canadese, porteur russo e svizzero, già Medagliad’Oro a Parigi e Argento allo scorso Festival di Monte Carlo.Questo porta ad un’altra riflessione: anche l’anno scorsovi era nel programma una barra russa. E stupisce comel’alchimia di cui abbiamo parlato se ne infischi di tutte leconsuetudini e norme che vogliono che il pubblico nongradisca una ripetizione anno per anno delle discipline,ma l’insieme è talmente azzeccato che questo pensieroneanche sfiora la testa degli spettatori.Infine i numeri “fatti in casa", un modo di dire che inquesto caso ha un senso nobile. La disposizione in campoè quella consueta, con la famiglia di Franco agli elefantie quella di Freddy ai cavalli. I sei pachidermi del parcozoo di Knie tornano sotto il comando dei due Franco,senior e junior, coadiuvati dalla moglie di quest’ultimo cheha appena dato alla luce un altro piccolo componentedell’ottava generazione della dinastia. Costumi e testalieleganti per una delle più belle produzioni del genere nelpanorama internazionale. La parte equestre consta di trequadri. Un’alta scuola con protagonista Geraldine coadiu-

vata dalla giovane Rebecca Fratellini, da qualche temponella compagnia di base. Con loro tutto il corpo di balloper una delle più belle sorprese di quest’anno, forse dalpunto di vista tecnico inferiore ad altre del passato, matalmente ben pensata con musica salsa ed energia efreschezza da lasciare incantati.Freddy junior è in pista con la moglie Mary Josè ed ilnipotino in un quadro di tre discipline diverse. Mary Josècon un bel palomino e di nuovo il corpo di ballo. Il piccoloFreddy Ivan con tre pony, uno dei quali esce in debù. Esoprattutto lo stesso Freddy con otto stupendi arabi infase di addestramento, ed addestrati in pratica sotto gliocchi del pubblico con tanto di microfono chepermette di comprendere i passaggi dell’amma-estramento. Geraldine torna nella seconda partecon un quadro in bianco e nero, con tre frisoniolandesi, tre candidi arabi e cinque zebre, in unaserie di passaggi che difficilmente capiterà divedere ancora. Fra tutti lo stop fra gli ostacoli,routine che ribadisce (se ce ne fosse bisogno)la grande sapienza di questa famiglia. Che que-st’anno ci ha regalato davvero uno spettacolo dagrandi alchimisti della pista.

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Dustin Nicolodi (© Circus Knie)

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di Alessandro Serena

TotòSiamo uomini o clown?

Ricorre in questi giorni il quarantesimo anniversario dellascomparsa di Antonio De Curtis. Uno dei maggiori attori comicidel Novecento, il grande artista è stato con una certa frequenzaaccostato alla figura del clown ed in genere al mondo delcirco e del varietà. È fondato questo accostamento? Di certol’influenza del comico è stata enorme sui clown dell’epoca,ed anzi è arrivata sino ai nostri giorni. Ma quali furono i puntidi contatto reali?Per cominciare si possono ricordare alcune pellicole, interpretatecon slancio, ispirate al mondo della pista. Fra tutte: Il pi�comico spettacolo del mondo ma anche Due cuori fra lebelve o la spassosa scena finale di Tot� Peppino e le fanatiche,nella quale i due, per accontentare le pressanti richieste delleprepotenti mogli, si improvvisano coppia di clown mettendoin scena una sgangherata entrata comica.È utile poi ricordare la condizione sociale di partenza di DeCurtis, con la frequentazione, in gioventù, degli stessi ambientivisitati da altri artisti disoccupati in cerca di lavoro in piccolicirchi o teatri di varietà di provincia. Ambienti e difficoltà chemai rinnegherà in seguito.Ma più nello specifico l’appartenenza di Totò alla famiglia deiclown è attestata dall’utilizzo ampio ed efficace di tecnichetipiche della professione. Come i virtuosismi del corpo (il suoè quasi una marionetta), l’assoluta padronanza di smorfie emimiche del volto, fino all’ampio repertorio di scioglilinguae giochi di parole, ai tempi un caposaldo anche dei clown di

pista. Pure dal punto di vista delle relazioni con la spalla leanalogie sono notevoli. Non solo e non tanto nelle celebricoppie Totò e Peppino, o Totò e Fabrizi, ma anche nellenumerosissime pellicole in cui il comico ha voluto al suofianco l’attore e amico Mario Castellani (spesso ancheassistente alla regia), anche per parti brevi, ma sufficienti perdefinire il classico contrasto fra “bianco” e “augusto”. Inoltresi sa che le maschere dei clown hanno vita propria, e ilpersonaggio creato da De Curtis, anche cambiando nome,nazionalità, occupazione, stato civile, attitudini, rimane ugualea se stesso pur nelle decine di titoli interpretati dal grandemaestro napoletano della risata. Se è vero che la differenzafondamentale fra attore e clown è che il primo recita mentreil secondo è, allora si può ben dire che Totò sia una dellemaschere clownesche meglio riuscite del secolo scorso. Asostegno di questa parentela esistono numerosi scritti diautorevoli critici. Come Alberto Moravia (Al Cinema, Bompiani1975): “Totò era un clown fabbricato senza risparmio e, sidirebbe, con precisa intenzione, dalla natura. Totò è stato ungrande clown, forse uno dei più completi e perfetti. Nelcontesto di una qualsiasi orrenda commediola all’italiana sipossono isolare sequenze nelle quali la comicità di Totò èassoluta”.Sulle relazioni con le tecniche circensi, ha lasciato unariflessione interessante anche Vito Pandolfi (Antologia delgrande attore, Laterza, 1954): “La tradizione italiana, mentre

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L’indimenticabile coppia in Totò, Peppino e la malafemmina.

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veniva ad esaurirsi il suo filone principale - quello del teatrodi prosa - da una parte creava grandi interpreti e grandicreatori del music hall e del circo, dall’altra si comunicavaalla parte più genuina della nostra produzione cinematografica.Le connessioni sono assai strette, evidenti. I Fratellini, Rastellie Totò ereditano e sviluppano talune forme spettacolari i cuigermi sono chiaramente dovuti ai giochi mimici, musicali, dicostumi, di parole, dei comici dell’arte ... La tradizione, conle sue rivelazioni e i suoi termini, del grande attore italiano,è giunta direttamente fino a queste espressioni.”Così Pandolfi non solo si dimostra uno dei pochissimi teoriciitaliani del teatro memori della figura di Rastelli, ma accostaaddirittura il giocoliere al più grande attore comico delNovecento, Totò, attribuendo ad entrambi il merito di avereraccolto e tramandato l’eredità dei comici dell’arte.In effetti sia il grande comico napoletano che il giocoliere,nel corso delle rispettive carriere, hanno fatto uso, anche sein direzioni completamente opposte, delle stesse tecniche divirtuosismo del corpo: Totò volto a scomporre l’ordine naturaledelle cose, Rastelli intento a crearne uno di superiore.Prendiamo ad esempio alcune riflessioni del grande comicoraccolte da Cesare Zavattini: “Nessuno si accorge che certesere io combatto una battaglia violentissima: Totò contro ilsuo repertorio. Sono momenti nei quali mi sembra di soffocare,e allora mi vedete spiccare un salto straordinario - vi assicurostraordinario - e tento di arrampicarmi su per il sipario.Reagisco alla consuetudine della recitazione. Direi che è unfatto fisico. ... Il movimento! Il bisogno di rompere oggetti,vorrei che mi scrivessero un atto durante il quale io non faccioaltro che rompere tazze bicchieri vasi e mobili.”Ed ecco invece cosa scriveva Orio Vergani di Enrico Rastelli:“Attorno al suo corpo gli oggetti, cadendo o salendo, girandoe balzando, costituivano allo sguardo, di queste pausemagiche, un alone, un’atmosfera entro la quale non v’erapiù obbidienza alle leggi della statica. In questa atmosfera,la mano di Enrico Rastelli penetrava a scomporre e aricomporre a volontà, con tocchi lievissimi, una paradossalegeometria aerea di cose che, ruotando, avrebbero dovutocadere e invece non cadevano...”E i punti di contatto fra i due artisti furono numerosi: dallavastità del repertorio che permetteva ad entrambi di allungarea dismisura le esibizioni in teatro a seconda delle reazionidel pubblico, al ricorso alla “vista della memoria” per la qualesia l’attore comico che il giocoliere imparano una parte chepoi rivedono eseguendola. Ma soprattutto ad accomunaretristemente i due artisti vi fu la disattenzione che ricevetterodal teatro ufficiale del loro tempo. Mentre però il recuperodella figura di Rastelli non ebbe praticamente mai luogo,l’arte di Totò per fortuna venne, ed è tuttora, giustamenterivalutata attraverso visioni quasi ritualizzate di tutti i suoi film.Ma forse la più convincente dimostrazione di appartenenzaal mondo del clown e del circo di Totò è la sua dichiarazione

