4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in...

49
MAGAZINE n.221 / 20 4 MAGGIO 2020 Intel, ecco i processori desktop di decima generazione 20 29 29 DJI Mavic 2 Air Degno erede Vlogging Kit di Joby Perfetto per youtuber IN PROVA IN QUESTO NUMERO Google Meet è gratis per tutti E resterà gratis per sempre L’accesso alla soluzione premium di videoconferenza è ora aperto a tutti. Google assicura: i dati non verranno usati per la pubblicità né saranno venduti 18 Droni, il nuovo regolamento europeo Dal 1 luglio 2020 entra in vigore il nuovo regolamento europeo per l’utilizzo di droni per uso ricreativo e professionale. Tanti i cambiamenti, tra cui l’obbligo dell’attestato e di immatricolazione per i droni sopra i 250 g Diritti TV Serie A: la Lega vuole i soldi, Sky e DAZN vogliono trattare Immuni, perché così non servirà Immuni, perché così non servirà L’app Immuni utilizzerà il modello decentralizzato proposto da Google e Apple e si spera che arrivi entro maggio. Ma se non si verificano alcune condizioni fondamentali, non darà i risultati sperati. I dati, i calcoli e il ragionamento ci spiegano perché iPhone SE 2020 Senza rivali 33 33 Huawei Mate X Acquisto consapevole La quarantena spinge l’Italia alla pirateria 25 36 36 39 39 10 10 Smartphone Huawei Smartphone Huawei senza servizi Google senza servizi Google 50 cose da sapere 50 cose da sapere 41 41 Sonos Radio, gratis per i clienti. Come ascoltare le stazioni in Italia Fase 2 e nuova Fase 2 e nuova mobilità: a Milano mobilità: a Milano si parte davvero si parte davvero 27 07 22 02

Transcript of 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in...

Page 1: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Intel, ecco i processori desktop di decima generazione 20

2929

DJI Mavic 2 Air Degno erede

Vlogging Kit di Joby Perfetto per youtuber

IN PROVA IN QUESTO NUMERO

Google Meet è gratis per tutti E resterà gratis per sempre L’accesso alla soluzione premium di videoconferenza è ora aperto a tutti. Google assicura: i dati non verranno usati per la pubblicità né saranno venduti 18

Droni, il nuovo regolamento europeo Dal 1 luglio 2020 entra in vigore il nuovo regolamento europeo per l’utilizzo di droni per uso ricreativo e professionale. Tanti i cambiamenti, tra cui l’obbligo dell’attestato e di immatricolazione per i droni sopra i 250 g

Diritti TV Serie A: la Lega vuole i soldi, Sky e DAZN vogliono trattare

Immuni, perché così non servirà Immuni, perché così non servirà L’app Immuni utilizzerà il modello decentralizzato proposto da Google e Apple e si spera che arrivi entro maggio. Ma se non si verificano alcune condizioni fondamentali, non darà i risultati sperati. I dati, i calcoli e il ragionamento ci spiegano perché

iPhone SE 2020 Senza rivali

3333

Huawei Mate X Acquisto consapevole

La quarantena spinge l’Italia alla pirateria

25

3636 3939

1010

Smartphone Huawei Smartphone Huawei senza servizi Google senza servizi Google 50 cose da sapere50 cose da sapere4141

Sonos Radio, gratis per i clienti. Come ascoltare le stazioni in Italia

Fase 2 e nuova Fase 2 e nuova mobilità: a Milano mobilità: a Milano si parte davverosi parte davvero

2707 22

02

Page 2: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 2

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

MERCATO Lo conferma Vittorio Colao al Corriere della Sera. L’auspicio è che arrivi entro maggio

Immuni: anche l’Italia sceglie Apple e Google Vince il modello decentralizzatoL’app Immuni utilizzerà il modello decentralizzato proposto dai due giganti della Silicon Valley

di Paolo CENTOFANTI

È Vittorio Colao, in un’intervista al

Corriere della Sera, a sciogliere la

riserva: Immuni utilizzerà le nuove

API sviluppate in collaborazione da Ap-

ple e Google. Non solo, l’app italiana di

contact tracing seguirà il modello decen-

tralizzato, in modo tale da garantire il più

alto livello di privacy dei dati. Nell’inter-

vista di Aldo Cazzullo, il manager scelto

dal Governo per progettare la riapertura

del paese dice:

“Non è stato scelto il sistema centraliz-

zato, che manteneva l’identità di tutti i

contatti. E’ stata scelta l’altra soluzione,

quella Apple-Google. I contatti stanno

solo sui telefonini delle persone. Quan-

do scopro di essere contagiato, sono

io che metto dentro un codice, che ri-

lascia una serie di codici alle persone

con cui sono entrato in contatto. Tutto

avviene in modo anonimo: l’individuo

viene informato dal sistema, ma il si-

stema non sa chi sono i due; la privacy

dei due individui è mantenuta. Nessu-

no conosce l’altro.”

I criteri per la realizzazione dell’app sono

contenuti in un decreto legge che verrà

discusso nel prossimo Consiglio dei Mi-

nistri e di cui è circolata una bozza. Tra

le novità, c’è la norma che richiede che

tutti i dati raccolti dal sistema vengano

cancellati alla fine dell’emergenza e

comunque non oltre la fine del 2020.

l sistema prevederà sì una piattaforma

centralizzata, ma unicamente per il sal-

vataggio degli identificativi dei dispositi-

vi legati a persone che sono state certi-

ficate contagiate dalle autorità sanitarie.

Ciò sarà necessario per permettere al-

l’app installata su tutti gli altri dispositivi

di poter confrontare tale identificativo

con la lista di quelli con cui si è venuti

in contatto e che risiederà localmente

sugli smartphone. Nessun dato per-

sonale o di posizione verrà scambiato

come parte di questo processo. Altra

indicazione inserita nel decreto è che

l’infrastruttura di supporto all’applica-

zione Immuni risieda su server italiani

e potrà essere gestita unicamente da

amministrazioni nazionali o enti di pro-

prietà pubblica. Rimane la domanda sui

tempi, cioè quando potremo scaricare

Immuni e quando il sistema sarà fun-

zionante. Colao nell’intervista dice solo

una cosa: “È importante lanciarla en-

tro la fine di maggio; se quest’estate

l’avremo tutti o quasi, bene; altrimenti

servirà a poco.”

di Sergio DONATO

VESA (Video Electronics Standards

Association) ha rilasciato la ver-

sione “Alt Mode” per lo standard

Display Port 2.0 che permetterà la piena

funzionalità di Display Port 2.0 attraverso

un connettore USB-C e l’interoperabilità

con USB 4. La modalità Alt Mode consen-

tirà di trasmettere fino a 80 Gbps di dati

video Display Port attraverso un connet-

tore USB-C, avendo a disposizione tutte

e 4 le corsie di trasmissione dello stan-

dard. L’Alt Mode per l’USB-C non è una

novità di oggi. Già nel 2014 esisteva per

la Display Port, ma quando quest’ultima

era entrata da pochi giorni, nella versione

MERCATO VESA annuncia di aver rilasciato la modalità Alt Mode per lo standard Display Port 2.0

VESA annuncia: USB 4 e i connettori USB-C accetteranno i segnali Display Port 2.0La modalità permetterà ai dati DP 2.0 di viaggiare su cavi USB-C. Avrà la compatibilità con USB4

1.3. Nella sua compatibilità con

il prossimo USB 4, la Display

Port 2.0 Alt Mode sarà però

costretta a perdere un po’ di

velocità per strada, dato che

USB 4 raggiunge una velocità

massima di 40 Gbps utilizzan-

do la trasmissione simultanea

tramite USB SuperSpeed con

cavi a “doppia corsia”. Poiché i cavi USB

4 non hanno ancora uno standard, non è

da escludere che potranno veicolare an-

ch’essi i dati video grezzi di Display Port

2.0 usando le 4 corsie in una sola direzio-

ne, riuscendo così a raggiungere gli 80

Gbps dello standard Display Port 2.0. In

quel caso, USB 4 sarebbe anche capace

di gestire segnali 8K a 60 Hz in HDR. Uno

dei vantaggi di avere lo standard Display

Port 2.0 su USB 4 sarà dato proprio dal

contenimento del tipo di cavetteria. I pri-

mi prodotti che incorporano Display Port

Alt Mode 2.0 appariranno nel 2021.

MediaWorld riapre altri 25 negozi in tutta Italia, anche a Milano. Ecco quali sonoRiaprono altri punti vendita MediaWorld in tutta Italia, sempre nel rispetto delle attuali limitazioni previste, come il distanziamento da clienti e personale e la necessità di recarsi in negozio da soli di Massimiliano DI MARCO

Agli 11 punti vendita Mediaworld che erano stati già riaperti, l’azien-da ne ha aggiunti altri 25, in tutta l’Italia. La catena di elettronica pro-segue la graduale ripresa dell’atti-vità ordinaria, seppur nel rispetto di quelle limitazioni a cui dovremo abituarci per i prossimi mesi, anche oltre la “fase 2”. Nello specifico, Mediaworld ha riaperto i negozi di: Alessandria, Ancona, Arese, Bari, Bologna, Cinisello Balsamo, Ferra-ra, Gallarate, Lecce, Lecco, Lodi, Mi-lano Piazza Lodi, Milano Rubattino, Milano Via Troya, Modena, Perugia, Roma Fiumicino, Roma C.C. Prima-vera, Rozzano, Sassari, Savignano sul Rubicone, Tavagnacco, Torino, Treviso e Trieste. La lista completa è disponibile sul sito ufficiale, con gli orari di apertura. La riapertura dei negozi è subordinata a una serie di misure decise dall’azienda per rispettare le restrizioni previste in tutta Italia durante l’emergenza sanitaria. Per esempio, i clienti non dovranno visitare il negozio se presentano raffreddore o febbre e devono essere da soli, dovranno mantenere le distanze di sicurezza dal personale e dagli altri clienti. In-fine, viene chiesto di toccare solo i prodotti effettivamente necessari all’acquisto.

Page 3: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 3

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

N on è disfattismo, ma realismo. I dati, i calcoli e il

ragionamento ci dicono che l’app Immuni, con al-

tissima probabilità non servirà a nulla, si tratta di

tempo e risorse persi, per lo meno se il contesto resterà

questo. Ecco perché.

Perché l’app Immuni potrebbe essere importantissimaSe avessimo una capacità diagnostica totale, ovvero-

sia fossimo in grado di fare il tampone a tutta la po-

polazione nel giro di poco tempo, l’app Immuni, come

anche qualsiasi altra app di contact tracing, non ser-

virebbe a nulla. Infatti sapremmo immediatamente chi

sono i positivi, anche tra gli asintomatici, potremmo

impostare per loro strategie ferree di isolamento e in

un mese il Covid-19 sarebbe storia.

Invece - lo sappiamo - la capacità diagnostica è molto

limitata, tanto che i tamponi spesso non vengono fatti

neppure ai plurisintomatici o ai conviventi di positivi

certificati; nelle RSA sono arrivati solo da qualche

giorno. Certo, si sta lavorando (più lentamente del ne-

cessario) al potenziamento delle capacità di laborato-

rio, ma non c’è dubbio che, soprattutto in vista della

fase 2, non ci saranno tamponi per tutti, neppure fra

qualche mese. L’app Immuni potrebbe e dovrebbe

essere uno strumento prezioso per selezionare chi è

più meritevole di fare il tampone, soprattutto per iden-

tificare i pericolosi asintomatici, invece di fare esami

a campione alla popolazione senza un vero criterio.

Avrebbe la precedenza chi ha avuto anche un fugace

contatto con una persona rivelatasi positiva, contatto

certificato dall’app. E quindi con una certa probabili-

tà di essere diventato anch’esso positivo. In questo

modo la speranza di circoscrivere velocemente la

linea di contagio e quindi eventuali focolai diviene

molto più alta. Quindi, almeno dal punto di vista teo-

rico, si tratta di una strada non solo promettente, ma

anche doverosa da perseguire. Tanto più che, come

abbiamo spiegato in molti altri articoli (la cui lettura

gioverebbe a tanti opinionisti), con l’architettura ano-

nimizzante pensata da Apple e Google, i rischi per la

privacy sono trascurabili se non addirittura nulli.

Perché l’app Immuni non sarà affatto determinante: lo certifica il calcolo delle probabilitàCi sia concessa un po’ di matematica e l’applicazione

facile del calcolo delle probabilità. Lo scopo è deter-

minare la probabilità che un contatto tra un sano e

un positivo (che scoprirà di esserlo nelle ore succes-

sive) venga correttamente rilevata dall’app Immuni

e segnalata al presunto sano così da dar luogo a un

approfondimento diagnostico. Una probabilità è nor-

malmente indicata con una percentuale dallo 0% al

100%, ovverosia da un numero tra 0 e 1.

0% uguale ad evento impossibile, 100% uguale ad

evento certo; e in mezzo tutta la gradualità delle pro-

babilità. Se il fatto che un evento si verifichi dipende

da più eventi indipendenti tra loro, la probabilità com-

posta si calcola moltiplicando le probabilità dei singoli

eventi. Il classico esempio è il lancio di due dadi: la

probabilità che esca 6 su un dado è ovviamente 1/6,

ovverosia circa il 16% (pari a 0,16). Ma la probabilità

che tirando due dadi escano due 6 è molto più bassa,

ovverosia 1/6 x 1/6. Il risultato è 0,027, cioè il 2,7%.

Dato che le probabilità sono sempre numeri tra zero

e uno, la catena di moltiplicazioni delle probabilità

composte non fa che diminuire il prodotto, ovverosia

la probabilità dell’evento congiunto.

Nel nostro caso, l’evento in questione è che un sano

riceva una notifica dopo essere stato a contatto con

un altro individuo infetto. Questa segnalazione - che

è poi l’obiettivo di Immuni - è dipendente da almeno

quattro altri eventi che devono verificarsi contempo-

raneamente; in mancanza anche di un solo evento, la

segnalazione non arriva e il contatto potenzialmente

contagioso non viene notificato. Il primo, evidente, è

che l’app sia caricata e funzionante sullo smarphone

MERCATO Il calcolo delle probabilità ci dice inequivocabilmente che se non si verificano certe condizioni, Immuni nasce morta

App Immuni: con queste premesse, è inutile Meglio cambiare passo o lasciar perdere Dovrebbe aumentare il numero di tamponi fatti e diventare obbligatorio il consenso alla condivisione del dato da parte dei positivi

della persona che verrà diagnosticata come positiva;

il secondo è che anche il sano sia nella medesima

condizione; è poi condizione necessaria che il malato

venga diagnosticato ufficialmente: senza un tampone

il contatto potenzialmente infettivo non potrebbe es-

sere segnalato dall’app e quindi non scatenerebbe la

catena di notifiche; e infine ci vuole l’assenso da parte

del positivo a comunicare al sistema il proprio mutato

stato di salute: il cittadino, infatti, dopo le pressioni

dei movimenti di tutela alla privacy, sarà libero di de-

cidere se tenere la propria positività al tampone per

sé o se mettere questa informazione, pur totalmente

anonima, a favore del sistema e della collettività.

Quindi, per tornare ai termini più formali, potremmo

calcolare la probabilità che un contatto a rischio ven-

ga correttamente segnalato come:

Ptot = Pi x Pi x Pd x Pc

dove

Ptot è la probabilità che il contatto a rischio venga

segnalato da Immuni

Pi è la probabilità che un cittadino abbia l’app corret-

tamente installata e funzionante (nel prodotto è ripor-

tata due volte perché l’app deve averla installata sia

l’utente ammalato che il potenziale contagiato)

Pd è la probabilità “diagnostica”, ovverosia che venga

effettuato sul positivo un tampone che ne ufficializzi

la malattia, in mancanza del quale il contatto a rischio

non verrà mai a galla

Pc è la probabilità che venga dato il consenso alla

segue a pagina 04

App ImmuniEcco perché così non servirà a nulla

Page 4: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 4

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

divulgazione anonima del dato in caso di positività

Proviamo a fare qualche ipotesi. Pariamo da uno

scenario assolutamente ottimistico: ipotizziamo che

il 50% della popolazione si doti dell’app e la attivi,

un’ipotesi certo non scontata; supponiamo che il 50%

dei positivi riceva tempestiva diagnosi ufficiale con

tampone, anche questa ipotesi azzardata; ipotizziamo

infine che il consenso alla divulgazione venga dato

nel 100% dei casi, decisamente irrealistico, soprattut-

to con il clima di scetticismo nei confronti della riser-

vatezza del dato che si è creato.

Quindi:

Ptot (ottimistico) = 0,5 x 0,5 x 0,5 x 1 = 0,125

Nel nostro scenario ottimistico, quindi, la probabilità

combinata degli eventi è pari al 12,5%, ovverosia solo

il 12,5% dei contatti a rischio verrebbe correttamen-

te notificata. Questo vuol dire che, anche in questo

caso idilliaco, 87 casi su 100 di contatti a rischio non

verrebbero catturati dall’app Immuni. Spostiamoci ora

in un caso pessimistico: ipotizziamo che l’app venga

caricata dal 25% della popolazione (che poi è il target

indicato in queste ore dalla Ministra Paola Pisano);

supponiamo anche che la diagnosi certificata venga

fatta nel 20% dei casi di positività, un limite giudicato

credibile dagli esperti, tenendo conto degli asintoma-

tici e dei moltissimi a casa in autoquarantena fiducia-

ria senza tampone; infine ipotizziamo che il 50% dei

positivi certificati dia il consenso alla divulgazione del

dato.

Quindi:

Ptot (pessimistico) = 0,25 x 0,25 x 0,2 x 0,5 = 0,0063

In questo scenario la probabilità che un contatto a

rischio venga segnalato precipita allo 0,63%. Questo

significa che solo un caso ogni 160 contatti a rischio

verrebbe realmente segnalato. Gli altri si perderebbe-

ro e non sarebbero in alcun modo recuperabili. Un

caso su 160 è sempre meglio di zero casi su 160, ma

si tratta pur sempre di un goccia nell’oceano.

La situazione reale poi è probabilmente ancora peg-

giore in considerazione del fatto che l’app Immuni ri-

leva un contatto solo se si mantiene una distanza di

due metri per 15 minuti consecutivi: è evidente che ci

siano condizioni di possibile contagio assolutamente

concrete (per esempio 10 minuti in una metropolitana

piena oltre il livello di guardia) che non rientrano nella

casistica rilevata da Immuni. Se aggiungessimo anche

questa probabilità al nostro calcolo, l’efficacia di Im-

muni precipiterebbe ulteriormente.

Ovviamente ognuno può applicare il medesimo mo-

dello con le percentuali che ritiene più appropriate:

difficilmente il risultato, utilizzando valori realistici,

porterà a percentuali di successo soddisfacenti. Anzi,

provate a proporre nei commenti il vostro scenario

più credibile: pronti a discuterne.

E allora Immuni non ha alcun senso?L’app Immuni avrebbe molto senso, ma solo a con-

dizione di riuscire a portare più possibile vicino a 1

tutte le probabilità degli eventi indipendenti che ne

determinano l’efficacia. Come? Beh, innanzitutto in-

centivando l’impiego dell’app per esempio con faci-

litazioni al movimento dei cittadini che la impiegano;

eliminando l’obbligo dell’autocertificazione per chi

può esibire l’app funzionante e attiva. Oppure garan-

tendo l’accesso in tempi rapidi all’ambito tampone a

tutti coloro che ricevo-

no una segnalazione di

possibile contagio tra-

mite Immuni. Insomma,

per aumentare il fattore

Pi è indispensabile fare

un ottimo marketing di

questa app, che deve

andare oltre la campa-

gna pubblicitaria e il

solito accorato appello

al senso civico.

Si può e si deve lavora-

re anche sul parametro Pd, ovverosia la capacità di

fare tamponi al maggior numero di persone. L’aiuto

dei test sierologici rapidi, da questo punto di vista,

è poco significativo perché gli anticorpi si muovono

sensibilmente dopo 10-15 giorni dal contagio e quindi

qualsiasi notifica sarebbe tardiva per Immuni. Se ne

deduce che la capacità di fare tamponi va aumentata

esponenzialmente anche nei prossimi mesi, cosa che

non emerge dai discorsi dei politici. Senza tamponi

per le prime diagnosi e per inseguire le linee di con-

tagio l’app non servirà a nulla.

Infine bisognerebbe agire anche sul fattore Pc, ovve-

ro quello del consenso alla divulgazione anonima del

dato. Da questo punto di vista la soluzione è sempli-

ce: il consenso andrebbe semplicemente reso obbli-

gatorio, per legge. Non si viola alcuna norma sulla pri-

vacy, né formalmente né tantomeno sostanzialmente.

Se il Governo si è piegato alle richieste di chi voleva

che la comunicazione fosse legata all’assenso del

malato, è probabilmente solo per mettere a tacere le

polemiche; anche se equivale a mettere le ganasce a

Immuni, impedendole di funzionare adeguatamente.

La privacy usata male può far male. Anche alla privacyBen lungi voler sottovalutare l’importanza della pri-

vacy, ma tante polemiche tra quelle che si stanno svi-

luppando attorno all’app Immuni come “rischio per la

riservatezza” spesso sono alimentate da questioni più

formali che altro. Se poi uniamo a questo, la ridda di

fake news più o meno volontarie che stanno circolan-

do, è evidente che Immuni venga ammazzata in culla,

senza alcuna colpa peraltro. Il meccanismo di anoni-

mizzazione messo a punto da Apple e Google sem-

bra veramente il minore dei mali, anche rispetto ad

altre architetture prospettate nelle scorse settimane.

Ma soprattutto, Immuni sembra molto meglio, anche

in tema di privacy, rispetto alle attività di contenimen-

to del contagio “tradizionali”. Infatti senza Immuni, la

privacy diventa del tutto aleatoria, con tutti i contatti

noti del positivo che vengono allertati “a mano”, spes-

so venendo a conoscenza direttamente del nome e

cognome del potenziale “untore”. Certo, non c’è al-

cun meccanismo massivo, ma in un mondo senza app

Immuni, la privacy, ammesso che sia un valore sacro

almeno tanto quanto la salute pubblica, è giornalmen-

te molto più violata. Non considerare questo aspetto,

vuol dire voler condurre una battaglia contro Immuni

“a prescindere”.

MERCATO

App Immuni: con queste premesse, è totalmente inutilesegue Da pagina 03

Page 5: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 5

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Roberto PEZZALI

I l sistema proposto da Apple e Google per aiutare le

organizzazioni sanitarie e i governi a fronteggiare il

COVID-19 con la tecnologia migliora ancora. Lo ab-

biamo scritto più volte in queste settimane: non solo

senza l’appoggio di Apple e Google non è possibile

realizzare una applicazione efficiente e funzionante,

ma la soluzione proposta, anche come protocolli di

sicurezza e protezione dei dati era è in assoluto quel-

la più sicura.

Ora lo è ancora di più, perché ora sono state pub-

blicate le linee guida riviste dell’intero sistema, con

miglioramenti per quanto riguarda la privacy, la sicu-

rezza e soprattutto l’accuratezza del sistema.

Nelle settimane successive all’annuncio da parte di

Apple e Google, nonostante il sistema sia stato giudi-

cato da molti idoneo e sufficientemente sicuro sotto

il profilo della privacy, esistevano alcuni elementi che

potevano, in condizioni particolarissime e comunque

rare, permettere l’identificazione di una persona. Ora,

con gli ultimi aggiustamenti, è praticamente impossi-

bile farlo.

Due novità: privacy migliorata e più certezza sui contattiLe novità riguardano due aspetti: il primo guarda agli

utenti e alle loro giuste preoccupazioni legate alla

privacy, il secondo riguarda gli sviluppatori, con una

serie di librerie pensate per rendere più facile il loro

lavoro e più efficienti le applicazioni che verranno rea-

lizzate. Un punto quest’ultimo delicatissimo, perché la

maggior parte delle soluzioni presenti fino ad oggi

non hanno raggiunto il loro obiettivo anche per limiti

tecnici, erano soluzioni pensate per altro e adattate

ad uno scopo.

Ma partiamo dalla privacy, che è l’aspetto che sta a

tutti più a cuore: nella prima versione della soluzione

proposta dai due colossi la generazione della chia-

ve usava una “master key” sul dispositivo associata

a quelle che venivano definite “Daily Tracing Key”,

ovvero chiavi giornaliere che scadevano ogni 24 ore

usate a loro volta per codificare i messaggi trasmessi.

Queste chiavi ora spariscono, esistono solo Tempo-

rary Tracing Keys generate in modo totalmente casua-

le con scadenza anche lei casuale. Cambia anche il

protocollo di cifratura, si userà l’Advanced Encryption

Standard: tutti i calcoli, è bene ricordarlo, sono fatti

sugli smartphone e non escono dagli smartphone, e

l’AES è molto più efficiente. Gli smartphone moderni

dispongono di un encoder hardware per questo tipo

di codifica, e il tutto si traduce in un risparmio energe-

tico e in una maggiore efficienza. Il dispositivo deve

infatti codificare ogni messaggio che invia.

La terza novità in tema di privacy e sicurezza è la co-

difica anche dei dati aggiuntivi inviati con la trasmis-

sione bluetooth. Quando si trasmette un dato tramite

bluetooth, oltre al dato, che era già criptato, venivano

anche trasmesse anche altre informazioni addizionali

come ad esempio la potenza di trasmissione e il pro-

tocollo utilizzato da quello specifico smartphone.

Informazioni comunque casuali, che potevano però

diventare una sorta di traccia per cercare di identifi-

care una persona in un gruppo. Casi remoti, appunto,

ma questa volta ogni aspetto è stato considerato e

quindi questi dati vengono anche loro codificati.

Le modifiche fatte rendono assolutamente impossi-

bile collegare un messaggio inviato allo smartphone

che lo ha inviato.

La potenza di trasmissione per la certezza di un contatto sicuroCi sono novità anche per chi deve realizzare applica-

zioni, nel caso dell’Italia Bending Spoons con la sua

app Immuni. Una di questo è fondamentale: tra i dati

che uno smartphone emette è stato aggiunto il livello

di segnale dello smartphone che lo ha trasmesso. I

sistemi di contact tracing prevedono lo smartphone

ascolti quello che gli smartphone vicini dicono, ma gli

smartphone non sono tutti uguali. Ci sono smartphone

con antenne migliori, altri con antenne peggiori. Due

smartphone top di gamma potrebbero scambiarsi un

messaggio con un ottimo livello di segnale stando a

3 metri di distanza, mentre due smartphone “vecchi”

per raggiungere un tale livello devono avvicinarsi

ad un metro. Nella prima versione delle specifiche,

quelle rilasciate il 10 aprile, lo sviluppatore poteva sa-

pere solo se lo smartphone su cui è stata installata

l’app “ha sentito bene”, ma non poteva avere idea se

questo aveva sentito bene perché l’altro smartphone

era vicino o se perché aveva urlato più forte. Ora ha

entrambi i dati, e combinandoli si può ottenere una

rilevazione precisa della distanza a prescindere dalla

marca o dal modello del telefono.

L’accuratezza del “contatto” è fondamentale, le ap-

MERCATO Le nuove linee guida con cui Apple e Google perfezionano la loro piattaforma per creare applicazioni di contenimento del virus

Coronavirus e piattaforme di notifica dei contagi Il sistema di Apple e Google è ora più sicuro e preciso La soluzione, anche come protocolli di sicurezza e protezione dei dati, è in assoluto quella più sicura. Alternative? Nessuna

plicazioni ruotano tutto attorno a questo dato senza

il quale si rischiano falsi positivi rendendo tutto il si-

stema inutile. Gli sviluppatori potranno anche gestire

in modo automatico la potenza di trasmissione e la

durata del contatto: questo permetterà alle autorità

sanitarie di personalizzare le applicazioni a seconda

di quelli che a loro avviso sono i parametri da consi-

derare, ovvero quale dev’essere la distanza minima

per considerare un contatto e quanto deve durare

questo contatto. Due persone che si incrociano per

strada, anche se una è positiva, non darà origine ad

un contatto, una persona seduta di fianco in treno

ad un positivo per 2 ore probabilmente si. Infine, al-

tro dato utile, ci sarà per gli sviluppatori la possibilità

di calcolare, sempre sul telefono dell’utente, i giorni

che sono passati dall’ultimo possibile contatto. Così

facendo le app potranno anche fornire indicazioni utili

su come comportarsi.

Arriva per gli sviluppatori, per gli utenti a metà maggioÈ bene ricordare ancora una volta che Apple e Google

non faranno applicazioni, e infatti in questa release 1.1

di specifiche la parola “Contact Tracing” sparisce. Si

parla di “Exposure Notification”, ed è una piattaforma

creata e pensata solo per assistere le autorità sani-

tarie. Le librerie verranno rese disponibili solo alle

aziende che stanno lavorando con un’incarico delle

autorità sanitarie o di un Governo.

Il rilascio, almeno in beta, verrà fatto la settimana pros-

sima: chi sta lavorando alle app potrà iniziare ad inte-

grare la piattaforma all’interno della sua soluzione. Il

rilascio per gli utenti è previsto a metà maggio, quindi

le app non saranno pronte prima. Google supporterà

tutti gli smartphone a partire da Android 6, e l’aggior-

namento avverrà tramite Play Services, mentre Apple

supporterà tutti gli iPhone degli ultimi 4 anni, quindi a

partire dall’iPhone 7. Servirà un update di iOS.

Se il tracciamento si deve fare questa è l’unica solu-

zione possibile. Per decine di motivi.

Page 6: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 6

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

L ’Italia ha voglia di fase 2, di allentamento della stret-

ta e di ritorno alla normalità. Ma il rischio di ritrovarsi

dentro l’abisso è dietro l’angolo: la comunità scienti-

fica continua a ripeterci che senza misure di controllo e

tracciamento dei contagi, il coronavirus può riprendere

a diffondersi in un battibaleno. Eppure c’è chi parla di

presunta dittatura sanitaria e tutti, dalle istituzioni ai com-

mentatori si premurano a sottolineare che l’installazione

di Immuni, il progetto di applicazione per il contact tra-

cing scelto dal Governo, sarà solo su base volontaria.

Non bastano le rassicurazioni sul fatto che la tecno-

logia non consente di tracciare le persone, ma solo i

contatti tra dispositivi (anonimizzati per giunta): si ha

paura di imporre uno strumento che sarà invece una

delle armi essenziali per la convivenza con il virus e il

suo contenimento.

Sembra che ci sia la paura di dire ai cittadini, che

quotidianamente rinunciano senza problemi alla loro

privacy e cedono dati di ogni tipo ad aziende come

Google o Facebook - perché “tanto non ho nulla da

nascondere” - che se Immuni non sarà obbligatoria

e non verrà installata sul più grande numero possi-

bile di smartphone in circolazione, non servirà a un

bel niente e il caso di Singapore è lì a dimostrarcelo

proprio in questi giorni.

Se n’è parlato molto: Corea del Sud e Taiwan sono

riusciti a contenere l’epidemia, anche in presenza

di focolai importanti come nel caso di Daegu, sen-

za imporre alcun lockdown. Ci sono riusciti perché

dopo l’esperienza della SARS sono state fatte del-

le rinunce alla privacy pur di tenere sotto-controllo

la catena dei contatti e di conseguenza dei contagi

in caso di epidemia. Entrambi i Paesi, seppure con

modalità diverse, hanno una cosa in comune: il si-

stema di tracciamento dei contatti è stato imposto e

applicato a tutti e in modo ancora più ferreo per i so-

spetti contagiati. La verità è che questo approccio ha

MERCATO A Singapore il Coronavirus è fuori controllo per diversi motivi tra cui e app di tracciamento solo su base volontaria

L’app Immuni dovrebbe essere obbligatoria Altrimenti il rischio è di finire come SingaporeIn Italia possiamo sperare di fare meglio della città stato modello? La parola obbligo però non dovrebbe essere un tabù

funzionato e i due paesi sono riusciti a tenere sotto

controllo l’epidemia senza i sacrifici enormi che sta

affrontando l’Italia.

Non è necessario arrivare agli estremi di Taiwan, che

tiene sotto stretta sorveglianza la sua cittadinanza

tramite il cellulare, e se non ne hai uno il Governo

“gentilmente” te ne fa dono. Basta solo far sì che

il sistema di tracciamento dei contatti, come quello

scelto dall’Italia e assolutamente rispettoso della pri-

vacy, sia applicato e utilizzato da tutti in modo tale

che le autorità sanitarie possano ricostruire in modo

efficace e puntuale le catene dei contagi quando si

verificano. Individuare celermente e isolare i conta-

giati è l’unico modo per evitare una nuova epidemia

e nuove restrizioni.

Veniamo a Singapore. La città stato, presa spesso a

modello per la sua efficienza e la disciplina dei suoi

abitanti, ha messo in campo nelle fasi iniziali una

massiccia operazione di contact tracing interamen-

te manuale, per poi introdurre un’app seguendo lo

stesso approccio che si appresta a seguire l’Italia:

un’applicazione da installare su base volontaria.

Risultato: si stima che il 20% dei cittadini di Singapo-

re l’abbia scaricata, il che vuol dire che gli effettivi

utilizzatori potrebbero essere anche di meno. Con

queste percentuali, la probabilità che due cittadini di

Singapore che si incontrano abbiano entrambi l’app

installata e che quindi il loro contatto possa essere

registrato è del 4% (0.20x0.20=0.04), troppo poco

perché si riesca a ricostruire una possibile catena

dei contagi in modo automatico.

Oggi Singapore è di fatto un focalio, con crescita

esponenziale, scatenata pare dei pochi controlli sui

lavoratori immigrati, con un sistema di contact tra-

cing zoppo, non in grado di aiutare le autorità sani-

tarie ad investigare i troppi nuovi casi, e la necessità

di imporre il lockdown. E stiamo parlando di Singa-

pore, paese con meno di 6 milioni di abitanti. Sia-

mo sicuri che assecondare la diffidenza dei cittadini

verso un’applicazione imposta dall’alto sia la strada

giusta? L’Italia certo non è sola in questo: il carattere

di volontarietà dell’app di tracciamento dei contatti

compare trai i requisiti citati nelle linee guide

pubblicate dalla Commissione Europea. Ma sia-

mo onesti: è stato chiesto ai cittadini italiani di

chiudersi in casa, a molti di rinunciare al lavoro

che dà loro da vivere, è stato tolta persino la

possibilità di dare un ultimo saluto ai propri cari

portati via dal Virus.

La vita sociale del paese è stata sconvolta e ora

il problema è installare un’applicazione il cui

scopo è proprio quello di evitare che tutto ciò si

ripeta di nuovo? L’Italia ha bisogno del contact

tracing, ha bisogno che funzioni, che sia effica-

ce e quindi capillare. Convincere gli italiani ad

utilizzarlo fa parte dell’equazione. Ma l’obbligo

non deve essere un tabù. Installare un’app

come Immuni sembra un piccolo prezzo da pa-

gare dopo tutti questi sacrifici.

La curva dei nuovi contagi della Corea del Sud. Fon-

te: Statista

La curva dei nuovi contagi di Singapore. Fonte: Statista

Page 7: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 7

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Vietati maxi-eventi in Germania: IFA 2020 non si terrà dal vivoIFA 2020 si farà, ma non si terrà come al solito a causa del divieto, in vigore in Germania fino al 24 ottobre 2020, di tenere eventi con oltre 5.000 partecipanti. Lo hanno annunciato gli organizzatori con una nota sul sito ufficiale, confermando un’ipotesi che ormai pareva scontata. L’evento, assicurano gli organizzatori, si terrà comunque nella forma di un “nuovo e innovativo concept”. IFA 2020 era prevista dal 4 al 9 settembre e, al momento, non si sa se tali date resteranno immutate. Gi organizzatori avevano già iniziato a lavorare su diversi scenari nel caso in cui sarebbe stato impossibile aprire le porte dell’evento. “La pianificazione è in una fase avanzata per un concept che permetterà a IFA di svolgere il suo ruolo chiave per l’intera industria come fiera globale per l’innovazione tecnologica e come importante momento di aggregazione per marchi, produttori, rivenditori e media”.

di Sergio DONATO

L a quarantena da coronavirus si dimo-

stra terreno fertile per l’aumento della

pirateria, con l’Italia che guida la non

invidiabile classifica dei Paesi che hanno

registrato un incremento dell’accesso ai

siti di film pirata.

A dare il triste annuncio è MUSO, società

britannica che ogni giorno raccoglie i dati

di miliardi di violazioni da parte della pira-

teria allo scopo aiutare le aziende di intrat-

tenimento. MUSO ha prodotto un grafico

che illustra l’aumento delle visite ai siti di

pirateria cinematografica comparando,

per il 2020, l’ultima settimana di febbraio

con l’ultima settimana di marzo. L’Italia è

davanti a tutti, con ben il 66% di incre-

mento rispetto a febbraio. Segue l’India

a poche lunghezze di distanza, 62%. Sul

podio ci finisce anche la Spagna, con un

più mite aumento del 50%.Gli altri Paesi

scendono gradualmente ma non si allon-

tanano troppo dalla Spagna, con il Regno

Unito e gli USA al 43% e al 41%. Stesso in-

cremento anche per la Francia, mentre la

Germania stampa un incremento del 36%.

Solo il 17% per la Russia. Per questi dati

bisogna però anche considerare la par-

tenza della quarantena diversa per Pae-

se, con la Russia, per esempio, che l’ha

cominciata alla fine di marzo. L’Italia è pri-

ma anche nell’aumento del traffico verso

i siti di pirateria informatica, quindi del sof-

tware. Un 41% fatto segnare dal Belpaese,

seguito dal 32% dei vicini spagnoli. La pi-

rateria televisiva è cresciuta molto meno,

rispetto a cinema e software, soprattutto

perché questo tipo di accessi è legato a

doppio filo con gli eventi sportivi, ridotti al

lumicino in questo periodo storico, se non

azzerati del tutto. Infatti, MUSO ha rilevato

un calo del 49,10% nelle visite globali ai

siti che trasmettono illegalmente le diret-

te sportive.

