4. LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E LE SUE RAPPRESENTAZIONI · quella di Parigi del 1900. Gli effetti...

6
4. LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E LE SUE RAPPRESENTAZIONI Il processo di industrializzazione ha completamente trasformato il mondo in cui vi- viamo. Tale rivoluzione, avvenuta in un arco di tempo che abbraccia circa due secoli di storia, è stata vissuta in modi assai diversi. Nel corso del XIX secolo la nascita del sistema di fabbrica sollevò, insieme a grandi speranze, anche forti elementi di preoc- cupazione circa le ricadute sociali di un fenomeno apparentemente incontrollabile. Al volgere del secolo il potenziamento dei settori economici, le nuove forme di organiz- zazione produttiva, il sorgere di movimenti sindacali e politici, la lotta per la spartizio- ne del mercato mondiale, posero nuovi problemi e suscitarono forti tensioni, che trova- rono diversa espressione nelle realtà sociali e culturali dei diversi paesi, sottoposte a ritmi evolutivi accelerati. Nel Novecento, le sorti della società industriale si intreccia- rono a quelle degli Stati, nella politica dei quali spesso la crescita dell’industria diven- ne una manifestazione privilegiata della potenza nazionale. Dopo il 1945, il capitali- smo industriale assunse nuove connotazioni, allargandosi ed estendendosi a tutto il mondo, accentuando la divisione internazionale del lavoro, moltiplicando la produzio- ne dei beni e il loro consumo, ma anche estendendo a dismisura le disuguglianze. Que- sta fase di espansione, che vide un forte interesse di artisti e letterati per il mondo del- l'industria, fu seguita da un decennio di crisi, al termine del quale la società industriale parve nuovamente trasformata, tanto da spingere numerosi intellettuali, letterati e arti- sti a elaborare il concetto di società post-industriale. UOMO E AMBIENTE NELL’OTTOCENTO La storia Prima in Inghilterra, e poi in altri paesi europei nel corso della prima metà del XIX se- colo, lo sviluppo dell’industrializzazione cominciò a cambiare l’intera società, i modi di vita e il paesaggio, che divenne sempre più urbanizzato. Nella città lo sviluppo indu- striale iniziò a suscitare preoccupanti fenomeni. Innanzitutto crebbe la popolazione ur- bana, causando il sovraffollamento dei quartieri popolari, peraltro già fatiscenti. Ciò comportava spesso condizioni di vita pessime, con gravi pericoli per la diffusione di e- pidemie. L’aria diveniva sempre più insalubre, inquinata dalle polveri del carbone, la principale risorsa energetica. Nelle fabbriche le condizioni di lavoro erano al limite del- la sopportazione: gli operai, sovente donne e bambini, erano costretti a lavorare in am- bienti malsani, con orari lunghissimi, in cambio di miseri salari. Nell’ultimo quarto del XIX secolo, l’industrializzazione procedette in misura più acce- lerata, grazie all’introduzione di macchine sempre più efficienti e agli enormi progressi prodotti dall’applicazione delle scoperte scientifiche alla produzione. Si svilupparono i settori cosiddetti pesanti e iniziò l’età dell’acciaio. La ferrovia e la navigazione a vapo- re unirono il mondo in una rete di trasporti veloci e economici, favorendo il commercio internazionale e la divisione del lavoro tra le aree geografiche. Le grandi imprese domi- navano incontrastate il mercato nazionale, in stretto contatto con i gruppi politici e fi- nanziari che dirigevano la politica economica degli Stati.

Transcript of 4. LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E LE SUE RAPPRESENTAZIONI · quella di Parigi del 1900. Gli effetti...

4. LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E LE SUE RAPPRESENTAZIONI

Il processo di industrializzazione ha completamente trasformato il mondo in cui vi-viamo. Tale rivoluzione, avvenuta in un arco di tempo che abbraccia circa due secoli di storia, è stata vissuta in modi assai diversi. Nel corso del XIX secolo la nascita del sistema di fabbrica sollevò, insieme a grandi speranze, anche forti elementi di preoc-cupazione circa le ricadute sociali di un fenomeno apparentemente incontrollabile. Al volgere del secolo il potenziamento dei settori economici, le nuove forme di organiz-zazione produttiva, il sorgere di movimenti sindacali e politici, la lotta per la spartizio-ne del mercato mondiale, posero nuovi problemi e suscitarono forti tensioni, che trova-rono diversa espressione nelle realtà sociali e culturali dei diversi paesi, sottoposte a ritmi evolutivi accelerati. Nel Novecento, le sorti della società industriale si intreccia-rono a quelle degli Stati, nella politica dei quali spesso la crescita dell’industria diven-ne una manifestazione privilegiata della potenza nazionale. Dopo il 1945, il capitali-smo industriale assunse nuove connotazioni, allargandosi ed estendendosi a tutto il mondo, accentuando la divisione internazionale del lavoro, moltiplicando la produzio-ne dei beni e il loro consumo, ma anche estendendo a dismisura le disuguglianze. Que-sta fase di espansione, che vide un forte interesse di artisti e letterati per il mondo del-l'industria, fu seguita da un decennio di crisi, al termine del quale la società industriale parve nuovamente trasformata, tanto da spingere numerosi intellettuali, letterati e arti-sti a elaborare il concetto di società post-industriale.

UOMO E AMBIENTE NELL’OTTOCENTO

La storia Prima in Inghilterra, e poi in altri paesi europei nel corso della prima metà del XIX se-colo, lo sviluppo dell’industrializzazione cominciò a cambiare l’intera società, i modi di vita e il paesaggio, che divenne sempre più urbanizzato. Nella città lo sviluppo indu-striale iniziò a suscitare preoccupanti fenomeni. Innanzitutto crebbe la popolazione ur-bana, causando il sovraffollamento dei quartieri popolari, peraltro già fatiscenti. Ciò comportava spesso condizioni di vita pessime, con gravi pericoli per la diffusione di e-pidemie. L’aria diveniva sempre più insalubre, inquinata dalle polveri del carbone, la principale risorsa energetica. Nelle fabbriche le condizioni di lavoro erano al limite del-la sopportazione: gli operai, sovente donne e bambini, erano costretti a lavorare in am-bienti malsani, con orari lunghissimi, in cambio di miseri salari.

Nell’ultimo quarto del XIX secolo, l’industrializzazione procedette in misura più acce-lerata, grazie all’introduzione di macchine sempre più efficienti e agli enormi progressi prodotti dall’applicazione delle scoperte scientifiche alla produzione. Si svilupparono i settori cosiddetti pesanti e iniziò l’età dell’acciaio. La ferrovia e la navigazione a vapo-re unirono il mondo in una rete di trasporti veloci e economici, favorendo il commercio internazionale e la divisione del lavoro tra le aree geografiche. Le grandi imprese domi-navano incontrastate il mercato nazionale, in stretto contatto con i gruppi politici e fi-nanziari che dirigevano la politica economica degli Stati.

2 Percorso 4 - La società industriale e le sue rappresentazioni

→ Vedi sul testo di storia i caratteri generali dell’ età dell’imperialismo. La borghesia industriale sviluppò gusti e sensibilità sempre più lontane dalle forme tra-dizionali. Si aprì l’epoca delle nuove tecnologie per rappresentare il mondo: la fotogra-fia e il cinematografo. Le arti tradizionali, e soprattutto la pittura, si confrontarono con i nuovi orizzonti aperti dalla tecnologia, mentre si formarono le prime avanguardie ar-tistiche , che intendevano rinnovare i modi, il ruolo, le tecniche delle forme espressive.

→ Vedi sul libro di storia dell'arte il ruolo di rinnovamento svolto dai pittori dell’impressionismo come Claude Monet (1840-1926), Pierre -Auguste Renoir, Camille Pissarro (1830-1903). Gli impressionisti, considerati eretici e rifiutati dalla pittura ufficiale, esposero per la prima volta le loro opere nello studio del fotografo Felix Nadar (1820-1910) nel 1874.

Un momento altamente significativo di questa svolta è rappresentato dalle Esposizioni universali, manifestazioni organizzate nelle maggiori capitali occidentali alle quali il pubblico di massa accorreva per ammirare le meraviglie del progresso tecnico: famosa quella di Parigi del 1900. Gli effetti negativi della crescita dell’industria sull’ambiente colpirono a diversi livelli la mentalità degli uomini del tempo, segnando una profonda differenza con le epoche precedenti. Nell’età preindustriale, infatti, i disagi ambientali erano considerati immodi-ficabili, e le catastrofi naturali erano considerate come l’effetto di una forza il cui corso non poteva essere frenato o deviato dall’uomo. Ora, invece, si cominciava a scorgere la possibilità che un più efficace intervento umano fosse in grado, attraverso gli avanza-menti della tecnica, di eliminare gli errori e le storture prodotti dallo stesso progresso.