d’amore ne La preghiera del clown. Nel citato film Il pi�comico spettacolo del mondo (1953), parodia de Il pi�grande spettacolo del mondo (Cecil B. De Mille, 1952),Totò nella parte di un clown, vive una serie di avventurelegate al suo lavoro quotidiano. Al termine della giornata,insieme ai suoi colleghi, recita questa preghiera: “Noi tiringraziamo nostro buon Protettore per averci dato ancheoggi la forza di fare il più bello spettacolo del mondo. Tuche proteggi uomini, animali e baracconi, tu che rendi ileoni docili come gli uomini e gli uomini coraggiosi comei leoni, tu che ogni sera presti agli acrobati le ali degliangeli, fa che sulla nostra mensa non vengano mai amancare pane ed applausi. Noi ti chiediamo protezione,ma se non ne fossimo degni, se qualche disgrazia dovesseaccaderci, fa che avvenga dopo lo spettacolo e, in ognicaso, ricordati di salvare prima le bestie e i bambini. Tuche permetti ai nani e ai giganti di essere ugualmentefelici, tu che sei la vera, l'unica rete dei nostri pericolosiesercizi, fa che in nessun momento della nostra vita vengaa mancarci una tenda, una pista e un riflettore. Guardacidalle unghie delle nostre donne, che da quelle delle tigrici guardiamo noi, dacci ancora la forza di far ridere gliuomini, di sopportare serenamente le loro assordanti risatee lascia pure che essi ci credano felici. Più ho voglia dipiangere e più gli uomini si divertono, ma non importa, ioli perdono, un po' perché essi non sanno, un po' per amorTuo, e un po' perché hanno pagato il biglietto. Se le miebuffonate servono ad alleviare le loro pene, rendi purequesta mia faccia ancora più ridicola, ma aiutami a portarlain giro con disinvoltura. C'è tanta gente che si diverte afar piangere l'umanità, noi dobbiamo soffrire per divertirla;manda, se puoi, qualcuno su questo mondo capace difar ridere me come io faccio ridere gli altri.”

“Ma come fannocerte persone adefinirsi "ani-malisti" e poipretendere cheun cucciolo vengasoppresso soloperché ha avuto lasfortuna di essere rifiutatodalla sua mamma?”. E’ solouno dei tanti messaggi di sconcerto,addirittura di smarrimento, che ha attraversatoil mondo ambientalista e animalista per il destino di quellache è già diventata una star mediatica a tutti gli effetti. Lastoria è quella dell’orsetto Knut, nato nello zoo di Berlinoil 5 dicembre scorso. A poco più di tre mesi di vita il piccoloplantigrado ha corso il rischio di essere soppresso con unainiezione letale. E a scatenare lo sbigottimento di molti èstato il fatto che, a chiedere di mettere a morte questobatuffolo bianco che già salta e gioca, sono stati, udite

udite, gli animalisti “doc”, quelli duri e puri madein Germany. Per i quali Knut, piccolo esemplare diorso polare, ha la colpa di avere davanti a sé unavita "innaturale". L’animalista Frank Albrecht, in-tervistato dal quotidiano Bild, ha detto che "l’alle-vamento a mano non è adeguato alla specie, èuna violazione delle leggi che proteggono gli animali".E Ruediger Schmiedel, a capo della Fondazionedegli Orsi, ha aggiunto che "non si può fare di un

animale selvaticoun animale dacompagnia". E’“inumano”, se-condo gli attivisti

per i diritti deglianimali e diversi

zoologi tedeschi,“l'addomesticamento

dell'animale”. Lunghi articolianche sul settimanale Spiegel hanno

tenuto alto il dibattito per giorni e giorni: “Unorso polare intrappolato in uno zoo e cresciuto in cattivitàpotrebbe subire gravi sofferenze da adulto, avrebbe disturbicomportamentali e la reclusione in queste condizioni violaanche la legge sulla protezione degli animali”, ha sostenutoFrank Albrecht. “Non è appropriato che questo predatorecresca e sia "addomesticato" con un biberon”, ha detto ildirettore dello zoo di Aquisgrana, Wolfram Ludwig, dovequalche mese fa si è verificato un caso simile, la nascitadi un orsetto labiato, poi ucciso con un'iniezione. Knutavrebbe dovuto condividere lo stesso destino. La parolad’ordine di molti animalisti tedeschi, infatti, è stata: sopprimeteKnut. Il quale, tenero e bianco come la neve, sprizza invecevoglia di vivere. Quando è nato pesava 810 grammi, madopo 44 giorni di incubatrice e con l'aiuto dei veterinaridella struttura, è arrivato a nove chili. E' robusto, gioca e ilcustode dello zoo, Thomas Dörflein, lo accudisce e lo nutrecol biberon fino sei volte al giorno. Il suo pranzo è a base

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di Claudio Monti

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di mais, latte, sciroppo, pappa di carne e fegato.Ed è proprio questa esplosione di vita che ai più è sembratastridere e fare a pugni con l’imperativo “mortale” degli animalisti:“Iniezione mortale per Knut?”, ha titolato il popolare Bild amSonntag nella sua edizione domenicale. Per tutta risposta algiornale (e non solo al Bild) sono arrivate decine di migliaiadi lettere e mail di protesta. I bambini berlinesi sono scesiin strada per protestare contro una possibile mortedell'orsettino, sventolando manifesti che recitavano: “Knut tutgut” ("Knut fa bene"), e “Knut sei così dolce” e anche “Knutnon deve morire”. È stato un vero e proprio corteo per Knut,come ha detto la seconda emittente tedesca. Anche moltipolitici del Bundestag si sono interessati al caso chiedendoche Knut potesse vivere.Probabilmente è stata determinante questa sollevazionepopolare per respingere la cupa richiesta che affonda le sueradici nell’ideologia animalista: “Knut vivrà”, ha detto il direttoredello zoo del capoluogo tedesco, Jörg Junhold. Della stessaidea anche il veterinario della struttura, André Schüle: “Sonosolo stupidaggini, non lo abbattiamo solo perchè presumibil-mente da adulto potrebbe avere problemi comportamentali.E poi, come facciamo ad uccidere un animaletto così?”.E infatti Knut è vivo e attira le amorevoli attenzioni di migliaiadi persone che si mettono in fila per vederlo. Con il suoarrivo il numero dei visitatori è aumentato vertiginosamen-te:125 mila solo nel weekend pasquale. E dal 23 marzo,giorno del debutto in società del piccolo Knut (quando hafatto registrare un peso di 14 chili), davanti a 500 frafotografi e giornalisti provenienti da tutto il mondo, le presenzeaggiuntive rispetto alle medie abituali di visitatori hannoregistrato quota 300 mila.

Stravedono i bambini, sono contenti i genitori, disposti alunghe attese davanti all’ingresso dello zoo. Per consentireil regolare afflusso dei visitatori è stato necessario istituireun percorso obbligato con tanto di senso unico attorno alrecinto dell'orsetto. I responsabili del giardino zoologicohanno anche voluto evitare che altri potessero sfruttarecommercialmente il successo e la simpatia del piccoloplantigrado, ed hanno depositato il nome “Knut” comemarchio commerciale, iniziando la produzione di una seriedi oggetti di merchandising: magliette, peluches, gadget,poster, caramelle. Che vanno a ruba. Una banca berlineseha deciso di utilizzare l'immagine dell'orso polare perdecorare le proprie carte di credito. La prima rete televisivaArd ha iniziato a mandare in onda un film documentario indieci puntate, dedicate appunto all'orsettino bianco, “CuteKnut”, come lo hanno ribattezzato i tg di mezza sera. Lui ègià un divo e come tale si concede alle folle di fan solo indeterminati orari: esce tendenzialmente solo due volte algiorno nell'area visibile al pubblico, tra le 11 e mezzogiornoe tra le 14 e le 15.