MERCATO L’Italia è prima in classifica tra i Paesi che accedono ai siti pirata durante l’epidemia

La quarantena spinge l’Italia alla pirateria L’aumento è del 62% per i contenuti cinematografici. Pirateria informatica aumentata del 42%

Estratto dai quotidiani onlinewww.DDAY.it

Registrazione Tribunale di Milanon. 416 del 28 settembre 2009

e

www.DMOVE.itRegistrazione Tribunale di Milano

n. 308 del’8 novembre 2017

direttore responsabileGianfranco Giardina

editingMaria Chiara Candiago

EditoreScripta Manent Servizi Editoriali srl

via Gallarate, 76 - 20151 MilanoP.I. 11967100154

Per [email protected]

Per la pubblicità[email protected]

MAGAZINE

MAGAZINE

di Paolo CENTOFANTI

Anno su anno, le connessioni fisse in

solo rame in Italia sono diminuite del

21,6% nel 2019 (-2,5 milioni di linee),

scendendo così a una percentuale del

47,2% rispetto alle altre tecnologie dispo-

nibili. A crescere di più sono le connessio-

ni interamente in fibra ottica, la cosiddetta

FTTH (Fiber to the Home), con un deciso

+43,3% anno su anno. È la fotografia rea-

lizzata da AGCOM tramite l’Osservatorio sulle Comunicazioni, che nel primo rap-

porto del 2020 fotografa una situazione sì

in forte mutamento, ma con ancora alcune

costanti: è TIM l’incontrastato leader della

telefonia fissa, con una quota di mercato

“bulgara” del 46,5% e con il più vicino in-

seguitore, Vodafone, solo al 15,3%.

Anche se gli accessi in FTTH costituisco-

no ancora solo il 6,2% del totale, le cose

stanno cambiando. Se andiamo infatti a

vedere come sono le quote di mercato in

base alla velocità delle linee contrattua-

lizzate, emergono dati e tendenze molto

interessanti. L’ex compagnia telefonica di

Stato, infatti, detiene il 50,6% di quota di

mercato nelle linee con velocità inferiori

MERCATO I dati dell’Osservatorio sulle Comunicazioni dell’AGCOM evidenziano il calo delle linee fisse

Telefonia fissa: il rame scende sotto il 50%Il mercato continua a essere dominato da TIM, che però perde terreno nella banda ultra larga

ai 30 Megabit/s, un seg-

mento comunque anco-

ra in crescita del 4,4%, in

cui rientrano sicuramen-

te tutte le linee ADSL.

Ma nei due segmenti

per velocità tra i 30 e i

100 Mbit/s e superiore

ai 100 Mbit/s, notiamo in questo grafico come

la partita sia decisamente più aperta.

TIM perde quote di mercato sull’FTTC,

grazie al maggior focus anche degli altri

operatori sulle linee fibra mista rame e

l’abbandono dell’ADSL, mentre nella fet-

ta sopra i 100 Mbit/s, dove sicuramente

sono comprese anche le linee FTTH e si

registra un’importante crescita del 36,9%

nel numero di accessi con questa velo-

cità, anche Fastweb appare più in diffi-

coltà, con un -3,4%: forse la partnership

con TIM, che vede Fastweb promuovere

l’FTTC rispetto all’FTTH di Open Fiber uti-

lizzata dagli altri operatori, non sta dando

i frutti sperati. Nel 2019 le linee fisse, in-

cluse quelle solo voce, sono diminuite di

695.000 unità, mentre sono aumentate

di 401.000 le linee fisse Internet, dati che

non includono evidentemente gli effetti

delle misure di contenimento dell’epide-

mia. Passando alla telefonia mobile, sono

solo 92.000 le SIM in più attivate nel

2019 rispetto al 2018, una crescita però

sostenuta solo dalle SIM per comunica-

zioni machine-to-machine o solo dati: le

SIM con offerte voce hanno visto un calo

del 3,8%. Il mercato della telefonia mobile

è, come si vede dai numeri, decisamen-

te più equilibrato, con WINDTRE che nel

2019 è stato il primo operatore mobile in

Italia per quota di mercato se conside-

riamo solo le SIM “human”. Iliad ha rag-

giunto nel 2019 una quota di mercato del

6,6% secondo i dati AGCOM.

Page 8: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 8

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

Caro sindaco Sala, cari assessori Cocco e Granelli,

Ho letto con attenzione il documento “Milano 2020 - Strategia di adattamento”. Un buon punto di

partenza che, già dal sottotitolo, si dichiara aperto ai

contributi della città (ci sarà una form online a questo

scopo sin da lunedì 27 aprile, ndr). E noi proveremo a

dare il nostro.

Nel documento ci sono molte lodevoli dichiarazioni di

intenti, ma non leggo le vere strategie di implemen-

tazione per ottenere gli obiettivi preposti, che imma-

gino siano allo studio. Il tema più problematico per

una città come Milano - la mia città - è quello relativo

alla mobilità. Nella situazione in cui siamo, con ancora

molti decessi e 250 nuovi casi ieri solo nel comune

di Milano, lo scenario più concreto è che chi potrà

continuare a lavorare da casa, cercherà di farlo; chi

dovrà invece muoversi, tenderà a privilegiare l’auto o

comunque i mezzi privati. La spinta sulle biciclette a

pedalata assistita e sui monopattini è una buona idea,

ma destinata a depotenziarsi molto con la pioggia o

i primi freddi autunnali, quando molto probabilmente

il virus, sovrapposto all’influenza stagionale, tornerà a

farsi sentire forte. Quello che i cittadini auspicano è di

non andare incontro a eccessivi disincentivi all’utilizzo

della propria auto, almeno in questo frangente com-

plicato: nel piano del Comune non emerge molto da

questo punto di vista.

In questo panorama, la riapertura non può che corri-

spondere anche a un ritorno più importante all’utiliz-

zo dei mezzi pubblici, prima fra tutti la metropolitana.

Utilizzo che non potrà essere di massa, se si vogliono

rispettare i parametri di distanziamento sociale. Leg-

go da organi di stampa (non nel documento del Co-

mune) che si sta pensando a tornelli contapersone;

leggo che le persone dovrebbero spontaneamente

attenersi a cerchi di distanziamento disegnati sul pa-

vimento e occupare i sedili a posti alterni. Lo faranno

certamente se il numero delle persone sui mezzi sarà

sufficientemente basso, ma il sistema salterà se il nu-

mero dovesse superare un certo limite. Certo, si spera

che le strategie di differenziazione degli orari lavora-

tivi possa favorire un ammorbidimento degli orari di

punta. Ma si può veramente contare solo sugli auspici

dell’amministrazione e sul senso civico di tutti?

E se per i mezzi di superficie il problema sembra

meno grave (se non c’è posto a sufficienza, le perso-

ne dovrebbero stare giù, all’aperto e opportunamente

distanziate), non si capisce come si potrebbe gestire

con metodi tradizionali la situazione in metropolitana.

Filtrare in banchina il numero di persone che possono

salire su un vagone creerebbe assembramenti molto

pericolosi negli ambienti chiusi della stazione. Farlo

prima dei tornelli di ingresso, causerebbe inevitabile

MERCATO Il direttore di DDAY.it invia una lettera aperta al sindaco di Milano Beppe Sala e agli assessori alla trasformazione digitale

“Mezzi pubblici: per la fase 2 si usi la tecnologia non solo ordinanze”. Lettera al sindaco SalaNon si metta la salute dei milanesi nelle mani del buon senso. Si metta in campo la tecnologia, che c’è che può fare la differenza

assembramento prima della barriera. Contingentare

gli ingressi fuori dalle rampe di discesa in metropo-

litana significherebbe, oltre che un numero enorme

di “vigilantes”, altre file, forse lunghissime. E le file -

come osserva anche il documento del Comune - sono

da evitarsi il più possibile. Tra l’altro un filtro a monte

della stazione, o comunque prima della banchina, non

consente un vero controllo dei flussi, perché non si

può prevedere con precisione quale direzione pren-

da un viaggiatore o, nelle stazioni di interscambio,

addirittura quale linea. A seconda dei momenti delle

giornata, potrebbero trovarsi direzioni vuote e dire-

zioni eccessivamente piene, oltre i margini di sicurez-

za, senza la possibilità di far altro che bloccare anche

i viaggiatori verso le direttrici scariche.

Leggiamo di alleggerimento del peso sul trasporto

pubblico, ma non vediamo traccia nel documento del

necessario aumento delle corse, senza il quale ci sarà

comunque eccessiva pressione sui mezzi pubblici o, in

alternativa sul traffico veicolare.

Il nostro appello è quello di affidarsi alla tecnologia,

l’unica che può evitare assembramenti a qualsiasi livello

attorno o dentro i mezzi pubblici. Il documento del Co-

mune fa lodevolmente riferimento ad applicazioni per

la gestione delle code e strumenti di heat-mapping. Fa

riferimento, anche - ma solo per quello che riguarda gli

uffici comunali - all’utilizzo dell’app uFirst per la gestione

delle code virutali. Il managing director di uFirst, da noi intervistato, sul tema specifico ha detto purtroppo che

non è stato ancora pensata l’applicazione della loro app

all’utilizzo sui mezzi pubblici.

Noi pensiamo che, seppure sia complesso, l’unica cosa

che garantisca sicurezza sia un biglietto a prenotazione

da acquistare e redimere su smartphone, magari sul-

l’app di ATM se personalizzabile in tal senso; oppure,

in emergenza, anche attraverso un’app di prenotazioni

di terze parti adattata allo scopo. Una prenotazione che

indichi non solo l’orario di ingresso ma anche la stazione

di partenza e quella di arrivo. In questo modo il sistema

potrebbe ottimizzare il carico e garantire alla cittadi-

nanza di organizzarsi per evitare attese all’ingresso sui

mezzi pubblici incompatibili con le esigenze di sposta-

mento. Attese che, se non gestite, si trasformerebbero

in pochi giorni in un aumento esponenziale dell’utilizzo

delle auto private.

Ovviamente un sistema di prenotazione potrebbe ave-

re delle vie prioritarie per le categorie (non troppe, per

favore) che devono spostarsi velocemente, come il per-

sonale sanitario o quello di polizia, per esempio. Certo,

i mezzi pubblici, così facendo, sarebbero preclusi a chi

non ha uno smartphone: si tratta davvero di una spa-

ruta minoranza, un effetto collaterale tollerabile per la

tutela della salute della collettività. Fermo restando che,

proprio come accade con uFirst, le persone senza app

o senza smartphone, potrebbero prenotare il proprio bi-

glietto direttamente in stazione e riceverlo via SMS. Si usi

poi il personale che non sarebbe impiegato nel controllo

delle file e degli accessi, per controlli frequenti sulla pre-

notazione durante gli spostamenti, visto che comunque

del personale atto a controllare il mantenimento della

distanza sociale sarà comunque necessario. O meglio

ancora si vincoli il QRCode del titolo di viaggio all’orario

e alla stazione di ingresso prevista, così da utilizzare per

l’accesso condizionato, i tornelli attuali.

Queste sono poco più di spunti redatti velocemente: si

pensino metodi migliori, che sicuramente ci saranno. Ma

questa volta si vada oltre le ordinanze e la repressione

o le accorate richieste di collaborazione. Si metta in

campo davvero la tecnologia che c’è che può fare la dif-

ferenza: se non lo fa ATM, certamente la municipalizzata

dei trasporti pubblici più avanzata in Italia, non lo può

fare nessuno. Non si metta la salute dei milanesi zelanti

nelle mani del supposto buon senso e senso civico degli

altri cittadini. Sul quale nessuno, neppure lei sindaco e i

suoi assessori, potete mettere la mano sul fuoco.

Un cordiale saluto e un augurio sincero di buon lavoro,

in questo difficile frangente.

Gianfranco Giardina

Page 9: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 9

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

È ormai chiaro che fino a quando non ci sarà un vac-

cino efficace per il coronavirus, la nostra vita sociale

cambierà profondamente. Anche quando verranno

allentate le misure messe in atto per contenere l’epide-

mia, quella che viene definita la fase 2, ci saranno al-

cune regole che dovranno essere rispettate per evitare

di rivedere una crescita esponenziale dei contagi, prima

tra tutte evitare l’assembramento di persone, specie nei

luoghi chiusi. Questo vuol dire ad esempio per i negozi

di ogni ordine e grado ingressi contingentati. Limitare

gli accessi vuol dire però automaticamente il crearsi di

code fuori, che si traduce in assembramenti, perdite di

tempo, frustrazione. La tecnologia però ci viene in aiuto

e contingentare gli accessi in modo intelligente è possi-

bile con tante soluzioni che si stanno affacciando anche

sul mercato italiano.

La coda si fa a casa o in ufficio con lo smartphoneIl primo esempio e già noto ai lettori regolari di DDay.it è

naturalmente quello di uFirst, start-up che è stata tra le

prime ad adattarsi all’emergenza Covid-19 e a proporre

una soluzione per aziende e consumatori.

L’approccio di uFirst, condiviso anche da altre start-up

come Qoda, è quello di virtualizzare la coda, in modo in-

clusivo rispetto a chi non ha uno smartphone, spostando

il tempo di attesa lontano dal punto vendita, sportello o

ufficio pubblico che sia. Il concetto è simile a quello del

classico bigliettino da staccare per il proprio turno, con

la differenza che il numero lo si prende virtualmente via

app o via web e ci si mette in fila da remoto. Quando si

avvicinerà il proprio turno, si riceverà una notifica sullo

smartphone o un SMS che avvertirà che è giunto il mo-

mento di recarsi nel luogo selezionato. La fila è una sola

e vale anche per chi decide di recarsi direttamente in

negozio: il tempo di attesa varia solo in funzione dal nu-

mero che si riceve e chi per primo prende il numero per

prima entra, che sia in fila fisicamente davanti al negozio

o che abbia aspettato altrove.

Qoda al momento è disponibile come web app, raggiun-

gibile all’indirizzo qoda.app e funziona allo stesso modo

di ufirst. In entrambi i casi è possibile prenotare il posto

anche in loco fotografando un QR Code e per chi non

è dotato né di smartphone né di cellulare, l’esercente

potrà prendere il numero per il cliente e consegnarglielo

via SMS o in forma cartacea. Il punto importante di que-

sto modello è che la coda è unica.

Lato esercente, implementare il sistema è molto sem-

plice sia per uFirst che Qoda: si fa tutto via web o app

e basta stampare e rendere ben visibile il QR Code per

le prenotazioni in loco. Occorrerà evidentemente pre-

vedere un servizio di concierge per assistere chi ha

meno dimestichezza con la tecnologia o non è dotato di

dispositivi. A questi servizi stanno aderendo sia piccoli

imprenditori (tabaccherie, panifici, farmacie, etc.) che la

grande distribuzione, con partnership importanti come

Esselunga (ufirst) e Carrefour (Qoda).

Oppure si prenota il proprio slot nella fascia oraria che si preferisceUn’altra soluzione disponibile in Italia è quella realizzata

da ROIALTY srl, del gruppo Maps spa, ZeroCoda. Deri-

vata da un servizio di prenotazioni in ambito sanitario,

ZeroCoda funziona più che come una gestione della

coda, come un vero e proprio servizio di prenotazione

del proprio ingresso in un determinato giorno e orario.

L’approccio di ZeroCoda è infatti quello di eliminare la

coda piuttosto che governarla, dando gli strumenti al-

l’esercente per organizzare la propria giornata: gli slot

possono essere ad esempio orari e andranno specificati

i posti massimi disponibili in ogni fascia. Quando è rag-

giunto il numero massimo, quello slot non sarà più pre-

notabile. L’esercente avrà la facoltà di riservare dei posti

per chi non utilizza il servizio e si presenta direttamente

in loco, su cui avranno comunque precedenza coloro

che hanno prenotato il proprio turno, oppure potranno

aiutare i clienti a prenotare uno slot sulla piattaforma

anche se non sono dotati di smartphone o cellulare.

L’obiettivo di questo approccio è quello di incentivare il

ricorso alla piattaforma al fine di eliminare le code, mo-

tivo per cui gli utenti ZeroCoda avranno la precedenza.

Soluzione simile quella scelta da Coop, i cui associati

hanno introdotto in via sperimentale in alcuni supermer-

cati il servizio Cod@Casa, realizzato in collaborazione

con Sopra Steria e SalesForce. anche in questo caso il

concetto è quello di prenotare l’ingresso su fascia oraria,

con slot che offrono però un numero limitato di ingressi.

Il servizio è disponibile via web app e consente, previa

registrazione, di prenotare da casa il proprio turno nel-

la fascia oraria preferita. Una volta ricevuta la conferma

della prenotazione, basta presentarsi sul supermercato

all’orario concordato per entrare senza fila. Alternativa-

mente, è possibile prenotare il primo turno disponibile

quando ci si trova già in prossimità del supermercato.

Coop garantisce che sarà possibile entrare anche senza

aver utilizzato il servizio Cod@Casa. Ci sono due opzio-

ni, come per il servizio ZeroCoda: chiedere al personale

MERCATO Una cosa è già certa: nella fase 2 bisognerà continuare a mantenere la distanza ed evitare gli assembramenti

Come evitare di fare lunghe code nei negoziEcco tutte le soluzioni già disponibili in Italia Per i negozi di ogni ordine e grado bisognerà contingentare gli accessi ma anche evitare le code. Le soluzioni ci sono, eccole

di prenotare per il primo turno disponibile su Cod@Casa,

oppure mettersi in fila nella coda “normale” e aspettare

pazientemente il proprio turno, sapendo però che chi ha

prenotato ha la precedenza. Cod@Casa è attualmente

in sperimentazione in selezionati supermercati di Coop Lombardia, Coop Liguria e Coop Alleanza 3.0, mentre

UniCoopFirenze ha adottato la sua soluzione indipen-

dente chiamata Salt@LaFila, ma con modalità del tutto

simili a quelle di Cod@Casa.

Quale modalità risulterà più efficiente?Quale dei due approcci fin qui visti è il migliore? La rispo-

sta non è facile, tant’è che le principali catene che hanno

adottato una soluzione di questo o quell’altro tipo, stan-

no ancora sperimentando su un numero ridotto di punti

vendita. Per il modello a prenotazione dello slot orario,

una funzione che comunque il consumatore chiede,

ci sono due ordini di problemi: il bisogno di avere una

doppia coda, per gestire chi si presenta senza l’utilizzo

del servizio da una parte, con mal di pancia dei clienti

annesso, e il fatto che una percentuale X di utenti preno-

tati probabilmente non si presenterà all’appuntamento,

creando così inefficienze nell’allocazione degli slot.

D’altro canto, come il modello a coda unica non è ap-

plicabile a tutte le realtà, visto che studi professionali o

attività come estetisti o parrucchieri, sono già abituati

a lavorare su appuntamento, viceversa piccole realtà

come panettieri, piccole botteghe di alimentari e farma-

cie potrebbero lavorare meglio con il concetto di coda,

ma avranno bisogno di personale in più per gestire chi

non si adegua (per volontà o ragioni anagrafiche) alle

modalità di accesso “digitali”, con conseguenti costi, an-

che se va detto il problema di contigentare gli accessi

rimane comunque. Inoltre la fila virtuale non si vede fuo-

ri dal negozio, ma potrebbe innervosire chi si trova ad

aver davanti 50 persone, anche quando sul posto non

c’è nessuno.

Una cosa è certa, accontentare tutti è impossibile, ma

bisognerà adattarsi se vogliamo superare questo mo-

mento difficile e ognuno dovrà rinunciare a qualcosa.

Cambiare le abitudini e iniziare a utilizzare servizi come

questi, in fondo, è poca cosa rispetto all’obiettivo finale,

debellare il virus.

Page 10: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 10

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di R. Pezzali, F. Aquini, G. Giardina

Sono ormai quattro gli smartphone Huawei sen-

za Google Mobile Services. E a questi inizia ad

aggiungersi anche Honor. Se il Mate XS, da noi

provato, è uno smartphone comunque di nicchia, per il

costo e per il form factor, prodotti come il P40 Lite o il

nuovo Honor 9X Pro sono smartphone caratterizzati da

un ottimo rapporto qualità prezzo se si guarda all’hard-

ware, smartphone “popolari”. Ma sono pure senza Goo-

gle, e non tutti oggi hanno ancora compreso a pieno

quanto pesa questa mancanza.

In assenza di una idea ben precisa sono nate in questi

mesi miti e leggende, come ad esempio che con uno

smartphone senza servizi Google non funzionano i so-

cial network, non si può avere Whatsapp o non si hanno

aggiornamenti. O, per vedere il lato totalmente opposto,

che si può usare uno smartphone privo di servizi Goo-

gle come si usano tutti gli altri smartphone, cosa questa

al momento non vera. La realtà è una via di mezzo, e

abbiamo deciso di tenere questa super “FAQ” con tut-

te le domande che possono venire in mente sui servizi

Huawei che ci sono venute in mente, che andremo ad

abbinare ad ogni prova di dispositivo privo di servizi

Google che uscirà aggiornandolo se ci dovessero es-

sere cambiamenti. Perché, è bene ricordarlo, tutto è in

evoluzione: i Huawei Mobile Services e le applicazioni

che vediamo oggi sono il lavoro di pochi mesi, circa da

settembre dello scorso anno, quando Huawei si è resa

conto che la situazione con Google dovuta alle restri-

zioni del governo Usa non si sarebbe risolta tanto ve-

locemente. E Huawei ha lavorato tanto in questi mesi,

soprattutto a livello locale.

Oggi ogni persona utilizza lo smartphone in modo di-

verso, non c’è un bianco o un nero. Ma leggendo le ri-

sposte a queste domande, e inquadrando la situazione

nel proprio stile di utilizzo, ogni persona può capire se il

MOBILE Gli smartphone Huawei senza servizi Google sono sempre di più.E a questi si aggiungono anche alcuni modelli Honor

Smartphone Huawei senza servizi GoogleEcco 50 domande e risposte utili da sapereL’assenza dei GMS ha scatenato leggende, ecco la guida con tutto quello che bisogna sapere su Huawei, Google e Mobile Services

“no Google” può diventare una soluzione interessante,

anche in ottica privacy, o se proprio è una cosa che non

fa per lui.

INSTALLAZIONE DEL DISPOSITIVOPosso migrare i dati dal mio vecchio iPhone?Si, con l’applicazione Phone Clone, disponibile sia per

iOS che per Android, basta inquadrare il codice gene-

rato dal nuovo smartphone Huawei per iniziare la fase

di trasferimento dei dati. In questo modo si possono tra-

sferire i contatti, gli appuntamenti del calendario, foto e

video. Non verranno trasferite le applicazioni.

Posso migrare i dati dal mio vecchio smartphone Android?Si, esattamente come per iOS, basta scaricare l’app sul

vecchio telefono Android per accoppiare i due disposi-

tivi al volo. La differenza è che da un telefono Android

possono essere clonate molti più dati, come i documen-

ti e le applicazioni presenti. Da segnalare che verranno

trasferite TUTTE le applicazioni presenti sul vecchio

telefono, e fatta eccezione per le app che usano e si

appoggiano ad alcuni componenti di Google come le

Mappe o l’autenticazione le applicazioni funzioneranno

senza problemi. Dalle prove che abbiamo fatto il 75%

circa delle applicazioni importate dal vecchio telefono

Android con servizi Google al nuovo telefono Huawei

senza servizi Google funzionerà.

Posso sincronizzare la mia rubrica dei contatti nel cloud?Il cloud di Huawei funziona in maniera molto simile a

iCloud di Apple: accedendo dal sito web https://cloud.

huawei.com/ col proprio account, si possono gestire da

browser i contatti, le note, le foto, le registrazioni audio,

l’archiviazione dei file e il “trova telefono”. Nella sezio-

ne relativa ai contatti è possibile importare i contatti in

formato standard vcf, che è possibile esportare da qual-

siasi altro servizio di sincronizzazione dei contatti come

quello di Google, Apple, Microsoft, ecc.

Come faccio a trasferire gli appuntamenti che avevo nel calendario?Uno dei pochi sistemi più semplici e efficaci per utilizza-

re il calendario di Google che si era abituati a consultare

sul vecchio smartphone Android è quello di utilizzare

Outlook di Microsoft come client di posta. L’app è dispo-

nibile sugli store alternativi e permette la configurazione

di un account Google tramite autenticazione web. Basta

assicurarsi di avere installato anche Chrome, il browser

di Google. Oltre alle email di Gmail, Outlook include un

calendario perfettamente sincronizzato con Google Ca-

lendar, risolvendo in un colpo solo il problema di email e

calendario per chi usa un account Google.

Esiste una funzione per ritrovare il mio dispositivo se lo perdo o se me lo rubano?Huawei dispone della funzione “Trova Telefono”, che è

accessibile tramite browser all’indirizzo cloud.huawei.

com. Per attivarlo sul dispositivo che si desidera monito-

rare, basta andare su Impostazioni > Accesso a HUAWEI

ID > Cloud e attivare “Trova telefono”. Il sistema funziona

in modo del tutto simile a quello di Apple o Google: una

volta attivata la localizzazione, nel caso di smartphone

smarrito, autenticandosi sul portale https://cloud.huawei.

com/ si potrà accedere alla cronologia degli spostamen-

ti, bloccare lo smartphone da remoto oppure cancellare

interamente il contenuto.

Come faccio a spostare tutti i preferiti di internet dal mio vecchio telefono?Purtroppo, ad oggi, se si vuole usare il browser Huawei

importare i preferiti da un browser all’altro è un’opera-

zione molto complicata, se non impossibile. Un sistema

ufficiale non esiste. Pur potendo installare Chrome, in-

fatti, non si può effettuare il login con il proprio account,

passaggio fondamentale per poter accedere ai propri

segue a pagina 11

Page 11: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 11

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

siti preferiti. Tuttavia se al posto di usare il browser

Huawei si installa Firefox (o Edge), che funziona benis-

simo ed è un browser eccellente, si può usare Firefox

Sync, la funzione che permette la sincronizzazione tra

diversi dispositivi di cronologia, password e bookmarks.

Se si apre Firefox da Desktop e si importano in Firefox

i bookmarks di Chrome, o di Microsoft Edge, tramite

Firefox Sync tutti i preferiti verranno automaticamente

sincronizzati anche con i browser sullo smartphone.

Posso accedere alla mia posta Gmail?Accedere a Gmail è possibile senza troppi problemi tra-

mite Browser, se si vuole utilizzare la maggior parte di

funzionalità tipiche di Gmail. Oppure si può configurare

la propria Gmail direttamente sul client Email di Huawei.

Ovviamente non sarà disponibile la funzione push, ma

configurando il controllo delle email automatico ogni 15

minuti non se ne dovrebbe sentire troppo la mancanza.

I migliori client di eMail disponibili per Android funziona-

no senza alcun problema:

Blue Mail: funziona

Microsoft Outlook: funziona

Esiste un sistema di backup?Il backup di uno smartphone Huawei può essere fatto

in due modi: nel cloud, sfruttando Huawei Cloud e abi-

litando il backup dalle impostazioni. Oppure in locale,

sfruttando HiSuite, un’applicazione disponibile sia per

Windows che per Mac, con la quale sincronizzare file e

foto col computer e effettuare backup locali.

Lo smartphone verrà aggiornato?Uno smartphone Huawei con HMS riceverà ogni mese

tutti gli aggiornamenti di sicurezza come ogni smar-

tphone Android. Huawei è molto attenta nel rilascio

degli update. Sotto questo profilo non devono esserci

preoccupazioni.

L’aggiornamento del sistema operativo è una cosa

totalmente diversa, ma anche per questo non dovreb-

bero sussistere grossi problemi. La EMUI di Huawei è

basata su Android e ha una sua roadmap di sviluppo,

che prevede aggiornamenti globali come se fosse un

sistema operativo dedicato. Quando uscirà Android 11,

a settembre, verrà rilasciata la versione modificata da

Huawei EMUI 11 e verrà resa disponibili sui dispositivi

compatibili.

Devo fare qualche account particolare?Per sfruttare le funzioni di sincronizzazione nel cloud

di contatti, note, impostazioni dello smartphone, pas-

sword Wi-Fi e foto, è necessario creare uno HuaweiID,

un account unico con cui sarà possibile accedere a tutti

i servizi di Huawei, compreso AppGallery, lo store per

scaricare le applicazioni in maniera nativa e ufficiale.

C’è un’applicazione per la salute?Huawei ha la propria app dedicata alla salute. Si chiama

Huawei Health e permette di fare tutto quello che fanno

le altre con qualche piccola aggiunta. Huawei infatti ha

dalla sua il vantaggio di poter contare su diversi dispo-

sitivi indossabili a catalogo (smartwatch, sportwatch e

fitband), quindi l’app non funziona solo da collettore di

dati biometrici (come il contapassi, la frequenza cardia-

ca, il peso o il sonno), ma funziona come una completa

app di monitoraggio dell’attività fisica, in grado di moni-

torare corsa all’interno e all’esterno, passeggiata, peda-

lata e allenamento. Il tutto raccogliendo i dati anche dai

wearable di casa.

INSTALLAZIONE DELLE APPLICAZIONIPosso installare i servizi Google?Esistono diversi metodi per provare a installare in modo

“non ufficiale” i servizi di Google. Ma è una soluzione

che non suggeriamo di percorrere per diversi motivi. Il

primo è che non è autorizzato, sarebbe come installare

software senza averne la licenza d’uso e il secondo è

che i metodi non sono tutti sicuri e certificati, si corre

un rischio a livello di sicurezza. I dispositivi senza servizi

Google nascono per essere usati senza e così dovreb-

bero essere utilizzati.

Posso scaricare le app dal Play Store di Google?No, il Play Store di Google non è disponibile e non fun-

ziona neppure se viene scaricato da store “alternativi”.

Dove posso scaricare le app?AppGallery è lo store ufficiale delle applicazioni Huawei.

Il numero delle applicazioni presenti è in crescita anche

se quasi sicuramente non riuscirà mai a soddisfare le

esigenze di tutti, mancano molte applicazioni. Per sop-

perire alle mancanze esistono altri store alternativi, e tra

questi suggeriamo sicuramente Amazon AppStore, che

oltre ad avere le app di Amazon ha anche un catalogo

ricchissimo di giochi e di applicazione multimediali.

Esistono poi una serie di altri posti dove reperire app,

ma ci sentiamo di suggerirne solo uno, ApkPure. Qui è

possibile trovare il 90% delle applicazioni gratuite dispo-

nibili per Android, c’è un client completo, gestisce gli ag-

giornamenti delle app e non richiede autenticazione.

Le app sono sicure o rischio qualcosa?Le app scaricate da AppGallery, da Amazon AppStore o

da ApkPure sono sicure. I primi due sono Store ufficiali

e le app vengono controllate periodicamente. Si deve

tenere presente, tuttavia, che niente al giorno d’oggi è

sicuro al 100%, e anche Google ha avuto sul suo store

diversi problemi di malware e sicurezza.

ApkPure è un discorso a parte: è un repository di app

gestito da terzi, ma le applicazioni sono esattamente

le stesse presenti su Play Store: la verifica della firma

digitale tra i file permette di avere la certezza al 100%

che l’app non sia stata modificata rispetto a quella che

si scarica usando il Play Store di Google. Quindi anche

ApkPure è sicuro al 100%.

Si possono acquistare applicazioni?Huawei AppGallery permette l’acquisto di applicazioni

a pagamento. Al momento, però, abbiamo trovato solo

qualche applicazione “premium”, soprattutto giochi.

Le altre app disponibili, quasi la totalità, sono gratuite

con pubblicità oppure hanno in-app purchase, ovvero

la possibilità di acquistare la versione a pagamento dal-

l’app gratuita una volta installata.

Se ho già acquistato app per Android posso usarle?Se le applicazioni erano sul vecchio smartphone e sono

state migrate con Phone Clone potrebbero funzionare

nella versione completa. Nel caso di applicazioni dove

è stato fatto un acquisto in-app usando l’account di

Google non sarà possibile ripristinare l’acquisto. Caso

diverso invece per i sistemi dotati di un account diverso,

come ad esempio i giochi: se una persona ha acquistato

oggetti su Fortnite li troverà anche installando Fortnite

su un nuovo smartphone Google. E lo stesso vale anche

per le alter piattaforme svincolate dall’account Google,

con un proprio sistema di acquisto e transazione.

Posso usare in qualche modo le applicazioni di Google?Le applicazioni di Google che dispongono di versione

“web”, praticamente il 90%, possono essere utilizzata

nella loro versione mobile da browser. E può anche es-

sere creato un collegamento per accedere facilmente a

questa versione. Queste versioni hanno tuttavia alcuni

limiti: Youtube, ad esempio, non permette di caricare i

video proprio perché Google non ha previsto questa

possibilità quando si usa YouTube tramite browser.

segue a pagina 12

MOBILE

Le 50 cose da sapere sugli smartphone Huawei senza servizi Googlesegue Da pagina 10

Page 12: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 12

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Si può ovviare alla cosa, richiedendo la versione “de-

sktop”: in questa modalità Drive, YouTube e tutte le app

hanno piene funzionalità. Ma l’interfaccia a schermo è

piccola e molto difficile da gestire, è più una soluzione

per Tablet che per Smartphone.

INTERNET E SOCIALQuali app posso usare per fare videochiamate e videoconferenze?Su questo fronte non c’è che l’imbarazzo della scelta.

Una delle app più popolari del momento, Zoom, è di-

sponibile dal sito ufficiale, esattamente come Whatsapp,

e permette comunque le chiamate video facili e veloci.

Senza considerare tutti i social che permettono di fare

dirette o chiamate video come Facebook Messenger.

Quest’ultima però, come la popolare Skype, va scaricata

dagli appstore alternativi come o ApkPure. A breve ar-

riverà anche la soluzione integrata di Huawei chiamata.

MeeTime. Ecco il dettaglio di quello che funziona e di

quello che invece al momento non funziona:

Skype: funziona

Facebook Messenger: funziona

Google Duo: non funziona

Microsoft Teams: funziona

Zoom: funziona

Cisco Webex: funziona

Ci sono giochi adatti ai ragazzi?L’offerta di giochi su AppGallery è davvero vasta. Trova-

re app dedicate ai più giovani è semplice: basta entrare

nella sezione Giochi e scrivere nella ricerca “bambini”,

oppure selezionare “Categorie” ed entrare direttamen-

te nella categoria “Bambini” per trovare decine di app

dedicate ai più piccoli.

Bisogna però fare attenzione a cosa si scarica.

Essendo un app store abbastanza recente, è normale il

prolificare di app finte, false, che tentano di ingannare

l’utente imitando lo stile o il nome di app ufficiali. Anche

se queste fake-app sono presenti su tutti gli store, biso-

gna fare particolare attenzione a quelle per i bambini,

che possono nascondere qualche sorpresa spiacevole.

Posso usare il browser Chrome? Che alternative ci sonoOvviamente Chrome non è preinstallato su uno smar-

tphone HMS, dato che si tratta del browser facente par-

te della suite Google. Ma in realtà si può tranquillamente

installare il browser Google semplicemente da APKPu-

re. Ovviamente, però, non è possibile fare login con il

proprio account Google e importare quindi preferiti e

preferenze da altre installazioni di Chrome; le funzioni

di browser sono però complete.

Le alternative sono diverse: innanzitutto il browser prein-

stallato in HMS. Si chiama semplicemente “browser” e

permette di fare login con il proprio account Huawei e

mantenere allineati preferiti, password e cronologia.

Non mancano poi altri browser, come per esempio l’ot-

timo Kiwi Browser, una specie di clone di Chrome, scari-

cabile direttamente dall’AppGallery ufficiale. Per quanto

riguarda il browser noti ecco invece cosa funziona e

cosa no.

Firefox: funziona

Microsoft Edge: funziona

Chrome: funziona ma senza login

DuckDuckGo: funziona

Brave Browser: funziona

Funziona Facebook?

L’app di Facebook non si trova all’interno dell’AppGalle-

ry ufficiale, anche se vi si può trovare una sorta di “meta-

app”: si tratta di un puntatore a una APK di Facebook

ufficiale e perfettamente funzionante (la meta-app si

chiama Facebook Official Link). Si installa e si ha così via

libera sul social di Mark Zuckerberg.

Funziona Whatsapp?Anche WhatsApp, come molte altre app importanti, è

disponibile su AppGallery tramite un link al sito ufficiale,

dove sarà possibile installare l’ultima versione della po-

polare applicazione di messaggistica.

Posso trasferire le mie chat di Whatsapp da un altro telefono Android?Come sa bene chi è già passato da iOS a Android o

viceversa, WhatsApp di base fa il backup delle chat su

iCloud nel caso di iOS e Google Drive nel caso di An-

droid. C’è però un’altra possibilità che WhatsApp stessa

cita sul proprio sito ufficiale. Consiste nel fare un backup

locale dal vecchio telefono Android, basta deseleziona-

re il backup su Google Drive, e trasferire il backup sul

nuovo smartphone Huawei. In seguito, dopo aver pulito

completamente la cronologia delle conversazioni sul

nuovo smartphone, sarà possibile ripristinare il backup

locale.

Funziona Instagram?Instagram non è disponibile, almeno per ora, sull’app

store ufficiale di Huawei. È possibile però recuperarlo

da Amazon AppStore dove si può trovare l’ultima ver-

sione perfettamente funzionante.

LE ALTERNATIVE ALLE APP DI GOOGLEPosso usare Google Maps? E che alternative ci sono?Ovviamente uno smartphone HMS non arriva con Goo-

gle Maps precaricato, come gli altri Android. Ma non è

un grosso problema caricarlo. La versione di Google

Maps disponibile su Aptoide appare essere stabile su

device HMS e funziona egregiamente.

Ovviamente non si può fare login con il proprio account

Google, ma nel caso specifico di questa app, non ci

pare un grande problema.