→ Vedi sul testo di storia la figura del filantropo Robert Owen (1771-1858), che identificava nell’organizzazione e nella diffusione dell’industria la chiave per risolvere ogni contraddizione.

→ Vedi ad esempio le opere di Charles Dickens che denunciano la misera condizione dell’infanzia del proletariato urbano.

La letteratura La grande trasformazione impressa al mondo dallo sviluppo dell’industria nei primi cinquant’anni del secolo XIX ebbe echi dissonanti nel dibattito culturale. Alcuni intel-lettuali si rifugiarono nella contemplazione nostalgica del passato, del mondo agreste, altri rimasero pressoché indifferenti ai sommovimenti dell’economia e della società, chiusi in una concezione dell’arte e della cultura come qualcosa di assolutamente sepa-rato dalla realtà contemporanea e come dominio riservato a pochi. Altri ancora fecero sentire il proprio dissenso in modo inequivocabile.

→ Vedi la lirica di Heinrich Heine I tessitori slesiani (1844), nella quale si dà voce alla protesta di semplici lavoratori, che sono uomini disperati, ma non ancora abbrutiti da condizioni di vita durissime.

→ Vedi, nella poesia La ginestra (1833) di Giacomo Leopardi,i versi in cui è più esplicita la critica al falso mito del progresso e si prospetta una nuova forma di convivenza sociale, fondata sui valori della fratellanza e dell’aiuto reciproco nella comune difficile sorte degli esseri umani.

Si affaccia, in modo sempre più chiaro, a partire dalla metà del secolo, l’idea che la let-teratura debba occuparsi di questioni che la società sente come vitali e che l’arte sia una forma di conoscenza capace di raggiungere la verità e di rispecchiare le dinamiche so-

3 Percorso 4 - La società industriale e le sue rappresentazioni

ciali dell’epoca. Si attua così il passaggio dalla fase romantica alla fase realista della letteratura, culminante nella compiuta realizzazione del romanzo borghese.

→ Vedi i romanzi di Gustave Flaubert (1821-1880), Stendhal (1783-1842) e in particolare di Honorè de Balzac, nelle opere del quale appare più intenso lo sforzo di prendere coscienza della realtà sociale e del cambiamento impresso alla storia dalla classe borghese.

Nella fase immediatamente successiva a quella realista, iniziatasi intorno agli anni set-tanta del XIX secolo, la letteratura tende a mutuare principi, tecniche e finalità dall’indagine scientifica. Si vuole osservare la realtà in modo impersonale e riprodurla con mezzi che possono stare alla pari con quelli della scienza. Si giunge così al natura-lismo, una poetica ispirata a una concezione dell’arte come studio dei caratteri ambien-tali, sociali, psicologici e fisiologici dell'essere umano.

→ Vedi le opere di Zola, dei fratelli Goncourt, e confrontale con la corrente del verismo italiano (Verga, Capuana, De Roberto), notando le differenze di ambientazione (città-campagna) e di stile letterario.

La filosofia Nella prima metà del secolo, i contemporanei sviluppi dell’economia influenzarono le elaborazioni di alcuni filosofi, i quali delinearono nelle loro opere i tratti, in gran parte utopistici, di una nuova organizzazione sociale, edificata a partire dalla centralità della produzione e delle sue esigenze. L’attenzione di questi pensatori si sposta dunque dal piano politico a quello dell’organizzazione economica.

→ Vedi sul testo di filosofia le indicazioni circa le teorie presenti nell'opera di Claude-Henry de Saint-Simon (1760-1825) il Catechismo degli industriali (1823-24).