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Tanto scalpore per nullaIntervista ad Ettore PaladinoIl piccolo Knut è sopravvissuto alla morte del fratello gemello.Entrambi abbandonati dalla madre “Tosca”. Di lei si sa cheprobabilmente faceva parte del gruppo di orsi polari presentatiper molti anni da Ursula Boettcher, artista dell’ex GermaniaEst. E quando questo gruppo di orsi fu smembrato, una partefu ceduta allo zoo di Berlino. “Come madre supposta ha presoil custode che gli ha messo sulle labbra la bottiglia di lattecon il ciuccio dopo che l’orsa madre l’aveva rifiutato comefiglio”, ha scritto sulla Stampa Mario Rigoni Stern. Il quale siè avventurato in una teoria animalisticamente corretta: “Nonsi tratta di una madre snaturata. Era che lei aveva provato lagabbia dopo aver vissuto qualche tempo nel grande spaziolibero del Nord Artico, duro sì ma libero. Per istinto nonriconosceva quel posto delle bestie come habitat naturaleper quel coso bianco che gli era uscito dal ventre.” Sarà stataquesta la causa dell’abbandono? Ettore Paladino, veterinario,ben noto ai nostri lettori, la pensa così: “Non capisco perchéstia facendo tanto scalpore l’allevamento artificiale di un

cucciolo nato in uno zoo. Si ratta di eventi normali e frequentida sempre. Così come non è infrequente, purtroppo, anchefra gli animali domestici, che i genitori, per motivi che sololoro sanno, rifiutino i cuccioli, e in questi casi l’unico modoper farli sopravvivere è che se ne occupi l’uomo. La casisticadi tutti gli zoo raccoglie tanti casi di cuccioli, anche di carnivori(leoni, tigri, ecc.) allevati dall’uomo.”Pu� raccontarci un altro caso fra quelli che ha in mente?“Nel 1959 nacque allo zoo di Basilea, per la prima volta inEuropa, un gorilla. La direzione dello zoo, vista l’eccezionalitàdell’evento ed anche per limitare i rischi, decise di sottrarlodeliberatamente alla madre e di farlo allevare dall’uomo. Ilgorilla crebbe benissimo ed insieme ai due fratelli natisuccessivamente e allevati invece dalla madre, diede originead una seconda generazione di gorilla nati in cattività. Adimostrazione di quanto siano ridicole le valutazioni deglianimalisti tedeschi, e di quanto sia sempre stato diffuso eutile l’allevamento artificiale negli zoo, anche se chiaramentenell’ottica di una vita degli animali in cattività, l’unica delresto a cui possono essere destinati se nati e cresciuti in unozoo o in un circo. (segue a pag. 14)

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A far riflettere in questa storia � l�accostamento, compiutodagli animalisti, dell�addomesticamento come qualcosa diinumano. Cosa ne pensa?Siamo alle solite esasperazioni di una certa corrente animalista.A parte il fatto che l’addomesticamento è antico quantol’uomo, non si è affatto fermato con le prime e classichespecie addomesticate, ma continua nel tempo. Ultimi esempisono gli struzzi, con allevamenti in tutto il modo, Italia compresa,e poi bisonti, cervi, lama e alpaca adesso anche in Europa.In ogni caso quello che sta succedendo allo zoo di Berlinonon si può neanche definire addomesticamento…Bens�?E’ un’assistenza necessaria alla sopravvivenza di un cucciolonato da un animale di specie selvatica ma che vive in unozoo, e quindi in una struttura la cui responsabilità è affidataagli uomini. Sarebbe inumano abbandonare il cucciolo alsuo destino, fingendo, in maniera ipocrita, di trovasi in condizioninaturali, perché l’abbandono dei cuccioli da parte della madrene determina necessariamente la morte. E poi, anche se lamadre lo avesse allattato da sola, l’animale non sarebbe maipotuto tornare in libertà. Le prove di reimmissione in ambientenaturale di animali nati e cresciuti in cattività hanno sempredato esito negativo, specie per i grandi carnivori.L�allattamento artificiale determiner� nell�orsetto dellemodifiche caratteriali?Sì, perché avrà con l’uomo un rapporto privilegiato e loidentificherà come elemento parentale. Ma questo non ècerto sufficiente per parlare di animale domestico. Se in età

giovanile l’animale potrà identificare qualsiasi uomo comeparte della sua famiglia, con la maturità sessuale scatterannoaspetti di gerarchia sociale e diventerà aggressivo come tuttigli altri, anzi lo potrà essere ancora di più con gli uominiproprio perché li identificherà come parte del suo grupposociale e non come animali estranei.In Italia sarebbe possibile sopprimere un cucciolo?Abbatterlo come scelta volontaria no. In Italia nel 2004 èstata approvata una legge (n.189) che vieta l’uccisione diqualsiasi animale senza motivi fondati (“chiunque senzanecessità cagiona la morte di un animale”) e lo considerareato penale. Per cui da quella data non è più possibile, comepure si è fatto in passato, l’eutanasia di un animale per motivilegati soltanto a indisponibilità del proprietario. Anche inpresenza di disturbi comportamentali degli animali, purchénon esageratamente aggressivi, prima di ricorrere all’eutanasiadiventa necessario provare il recupero mediante specifichecure e addestramento comportamentale. Questa legge è statavoluta e osannata dagli animalisti italiani e a me sembramolto strano che invece i loro colleghi tedeschi voglianodeliberatamente l’eutanasia di un animale, giustificandolacon problemi legati più a una immagine dell’uomo che a unareale condizione di malessere dell’animale.

Il custode dello zoo e Knut

Tempo di C.A.de.C.Il prossimo mese di giugno il Consiglio Direttivo del C.A.de.C.si riunirà presso la sede dell'Accademia d’Arte Circense diVerona.L'appuntamento rappresenta il momento di verifica dellasituazione complessiva del Club e di preparazione dellescadenze future con particolare riferimento al raduno annuale.Come sempre aggiorneremo gli Amici attraverso questepagine e quelle del nostro sito web che ormai vanta semprepiù contatti.Ma prima dell'abituale meeting sarebbe davvero importanteche il Consiglio ricevesse indicazioni e proposte dagli iscritticirca le iniziative che la nostra associazione si deve dareoltre a quelle deliberate a Latina nel corso dell'ultimaassemblea. L'invito non è nuovo ma ripeterlo non è un vuotoesercizio retorico ma semplicemente doveroso oltre che unottimo antidoto contro le eventuali insoddisfazioni postume:l'unico modo sicuro per evitarle è partecipare concretamentealla vita del C.A.de.C. dandogli costante impulso.Attendiamo l'apporto di tutti con le solite modalità confidandonell'entusiasmo che, al di là di ogni apparenza, sappiamonon essere mai mancato.I recapiti cui rivolgersi sono i seguenti, oltre quelli abitualidel sito www.amicidelcirco.net:- [email protected] [email protected] [email protected]

Francesco MocellinPresidente del "Club Amici del Circo"

PopovIl clown interiore

Le anime del clown

Oleg Popov (le fotografie del servizio sono tratte dall’Archivio Cedac)

di Massimo Locuratolo

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Oleg Popov, nato nel 1930 presso Mosca da una famigliaborghese, si � applicato sin da giovane allo studiodell�acrobazia e della giocoleria. A 19 anni ha iniziato afrequentare i corsi della scuola statale sovietica di circo,specializzandosi nell�equilibrio sulla corda e nella giocoleria.Ha debuttato come clown a 22 anni per sostituire unfamosissimo clown russo, Karandasch, ottenendo subitoun successo strepitoso.Il modello remoto su cui Popov aveva realizzato ilpersonaggio che sarebbe poi divenuto un marchio difabbrica era stato Chaplin, come per Zavatta e Rivel,d�altronde, e per molti altri grandi clown moderni: Charlot,in effetti, pu� essere considerato l�archetipo novecentescodel comico di carattere circense il quale, liberatosi daglistereotipi dell�immagine e del linguaggio strettamentelegati ai codici della pista circolare, ha utilizzato la libert�eccentrica del clown originario, e il suo rapporto sbilanciatocon gli oggetti e l�ambiente, consegnandola a unpersonaggio dai tratti e dai comportamenti fortementeumani, sopraffatto dalla confusione e dalla precariet� delmondo entro cui si trova costretto a vivere.Popov si � esibito in occidente solo dal 1955, iniziandocon Varsavia per poi passare in Francia, in Belgio e GranBretagna. Nel 1957 � stato ospite, ripreso con letelecamere da Mosca, della televisione statunitense, e inAmerica ha successivamente compiuto due tour, col Circodi Mosca, nel 1963 e nel 1972.Nel 1981 ha ricevuto il Clown d�Oro al Festival del Circodi Monte Carlo, dove � tornato come ospite nel 2006accolto da una calorosa �standing ovation�.In Ma vie de clown (Stock, 1968), traduzione in francesedella sua autobiografia pubblicata l�anno precedente inrusso, Oleg Popov ha ripercorso il suo vissuto umano eartistico in modo pi� intimo e riflessivo che nonstrettamente narrativo e autocelebrativo: in questo senso,forse, possiamo dire che nella scrittura del libro ha rivelatomolto della sua anima russa, di quella sincera propensionead analizzare bisogni, obiettivi e risultati in un�ottica apertae non chiusa in se stessa, molto analitica e profondamentegiudiziosa. Nei brani riportati, nella traduzione dal francesedi Massimo Locuratolo, questa cautela si svelacompletamente, e forse l� risiede il fascino profondo e perqualche ragione misterioso della sua poetica artistica.