Ci sono in ogni caso delle ottime alternative, a partire

da Maps.me: questa app eccellente è disponibile diret-

tamente nell’AppGallery Huawei e funziona molto bene,

con tanto di possibilità di scaricare le mappe in locale,

cosa molto utile se si va in aree fuori dal roaming zero o

se comunque non si vogliono consumare dati dal piano

mobile. Sempre nel’AppGallery ufficiale c’è HERE WeGo,

molto ben funzionante. Per gli appassionati wazer c’è

anche Waze, che va scaricata dal market APKPure ed è

completamente funzionante. Per i movimenti con i mez-

zi pubblici, anche Movit funziona bene ed è disponibile

direttamente nell’AppGallery ufficiale.

Posso usare Youtube? E quali sono le alternative?Youtube, come altri servizi Google, non è disponibile

segue a pagina 13

MOBILE

Le 50 cose da sapere sugli smartphone Huawei senza servizi Googlesegue Da pagina 11

A sinistra Maps.me; a destra una schermata da HERE, la app di mappe che fu di Nokia.

Page 13: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 13

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

come app nell’AppGallery ufficiale e non è funzionante

sugli smartphone HMS. Ma il servizio Youtube è per-

fettamente funzionante nel browser. Per chi trovasse

scomodo l’utilizzo nel browser, ci sono anche soluzioni

più furbe. Un esempio è l’app Video For Youtube che si

può scaricare dallo store di Amazon: di fatto si presenta

come un’app ma non fa altro che incapsulare all’interno

dell’app la navigazione Web di YouTube. Il risultato è as-

solutamente credibile ed è anche possibile autenticarsi

con un account Google.

Ci sono anche delle app specifiche per tenere YouTube

attivo in overlay, utili per ascoltare la musica dal servizio

di streaming Google, mentre si fa dell’altro: noi abbia-

mo provato Youtube background player che si trova

nell’AppGallery e, malgrado qualche pubblicità di trop-

po funziona correttamente (anche se una volta caricata

cambia nome in Minimizer for Youtube).

Ma forse la migliore app in assoluto da questo punto di

vista è YouTube Vanced, che è anche meglio dell’app

originale di Google: funziona in background e senza

pubblicità, e funziona anche la funzione chromecast per

interfacciarsi a TV e chiavette compatibili.

Dove posso salvare le fotografie nel cloud senza Google Photo?Gli smartphone Huawei possono sincronizzare auto-

maticamente la libreria di foto con il cloud Huawei. Per

farlo basta abilitare la sincronizzazione dall’App Galleria,

oppure dalle impostazioni, all’interno del menù dedicato

a Huawei Cloud. Lo spazio occupato andrà a erodere i

5GB totali forniti gratuitamente, che saranno espandibili

successivamente tramite l’acquisto di tagli aggiuntivi da

50GB, 200GB o 2TB.

Oltre al servizio di Huawei, integrato direttamente al-

l’interno del sistema, si possono utilizzare sempre i ser-

vizi di terze parti che permettono di sincronizzare nel

cloud le foto e i video della propria galleria. Parliamo di

OneDrive di Microsoft, Dropbox, Amazon Photo oppu-

re Flickr. Servizi che permettono di avere foto e video

sincronizzate istantaneamente e che offrono, chi più chi

meno, spazio gratuito espandibile a pagamento. Tutte

le app citate sono disponibile su store di terze parti e

funzionano.

Dove posso salvare i file in cloud senza Google Drive?L’alternativa ufficiale di Huawei si chiama Huawei Drive

e offre 5GB di spazio gratuito per memorizzare qualsia-

si tipo di documento. Si può accedere sia da web che,

molto più semplicemente, dall’app Gestione File, che

gestisce sia i file locali che nel cloud. Anche nel caso

della sincronizzazione dei documenti nel cloud, oltre alla

soluzione Huawei, si possono utilizzare quelle fornite da

terzi come OneDrive di Microsoft, DropBox e Amazon

Cloud Drive. Ma ce ne sono tanti altri, sempre disponibili

sugli store di terze parti, come Box, Mega e molti altri.

C’è una alternativa a Google Play Giochi per memorizzare i progressi?Il servizio di Google che memorizza i progressi dei gio-

chi e i punteggi mettendo in competizione i giocatori tra

loro, è parte integrante del Play Store di Google. Pertan-

to è difficile trovare un’alternativa di terze parti. Almeno

fino a quando Huawei non deciderà di proporre un’al-

ternativa fatta in casa.

FRUIZIONE DEI CONTENUTIPosso ascoltare la musica in streaming?Sul sistema HMS di Huawei la musica non manca di

certo. I più popolari servizi di musica in streaming sono

disponibili senza difficoltà, senza escludere neppure

Google Music, che è possibile utilizzare tramite browser.

Per chi però preferisce l’app, ed è facile capirne il moti-

vo, si può optare per Tidal, presente nello store ufficiale

di Huawei, così come Spotify, che è presente in App-

Gallery con un link per scaricare il file apk da apkpure.

com. Sfogliando gli app store di terzi, infine, non manca

nemmeno l’alternativa americana di Apple Music. C’è

anche la soluzione Huawei, ovvero Huawei Music: i bra-

ni presenti sono praticamente gli stessi degli altri servizi

di streaming.

Ecco il dettaglio di quello che funziona e di quello che

invece al momento non funziona:

Spotify: funziona

Deezer: funziona

Tidal: funziona

Google Music: non funziona

Youtube Music: non funziona

Apple Music: funziona

C’è un’app per ascoltare i podcast?

Oltre alla già citata Spotify, che da qualche mese include

una ricca libreria di podcast, su AppGallery c’è un’ampia

scelta di app dedicate all’ascolto di podcast. Come Dee-

zer, Podcast Go, Castbox e Podcast Addict.

Posso ascoltare gli audiolibri?Per tutti quelli che amano ascoltare un audiolibro men-

tre svolgono faccende in casa o lavano la macchina, su

AppGallery di Huawei è presente Storytel, un servizio in

abbonamento che offre un ottimo assortimento di au-

diolibri in italiano. Per Audible invece, il servizio di audio-

libri in abbonamento di Amazon, è necessario rivolgersi

agli app store di terze parti.

Su Amazon AppStore è possibile scaricare senza diffi-

coltà Audible che, oltre a un’ottima scelta di audiolibri in

italiano, ha anche una buona quantità di esclusive.

C’è un’applicazione per leggere libri in formato eBook?Anche chi ama leggere sullo smarpthone o sul tablet ha

solo l’imbarazzo della scelta. Sono moltissime le app su

AppGallery che consentono di leggere gli ebook in tutti

i formati, senza dimenticarsi che Google Libri, da brow-

ser, è facilmente utilizzabile senza particolari limitazioni.

Ma se è a Kindle di Amazon che siete legati, allora non

rimane che scaricare la versione dell’applicazione su

Amazon AppStore.

Posso ascoltare la radio?La radio resta ancora l’intrattenimento preferito, so-

prattutto quando si è in mobilità. Su uno smartphone

Huawei HMS la radio si ascolta in streaming, grazie alle

tante app disponibili sull’AppGallery Huawei. Come per

esempio l’app di Radio 105 o quella di Virgin Radio.

Ma ancora più completa e comoda è l’app Radio FM: si

tratta di una directory di radio da tutto il mondo, orga-

nizzate per paese. Le emittenti italiane disponibili sono

oltre 1300. Meno bene fa l’app Radio (la prima listata cer-

cando “radio” nell’AppGallery, funzioni simili) che però

è caratterizzata da formati pubblicitari eccessivamente

invasivi. Si possono comunque caricare anche le app

ufficiali delle diverse emittenti, anche se non listate in

AppGallery. Per esempio su APKPure è facile trovare

app di tutte le principali radio, perfettamente funzionanti

(qui sotto Radio Deejay e Radio 24).

Funziona Netflix?La situazione di Netflix è un po’ ingarbugliata. Infatti non

su tutti i device HMS funzionano correttamente le build

di Netflix facilmente reperibili. Per il P40 Pro e il P40 Lite

Netflix funziona senza alcun problema scaricandolo da

ApkPure, mentre su un Mate 30 l’unica versione stabile

e funzionante che abbiamo trovato, non è reperibile su

un market ma solo a questo link. Va detto che que-

sta versione, però, non riceve stream in HD ma solo in

standard definition perché manca la certificazione dei

sistemi di protezione DRM. Al momento sui dispositivi

segue a pagina 14

MOBILE

Le 50 cose da sapere sugli smartphone Huawei senza servizi Googlesegue Da pagina 12

A sinistra Waze, a destra un itinerario con i mezzi pubblici calcolato con Movit.

Page 14: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 14

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Huawei i servizi in streaming vanno in SD e non in alta

definizione.

Funziona Amazon Prime Video?Sì, funziona bene e va scaricata dall’appstore Ama-

zon.

Funziona Disney+?L’app di Disney+ non è disponibile nello store ufficiale

Huawei, ma si trova correntemente in altri store. L’ab-

biamo scaricata da Aptoide e funziona correttamente.

Posso usare RaiPlay? E Mediaset Play?RaiPlay funziona perfettamente ed è direttamente

disponibile nell’appGallery ufficiale. Mediaset Play,

come app, invece non è compatibile, ma può essere

fruita con successo via Web.

Funziona Chromecast?Chromecast è una piattaforma che fa parte del siste-

ma Google e non dovrebbe funzionare senza i Google

Play Services, tuttavia alcune applicazioni come You-

tube Vanced gestiscono anche Chromecast.

BANCHE E PAGAMENTIFunzionano le app della banca?Sono molte le app bancarie disponibili dopo il

download dagli app store alternativi. Alcune di queste

sono presenti anche su AppGallery con un link che ri-

porta all’home banking in versione web, per altre biso-

gna rivolgersi al consueto file apk da installare. Fatto

questo, l’operatività sarà completa. Non è sicuro che

tutte le app funzionino, ma per quelle che noi abbiamo

provato non abbiamo avuto problemi di sorta.

Se le banche hanno poi già implementato all’interno

dell’applicazione il protocollo PSD2 voluto dall’Unio-

ne Europea da una sola app delle banche è possibile

controllare i conti presenti su altre banche. Utilizzando

ad esempio l’app di Banca Sella, che funziona, trami-

te PSD2 si possono controllare anche gli altri conti di

altre banche come Unicredit. Non è ancora attiva la

parte dispositiva, ma arriverà a breve.

Tra quelli testati e risultati funzionanti sono i seguenti:

CheBanca - funziona

Intesa - non funziona

BNL - funziona

Fineco - funziona

Webank - funziona

Widiba - funziona

Mediolanum - funziona

MPS - funziona

In qualche caso, come per l’app di Sella, viene visua-

lizzato un messaggio di errore per la mancanza dei

Google Play Services, ma poi si riesce a utilizzare l’app

senza grosse difficoltà. Intesa invece, utilizzando l’apk

da AppToide, smette immediatamente di funzionare.

Posso memorizzare biglietti e carte fedeltà sullo smartphone?Chi è abituato a utilizzare un wallet digitale sul proprio

smartphone può stare tranquillo: anche se ancora pri-

vo della funzione Huawei Pay, che permette di memo-

rizzare una carta di credito e pagare direttamente con

lo smartphone, Huawei wallet permette di memorizza-

re al proprio interno biglietti e carte fedeltà. L’app non

è preinstallata e va aggiunta tramite App gallery.

In alternativa è disponibile su App gallery anche la po-

polare Stocard che, oltre a memorizzare le carte fedel-

tà, propone le offerte dei principali negozi della zona.

Si può accedere alle app della banca via web?Se la banca mette a disposizione un home banking

in versione web anche da smartphone, allora non c’è

alcun motivo per cui non debba funzionare su uno

smartphone con sistema HMS. Anzi, alcune di queste,

come Unicredit, Sella o Hype, sono disponibili diretta-

mente su App Gallery con un link alla versione web.

UNO SGUARDO AL FUTUROCosa può cambiare in futuro?La situazione sicuramente è destinata a migliorare,

con un numero di applicazioni sempre maggiori pub-

blicate su AppGallery. Che deve necessariamente es-

sere migliorato. Potrebbero arrivare anche le app di

Google: nessuno impedisce a Google di pubblicare le

applicazioni del suo ecosistema, come Google Drive o

Google Maps, su uno store diverso dal suo. Lo ha già

fatto per iOS, potrebbe farlo anche per Huawei. Trat-

tandosi di app gratuite non si andrebbe a infrangere

alcun divieto da parte dell’Amministrazione Usa.

La cosa certa è che Huawei andrà comunque avanti

con la sua strategia, che è molto simile a quella di Ap-

ple: costruire un ecosistema di servizi legati al suo ac-

count, al HuaweiID, e non all’account di Google come

invece accade sugli altri smartphone Android. Alcuni

pezzi già ci sono, come il Cloud, il Backup, il Trova

Telefono, altri devono ancora arrivare. Come abbiamo

scritto tutto questo è il frutto del lavoro di soli 6 mesi.

Quali saranno i principali limiti che incontrerò?Il vero limite di questa soluzione è l’attesa per le app:

si deve aspettare che vengano caricate. Il 70% delle

applicazioni, se scaricate da ApkPure, ma su ApkPure

non vengono caricate subito. Esce un nuovo gadget

connesso? C’è l’app per iOS e per PlayStore, ma non

si trova subito su ApkPure o su AppGallery.

Esce una nuova app, come ad esempio quella per i

pagamenti della pubblica amministrazione uscita nei

giorni scorsi? C’è l’app per iOS e per PlayStore, ma

non c’è subito per Huawei. Applicazione che è anche

compatibile, l’abbiamo provata, ma gli sviluppatori

non hanno pensato di caricarla anche su AppGallery.

E’ un meccanismo che si deve oliare: mentre con il

Play Store si ha la certezza che ogni applicazione in

uscita, sia un servizio o l’app per gestire un prodotto,

sarà presente, questa certezza con AppGallery ancora

non c’è. Ma le cose stanno cambiando: AllertaLOM è

disponibile da oggi, e le app istituzionali che usciran-

no nell’ambito dell’emergenza Covid saranno a breve

disponibile.

Lo posso comprare senza problemi?La risposta a questa domanda crediamo di averla data

con tutte le domande poste sopra. Ogni persona,

come abbiamo detto, usa lo smartphone in modo di-

verso. C’è chi potrebbe considerare limitante la neces-

sità di cercare le app in diversi store, o di non essere

certo che il 100% delle app funzionino, e c’è chi invece

potrebbe usare lo smartphone senza alcun problema

perché l’utilizzo che ne fa non è così intenso.

MOBILE

Le 50 cose da sapere sugli smartphone Huawei senza servizi Googlesegue Da pagina 13

Page 15: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 15

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Roberto PEZZALI

M otorola punta in alto, e torna nel segmento pre-

mium. Aveva sfondato il muro dei 1000 euro

con Motorola RAZR, ma era uno smartphone

particolare con lo schermo pieghevole, abbatte nuova-

mente la barriera dei 1000 con Edge+, 1.199 euro per la

precisione. Tanto, tantissimo per un brand che ha una

storia gloriosa ma negli ultimi anni ha lavorato solo nel

segmento fascia media.

Motorola edge+ ha però tutto quello che oggi si chiede

ad uno smartphone di fascia alta: è compatibile con le

reti 5G e, grazie alla progettazione americana, è com-

patibile anche con il millimiter Wave.

Edge+ si basa sul processore Qualcomm Snapdragon

865, ha 12 GB di memoria DDR5 e 256GB di memoria

UFS 3.0. La parte modem (single SIM) è quella proba-

bilmente più curata, la progettazione degli smartphone

Motorola viene ancora fatta nei laboratori di Chicago e

questo ha spinto l’azienda a creare uno smartphone 5G

compatibile sia con le reti sub6 sia con le reti mmWave.

Lo schermo è da 6.7”, un AMOLED FHD+ con frequenza

di refresh che raggiunge i 90 Hz, e il nome Edge deriva

proprio dallo schermo che oltre ad essere un tirato 21:9

è anche curvato ai bordi.

Motorola parla di larghezza contenuta, uno smartphone

21:9 curvo ai bordi è necessariamente molto stretto, e

questo dovrebbe agevolare l’ergonomia. Detestiamo

gli schermi curvi, ma secondo l’azienda grazie a Edge

Touch lo schermo curvo diventa un modo nuovo per

interagire con il dispositivo: il passaggio tra un’app e

un’altra e la gestione delle notifiche vengono gestite

toccando i bordi. Bordi che funzionano anche come

sistema di notifica: a telefono spento si illuminano per

mostrare lo stato di carica della batteria, le chiamate in

arrivo, le sveglie e appunto le notifiche.

Motorola ha pure pensato di usare il bordo superio-

re per aggiungere pulsanti da gioco touch usando lo

smartphone ruotato di 90°, un po’ come i trigger dei

gamepad da gioco.

Dovrebbe essere molto curato l’audio: si parla di “tec-

nologia fornita da Waves, premiata con il Technical

GRAMMY Award, nata in studi di registrazione e utiliz-

zata da ingegneri del suono, produttori di musica e di

film” e promette di “portare le performance acustiche

di livello professionale direttamente sugli altoparlanti di

uno smartphone, come mai fatto prima d’ora”. Una pro-

va dirà quanto è fumo e quanto è arrosto.

Il reparto fotocamere è composto da tre sensori: il

principale è il 108 megapixel Samsung, obiettivo f/1.8,

0.8μm per pixel, pixel binning a 1.6um e 1/1.33” di dimen-

sioni. Lo stesso sensore usato sul Mi 10 Pro Xiaomi, un

sensore stabilizzato, che riprende anche video a 6K

e 30 fps: Motorola ha probabilmente rinunciato all’8K

per aggiungere un po’ di stabilizzazione elettronica. Il

secondo obiettivo è il super wide con macro, 16 mega-

pixel (f/2.2, 1.0μm): l’angolo di campo è di 117°, dovrebbe

essere un 15mm circa. C’è poi il tele, 8 megapixel, f/2.4,

1.0μm come pixel size e 85 mm equivalenti, un 3x. Oltre

al 6K, sul fronte video, Motorola promette una stabiliz-

zazione impeccabile e una modalità video portrait che

aggiunge l’effetto bokeh ai video. Grandissima la bat-

teria, 5000 mAh, con ricarica wireless e ricarica rapida

a filo. Tra le altre caratteristiche si segnalano il Wi-fi 6,

la presenza del jack audio, la camera frontale da 25MP

(f/2.0, 0.9μm) anche lei quad pixel e il sensore Time of

Flight, sul retro.Le dimensioni sono pari a 161.1 x 71.4 x

9.6mm, il peso di 200 grammi; la scocca, vetro e allu-

minio, è waterproof ma da nessuna parte si cita l’IP68,

solo un generico “Water Repellent Design”.

Il sistema operativo è Android 10 stock arricchita con

MY UX, che assicura una minima personalizzazione

senza però stravolgere l’esperienza di Android. Moto-

rola edge+ sarà disponibile in Italia da maggio a partire

da 1.199,99 € in due colorazioni.

C’è anche la versione “light” da 699 euroPer chi si è spaventato di fronte al prezzo del flagship

Motorola riserva una versione non “+”: Motorola edge

è un dispositivo 5G sempre con schermo da 6.7” ma

con processore Snapdragon 765 e modem sempre

5G, ma sub6 (niente mmWave). Più piccola la batte-

ria, 4500 mAh, e ridimensionato il segmento imaging,

con un obiettivo principale da 64 MP, un sensore ul-

tra-grandangolare da 16MP e un teleobiettivo da 8MP.

Il wide è lo stesso del “+”, il tele è invece un 2x. Moto-

rola edge sarà disponibile in Italia sempre da maggio,

ma costerà 699,99 €.

MOBILE Motorola annuncia il top di gamma Edge+, sarà 5G e ha tutto quello che ci si aspetta da un telefono di altissimo livello

Motorola Edge+ ha tutto, ma costa 1.199 euroMotorola punta in alto e torna nel segmento premium. Edge+ non solo è compatibile 5G ma anche con il millimiter Wave

Sopra e a sinistra, alcuni scatti che ci ha fornito l’azien-da.

clicca per l’ingrandimento

Page 16: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 16

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Sergio DONATO

U n’app per dispositivi mobili che ag-

grega le radio da ascoltare non è

una novità assoluta, ma il 28 apri-

le è nata Radioplayer Italia: voluta dalla

società che raccoglie la quasi totalità del

sistema radiofonico italiano, e che di fat-

to diventa la prima app “certificata” dagli

editori radiofonici. La società è la PER,

Player Editori Radio, che aggrega Rai

Radio, i grandi network privati e le as-

sociazioni dell’emittenza locale, e che

ha scelto Radioplayer Worldwide per

la realizzazione tecnica della prima app

gestita dalle emittenti radio italiane.

Radioplayer non richiede registrazione

all’utente che la installa, mentre, per

quanto riguarda la privacy, rileva ciò che

viene ascoltato per migliorare

l’esperienza d’uso e per con-

dividere i dati di ascolto anoni-

mizzati. Promette però di non

condividere o vendere alcun

dato a terze parti. Diverso è il

caso delle singole stazioni che

potrebbero avere regolamenti

privacy diversi. L’app è gratui-

ta ed è già disponibile per Android e

iOS. Radioplayer è un’app semplice che

accoglie l’utente con una pagina quasi

bianca perché la scheda “Live” si popo-

lerà solo dopo che l’utente avrà iniziato

a indicare le sue stazioni preferite trova-

te con la scheda “Cerca”. Esiste anche

la possibilità di ascoltare i “Podcast”

delle radio. L’app sarà estesa progres-

sivamente a tutti i dispositivi connessi e

piattaforme smart-speaker come Amazon

Echo, Sonos, Bose, Google Assistant. Lo

streaming dall’app agli altoparlanti Goo-

gle Home è già funzionante, così come

quelle verso Chromecast Video.Inoltre,

Radioplayer verrà integrata anche in Ap-

ple CarPlay, Android Auto, Airplay, Apple

Watch, Android Wear, e con tutte le inter-

facce radio accessibili da cruscotti touch

e a comando vocale.

MOBILE L’ultimo nato della serie P40 è la versione ulteriormente alleggerita del P40 Lite

Huawei P40 Lite E ora è ufficiale Tripla fotocamera con AI a 199 euroOltre alla tripla fotocamera, ha display da 6.39 pollici, interfaccia EMUI 9.1. Arriverà a fine mese

di Gaetano MERO

S i allarga la famiglia di smartphone

Huawei della serie P40 con il nuovo

P40 Lite E, versione ulteriormente

alleggerita del P40 Lite lanciato circa un

mese fa. Il dispositivo si presenta con un

generoso display IPS LCD da 6,39 polli-

ci con risoluzione HD+ di 1560x720, con

rapporto corpo-schermo del 90% e inter-

rotto da un foro in alto a sinistra di soli 4,5

mm per ospitare la fotocamera frontale. Il

telaio presenta una finitura riflettente che

genera un particolare gioco di luci con-

ferendo allo smartphone un look curato.

Grande attenzione al comparto multime-

diale: Huawei P40 Lite E vanta una tripla

fotocamera posteriore che include un

sensore principale da 48MP con obiettivo

ad ampia apertura f/1,8, una fotocamera

ultra grandangolare da 8MP che supporta

un campo visivo di 120 gradi e una depth

assist camera da 2MP per simulare la pro-

fondità di campo. Il dispositivo è inoltre

dotato della modalità AI Scene Recogni-

tion, che consente alle fotocamere poste-

MOBILE Gli editori radiofonici hanno presentato la prima app che aggrega le radio nazionali

Radioplayer Italia, l’app che aggrega le radio italiane La prima app certificata dagli editori radiofoniciL’app è gestita dalle emittenti italiane, si estenderà anche agli smart-speaker e all’automotive

riori di riconoscere oltre 500 scenari e di

applicare miglioramenti personalizzati in

tempo reale. Presente l’acquisizione vi-

deo a 480 fps che consentirà agli utenti

di realizzare video in slow-motion a 1/16

della velocità normale. Anche la fotoca-

mera frontale da 8MP è integra l’AI e sup-

porta la funzionalità Face Unlock 2.0 per

lo sblocco rapido del dispositivo. Il cuore

del P40 Lite E è costituito dal processo-

re Kirin 710F corredato da 4GB di RAM

e 64GB dedicati all’archiviazione interna

espandibili con microSD fino a 512GB. A

bordo presente inoltre una batteria da

4000 mAh con supporto alla tecnologia

di risparmio energetico potenziata da in-

telligenza artificiale proprietaria.

Da segnalare la presenza del lettore

portaschede con 3 slot di cui due dedi-

cati alle SIM e uno per l’espansione della

memoria, il lettore di impronte posto sul

retro e il jack da 3,5mm. L’interfaccia con

cui P40 Lite E debutterà sul mercato è

l’EMUI nella versione 9.1, ricordiamo che

il dispositivo non integra i servizi Google

ma utilizza i Huawei Mobile Services

(HMS) e include HUAWEI AppGallery,

lo store di applicazioni proprietario del-

l’azienda Huawei P40 Lite E sarà ven-

duto nelle colorazioni Midnight Black e

Aurora Blue al prezzo di 199 euro a par-

tire da fine aprile. In omaggio 15GB da

utilizzare per archiviare foto, video e file

personali su Huawei Cloud, e un mese di

VIP Membership da utilizzare per il nuovo

servizio Huawei Music.

LG Velvet ufficiale. Il futuro ha un sapore un po’ retroLG annuncia il nuovo Velvet e la nuova design line degli smartphone di fascia medio alta. Restano alcuni elementi del passato, come il tanto odiato “gotch” di Roberto PEZZALI

LG Velvet è lo smartphone Dual Screen che secondo LG apre un nuovo capitolo nella storia degli smartphone dell’azienda coreana. LG ha rivisto interamente il design: si passa ai bordi curvi e alle cor-nici sottili, accompagnati sul retro da scocche cangianti e da una disposizione delle fotocamere a goccia. Presenti alcuni richiami al passato: il notch, o gotch, ricorda un po’ i canoni stilistici degli anni scorsi. Avremmo preferito avere una soluzione con la camera in-tegrata nel display, e un secondo display privo di orpelli. LG Vel-vet non sarà piccolo: 6.8” FHD+, 20.5:9. La camera principale è un sensore da 48 MP, affiancata da un ultra-grandangolo da 8MP e da un sensore di profondità da 5MP. La fotocamera frontale è una 16 MP. Anche LG Velvet, come V60, pos-siede la funzione Voice Bokeh e la modalità ASMR, con due microfo-ni integrati. LG ha puntato sul più economico Snapdragon 765 Qual-comm, affiancato da un modem Snapdragon X52 5G di seconda generazione, assistito da 6 GB di RAM. Lo storage integrato è di 128 GB espandibili fino a 2 TB con mi-croSD, il sensore fingerprint è sotto il display, la batteria da 4300 mAh e non mancano la resistenza ad acqua a polvere IP68, lo speaker stereo e il jack audio. LG Velvet sarà disponibile in Corea del Sud a partire da maggio e a seguire in Europa, compresa l’Italia.

Page 17: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 17

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Sergio DONATO

I l nome è semplicissimo, anche se non è dei migliori

per i criteri di ricerca: si chiama “IO”, ed è l’app che ha

l’obiettivo di facilitare l’accesso dei cittadini ai servizi

digitali della Pubblica Amministrazione, compresi i diritti

garantiti dagli stessi servizi. In questi giorni, l’app è en-

trata nella fase open beta ed è disponibile per Android

e iOS. L’abbiamo provata. IO è nata insieme al proget-

to omonimo raggiungibile al sito io.italia.it. L’app è stata

ideata e sviluppata dal Team per la Trasformazione Digi-

tale, e oggi è gestita da PagoPA S.p.A.

Chi c’è dietro IODue righe velocissime per affrescare la storia dietro a IO.

Il Team per la Trasformazione Digitale è nato a settembre

del 2016 con lo scopo di semplificare i servizi per i citta-

dini attraverso l’utilizzo di prodotti digitali. Oggi, il Team

e i suoi progetti sono confluiti nei lavori del Ministro per

l’Innovazione Tecnologia e la Digitalizzazione.

PagoPA, che invece gestisce l’app IO, è una società per

azioni partecipata interamente dallo Stato italiano, nata

nell’estate del 2019 dopo tre anni di lavoro. È stata pen-

sata per diffondere i pagamenti digitali dei servizi pubbli-

ci all’interno di un’unica piattaforma.

Un’app semplice, ma serve uno SPID o una CIEIO è un progetto concepito come open source, basata

su processi di sviluppo aperti e collaborativi. Tutto il codi-

ce delle componenti, tutta la documentazione, le discus-

sioni e gli strumenti di sviluppo sono pubblici così come

l’interfaccia progettata con i kit proposti da designers.

italia.it. L’utilizzo dell’app è molto semplice. È scaricabile

per Android e iOS sui rispettivi store, ma manca ancora

per i servizi HMS di Huawei: non è presente nemmeno

su ApkPure. A causa della scelta del nome (che sta per

“Input/Output”), la ricerca di “IO” potrebbe non puntare

all’app. È consigliabile aggiungere ai termini di ricerca

“app servizi pubblici” oppure cercare attraverso lo svi-

luppatore indicato negli store, quindi “PagoPA”.

Una volta aperta, l’app ci chiede se vogliamo accede-

re a essa tramite un profilo SPID (il Sistema Pubblico di

APP WORLD IO, l’app dei servizi pubblici è entrata in versione open-beta. Ne abbiamo approfittato per capire come funziona

IO, l’app italiana dei servizi pubblici. L’abbiamo provataEcco i vantaggi che dà un’app che accentra i servizi e i pagamenti delle amministrazioni locali e nazionali sui dispositivi mobili

Identità Digitale) o una CIE, ovvero

una Carta d’Identità Elettronica. Nel

caso della CIE, ci viene poi chiesto il

pin della carta consegnatoci dall’uffi-

cio anagrafe del nostro comune. Per

lo SPID, invece, dobbiamo indicare

l’”identity provider” a cui ci siamo re-

gistrati per la gestione del suo profilo.

Il successivo inserimento di utente

e password assegnati, con i relativi

passi di verifica, daranno l’accesso

all’app vera e propria. O ci mostra an-

che il regolamento sulla privacy, a cui

non potevamo non dare una scorsa.

Nulla di strano (ovviamente). Segnalia-

mo che IO dichiara di usare strumenti di tracciamento

automatico per raccogliere dati relativi alle azioni com-

piute all’interno dell’app e al dispositivo utilizzato. I dati

vengono usati solo per finalità di assistenza e statistica,

e sono “anonimizzati”. IO non raccoglie informazioni bio-

metriche dell’utilizzatore, ma può solo sapere se il citta-

dino sta usando o meno un sistema di riconoscimento

biometrico.

Un collettore di notifiche dalle Amministrazioni PubblicheL’app si divide in quattro schede principali: Messaggi,

Pagamenti, Servizi e Profilo. Si viene accolti dalla sche-

da Messaggi, nella quale sono mostrati quelli ricevuti, in

scadenza e gli archiviati. In questa scheda confluiranno

tutte le comunicazioni delle amministrazioni pubbliche.

È quindi necessario indicare i Servizi ai quali ci si vuole

“iscrivere”. Sono divisi in Locali e Nazionali e, al momen-

to, identificano IO più che altro come un’app “passiva”

che accoglie i messaggi delle amministrazioni, invece

di proporsi come strumento di input per richiedere un

servizio particolare. Tra i servizi Nazionali, per adesso è

presente solo l’ACI; per la quale è possibile ricevere un

promemoria sulla scadenza del Bollo Auto e procedere

al suo pagamento, oppure una notifica sulla disponibilità

del certificato di proprietà digitale, o un riepilogo dei vei-

coli intestati all’utente e registrati al PRA.

Tra i servizi Locali ci sono solo poche amministrazioni

comunali tra cui scegliere da un menu a scorrimento

con campo di ricerca. Ne abbiamo contate solo undici.

Naturalmente, i servizi offerti sono diversi a seconda di

ciò che la relativa amministrazione comunale ha scelto

di implementare all’interno dell’app. Si va da avvisi per

la scadenza della TARI a quello per il pagamento del-

la mensa scolastica. Ma ci sono anche notifiche per le

sanzioni al codice della strada, attraverso le quali è poi

possibile pagare anche la multa, e avvisi per la scadenza

della carta d’identità.

Per qualunque di questi servizi, non è però possibile usa-

re l’app per dare il via a una procedura di registrazione

o ottenimento del servizio stesso. Per esempio, non è

possibile iscrivere un figlio a scuola attraverso IO, oppu-

re non è possibile chiedere un certificato di residenza

all’anagrafe del proprio Comune. È chiaro che si tratta

di servizi che richiederebbero una digitalizzazione e una

verifica dei documenti che ancora non esiste nel nostro

Paese, ma è importante evidenziare che, per adesso, IO

ha come obiettivo principale quello di accentrare le noti-

fiche delle Amministrazioni ed, eventualmente, facilitare

il pagamento dei servizi.

La scheda Pagamenti serve appunto a questo. È possibi-

le aggiungere un metodo di pagamento, che per l’open

beta è limitato alla Carta di credito con una commissione

massima di 1,50 euro. A breve dovrebbero arrivare an-

che Satispay, Postepay, Bancomat Pay e PayPal. A guar-

dare la roadmap di IO, i nuovi metodi sono previsti pro-

prio ad aprile. La scheda Profilo accoglie le informazioni

e le eventuali modifiche che il cittadino vuole apportare

al proprio account. Alcune sono pilotate dallo SPID o

dalla CIE e non possono essere cambiate. Servono solo

da promemoria. Altre impostazioni consentono piccole

personalizzazioni, come l’abilitazione del riconoscimen-

to biometrico, o l’inoltro dei messaggi dell’app anche via

mail. Per quanto riguarda la sicurezza e il riconoscimento

biometrico, indipendentemente da ciò che si sta facen-

do, dopo 30 secondi di inattività, IO chiede di nuovo

l’inserimento del pin di sblocco per accedere a essa, o

l’uso dello strumento biometrico se questo è stato scelto

dall’utente come metodo di accesso.

La strada è quella giustaIO quindi si presenta come un’app semplice che ha an-

cora pochi Comuni tra cui scegliere - ma considerando

lo stato di open beta è più che normale – e che sembra

concentrarsi più sull’”output” che sull’”input” del proprio

nome. È un collettore di messaggi ed eventuali pagamenti

di servizi. Sarebbe bello, un domani, non dover accede-

re al sito dell’ACI per inserire i dati della scadenza della

propria patente per ottenere un promemoria. Dovrebbe

pensarci IO, affinché si limiti non solo lo spostamento fisi-

co dei cittadini nei vari uffici ma anche quello virtuale nei

vari siti delle amministrazioni. A giudicare dai prossimi

aggiornamenti, la strada finale dovrebbe essere proprio

questa, o comunque un sentiero con più diramazioni. In

futuro, IO mira infatti a “ottenere certificati, notifiche e atti

pubblici, da conservare nel proprio smartphone” dando

anche la possibilità di avere a disposizione i propri docu-

menti personali in formato digitale, per esempio il codice

fiscale, la patente o la tessera sanitaria.

Page 18: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 18

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Sergio DONATO

F acebook ha deciso di potenziare le

sue piattaforme di messagistica lan-

ciando Messenger Rooms, che potrà

ospitare fino a 50 persone nella stessa

stanza, e dando a WhatsApp la capacità

di includere fino a 8 persone nelle chia-

mate e video di gruppo. In un solo colpo,

Facebook fa compiere un salto importan-

te a Messenger e WhatsApp.

Si parte da Messenger Rooms, un ser-

vizio di videochiamate di gruppo che

consente di creare una Stanza virtuale

direttamente da Messenger o Face-

book e invitare chiunque a unirsi, anche

chi non possiede un account Facebook.

Sarà sufficiente aprire una Stanza su

Facebook e condividerla attraverso la

propria bacheca. Le Stanze create non

hanno limiti di tempo e presto potran-

no ospitare fino a 50 persone. Inoltre,

SOCIAL MEDIA E WEB Facebook fa compiere un salto importante a Messenger e WhatsApp

WhatsApp apre alle chat fino a 8 partecipantiSu Messenger ci sarà spazio fino a 50 personeLe dirette e le videochiamate sono più che raddoppiate nei Paesi colpiti dalla pandemia

se amici o i membri di un

gruppo aprono delle Stanze

è possibile accedere sia da

smartphone sia dal pc, sen-

za scaricare app o plug-in.

La persona che crea la stan-

za può scegliere chi può ve-

derla e chi può partecipare

e può rimuovere gli ospiti in

qualsiasi momento. Come

per altri contenuti, sarà possibile segna-

lare una Stanza o se si ritiene che abbia

violato gli standard della comunità di

Facebook. Queste segnalazione non in-

cluderanno l’audio o il video della Stan-

za. WhatsApp invece potrà accogliere

fino a 8 persone, sia che si tratti di chia-

mate semplici sia che la comunicazione

con altri utenti avvenga tramite video-

chiamata. Viene garantita la crittogra-

fia end-to-end che impedisce a coloro

che non sono nel gruppo di ascoltare o

leggere le conversazioni private, da cui

viene esclusa la stessa WhatsApp.

Messenger Rooms sta iniziando il suo

test in Italia già in questi giorni, con del-

le funzionalità aggiuntive (come il limite

massimo delle 50 persone in chat) che

saranno integrate nel corso dei prossimi

mesi. Per gli otto partecipanti di What-

sApp, invece Facebook non indica alcu-

na data, nemmeno generica.