La corrente del positivismo, il cui fondatore e principale esponente fu il francese Augu-ste Comte, raccolse l’eredità degli utopisti francesi, riorganizzandola in un sistema filo-sofico compiuto. Con essa la scienza e i suoi metodi divennero il modello di riferimento della razionalità. Il sistema di Comte, che aveva l’ambizione di aprire alla scienza i ter-ritori, per lui ancora inesplorati, dell’umano, divenne rapidamente un punto di riferi-mento per la mentalità comune della borghesia industriale e delle classi colte, che con-dannavano come assurde e superate molte delle visioni del mondo giunteci dal passato.

→ Vedi oltre a Comte anche John Stuart Mill (1806-1873), più legato all’utilitarismo inglese, Herbert Spencer, evoluzionista, Roberto Ardigò, più incline al materialismo.

L’analisi del mondo dell’industria e delle sue strutture economiche fu posta al centro dell’indagine filosofica dal tedesco Karl Marx, che mise a frutto le sue vaste conoscenze filosofiche, giuridiche, politiche ed economiche, per delineare una nuova filosofia, ca-pace non solo di interpretare il mondo, ma anche di trasformarlo. L’enorme importanza assunta dal pensiero di Marx è testimoniata dalla storia dell’ultimo secolo, in cui le sue idee conobbero una fortuna senza precedenti. Esse, variamente interpretate e discusse, ispirarono la fondazione e l’organizzazione di sindacati, movimenti politici, e hanno co-stituito la base dell’ideologia dell’Urss, della Cina e di moltissimi movimenti di indi-pendenza dei paesi del Terzo mondo.

→ Vedi sul testo di filosofia i concetti di materialismo storico e di filosofia della prassi, oltre alle indicazioni circa la metodologia di analisi utilizzata da Marx nella sua opera Il Capitale (1867-1894).

4 Percorso 4 - La società industriale e le sue rappresentazioni

L’IMMAGINE DELL’INDUSTRIA TRA SLANCI, CRISI E TRASFORMAZIONI NEL NOVECENTO

La storia La Prima guerra mondiale segnò un momento decisivo per il trionfo del capitalismo in-dustriale. Nel ventennio tra le due guerre gli Stati presero decisamente in carico gli o-biettivi di controllo dei cicli economici e di espansione. La crisi del ’29 mise in allarme l’intero mondo capitalistico, che corse ai ripari ristrutturandosi grazie anche all’intervento pubblico. La produzione in serie venne ridefinita sulla base di criteri ri-gorosi, mentre la scienza e la produzione si integravano grazie alla mediazione sempre più importante della tecnologia. Le fabbriche divennero dei modelli di razionalità par-cellizzata, luoghi nei quali gli operai ripetevano gli stessi gesti, in vista di un’ottimale realizzazione degli obiettivi di produzione. L’enorme incremento di produttività così ot-tenuto consentì la diffusione di un crescente quantitativo di beni e la formazione di un mercato di massa.

→ Vedi sul testo di storia la figura di Frederick Winslow Taylor (1856-1915) che elaborò una compiuta teoria dell’organizzazione industriale, e di Henry Ford (1863-1947) che l’applicò al settore automobilistico, destinato ad assumere la massima importanza nell’economia mondiale.

Dapprima negli Stati Uniti, poi, a partire dagli anni cinquanta negli altri paesi europei, gli appartenenti alla classe media aumentarono, le famiglie cominciarono a disporre di un benessere materiale rappresentato da elettrodomestici, automobili, radio, televisione e vari oggetti di consumo. Nasceva la società del benessere , nella quale si sviluppavano nuove forme di vita sociale e si ridisegnavano i rapporti di produzione e le relazioni in-dustriali.

→ Vedi sul testo di storia le vicende legate agli sviluppi del consumismo negli anni sessanta e i richiami all’allargarsi della forbice tra paesi sviluppati e non.

In Italia, il ritorno alle regole democratiche dopo la lunga e dolorosa parentesi del fasci-smo, comportò una nuova dinamica del conflitto tra le parti sociali, non più represso dalle istituzioni corporative del regime. Nel corso degli anni sessanta i sindacati dei la-voratori acquistarono un peso crescente, affermatosi definitivamente nelle lotte degli anni settanta, che portarono al riconoscimento giuridico dello Statuto dei lavoratori. Acquisito un ruolo istituzionale, i sindacati diedero vita a politiche di cogestione con il governo, le organizzazioni degli imprenditori e le forza politiche. L’industria, che era stata al centro dell’intervento statale già negli anni trenta, rimase un settore in cui lo Sta-to cercò di intervenire direttamente in funzione espansiva. Ma i ripetuti insuccessi nell’impiantare nuove produzioni nelle aree più arretrate del paese, gli alti costi e le de-generazioni cui questa politica diede luogo, convinsero il settore pubblico a limitarsi a definire indirizzi di politica economica, lasciando sempre più al settore privato la ge-stione diretta delle imprese industriali.