(…) Rivedo i miei vecchi numeri e mi impegno peraumentare il loro carattere espressivo, aggiungendovi nuovidettagli, nuovi meccanismi, laddove credo che la pantomimasia più importante. Mi apparve, allora, che dovevoconservare gli effetti più riusciti, senza ripeterlicontinuamente tali e quali in pista. Un buon effetto è comeun essere umano: nasce, matura e muore di morte naturale.Il dovere dell’attore circense è quello di comprendere

appieno le possibilità che il suo numero offre, e permetterglipoi di evolvere aggiungendovi effetti nuovi più interessanti,più sottili, più forti. Si deve imparare a recitare un numeronella misura in cui esprime la personalità dell’interprete,in quanto è lui che gli dona sia la voce, che la vita stessa.Prendiamo ad esempio il numero di pantomima intitolato“Il fischietto”. Iniziava con un effetto vecchissimo: MonsieurLoyal mi impediva di suonare gli strumenti. Me li confiscavauno dopo l’altro, fino a che non me ne restava uno solo,quel semplice fischietto. Io lo ingoiavo improvvisamente,per paura. A quel punto in pista non restava che un uomoche non poteva parlare, ma solamente fischiare. Tutto ciòche cercavo di dire si trasformava in fischi, i quali dellaparola non mantenevano che un’intonazione. Mal’intonazione diceva tutto.Fischiavo, ad esempio, che non era colpa mia. Soffrivoper un’ingiustizia di cui ero la vittima. Mi indignavo, poiridevo e piangevo di dolore, perché qualcuno avevacamminato sui miei piedi. Una volta trovato un linguaggioconvincente, quello di un cane, lasciavo la pista latrandoe lamentandomi. Mi sembrava che questa scena, se l’avessiproseguita, poteva umanizzare qualsiasi essere non dotato

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della parola, arrivando sino al punto di creare unpersonaggio vivo, e non più muto.Recitavo il numero vestito col costume folcloristico diIvanoucka. Questo costume introduceva nel numero lospirito di un vecchio racconto tradizionale, e tutta la scenasi trasformava in un incanto moderno nel contempoorganicamente collegato a quell’antico personaggiotradizionale russo, molto evocativo e nello stesso tempoaccessibile pure in questo secolo, caratterizzato dall’energiadell’atomo. (…) Se cito in queste pagine le molte opinioniespresse sul mio lavoro, è perché mi aiutano a spiegarecome mai, nel proseguimento delle mie ricerche, non homai abbandonato la comicità pura, il comico per il comico.Il mio obiettivo è quello di entrare nella pelle del personaggio

complesso rappresentato da un uomo semplice,combinando organicamente eccentricità e realismo.(…)A prima vista, si potrebbe credere che le mascherebuffonesche dei clown contribuiscano in manieraefficace alla rappresentazione delle qualità umane:

qualità che, invece, essi sminuiscono. Si potrebbe credereche, nel migliore dei casi, i clown facciano ridere in quantosono ridicoli e basta, e si trovano lì per distenderel’atmosfera subito dopo il numero principale del programma.Questa è la prima impressione, ed è stato così sin dalleorigini del circo. Ma va detto che a quei tempi la comicitàal circo non era un’arte, nel senso che oggi attribuiamoa questo termine. Non è che, con lo sviluppo dei generidel circo, la presenza del clown abbia smesso di essereun mezzo per riempire le pause tra i numeri, e diventareun genere artistico definito, indipendente, che ha creatoun personaggio valido come quelli degli altri numeri inprogramma. Ma, eccetto questa rassomiglianza tra l’artedel clown e gli altri generi del circo, si trova pure unadifferenza essenziale. Generati dal circo, i clown sonoimmediatamente ricorsi a una delle loro qualità principali:l’eccentricità. E mentre i rappresentanti dei generi fisiciutilizzavano l’eccentricità per creare un personaggio positivo,eroico, i clown se ne servivano per produrre un personaggiocomico.Questa qualità, che caratterizza il circo nella sua entità,è divenuta per i clown un’arma brillante e ben affilata.Non parlo solamente di un’arma per far ridere. I clownche se ne sono armati sono diventati attori drammatici,e hanno introdotto in pista un vero e proprio conflittoscenico. Questa possibilità di creare un conflitto, abbastanzabreve va detto in quanto composto appena da una decinadi repliche, fa dello spettacolo circense, che è puramentevisivo, uno spettacolo drammatico.E’ stato questo il secondo elemento caratterizzante dell’artedel circo: l’elemento della farsa, della buffoneria, dellasatira. Tali mezzi, propri del clown, servivano a creareun’immagine che andava guardata, e che si comprendevasemplicemente e con la medesima facilità di quella creatada giocolieri e acrobati. Il contenuto di questa immagine,del personaggio che la disegnava, era, agli inizi,estremamente poco complicata. Si trattava di un tipooriginale, di un uomo diverso dagli altri, a cominciare dalsuo costume fino al suo comportamento, evidentissimosin dal suo apparire in pista. Quell’uomo rendeva eccentricoqualsiasi avvenimento della vita, e tutto ciò era chiarodall’inizio sino alla fine del suo minuscolo conflitto scenico,e i mezzi per creare un’atmosfera eccentrica eranoabbondantemente utilizzati e senza gran discernimento.(…)Il nuovo circo aveva bisogno di un livello più elevato. Fedelealla sua natura eccentrica, il clown si trasformava dandodell’uomo un’immagine caricaturale e divertente.Sottolineando le debolezze della natura umana, i clowncrearono un personaggio divertente e negativo. E’ così chenacque la satira al circo. Con allegria e facilità, i clownimitarono difetti umanissimi come la distrazione, la pigrizia,

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la falsità, l’invidia… Manifestando il loro crescente interesseper l’uomo, cominciarono poco a poco a intromettersi nonsolo nei territori della vita privata, ma anche in quelli dellavita sociale, creando un personaggio che assunse neltempo un significato sociale. Il carattere popolare del circoconsentì ai clown di evidenziare gli effetti della lotta socialee politica delle masse, e ciò è particolarmente vero peril circo russo. (…) Va da sé che al clown andava strettorecitare questo nuovo ruolo indossando la sua anticamaschera burlesca che esigeva, se piangeva, delle vere eproprie fontane d’acqua, e se riceveva dei colpi l’apparizionesulla testa di un bernoccolo con una lampadina elettricaal suo interno. Si mise a ricercare mezzi d’espressionemeno stravaganti, una utilizzazione più economica eragionata degli effetti eccentrici. Lo spirito della clowneriesi sposò sempre più armoniosamente a quello degli altrinumeri, che cercavano di creare un personaggio realistico.(…) Capisco, naturalmente, che la stampa sia avida dinotizie sensazionali. E’ questa la ragione per cui, leggendoresoconti esagerati riguardo il mio successo, mi è sembratoper molto tempo che più gli elogi erano smisurati estrepitosi, meno avevano peso. Ecco perché ho cercatosui giornali delle parole sul mio lavoro sensate e ragionate,e dopo averle trovate ho dato loro un’attenzione particolare.“Ogni epoca ha avuto i suoi clown, che ne sono statiinterpreti originali. Oggi c’è un clown che ci porta qualcosadi nuovo. Guardatelo bene! Il suo costume è ispirato a uncaftano russo, i suoi capelli sono dritti come sbarrette, ilsuo cappello assomiglia a quello di un bambino sovieticosenza famiglia. Il suo nome, Popov, è diffuso in Russiacome in Francia lo è Durand. In tutto, letteralmente intutto, mette in rilievo ciò che lo lega alla gente comune,fonte inesauribile di ogni creazione vivente. Il suo sensodella parodia consente di affermare che Popov ha studiatoin un’Accademia della Risata. Fa ridere per tutto il tempo,anche nel corso di un numero serio e difficile. Ma il risoche suscita non è un riso idiota, dato che tutto ciò che faha un significato profondo. Si avvicina a Chaplin, ma nonlo imita. La sua semplicità proviene da Chaplin come puredal celebre clown Grock: ma nessuno di loro ha influenzatoPopov. E’ il pupillo della scuola russa del circo, e occupauna posizione artistica uguale alla loro. Ognuna delle sueapparizioni possiede una propria originalità, provocandoun’intensa reazione del pubblico, e la sua comicità densadi serenità non fa che accrescere il suo successo.”(…)In effetti, gli artisti sovietici guardando ai circhi occidentalihanno spesso rilevato la grande perfezione dei generi chefanno ricorso alla performance fisica. Ma quando un clownappariva in pista dopo il giocoliere o l’acrobata,l’impressione di leggerezza e di felicità che restava dopoil numero precedente svaniva del tutto.