Paghi il ristorante in anticipo per aiutare la riapertura. Ecco i “dining bond” di The ForkAccedendo a The Fork è possibile comprare del credito da spendere quando riaprirà il nostro ristorante preferito. Un modo facile e veloce di finanziare i ristoratori colpiti dalla crisi di Pasquale AGIZZA

Comprare ora un voucher prepa-gato, che garantirà un credito da sfruttare appena riapriranno i risto-ranti. È questa l’operazione “Sal-viamo i ristoranti” lanciata da The Fork, la piattaforma di Tripadvisor dedicata alla prenotazione online nei ristoranti. Il funzionamento è semplice e ricorda il meccanismo delle obbligazioni finanziarie. Si sceglie il ristorante preferito dalla sezione dedicata sulla pagina ini-ziale dell’applicazione, si acquista un voucher prepagato della cifra che vogliamo e questa cifra diven-terà credito da spendere in futuro, quando il ristorante riprenderà a lavorare. Il vantaggio? Il ristorante prende già i soldi del futuro con-sumo, permettendo all’attività di avere un primo gettito di liquidità.The Fork precisa che la somma finanziata sarà accreditata intera-mente al ristoratore, senza com-missioni per l’applicazione o gli intermediari finanziari. “L’obiettivo ha dichiarato Almir Ambeskovic, dirigente della piattaforma - è duplice: da un lato i ristoranti rie-scono a raccogliere liquidità in at-tesa di riaprire, dall’altra gli utenti possono sostenere i propri locali del cuore, con un pensiero rivolto al futuro”.

di Roberto PEZZALI

Google Cloud ha annunciato di aver

reso Google Meet gratis. Come

Gmail, come Google Drive, come

le altre soluzioni di Google che tutti usa-

no senza necessariamente pagare un ac-

count aziendale.

L’accesso alla soluzione premium di video-

conferenza era fino ad oggi vincolata ad

un abbonamento G Suite Business o ad

un account educational ma Google, per

recuperare strada su Meet che in questo

periodo di pandemia ha fatto registrare

numeri interessanti, ha scelto di aprirla a

tutti. A partire da maggio chiunque potrà

accedere a Google Meet per organizzare

una conferenza, e avrà accesso a quasi

tutte le funzionalità della versione a paga-

mento. Si potrà condividere lo schermo,

ci saranno i sottotitoli in tempo reale e il

sistema di machine learning che filtra i

rumori indesiderati. Mancheranno alcune

cose, come ad esempio la possibilità di

registrare una conferenza, e ci sarà qual-

che limite: i meeting non potranno durare

più di un’ora. Limite che non sarà presen-

te durante la pandemia, ma che verrà

impostato a partire dal

30 di settembre. Fino

ad allora non ci saran-

no limiti di durata.

Per accedere a Goo-

gle Meet servirà solo

un account Google,

e i potranno usare o

il browser (per Chro-

me non serve alcun

plugin) oppure le applicazioni per iOS e

Android. Cosa cambia per chi è già clien-

te G Suite? Assolutamente nulla, avran-

no sempre accesso a Google Meet con

qualche funzionalità in più, come appun-

to la registrazione, e lo stesso vale per

gli utenti che hanno accesso a G Suite

per l’Educazione. Le aziende che vo-

gliono usare Meet con qualche opzione

avanzata, come la possibilità di aggiun-

gere un numero di telefono Voip per far

partecipare le persone tramite telefono,

possono aderire ad un nuovo piano G

Suite “light” chiamata Essentials, che in-

clude oltre a Meet anche Google Drive,

Google Docs e Google Slides per creare

contenuti. Perché scegliere Google Meet

SOCIAL MEDIA E WEB Google Meet è gratis per tutti, come Gmail: arriverà a inizio maggio

Google Meet è gratis per tutti. Per sempreInizialmente non avrà limitazioni nella durata dei meeting. Google: nessun dato venduto a terzi

e non Zoom o Jitsi? Secondo Google la

sua soluzione è più sicura e protetta. Ol-

tre ai controlli di moderazione completi,

Google non permette l’accesso ai mee-

ting ad utenti anonimi, meeting che sono

criptati in transito e criptati anche quando

vengono registrati. L’azienda ha chiarito

che i dati di Meet non vengono usati per

la pubblicità e non vengono venduti ad

aziende terze.

Google Meet gratis sarà disponibile in

roll-out graduale, che richiederà un po’

di giorni. Per accedere basta andare su

meet.google.com: anche se non è ancora

disponibile, ci si può registrare per esse-

re avvisati quando la soluzione sarà attiva

anche in Italia.

Page 19: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 19

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano DI MARCO

I giornali gratis su Telegram sono spari-

ti? Purtroppo, no, nonostante la Fede-

razione Italiana Editori Giornali (FIEG)

abbia festeggiato la mossa dell’Autorità

per le Garanzie nelle Comunicazioni

(AGCOM). Quest’ultima ha annunciato

di aver rimosso 7 canali degli 8 segnalati

dalla FIEG; eppure, il più grande è anco-

ra lì: ha solo cambiato nome, continua a

condividere giornali in digitale senza esi-

tazione e raccoglie decine di migliaia di

iscritti. Ciò nonostante, secondo il presi-dente della FIEG, Andrea Riffeser Monti,

è “una decisione che soddisfa le legittime

richieste degli editori di chiusura”.

La FIEG aveva chiesto ad AGCOM la

sospensione di Telegram. L’Autorità,

pur avendo soddisfatto (sulla carta) la

richiesta di bloccare alcuni canali per

violazione del diritto d’autore, è stata

netta: non si può fare. Mancano le nor-

me europee per una simile operazione

e, inoltre, il blocco indiscriminato “appa-

re sprovvisto del necessario requisito”.

AGCOM ha sottolineato, inoltre, che oc-

SOCIAL MEDIA E WEB AGCOM ha rimosso molti canali che piratavano giornali e riviste. Uno di questi, però, è ancora molto attivo

FIEG esulta, ma le edicole pirata ci sono ancora AGCOM: “Telegram ha risposto. Non era mai successo”Basta un cambio di nome e il canale pirata è di nuovo operativo trasferendo i membri della versione precedente nel “nuovo” canale

correrebbe una modifica normativa che

“consenta di considerare stabiliti in Italia

[...] gli operatori che offrono servizi della

società dell’informazione nel territorio

italiano utilizzando risorse nazionali di

numerazione”. Sebbene AGCOM abbia,

quindi, provveduto a rimuovere tali ca-

nali, questi sono ancora lì e sono opera-

tivi. Allora ci si chiede quale sia l’anello

debole della catena: gli utenti non sono

stati banditi da Telegram e, quindi,

hanno cambiato nome al canale? Agli

amministratori è stato semplicemente

chiesto di rimuovere i contenuti senza

bloccare il canale? Telegram ha collabo-

rato in modo blando e superficiale?

AGCOM ha fatto sapere a DDAY.it che

Telegram ha collaborato con l’Autorità

durante questa operazione: non era

mai successo prima. Ciò è accaduto,

secondo quanto appreso, anche con

il supporto di Apple e di Google. Gli

utenti non sono però stati banditi: non

basta una violazione affinché gli ammi-

nistratori dei canali vengano cacciati dal

servizio. Servono molteplici violazioni

affinché Telegram intervenga con un

ban definitivo.

Ciò significa che nonostante un utente

abbia condiviso centinaia di giornali e

riviste illegali, non è sufficiente per un

ban: deve essere recidivo.

A giudicare dalla situazione attuale,

infatti, sembra che uno dei precedenti

canali, quello che raccoglieva il maggior

numero di iscritti, abbia semplicemente

cambiato il nome e il link di accesso al

canale. Perché? In questo modo, il ca-

nale pirata non è stato colpito dal prov-

vedimento dell’Autorità, può continuare

a operare e, in più, tutti i membri della

versione precedente vengono automa-

ticamente trasferiti nel “nuovo” canale.

Resta in auge, invece, un canale “fantoc-

cio” con il vecchio nome e con nessuno

contenuto pirata. AGCOM ha fatto sape-

re che questo caso è stato il frutto di una

svista e nelle prossime ore provvederà a

colpire anche questo canale. Gli ammi-

nistratori dei canali Telegram possono,

infatti, cambiare il nome al canale e agire

persino sul link di accesso a esso senza

che i loro membri ne siano notificati. Il

canale resta attivo, i contenuti pure, ma il

nome e il link di riferimento sono diversi.

Come se bastasse cambiare una vetrina

di un negozio per non essere più ricono-

scibili, ma mentre i clienti sono all’interno

che fanno acquisti.

Chiedere la sola rimozione del contenu-

to su Telegram, insomma, non serve a

granché: cambiare il nome e il link di un

canale richiede pochi secondi. È persino

più semplice di creare un nuovo dominio

per un sito web che propone streaming e

download di serie TV e film illegali.

La lotta ai canali pirata di Telegram, che

forniscono link non solo a giornali e rivi-

ste, ma anche a serie TV e film in strea-

ming illegale, è quindi persa a prescinde-

re? Difficile dirlo, ma senz’altro i proclami

di queste ore sembrano essere molto

esagerati. I canali rimossi erano proba-

bilmente già stati svuotati e i loro iscritti

spostati su altri lidi. I giornali gratis su

Telegram non sono spariti, nonostante le

esultazione della FIEG. La collaborazione

attiva di Telegram, però, apre nuovi sce-

nari nella lotta alla pirateria.

di Riccardo DANZO

N onostante l’attuale situazione di

emergenza mondiale, Facebook

ha chiuso il primo trimestre del

2020 ancora in forte crescita.

Secondo i dati rilasciati dall’azienda,

infatti, il social network ha nuovamente

registrato un aumento dei suoi utenti

complessivi, raggiungendo così un tota-

le di 2.6 miliardi di persone iscritte alla

piattaforma. Vale a dire oltre una perso-

na su tre in tutto il mondo.

I ricavi trimestrali, inoltre, sono saliti a

17,7 miliardi di dollari, segnando così un

aumento del 17% rispetto allo scorso

anno. Come previsto dagli investitori,

tuttavia, il tasso di crescita dei ricavi

ha inevitabilmente iniziato a rallentare

rispetto al +25% registrato durante il pri-

mo trimestre del 2019.

Riguardo all’attuale emergenza corona-

SOCIAL MEDIA E WEB Oltre 2.6 miliardi di persone iscritte, crescono gli utenti attivi mensilmente

Più di 1 persona su 3 nel mondo è iscritta a FacebookMa l’azienda avvisa: “Le entrate pubblicitarie caleranno drasticamente nei prossimi trimestri”

virus, in una lettera agli

azionisti, Facebook ha

dichiarato: “Il nostro

business verrà influen-

zato dal COVID-19 e,

come tutte le aziende,

stiamo affrontando un

periodo di incertezza

senza precedenti nelle

nostre prospettive di

crescita”.

Cosi come altri colossi della tecnolo-

gia, infatti, Facebook sarà costretta ad

affrontare un significativo calo delle en-

trare pubblicitarie nell’immediato futuro

a causa del COVID-19.

Oltre ad una crescita complessiva dei

suoi utenti, Facebook ha registrato anche

un aumento dell’11% dei suoi utenti attivi

mensilmente rispetto allo scorso anno.

Nel 2019, infatti, gli utenti attivi ogni mese

erano 1,562 miliardi mentre nel primo

trimestre del 2020 sono saliti a 1,734 mi-

liardi. Per quanto riguarda Instagram, Fa-

cebook ha preferito non rilasciare alcun

dato economico. Secondo Bloomberg,

tuttavia, Instagram rappresenta il 28% dei

ricavi dell’azienda, ovvero circa 20 miliar-

di di dollari.

Dopo l’annuncio dei dati del primo tri-

mestre del 2020, a conferma dei buoni

risultati ottenuti dall’azienda, il titolo di

Facebook è salito di circa l’8%, toccando i

210 dollari per azione.

Page 20: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 20

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Sergio DONATO

Sottile, leggerissimo ma potente.

Sempre connesso, e con una bat-

teria che può durare più di 20 ore.

Sono queste le caratteristiche principali di

Samsung Galaxy Book S, la soluzione del-

l’azienda coreana con processore ARM,

finalmente disponibile anche in Italia.

L’aspetto più interessante del portatile è il

processore ARM Snapdragon 8CX, la so-

luzione a 7nm pensata per contrastare le

CPU Intel ultra low voltage. Abbiamo già provato il processore qualche tempo fa,

evidenziando gli ottimi dati per quel che

riguarda prestazioni ed autonomia. Sam-

sung dichiara infatti un’autonomia fino a

25 ore di riproduzione video, con presta-

zioni assimilabili a quelle di un processore

x86. In questo articolo abbiamo poi rac-

colto alcune considerazioni sull’utilizzo di

un processore ARM in ambito PC, soprat-

tutto con applicazioni native. Snapdragon

8CX, oltre che lunga durata

significa anche computer

sempre connesso. Grazie

al modem LTE e la predi-

sposizione per una nano

SIM, infatti, Samsung Galaxy

Book S può connettersi al

4G, rimando online anche

in mancanza di connessione

Wi-Fi. Il resto della scheda

tecnica parla di un display da 13,3 pollici

con multitouch a 10 tocchi, 8GB di RAM

LPDDR4X, e 256 GB di memoria interna,

che può essere estesa fino a 1TB grazie

allo slot microSD. Il comparto audio è sta-

to sviluppato in collaborazione con AKG,

e la batteria (che come detto promette

un’autonomia da record) ha una capacità

di 42Wh. Particolarmente interessanti poi

le caratteristiche costruttive. A spiccare è

il peso, con la bilancia che si ferma sotto

il chilogrammo (961 grammi per la preci-

sione). Per ottenere questo risultato Sam-

sung ha utilizzato un particolare tipo di al-

luminio anodizzato, molto resistente oltre

che leggero. Da sottolineare che Galaxy

Book S utilizzerà la versione completa di

Windows 10, e grazie all’applicazione “Il

mio Telefono” di Windows sarà possibile

collegare facilmente PC e smartphone

Samsung, condividendo foto, messaggi e

notifiche. Il Galaxy Book S è già disponibi-

le sul sito ufficiale di Samsung, ed è com-

mercializzato al prezzo suggerito di 1099

euro, nella colorazione Earthy Brown.

PC Intel ha annunciato la nuova serie S di processori desktop di decima generazione.

Intel, processori desktop di 10 generazione L’azienda: “I più veloci al mondo per giocare” La serie S Intel core si spinge fino a 5.3 Ghz, e predilige la potenza dei singoli core al numero

di Roberto PEZZALI

“Le applicazioni e i giochi ottimiz-

zati per sfruttare a pieno tutti i

core di un processore sono an-

cora pochissime. La maggior parte dei

giochi e delle applicazioni sfruttano an-

cora un solo core, al massimo due”. Così

Intel apre la presentazione dei processori

desktop Core di decima generazione, la

serie S, aggiungendo che ci troviamo di

fronte ai processori per gaming più po-

tenti al mondo.

Una famiglia completa, che parte dal

Core i9 10900K per arrivare al modelli

Core i3. Il modello di punta, 10 core e 20

threads, arriva fino a 5.3 Ghz utilizzando

lntel Thermal Velocità Boost, la tecnolo-

gia già introdotta sui processori mobile

di decima generazione che permette di

portare per un breve periodo il clock di

un solo core ad una velocità elevatissima,

5.3 Ghz appunto. Disponibili sia in versio-

ne con grafica integrata sia in versione

PC Arriva in Italia il Galaxy Book S, il notebook con processore ARM Snapdragon 8CX

Samsung Galaxy Book S in Italia a 1099 euro Processore Snapdragon e 25 ore di autonomiaSchermo da 13,3 pollici touch, connessione LTE e meno di un chilo di peso, a 1099 euro

sbloccata, i processori di decima gene-

razione per sistemi desktop portano in

dote anche qualche altra novità, come il

supporto alle memorie DDR4 2933, una

versione totalmente rinnovata della Intel

Extreme Tuning Utility per l’overclock e la

nuova Intel Turbo Boost Max Technology

3.0, che identifica i due migliori core all’in-

terno del processore e li utilizza quando

si tratta di dover fornire le migliori pre-

stazioni possibili in modalità single core

e dual core. Intel ci ha distribuito alcuni

benchmark fatti in diversi ambiti, soprat-

tutto giochi ma anche editing video, e

questo grafico riassume un po’ quelli

che sono gli incrementi fatti misurare in

ambito di prestazioni se paragoniamo

la scorsa generazione di processori de-

sktop con la nuova. Nessun accenno ad

eventuali benchmark comparativi con le

soluzioni AMD Ryzen 9, che invece fanno

del numero di core il loro punto di forza,

serviranno prove indipendenti. I prezzi al

pubblico non sono ancora ufficiali.

Canon EOS Webcam Utility trasforma le fotocamere Canon in webcam USBCanon spiazza tutti. Sarà possibile usare le macchine fotografiche EOS DSLR, mirrorless e le PowerShot come webcam USB di Sergio DONATO

Canon ha tirato fuori l’uovo di Colombo e si è inventata la solu-zione che in molti aspettavano da anni. Ha realizzato un pezzetto di software che consente di usare al-cune macchine fotografiche EOS o PowerShot come webcam USB.Il software si chiama Canon EOS Webcam Utility. È ancora in versio-ne beta ed è compatibile con un numero selezionato di macchine a lenti intercambiabili e con alcuni modelli di PowerShot Canon. Nel-l’elenco ci sono le 5DS, la 6D, la 7D, ma anche la 80D e 90D. Così come le Rebel e anche le mirror-less R, RP, M6 II, M50 e M200. Tra le PowerShot, troviamo la G5X II, la G7X III e la SH70 HS. Canon EOS Webcam Utility è anche semplicis-sima. Si scarica, si installa, si accen-de la macchina fotografica, si rego-la l’esposizione, la si collega al PC con un cavo USB e a quel punto il software usato per le conferenze o le videochiamate riesce a ricono-scerla come una webcam USB. La soluzione di Canon di sicuro forni-sce uno strumento in più a chi ha un dispositivo tecnologico a cui af-fidare un uso nuovo. Per adesso, la beta di Canon EOS Webcam Utility è disponibile solo negli Stati Uniti e per i sistemi Windows 10, ma Ca-non dice che le versioni per altri si-stemi operativi potrebbero essere disponibili più avanti.

Page 21: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 21

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Pasquale AGIZZA

Sony ufficializza la nuova serie di

televisori Full Array LED HDR, de-

nominata XH95. Presentata in

cinque tagli diversi, da 85 a 49 pollici, è

già disponibile sul sito ufficiale dell’azien-

da giapponese. Per quel che riguarda

le caratteristiche tecniche partiamo dal

pannello, che utilizza la tecnologia esclu-

siva Triluminos. Con essa i televisori Sony

possono ampliare lo spettro cromatico e,

grazie alla possibilità di produrre più gra-

dazioni di rosso, verde e blu, riprodurre

più colori rispetto ad altri modelli.

La retroilluminazione del pannello è di

tipo Full Array con oscuramento a zone

gestito dalla tecnologia X-tendend Dy-

namic Range. Il produttore giapponese

promette un contrasto 6 volte superiore

rispetto ai suoi precedenti modelli LED.

I televisori vantano, poi, la compatibilità

con gli standard Dolby Vision e Dolby

Atmos. Ad esaltare le prestazioni dello

schermo, oltre la tecnologia Triluminos, ci

TV E VIDEO Svelata la gamma Full Array LED XH95. Già disponibile sul sito, presenta 5 tagli diversi

I TV LED Sony XH95 arrivano nei negozi Prezzi a partire da 1399 euroI tagli partono da un 85” per finire ad un 49”. Tanta tecnologia e design con cornici molto sottili

sono anche le modalità Netflix Calibrated

Mode, che migliora la qualità dei contenu-

ti del provider video, e la modalità IMAX

che amplifica effetti visivi e sonori per av-

vicinarsi all’esperienza cinematografica.

Sony pone, poi, particolare enfasi sulla

tecnologia X-Wide Angle, che dalla ver-

sione da 55 pollici in su, genera colori

realistici e vividi da qualsiasi angolazione,

preservando meglio i toni e la luminosità

anche quando guardiamo il televisore da

una posizione più laterale.

Il processore è l’X1 Ultimate. I televisori sono compatibili con Chromecast ed Apple AirPlay 2Passando al processore, il cuore dei nuo-

vi TV Sony è l’X1 Ultimate, processore top

di gamma per quel che riguarda il settore

televisivo. Oltre ad assicurare immagini ni-

tide e luminose, X1 Ultimate consentirà di

utilizzare la modalità Sound-from-Picture

Reality, che dà la sensazione che il suono

provenga direttamente dallo schermo.

Tutti i televisori sono poi dotati di Am-

bient Optimization, il sistema che regola

la luminosità in base alla luce presente,

aumentandola in automatico se la stanza

è particolarmente luminosa o riducendola

se è buia. Fra le altre funzioni abbiamo le

opzioni di comando vocale (sempre dal

modello 55 pollici in su), la compatibilità

con Google Home e i dispositivi Alexa, e

la possibilità di condividere i propri con-

tenuti da qualunque smartphone grazie a

Chromecast e AirPlay 2.

Il nuovo design Immersive Edge riduce al minimo le cornici. Prezzi da 1399 euroIn chiusura, un’occhiata al design. Sony

lancia il nuovo design denominato Im-

mersive Edge che propone superfici a

filo ed un’estetica elegante con cornici

molto ridotte, soprattutto sul modello da

85 pollici. Come detto, la serie XH95 Full

Array propone cinque diversi tagli già

disponibili sul sito ufficiale dell’azienda

giapponese. Nello specifico avremo un

modello da 85 pollici con prezzo consi-

gliato di 4499 euro, un modello da 75 pol-

lici con prezzo di 3499 euro, un modello

da 65 pollici a 1999 euro, un modello da

55 pollici con prezzo di 1699 ed, infine,

un modello da 49 pollici (che perde però

alcune delle caratteristiche migliori della

serie) ad un prezzo di 1399 euro.

Apple Music debutta su Smart TV Samsung. Per i nuovi utenti 3 mesi gratisSamsung ha annunciato l’arrivo di Apple Music sui televisori smart dal 2018 in poi. È la prima volta che l’applicazione di Apple raggiunge i televisori. E per i nuovi abbonati c’è una prova gratuita di tre mesi di Pasquale AGIZZA

Buone notizie per i possessori di TV Samsung. Grazie all’accordo siglato con Apple, Apple Music sbarca sulle smart TV del produt-tore coreano. L’applicazione è già disponibile sullo store di Samsung ed è compatibile con tutti i TV pro-dotti dal 2018 in poi. Dal punto di vista grafico, l’app è molto simile a quella disponibile su Apple TV e garantisce l’accesso completo a tutti i dati di Apple Music, compre-se le playlist, i video e le stazioni radio selezionate.Samsung è stato già il primo pro-duttore a prevedere la compatibili-tà dei propri TV con l’applicazione Apple Tv e anche fra i primi a offri-re la compatibilità con AirPlay 2 in passato. Grazie a questo sistema era già possibile portare i contenu-ti di Apple Music sul televisore, ma l’arrivo dell’applicazione dedicata rende indipendenti i Tv dai dispo-sitivi da cui fare streaming. Per la prima volta sarà dunque possibile abbonarsi ad Apple Music senza possedere un dispositivo Apple. Chiudiamo, poi, con una promozio-ne. Per celebrare l’arrivo di Apple Music sui suoi dispositivi, Samsung regala tre mesi di abbonamento gratuito a chi apre un nuovo ac-count direttamente dal televisore.

TV E VIDEO Dolby Vision diventerà lo standard de facto?

Aumentano film Fox in Dolby VisionHDR10+ perde uno dei fondatori?

di Paolo CENTOFANTI

N on possiamo parlare di una battaglia

di formati, ma la rivalità tra le due prin-

cipali tecnologie HDR, Dolby Vision e

HDR10+, è comunque palpabile. Il primo è il

formato che di fatto ha inventato l’HDR ap-

plicato all’home video (e non solo). Il secon-

do è stato promosso da Samsung, insieme a

Panasonic e l’allora 20th Century Fox (oggi

20th Century Studios), come soluzione meno vincolante di quella di Dolby ed evoluzio-

ne dell’HDR10. A un anno e mezzo però dal lancio dell’iniziativa, 20th Century Studios,

che dovrebbe essere il principale sponsor della tecnologia, almeno tra i grandi pro-

duttori cinematografici, pubblica sempre più titoli in Dolby Vision e meno in HDR10+. Il

cambio di banderuola sembrerebbe essere dettato dall’acquisizione da parte di Disney

dello studio cinematografico, con l’intenzione di uniformare le politiche di pubblicazione

dei suoi titoli: Disney ha infatti dato ampio spazio ai formati Dolby Vision e Dolby Atmos

nelle sue uscite in home video. Fox, insieme a Panasonic e Samsung hanno fondato

una joint venture apposita per la promozione del formato, HDR10+ Technologies LLC,

che è gratuito per i produttori di hardware e i creatori di contenuti, e proprio il licensing

è probabilmente alla base del “conflitto”: a differenza di Panasonic, che supporta ambo

le tecnologie, Samsung non ha mai avuto intenzione di supportare la tecnologia video

di Dolby e di pagare le licenze. Che il nuovo corso le faccia cambiare idea

Page 22: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 22

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

I dati parlano chiaro: i sistemi Sonos

sono utilizzati per il 50% del tempo

per l’ascolto radiofonico. Radio in

streaming, ovviamente, ma pur sempre

radio. Per questo motivo, a partire dal 21

aprile, Sonos lancia una nuova sezione

della propria app, che si chiama appunto

Sonos Radio. Si tratta in buona sostan-

za di un ripensamento della centralità

della radio nell’utilizzo dei sistemi audio

multiroom: prima c’era il tab “stazioni”

nella finestra di ricerca e la directory di

TuneIn. Ora compare una vera e propria

sezione “Sonos Radio” che non solo

mette insieme tutte le 60mila stazioni

listate in TuneIn e i podcast di iHear-

thRadio, ma aggiunge anche una serie

non trascurabile di stazioni in streaming

originali, create da Sonos e distribuite in

esclusiva ai propri utenti.

Sonos diventa editore radiofonicoIn pratica, per la prima volta, Sonos non

solo fa da tramite ma diventa a tutti gli

effetti editore. Per questo Sonos ha

creato dei veri e propri studi radiofonici

all’interno del negozio flagship di New

York e ha chiesto ad artisti importanti

di curare addirittura il proprio canale

radiofonico, facendo personalmente la

selezione dei contenuti. I primi tre cana-

li che verranno attivati vedono coinvolti

in prima persona Thom Yorke, celebre

frontman dei Radiohead (la prima sta-

zione attivata); arriveranno presto anche

David Byrne, fondatore dei Talking Hea-

ds, e la chitarrista e cantante di colore

Brittany Howard. Si tratta di canali radio

la cui selezione è fatta direttamente da-

gli artisti e quindi si tratta di una ghiotta

occasione per tutti i fan per “sintonizzar-

si” sulla lunghezza d’onda mentale dei

propri beniamini. I canali non saranno

probabilmente “eterni”, ma a rotazio-

ne verranno coinvolti altri artisti, di cui

però ancora non si conosce il nome.

Alle stazioni temporanee curate dagli

artisti celebri (che si trovano nella sotto-

sezione “Sonos Presents”) si aggiunge

anche Sonos Sound System: si tratta di

una stazione radio in streaming, priva di

pubblicità e realizzata negli studi di New

York, che miscelerà musica di uscita re-

cente con grandi classici. Sonos Sound

System non sarà però una sequenza di

canzoni, poco più di una playlist, ma una

vera e propria emittente, con deejay e

anche programmi parlati, con racconti di

dietro le quinte e “ore” (ogni mercoledì)

dedicate a un artista presente in studio

o collegato telematicamente: in lista

Angel Olsen, JPEGMAFIA, Phoebe Brid-

gers, Jeff Parker (Tortoise) e Vagabon.

Ci sono anche più di 30 Sonos Stations... Ma non finisce qui: Sonos ha allestito

anche le cosiddette Sonos Stations: si

tratta più di 30 canali tematici curati da

persone umane e non da intelligenza

artificiale, questa volta supportati dalla

presenza di annunci pubblicitari (ma

non sappiamo ancora con che frequen-

za e se saranno localizzati per nazione).

Molto interessante è la tecnologia di

gestione audio dei canali Sonos, che è

realizzata in collaborazione con Super

Hi-Fi: si tratta di un sistema di gestione

e livellamento dei vari contributi basata

su intelligenza artificiale, che fa sì che

l’ascolto sia sempre piacevole e livellato

passando da una canzone all’altra, agli

spot pubblicitari, agli intermezzi parlati.

... e 60mila stazioni dal mondo. Il tutto gratisA tutto questo panorama di stazioni

radio Sonos, si aggiunge ovviamen-

te anche tutta la lista delle emittenti

internazionali listate da TuneIn, ma

in un’interfaccia coerente e integrata

con il resto. L’accesso a Sonos Radio è

concesso a tutti gli utenti Sonos: basta

semplicemente aggiornare l’app con

l’ultima versione che sarà resa disponi-

bile in queste ore.

Non ci sono limitazioni e questo servizio

è accessibile anche ai possessori degli

apparecchi Sonos più vecchi, di cui è

stato annunciato qualche mese fa la

fine del supporto di funzioni future.

Quanto ai tempi, la sezione Sonos Ra-

dio è già disponibile anche in Italia ma i

canali Sonos sono esplicitamente distri-

buiti nel menù princiale per il momento

solo nei paesi anglofoni (Stati Uniti, Ca-

nada, UK, Irlanda, e Australia) ma presto

dovrebbero arrivare anche da noi. Già

ora, se si si cerca fra le stazioni “Sonos”

esce ed è ascoltabile il canale originale

Sonos Sound System; allo stesso modo

se si cercano i nomi delle singole sta-

zioni tematiche (vedi l’immagine con

tutte le miniature), vengono listate nel

tab stazioni e sono anch’esse funzio-

nanti. Il ritardo è quindi probabilmente

dovuto a una questione di localizzazio-

ne delle descrizioni del canali più che

a una questione di diritti. I tempi quindi

per vedere la nuova sezione Sonos Ra-

dio del tutto popolata anche in Italia non

dovrebbero essere lunghi.

Ultima cosa, certamente non trascura-

bile: Sonos Radio è gratuito per tutti i

clienti Sonos.

HI-FI E HOME CINEMA Con l’aggiornamento dell’app Sonos, debutta la nuova sezione Sonos Radio

Nasce Sonos Radio, gratis per i clienti SonosNuova interfaccia e tante stazioni originali Riorganizzazione delle 60mila emittenti in streaming e tanti nuovi veri canali radio originali

Gamma OLED e LCD 2020 Panasonic: l’HZ2000 parte da 2999 euroPrime indicazioni di prezzo della nuova gamma di TV Panasonic. L’OLED top di gamma HZ2000 partirà da 2999 €, scendendo sotto la soglia psicologica dei 3000 € di Paolo CENTOFANTINon abbiamo ancora i prezzi uffi-ciali italiani, ma dall’Olanda arriva-no le prime indicazioni sul listino della line up 2020 di TV OLED e LCD di Panasonic e ci sono alcu-ne belle sorprese. Il top di gamma OLED HZ2000, che sostituisce il GZ2000 dello scorso anno, vede infatti un significativo taglio del prezzo di listino, con un prezzo di partenza di 2999 euro per il 55 pollici, contro i 3499 dello scorso anno a parità di taglio. Il 65 polli-ci passa invece dai 4499,99 euro del GZ2000 ai 3799 euro del-l’HZ2000. La sforbiciata al listino è inferiore per gli altri modelli ma co-munque c’è. Per quanto riguarda i mercati di Paesi Bassi e del Belgio, i prezzi della gamma OLED saran-no i seguenti (i codici sono quelli dei Paesi Bassi):TX-65HZW2004: 3.799 euroTX-55HZW2004: 2.999 euroTX-65HZT1506: 2.999 euroTX-55HZT1506: 2.299 euroTX-65HZW1004: 2.699 euroTX-55HZW1004: 1.999 euroPubblicati anche i prezzi degli LCD:TX-43HXW944: 899 euroTX-49HXW944: 1.099 euroTX-55HXW944: 1.199 euroTX-65HXW944: 1.599 euroTX-43HXW904: 799 euroTX-49HXW904: 999 euroTX-55HXW904: 1.099 euroTX-65HXW904: 1.499 euroTX-40HXW804: 749 euroTX-50HXW804: 899 euroTX-58HXW804: 999 euroTX-65HXW804: 1.399 euroPanasonic Italia deve ancora an-nunciare i prezzi ufficiali italiani.

Page 23: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 23

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

Sonos ha lanciato il 21 aprile il nuovo servizio

Sonos Radio, che combina una nuova directory

di web radio internazionali, fornite da provider

come TuneIn, con un’offerta di nuovi canali tematici

curati dal team redazionale del produttore california-

no. Come molti utenti ci hanno segnalato però, se la

nuova sezione Sonos Radio è regolarmente compar-

sa con l’ultimo aggiornamento dell’applicazione, la

sezione delle oltre 30 stazioni radio di Sonos in Italia

non compare, così come non sono elencate le stazioni

curate dagli artisti. Sonos ufficialmente ha annunciato

che le nuove stazioni sono inizialmente disponibili nei

paesi anglosassoni: Stati Uniti, Regno Unito, Irlanda,

Australia e Nuova Zelanda. Ma in realtà le stazioni

sono disponibili ovunque, semplicemente non sono

elencate, forse per mancanza di localizzazione delle

descrizioni. Vediamo come ascoltarle.

I canali tematici di Sonos Radio, come trovarli Sonos ha creato 36 canali radio tematici, che coprono

diversi generi con una proposta musicale davvero va-

ria e per tutti i gusti e soprattutto gratuita.

Questi canali dovrebbero essere accessibili nella se-

zione Sonos Stations, che però in Italia non è dispo-

nibile. Ma anche se non sono elencati sono in realtà

accessibili anche nel nostro paese, basta cercarli ma-

nualmente nella sezione ricerca dell’app Sonos. Stes-

so discorso per la prime radio curate da artisti, come

In the Absence Thereof... di Thom Yorke e The En-

cyclopedia of Brittany di Brittany Howard. Il “trucco” è

quello di utilizzare esattamente il nome della stazione.

Purtroppo non basta cercare Sonos come termine, in

quanto nel nome delle radio il brand non compare.

Basta comunque andare nella sezione “cerca”, sele-

zionare nella barra di navigazione “stazioni” e quindi

immettere il nome della radio che stiamo cercando.

Nell’esempio sopra riportato, cercando la Sonos Sta-

tion Punk Riot, la vediamo subito comparire come

primo risultato nella sotto sezione Sonos Radio della

ricerca. Chiaramente cercare ogni volta la stazione di

interesse, anche se compare nelle ricerche recenti, è

scomodo. Ma premendo sull’icona con i tre pallini è

possibile salvarla tra i propri preferiti, per accedervi

rapidamente dalla sezione il mio Sonos.

Le principali radio tematiche curate da SonosL’unico limite è che non abbiamo accesso alla descri-

zione della radio, per cui bisogna affidarsi un po’ all’in-

terpretazione del nome per capirne il tipo di program-

mazione. Alcuni nomi delle stazioni sono intuitivi (da

Blues Masters non possiamo che aspettarci dei classici

del Blues), ma altri nomi sono un po’ troppo fantasiosi

(Sunset Fuzz ad esempio). Alle stazioni tematiche si ag-

giunge poi il canale principale di Sonos Radio, Sonos

Sound System, dedicato alle novità del momento e che

HI-FI E HOME CINEMA Sonos ha lanciato Sonos Radio, ma gli oltre 30 canali tematici per ora non compaiono sull’app italiana

Come ascoltare in Italia le Sonos Stations Le stazioni tematiche sono disponibili ovunque, solo non sono elencate, forse per mancanza di localizzazione delle descrizioni

ospiterà artisti del calibro di Angel Olsen, Jarvis Coc-

ker, Phoebe Bridgers, solo per citarne alcuni. Sulla ver-

sione degli Stati Uniti del sito di Sonos, fortunatamente

compare anche la descrizione dei canali principali, che

qui riportiamo tradotta in italiano:

Sonos Sound System: scopri la stazione firmata So-

nos, per ascoltare le nuove uscite, immergerti nei

classici e scoprire i racconti dietro la musica;

Punk Radio: metti al massimo il rock and roll potente,

sfacciato, anti-convenzionale che ha creato una sot-

tocultura tenace;

Rap Game: immergiti nel rap con la musica delle ico-

ne di ieri e i fenomeni di successo di oggi;

Rare Grooves: ritrovati funk, R&B e classici soul degli

anni ‘70, che vi faranno chiedere come mai questi tor-

mentoni si siano persi nella storia;

Alternative Energy: rivivi i giorni della camicia di fla-

nella, con i riff pesanti, i suoni grezzi del grunge, del-

l’alternative e dell’hard rock dagli anni ‘80 a oggi;

80s Flash: balla e scatenati con il meglio della new

wave, glam rock ed hair metal degli anni ‘80;

Blues Masters: vivi il blues più profondo, da rare regi-

strazioni di archivio fino alle performance dei moderni

innovatori;

Concert Hall: attraversa la storia delle migliori compo-

sizioni, dalle sinfonie d’orchestra del Barocco all’Ope-

ra italiana;

Country Outlaws: vai oltre le luci splendenti di

Nashville, per scoprire il meglio della contro-cultura

della musica country, dagli anni ‘70 ad oggi;

Cruise Control: rilassati e goditi un flusso continuo di

successi soft e yacht rock che hanno definito l’easy

listining dagli anni ‘70 ad oggi;

Global Pulse: esplora i ritmi, le melodie e i generi che

muovono il mondo, inclusi l’highlife west africano,

l’hip hop iraniano e altro ancora;

Hot Country: dai una mossa ai tuoi stivali con questa

raccolta di ballate prime in classifica e canzoni balla-

bili dagli anni ‘90 a oggi;

Sunset Fuzz: immergiti in una miscela unica di indie

pop sognante e psichedelico, ispirato dal sole e la

nebbia del sud della California;

Hip-Hop Archive: rivivi l’era d’oro dell’hip hop con i

versi e gli MC che hanno immortalato il genere e lo

spirito del tempo;

La Movida: balla al ritmo della migliore musica lati-

na, inclusi reggaeton, salsa, pop, tango, rock e altro

ancora;

Main Stream: riscopri le più grandi star e più amati

successi contemporanei per adulti dagli anni ‘70 ad

oggi;

New Lords of Metal: sperimenta la potenza dello

speed metal, del death metal, doom metal, djent,

gothic, Celtic, sludge, psych, crust, e tutte le altre mu-

tazioni;

Pindrop Electronic: Sintonizzati su un mix di house,

techno, experimental, dubstep, grime, e altro, che tra-

scende i confini tecnici e sonici.