→ Vedi la politica delle dismissioni e privatizzazioni a partire dagli esempi anglosassoni (Reagan, Thatcher) degli anni ottanta.

Nel frattempo, tuttavia, si assistette, dopo le crisi petrolifere degli anni settanta, in tutti i paesi industrializzati del mondo occidentale a un forte ridimensionamento delle unità produttive, alla riduzione dell’impiego della manodopera e alla sua sostituzione con macchine “intelligenti” e flessibili. Inoltre le imprese cominciarono a sfruttare il nuovo

5 Percorso 4 - La società industriale e le sue rappresentazioni

contesto internazionale, dislocando nel Terzo mondo i settori produttivi che ancora ri-chiedevano l’impiego di manodopera. La drastica riduzione degli addetti all’industria fu la conseguenza di questo improvviso mutamento, che è stato all’origine di nuove forme di produzione, legate alle mutate esigenze della società post-industriale.

La letteratura L’elaborazione letteraria delle suggestioni che provenivano dal mondo della produzione non tardò a farsi conoscere anche in Italia. Nacque in Italia il movime nto futurista, che cercò di incorporare nelle proprie espressioni le manifestazioni e gli effetti dei nuovi mondi creati dalla tecnologia e dall’industria.

→ Vedi sul libro di letteratura la figura di Filippo Tommaso Marinetti e il suo Manifesto del futurismo (1909); vedi anche l’opera di Dino Campana Canti orfici (1914 ) e testi come Passeggiata in tram in America e ritorno (1915) in cui l’universo artificiale, frutto delle nuove tecnologie, serve addirittura da chiave di lettura della realtà naturale.

Un dibattito consapevole su letteratura e industria iniziò assai tardi nel nostro paese, soltanto dopo la fine del secondo conflitto mondiale, quando gli intellettuali italiani, en-trati in parte a contatto con quell’industria particolare che è l' industria culturale, si po-sero il problema di conoscere in profondità il mondo della produzione e le sue logiche. Si chiarirono, così, diverse posizioni; alcuni consideravano il sistema industriale come qualcosa di estremamente pericoloso per l'individuo, e da rifiutare in blocco perché sen-za speranza di essere migliorato; altri ritenevano, invece, che industria e scienza potes-sero far progredire la società.

→ Vedi il dibattito sulle riviste degli anni compresi fra il 1945 e il 1959: Il Politecnico, Officina, Il Verri e Il Menabò, di cui fu principale animatore Elio Vittorini. Insieme a lui furono protagonisti Franco Fortini, che criticò l'entusiasmo tecnologico di Vittorini in quanto venato di falso progressismo, Italo Calvino, che nel saggio La sfida del labirinto (1962) propose di porgere la massima attenzione alla complessa realtà dell'industria, e molti altri.

Negli anni sessanta il dibattito su letteratura e industria approdò a conclusioni opposte: da un lato vi era chi sosteneva che non vi fosse una vera necessità di rappresentare il mondo della fabbrica ma che fosse invece necessario cambiare le forme della letteratura e soprattutto della narrativa, passando dall’impegno del neorealismo, che aveva avuto forti caratterizzazioni morali, allo sperimentalismo. Ciò significò, per esempio, un rin-novato interesse per il linguaggio e le sue forme, per le tecniche narrative, per l’analisi delle strutture. Dietro queste scelte di poetica stavano i nuovi apporti culturali delle scienze sociali: psicoanalisi, semiotica, strutturalismo, sociologia. Dall’altro un nutri-to numero di scrittori si aprì ai temi della società industriale.