Il clown, invece di rallegrare, offriva spesso lo spunto atristi sensazioni. Lo percepimmo la prima volta al circo diAltow, dove un grande clown istruiva dei clown di piccolataglia, dei nani. I nani abbaiavano, correvano a quattrozampe in giro per la pista, mentre il clown principale liincoraggiava col frustino… A Blackpool, dove ci recammodopo Londra, ho assistito a uno spettacolo con lapartecipazione del clown Charlie Cairoli. Faceva l’ingressoin pista fornito di un enorme naso posticcio, e presentavadei numeri di notevole pessimo gusto. Mi sembra sia facileevitare questa impressione di vuoto che il clown puòcreare, facendo ricorso al folklore nazionale il quale,malgrado le mode e il gusto del momento, non muoremai.Nell’analizzare il mio stile, alcuni giornalisti, giudicando ilcarattere del mio personaggio “infantile”, hanno cercatodi focalizzare i miei legami coi bambini. Questi legamiesistono, in effetti. All’inizio della nostra tournée europeaho dichiarato in un’intervista che studio i bambini, e chele mie trovate migliori nascono dal mio contatto con loro.“Tutti i miei nuovi effetti” dicevo “sono presentati per laprima volta nel corso dello spettacolo pomeridiano. E sepiacciono ai bambini, posso stare sicuro che gli adulti liameranno allo stesso modo”.

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Circus EmpireEnlight Interactive ha annunciato lo sviluppo di Circus Empireesclusivamente su PC. Si tratta della prima simulazione dicirco della storia ed il suo lancio è previsto per il mese dimaggio prossimo. Il suo prezzo di vendita sarà allora soltantodi 25 dollari canadesi. Circus Empire permetterà ai giocatoridi crearsi un circo in ambiente 3D. Sarà dunque necessarioingaggiare clowns, trapezisti e acrobati per divertire i clienti.Sarà molto importante anche occuparsi dei diversi animali.Il giocatore si sposterà in Nor-damerica, in Asia ed in Europa.Il finanziamento e la pianificazionedi avvenimenti saranno altri dueaspetti importanti da considerare.Insomma, un vero circo da crearee gestire in tutti i suoi aspetti!

Il pane per gli elefantiFranco Formica, titolareins ieme al f rate l lodell'omonimo panificio diAtlantic City nel New Jer-sey, ha creato un panesolo per gli elefanti. Potràsembrare assurdo ma è proprio così. Su richiesta del circoBarnum & Bailey ha sviluppato una speciale ricetta conte-nente più del 25% di grano intero per aiutare i pachiderminella loro digestione. Le pagnotte pesano all'incirca un chiloe mezzo e sono lunghe più o meno un metro.

E' scomparsa Betty HuttonLa grande attrice americana èscomparsa all'età di 86 anni. Era stataprotagonista del colosso “The Greatest

Show on Earth” di Cecil B. deMille nel 1952.

At t r i ce ec a n -

tante aveva interpretatomoltissimi films e una

cinquantina dimusicals. Ma noivogliamo ricor-darla nel perso-n a g g i o

dell'acrobata Hollya fianco di artisti

come Charlton He-ston, James Stewart (il

mitico clown Bottom), CornelWilde (The Great Sebastian). Una

grande attrice, un bellissimo personaggione "Il più grande spettacolo del mondo"!

Circus Krone: Diamond e Princess! Due nuove"bambine" per il "nostro" Martin Lacey Jun. Diamond ePrincess sono due giovani leonessebianche che faranno compa-gnia a King Tonga! Congrande orgoglio ilCircus Krone haa n n u n c i a t ol'arrivo delledue bellissi-me leonesse,di 15 mesi edel peso dicirca 30 chili.Già mangiano 6chili di carne algiorno! Martin Laceysi sta occupando di lorocon la grande cura e lapassione che lo contraddi-stinguono. Il Circus Kroneaggiunge così due bellissiminuovi animali al suo parcozoologico. Si parla di soli 37leoni bianchi in tutto ilmondo. E adesso non ci restache aspettare gli eventi. Tra qualche mese l'accoppiamento,qualche bella cucciolata e poi.....Vedremo!

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Film sui Togni alla Spring school. “Spring school”,il corso avanzato di studi cinematografici organizzatodall’Università di Udine ha proiettato “Circo Togni HomeMovies”, un lavoro che finora era stato proiettato solo alTorino Film Festival. Rare immagini della famiglia Tognirestaurate grazie alla collaborazione de “La camera ottica”e del laboratorio del Dams dell’Università di Udine consede a Gorizia. Il filmato, della durata di circa 50 minuti,è il risultato del certosino lavoro realizzato su filmati inotto millimetri ritrovati in condizioni disastrose dentro uncarrozzone del circo ed è accompagnato per l’occasionedall’esibizione dal vivo di Stefano Pillia, multi-strumentistae compositore elettro-acustico, che si esibisce con ValerioTricoli, Andrea Belfi, Xavier Garcia Bardon.

a cura di Flavio Michi

Il Gemini Circus (India). Si tratta di uno dei maggioricirchi indiani che presenta uno spettacolo con acrobatiginnasti, funamboli, clowns dall’India e dalla Russia ed un

gran numero di animali selvaggi.Nella città di Patna lo spettacoloè stato inaugurato dai Ministridello Sport, Arti, e della Cultura.Sono presentati ben tre spettacoliogni giorno!

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Cannavaro e "Alegria""Cannavaro è il miglior giocatore di tutta Europa" hannotitolato i giornali. Il bravissimo difensore della nostranazionale di calcio e del Real Madrid ha vinto il palloned'oro. Prima dell’assegnazione del prestigioso premio,Fabio si è concesso un momento di svago e, insieme allasua famiglia, ha assistito ad uno degli spettacoli di Alegriaa Madrid.

“Il Circo in Mostra”: Omaggio a Darix TogniIl comune di Fabbrico (RE), in occasione della fiera "IdeaVerde", giunta alla sua 21° edizione, ha organizzato con lacollaborazione del CEDAC, un'esposizione intitolata "Il Circoin mostra" omaggio alla famiglia di Darix Togni. La mostra,curata da Antonio Giarola, comprende oltre a manifesti,costumi ed illustrazioni antiche e moderne, anche unaesposizione fotografica di Maurizio Buscarino e Marco Bertindedicata alla famiglia Togni. L’edizione 2007 di “Idea Verde”che comprende un famoso concorso di composizione floreale,tre grandi mostre mercato, gastronomia, spettacoli di saltim-banchi, clowns ed artisti di strada è infatti ispirata al magicomondo del Circo.

Thumbelina, ovvero Pollicina è il piùpiccolo cavallo del mondo ed ha co-minciato a viaggiare per gli Stati Unitiper raccogliere un milione di dollari peri bambini. Si tratta di una cavallinamarrone di cinque anni di 43 centimetrial garrese. Visiterà gli ospedali, le scuolee i campi estivi.

Luneur. I Casartelli a RomaQuesta volta non si tratta di una visita del Circo Medrano,magari per le feste di Natale, bensì di una presenzapermanente. La famiglia Casartelli ha infatti acquistato ilpacchetto di maggioranza delle azioni del parco di diverti-menti romano Luneur, grazie anche agli auspici di AntonioBuccioni, vice presidente dell’ENC.Il Luneur verrà gradualmente rinnovato ma già ora contieneoltre 70 attrazioni e giostre per tutti i gusti e per tutte leetà. Molte delle quali acquatiche, per aiutare a sopportarel’afa e il caldo del periodo estivo. Il parco è uno dei pochiin Italia a rimanere aperto 12 mesi l’anno.I Casartelli diventano così uno dei gruppi famigliari italianidi riferimento anche nella gestione dei parchi stabili didivertimento.