Page 24: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API
Page 25: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 25

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Paolo CENTOFANTI

I l primo luglio 2020 è una data molto importante per

gli appassionati: entrerà infatti in vigore il nuovo rego-

lamento europeo relativo a quelli che siamo abituati

a chiamare droni o più precisamente Sistemi Aeromo-

bili a Pilotaggio Remoto o SAPR nel linguaggio tecnico

dell’ENAC, e Unmanned Aircraft System o UAS secondo

la definizione europea. Si tratta di un passaggio epo-

cale, che trasferisce buona parte della normativa sotto

l’ombrello dell’EASA (European Union Aviation Safety

Agency), armonizzando i regolamenti sull’intero terri-

torio dell’Unione Europea, e che introduce significativi

cambiamenti sui doveri di chi possiede e vuole utilizza-

re un drone, abolendo la distinzione tra uso ricreativo

e professionale, ma anche allargando l’area di opera-

tività negli scenari d’uso a basso rischio. Sulla spinta

dell’emergenza Covid-19, alcuni paesi membri stanno

richiedendo all’Unione Europea di spostare la data di

entrata in vigore al 1 gennaio 2021, rinvio che non è an-

cora stato confermato ufficialmente, ma la sostanza del

regolamento non cambia. Scopriamo tutti i dettagli.

La nuova classificazioneL’aspetto più importante è che sparisce la distinzione

tra uso ricreativo o ludico e professionale a cui ci aveva

abituato l’ENAC: l’utilizzo dei droni verrà ora classifica-

to unicamente in base al fattore di rischio e alla classe

del velivolo, la cui definizione avviene in prima misura

in base al peso. La stragrande maggioranza degli utilizzi

ricreativi, rientrano nella nuova categoria Open, che pre-

vede tre sottocategorie definite A1, A2 e A3, ognuna con

le sue restrizioni all’operatività e alla classe del velivolo

impiegabile, ma per le quali non è richiesta un’autoriz-

zazione specifica per far volare il proprio drone. La con-

seguenza di ciò è che per le operazioni a rischio basso,

sarà finalmente possibile far volare alcuni droni anche

in area urbana, senza più il vincolo della distanza dei

150 metri previsti dalla normativa vigente, ma sempre

chiaramente rispettando le regole sugli spazi aerei, che

continueranno ad essere definiti e presidiati dagli enti

VIDEO CREATIVO Dal 1 luglio 2020 entra in vigore il regolamento europeo per l’utilizzo di droni per uso ricreativo e professionale

Droni, la guida al nuovo regolamento europeoTanti cambiamenti in arrivo, primi tra tutti l’obbligo dell’attestato e di immatricolazione per tutti i droni sopra i 250 grammi

nazionali. La categoria Open è accessibile, in particola-

re, se vengono rispettati tutti i seguenti requisiti:

-massa massima al decollo inferiore ai 25 Kg;

mantenimento della distanza di sicurezza dalle persone

e rispetto del divieto assoluto di sorvolo degli assembra-

menti di persone;

-volo esclusivamente in visibilità diretta del drone (VLOS,

visible line of sight);

-quota massima di 120 metri dalla superficie;

-divieto di trasporto di merci pericolose;

Se fino a oggi il regolamento ENAC distingueva, per l’uti-

lizzo di droni in attività non critiche, i velivoli con peso

compreso il carico sotto i 250 grammi e uguale o su-

periore a 250 grammi (e fino a 25 Kg), il nuovo regola-

mento europeo raggruppa i velivoli nelle classi C0 (<250

grammi), C1 (<900 grammi), C2 (<4 kg) e C3 (<25 kg).

In base alla classe del velivolo e alla categoria Open ci

sono obblighi e regole diverse. Dalla classe C1 in sù, tutti

droni dovranno anche essere dotati di un transponder,

che trasmetta durante tutto il volo dati come l’identificati-

vo del velivolo, la posizione e la rotta. I droni immessi sul

mercato per essere conformi dovranno essere dotati di

un bollino CE e del simbolo della classe di appartenen-

za, come quello relativo alla classe C1:

L’obbligo di immatricolazione e dell’Attestato di CompetenzaDi base, come oggi, per droni di peso a terra inferiore ai

250 grammi non sarà obbligatorio avere un attestato di

competenza o immatricolare se stessi ed il drone, ope-

razione che in Italia va fatta in via esclusiva sulla piatta-

forma D-Flight. C’è però una norma sibillina: se il drone è

“dotato di un sensore in grado di rilevare dati personali”,

allora l’immatricolazione è obbligatoria, a meno che non

sia classificato come giocattolo adatto fino ai 14 anni di

età. Tradotto, se ha una fotocamera o un microfono, an-

che sotto i 250 grammi il drone e il suo pilota andranno

registrati sul portale D-Flight, per ottenere il QR code

univoco da applicare sul velivolo. Sopra i 250 grammi è

sempre obbligatoria la registrazione su D-Flight. Come

da normativa vigente, è inoltre sempre obbligatoria la

sottoscrizione di un’assicurazione per la responsabilità

civile, indipendentemente dalla classe del velivolo, an-

che su suolo privato. Dalla classe C1 in su, cioè per droni

con massa uguale o superiore ai 250 grammi essenzial-

mente, invece, è anche obbligatorio effettuare il corso

online per acquisire l’Attestato di Competenza, al fine di

certificare che il pilota abbia conoscenze di base su temi

come la sicurezza aerea, le limitazioni dello spazio ae-

reo, regolamentazione aeronautica, GDPR e gli obblighi

assicurativi. Su questo punto l’ENAC si è già adeguato e

già dal 1 marzo è possibile effettuare l’esame online per

conseguire l’attestato, che avrà durata 5 anni e che dal

1 luglio sarà obbligatorio. Per ottenerlo, basta scaricare

il materiale didattico, studiarlo e quindi effettuare il test

online, che prevede 40 domande a scelta multipla sui

vari argomenti trattati.

Cosa posso e non posso fare con il mio droneCome detto, dal primo luglio 2020 entrerà in vigore la

nuova classificazione, con le categorie A1, A2 e A3. A se-

conda della classe del proprio velivolo si potrà operare il

drone in una di queste categorie aperte che prevedono

alcune limitazioni, specie riguardo alla possibilità di av-

vicinarsi e sorvolare le persone inconsapevoli, in pratica

passanti e altre persone non direttamente coinvolte in

eventuali riprese o altre attività effettuate con il drone.

Le persone invece coinvolte, come assistenti o soggetti

partecipi delle riprese, devono essere informati sull’ope-

segue a pagina 26

Il DJI Mavic 2 Pro, con i suoi 907 grammi potrà essere utilizzato fino al 1 luglio 2022 per ope-razioni in categoria A2, con doppio esame per il pilota. Finito il periodo transitorio potrà essere utilizzato solo con distanza di sicurezza di 150 metri dalle aree abitate.

Page 26: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 26

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

VIDEO CREATIVO

Droni, la guida al nuovo regolamento europeosegue Da pagina 25

ratività dell’attività e aver dato il loro consenso esplicito.

Nel dettaglio, le operazioni di volo Open vengono così

classificate:

-Categoria A1, Droni C0 (<250g): sarà possibile operare

il velivolo anche sorvolando persone non coinvolte, ma

mai assembramenti, nel rispetto della quota massima

dei 120 metri e in visibilità ottica. Se il drone è dotato di

modalità Follow Me, quando in uso il pilota deve tenere

una distanza massima di 50 metri;

-Categoria A1, Droni C1 (<900g): rispetto alla classe C0,

è obbligatorio l’attestato di competenza per l’operatore

e occorre evitare il sorvolo delle persone non coinvolte.

Se si verifica questa eventualità, il pilota deve cercare di

ridurre il più possibile il tempo di sorvolo. I droni classe

C1 devono essere inoltre dotati di transponder;

-Categoria A2, Droni C2 (<4kg): rispetto alla categoria

A1, sarà possibile operare velivoli di classe C2 rispet-

tando però una distanza orizzontale di sicurezza di 30

metri dalle persone non coinvolte. Il pilota potrà ridurre

la distanza fino a 5 metri di distanza a patto di mante-

nere una velocità massima di 3 metri/s. La modalità a

velocità limitata a 3 m/s è un requisito essenziale dei

droni di classe C2. Non solo è obbligatorio l’attestato di

competenza del pilota, ma si richiede anche di certifica-

re l’addestramento pratico e un ulteriore esame teorico

su meteorologia, prestazioni di volo dei droni e misure

di attenuazione dei rischi a terra. In assenza di questo

secondo attestato, si potrà volare solo in categoria A3;

-Categoria A3, Droni C2, C3 e C4 (<25kg): rispetto all’A2

vengono introdotte ulteriori limitazioni. Non è permesso

operare il drone in spazi dove sono presenti persone

non coinvolte. Occorre mantenere la distanza di sicurez-

za orizzontale di 150 metri da “zone residenziali, com-

merciali, industriali o ricreative”. E naturalmente il pilota

deve aver completato l’esame e aver ottenuto l’attestato

di competenza.

Come faccio a sapere la classe di appartenenza del mio “vecchio” drone? Cosa cambia?I droni prodotti e distribuiti in conformità con il nuovo

regolamento europeo, oltre ad avere il nuovo bollino

CE previsto dalla normativa, dovranno anche riportare il

logo della classe di appartenenza (C0, C1, ecc.). Il rego-

lamento prevede giustamente un periodo transitorio per

tutti i modelli di droni immessi sul mercato prima dell’en-

trata in vigore delle nuove regole, sprovvisti di marchio

CE e valido fino al 1 luglio 2022. Come è possibile dun-

que sapere quali categorie di operazioni sono concesse

con droni che non seguono la nuova classificazione? La

norma fino all’1 luglio 2022 stabilisce quanto segue:

-I droni con peso al decollo inferiore ai 250 grammi po-

tranno essere utilizzati in operazioni di categoria A1 C0;

-I droni con massa al decollo inferiore ai 500 grammi po-

tranno operare secondo i requisiti della categoria A1 C1,

quindi con obbligo di attestato;

I droni con massa compresa tra 500 grammi e 2 chili

potranno operare secondi i requisiti della categoria A2,

ma con una distanza minima di 50 metri dalle persone,

anziché 30 metri e con l’obbligo del doppio attestato;

I droni con massa tra i 2 e i 25 chilogrammi potranno

operare solo in categoria A3 e con l’obbligo di attestato

di competenza.

Il DJI Mavic 2 Pro, con i suoi 907 grammi potrà essere

utilizzato fino al 1 luglio 2022 per operazioni in catego-

ria A2, con doppio esame per il pilota. Finito il periodo

transitorio potrà essere utilizzato solo con distanza di

sicurezza di 150 metri dalle aree abitate. Alla fine del

regime transitorio, tutti i droni prodotti prima del primo

luglio 2022 e non aderenti ai requisiti del nuovo rego-

lamento, ricadranno necessariamente in uno dei due

seguenti casi:

-I droni con peso al decollo inferiore ai 250 grammi po-

tranno essere utilizzati in operazioni di categoria A1 C0;

-I droni con peso uguale o superiore ai 250 grammi e

fino a 25 Kg potranno essere utilizzati in operazioni di

categoria A3.

Sostanzialmente, a partire dall’1 luglio 2022, tutti i droni

non conformi al nuovo regolamento, non potranno es-

sere utilizzati in prossimità di persone non coinvolte e

si dovrà tenere la distanza di 150 metri da zone abitate

e fabbricati: in pratica continueranno a valere le norme

oggi in vigore e non si potrà beneficiare delle concessio-

ni offerte dal regolamento europeo.

Come conseguire l’attestato di competenzaIn attesa che si possa tornare all’area aperta e riprende-

re a far volare i nostri droni, si può approfittare di queste

settimane per studiare e preparare l’esame per ottenere

l’attestato per pilotare i droni con peso uguale o superio-

re ai 250 grammi, o di peso inferiore con videocamera.

Il materiale didattico è disponibile in PDF a questo in-dirizzo. L’esame può essere svolto online sul portale ap-

posito allestito da ENAC registrandosi qui. Per accedere

occorre essere in possesso dell’identità digitale SPID.

I candidati potranno effettuare due tentativi al giorno. In

caso di insuccesso dovranno aspettare due giorni prima

di poter ripetere il test. Nel caso di 6 insuccessi consecu-

tivi, si potrà accedere nuovamente all’esame solo dopo

30 giorni. Il costo dell’esame è di 31 euro e il pagamento

avviene solo a test superato. L’esame è composto da 40

domande, con un punteggio massimo complessivo di

80 punti. Per poter superare l’esame occorre totalizzare

almeno 60 punti.

di Roberto PEZZALI

L a nuova EOS R5 sta per riscrivere

nuovamente il settore video delle

mirrorless, alzando l’asticella ad un

livello dove nessuno si era ancor spinto.

Della EOS R5 sapevamo che sarebbe

stata in grado di registrare video anche

in 8K, tuttavia i dettagli che arrivano nelle

ultime ore, diramati da Canon, ci mettono

davanti ad una macchina professionale

che può competere in molti aspetti con

mostri sacri della ripresa video come le

Arri, le RED e le Sony. La registrazione

video a 8K sarà infatti su scheda interna,

e sarà possibile sia in formato RAW fino

a 29.97 fps sia in formato 4:2:2 a 10-bit

Canon Log (H.265) o 4:2:2 10-bit HDR

PQ (H.265), quindi a gamma dinamica

estesa. Più che l’8K è interessante però

la ripresa 4K HFR, ovvero a frame rate

elevato, quello che dovrebbe diventare

lo standard per molti documentari o per

eventi sportive, funzione questa che

solo alcune videocamere professionali

hanno. La EOS R5 registrerà video in 4K

fino a 119.88 fps in 4:2:2 10-bit Canon Log

(H.265)/4:2:2 o in 10-bit HDR PQ (H.265).

Usando un registratore 4K esterno, come

un Atomos, si potrà registrare video 4K

fino a 59.94 fps. Non ci sarà crop del

sensore, sia in modalità 4K sia in moda-

lità 8K: utilizzando le modalità 8K RAW

e 8K/4K DCI verrà utilizzato interamen-

te il sensore, mentre

usando la modalità Full

HD ci sarà un minimo

ritaglio dovuto alle pro-

porzioni. Altro dati inte-

ressante è la presenza

del sistema di messa a

fuoco Dual Pixel in tutte

le modalità di registra-

zione, sia 8K che 4K,

così come della regi-

strazione Canon Log, quindi un file da la-

vorare poi aggiungendo una LUT in fase

di post produzione. Per la prima volta su

una Canon, poi, sarà presente anche la

stabilizzazione a 5 assi sul sensore, che

lavorerà comunque con la stabilizzazione

VIDEO CREATIVO Canon ha diramato ulteriori informazioni sulla EOS R5, che sta per riscrivere il settore video delle mirrorless

Canon EOS R5, mirrorless con RAW 8K e 4K a 120 fps Le specifiche tecniche lasciano a bocca apertaUna fotocamera che, solo dal punto di vista video, stupisce: sulla carta riesce a fare cose che neppure le RED riescono a fare

presente sulle lenti Canon stabilizzate.

Nei mesi scorsi Canon ci aveva detto

che sarebbe stata una fotocamera con

due slot per le card di memoria: oggi

sappiamo che uno slot è per le card

CFexpress e uno per le SD UHS-II.

Page 27: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 27

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Cambiano i prezzi di Now Tv: HD sempre incluso, ma non da PC e smartphoneL’offerta di Sky in streaming si modifica con un nuovo listino, in vigore il 27 maggio per vecchi e nuovi clienti. Arriva il pass Kids e tutti i programmi potranno essere visti su due schermi in contemporanea di Pasquale AGIZZA

Now TV modifica la propria offer-ta, con un nuovo listino e una rior-ganizzazione dei pacchetti dal 27 maggio. Tutti i pass includeranno l’alta definizione e daranno la pos-sibilità di accedere alla program-mazione di Sky con due dispositivi in contemporanea (tranne il pac-chetto Sport). L’offerta di Now TV sarà composta dal Pass Cinema, a 9,99 euro al mese, dal Pass Enter-tainment, che comprende le serie TV, anch’esso a 9,99 euro e che può essere abbinato al Cinema per un costo di 14,99 euro al mese, dal nuovo Pass Kids che proporrà, a 3,99 euro al mese, una selezione di contenuti per i più piccoli, e il pass Sport, con Super HD, a 29,99 euro al mese. Tutti i pass includeranno l’alta definizione e sarà possibile visualizzare la programmazione di Cinema, Entertainment e Kids su due schermi in contemporanea. L’alta definizione non è disponibile da PC, smartphone o tablet. Inoltre alcuni canali che fanno parte dei pass non sono disponibili in alta risoluzione. Per chi è già cliente Now Tv non ci sarà nessun costo aggiuntivo. L’offerta si modificherà in automatico e gratuitamente.

di Massimiliano DI MARCO

I l contratto per i diritti TV della stagio-

ne 2019/2020 della Serie A deve es-

sere rispettato senza se e senza ma.

Ecco la posizione della Lega sull’even-

tualità che i licenziatari dei diritti, cioè

Sky, Dazn e Img (per l’estero), possano

chiedere di non pagare la quota in sca-

denza. Sul piatto ci sono 220 milioni da

pagare il 1 maggio, di cui 130 milioni solo

da Sky. La notizia è stata riportata inizial-

mente da Repubblica, ma DDAY ha potu-

to verificarne la veridicità. La Lega Serie

A è compatta: nessuna esclusione per il

pagamento dei diritti TV per la stagione

in corso. C’è maggiore apertura, invece,

per quel che riguarda un possibile scon-

to per la prossima stagione. Insomma,

i club hanno fatto i propri conti con il

budget stagionale previsto dall’incasso

per i diritti TV concessi a Sky, DAZN e

Img: senza di essi, ritengono le società,

verrebbero meno le fondamenta econo-

miche necessarie per il sostentamento

aziendale. L’eventuale mancanza di un

incasso dai diritti televisivi, infatti, si ag-

giungerebbe, per esempio, alle perdite

degli introiti dagli stadi.

Sky pressa per uno sconto. DAZN chiede una proroga della rataNaturalmente, la pensano diversamente

le pay TV, in considerazione che nessu-

na partita di Serie A viene trasmessa dal

9 marzo, cioè da quando il campionato

è stato bloccato poiché le misure restrit-

tive in vigore per il coronavirus hanno

condotto alla decisione di sospendere

la competizione. Per tale ragione, Sky

aveva avanzato la proposta di scontare

il pagamento per la prossima stagione,

con una forbice tra i 100 e i 190 milioni di

euro. In totale, Sky paga alla Lega Serie

A 750 milioni di euro l’anno. Nell’ultima

assemblea di Lega è stata confermata

la volontà, da parte di tutte e venti le

società, di portare a termine la stagione

“qualora il Governo ne consenta lo svol-

gimento, nel pieno rispetto delle norme

a tutela della salute e della sicurezza”.

Una fonte vicina a DAZN ha conferma-

to che si stanno svolgendo una serie

di conversazioni confidenziali e private

finalizzate, in puro spirito di collabora-

zione, a individuare la migliore soluzio-

ne possibile per ribilanciare la situazio-

ne, alla luce dell’impatto sul business

e sull’intero mercato che due mesi di

sospensione del campionato di calcio

hanno avuto. Per tale ragione, DAZN

ha chiesto una proroga al pagamento

dell’ultima rata, cioè quella prevista per

i primi giorni di maggio. La trattativa tra

le due parti (la Lega e le pay TV) resta

quindi aperta, sebbene la Lega Serie

A sembra aver posto di fronte a sé un

muro invalicabile, almeno per i paga-

menti relativi all’attuale stagione. La

partita (almeno questa) va avanti.

ENTERTAINMENT Risultati Spotify del primo trimestre 2020

Gli utenti Spotify ai tempi del virus Abbonati +31% rispetto al 2019

di Alessandro CUCCA

Come era facile prevedere, Spo-

tify, così come altri servizi di in-

trattenimento via streaming, ha

incrementato il giro di affari in questi

tempi di pandemia. In questo primo

trimestre del 2020 infatti, gli abbonati

di Spotify sono saliti fino a raggiun-

gere il totale di 130 milioni nel mon-

do (+31% rispetto allo scorso anno),

consolidando in questo modo la sua posizione di leader, nel mercato dello streaming

musicale, di fronte ad Apple e Amazon. Gli introiti di Spotify sono generati dal giusto mix

tra quote di abbonamento e proventi pubblicitari derivanti dagli annunci mostrati ai non

abbonati. Se in questo periodo Spotify ha perso qualcosa sul fatturato pubblicitario, ha

recuperato sul totale grazie all’aumento a doppia cifra degli abbonati, realizzando un

incremento del 22% rispetto all’anno precedente, anche se di pochissimo inferiore alle

previsioni degli analisti.Nelle ultime settimane di marzo, Spotify ha visto crescere il suo

utilizzo da casa, dove in tanti adesso sono costretti a restare e lavorare, contro un calo

significativo degli accessi alla piattaforma da mobile. Chi ha usufruito di Spotify da casa

inoltre, lo ha fatto sempre di più tramite una console, sia Xbox sia PlayStation. Per il tri-

mestre che verrà, quello che si conclude a fine giungo, Spotify si aspetta di raggiungere

una quota di abbonati tra 133 e 138 milioni, mentre gli analisti prevedono di tagliare il

traguardo dei 136, 5 milioni di iscritti totali. Questo risultato porterebbe i ricavi totali a in

un intervallo tra 1,75 e 1,95 milioni di euro, contro i 2,02 attesi.

ENTERTAINMENT La Lega Serie A chiede che il contratto sia rispettato senza ulteriori discussioni

Scontro sui diritti TV della Serie A La Lega vuole i soldi, Sky e DAZN trattareLe pay TV chiedono di trattare perché dal 9 marzo non è stata trasmessa alcuna partita di campionato

Page 28: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 28

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Amazon Prime Video: adesso si possono anche acquistare e noleggiare filmAmazon lancia anche in Italia lo store per il noleggio e l’acquisto di film tramite Prime Video. In catalogo le novità cinematografiche Disney, Warner, NBCUniversal, Sony, Paramount, Lionsgate, Rai Cinema e Medusa Film di Paolo CENTOFANTI

Amazon ha annunciato l’estensio-ne anche all’Italia del servizio di noleggio e acquisto di film tramite Prime Video. Lo store di video on demand, che era già disponibile negli Stati Uniti, Regno Unito, Ger-mania e Giappone, va ad affianca-re l’offerta in streaming in abbona-mento, aggiungendo il catalogo delle ultime novità cinematografi-che. Le modalità sono praticamen-te le medesime degli altri servizi di video on demand: noleggio con diritto di visione di 48 ore e 30 giorni per iniziare la prima riprodu-zione, acquisto per poter vedere per sempre il film e aggiungerlo alla propria libreria. I film potranno essere riprodotti con tutti i disposi-tivi per cui è disponibile l’app Pri-me Video e occorrerà un account Amazon per poter effettuare l’ac-quisto, che potrà avvenire via web o in app su Android, Smart TV e dispositivi Fire TV. Niente acquisto in app per il momento in Italia su dispositivi iOS, anche se questa possibilità è stata aggiunta per Sta-ti Uniti, Regno Unito e Germania.Nel catalogo non sono disponibi-li serie TV. I film sono disponibili apparentemente solo in full HD, quindi niente 4K, ma quanto meno in HDR.

di Gaetano MERO

L e principali associazioni dell’industria

cinematografica hanno firmato una

lettera comune indirizzata all’Unio-

ne Europea per chiedere un intervento

urgente a contenimento dell’impatto

economico e sociale della pandemia sul-

l’intero settore. Il comparto cinematogra-

fico e audiovisivo, rappresentato da APA,

ANAC, ANICA, EPC, Europa Cinemas,

FAPAV, FIAPF, IVF, MPA, UNIC, Univideo

e 100 Autori, si appella dunque a Bruxel-

les per un intervento in grado di salvare il

futuro del settore fortemente penalizzato

dall’impatto del lockdown e dal distan-

ziamento sociale in vigore nei Paesi del-

l’Unione Europea. “Riteniamo necessario

un intervento immediato da parte delle

Autorità” si legge nella missiva. “Senza un

forte impegno europeo, il settore rischia

di non poter superare l’impatto di questa

crisi senza precedenti”.

Già persi 5 miliardi di dollari nel mondoSecondo le prime stime effettuate, il set-

tore nel mese di marzo ha già segnato

una perdita a livello globale di 5 miliardi di dollari. Cifra chiaramente destinata a

salire fino alla riapertura delle sale, che

rimane tuttora senza una data certa.

Tra i fattori che preoccupano le associa-

zioni c’è anche il tempo: “L’impatto deva-

stante della pandemia sull’industria non si

fermerà quando si riprenderà la vita di tut-

ti i giorni, piuttosto, potrebbe dimostrarsi

molto più profondo di quanto avessimo

immaginato. I suoi effetti continueranno a

farsi sentire in profondità nel tempo”. Le

proposte alternative sono state avanzate

principalmente dalle piattaforme strea-

ming, che hanno iniziato ad offrire da

qualche settimana la visione in antepri-ma assoluta di alcuni titoli sostituendosi

di fatto al cinema. Un impegno che tut-

tavia le associazioni ritengono non suffi-

ciente, al fine di riprendere investimenti e

produzioni interrotte, e che necessita un

forte sostegno da parte delle istituzioni.

Le associazioni di categoria si appellano

inoltre all’utilità dello mezzo cinematogra-

fico il quale “potrà rappresentare un va-

lido canale per i dibattiti e le discussioni

che nasceranno attorno al post-Covid-19

e che saranno essenziali per le democra-

zie europee al termine dell’emergenza”.

ENTERTAINMENT Il settore si rivolge all’Unione Europea per un urgente intervento a propria tutela

Coronavirus, il cinema si appella all’UE “Chiediamo un intervento urgente”Perdita globale di 5 miliardi di dollari. “Impatto devastante sull’industria dell’intrattenimento”

di Alessandro CUCCA

Come già riportato, WhatsApp ave-

va cambiato le regole per i mes-

saggi considerati “virali”, limitando

l’inoltro al massimo a una chat per volta.

WhatsApp considera “virali” quei mes-

saggi inoltrati più di 5 volte e su questi

applica i limiti di cui sopra, impendendo

che da un certo momento in poi questi

vengano mandati a più di una persona

per volta. I risultati di questo cambio di

impostazione non hanno tardato ad ar-

rivare, e oggi WhatsApp è in grado di

annunciare una riduzione del 70% dei

messaggi virali scambiati tramite la sua

piattaforma.

Limiti di questo tipo esistono dal 2018

e sono stati testati in maniera diversa in

vari paesi. In India, per esempio, all’inizio

il limite di successivi inoltri era di 5 per-

sone e questo portò all’epoca a un calo

del 25% della diffusione di messaggi vi-

rali. Con l’estensione di limiti simili a tutti

gli utenti del mondo siamo giunti oggi ai

risultati appena dichiarati.

Ovviamente, grazie alla cifratura dei

messaggi, WhatsApp non può dire con

certezza quanto questo calo di diffusio-

ne riguardi i messaggi illegali e di false

informazioni, ma si limita a osservare

un generico calo del traffico di messag-

gi scambiati, ipotizzando che l’impatto

maggiore riguardi proprio quel genere

di contenuti, a salvaguardia delle con-

versazioni private e personali.

APP WORLD WhatsApp ha dichiarato di aver visto ridurre il traffico dei messaggi “virali”

Stretta sui messaggi virali su WhatsApp calo del 70%Aver limitato il numero di inoltri possibili a una chat per volta, ha dato i risultati attesi

Page 29: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 29

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Sergio DONATO

U na tecnologia apripista, una diversa filosofia

di piega, e un sistema operativo da ricostruire.

Mate XS è il pieghevole di Huawei che fa del

coraggio la sua caratteristica migliore, anche per il

mondo che si è trovato intorno nel momento in cui è

stato sviluppato e poi distribuito: la messa al bando

americana e la pandemia da coronavirus, come se

uno schermo pieghevole, che rende il Mate XS uno

smartphone costosissimo da 2.599 euro, non fosse

già abbastanza. Lo abbiamo stressato per bene, il

pieghevole all’avanguardia di Huawei, scovandone i

punti deboli e quelli di forza.

I punti cardine del Mate XS da avere ben chiariIl Huawei Mate XS ha uno schermo da 8” in polime-

ro plastico che si piega, e non un display che si apre.

Sebbene sia di fatto la stessa cosa, la sottile differenza

nel concetto di piega identifica la filosofia seguita da

Huawei per realizzare il suo pieghevole.

Lo schermo da 8” è “teso” e piegandosi verso l’ester-

no si aggancia a un sistema di blocco meccanico

posto sul retro. Il display non è contenuto e protet-

to da un ipotetico libro che si chiude, come avviene

per il Galaxy Fold di Samsung, ma l’esatto opposto.

Lo schermo è la copertina di un libro immaginario, e

quando si preme il meccanismo di sgancio si apre con

un piccolo scatto. Sta poi al proprietario completare

l’apertura dello schermo usando le due mani, fino a

raggiungere l’estensione completa di 8”. Il Mate XS

ha un sistema operativo basato su Android 10 e con

interfaccia grafica EMUI. Come sappiamo, non si tratta

dell’Android in salsa Google con i relativi servizi GMS

(Google Mobile Services): il Mate XS si serve degli

HMS (Huawei Mobile Services), con un l’App Gallery

al posto del Play Store. Un punto da tenere bene a

mente, e che per forza di cose è uno dei principali nel-

la valutazione complessiva del pieghevole Huawei.

Quella che potete leggere dopo è la recensione lega-

ta al prodotto: tutte le considerazioni legate al sistema

TEST Huawei Mate XS arriva da noi nella versione migliore del pieghevole Huawei. Il Mate XS è l’acquisto consapevole per eccellenza

Huawei Mate XS. La forza è nello schermo pieghevole Ma il prezzo spaventa: 2599 euroMate XS deve convivere con 3 nodi indistricabili: il prezzo, i casi d’uso e la mancanza delle Google Apps. Un coraggio apprezzabile

operativo le abbiamo raggruppate in una lunghissima

guida con tutte le formazioni necessarie, in piena tra-

sparenza.

Com’è fatto il Huawei Mate XSIl pieghevole di Huawei arrivato in Italia è una evolu-

zione della prima versione, mai commercializzata nel

Belpaese e conosciuta semplicemente con il nome di

Huawei Mate. Il Mate XS ha una cerniera più robusta,

una chiusura meccanica posteriore migliorata e anche

uno schermo più curato, soprattutto nella piega cen-

trale. Lo schermo è un OLED composto da due strati

di polimeri (un poliimmide di tipo aerospaziale) attac-

cati al telaio con una “colla mobile”, lo strato superiore

scorre su quello inferiore per facilitare la piega e dare

flessibilità allo schermo. Lo schermo è “soffice”. Non

è gommoso, ma senza dubbio non ha la durezza del

vetro. Nell’uso quotidiano, questa caratteristica non

ha alcuno svantaggio. Solo il suono è leggermente più

ovattato rispetto a un equivalente in vetro, specie se lo

schermo viene picchiettato con l’unghia.

Aprendosi in due sezioni che naturalmente restano

unite, il Mate XS ha uno spessore che cambia se le

sezioni sono ripiegate o completamente estese. Lo

spessore più piccolo è di 5,4 mm, quello più grande

Huawei Mate XSUNA PIEGA A CARO PREZZO 2599,00 €

Mate XS è la sua piega. Lo smartphone pieghevole di Huawei punta tutto sulla sua caratteristica speciale e al momento unica nel panorama degli smartphone: quella piega verso l’esterno che segue una filosofia opposta rispetto all’unico rivale al momento sul mercato, il Galaxy Fold.La scelta è giusta, in questo modo lo smartphone, anche da piegato, offre al proprio utente uno schermo che egli avrebbe trovato anche in un prodotto non pieghevole. Almeno per il suo utilizzo. La resistenza è un altro paio di maniche e solo il tempo può essere un recensore affidabile.Ma il Mate XS risulta sempre utilizzabile, e se si ha necessità dello schermo più grande, lo si apre. Non si è quindi “costretti” a farlo: in questo modo lo schermo da 8” diventa davvero una possibilità in più. Certo, è sostanzialmente più fragile, ma non nella cerniera, che invece sembra pronta a fronteggiare qualsiasi difficoltà e, per il momento, senza scricchiolii.In questo scenario bellissimo fanno da contrasto due antagonisti: la mancanza delle Google Apps, o meglio, dei servizi GMS di Google, e il prezzo. Con la prima, a patto di essere utenti consapevoli, si riesce a convivere, pur rinunciando a tutto ciò che è legato alla “cronologia” di un profilo Google con anche le varie personalizzazioni: perché molte app made in Google funzionano senza problemi. Il prezzo, invece, che per forza di cose deve tenere conto anche della mancanza dei servizi Google, è altissimo. 2.599 euro è il costo di una tecnologia apripista che però devo anche lottare con i denti per trovare la sua nuova via software. Queste due limitazioni sono il prezzo che questa volta è il Mate XS a dover pagare. Ci è piaciuto però il coraggio di Huawei, e la voglia di provare a fare le cose per bene “nonostante tutto”, e di indicare una strada nuova e inesplorata nel mondo dei dispositivi mobili.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

8 7 9 7 9 67.6COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEFilosofia di piega esterna. Utile solo quando serveCerniera resistenteAdattabilità delle app a schermo aperto

Qualche dubbio sulla durata dello schermo in polimeroSoftware delle fotocamere non ancora perfettoMancanza dei servizi Google

lab

video

segue a pagina 30

Page 30: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 30

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di 11 mm. In ogni caso, anche quando è aperto, il Mate

XS ha sempre lo spessore più grande rappresentato

dalla “barra verticale” posteriore che ospita le fotoca-

mere e il meccanismo di chiusura, e che funge anche

da comoda “maniglia” per il suo trasporto o il suo

utilizzo. Sulla falsariga delle maniglie delle macchine

fotografiche, per rendere l’idea. Sul bordo destro c’è il

sensore d’impronte a sfioramento, che può essere an-

che premuto per l’accensione del telefono o per altre

funzioni, e il bilanciere del volume. Sul bordo superio-

re c’è il cassetto per le due SIM. Su quello inferiore ci

sono l’altoparlante mono, i microfoni e la porta USB-C

per connettere il Mate XS al PC oppure per ricaricarlo

con il cavo e il caricabatterie in dotazione: un 65W con

SuperCharge che porta la batteria dal 5% al 90% in

soli 30 minuti. La batteria è una coppia di due celle da

2.250 mAh l’una per un totale di 4.500 mAh.

Sul bordo sinistro non c’è “niente” quando il Mate XS

è aperto, a parte l’aggancio per la chiusura meccanica.

Quando invece è chiuso, il bordo ovviamente diven-

ta la sezione nera dello schermo piegato, che perde

qualsiasi funzione tattile.

Dentro c’è un nuovo processore rispetto alla prima

versione Mate. Nell’XS c’è un octa-core Kirin 990 con

modem 5G e GPU Mali-G76 a 16 core. Il telefono ha 8

GB di RAM e ben 512 GB di spazio per l’archiviazione.

Le fotocamere posteriori meritano un discorso a parte,

e per adesso diciamo che sono quattro e hanno uno

sviluppo verticale. Il sensore principale è lo stesso 40

MP visto sul P30 Pro, che può diventare da 10 MP in

modalità “binned” e che si abbina a un’ottica da 27

mm f/1.8. Poi c’è l’ultra-grandangolare da 17 mm f/2.2

da 16 MP, il teleobiettivo da 8 MP che gestisce le focali

81 mm e 135 mm con apertura f/2.4 e che ha la stabi-

lizzazione OIS; e infine c’è la camera con sensore ToF

per la mappa di profondità.

Una custodia che diventa una parte imprescindibile del Mate XSAbbiamo dunque imparato che lo schermo del Mate

Xs si piega in fuori, non in dentro. Quando è piegato,

la parte anteriore equivale a uno display di 6,6” con

risoluzione 2480 x 1148 pixel, e quella posteriore a uno

di 6,38” con risoluzione di 2480 x 892 pixel. Quando

è aperto, lo schermo da 8” ha ovviamente una risolu-

zione che somma le due orizzontali, quindi diventa da

2480 x 2200 pixel.

Già dal diverso numero di pixel utilizzabili quando sono

ripiegati, si capisce che i due schermi (che di fatto è

sempre e solo uno: teniamolo sempre in considerazio-

ne) hanno fattori di forma diversi. Quello posteriore è

molto più stretto e lungo e, da chiuso, viene usato pra-

ticamente solo per i selfie e per una funzione specifica

dell’app della fotocamera (che permette di far vedere

al soggetto ripreso come verrà in foto).

In realtà, lo schermo posteriore svolge un lavoro du-

rissimo e inusuale per un qualsiasi altro display, alme-

no con questa costanza. Diventa inevitabilmente la

superficie su cui poggia il telefono per la gran parte

del tempo.

Non ci sono altri spessori - per esempio sul montante

verticale che ospita le fotocamere - quindi lo scher-

mo posteriore incontrerà la superficie dura di mobili,

TEST

Huawei Mate XSsegue Da pagina 29

scrivanie o tavoli. Il polimero di plastica che serve da

schermo è in sostanza ciò che in altri telefoni è un re-

tro di vetro super resistente che di solito fronteggia

il rischio di graffi e piccoli urti. La custodia, fornita in

dotazione, deve quindi essere considerata come una

parte fondamentale del Mate XS e del suo aspetto, ed è

il motivo principale per cui compare spesso nelle foto a

corredo di questa recensione. Il non usarla è una scelta,

ma il suo impiego diventa quasi un obbligo.

Si tratta di una cornice in materiale plastico dotata di

adesivi che abbraccia tutto il Mate XS. È ingegnerizzata

molto bene e lo spessore aggiuntivo, contrariamente

alle nostre aspettative, non si nota tantissimo: tranne

che per gli unici punti in gomma in corrispondenza dei

due perni delle cerniere. Sono l’unica nota stonata. Stan-

no quasi sempre al loro posto, ma la formazioni di certe

gobbette sono inevitabili e capita di ritrovarsi a spingerle

in giù con il pollice.