Per esempio Elio Vittorini (1908-1966), intellettuale e scrittore fondatore della rivista il Politecnico, riteneva che l’indirizzo stilistico francese, detto école du regard (lett. “scuola dello sguardo”) di Alain Robbe-Grillet(1922), con le sue rigide strutture formali , fosse più idoneo alla rappresentazione dei meccanismi profondi del sistema di fabbri-ca, rispetto a un romanzo semplicemente ambientato nel mondo dell’industria. Il poeta e critico Franco Fortini (1917-1986), invece, sosteneva la necessità di “farsi astuti come colombe” per sabotare dall’interno del linguaggio il mito del progresso industriale. Mentre Pier Paolo Pasolini (1922-1975) denunciò il degrado sociale che produce l’affermarsi della civiltà delle comunicazione di massa.

6 Percorso 4 - La società industriale e le sue rappresentazioni

→ Vedi anche un’opera particolare di Primo Levi, La chiave a stella (1978). Tra chi mise a tema della propria opera di narratore l’industria, vi furono Luciano Bianciardi (1922-1972) con La vita agra (1962); Luciano Mastronardi (1930-1979) ne Il calzolaio di Vigevano (1962) e Ottiero Ottieri (1924) in Tempi stretti (1957) e Donnarumma all’assalto (1959).

Negli anni settanta e ottanta la crisi dell'industria ha trovato un’eco letteraria in quei romanzi legati a moduli espressivi che traevano la loro linfa vitale dal mondo dell’immagine, dello spettacolo, dei mezzi di comunicazione . Con essi i prodotti-e i sottoprodotti-dell’industria culturale sono assurti a scenario ideale delle opere di lettera-tura in cui il linguaggio dominante pare quello dell’immagine, dell’apparenza, della spettacolarizzazione totalizzante.

→ Vedi le opere di Andrea De Carlo(1952-) in cui lo sguardo e l’immagine sembrano essere l’unica forma di presa sul reale del soggetto.

Per una significativa definizione della letteratura e del suo compito nell’era post-industriale, vedi le Lezioni americane (1988) di Italo Calvino.

Una considerazione a parte merita Paolo Volponi (1924-1994), che è stato un esponente di spicco del gruppo di intellettuali e che ha lavorato per l’industria. Attivo fin dagli anni cinquanta, ha scritto opere incentrate sul rapporto alienato tra l’uomo e la fabbrica come Memoriale (1962), e Le mosche del capitale (1983), in cui trae un bilancio estremamente sconfortante delle speranze riposte nel progresso tecnico e industriale.

La filosofia La Scuola di Francoforte, un gruppo di studiosi attivi dagli anni trenta, costituisce un punto di riferimento per gli studi filosofici sulla società industriale nel nostro secolo. Numerosi ricercatori provenienti da questo indirizzo di studi hanno tematizzato il rap-porto tra industria e società nel nostro tempo, mettendo in luce gli effetti perversi che le logiche interne al mondo dell’economia liberale. Le ricerche sull’alienazione e l’autoritarismo hanno costituito un banco di prova della teoria critica elaborata da questa scuola, che, alla luce degli orrori del Novecento, ha messo in discussione l’idea di progresso e di civiltà elaborate dagli occidentali per giustificare il proprio dominio sul mondo.

→ Vedi sul testo di filosofia l’opera di Theodor Adorno (1903-1969) Dialettica dell’illuminismo (1947) redatta con Max Horkheimer (1895-1973), Herbert Marcuse (1898-1979), autore di Eros e civliltà (1955), Eric Fromm, (Avere o essere? 1976).

La fine della modernità, delle sue rappresentazioni che si sono lentamente costituite, e quindi di quelle legate al mondo dell’industria così come l’abbiamo conosciuto, sono i temi delle indagini filosofiche di alcuni teorici del post-moderno. Essi mettono in risal-to lo smaterializzarsi della produzione, il suo dislocarsi nel mondo del virtuale, la sua trasformazione in qualcosa di “leggero” e di “collettivo”, caratteristiche che a loro sem-brano destinate a rivoluzionare il nostro rapporto con il mondo e con noi stessi.

→ Vedi, di Jean-Francois Lyotard (1924), La condizione postmoderna (1979) in cui si argomenta, nell’epoca della telematica, la fine delle “grandi narrazioni” e la nascita di una razionalità dispersa in linguaggi settoriali e non comunicanti, e di Paul Levy, Il virtuale (1995), che propone di interpretare il virtuale come origine di un diverso modo d’essere del reale.