La morte di Paul Fratellini. Il presidente dell'AcadémieFratellini, Paul Fratellini, è morto il 24 marzo all'età di 65anni. Nato il 2 gennaio 1942 a Perreux-sur-Marne nellacelebre famiglia circense Fratellini, è stato cullato in tuttala sua gioventù dal circo, i gala ed i viaggi. Ma si è orientatoverso una carriera nell'informatica (Olivetti, Isostat, IttCannon). Negli anni '80, lavora per un'impresa che diventeràcol gruppo "Accor" un operatore significativo nell'attivitàalberghiera. Ritrova il mondo del circo nel 1997 alla mortedi sua sorella Annie che aveva creato una scuola di circo25 anni prima. Chiede a Laurent Gachet di dirigere laricostruzione totale di questa istituzione, un progetto conclusonel 2003. Ha partecipato a diversi Festivals e giurie e assuntola vicepresidenza del Festival Mondial du Cirque de Demain.

Il Circus Charles Knie Il nuovo Circus Charles Knie,acquistato da Sacha Melniak, l’organizzatore del circo diNatale di Heilbronn, vede in pista Evelyn con l'hula hoop,Alex Lacey col suo gruppo misto di tigri e leoni, ElaineCourtney alla corda, Marek Jama con i cavalli arabi in libertà,il Duo Triberti con i pattini, il Duo Marinof alla basculla,Sandro Montez con le otarie, il ventriloquo Kenneth Huesca,gli animali esotici presentati da Sandro Montez, il giocoliereAnthony, l'antipodista Maria Eleky, il trapezino di AnthonyWandruschka, la clownerie di Versace. Fanno parte dellospettacolo anche i giocolieri Gibadoullin, che fino alla finedi febbraio si trovavano al nostro Americano.

Il Clown Bello ritrova la sua biciclettaLa stella del Ringling Bros. and Barnum & Bailey Circus haringraziato l’uomo che ha ritrovato la mini-bicicletta fuori daun ristorante di Manhattan. "Mi dia un abbraccio. Io ho bisognodella mia bicicletta. Grazie, amico" ha detto, fuori dal MadisonSquare Garden, dove il circo sta lavorando. Come ricompensaper aver ritrovato la bicicletta, Robinson, 54 anni, riceveràmille dollari, una bicicletta nuova e biglietti gratis per lospettacolo che si chiama "Bellobration." La bicicletta erascomparsa quando Bello ed altri due clowns si trovavanoall'esterno del Madison per un servizio pubblicitario. Belloaveva appoggiato la sua bicicletta ad un segnale stradale edimenticandosene si era allontanato.

Giovanni Palmiri nel fondo del CorriereVenerdì 20 aprile, prima paginadel Corriere della Sera. Per sot-tolineare uno dei temi decisividell’intervento di Piero Fassinoin apertura del congresso deiDemocratici di Sinistra, nel suofondo (“Fantasmi socialisti”) Gian Antonio Stella evoca leacrobazie di Giovanni Palmiri (nella foto): “Eppure nella suaappassionata relazione al quarto congresso dei Ds, cosìappassionata da fargli venire infine un groppo in gola, PieroFassino è stato chiamato a fare i conti soprattutto con unaparola antica: socialismo. E lì, ha dovuto tentare più acrobaziedel mitico Giovanni Palmiri il giorno in cui fermò il fiato aimilanesi comparendo su un trapezio nel cielo di piazzaDuomo. Doveva infatti, lassù sul filo, reggere contemporane-amente in equilibrio quattro socialismi differenti.” Una diquelle citazioni che passano alla storia e che Stella usa dapar suo con l’abilità stilistica che lo contraddistingue.Si lamenta spesso che la stampa nazionale non dedichi laseppur minima attenzione al circo, ed è un dato di fatto. Maquesta volta, grazie ad una delle migliori firme del primoquotidiano italiano, e grazie ad un artista che è già entratonella leggenda, non solo della più popolare e suggestivaforma di spettacolo che la storia conosca, il circo respiraun’aria nuova.

Francoforte è la capi-tale finanziaria della Ger-mania ma i suoi abitanti, al paridi altri importanti centri tedeschi, possonogodere di un’ampia gamma di scelte nell’ambito dell’en-tertainment. Ad esempio, nello scorso mese di febbraioil capoluogo dell'Assia ha visto contemporaneamente leperformance della nuova produzione della compagniaequestre "Apasionata", le ultime date del dinner-showroncalliano "Bajazzo" e le prime della nuova programma-zione del celebre "Tigerpalast".Il varietà diretto da Johnny Klinke, infatti, il 21 febbraioha dato il via alla serie di spettacoli che accompagnerannoil fedelissimo pubblico sino a luglio. Si tratta, come sempre,

di un programma di tutto rispetto che la deliziosasala mignon dell'edificio di Heiligkreuzgasseospiterà in alternanza. Senza volerci attenerescrupolosamente all'elenco non possiamo nonricordare alcuni nomi che danno la misura delvalore dell'operazione: dal gentleman juggler per

eccel lenza Kr isKremo (già visto su

questo palcoscenico in di-verse occasioni, questa volta con

la consorte Elena Larkina, sempre magistralecon gli hula hop) ad Andrei Ivahnenko al filo molle; daKarina Zaripova - una delle poche contorsioniste di rilievonon dotata di occhi a mandorla - a Maxim Popazov, senzadubbio il "gemello"più riuscito di Anatoly Zalewsky; daiGorodji alle cinghie al ventriloquo affabulatore hawaianoGeorge Schlick, capace di discostarsi dallo stile guida delnostro Willer Nicolodi.Tra scoperte di nuovi talenti che poi si produrranno sullemaggiori ribalte e piste europee e vecchie conoscenze ilTigerpalast si profila come uno degli esempi più fulgididella vital i tà del variegato universo tedescodell'intrattenimento. Parlavamo poc'anzi di spettatori fedeliperché ormai da tempo è invalsa l'abitudine di trascorrereperiodicamente una serata - o di offrirla ad amici e clientiin particolari occasioni - assistendo ad uno spettacolo diclasse e leggero al tempo stesso. Chiunque avesse la

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di Francesco Mocellin

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doL’interno del locale (Foto © Tigerpalast)

ventura di capitare dalle parti del Tigerpalast potrà trovare- oltre al citato show in cui non manca mai un tipico"moderator" nella migliore tradizione del cabaret d'oltralpe- un ristorante decorato con una stella sulla celeberrimaguida Michelin grazie allo chef Martin Goschel, un elegantebistrot per spuntini più agili e un bar sempre al medesimolivello oltre ad una convenzione alberghiera di standard.C'è di che complimentarsi per la credibilità sempremaggiore acquistata da questo locale che senz'altro sistaglia anche per la sua originalità in questo affollatosettore: non dimentichiamo che le misure ridotte dellasala rendono assai singolare la fruizione dei numeri aereispesso presenti (il pubblico che trova posto sui pochitavoli situati in galleria ha la possibilità di ammirare artistidel calibro del duo Mouvance praticamente all'altezzadegli occhi a non più di tre-quattro metri di distanza) eche altrettanto spesso gli spettatori accettano di venirespostati durante la serata per favorire l'ottimale collocazionedegli attrezzi.Si diceva che il settore del varietà è affollato in terra diGermania - non c'è solamente la realtà dei locali associatiall'immagine forte di Bernard Paul o i sempre più diffusidinnershow - che anche in forza di ciò si profila oggi comeun vero e proprio paradiso per il mercato dell'entertainment.Auguriamo di cuore un felice anniversario a Johnny Klinke

che con la sua creatura il prossimo anno festeggeràil ventennale: è stato uno dei precursori dellarinascita del varietè nel 1988 oltre a diventareuna delle anime del Festival di Wiesbaden e lesue produzioni fanno invidia senz'altro a non pochispettacoli molto più paludati.