Con la cover montata, il retro del Mate XS poggia sui

bordi della custodia stessa e lo schermo posteriore è

molto più al sicuro da abrasioni e attriti vari e inevitabili.

All’inizio avevamo pensato che le linguette di plastica

della cover fossero protezioni, in realtà sono adesivi: la

cover è talmente sottile che è fatta di profili incollati al

telefono. Una volta montata, la cover non può essere

più tolta. Bisogna però specificare che nella confezione

dello smartphone Huawei ha inserito un foglietto di istru-

zione che lo indica con chiarezza.

La cover protegge un po’ dagli urti ma non è risolutiva: lo

schermo resta sempre un polimero plastico e abbiamo

già notato, nel corso della nostra recensione, la compar-

sa di alcuni piccoli segni sullo schermo posteriore.

Le possibilità offerta da uno schermo pieghevoleInutile girarci intorno, è lapalissiano. Il Mate XS lo si

compra per lo schermo pieghevole e per l’uso che

se ne vuole fare. Oppure, per attirare l’attenzione. La-

sciamo da parte quest’ultima possibilità, che non porta

argomenti alla recensione e vediamo più da vicino co-

m’è interagire con lo schermo pieghevole da 8”.

La prima cosa da mettere in evidenza è che per aprirlo

e chiuderlo completamente servono due mani. Certo,

in caso di emergenza si può fare l’una o l’altra cosa

servendosi di un supporto rigido momentaneo: anche

una gamba, o il bordo di un tavolo.

Per chiuderlo è sufficiente fare una leggera pressio-

ne sui bordi e completare il movimento fino a rag-

segue a pagina 31

Page 31: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 31

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

giungere il meccanismo di blocco posto sul retro. Per

aprirlo bisogna premere lo stesso meccanismo, e lo

schermo fa uno scatto che lo porta a sollevarsi di circa

45° in un attimo. Se lo si lascia stare, arriva lentamente

fino a un angolo di 90°: a quel punto serve l’interven-

to della persona per completare l’apertura. Quando

è acceso, lo schermo, che sia aperto o chiuso, ha un

tenue “color shifting” virato al verde quando viene in-

clinato in qualsiasi direzione anche solo di 10°, ma è

talmente contenuto che non disturba. L’uso del touch

non incontra problemi nella convivenza con la natura

pieghevole dello schermo. È sempre molto reattivo.

Qualche leggera difficoltà la si trova sul bordo sinistro,

quando il Mate XS è chiuso, e si provano a compiere

lavori di precisione, come lo spostamento del cursore

per l’inserimento del testo in un punto specifico. Ma

è un problema comune alla struttura curva, e che si

può presentare anche in smartphone tradizionali con

questa infelice soluzione.

Quando il Mate XS è aperto e viene utilizzato, la piega

centrale (o la zona che l’aveva ospitata da chiuso) non

dà problemi. Non è visibile alcuna deformazione del

display, specie se si naviga su pagine o si usano app

con sfondi molto luminosi. Al tatto si avverte un cam-

bio di uniformità solo con la digitazione a scorrimento,

quando si passa col dito nella zona centrale.

La cerniera non fa rumori strani e appare molto robu-

sta. Dopo i timori iniziali, l’apertura e la chiusura dello

schermo risulta naturale e offre una certa sicurezza.

Nel senso che dopo pochissimo tempo sparisce la

paura di danneggiare il dispositivo, che sembra co-

struito per affrontare dure battaglie.

Non abbiamo mai avuto difficoltà nell’adattamento

grafico delle app al passaggio da schermo chiuso a

schermo aperto o viceversa. Quelle di Huawei nate

insieme al telefono o installabili dall’App Gallery han-

no qualche accortezza grafica in più, ma anche quel-

le installate attraverso APKPure si sono comportate

sempre benissimo. Un esempio su tutti, Maps di Goo-

gle. Di certo, non un’app dei servizi HMS, che però

funziona e si adatta senza problemi. Naturalmente, lo

schermo da 8” consente anche la convivenza in mul-

tifinestra di due app, ma divise solo verticalmente, più

una fluttuante. Non tutte le app possono sfruttare il

multischermo al momento, ma è ipotizzabile che col

tempo saranno sempre di più. Tuttavia, le combina-

zioni provate ci hanno sempre soddisfatto. Per esem-

pio, Office da una parte e il browser dall’altra (di tutti i

browser provati, solo Chrome ed Edge non supporta-

no il multifinestra, mentre Brave, DuckDuckGo e Fire-

fox – ma solo se è la prima app a essere aperta – si

adattano senza problemi); oppure Lightroom e l’app

Galleria.

In molti casi, come quest’ultimo, è possibile trascinare

i contenuti di testo o multimediali con il dito da un’app

all’altra.

Una delle possibilità più intriganti offerte dal Mate

XS e dal suo schermo pieghevole è apparentemente

quella più banale: la visione delle foto appena scatta-

TEST

Huawei Mate XSsegue Da pagina 30

te ed eventualmente il loro editing.

Guardare una foto su uno schermo portatile di dimen-

sioni generose non è nulla di nuovo, ovviamente, ma

in questo caso si ha la mobilità di uno smartphone

e la capacità di ingrandirne lo schermo al bisogno

per rivedere la foto fresca di scatto. La sensazione

è senz’altro positiva, e le persone a cui lo abbiamo

mostrato hanno sempre reagito con un’espressione

di stupore. Non solo per lo schermo pieghevole, ma

per la foto da poter vedere in dimensioni maggiori ri-

spetto al solito e con le stesse condizioni di scatto,

cioè con uno smartphone.

Le fotocamere, buone ma con un software da rivedereI più attenti se ne saranno accorti, ma non è stata citata la

camera selfie tra le caratteristiche del Mate XS. Sempli-

ce, i selfie godono delle camere “posteriori” e della loro

qualità, dato che vengono scattati quando lo schermo

è chiuso. Se si prova a fare un selfie quando è aperto, il

Mate XS ci chiede di essere chiuso e di essere girato.

Quindi, si attiva lo schermo posteriore, più lungo e stret-

to, e si è pronti per il selfie. Tuttavia, il telefono rimane

completamente funzionante. Se arrivano, notifiche, se si

Ultragrandangolare 16 MP 17 mm

segue a pagina 32

Grandangolare 10 MP 27 mm

10 MP 40 MP

Page 32: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 32

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

vuole navigare, se ci chiama qualcuno, possiamo usare

il Mate XS anche attraverso lo schermo posteriore. Tut-

te le gesture sono attive. Le fotocamere hanno lenti

LEICA Vario Summilux-H con aperture da f/1.8 a f/2.4

e con focali da 17 mm a 80 mm. Questo fa immediata-

mente sospettare che il 5x, che equivale a una focale

di 135 mm, sia uno zoom ibrido.

Il Mate XS, in modalità “Foto” può scattare in fatti con

quattro livelli di zoom: Ampio, che sfrutta il sensore

da 16 MP e ha una focale di 17 mm: 1x, che identifica

la camera principale con sensore binned da 40 MP e

focale da 27 mm; 3x, usato dal sensore da 8 MP per

il teleobiettivo da 81 mm; e poi c’è il 5x, che arriva

appunto a 135 mm grazie all’aiuto di un’interpolazione

digitale. In ogni caso, tutti gli scatti con il teleobiettivo

da 8 MP (3x o 5x) hanno un risoluzione di 10 MP. Signi-

fica che il Mate XS, per coerenza con le impostazioni

indicate nel menu, porta comunque la risoluzione di

scatto a 10 MP con un’interpolazione. È una pratica

già vista ai tempi del P30 Pro.

Il Mate XS non è un camera-phone, ma di certo non

poteva lasciare indietro il reparto fotografico, con-

siderando anche il suo costo. Le lenti LEICA sono

ottime, il sensore principale è molto probabilmente

quello da 40 MP del P30 Pro (e non quello del Mate

30 Pro), ma il software a corredo in alcuni casi risul-

ta un po’ ingolfato. Soprattutto negli scatti tele 5x, si

può essere testimoni di una indecisione dell’autofo-

cus, che in realtà sembra una titubanza del Mate XS

nell’applicare anche a schermo l’interpolazione per

la focale da 135 mm. Negli scatti con poca luce (sen-

za la modalità Notte) il Mate XS non si trova a suo

agio. I contorni possono apparire impastati. Inoltre,

può capitare un leggerissimo ritardo tra il momento

della pressione del tasto e lo scatto vero e proprio

della foto. Però, in interni mediamente illuminati da

luce solare il Mate XS recupera punti e porta a casa

delle buone foto.

Quando invece di luce ce n’è abbastanza, il Mate XS

si comporta molto bene con tutte le ottiche. Solo uno

zoom più approfondito rivela un po’ di impastamento

dei dettagli più complessi; ma la visione a schermo

dello scatto appena fatto di solito è sempre soddi-

sfacente. Gli scatti a “tutto sensore”, quindi da 40 MP,

TEST

Huawei Mate XSsegue Da pagina 31

cedono qualcosa alla gamma dinamica perché non

possono avvantaggiarsi della modalità binned come

per la risoluzione da 10 MP, cioè quando il sensore da

40 MP “rinuncia” a parte dei suoi pixel per recuperare

luminosità sulle ombre e sulle luci. È un compromes-

so già visto: se si vuole una risoluzione superiore bi-

sogna dire addio a una luminosità più uniforme, ma

che a volte può apparire anche più artificiale.

Di notte le cose non vanno benissimo, o meglio, i

risultati sono sufficienti solo quando gli scenari not-

turni hanno un po’ di luce artificiale a corredo. L’astro-

fotografia a mano libera è sconsigliata, perché le foto

risultano impastate. Il Mate XS purtroppo non pre-

vede altra funzionalità per gli scatti notturni se non

quella del “conto alla rovescia mentre si tiene fermo

lo smartphone”. Invece di proporre una soluzione di

rapidi scatti a diverse sensibilità da ricomporre, sce-

glie quindi (apparentemente) solo il tempo di posa

lungo, con risultati che possono essere anche diversi

a seconda dello scenario di scatto.

In modalità Pro, lo smartphone è capace di acquisire

immagini RAW in formato DNG. È possibile sceglie-

re la risoluzione delle foto, ma essa si riferisce ai file

JPG dello stesso scatto creato insieme al RAW, che

invece sarà sempre e soltanto da 40 MP se si usa lo

zoom 1x. Altrimenti si avranno 8 MP per il 3x e 16 MP

per l’ultra grandangolare, valori che per forza di cose

devono seguire pedissequamente la dimensione dei

relativi sensori dietro le ottiche.

RAW non molto prestanti, purtroppo. La luminosità è

complessivamente più bassa, e i sensore, non appli-

cando alcun processo ai dati ottenuti, mostrano foto

poco nitide che devono essere corrette in fase di

sviluppo. I video si comportano decisamente bene.

Risoluzioni da 720p a 16:9 4K, passando per tutte le

1080p con rapporto d’aspetto di 16:9, 19,5:9 e 21:9.

Tutte stabilizzate e senza crop, 4K compreso, che può

acquisire filmati anche a 60 fps.

Com’è usare il Mate XSIl Mate XS sconta un po’ il peso, 300 grammi, e la sua

forma quando è chiuso. 11 mm si sentono in tasca, e

poggiato sulla scrivania appare come un bel panetto.

Tuttavia, nell’uso quotidiano la cosa che più colpisce

è che il passaggio alle due dimensioni dello schermo

avviene sempre in modo naturale, e non si è mai trat-

tenuti dal volerlo fare. Se l’attività lo rende necessario,

il Mate XS si apre e si chiude volentieri e senza proble-

mi. La ricezione è sempre stata molto buona, compresa

quella del segnale Wi-Fi. Nessun perdita di connessio-

ne. Lo schermo principale da chiuso, non ha ovviamen-

te notch o hole-punch di sorta perché le fotocamere

sono tutte dietro e, per mantenere una linea più pulita

possibile, in Huawei hanno destinato la capsula aurico-

lare a una sottilissima linea forata. L’audio in capsula è

buono a patto che non si alzi troppo il volume, perché

altrimenti la voce dell’interlocutore risulta un po’ trop-

po gracchiante. Dall’altra parte ci hanno sentito sem-

pre molto bene. L’audio dell’altoparlante monofonico

è potentissimo, con le basse frequenze che vengono

fagocitate dalle alte se però si esagera con il volume.

Le cuffie in dotazione sono nella media e non hanno

stupito per qualità particolari. La batteria da 4.500 mAh

divisa in due celle (una per ogni sezione verticale del

Mate XS) si comporta benissimo. Porta a fine giornata

con molta tranquillità. Con un uso accorto si possono

raggiungere anche i due giorni di utilizzo. Ci riserviamo

però di fare il test batteria DDAY per aver dati molto più

precisi. Arriverà nelle prossime settimane.

Il Mate XS non scalda, se non leggermente quando è

in carica. Ma nell’uso quotidiano non si sono avvertiti

fastidi legati alle temperature. Huawei dichiara che per

il raffreddamento del Mate XS si è servita di una solu-

zione basata su una grafite flessibile che, al contempo,

deve seguire la natura pieghevole e la dissipazione bi-

lanciata del calore per i due settori uniti dalla cerniera.

Page 33: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 33

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Roberto PEZZALI

i Phone SE, Special Edition. Dopo mesi di smartphone

con prezzi da capogiro, anche più di 1.000 euro, tro-

varsi davanti ad uno smartphone con la mela incisa

sul retro e un prezzo di listino di 499 euro fa sorridere.

Come fa sorridere anche il fatto che questo smartpho-

ne ha all’interno un processore che è più potente di

quello usato oggi da smartphone che costano pratica-

mente il doppio, l’A13 Bionic.

Tuttavia qui non è solo questione di potenza: avere a

bordo un processore A13, lo stesso dell’iPhone 11 Pro,

vuole anche dire avere la garanzia di uno smartphone

che verrà aggiornato per almeno 5 anni. Apple con il

nuovo iPhone offre concretezza: l’abito non fa il mona-

co. Niente schermi curvi giganti e niente tripla camera,

ma dimensioni compatte, ricarica wireless, protezione

dall’acqua e un corpo costruito con la solita maniacale

attenzione ai dettagli di Apple. E, forse l’aspetto più im-

portante, iOS a bordo con la certezza di aggiornamenti

costanti sotto il profilo della sicurezza e delle funziona-

lità. Ci troviamo davanti a quello che è in assoluto uno

dei prodotti più importanti di Apple negli ultimi anni:

l’iPhone SE è uno smartphone speciale, non esce ogni

anno ma esce solo quando Apple si rende conto che

ci sono tantissime persone legate al suo ecosistema

che hanno ancora in tasca modelli vecchi, iPhone 6,

iPhone 6S, iPhone 7. Persone che vorrebbero anche

cambiarlo, ma non vogliono (o non possono) spendere

quello che viene chiesto oggi da Apple per un iPhone

XR o per un iPhone 11 e non hanno alcuna intenzione

di prendere in considerazione Android.

Tuttavia, rispetto al primo iPhone SE, l’edizione 2020

potrebbe attrarre anche tantissime persone che da

anni usano Android, e che oggi, anche volendo, non

potrebbero comprare un prodotto simile con Android

per un semplice motivo. Non esiste. Nessun altro

produttore, infatti, ha pensato di realizzare uno smar-

tphone compatto, con un’ottima fotocamera, lo stesso

processore usato sui top di gamma, uno schermo di

qualità e la ricarica wireless; se dovesse esistere, poi,

non avrebbe 5 anni di aggiornamenti garantiti.

Tutto a 499 euro, che non sono pochi ma sembrano

pochi in un mondo di prezzi impazziti: con i 1.199 euro

chiesti da Motorola per il suo edge+ oggi una persona

TEST iPhone SE è oggi lo smartphone più piccolo e potente sul mercato: impossibile trovare un prodotto così compatto con questa qualità

Apple iPhone SE 2020, recensione. Senza rivaliApple guarda alla sostanza e anche il prezzo sorride: 499 euro. Non poco, ma se guardiamo al resto del mondo, neppure troppo

può comprarsi un iPhone SE, 499 euro, un iPad, 389

euro e un Apple Watch 3rd gen (o un paio di AirPods)

risparmiando pure qualcosa.

Come ci siamo trovati con il nuovo iPhone? Passare da un iPhone 11 ad un iPhone SE può essere

un po’ traumatico, come può esserlo anche passare

all’iPhone SE da un qualsiasi smartphone Android mo-

derno. Nonostante lo smartphone non sia piccolissimo,

i 4.7” di schermo lo sono. Il design, lo sappiamo, è lo

stesso di iPhone 8, un sandwich di alluminio e vetro

con abbondanti cornici sopra e sotto lo schermo. Nien-

te FaceID, si torna al Touch ID, niente notch, lo schermo

è meravigliosamente rettangolare con gli spigoli vivi.

Qualcuno potrebbe dire che si poteva fare lo schermo

più grande o che si potevano ridurre le cornici, in realtà

il prezzo basso, 399$ negli States, si può raggiungere

iPhone SE 2020UN PRODOTTO UNICO. CHE POTREBBE FARE SCUOLA 499,00 €Un prodotto come l’iPhone SE non esiste. Piccolo, completo e potente, tutto quello che molti vorrebbero da uno smartphone. Il primo iPhone SE ha venduto tanto, ma non è stato per Apple uno smartphone da numeri record: questa nuova edizione, complice anche l’aumento delle dimensioni degli schermi degli smartphone e dei prezzi, potrebbe avere molto più successo, anche in relazione alla complicata situazione economica che porterà ad una recessione globale.E potrebbe anche fare scuola, spingendo tanti produttori di smartphone Android a cambiare l’approccio scalare dove il meglio va solo sul top di gamma, e poi si scende progressivamente: l’iPhone SE insegna che ci sono alcune cose, come il miglior processore, la protezione IP67, la ricarica wireless e tutta la parte di rete che non possono essere elemento discriminante. Per creare la gamma si può lavorare sul design, sui materiali, sullo schermo e sulle fotocamere. Alla domanda “come va l’iPhone SE” si potrebbe rispondere “E’ un iPhone”, e trattandosi di un prodotto rivolto soprattuto a chi viene dal mondo Apple e vuole restare nel mondo Apple queste tre parole bastano e avanzano. E’ veloce, velocissimo, ha un ecosistema integrato sempre più completo e aperto, ha una fotocamera eccellente se inserita nella sua fascia di prezzo, è solido, robusto, compatto. Cosa manca? Una modalità notte per la fotocamera, sarebbe servita. Ma per il resto ha tutto quello che serve per rendere felice un utente Apple di vecchia data, e per incuriosire anche chi ha sempre usato fino ad oggi Android. Prezzo incluso.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 10 7 9 7 98.8COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEPrestazioni eccellenti e costruzioni impeccabileFotocamera e autonomia migliori di quanto ci si potesse aspettareSicurezza di tanti anni di aggiornamento

Uno smartphone con vistose cornici ai tempi degli smart-phone full screenPer qualcuno lo schermo potrebbe essere troppo piccoloAssenza modalità notte sulle foto

segue a pagina 34

iPhone SE 2020La recensione completa

lab

video

lab

video

Page 34: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 34

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

solo con una ottimizzazione del processo produttivo.

L’iPhone SE non è identico all’iPhone 8 all’interno, cam-

biano le antenne, cambia la circuitazione, cambiano

diverse cose, ma ci sono elementi che Apple ha potuto

riutilizzare con piccoli accorgimenti o modifiche, senza

dover rivedere tutto il processo produttivo. Dell’iPhone

8 esisteva anche una variante Plus da 5.5” per chi vo-

leva uno schermo più grande, ma ci saremmo trovati di

fronte ad un prodotto molto vicino come prezzo e con-

cetto all’iPhone XR, non avrebbe avuto molto senso.

La dimensione dello schermo è forse l’unico elemen-

to da valutare con attenzione: per qualcuno potrebbe

essere troppo piccolo, per altri il fatto che sia piccolo

potrebbe essere un vantaggio enorme. Per tutti coloro

che non hanno un iPhone recente non cambia assolu-

tamente nulla: si trovano davanti ad un design e ad uno

schermo a cui sono abituati, familiare.

Ed è forse anche l’abitudine nel vedere in giro ancora

tanti iPhone di vecchia generazione che non fa sem-

brare l’iPhone SE particolarmente vecchio: è vero, è un

design riciclato, cornici così grandi non dovrebbero più

vedersi nel 2020, ma ci sono ancora milioni di persone

con un telefono simile in mano.

Lo schermo è il classico LCD Retina che Apple ha

usato per l’iPhone 8: identico, nella risoluzione, nel

trattamento oleofobico e con il True Tone che adatta

il punto di bianco alla luce ambientale. La risoluzione

si 1334×750 pixel è più che adeguata alle dimensioni

dello schermo, e il pannello wide color risulta perfetta-

mente visibile anche all’aperto. Basta aprire una foto,

o un video in formato 16:9 per farci ricordare quanto

era bello godersi un contenuto senza notch di mezzo,

o fori sullo schermo. I pixel ci sono tutti, dal primo al-

l’ultimo. Niente da dire sotto il profilo costruttivo: solita

attenzione maniacale ai dettagli, ottimo bilanciamento

dei pesi e maneggevolezza, niente IP68, ma l’IP67 ba-

sta per salvare lo smartphone se cade nel lavandino

pieno d’acqua e resta li qualche minuto. Il retro è in

vetro, c’è la ricarica wireless, manca il jack audio, non è

una novità per noi ma potrebbe esserlo per chi aveva

un iPhone con jack e magari si era comprato un bel

paio di cuffie a filo. Nella confezione non c’è l’adatta-

tore, ma ci sono le EarPods on cavo lightning. L’iPhone

SE 2020 supporta la ricarica rapida, ma il caricatore in

TEST

iPhone SE 2020segue Da pagina 33

dotazione è quello storico da 5 watt. Non sappiamo

se è una scelta legata al risparmio della batteria o al

risparmio di qualche euro.

Potenza da vendere con uno schermo così piccoloIl processore è lo stesso dell’iPhone 11 Pro, ma ha

davanti uno schermo con un a risoluzione più bassa.

Questo vuol dire che inevitabilmente in ogni condizioni

i contenuti hanno una risoluzione di rendering più bas-

sa che si traduce in un vantaggio. Anche il quantitativo

di memoria non eccessivo alla fine, se consideriamo la

risoluzione è più che adeguato. L’impressione, usando-

lo, è di trovarsi davanti ad uno smartphone che è una

scheggia in ogni condizione possibile. Se si effettuano

una serie di benchmark si nota come le prestazioni non

superino quelle dell’iPhone 11 Pro: crediamo che Apple

abbia abbassato leggermente la frequenza di clock

massima per poter gestire meglio il carico termico di un

dispositivo che ha comunque una scocca più piccola.

O, non sarebbe così drammatico, per non avere il pro-

dotto da 499 euro con prestazioni, a livello di numeri,

superiori a quelle del prodotto flagship, l’iPhone 11 Pro.

Come abbiamo scritto in apertura l’iPhone SE 2020 è

più veloce in determinate situazioni dello Snapdragon

865 usato sui top di gamma Android e non di poco: se

prendiamo ad esempio la velocità in ambito javascript,

fondamentale oggi con la maggior parte dei siti web

che si sta trasformando in Single Page Application,

l’iPhone SE va quasi il doppio.

Uno smartphone di questo tipo può durare anche più

di 5 anni, per il semplice fatto che ormai è difficile che

possa arrivare su smartphone un applicativo, anche

negli anni a venire, capace di mettere in crisi un pro-

cessore moderno come questo A13.

Il sensore dell’iPhone XS, ma una fotocamera decisamente migliorataSull’iPhone SE non c’è la fotocamera di iPhone 11 Pro

o di iPhone XS, c’è lo stesso sensore dell’iPhone 8. Un

sensore singolo, da 12 megapixel e 28 mm di focale

equivalente con apertura f/1.8. Manca ovviamente il su-

per wide dell’iPhone 11, mentre c’è l’eccellente modalità

ritratto che viene eseguita con un solo obiettivo come

su iPhone 11 e su iPhone XR. La modalità ritratto è com-

pleta, permette di regolare la profondità di campo e di

simulare le luci studio come su tutti gli altri modelli.

L’uso del processore A13 ha permesso a Apple di

abilitare una serie di funzioni avanzate presenti sugli

smartphone più recenti, come lo Smart HDR avanzato,

che risolve i problemi di sovraesposizione sulle foto

con forte gamma dinamica e il semantico rendering,

segue a pagina 35

I NOSTRI SCATTI DI PROVA clicca per l’ingrandimento

Qui sopra un ritratto, a sinistra la foto dell’iPhone SE e a destra quella di iPhone 11 Pro.

Qui sopra, una foto scattata praticamente al buio, a sinistra la foto dell’iPhone SE e a destra quella di iPhone 11 Pro.

Page 35: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 35

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

che migliora a separazione degli oggetti della scena

regolando l’esposizione e la nitidezza su diversi piani.

In molte condizioni di luce le foto fatte con iPhone SE

sono decisamente migliori di quelle fatte con un iPho-

ne 8, soprattutto quando c’è forte luce ambientale: la

separazione permette di avere una maggiore leggi-

bilità del cielo, che riesce a mantenere anche la sua

colorazione azzurra senza risultare troppo slavato o

TEST

iPhone SE 2020segue Da pagina 34

sbiadito come poteva invece capitare con iPhone 8 se

non si regolava perfettamente l’esposizione.

Mancano due cose: manca la modalità notte e manca

la modalità di scatto Deep Fusion.Limiti questi legati

non tanto alla volontà di Apple di castrare lo smartpho-

ne per non renderlo troppo simile ad iPhone 11, ma

semplicemente dovuti ad un fatto tecnico: il sensore

usato non ha quel quantitativo di DRAM necessario per

memorizzare una sequenza di frame molto ravvicinati,

quelli che servono alle due modalità per funzionare.

Ricordiamo che entrambe le modalità infatti realizzano

tantissimi scatti consecutivi e poi li allineano addizio-

nando alcuni segmenti. Di Deep Fusion non si percepi-

sce molto la mancanza, della modalità notte si

sente un po’ di più perché sulle foto con poca

luce si torna un po’ indietro. Sono rumorose,

troppo: avessero usato il sensore dell’iPhone

XS forse si riusciva a recuperare qualcosa, è un

po’ più grosso, ma con il sensore di iPhone 8 le

foto di notte escono esattamente come iPhone

8. Quelle scattate con un iPhone 11 sono tutta

un’altra storia.

Che la scelta di Apple sia legata più ad un fatto

tecnico lo si capisce anche dalla modalità vi-

deo, dove è presente (e non c’era su iPhone 8)

la ripresa a gamma dinamica estesa per i video

fino a 30 fps, che affianca la ripresa 4K a 60p.

Ad oggi nessuno ha ancora raggiunto la resa

video che si riesce ad ottenere con un iPhone

a livello di bilanciamento e tenuta dinamica, e l’iPhone

SE 2020 dal suo “piccolo” riesce a restituire un risulta-

to che, se guardiamo proprio al modo in cui viene resa

la scena, ha un solo rivale, l’iPhone 11.

E’ piccolo ma la batteria non delude. C’è anche Wi-fi 6La parte di rete è stata interamente rivista: manca l’Ul-

tra Wide Band presente sui modelli più recenti ma c’è

il modem LTE aggiornato con connettività wireless Wi-

Fi 6. iPhone SE è già pronto per le reti wi-fi di nuova

generazione, quelle che dovrebbero funzionare me-

glio in ambienti particolarmente affollati e con un alta

concentrazione di dispositivi. L’audio è nello standard,

e la stessa cosa si può dire per lo speaker integrato:

modesto, ma niente di più. Ottima qualità telefonica,

buona ricezione. L’aspetto che forse più interessa è

l’autonomia: nonostante la batteria piccina l’autonomia

non è affatto male: non ci si può aspettare di fare due

giorni, si fanno dalle 3.4 alle 4.5 ore di schermo acce-

so. Si arriva tranquillamente fino a sera, forse anche

di più se pensiamo che questo smartphone è rivolto

ad un utilizzatore che non ha sentito la necessità, fino

ad oggi, di cambiare un telefono comunque vecchio,

quindi con una batteria non nuova e sicuramente meno

efficiente di questo. L’iPhone SE è il tipico telefono di

una persona che si alza la mattina, usa il telefono con

moderazione, torna a casa la sera e prima di andare a

dormire lo mette sul comodino a ricaricare.

di Roberto FAGGIANO

I lettori più attenti e appassionati si

erano già chiesti che diffusori fos-

sero quelli raffigurati nelle foto che

Yamaha aveva diffuso in occasione del

lancio dei nuovi amplificatori A-S 1200,

2200 e 3200. Anche noi avevamo se-

tacciato tutti i siti Yamaha mondiali, dal

Giappone in poi, senza trovare riscontri

salvo notare la somiglianza con i diffu-

sori top di gamma NS-5000.

Dopo pochi giorni ecco svelata la presti-

giosa novità: si tratta dei diffusori da scaf-

fale NS-3000, un due vie strettamente

derivato dal modello top di gamma dal

quale prendono il tweeter che si unisce

a un nuovo midwoofer in un cabinet più

compatto e destinato a quegli appassio-

nati che non hanno problemi di spesa ma

solo di spazio. La somiglianza con i diffu-

sori top di gamma infatti non è solo nella

costruzione e nella finitura perché anche

il prezzo di listino si annuncia inarrivabi-

le: circa 8.000 euro la coppia, mettendo

questi ambiziosi diffusori in concorrenza

con mostri sacri del settore che portano

i nomi di Dynaudio, Spendor, Harbeth,

Focal, Pro AC e altri. Certo Yamaha non

ha complessi di inferiorità in materia e gli

audiofili più anziani ricorderanno come

l’unico diffusore giapponese che si pote-

va prendere in considerazione negli anni

70 era proprio Yamaha, ma il confronto ri-

mane davvero ambizioso. Ma veniamo al

nuovo arrivato per vedere cosa nasconde

al suo interno per giustificare un prezzo

così elevato. Il pezzo forte è probabilmen-

te il tweeter, un componente con cupola

da 30 mm in Zylon, uno speciale materia-

le sintetico che ha eccellenti caratteristi-

che di velocità di risposta, assimilabili al

berillio ma senza gli svantaggi di delica-

tezza e tossicità di quel materiale. Anche

il midwoofer da 16 cm ha il diaframma in

Zylon e lavora in accordo reflex con sfo-

go sul lato posteriore. I due componenti

sono tagliati alla frequenza di 2.800 Hz

da un crossover semplice ma che utilizza

componenti altamente selezionati come

i condensatori MCap Supreme Evo della

tedesca Mundorf; l’impedenza di carico

è fissata al valore medio di 6 Ohm con

minimo a 4,6 Ohm. La potenza richiesta

è indicata a 60 watt con tenuta massima

fino a 120 watt con una sensibilità di 87

dB. Le dimensioni sono compatte ma non

proprio da libreria: in dettaglio l’NS-3000

misura 244 × 394 × 326 mm (L x A x P) e

inoltre l’accordo reflex posteriore impone

il giusto spazio libero rispetto alla parete

posteriore; Yamaha ha già previsto un

apposito stand metallico per la migliore

collocazione in ambiente.

Tornando al tweeter è da notare lo spe-

ciale condotto posteriore per eliminare

ogni rischio di risonanza che possa com-

HI FI E HOME CINEMA Importante ingresso nella gamma dei diffusori Yamaha: l’NS-3000 riprende molte soluzioni dei top di gamma 5000

Yamaha NS-3000, il diffusore bookshelf che non ti aspettiIl diffusore è più facilmente collocabile in ambiente rispetto al 5000. Il prezzo sarà comunque superiore agli 8.000 euro la coppia

promettere la qualità sonora. Molto cu-

rato anche il mobile, dove ogni dettaglio

è studiato in funzione di aumentarne

la rigidità, con accurate analisi al laser

che possono evidenziare la pur minima

risonanza anche nelle condizioni più

gravose. All’interno del mobile il classico

materiale fonoassorbente è stato sosti-

tuito da un piccolo modulo progettato

appositamente che funge da smorzatore

acustico. Il nuovo esponente della linea

di diffusori Natural Sound dovrebbe es-

sere disponibile entro l’estate su preno-

tazione nella sola finitura laccata nera.

Page 36: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 36

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Roberto PEZZALI

I l Mavic Air è stato per anni il drone più apprezzato

di DJI: leggero, compatto e con un ottimo rappor-

to qualità prezzo. DJI ha rinnovato nel tempo pri-

ma il “Pro”, poi è toccato al piccolo Spark, sostituito

dall’eccellente DJI Mini, e ha lasciato per ultimo l’Air.

Una scelta questa che ha permesso di mettere all’in-

terno del drone tutto quello che gli utenti desidera-

vano senza far salire troppo il prezzo, con un drone

che si posiziona a metà tra il DJI Mini e il DJI Mavic

Pro: l’Air di seconda generazione costa 849 euro

nella versione semplice e 1049 euro nella versione

Fly More Combo, che aggiunge oltre a due batterie

addizionali e alla custodia anche i filtri ND, decisa-

mente utili.

Al Mavic Air gli utenti chiedevano soprattutto due

cose: migliore autonomia e una connessione più sta-

bile, perché se è vero che esistono delle normative

che impediscono di far volare il drone dove si vuole

è anche vero che un segnale più stabile tra teleco-

mando e drone garantisce un livello di sicurezza in

più. E DJI ha dato entrambe: sulla carta promette 34

minuti di autonomia, poi vedremo che sono un po’

meno, e soprattutto ha aggiunto la tecnologia tra-

smissiva OcuSync 2.0, la stessa del Mavic 2 Pro. Usa

sempre i 2.4 Ghz e I 5.8 Ghz come il Wi-fi del Mavic

Air, ma grazie ad un sistema particolare di gestione

dell’emissione, con un raggio preciso direzionato

verso il drone, riesce a garantire una migliore stabili-

tà e a portare la distanza massima raggiungibile a 10

km secondo il produttore in modalità FCC e a 6 km in

modalità CE. Ricordiamo che i droni sono pensati per

auto-regolarsi in base alle leggi nazionali sulle fre-

quenze, e quando vola in un paese Europeo il Mavic

Air 2 userà la normativa CE. La distanza massima che

siamo riusciti a raggiungere, ma ne parliamo poco

più sotto, è di tuttavia ben inferiore a quella dichiara-

ta dal produttore. A queste due novità si aggiungono

anche un nuovo telecomando e una rinnovata sezio-

ne fotografica, con un sensore più grand capace di

registrare video 4K a 60p e la possibilità, in futuro

con un aggiornamento, di registrare Hyperlapse in

8K. Stiamo facendo volare il Mavic Air 2 da più di una

settimana, e conosciamo bene il Mavic Air vecchio

modello, che ci ha tenuto compagnia per anni. Ecco

come ci siamo trovati con il nuovo Air 2.

TEST DJI rinnova il Mavic Air, uno dei suoi droni più apprezzati. E lo fa toccando le corde che più interessano agli utenti

DJI Mavic 2 Air, la recensione. Degno eredeAutonomia quasi raddoppiata, raggio di utilizzo esteso e fotocamera, che per la prima volta su un drone DJI arriva a 4K e 60 fps

Leggerissimo, ma non si può dire che sia piccoloCon il rinnovamento del Mavic Air DJI ha finalmente

allineato il design della sua gamma di droni: Mini, Air

2 e Pro 2 condividono ora la stessa linea e la stessa

finitura. Per dare un’idea di quanto DJI abbia lavora-

to per poter tenere il nome “Air” si possono usare le

dimensioni: il vecchio Air misurava 168x83x49 mm,

Mavic 2 Pro misura 214x91x84 mm mentre il nuovo

Mavic Air 2, righello alla mano, 180x97x84 mm.

Esatto, è grande quanto il Mavic 2 Pro, ballano pochi

centimetri, ma la differenza di peso è enorme: 430

grammi per il vecchio Air, 905 grammi per il Pro e

570 grammi per l’Air 2.

Il peso, lo sappiamo, è fondamentale in un drone, è

legato al regolamento, e per questo vi rimandiamo al

paragrafo più sotto dove vi spieghiamo cosa si può

fare oggi con il Mavic Air 2 e cose si deve fare per

poterlo guidare.

Dei 570 grammi di peso 200 sono solo di batteria,

una grossa batteria al litio da 40.42 Wh: grazie ad

una batteria così capiente e ad un peso comunque

contenuto DJI è riuscita a creare un drone che può

stare in aria per più di mezz’ora. E l’ha fatto senza

troppi compromessi qualitativi perché costruttiva-

Mavic Air 2IL PERFETTO EREDE DEL DRONE DJI PIÙ APPREZZATO 849,00 €

MDJI è leader nel mercato dei droni, e la qualità dei suoi prodotti non di discute. Il Mavic Air 2 ha tutto quello che si poteva chiedere ad un nuovo drone DJI, e con l’aggiunta delle foto notturne, dell’OcuSync e del sistema di follow me avanzato sembra il drone perfetto. Trovare difetti non è facilissimo, sempre se non si considera il prezzo un difetto: 1.049 euro se consideriamo la Fly more combo, ma non considerarla sarebbe folle. Costa comunque come il vecchio Mini, non un euro di più.. Certo, è più grosso del vecchio Air ma dura anche molto di più, quan-do si ingrandisce una batteria c’è poco da fare, e offre tanto in più rispetto al modello precedente. La presenza di un sensore a 48 megapixel permette anche uno zoom loseless in post produzione utilissimo, e il sistema di machine learning per il follow me è migliorato tantissimo. Una sola cosa non fa, almeno così ci ha detto DJI e non abbiamo potuto provare: non compensa l’altitudine sull’inseguimento, quindi neppure questo drone, come gli altri, riesce a seguire uno sciatore che scende da una pista da sci. Riesce a seguire solo se il pendio non è ripidissimo. C’è ovviamente la questione legislativa, che non abbiamo incluso nei giudizi: ogni persona saprà valutare se conviene acquistarlo in base a quello che deve e può fare.Il DJI Mavic Air 2 è in ogni caso un drone eccellente. Il degno erede di un modello comunque apprezzatissimo.

Qualità Longevità Design Semplicità D-Factor Prezzo

9 9 8 6 9 88.4

COSA CI PIACE COSA NON CI PIACEAutonomia di 30 minutiSezione video e foto completamente rinnovataSistema OcuSync 2.0 per segnale più stabile

Non è piccolo come il vecchio Air e non sta in tascaIl follow me non compensa l’altitudineI video la sera vengono molto sottoesposti

lab

video

segue a pagina 37

Mavic Air 2La videoprova

Page 37: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 37

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

TEST

DJI Mavic 2 Airsegue Da pagina 36

mente sembra di trovarsi tra le mani un piccolo “Pro”:

scocca in lega nella parte bassa, giunzioni robuste e

una cura maniacale dei dettagli.

La parte frontale è occupata come sempre dal gim-

bal cardanico, ma la particolare struttura permette al

gimbal di portare l’inquadratura anche verso l’alto,

offrendo una possibilità in più. Ci sono i sensori per il

sistema anti collisione: due sul frontale, rilevano osta-

coli a circa 40 cm, due sul retro e due sotto, di fianco

ai quali c’è anche un ulteriore sensore Time Of Flight.

Quest’ultimo viene usato in fase di atterraggio, per

avere non solo la distanza ma anche una mappatura

3D della zona su cui si sta atterrando, quindi la certez-

za che ci sia un piano.

Nella parte bassa DJI ha inserito anche la luce LED

ausiliaria, che può essere gestita direttamente dal te-

lecomando: la luce di navigazione è obbligatoria per i

voli in scarsa condizione di luminosità.

I bracci si piegano come sugli altri modelli, anche

se una volta chiuso il Mavic Air 2 non raggiunge la

compattezza e le dimensioni del primo Air: i propulso-

ri sono più grossi, e forse è più comodo toglierli per

riporli. DJI ci ha fornito la versione liscia, che non ha

una custodia per riporre il drone: non sappiamo se

nella versione con custodia si riesca a mettere via il

drone senza staccare le eliche (basta un click) o se si

possano tenere le eliche collegate. Insieme al Mavic

Air 2 arriva anche un nuovo telecomando, può gran-

de ma anche più ergonomico. La novità è l’alloggia-

mento per lo smartphone nella parte alta, spariscono

le due chele inferiori e c’è un unico blocco superiore

che funziona sia come antenna sia come ferma-scher-

mo.

Il cavo per collegare gli smartphone, Lightning per

Apple e USB Type C per tutti gli altri, è nascosto con

il telecomando “chiuso” e non disturba più di tanto.

C’è uno speaker sul retro per inviare messaggi chiari

a chi sta usando il drone, i tasti sono ben organizzati

e l’ergonomia è buona. Al centro il selettore per le

modalità a tre vie, normale, sport e ripresa video,

sopra i due classici joystick e sul retro i trigger per

le funzioni di base e per gestire il gimbal. C’è anche

un tasto multifunzione programmabile. Spariscono le

antenne orientabili, che creavano un po’ di difficoltà

negli utenti che non capivano come metterle: è tutto

integrato, e questo vuol dire che la posizione in cui

teniamo il telecomando incide anche sulla massima

distanza raggiunta. Se lo si tiene piatto si riduce leg-

germente la portata.

Hyperlapse a 8K, modalità foto notturna e per la prima volta 4K a 60pCon il Mavic Air abbiamo all’attivo circa un centinaio

di voli, e la fotocamera l’abbiamo sempre trovata un

ottimo compromesso tra dimensioni e qualità. Il Mavic

Air 2 la migliora ulteriormente, e qualcuno potrebbe

apprezzare le novità sempre con la consapevolezza

che ci troviamo davanti ad un drone più amatoriale

che professionale, e che se si vogliono fare video al

tramonto è decisamente meglio affidarsi al sensore

I NOSTRI SCATTI DI PROVAclicca per l’ingrandimento

segue a pagina 38

Page 38: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 38

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

da 1” del Mavic Pro 2. Il sensore all’interno del Mavic

Air 2 è quel Sony da 1/2” che viene usato su moltissi-

mi smartphone di fascia media, l’IMX568 Sony.

Un sensore da 48 megapixel che può lavorare a riso-

luzione nativa o in modalità “binned” a 12 megapixel,

e per la prima volta DJI inserisce nel Mavic Air un po’

di fotografia computazionale: chi non vuole scattare

a 48 megapixel può sfruttare il riconoscimento sce-

ne con ottimizzazione automatica o, ancora meglio,

HyperLight, una sorta di modalità notte che somma

più fotogrammi in un’unica foto. Presente anche la

possibilità di scattare foto ma soprattutto di ripren-

dere video HDR, trattandosi di un drone che scatta

fotografie in cielo, dove c’è una fortissima differenza

di dinamica, l’HDR integrato è un’ottima cosa.

Ci sono anche due primizie, assenti sugli altri modelli:

il Mavic Air 2 è il primo drone DJI capace di ripren-

dere in 4K a 60 fps con 120 Mbps di bitrate. I video

di paesaggi solitamente vengono accelerati, ma in

modalità follow me e per la ripresa sportiva avere un

frame rate elevato può essere davvero importante.

I video possono essere compressi in MP4 o in HEVC,

la memoria interna è di 8 GB ma c’è uno slot laterale

per una microSD fino a 256 GB. Non è in dotazione,

ed è un acquisto consigliato. C’è anche una ripresa

8K, una modalità Hyperlapse che crea filmati 8K da

foto a 48 megapixel scattate in successione. Nel mo-

mento in cui abbiamo provato il Mavic Air 2 questa

funzionalità era tuttavia assente, uscirà con un ag-

giornamento software a metà maggio.

Volo, autonomia, distanza e sicurezzaPartiamo con i volo vero e proprio. Le eliche del

Mavic Air 2 sono più grandi di quelle del Mavic Air,

e sono piuttosto rumorose. Il ronzio drone si sente

chiaramente anche a 100 metri sopra la nostra testa,

anche di più se siamo in un posto tranquillo.

L’autonomia dipende molto dalla presenza di vento

e dal tipo di guida, ma dopo un po’ di voli possiamo

dire che si arriva senza problemi e senza troppi rischi

a 27/28 minuti, tenendosi qualche minuto di margine.

E usandolo anche qualche minuto in modalità “sport”.

In determinate condizioni favorevoli si spunta forse

un minuto in più, ma l’autonomia resta comunque

condizionata da come lo si utilizza e dalla presenza

di vento. Un discorso simile si può fare anche per la

distanza che si può raggiungere: nel nostro caso ab-

biamo perso segnale a 2.2 km, per poi riagganciarlo

a 1.9 km quando il drone è tornato in totale autono-

mia verso la base. Va molto più lontano del Mavic Air

2, ma trattandosi di segnali radio ci sono tantissime

variabili che possono disturbare il segnale.

Anche con la piena visibilità del drone, quindi senza

ostacoli, in una zona con forti interferenze elettroma-

gnetiche la portata si riduce parecchio: usando il tele-

comando nel cortile di casa non siamo riusciti ad anda-

re oltre 400 metri, in un campo senza niente attorno 2

km senza problemi. Siamo certi che se andassimo in

una zona con un livello di inquinamento elettromagne-

tico bassissimo si potrebbero sorpassare i 3 km sen-

za problemi, tipo in montagna. La sensibilità, avendo

usato spesso il Mavic Air vecchio modello, è che la di-

stanza massima raggiungibile decisamente superiore,

almeno 2 volte se non 3.

Ad assistere durante il volo ci sono diversi sistemi,

come un rinnovato APAS 3.0 (Advanced Pilot Assistan-

ce System che utilizza i sensori per evitare le collisioni.

Nel nostro caso specifico l’abbiamo utilizzato abbinan-

dolo al follow me senza alcun problema. Ci sarebbe

anche una funzione chiamata AirSense: permette di

visualizzare mentre si pilota il drone sullo schermo

anche i radiofari degli altri velivoli, come aerei ed eli-

cotteri. Purtroppo, a causa della mancanza di alcuni

componenti causata dalla crisi epidemica in corso, DJI

ci ha fatto sapere che tutte le unità di Mavic Air 2 con

sistema AirSense ADS-B saranno inizialmente vendute

in Usa. Sul mercato Europeo arriveranno inizialmente

modelli sprovvisti di questo sensore, che non potrà

essere aggiunto successivamente. I due modelli sono

identici, cambia solo questo dettaglio. Una scelta do-

vuta al fatto che al momento la regolamentazione Usa

è molto più stringente mentre in Europa non c’è ob-

bligo di una soluzione simile: i modelli con ADS-B in

Europa arriveranno in estate.

La stessa app di DJI Mini con qualche cosa in piùL’app per far volare il Mavic Air è la stessa del DJI

Mini, DJI Flight. Integra tutto quello che serve, non

solo la parte di pilotaggio e registrazione ma anche

una sezione di editing, sebbene sia preferibile fare

editing con un PC, soprattutto se si è scelto di regi-

strare i video in modalità Cine-Like, più gamma dina-

mica ma anche la necessità di una color correction.

Oltre alla ripresa libera ci sono due modalità di ri-

presa assistita: QuickShots e FocusTrack. La prima la

conosciamo, permette di creare scene pronte usan-

do il movimento del gimbal sincronizzato con il movi-

mento del drone. Farle a mano sarebbe impossibile.

Le scene sono le stesse degli altri modelli, Rocket,

Circle, Dronie, Helix, Boomerang e Asteroid.

Più interessante FocusTrack, ovvero l’intera suite di

opzioni assistite per agganciare un soggetto con il

machine learning: ActiveTrack 3.0 segue un sogget-

to automaticamente evitando gli ostacoli, Spotlight 2

tiene agganciato un soggetto con la camera mentre

si muove il drone liberamente mentre Point of Inte-

rest traccia un percorso automatico per girare attor-

no ad un soggetto e riprenderlo.

Cosa serve per poter pilotare il Mavic 2 AirCon un peso a terra di 570 grammi, quindi superio-

re alla soglia dei 250 grammi, il Mavic Air 2 richiede

secondo l’attuale regolamento ENAC l’Attestato di Pi-

lota APR (Operazioni non Critiche), conseguibile con

apposito test online, e l’immatricolazione sul portale

D-Flight, dove si potrà ottenere il QR code da appli-

care sul drone. Ricordiamo che fino al 1 luglio 2020, il

drone potrà comunque essere utilizzato unicamente a

una distanza di almeno 150 metri da aree popolate e

fabbricati e comunque mantenendo una distanza oriz-

zontale di sicurezza di 50 metri da persone estranee

e a una distanza massima che garantisca sempre la

visibilità diretta del drone. È inoltre obbligatoria un’as-

sicurazione per la responsabilità civile e non si deve in

nessun caso superare una quota di volo di 120 metri.

Dal 1 luglio o, in caso di rinvio, dall’entrata in vigore del

nuovo regolamento europeo, e fino al 1 luglio 2022, il

Mavic Air 2 potrà volare nelle categorie Open A2 e A3.

Per la categoria A2, che prevede la possibilità di vo-

lare anche in prossimità di passanti mantenendo una

distanza di sicurezza orizzontale di 50 metri, riducibile

a 5 metri mantenendo una velocità massima di 3 me-

tri/s, servirà però un attestato integrativo oltre a quello

base. Dal 1 luglio è inoltre obbligatorio il transponder.

Da segnalare che allo scoccare del 1 luglio 2022, sarà

concesso unicamente il volo in categoria A3, che di

fatto ristabilisce le stesse limitazioni oggi in vigore con

il regolamento ENAC: distanza di 150 metri dai luoghi

abitati, divieto di sorvolo dei passanti e distanza di si-

curezza di 50 metri.

TEST

DJI Mavic 2 Airsegue Da pagina 37

Page 39: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 39

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

di Gianfranco GIARDINA

Sono moltissimi gli italiani chiusi in casa e sono

tanti quelli che telelavorano o che comunicano

con gli amici, interagendo non solo con le vide-

conferenze ma anche con messaggi video, girati ge-

neralmente con lo smartphone e altri mezzi di fortuna.

Pensiamo per esempio ai manager, i professionisti,

agli insegnanti soprattutto; quelli scolastici ma anche

coloro che fanno corsi di ogni tipo e si sono trovati a

dover “tele-insegnare” o a cercare nuovi sbocchi (e

follower) sulla rete non potendo più fare aule fisiche.

Ma anche a tutti i giovani aspiranti youtuber, costret-

ti a “creare” tra le quattro mura di casa. Per queste

tipologie di utenti, e per molte altre, Joby ha messo

a punto un kit davvero interessante. Si tratta del Goril-

lapod Mobile Vlogging Kit, un insieme di tre prodotti

riuniti in un’unica confezione e pensati per adattarsi

perfettamente l’uno all’altro e tutti e tre insieme alle

esigenze di chi deve girare un video in prima persona

con uno smartphone.

Tre prodotti in uno: treppiede con bracci laterali, luce e microfonoIl Joby Gorillapod Mobile Vlogging Kit è commercializ-

zato in una scatola unica ma si tratta, in poche parole,

del bundle di tre prodotti disponibili anche separata-

mente. La confezione è ordinata e compatta, anche

se si sente la mancanza di una borsina che possa con-

tenere tutti gli elementi: non è comodo riporli nella

scatola originale dopo ogni utilizzo. Quella disponibile

nel kit è piccola ed è pensata per i cavetti e i piccoli

accessori. Come dice il nome stesso, uno degli ele-

menti principali di questo kit è un treppiede tascabile

Gorillapod, capace di fare da supporto da tavolo, di

agganciarsi a pali e ringhiere e di trasformarsi anche

in rig a mano, per video selfie in movimento.

Sulle tre gambe del Gorillapod si innesta a vite un

blocco per lo smartphone, capace tra l’altro di ruota-

re di 90 gradi per chi volesse fare video in formato

verticale.

Al giogo centrale del supporto per lo smartphone, si

possono inserire, con innesto a vite, altri due bracci

TEST In prova l’interessante kit che Joby ha realizzato per i video-creativi che girano video con il proprio smartphone

Abbiamo provato il kit Vlogging Kit di Joby La “scatola degli attrezzi” del perfetto youtuberTreppiede superversatile, luce LED a batteria e microfono direzionale. Tutto quanto serve per girare ottimi video anche a casa

Gorillapod che sono in dotazione. Questi due bracci

(che sembrano davvero le braccia di un “omino” go-

rillapod) sono terminati con una testa filettata per af-

francarvi eventuali accessori. Uno di questi accessori

è già in dotazione nel kit: è il faretto Beamo Mini. Si

tratta di un potente LED sempre di produzione Joby,

veramente compatto (un cubetto di circa 5 cm di lato)

ospitato in un solido chassis metallico, che funge an-

che da sistema di dissipazione del calore. Il Beamo

Mini è alimentato da una batteria ricaricabile ed è

completamente stagno, può anche essere esposto

all’acqua e immerso fino a 30 metri. Si ricarica tramite

USB-C e ha una forte calamita nella parte posterio-

re che permette anche di affrancarlo a una qualsiasi

superficie ferromagnetica. Tra le altre cose, il Beamo

Mini è anche Bluetooth: tramite questo sistema co-

munica con lo smartphone e l’intensità del faretto

(che può anche essere regolata dai pulsanti in cinque

step) può essere impostata in maniera fine operando

direttamente sulla app di Joby.

L’app myJoby, nello specifico, permette di fare riprese

fotografiche e video, anche in slow motion, proprio

come fosse una qualsiasi app di ripresa foto-video;

ma, sulla stessa schermata di ripresa, offre un curso-

re di regolazione dell’intensità della luce. In questo

modo si può regolare il livello preferito vedendo im-

mediatamente sullo schermo il risultato finale.

Sempre tramite l’app è possibile salvare delle scene

da richiamare al bisogno.

Esiste anche un altro modello di faretto Joby: è il Bea-

mo (non mini) che aggiunge un po’ di potenza lumino-

sa in più e soprattutto la possibilità, oltre all’USB-C, di

ricarica anche in induzione. Infatti basta appoggiare il

“cubetto” su un piatto di ricarica a induzione per re-

stituire al Beamo l’energia consumata. Nel caso in cui

si equipaggiasse il kit con una seconda Beamo (che

sia mini o no) è possibile controllare entrambe le luci

dall’app, impostando intensità diverse o propenden-

do per un controllo comune.

lab

video

segue a pagina 40

Joby Gorillapod Vlogging KitLa video-recensione

Page 40: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 40

MAGAZINEn.221 / 204 MAGGIO 2020

Ma non finisce qui: il kit si completa anche con Wavo,

un microfono direzionale da innestare nella slitta so-

pra il ferma smartphone o in alternativa su uno dei

due bracci laterali. Si tratta di un microfono Joby, non

propriamente un fucile (è molto compatto) ma che

ricorda modelli di grande successo come di Rode

spesso utilizzati sopra le mirrorless. Un grande valore

aggiunto viene dal generoso sistema di protezione

contro il vento (il cosiddetto “deadcat”) di produzione

Rycote (anch’essa azienda del gruppo Vitec) che ha

curato anche la sospensione antivibrazioni in gomma.

Questa configurazione è perfetta sia per una parlata

ravvicinata, nel caso si riprenda in soggettiva con il

microfono girato verso l’operatore, utilizzando la ca-

mera posteriore, che per una ripresa in videoselfie.

Il microfono ha in dotazione diversi cavetti: quello

più classico esce in minijack tripolare adatto per uno

smartphone, ovviamente dotato di porta minijack

(quella delle cuffie, per intenderci). C’è poi un adatta-

tore da minijack a Lightning per il collegamento a un

iPhone e un cavetto per un ingresso microfonico stan-

dard, come quello in dotazione alle fotocamere. Sep-

pure il Vlogging kit sia pensato per chi riprende con

smartphone, il Wavo, come anche il Beamo Mini, può

essere utilizzato anche con successo anche una foto-

camera. Per utilizzare gli smartphone Android senza

uscita cuffia serve invece un adattatore USB-minijack

di terze parti che, volendo, si poteva anche decidere

di integrare nel bundle.

La prova pratica: un kit che risolve mille situazioniIl Gorillapod Mobile Vlogging Kit è una soluzione tut-

to-in-uno per risolvere la maggior parte dei problemi

di chi realizza video amatoriali a casa propria. E non

solo, visto che stiamo assistendo di questi tempi a fil-

mati realizzati da inviati e ospiti di diverse trasmissioni

TV che non raggiungono neppure lontanamente la

qualità facilmente ottenibile con l’utilizzo del kit Joby.

Un prodotto decisamente facile da usare e comodo.

Il primo fattore ci compatibilità con i nostri ambienti

domestici è la compattezza: il kit Joby si smonta fa-

cilmente e diventa molto piccolo, ci sta in un qualsiasi

cassetto. L’utilizzo più classico è quello da tavolo: stop

alle webcam “basse”, integrate nei monitor dei lap-

TEST

Joby Gorillapod Vlogging Kitsegue Da pagina 39

top. Il Gorillapod è alto quanto basta per riprendere

il soggetto al livello del viso. La luce aggiuntiva è un

toccasana per ammorbidire le ombre troppo dure e

spesso, visto anche la distanza ravvicinata, si utilizza

a intensità molto bassa.

La durata della batteria è molto generosa: abbiamo

ampiamente superato l’ora di accensione attorno alla

mezza potenza senza riuscire a scaricarla. La Beamo

Mini non permette regolazioni in temperatura di colore:

oltre all’intensità, l’unico intervento possibile è quello di

posizionare un piccolo diffusore in silicone in dotazio-

ne, per ammorbidire le ombre. Va detto però che il tipo

di luce appare decisamente ottimizzato per l’incarnato:

i volti non risultano mai “lividi” come accade con alcuni

LED di bassa qualità. Se un difetto dobbiamo trovarlo,

sta proprio nel piccolo diffusore che, senza un fermo

in silicone sul posteriore, finisce per saltare via molto

facilmente. Tanto che nei frangenti della prova, l’ab-

biamo perso e ritrovato per almeno tre o quattro volte:

e ora va bene perché siamo in casa, ma in esterna il

rischio di lasciarlo per strada è altissimo. I due brac-

cetti laterali possono servire anche per affrancare altri

apparecchi, oltre alle Beamo: noi abbiamo provato con

una action cam per avere, oltre allo smartphone, un

secondo punto di vista più grandangolare (la prova è

nel video). Ma qui poi la fantasia dell’autore può met-

terci del suo: l’innesto a vite è standard e può ospitare

anche altri accessori, anche per esempio un secondo

smartphone, con opportuno morsetto, per esempio

per avere a portata di occhio un copione. Molto co-

modo anche l’utlizzo “a mano”: radunando al centro

le tre gambe del treppiede, il Gorillapod offre un grip

perfetto per la mano e il peso molto contenuto fa si

che non ci si stanchi affatto. Il microfono Wavo offre

una risposta molto “gentile”: il deadcat con il quale è

rivestito non solo elimina il vento ma cancella anche le

basse frequenze dello spostamento d’aria nelle labiali,

garantendo un’intellegibilità molto alta e una sorta di

compressione naturale, senza picchi, cosa ottima se si

pensa che generalmente nel tipo di filmati che si realiz-

za con questo kit non è mai prevista una postproduzio-

ne audio. Molto apprezzata, poi, la modularità del kit: di

fatto si tratta veramente di tre prodotti perfettamente

compatibili tra loro ma utilizzabili anche separatamen-

te. Il faretto Beamo per esempio può essere utilizzato

su una fotocamera. Lo stesso kit senza microfono può

essere impiegato non solo per girare un video ma per

partecipare a una classica videoconferenza: la camera

dello smartphone è sicuramente meglio di quella delle

webcam integrate nei PC e il treppiede lo tiene all’al-

tezza giusta. Tra i controlli avanzati, anche la possibilità

di realizzare un effetto stroboscopico delle luci a fre-

quenza impostabile dall’utente, per video creativi. Da

rivedere invece l’usabilità del cursore che permette di

regolare l’intensità in tempo reale: difficilissimo da “piz-

zicare”, ha generato (almeno nella versione per iPho-

ne) molti falsi tap, soprattutto se si sta girando e l’app

riconosce un volto.

Per il kit servono 199 euro, ma si può risparmiare sul sito JobyVeniamo al prezzo: il kit può sembrare caro, 199 euro

di listino. Si tratta di 10 euro in meno rispetto all’acqui-

sto dei componenti separati (99,95 il Gorillapod con i

suoi componenti accessori, 69,95 la luce Beamo Mini

e 39,95 il Wavo Mobile).

Ma c’è, almeno al momento in cui scriviamo, un modo

un po’ bizzaro per risparmiare, e non poco: infatti il

sito Joby fa uno sconto speciale, a chi compra alme-

no tre prodotti, e quello che costa meno è regalato.

In questo modo, acquistando i tre prodotti separati

invece del kit si arriva a una cifra di circa 169 euro.

A questo punto, chi volesse utilizzare un kit simile

ma con certezza di poter innestare per esempio uno

mirrorless, il consiglio potrebbe essere quello di so-

stituire il gorillapod di base con uno più sostenuto:

con una fotocamera intorno al mezzo chilogrammo,

il Gorillapod inserito nel Mobile Vlogging Kit è un po’

leggero e potrebbe sbilanciarsi. Perfetto invece per

qualsiasi smartphone.

L’utilizzo dell’app myJoby è facile e intuitivo. Permette tra l’altro la possibilità di memorizzare alcune scene, ovverosia configurazioni delle luci per intensità, che è facile richiamare al bisogno, per ricreare sempre le stesse condizioni.

Page 41: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 41

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di M. ZOCCHI

G iusto una settimana fa è stato anti-cipato il piano della città di Milano

per supportare la mobilità privata

nella fase 2 della ripartenza, dopo la

crisi per Covid-19. Con i mezzi pubblici

che soffriranno del tipico sovraffolla-

mento, l’amministrazione sta spingendo

per convincere i cittadini a non river-

sarsi in strada con le proprie auto, ma

piuttosto scegliere altri mezzi più soste-

nibili e molto meno ingombranti, come

bici, eBike e monopattini. Il tutto con i

dovuti adeguamenti della viabilità. Ora

arrivano le prime immagini dei lavori in

corso, qualche giorno prima delle libe-

ralizzazioni, che mostrano il progetto

in atto proprio come pianificato, cosa

che in molti ritenevano impossibile. Lo

sottolinea Pierfrancesco Maran, Asses-

sore all’Urbanistica di Milano sul suo

profilo Facebook. Allo scopo di man-

tenere il distanziamento sociale, l’area

pedonale, normalmente rappresentata

di marciapiedi, viene allargata alla zona

della carreggiata riservata solitamente

URBAN MOBILITY L’amministrazione è già partita con un progetto di modifica della viabilità

Fase 2, a Milano si parte. Ecco il progettoNuove piste ciclabili e più spazio ad aree pedonali allargate alla carreggiata riservata ai parcheggi

ai parcheggi. Si prosegue poi con una

parte della strada occupata da una pi-

sta ciclabile, a sua volta separata, da

una doppia linea, da una seconda zona

pedonale, per permettere la discesa

dai veicoli parcheggiati praticamente al

centro della vecchia viabilità; in questo

modo si evita che l’apertura delle portie-

re possa mettere a rischio i ciclisti.

Nel post di Maran si fa riferimento a

Corso Venezia, parte del percorso che

collega Sesto San Giovanni al centro

della città. Nelle ore successiva alla

pubblicazione, il profilo è stato innon-

dato di commenti, sia negativi, di chi

accusa di voler paralizzare Milano, sia

positivi, di chi finalmente vede uno spi-

raglio per somigliare maggiormente alle

grandi città del nord Europa.

In un post successivo, Maran ha anche condiviso un documento con diver-

se linee guida per altri interventi, che

riguarderanno anche incroci, piazze e

altri spazi pubblici, tutti con lo scopo

di favorire un diverso tipo di trasporto.

Secondo gli schemi proposti, subiranno

un trattamento simile, con nuove aree

pedonali e ciclabili, anche Corso Bue-

nos Aires, Viale Monza, Via Sardegna,

Via Buonarroti e Viale Zara.

di M. DI MARCO

Alla chiamata della micromobilità

per la fase 2, Helbiz risponde pre-

sente e, anzi, l’ad Salvatore Palella

preannuncia un ampliamento del parco

mezzi a disposizione: 2.000 in più entro

la fine di giugno per un totale che arriv-

erà, fra monopattini e bici elettriche, a

8.000 mezzi in Italia. “La micromobilità

- evidenzia Palella - sarà fondamentale

per il rilancio, tanto in Italia quanto negli

Stati Uniti”, dove ha sede Helbiz. I mezzi

pubblici saranno contingentati. Una situ-

azione che, specialmente nelle grandi

città, porterà le persone a usare mezzi al-

ternativi per spostarsi e fra questi grande

spazio sarà dato ai monopattini e alle bici

elettriche. Il ministro per i Trasporti, Paola

De Micheli, vuole proporre un buono di

200 euro per le persone che torneranno

a lavoro e avranno bisogno di spostarsi in

qualche modo. Un incentivo sufficiente?

“Noi non vendiamo il mezzo e nessuno

MOBILITÀ SOSTENIBILE La micromobilità elettrica sarà centrale per gli spostamenti nella fase 2

Helbiz: “Entro giugno 2.000 mezzi in più in Italia”Helbiz non ha mai fermato il servizio ma si prepara per affrontare le sfide dei prossimi mesi

dei nostri utenti spende più di 50 euro al

mese nel servizio” fa notare Palella. “Dal

4 maggio attiveremo un abbonamento

speciale. Ci interessa avere nuovi utenti

anziché puntare solo sui ricavi, soprat-

tutto perché ci stiamo quotando in borsa

e il mercato americano premia la crescita

delle startup”. I mezzi di micromobilità

saranno usati da centinaia di persone

nella fase 2 e un aspetto centrale sarà la

sanificazione. I monopattini e le bici elet-

triche di Helbiz subiranno un trattamento

speciale ogni settimana e quotidiana-

mente, quando vengono riportati in sede

per la ricarica, viene applicata una pulizia.

“Abbiamo posticipato di 6 mesi il lancio

della batteria ricaricabile sui monopattini

per questo motivo. Ci viene più comodo

pulirlo quando è sotto carica” specifica

Palella. “Invitiamo comunque chi usa i

mezzi di micromobilità a usare i guanti”.

Helbiz sta anche sperimentando con me-

todi più efficienti di sanificazione diretta

dei mezzi senza che debbano essere ri-

portati in sede, ma per ora non c’è ancora

nulla di definitivo.

Il Ministro De Micheli: “nel prossimo decreto, incentivi per l’acquisto di monopattini elettrici”. Confermati quelli per eBikeIl Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti De Micheli ha rivelato alcuni dettagli per la fase 2i di M. ZOCCHI

In un’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, il Ministro delle Infrastrutture e dei Traspor-ti Paola De Micheli ha rivelato alcune regole e novità che sono in fase di definizione per la ripar-tenza. A margine delle indicazio-ni su come ci si dovrà spostare con treni, aerei e mezzi pubblici, la De Micheli è entrata nel det-taglio della mobilità privata urba-na. Confermata la possibilità di progetti rapidi e provvisori (come quello di Milano), tramite la modi-fica del Codice della Strada.La parte forse più interessante è quella che riguarda i mono-pattini elettrici, che per la prima volta vengono considerati come mezzi sdoganati per la massa, tanto che il Ministro anticipa che nel prossimo decreto ci saran-no degli incentivi per favorirne l’acquisto. Non ci sono dettagli e specifiche di questi incentivi, ma dalle parole dell’Onorevole sembra sia ormai cosa decisa. Parlando di incentivi, la De Mi-cheli ha anche confermato quelli per bici e eBike di cui avevamo già parlato.

Page 42: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 42

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano DI MARCO

L a mobilità è una delle principali incognite dell’or-

mai imminente “fase 2”: i mezzi pubblici saranno

contingentati ed è probabile che tante persone,

soprattutto nei principali capoluoghi, sfrutteranno moda-

lità alternative per ovviare a questo rallentamento della

viabilità pubblica. Uno di questi è il car sharing e Share

Now è uno degli attori principali, poiché è attiva a Mi-

lano, Roma e Torino. Conta 700mila utenti e un parco

auto complessivo di circa 3.000 veicoli, di cui circa la

metà soltanto nel capoluogo lombardo. Share Now è

nato dalla fusione di Car 2 Go e DriveNow. Per prova-

re a delineare cosa succederà nella fase 2, quali siano

le aspettative di Share Now e quali, inoltre, gli scenari

futuri, abbiamo intervistato Andrea Leverano, Regional

Operations Director South West di Share Now.

DMOVE.IT: Per la sharing economy, la fase 2 è un’op-portunità o va temuta?Andrea Leverano: “Sicuramente è una grande oppor-

tunità, ma non bisogna affrontarla con leggerezza.

L’opportunità richiede impegno. Bisogna definire qual

è il nostro posizionamento di mercato, un mercato che

sarà nuovo per tutti: da una parte, vedrà maggiore

attenzione sulla sicurezza e dall’altra avrà anche una

connotazione economica, sociale e, se vogliamo, psico-

logica nuova per tutti. Noi abbiamo vari punti di forza.

Per esperienza, siamo vicini all’auto privata. Con il car

sharing il distanziamento sociale si esprime meglio che

su un mezzo pubblico, anche grazie allo strumento di-

gitale. Poi si aggiunge l’aspetto economico: noi siamo

un’alternativa vantaggiosa per chi non può o non vuole

usare l’auto privata per spostarsi ma, allo stesso tempo,

ha bisogno di un servizio che ha un livello di sicurezza e

qualità importante”.

DMOVE.IT: Da quel che sappiamo oggi, i mezzi pub-blici saranno più contingentati. Nelle principali città, la sharing economy può sostenere l’afflusso di così tanti nuovi utenti? Non si rischia che la domanda superi di gran lunga l’offerta?Leverano: “Potremmo anche augurarcelo (ride). Noi sia-

mo pronti a fare la nostra parte nella mobilità urbana e

farla in una logica in cui lo sharing può offrire un’espe-

rienza che si sposa bene con le nuove esigenze, anche

nell’ottica di doversi spostare in modo più gestibile e

sicuro.Noi lavoriamo attraverso bandi pubblici e siamo

costantemente in contatto con le amministrazioni. Ci

piacerebbe capire come possiamo essere più efficaci

in questa fase 2 e in che modo servizi come il nostro

possano essere sostenuti anche dal lato degli utenti e

come potrebbero essere agevolati.”

DMOVE.IT: Vi aspettate o auspicate, quindi, incentivi pubblici per l’uso dei servizi di car sharing nelle mag-

MOBILITÀ SOSTENIBILE Nella fase 2, i mezzi pubblici saranno contingentati. sarà fondamentale l’adozione di modalità alternative

Fase 2, il car sharing sosterrà la domanda? Leverano (Share Now): “Una grande opportunità”Per Andrea Leverano, Regional Operations Director SW di Share Now, il car sharing “è un’opportunità, ma serve impegno”

giori città?Leverano: “L’attenzione è soprattutto su come regolar-

ci dal punto di vista della sicurezza e della vita di tutti

i giorni. Sì, ben vengano forme di incentivo dirette al

nostro potenziale cliente per accedere a servizi come

il nostro.”

DMOVE.IT: Vista la situazione, pensate di aumentare il parco auto?Leverano: “Non nascondo che in questa situazione, a

causa del forte calo del fatturato in queste settimane,

stiamo cercando di contenere al massimo i costi. Stiamo

programmando e cercando di capire cosa potremmo

fare se la domanda dovesse crescere in modo espo-

nenziale. Aggiungere ulteriori auto non è un processo

rapido e non ci vorrebbero pochi giorni”.

DMOVE.IT: Tanti utenti scopriranno per la prima volta il car sharing. Sono utenti che torneranno alle vecchie abitudini una volta tornata la normalità oppure una volta scoperto il servizio resteranno?Leverano: “Chi prova Share Now generalmente, salvo

situazioni negative rare, rimane fedele al servizio. Sono

dell’idea che se tutti ci muoveremo bene, sarà un’op-

portunità che ci consentirà di creare una customer base

ancora più allargata. Il periodo di transizione non sarà

brevissimo e prima di pensare di comprare un’auto, se

quello è il paragone, passerà ancora del tempo”.

DMOVE.IT: La potenza di questa situazione, inedita e anomala, potrebbe accelerare la trasformazione che

già era in atto. Leverano: “Secondo me sì. Ovviamente,

nessuno ha la sfera di cristallo, però se vogliamo essere

positivi, e secondo me dobbiamo esserlo, riprenderemo

con una nuova consapevolezza, diretta e indiretta, per

operare in modo più efficiente e di qualità”.

DMOVE.IT: È probabile che gli utenti saranno più ac-corti verso gli oggetti altrui, fra cui le auto. Share Now valuterà la disinfezione regolare dei mezzi o comun-que sta valutando ulteriori misure? Leverano: “Noi di base abbiamo aumentato di quattro

volte il livello di pulizia dei veicoli. Effettuiamo una di-

sinfezione ogni volta che un nostro operatore deve la-

sciare il veicolo. Ora stiamo ragionando se vale la pena

affiancare ulteriori alternative, come fornire strumenti

precauzionali nell’auto, anche se storicamente prefe-

riamo non farlo per tanti motivi. Ogni auto viene usata

mediamente 8-10 volte al giorno e potrebbero crearsi

troppi rifiuti. Bisognerà capire, poi, la logica culturale

del Paese: molti si autotuteleranno, con mascherine e

guanti propri, e avranno degli strumenti che li porteran-

no a essere più attenti”.

DMOVE.IT: Se molte persone non potranno rivolgersi ai mezzi pubblici e inizieranno a usare un’auto, non si rischia di intasare il traffico che in città come Milano e Roma è già complesso da gestire?Leverano: “Il vantaggio dello sharing è che, essendo

questa auto usata più volte durante la giornata, l’uso

del mezzo è più efficiente. Il traffico è generato soprat-

tutto dalle auto parcheggiate e inutilizzate. Se l’alterna-

tiva è l’auto privata, il car sharing è molto più sostenibile

e favorevole a un traffico più fluido”.

DMOVE.IT: Avete valutato o state valutando di colla-borare con servizi di condivisione, come il noleggio di monopattini, per creare un percorso più fluido per l’utente?Leverano: “Noi facciamo parte della Now Family che

oltre a Share Now include anche Free Now (l’ex-MyTaxi,

ndr). All’interno di quest’ultimo è attivo, per esempio a

Torino, un servizio di noleggio monopattino”.

Andrea Leverano è Regional Operations Director South West di Share Now.

Page 43: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 43

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

L e automobili a idrogeno in realtà

sono vetture a celle di combustibile,

alimentate da idrogeno, che genera-

no energia elettrica che mette in funzio-

ne dei comuni motori elettrici. Sebbene

si possa in pochi minuti immagazzinare

una grande quantità di vettore energe-

tico (l’idrogeno appunto) ci sono diversi

risvolti negativi, come la difficoltà di pro-

duzione e stoccaggio del prezioso gas,

oltre al costo di produzione dei veicoli.

Sembra che sia proprio quest’ultimo

punto ad aver convinto Mercedes-Benz

a rinunciare allo sviluppo dell’auto a idro-

geno, bloccando la produzione della GLC

F-Cell, l’unica fuel cell del gruppo, per

altro mai andata realmente in vendita. Il

progetto era nato in collaborazione con

Ford e Nissan, che tuttavia non si sono

mai spinte fino alla produzione reale,

mentre Mercedes negli anni ha assem-

blato qualche centinaio di vetture, tutte

utilizzate per scopi promozionali o come

AUTO IBRIDA Mercedes interromperà lo sviluppo di vetture a celle a combustibile a idrogeno

La lenta morte delle auto a idrogeno Anche Mercedes abbandona lo sviluppoTra i motivi ad aver convinto la casa, la difficoltà di produzione e stoccaggio del prezioso gas

test car. Il capo della ricerca di Daimler,

Markus Schäfer, ha dichiarato che “le

fuel cell funzionano bene. È solo una

questione di costi e produzione di sca-

la. Abbiamo bisogno di grandi volumi”,

chiarendo una volta per tutte lo svantag-

gio produttivo di questa tecnologia, che

si porta appresso tutto il powertrain di

un’auto elettrica normale (batteria com-

presa) oltre all’alimentazione a idrogeno,

con tutti i relativi problemi produttivi, di

spazio e di costi.