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Johnny Klinke (Foto © Tigerpalast)

L’edificio che oggi ospita il locale, prima dell’intervento (Foto © Tigerpalast)L’edificio che oggi ospita il locale, prima dell’intervento (Foto © Tigerpalast)

Gli Averino

Illustrazioni Archivio Cedac

di Marco Martini

Passaggio in Umbria

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Le interessanti notizie fornite da Antonio Giarola sulladinastia degli Averino (Circo, giugno 2006, pp. 26/27) cisolleticano a rendere noti altri particolari sul medesimoargomento, rinvenuti durante le nostre ricerche. Quella chepossiamo definire come la seconda generazione dellafamiglia, che diede spettacolo a Praga tra il 1875 e il1877, vantava nella sua Compagnia, oltre a Eugenio,anche Anna, Emma, Maria e Orlando Averino. Ebbenenell’Italia centrale, solo pochi anni dopo, troviamo moltialtri probabili membri della stessa stirpe, e non solo investe di acrobati con predilezione per le pantomime comei predecessori, perché a Perugia, nell’ottobre/novembredel 1880, è segnalata la presenza della Compagnia diDomenico Averino, definito “cavallerizzo”. Dai giornalidell’epoca si apprendono altre preziose informazioni:“Domani beneficiata della prima cavallerizza signora AnitaAverino, la quale eseguirà nuove e variate evoluzioni sulcavallo traversando cerchi, botti, e doppia botte conrapimento della bandiera” (Il Progresso 27/10/1880).Ed ancora: “Nei giorni decorsi, ed in specie domenica,malgrado l’incostanza naturale della stagione, il pubblicofu assai numeroso, ed oltre ai distinti artisti Anita Averinoe Antonio Sturla (nda: ginnasta e acrobata), furono ancheapplauditissimi le signore Antonietta e Marietta Averino eil clown Emilio Spampani” (Il Progresso 9/11/1880). Tragli artisti della famiglia, nel corso degli spettacoli perugini,

viene anche citata una bambina, Margherita Averino. Lasuddetta Compagnia doveva già da tempo battere le zonedel centro Italia, perchè a L’Aquila, nell’estate del 1881,“fra giorni arriverà la Compagnia equestre diretta dal signorDomenico Averino, vecchia conoscenza del pubblicoaquilano” (Gazzetta di Aquila 23/7/1881). A sentire ilcronista del quotidiano abruzzese, Domenico Averino erapersona ruvida e burbera, ma è probabile che il suogiudizio fosse influenzato dal fatto di aver dovuto assistereallo spettacolo stando in piedi perché “alla porta si vendonoquanti biglietti si possono, e poscia non si fanno trovarele corrispondenti sedie” (Gazzetta di Aquila 2/8/1881).È certo comunque che il circo di Domenico Averino nondoveva possedere una struttura tecnico-organizzativa moltovalida, perché non osò mai mettere piede nella Capitaled’Italia. A Roma infatti non avrebbe potuto competere conle altre Compagnie.Non ci sorprenderebbe se un domani si venisse a conoscenzadi qualche altro ramo della famiglia che aveva allestito unospettacolo, perché stando alle notizie tramandate daAlessandro Cervellati già nella prima metà dell’Ottocentoesistevano due Compagnie Averino, quelle di Marco e diMichele, e in quest’ultima si esibivano Amalia, Eugenio eLetizia Averino, probabilmente tutti figli di Michele. E Orlando,già presente a Praga nel 1875/77, continuò a dispensarela sua arte con successo fino al 1910.

Picassoe il circoIn mostra in Svizzeradi Flavio Michi

Picasso, Bambina sulla palla (1905)

Sono state raccolte ed esposte in una mostra che si terràa Martigny, in Svizzera, dal 9 marzo al 10 giugno, numeroseopere che dimostrano il rapporto di Picasso con il mondodel circo. Tali legami sono stati molto frequenti lungo tuttala sua carriera. Nella Barcellona di fine Ottocento, Picassovede i circhi di passaggio in città anche se non resta tracciadi questo momento nella sua opera. Più tardi i circhiambulanti di Parigi diventeranno un luogo di incontro abitualeper il giovane Picasso e i suoi amici in occasione dei primisoggiorni in quella città. È alla fine del 1904 e nel 1905che il circo - il Medrano è un punto di riferimento nella suavita e nella sua opera - diventa il tema centrale del suolavoro di artista. Crea così scene immaginarie in cui acrobatied equilibristi (che compaiono già nella tradizione letterariae pittorica del romanticismo per simboleggiare la solitudinee la sofferenza dell’uomo) recitano ruoli della vita quotidiana,esprimono i loro problemi personali, la loro solitudine el’incomprensione a cui i loro sentimenti sono soggetti. Lescene di famiglia, dove i saltimbanchi e gli arlecchinidiventano i protagonisti di questo periodo, sono eredità deigruppi familiari che affondano le radici nel periodo blu.Queste composizioni saranno l’origine di un grande dipintocui Picasso pensava da tempo, La Famille de saltimbanques,realizzato nel 1905. Come succederà negli anni Trenta peril Minotauro, l’Arlecchino diventa l'alter ego dell'artista.Questo personaggio che rimanda ai personaggi marginalidel periodo blu è il vero eroe di quello che verrà definitocome il periodo rosa.

Negli anni del cubismo, la famiglia di Arlecchino ricomparein modo isolato in un insieme di oli eseguiti nel 1909.La si distingue sullo sfondo nella natura morta Pains etcompotier aux fruits sur une table. La disposizione deglielementi di questo dipinto rimanda a una composizioneprecedente, Carnaval au bistrot, i cui personaggi sonooggetto di una metamorfosi che dà come risultato idiversi elementi che compongono la natura morta inquestione. Nel 1915 Picasso compie una serie di ricerchenelle quali prosegue la sua analisi della rappresentazionedi Arlecchino. Esse confluiscono nel dipinto Arlequin diproprietà del Museum of Modern Art de New York, cheaccompagna una serie di acquerelli e che, secondol’artista stesso, costituisce il momento più alto della suainterpretazione di Arlecchino. Questo genere di esercizio

intensivo si ripeterà due anni più tardi in occasione diParade, la sua prima e ambiziosa collaborazione teatrale.La ricostruzione della vita di un baraccone da fiera glifornisce il pretesto per una serie di esperimenti plastici.In questo modo, le acquisizioni cubiste si alternerannoa un naturalismo che annuncia il classicismo monumen-tale che egli svilupperà nel corso degli anni seguenti,dove il personaggio di Arlecchino continuerà ad occupareun posto centrale.A partire dal 1920 il tema di Pierrot e Arlecchino ritornadi forza e, rifacendosi ai personaggi del 1917, dà luogoalle due grandi versioni decisive dei Trois musiciens - dovel’artista rappresenta di nuovo se stesso come Arlecchino- che costituiscono uno splendido sbocco delle influenzeche gli derivano dal viaggio in Italia.I cinque magnifici ritratti monumentali del pittore JacintSalvadó, sempre rappresentato in abito da Arlecchino,realizzati nel 1923, costituiscono un’altra prova dell’interessedi Picasso per la Commedia dell’arte e della traccia cheessa ha lasciato in lui.Negli anni Trenta, la personalità del Minotauro, nel qualel’artista si identifica al punto da farne il suo alter ego,sostituisce progressivamente quella di Arlecchino per finiredi raccogliere le sue spoglie in un disegno simbolico: LaDépouille du Minotaure en costume d'Arlequin.La traccia del mondo del circo resta presente lungo tuttala sua vita. Nelle sue ultime opere, lo spettacolo del circoassume una importanza particolare e l’artista esorcizza inumeri del circo della sua gioventù. Le amazzoni e i clownrisorgono in un esercizio ricco e vario dove la sua operasfida l’inesorabile fugacità della vita. Picasso non esita alasciarsi fotografare in più riprese nella figura del clown,simbolo della sua personalità nello stesso tempotriste ed eroica.Magnifiche testimonianze di tutto ciò si ritrovanonelle opere dei suoi amici fotografi David DouglasDuncan, André Villers e Edward Quinn.

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arte

“Picasso crea scene immaginarie in cuiacrobati ed equilibristi recitano ruoli dellavita quotidiana, esprimono i loro problemipersonali, la loro solitudine e l’incomprensio-ne a cui i loro sentimenti sono soggetti”.

Picasso, Circo (1933)

Nel 1959 ho vi-sto, al circo diDarix Togni, ilviennese RudolfTaibei, in arte TaiFu, infilare undito rinforzato daun’asta d’acciaionel collo di una botti-glia e alzarsi in verticalesu questo precario sostegnofacendo con l’altra mano esercizi digiocoleria. Non son sicuro di aver visto Corrado Macaggifare, in pubblico, qualcosa di simile. Sono invece sicurodi poter spendere qualche parola su di lui perché è comese l’avessi incontrato a lungo. Lo devo all’amica e collegaNeera Fallaci, che mi donò la registrazione integrale dellasua intervista a Macaggi realizzata per Oggi nel 1957.Sì, Neera, sorella minore di Oriana e caratteraccio toscanoquanto la più celebre primogenita, ma io le volevo moltobene per la sua sensibilità nell’incontro con chi pareva

destinato dalla vita a occupare gli ultimi posti infondo alla platea: e questa sensibilità si leggevaanche nell’incontro con l’acrobata.Di Corrado Macaggi si legge qualche riga nei libridi Alessandro Cervellati. Figlio di un padre, Dante,che con i fratelli si esibiva nel numero dei volantie di una madre che danzava sul filo teso, appar-teneva a una nidiata di cinque maschi e due

femmine . MaCorrado, unicofra i sette, pa-reva destinato aun circo senzaapplausi a cau-

sa della polio-mielite, che a tre

anni l’aveva colpitoparalizzando la gamba

sinistra. “Nel circo di famigliacercavo comunque di fare qualcosa,

di dare una mano. Avrei potuto stare alla cassa, o farequalche riparazione, o pitturare la carovana. Ma i miei,ogni volta che mi muovevo: ‘No, stai fermo, lascia che cipensi un altro’. Credevano di far bene a evitarmi quellafatica, invece mi umiliavano e mi facevano sentire ancorapiù inutile”.A scuola vale per lui il discorso di tutti i figli di circo diallora. Il circo si sposta di città in città e così le aulescolastiche sono sempre diverse. Però studiare gli piace,arriva alla fine delle elementari senza una bocciatura.“Forse”, dice, “avrei fatto bene a continuare ma i miei nonci pensavano proprio. Chi vive nel circo tende a vederesolo circo. E’ più difficile uscire dal circo che restarci dentro.Io ci restavo, però male. Ero il penultimo dei miei fratellima era come se fossi il più piccolo. Loro erano tutti beiragazzi: ben piantati, robusti, agilissimi. Io avevo le grucce.All’inizio ne portavo due. Poi, avrò avuto dieci anni, ne ho

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di Ruggero Leonardi

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Corrado Macaggi e la moglie Vanna Morbelli (foto da Oggi n. 16, pag. 25, anno 1958)Corrado Macaggi e la moglie Vanna Morbelli (foto da Oggi n. 16, pag. 25, anno 1958)

buttata via una”.La svolta è a 16 anni. “Ho visto uno del circo di mio padreche faceva un numero di verticale. Non è stata neancheuna decisione, la mia. Ho visto fare la verticale e ho volutoprovare anch’io, e siccome avevo braccia robuste mi sonoaccorto che mi riusciva facile. Così ho continuato aesercitarmi da solo, di nascosto da tutti. A volte lo facevonel circo, a volte durante una passeggiata nei campi. Manon avevo l’idea di preparare un numero, almeno all’inizio.Ogni tanto i miei mi vedevano in verticale ma non cifacevano caso”.Poi però ci fanno caso perché il figlio annuncia che vuolfare circo pure lui. Lo assistono negli esercizi, gli preparanosedie speciali perché su quelle possa dare vita al suonumero. E il debutto sulla pista, a Varese, è all’insegnadel decoro circense. Non una parola è spesa perché ilpubblico sappia che si esibisce un ‘diverso’. “Però quandoil pubblico mi ha visto uscire portato a braccia dai fratellifino alle sedie ha cominciato a chiedersi che cosa avrebbepotuto fare uno come me. Poi, un esercizio dopo l’altro,hanno capito che non ero lì per farmi compatire ma permostrare che anch’io sapevo lavorare. E l’applauso èdiventato diverso da quello dell’inizio: era un applausoalla mia abilità e non più alla mia disgrazia”.A partire dal giorno dopo, si impone anche ai suoi fratelli.“Perché dovete portarmi in braccio? Io mi sposto con lamia stampella”. Ma è dura anche entrare da solo e nonfarsi intimidire da quegli sguardi compassionevoli, soprat-tutto se femminili. Cerca di farsi forza con un sorriso disfida: “Adesso vi faccio vedere io”, e infatti durante il lavoroqualcosa succede. “Tornavo a guardare in faccia la gentedopo due o tre esercizi e vedevo che gli sguardi eranocambiati”.Basta, ora la sua è la carriera di un verticalista bravo chetale continuerà a essere anche dopo la scomparsa delpadre e la dispersione dei fratelli un po’ dappertutto.Dovunque lavora fa patti chiari con la direzione. “Nientepresentazione compassionevole o rompo il contratto”.Arriva al punto di guidare da sé la propria roulotte. “Primaci pensava la direzione, che aveva dato l’incarico all’autistadi un camion. Caricavano il camion e dietro attaccavanola mia roulotte, e così mi trasportavano. Poi ho imparatoa guidare. E’ stata una bella soddisfazione quando homostrato agli ingegneri che sapevo portare bene lamacchina”.In un paesino di villeggiatura incontra Vanna, aspirantemaestrina, e la sposa anche se il futuro suocero diffidadi questo circense e scuote la testa e ripete: “Ma poi,come andrà finire?” Va a finire che Vanna resta vicina alui per sempre e anche nei momenti più brutti, comequella sera in cui Corrado scivola su una pista rialzata, dilegno, coperta da un telo. In un punto la pista è rotta,

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La verticale su un dito di Unus, exploit che sarebbe riuscitoanche a Corrado Macaggi (Foto archivio Cedac)

anche se non si vede, e disgrazia vuole che la stampellavada a infilarsi proprio lì. “Sentendomi cadere, mi sonoriparato la testa col braccio e mi sono rotto qualcosaproprio al braccio destro, quello con cui lavoravo di più.All’ospedale mi hanno detto che mi ero rotto il capitelloradiale e volevano sostituirmi la scheggia mancante conun pezzo d’oro ma io mi sono opposto perché avevo sentitodire che il pezzo d’oro mi avrebbe bloccato i movimenti.Il professore dopo l’operazione mi aveva detto: ‘Se lo tolgadalla testa, il suo lavoro lei non potrà più farlo’. Sonomomenti brutti. Ma se non reagisci, nella vita, sei finito.A furia di prove, prove, prove ho sostituito quel pezzod’osso mancante con un muscolo. Ma che vita, ragazzi.La prima volta che mi sono sorretto col braccio che si erarotto ho sentito un dolore che mi toglieva il coraggio dicontinuare. I dottori mi dicevano: ‘Non provi su quel bracciolì, è pericoloso’, e io avanti a esercitarmi sul sinistro. Poiperò ho voluto riprovare sul destro anche perché, avendo

minorata la gamba sinistra, il corpo in verticaleè più equilibrato se poggia su quel braccio. Usandol’altra parte, con la gamba sinistra piegata tendevoad andare giù. E insomma, dài oggi, dài domani,sono tornato a lavorare come prima”.Infine si ferma, con Vanna, in un paese vicino aCuneo. Ma non si ferma come un handicappato,bensì come un artista con un gruzzolo di esperienzealle spalle grazie alle quali ripensare a se stesso

come a uno che al Circo ha dato la sua parte, e anchequalcosa di più.Perché ripenso a lui in questi giorni? Per una ragioneben precisa. Ho visto un piccolo uomo che faceva circotutto solo a Milano sotto la Madonnina del Duomo. Unuomo seduto su una carrozzella che aveva come partnersolo i suoi due bastoni per l’appoggio e un pallone. E ilpallone balzava dall’uno all’altro bastone, e da lì talvoltaalla testa dell’uomo, e da lì talvolta a terra ma senzache ai passanti venisse in mente che era bene restituirlaal piccolo uomo tanta era la sua destrezza nel provvedereda solo. Un minuto, dieci minuti, sicuramente di più inalcuni casi, ma ho voluto evitare la banalità del cronometronel momento in cui questo piccolo uomo con accantoil secchiello per le offerte era lì a rappresentarmi l’eternitàdel gioco di sopravvivere. E quando, alla fine, ho depostopure io il mio obolo nel secchiello, l’ho deposto quasicon vergogna, consapevole che nessuna cifra potevacompensare le mia gratitudine verso l’artista che miaveva, per alcuni minuti, fatto pensare tanto bene del-l’uomo, della sua sovrumana battaglia contro il male, ingiorni in cui è ben più facile pensare all’uomo comeportatore di male.Gratitudine doppia, in questo caso. Perché io ho la buonasorte di sapere qualcosa di circo, e so che il circo è terrenoprivilegiato per piccoli uomini come questi, che ogni tantosi mettono in testa di giocolare con l’infelicità.

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Altri Macaggi furono clown. Camillo (a destra) negli anni ‘50 (da Il circo della memoria)