L’addio di Mercedes all’idrogeno di som-

ma ai già annunciati addii di Honda, che

per tanti anni invece ci aveva puntato

fortemente, e Volkswagen (ne avevamo parlato qui), che è inoltre l’azienda che

ha realizzato lo schema qui sopra. Par-

tendo da pari energia da fonti rinnovabili,

utilizzando un’auto elettrica finiscono in

reale movimento su strada circa il 70-

90% dell’energia iniziale, mentre con

l’idrogeno, a causa di tutte le perdite del-

la catena, solo il 25-35%.

Restano a bordo della “nave idrogeno”

solo BMW, Hyundai e Toyota, i cui pro-

getti sembrano però avere un futuro tut-

t’altro che roseo.

di Massimiliano ZOCCHI

I l 27 aprile sarà il gran giorno per la

Xpeng P7, la “smart electric sport se-

dan” come la definisce l’azienda, una

berlina elettrica di produzione cinese che

in pratica sfida l’impossibile: offrire tanta

autonomia e tecnologia di livello pre-

mium, a un prezzo mai visto.

Spesso la P7 viene identificata come “Clo-

ne Tesla”, non tanto per l’aspetto estetico,

quanto più per il modello di sviluppo se-

guito, che include anche una causa lega-

le intentata da Tesla stessa, per furto di

codice sorgente del sistema Autopilot.

Problemi legali a parte, se la Xpeng P7

dovesse portare su strada davvero quello

che promette sarebbe clamoroso. L’auto,

secondo l’azienda, è in grado di viaggiare

in guida autonoma di livello 3, in autostra-

da, in città e durante i parcheggi. Questo

AUTO ELETTRICA L’azienda cinese è pronta a lanciare la sua sedan sportiva elettrica il 27 aprile

Xpeng P7, il clone Tesla con guida autonoma livello 3 L’equipaggiamento è davvero “da paura”L’auto fa il pieno di tecnologia e promette tanta autonomia, e costa metà di una Tesla

grazie a un insieme di

componenti tecnolo-

giche di prim’ordine:

13 videocamere, 12

sensori a ultrasuoni,

5 radar e una video-

camera interna all’abi-

tacolo. Il tutto prende

il nome di Xpilot ed è

controllato dal SOC

Nvidia Drive AGX. Dicevamo anche del-

l’autonomia, che secondo i dati sarebbe

di 700 km, anche se secondo il ciclo di

omologazione NEDC. Questi parametri

non vengono più usati in Europa, prefe-

rendo il più severo WLTP, ma resta in ogni

caso un range di tutto rispetto, che po-

trebbe arrivare a 500 km nella vita reale.

Gli interni non potevano che essere in li-

nea con il resto dell’auto, con stile minimal

ma tecnologico, e con l’ormai immancabi-

le display centrale a comandare la scena.

Diversamente da Tesla però quest’ultimo

è in posizione orizzontale. E ovviamente il

sistema è in grado di ricevere aggiorna-

menti OTA. Il prezzo promesso è forse la

parte che stupisce più di tutte: la versione

base costerà solo l’equivalente di circa

31.000 euro, mentre la top di gamma arri-

verà a circa 49.000 euro.

BMW X5 xDrive45e. Una batteria da record per 100 km di autonomia “full electric”La batteria della BMW X5 xDrive45e può garantire 24 kWh lordi, che portano l’autonomia solo elettrica della nuova ibrida plug-in a quasi 100 Km di S. DONATO

L’ibrida plug-in BMW X5 xDrive45e aveva fatto parlare di sé al lancio per la sua batteria da record da 24 kWh lordi. Al momento, la ver-sione è solo una: la Business. La X5 xDrive45e è dunque propulsa dalla combinazione di un motore a benzina 6 cilindri BMW TwinPower da 210 kW e un motore elettrico eDrive da 83 kW massimi, per una potenza complessiva dichiarata di 290 kW (394 CV), e una coppia di 600 nm. La grande batteria da 24 kWh lordi, che diventano 21,5 kWh netti, può permettere alla X5 xDri-ve45e un’autonomia che va dagli 86 ai 97 km con la sola propulsio-ne elettrica. Grazie all’ibridazione del motore, i consumi di carburan-te sono compresi tra 2 e 1,7 l per 100 Km con emissioni di CO2 per la propulsione combinata che van-no da 47 a 39 g/km.La trazione è a quattro ruote mo-trici con cambio automatico, e i viaggi della X5 si avvantaggiano della strategia di funzionamento predittiva, che utilizza i dati di na-vigazione per calcolare tratti di percorso più adatti all’impiego del motore elettrico o per caricare la batteria. Prezzo di partenza 86.150 euro, per il quale è possibile sce-gliere cerchi da 19” e fino a 22”, e a cui si possono abbinare i pacchetti Comfort e Innovation.

Page 44: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 44

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

N ella progressiva elettrificazione del-

la flotta, Land Rover lancia le nuove

versioni PHEV di Range Rover

Evoque e Land Rover Discovery Sport, le

prime ibride plug-in costruite sulla nuova

piattaforma PTA. Non si tratta di semplici

adattamenti delle vetture endotermiche

già esistenti, ma di una seria riprogettazi-

one per ottenere il meglio dalla motoriz-

zazione PHEV.

Entrambe le vetture sono marchiate

P300e, e montano il motore benzina

Ingenium a 3 cilindri da 1.5 litri, con 200

CV di potenza e cambio automatico a o

rapporti. In accoppiata troviamo il motore

elettrico montato sull’asse posteriore, con

ulteriori 109 CV (80 kW). Il powertrain elet-

trico è supportato da una batteria al litio

da 15 kWh, situata sotto i sedili posteriori

e che quindi non ruba spazio all’abitabili-

tà dell’abitacolo. La batteria è composta

da 84 celle prismatiche, assemblate in

sette blocchi da 50 Ah, con una pro-

tezione d’acciaio spessa 6 mm. Come

AUTO IBRIDA Arrivano le versioni PHEV di Range Rover Evoque e Land Rover Discovery Sport

Land Rover Evoque e Discovery Sport Versione plug-in con ricarica fast DCLe auto sono le prime ibride plug-in con ricarica fast e oltre 60 km di autonomia elettrica

tutte le vetture PHEV, anche Evoque e

Discovery Sport hanno una modalità di

guida 100% elettrica, che permette di per-

correre a zero emissioni rispettivamente

66 e 62 km. Di conseguenza i consumi

secondo il ciclo WLTP sono al top della

categoria; Evoque registra un consumo

di 1.4L/100km, con emissioni di CO2 pari

a 32g/km, mentre Discovery Sport di fer-

ma a 1.6L/100km e 36g/km. Le modalità di

guida selezionabili sono tre. Con l’Hybrid

Mode la potenza dei motori è gestita au-

tomaticamente e si adatta alle situazioni

di guida e al livello di carica della batte-

ria. Inserendo i dati di navigazioni nella

strumentazione di bordo, il sistema incro-

cia i dati del percorso per massimizzare

l’efficienza del viaggio. Si passa poi alla

modalità EV, che ovviamente abilita la

marcia in solo elettrico, per arrivare infine

alla Save Mode, che dà priorità al motore

a combustione per mantenere la batteria

a un dato livello di carica, così da poterla

sfruttare in un secondo momento.

Ma dove Land Rover ha davvero fatto la

differenza è nel sistema di ricarica. Per la

prima volta (escludendo il particolare pro-

getto della Mitsubishi Outlander) abbia-

mo anche la ricarica fast per due vetture

plug-in. Sia Evoque che Discovery Sport

PHEV infatti hanno il connettore Combo

CCS, che permette la ricarica fino a 32 kW

nelle colonnine DC compatibili. Questo si

traduce in una carica da 0% a 80% in soli

30 minuti. Nel caso non sia disponibile un

connettore CCS, è possibile anche ricari-

care in corrente alternata, con presa Tipo

2, a 7 kW di potenza, con tempi quindi di

circa 1 ora e 24 minuti.

I proprietari hanno anche a disposizione

l’app InControl Remote, con cui tenere

sott’occhio lo stato di carica del veicolo,

programmare sessioni di ricarica a un de-

terminato orario e precondizionare la tem-

peratura della batteria e dell’abitacolo. In

questo modo l’energia usata in questo

passaggio deriverà dalla rete elettrica,

senza influire sull’autonomia di viaggio.

È già possibile configurare Range Rover

Evoque PHEV e Land Rover Discovery

Sport PHEV anche sul sito italiano. Per

la Evoque, la motorizzazione PHEV è ab-

binabile alla serie base e alla R-Dynamic,

con i rispettivi costi a partire da 53.000

euro e 55.450 euro. Per quanto riguarda

Discovery Sport valgono gli stessi ab-

binamenti, con prezzi a partire da 51.500

euro e 53.800 euro.

DMOVE Il primo trimestre ha fatto segnare ancora profitti

Tesla stupisce: ma quali perdite Anche con Covid arrivano i profitti

di M. ZOCCHI

All’inizio del mese abbiamo sco-

perto come Tesla sia riuscita a contenere i danni a livello

produttivo, nonostante il blocco della

fabbrica l’ultima settimana di marzo.

C’era quindi curiosità per sapere se

le oltre 88.000 auto prodotte avreb-

bero portato a numeri soddisfacenti

a livello finanziario. Gli analisti erano

concordi nel quantificare in poco più di 6 miliardi di dollari i ricavi per il primo trime-

stre, con una perdita per azione di circa 0.32 dollari. Oggi, come atteso, è arrivata la

comunicazione ufficiale da parte di Tesla, che ha riportato 5,985 miliardi di ricavo,

e incredibilmente ha mantenuto i profitti, anche se di poco, con un segno positivo

di 0.09 ad azione. In definitiva quindi Tesla è arrivata corta per quanto riguarda i

ricavi ma, nonostante la mancanza di quasi 30.000 consegne, è riuscita ad evitare

un nuovo segno rosso nei conti. L’azienda riporta inoltre che prevede, ovviamente,

un Q2 negativo, come sarà per molta parte dell’industria automotive, ma pensa di

poter passare indenne dalla bufera, grazie a una solida posizione di liquidità, con

circa 8 miliardi di dollari nelle casse.

Elon Musk è impazzito? Dichiara che le azioni Tesla costano troppo e vende tutti i suoi averiElon Musk ha postato il 1 maggio una serie di Tweet che hanno lasciato molti senza parole. Il titolo Tesla in borsa è crollato di M. ZOCCHI

Elon Musk ci ha abituato a dichia-razioni spesso al limite, sempre tramite Twitter, situazione che in passato gli ha causato anche qual-che guaio con le autorità finan-ziarie americane. Ma quello che è successo il 1 maggio ha dell’in-credibile, con il CEO di Tesla che ha realizzato una serie di strani Tweet, che si sono poi tradotti in una perdita consistente del titolo in Borsa. Il primo post ha messo subito in allarme fan ed investitori, con Musk che si dice pronto a ven-dere tutto ciò che è in suo posses-so, ed arrivare a non possedere nemmeno una casa. Ovviamente la dichiarazione ha destato preoc-cupazione, ipotizzando difficoltà finanziarie per le sue aziende (tra le quali ci sono anche SpaceX e Boring Company), tanto da costrin-gerlo ad ottenere liquidità extra. Tesla però ha una solida posizio-ne con oltre 8 miliardi di dollari in liquidità. La mossa peggiore però è arrivata dopo, con un commen-to sul prezzo delle azioni Tesla, ritenuto al momento troppo alto. Difficile comprendere il perché di una dichiarazione simile, dato che il titolo nelle scorse settimane ha avuto una valutazione anche mol-to più alta.

Page 45: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 45

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano DI MARCO

L a Formula E è ferma a causa del coronavirus e allora

la competizione si è spostata online. Da alcune set-

timane, i piloti del torneo stanno gareggiando attra-

verso il gioco simulativo rFactor 2, in una competizione

videoludica amichevole finalizzata anche alla raccolta

di fondi da dare, poi, in beneficienza. I piloti corrono da

casa e le gare virtuali vengono trasmesse in streaming.

Il torneo è stato chiamato Race at Home Challenge.

Abbiamo potuto parlare del torneo videoludico e, più in

generale, del futuro della Formula E con James Calado,

pilota del Panasonic Jaguar Racing Team.

DMOVE.IT: Nella prima gara del torneo esport sei an-dato piuttosto male, eliminato a pochi giri dall’inizio. Cos’è andato storto?James Calado: “Stiamo soltanto provando a divertirci.

Sono andato a sbattere parecchie volte, però è stato

divertente. Spero di riuscire a finire la prossima corsa.

L’equipaggiamento fa una grande differenza: il mio è in

un garage e non è certo l’ideale. Nella prima gara, quel-

la di prova a Monaco, i danni al veicolo erano bassi, al

25%. Allora tutti abbiamo giocato cercando di andare

il più velocemente possibile, facendo poca attenzione

ai muri. A Hong Kong è stata una gara più bilanciata,

perché i danni sono stati aumentati all’80%. Quindi do-

vevamo evitare i muri. È stato un grosso miglioramento,

nella gara in generale, rispetto al test di Monaco”.

DMOVE.IT: Cosa ne pensi del torneo?Calado: “Non è realistico, è troppo diverso dalla realtà.

Però il beneficio è che i circuiti, invece, sono molto fedeli.

Per esempio, non conoscevo ancora il tracciato di Hong

Kong e per le ragioni che sai non correremo lì. Quindi è

stato un vantaggio poter già studiare il circuito”.

DMOVE.IT: Il fatto che né l’auto né i danni che subi-sce siano reali ha modificato il tuo stile di guida? Eri più aggressivo di quanto saresti stato nella realtà, per esempio?”Calado: “Guidiamo in modo diverso perché non c’è al-

cuna pressione. Vogliamo solo divertici. Abbiamo per-

sino un canale Discord (piattaforma di messaggistica

pensata per i videogiocatori, ndr). Quindi sì, sicuramen-

te ha cambiato il mio modo di guidare”.

DMOVE.IT: La prima lacuna di un simulatore rispetto a guidare un’auto vera?Calado: “Dobbiamo distinguere tra il simulatore che ab-

biamo a casa noi piloti, cioè quello su cui stiamo giocan-

do ora, e quello disponibile in sede. Il simulatore in casa

è standard, non hai la sensazione di cosa stia facendo

l’auto. È pur sempre un videogioco, anche se di alto li-

vello. Quelli in fabbrica, invece, sono molto più vicini alla

realtà. Se fai un errore, hai le stesse reazioni che avresti

MOTORSPORT La Formula E è ferma, ma con i videogiochi i piloti continuano a correre. Calado: “Non è come correre in pista”

James Calado: “Giochiamo online per divertirci La Formula E è il futuro, ma mi mancano le termiche”“La Formula E? È il futuro del motorsport. Le persone devono capire che non si può pensare sempre al passato”

nella realtà. Ci sono comunque delle differenze rilevan-

ti: non possiamo simulare propriamente la forza G, per

esempio, e anche il fatto di non sentire l’aria fresca ma

di essere di una stanza chiusa incide molto.

In un simulatore, inoltre, possono capitare bug. Con una

configurazione appropriata, in ogni caso, ciò che fai in

un simulatore è ciò che faresti nella realtà e viceversa.

Sono molto vicini alla realtà”.

DMOVE.IT: Come vedi le auto a idrogeno?Calado: “Le auto della Formula E usano le batterie al

litio, ma anche il litio è una risorsa che prima o poi è de-

stinata a finire e quindi punteremo sull’acqua. Ho visto

un prototipo delle auto a idrogeno. La strada da fare è

ancora lunga e per ora conviene puntare sull’elettrico.

Sarà interessante capire come si sviluppa”.

DMOVE.IT: Il campionato è fermo, e non è stato faci-le per te. Quali sono state le principali difficoltà?Calado: “Le altre categorie in cui ho gareggiato erano

junior. Qua siamo al massimo livello competitivo e io

sono stato praticamente catapultato dentro. Non è que-

stione di velocità, ma di conoscere la tecnologia. Quelli

della Formula E sono tracciati urbani e io sono abitua-

to ai Grand Prix. Il fatto di non poter provare molto un

circuito prima della gara in Formula E, poi, influenza di

più i neofiti rispetto agli altri tornei a cui ho partecipato.

Quando la quarantena sarà finita, vedremo un bel mi-

glioramento perché potrò tornare a parlare direttamen-

te con gli ingegneri, capire quali sono i miei problemi e

puntare al podio”.

DMOVE.IT: Ti manca qualcosa delle auto da F1?Calado: “Sicuramente mi manca il suono e l’effetto che

ti fa stare sul sedile di un’auto del genere, le vibrazioni.

Però mi piace la direzione che stiamo seguendo con le

auto elettriche”.

DMOVE.IT: Com’è il tuo rapporto con Mitch Evans?Calado: “Mitch? Lo conosco da un po’. Lui è più giovane

di me, ma mi sta aiutando molto perché a sua volta sa

quanto sia difficile iniziare in Formula E. Sto imparando

tanto da lui.”

DMOVE.IT: Pensi che ci sia qualcosa in particolare che, a oggi, sta limitando la visibilità della Formula E agli occhi del grande pubblico?Calado: “Le persone devono capire che non possiamo

sempre restare nel passato. La Formula E è il futuro del

motorsport. Mi mancano le vibrazioni che hai sul sedile e

la potenza delle auto termiche, certo. Allo stesso tempo,

penso però che con la Formula E riusciamo a realizzare

delle ottime corse. Siamo attirando appassionati anche

per questo. E poi è bello poter correre fra le città”.

Cosa cambieresti della Formula E?Calado: “Preferirei avere un po’ più di potenza. Inoltre,

adoro i circuiti attuali, ma penso che con l’aumento

della velocità delle auto dovremo pensare ad allar-

gare i circuiti”.

Per chiudere, quali sono state le differenze tra le gare di endurance e la Formula E?Calado: “L’endurance è tutta passione. Bisogna esse-

re un gran giocatore di squadra, perché non lo fai

solo per te stesso: l’auto deve essere in buono stato

dall’inizio alla fine. Detto ciò, Le Mans è ormai una

gara di velocità. Dopo l’incidente che ho avuto nel

2014, ho realizzato che dovevo iniziare a lavorare

meglio con gli altri. Come ciò è successo, ho iniziato

a vincere. Per la Formula E sono dovuto ritornare al-

l’atteggiamento che avevo prima, essere aggressivo

e individualista”.

Da sinistra, James Calado e Mitch Evans, piloti del Jaguar Panasonic Racing Team di Formula E.

Page 46: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 46

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

D a pochissimo è possibile, anche sul sito italiano,

configurare Range Rover Evoque e Land Rover Discovery Sport in versione PHEV, ovvero ibri-

de plug-in. Non si tratta di una prima volta assoluta per

la casa inglese, ma è la prima volta in cui questa ope-

razione viene fatta sulla nuova piattaforma PTA (Pre-

mium Transverse Architecture). Abbiamo così colto

l’occasione per fare due chiacchiere (a distanza) con

Craig Hargreaves, Senior Powertrain Engineer dei

modelli Land Rover PHEV. Qui di seguito vi riportiamo

la nostra intervista, in cui abbiamo cercato di toccare

qualche punto che non fosse già stato approfondito

dai normali comunicati stampa.

DMOVE.it: Craig, si tratta in buona sostanza di una prima esperienza per voi, com’è nato il progetto?Craig Hargreaves: “Volevamo creare una vettura

ibrida plug-in che potesse integrare al meglio le nuo-

ve tecnologie, ma al tempo stesso che potesse man-

tenere anche lo spirito distintivo delle auto del nostro

marchio. Un grosso aiuto è arrivato dalla piattaforma

PTA, perché fin da quando è stata introdotta, è sta-

ta pensata per ospitare anche una soluzione ibrida

plug-in, e il motore a tre cilindri 1.5. Anche per la bat-

teria abbiamo volutamente scelto la posizione bassa

sul pianale, il che ci ha permesso di non modificare

le attitudini fuori strada dei nostri veicoli, anzi, abbas-

sando il baricentro abbiamo anche potuto spingere

sulle caratteristiche dinamiche di guida. Il tutto poi si

è completato con la massima flessibilità possibile nel

sistema di ricarica, per il quale siamo uno dei primi

costruttori ad inserire la ricarica fast DC in

una ibrida”.

DMOVE.it: In realtà hai anticipato la mia prossima domanda. Se non sbaglio siete i primi con la ricarica fast Combo CCS in una PHEV, come siete arrivati a questa scelta?Hargreaves: “La batteria che siamo riusciti

ad alloggiare, da 15 kWh, insieme all’effi-

ciente motore elettrico, permette di offrire ai

clienti fino a 66 km di autonomia completa-

mente elettrica. Per questo noi pensiamo di

offrire un’auto che quotidianamente possa

essere utilizzata come una elettrica pura, e

la ricarica DC fast permette anche tratte un

po’ più lunghe, come quelle intorno alle cit-

tà, con una sosta breve come quella di una

pausa caffè. È veramente un punto di forza

di queste nuove auto secondo noi.”

DMOVE.it: Come sai Jaguar (che fa parte

AUTO IBRIDA Land Rover ha appena lanciato Evoque e Discovery Sport in versione PHEV, già configurabili anche sul sito italiano

I segreti delle ibride plug-in di Land Rover Parla Craig Hargreaves, ingegnere del powertrainAbbiamo potuto fare quattro chiacchiere con il responsabile dello sviluppo powertrain dei modelli Land Rover PHEV

di Jaguar Land Rover) partecipa al campionato di Formula E. Utilizzate uno scambio di dati con il team per lo sviluppo dei motori elettrici?Hargreaves: “Ovviamente abbiamo una stretta colla-

borazione con il nostro team di Formula E, e siamo

sempre alla ricerca di opportunità per sfruttare lo svi-

luppo portato avanti nel campionato. Tuttavia la dif-

ferenza tecnologica tra la Formula E e un SUV plug-in

è abbastanza elevata e c’è una quantità limitata di

trasferimento all’interno di questi prodotti, ma posso

assicurarti che la collaborazione tra il team e il nostro

gruppo di ingegneri è molto forte, e condividiamo in-

formazioni ogni volta che possiamo, soprattutto sui

sistemi di controllo. Inoltre condividiamo anche alcu-

ne location dei test.”

DMOVE.it: So che hai lavorato spesso anche su mo-tori diesel ed altri, così voglio chiederti se pensi ci sia ancora spazio per migliorare questi motori, op-pure i PHEV sono l’unica possibilità?

Hargreaves: “Jaguar Land Rover come costruttore

cerca costantemente di portare il meglio della tecno-

logia ai suoi clienti, ma sappiamo anche che non tutte

le tecnologie sono adatte a tutti i clienti, così cerchia-

mo di offrire un range il più ampio possibile per la

scelta dei motori. Chiaramente le migliorie possibili

sui motori a combustione sono minori rispetto a quel-

le permesse dal sistema plug-in, ma come molti altri

costruttori abbiamo ancora programmi per continua-

re a migliorare i nostri motori endotermici”.

DMOVE.it: L’unità elettrica in queste nuove auto è situata direttamente sull’asse posteriore. Come mai questo cambiamento rispetto alle scelte pregresse, dove era invece all’interno del cambio?Hargreaves: “Questa è davvero un’ottima doman-

da e in realtà ci riporta in parte al discorso iniziale.

Avevamo un certa quantità di punti cardine in questo

progetto, e volevamo offrire una Land Rover PHEV

ma senza nessun compromesso. Il motore sull’asse

posteriore ci ha permesso di liberare spazio

nella parte centrale, così da avere una bat-

teria più generosa, ma soprattutto evitando

l’ingombro che ci avrebbe invece costretto

a sacrificare, ad esempio, spazio nell’abita-

colo. Inoltre il motore direttamente sull’asse,

senza meccanica di trasmissione, permette

di aumentare l’efficienza generale di tutto il

powertrain.

Le mosse di Jaguar Land Rover sono state

quindi ben studiate, con lo scopo primario

di offrire una vera Land Rover ma con una

nuova tecnologia. Speriamo di poter quindi

testare dal vivo le nuove vetture, non appe-

na la situazione globale si sarà normalizza-

ta, e nel frattempo vi rimandiamo al nostro

articolo di presentazione, con tutte le carat-

teristiche e i prezzi, nonché alle singole gal-

lerie fotografiche, con i dettagli della ricarica

e dell’infotainment di Range Rover Evoque

PHEV e Land Rover Discovery Sport PHEV”.

Page 47: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 47

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

Attualmente in Formula E ci sono 12

squadre, tra le quali ci sono nume-

rose case costruttrici che hanno

scelto questo nuovo campionato per far-

si spazio nel mondo delle competizioni a

zero emissioni. Gli ultimi arrivi, in ordine

di tempo, sono Nissan (che ha preso il

posto della cugina Renault), Porsche e

Mercedes, entrambe con team ufficiali.

Tuttavia, a parte la sponsorizzazione

di Geox nel team Dragon, dall’addio di

Jarno Trulli manca una vera e propria

presenza italiana. In un momento di scel-

te importanti, FCA ha scelto la via della

Formula 1 per Alfa Romeo, lasciando solo

voci su una possibile partecipazione fu-

tura di Maserati, intenta in un piano di

elettrificazione della flotta. Ferrari ovvia-

mente per ora resta alla finestra, e quin-

di all’Italia chi ci penserà? Chi potrebbe

se non Gianfranco Pizzuto, imprendi-

tore altoatesino e italianissimo, già tra

i fondatori della Fisker Automotive, poi

rilevata da un altro gruppo e diventata

MOTORSPORT Gianfranco Pizzuto prepara l’ennesima avventura nel settore dell’elettrico

Formula E, Ferrari e Maserati latitano? Al team italiano di ci pensa qualcun altroSono bastati 2 giorni per arrivare al piano ufficiale per fondare la Scuderia-E Formula E Tea

Karma Automotive. Da allora Pizzuto non

ha mai abbandonato la passione per la

trazione elettrica, occupandosi tramite la

sua “Scuderia-E” di importare le Fiat 500

elettriche dagli Stati Uniti, migliorarne le

caratteristiche tecniche, e rivenderle. Più

di recente è stato anche EV Ambassador

per Jaguar, facendo da testimonial della

Jaguar I-Pace. Lo abbiamo letteralmente

provocato, chiedendogli se non avesse

mai pensato a una squadra di Formula

E italiana, sfruttando tutta la sua enorme

rete di conoscenze. Sono bastati due

giorni per arrivare da un’ipotesi al piano

ufficiale per fondare la Scuderia-E For-

mula E Team. Il primo ad essere coin-

volto nel progetto è stato Mark Lander,

proprietario dell’azienda turca Imecar,

esperta di motori elettrici, batterie, e

conversioni da mezzi endotermici. Di fat-

to quindi la squadra sarebbe italo-turca,

come dimostra la bandiera della Turchia

riprodotta nella pinna posteriore del ren-

dering della monoposto Gen2 EVO. In

pochi giorni sui social network (special-

mente Linkedin) sono piovute candida-

ture di ogni livello, da ingegneri, ad av-

vocati, fino addirittura ex team principal

con già esperienza in Formula E.

“È fantastico vedere quanto interesse

ha suscitato la possibilità di questo

nuovo team italo-turco”, scrive sul suo

profilo lo stesso Pizzuto, con la stampa,

italiana e internazionale, che si è subi-

to interessata alla vicenda. Come ab-biamo scritto di recente in un nostro articolo, le cifre per mettere in piedi un

team di Formula E non sono proibitive,

anche se comunque consistenti, così è

partita la ricerca di partner e sponsor,

con la speranza di poter partecipare

alla stagione 2021-2022.

“È dura oggi, con la crisi Covid-19, an-

dare a bussare alla porta di un’azienda

automotive, per questo stiamo cercan-

do più che altro di muoverci in settori

alternativi, che non abbiano risentito

troppo delle mancate vendite e dei lock-

down”, è questa in sostanza la strategia

per cercare di concretizzare il piano. Re-

sta infine lo scoglio del numero massimo

di squadre da statuto della Formula E,

ovvero 12, quota già raggiunta. Pare però

che le squadre di NIO e di Dragon siano

aperte a sostanziose compartecipazioni

o vendita totale del team, e che la cosa

sia già arrivata alle orecchie del CEO di

Formula E Alejandro Agag...

Opel svela la nuova Mokka La versione elettrica arriverà per primaDopo la Opel Corsa-e e la plug-in Grandland X, la casa tedesca prosegue verso l’elettrificazione, con la nuova Mokka, ora in fase di test di M. ZOCCHI

Opel presenta la nuova Mokka, an-che se per ora ancora esticamente camuffata, e la novità non è solo il nome, che perde la X. Il piccolo SUV sarà disponibile anche in ver-sione elettrica, che sarà inoltre la prima ad arrivare sul mercato. La vettura è già pronta, ed entra ora in fase di test con gli ingegneri Opel, e secondo la tabella di marcia do-vrebbe andare in produzione di massa nel quarto trimestre 2020, per avere le consegne per l’inizio del 2021. Dalle poche immagini diffuse si può solo intuire qualcosa sulle forme generali, e ovviamente per ora non è trapelata nessuna specifica tecnica. Un’ipotesi è che Opel, ora parte del Gruppo PSA, possa fare una scelta simile a Peu-geot, che ha condiviso tecnologia e caratteristiche con la e-208 e la e-2008. Allo stesso modo quindi il brand potrebbe aver trasportato il powertrain della Corsa-e su questa nuova Mokka. Si tratta però solo di speculazioni. Il CEO Opel Michael Lohscheller si è così espresso:“PQuesta seconda generazione mostra tutto ciò che Opel rap-presenta oggi e rappresenterà in futuro, cambiando la percezione del nostro brand. I nostri ingegneri hanno ancora del lavoro impor-tante da fare, ma non vedo l’ora di presentare presto il nuovo Opel Mokka”.

DMOVE Approvato il prolungamento degli accordi fino al 2025

Formula E a Roma, la sindaca Raggi conferma l’accordo fino al 2025

di M. ZOCCHI

L o scorso 4 aprile si sarebbe do-

vuto tenere l’ePrix di Formula E

a Roma, purtroppo annullato a

causa dell’epidemia di Covid-19. Era

praticamente certo che non si sareb-

be trattata dell’ultima occasione per

vedere le monoposto elettriche nella

nostra capitale, e infatti oggi il Sinda-

co Virginia Raggi, sulla sua pagina

Facebook ha confermato il prolunga-

mento degli accordi con la Formula

E. La Giunta Capitolina ha approvato

l’estensione fino al 2025, con la possibilità di vedere quindi almeno altre 5 gare,

per le strade del quartiere Eur, a detta di moti piloti probabilmente il miglior tracciato

di tutto il campionato. Secondo la Raggi gli ePrix di Roma rappresentano un’impor-

tante opportunità per la città, per ottenere investimenti nel territorio. Queste le sue esatte parole.Durante le scorse edizioni eravamo ovviamente presenti e potete fare un salto al-

l’indietro con la nostra gallery dai box, oppure vedere il tracciato tramite il simu-latore, o ancora la nostra intervista con uno dei vincitori, Mitch Evans.

Page 48: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

Formation Duo, il primo sistema di altoparlanti senza fili per lo streaming che riesce a fornire la fedeltà "cablata" in modalità wireless,

per soddisfare l'audiofilo più esigente abituato allo standard Bowers & Wilkins.

W I R E D F I D E L I T Y, W I R E L E S S L Y.

www.audiogamma.it

133_bw_formation_pgp_DDY.qxp_- 18/11/19 15:23 Pagina 1

Page 49: 4 MAGGIO 2020 n.221 20 MAGAZINE La quarantena spinge Intel ... · Vittorio Colao, in un’intervista al Corriere della Sera, a sciogliere la riserva: Immuni utilizzerà le nuove API

torna al sommario 49

MAGAZINEn.54 / 204 MAGGIO 2020

di Massimiliano ZOCCHI

VanMoof presenta ufficialmente le

sue nuove eBike S3 e X3. Il mar-

chio ha fatto scuola con il suo de-

sign minimal ma estremamente distinti-

vo, e i nuovi prodotti non si discostano

dallo stesso stile che ne ha decretato il

successo mondiale.

La differenza più grande delle nuove

eBike è il prezzo, letteralmente crolla-

to rispetto ai primi modelli. Le VanMoof

infatti costavano 3.398 dollari, mentre

ora entrambi i modelli possono essere

acquistati a soli 1.998 dollari. Secondo

l’azienda la forbice di prezzo è dovuta

alla loro crescita, passando da “bou-

tique company” ad una realtà ben più

strutturata, con una catena di approvvi-

gionamento matura e negozi in tutto il

mondo. Il nuovo motore delle VanMoof

è migliorato sotto tutti i punti di vista,

essendo più potente, più silenzioso e

più piccolo. La potenza è di 350 W nella

BICI ELETTRICA Ecco le attese S3 e X3 di VanMoof, eBike dal design che ha fatto scuola

VanMoof presenta le nuove eBike S3 e X3 Migliorano le specifiche e il prezzo scendeLa novità è che ora il prezzo è crollato rispetto ai primi modelli: da 3.398 a 1.998 dollari

versione americana, bloccata a 250 W

per l’Europa, con una coppia massima

di 59 Nm. Entrambi i modelli, S3 e X3

hanno il cambio automatico a quattro

rapporti gestito elettronicamente, con

la marcia giusta inserita in base a velo-

cità e inclinazione. Con l’app per smar-

tphone l’utente può impostare i punti di

cambio anche diversamente dalle im-

postazioni di fabbrica. La batteria è da

504 Wh, e l’eBike integra anche il Blue-

tooth e il GPS. La S3 e la X3 hanno le

stesse specifiche e si differenziano solo

per la geometria e la taglia. La VanMoof

S3 monta ruote da 29”, mentre la X3 ha

il tubo orizzontale che incrocia l’obliquo

più in basso e monta ruote da 24”, il

che ne cambia completamente l’aspet-

to, anche se mantiene il design tipico

VanMoof. I due modelli possono essere

pre-ordinati sul sito dedicato, con con-

segne a partire da maggio.

di Massimiliano ZOCCHI

Come ormai noto, l’Unione Euro-

pea ha abbassato notevolmen-

te i limiti di emissioni inquinanti

consentiti per i costruttori di auto, così

da spingerli verso mezzi sempre meno

inquinanti. Risulta quindi ovvio che per

rientrare nei limiti del 2020, e in quelli

AUTO ELETTRICA Il ritmo di vendita delle auto ecologiche non è abbastanza alto e le case rischiano multe severe dall’UE

Si vendono poche auto elettriche, le case rischiano multe FCA e Volkswagen le peggiori, Toyota meno a rischio Toyota, che nei suoi spot si fa beffe delle auto elettriche, sembra essere l’unica che riuscirà ad evitare le multe, o quasi

ancora più severi dei prossimi anni, le

auto elettriche siano la soluzione miglio-

re, poiché in grado di abbassare drasti-

camente la media, su cui poi si basa la

rilevazione finale. Quello che si scopre

però in un report di PA Consulting, è che

i 13 principali costruttori, al ritmo attuale

di vendita, non riusciranno a centrare i

loro obiettivi, rischiando multe

per un totale di 14.5 miliardi di

euro. Le auto elettriche insom-

ma stanno accelerando sul

fronte delle vendite anno su

anno, ma non abbastanza da

coprire e compensare le emis-

sioni del resto della gamma,

sempre più piena di SUV con

prestazioni non accettabili sul

fronte della sostenibilità am-

bientale. Il report sottolinea poi quella

che potrebbe essere una vera e propria

beffa per molti costruttori: Toyota, che

nei suoi spot si fa beffe delle auto elet-

triche, sembra essere l’unica che riusci-

rà ad evitare le multe, o quasi.

Come si vede dalla tabella 1, il costrut-

tore giapponese, secondo le previsioni

di PA, sarebbe di pochissimo sopra la

soglia per evitare le sanzioni, con emis-

sioni medie per il 2021 di 95.1 grammi di

CO2 per km, contro i 94.9 prefissati. Se

questo lieve ritardo dovesse rimanere,

significherebbe per Toyota pagare la

misera cifra di 18 milioni di euro alla UE.

Ma come ha raggiunto questo status? Il

merito è delle vetture ibride, da sempre

cavallo di battaglia di Toyota, e che ora

hanno contagiato anche il settore dei

SUV, permettendo quindi di mantenere

la media più bassa dei concorrenti.

Tra i principali costruttori, spiccano in

senso negativo FCA e Volkswagen.

Fiat-Chrysler, che si appresta a lancia-

re la nuova 500 elettrica, ha un target

di 92.8 grammi, ma a questi ritmi arri-

verebbe solo a 119.8, rischiando quindi

quasi 2 miliardi e mezzo di sanzione. Fa

peggio Volkswagen, che al contrario di

FCA ha una schiera di auto elettriche

pronte ad arrivare sul mercato, ma che

ancora non sono entrate nella fase di

vendita vera e propria. La casa tedesca

al ritmo odierno arriverebbe a 109.3

grammi di CO2, contro i 96.6 necessari

per evitare multe. Rischia quindi di do-

ver pagare 4.5 miliardi.

Difficile dire se la situazione resterà

effettivamente quella fotografata dal re-

port. Le case sono certamente coscienti

del problema, e siamo sicuri che intensi-

ficheranno le politiche interne per spin-

gere le vendite delle auto elettriche ed

ibride. Del resto la cosa risulta già evi-

dente dalle campagne pubblicitarie, in

Tv e su altri mezzi di informazione, mai

così piene di auto elettrificate come in

questo periodo.

1

1