4. La «rielaborazione del passato», la «ricostruzione ... la Shoah... · Dialettica...

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4. La «rielaborazione del passato», la «ricostruzione della cultura» e la Scuola di Francoforte Max Horkheimer. Theodor Wiesengrund Adorno Walter Benjamin Erich Fromm Leo Löwenthal Zeitschrift für Sozialforschung Lo sviluppo della Scuola è riconducibile a tre fasi. alle quali coincidono altrettante generazioni di filosofi afferenti all’Istituto: 1. il decennio fra la fondazione dell’Istituto e l’ascesa al potere di Hitler. 2. il periodo fra l’esilio statunitense dei francofortesi e il loro rientro in patria nel 1949 di Adorno e Horkheimer. 3. fase caratterizzata dalla Dialettica negativa di Adorno fra primi anni Cinquanta e la morte del filosofo avvenuta nel 1969. Quest’ultima è fase fondamentale per i successivi sviluppi del pensiero della Scuola, in particolare per l’elaborazione del metodo di studio della comunicazione di Jürgen Habermas. La riflessione di Adorno e Horkheimer attorno alla società tedesca del Novecento, ispirata al pensiero di Marx, Hegel e Freud, si attuò sin dagli esordi attraverso un approccio dialettico e totalizzante alla società. La critica fu affinata durante l’esilio in almeno due opere centrali per discutere la possibilità e le modalità di ricostruzione della cultura tedesca dopo il nazismo: 1. Dialektik der Aufklärung (Dialettica dell’illuminismo, 1947) di Adorno e Horkheimer. 2. Minima moralia. Reflexionen aus dem beschädigten Leben (Minina moralia. Riflessioni dalla vita offesa, 1951) di Th. W. Adorno e prima di esse la celebre Dialettica dell’Illuminismo (1947) «la conoscenza del perché l’umanità, anziché entrare in una condizione veramente umana, sprofondi in una nuova sorta di barbarie» Due critiche fondamentali: 1. concezione della civiltà occidentale come risultato di una progressiva razionalizzazione 2. razionalizzazione della natura vista come condizione del mondo occidentale. «l’illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura». l’illuminismo decade a positivismo: strumento del dominio industriale, soprattutto a fronte della sua tendenza antimitologica e della coincidenza fra verità e sistema scientifico.

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4. La «rielaborazione del passato», la «ricostruzione della cultura» e la Scuola di Francoforte

• Max Horkheimer. • Theodor Wiesengrund Adorno • Walter Benjamin • Erich Fromm • Leo Löwenthal • Zeitschrift für Sozialforschung

• Lo sviluppo della Scuola è riconducibile a tre fasi. alle quali coincidono altrettante generazioni di filosofi afferenti all’Istituto: 1. il decennio fra la fondazione dell’Istituto e l’ascesa al potere di Hitler. 2. il periodo fra l’esilio statunitense dei francofortesi e il loro rientro in patria nel 1949 di Adorno e Horkheimer. 3. fase caratterizzata dalla Dialettica negativa di Adorno fra primi anni Cinquanta e la morte del filosofo avvenuta nel 1969.

• Quest’ultima è fase fondamentale per i successivi sviluppi del pensiero della Scuola, in particolare per l’elaborazione del metodo di studio della comunicazione di Jürgen Habermas.

• La riflessione di Adorno e Horkheimer attorno alla società tedesca del Novecento, ispirata al

pensiero di Marx, Hegel e Freud, si attuò sin dagli esordi attraverso un approccio dialettico e totalizzante alla società.

• La critica fu affinata durante l’esilio in almeno due opere centrali per discutere la possibilità

e le modalità di ricostruzione della cultura tedesca dopo il nazismo: 1. Dialektik der Aufklärung (Dialettica dell’illuminismo, 1947) di Adorno e Horkheimer.

2. Minima moralia. Reflexionen aus dem beschädigten Leben (Minina moralia. Riflessioni dalla vita offesa, 1951) di Th. W. Adorno e prima di esse la celebre

Dialettica dell’Illuminismo (1947)

• «la conoscenza del perché l’umanità, anziché entrare in una condizione veramente umana, sprofondi in una nuova sorta di barbarie»

• Due critiche fondamentali:

1. concezione della civiltà occidentale come risultato di una progressiva razionalizzazione 2. razionalizzazione della natura vista come condizione del mondo occidentale.

• «l’illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura».

• l’illuminismo decade a positivismo: strumento del dominio industriale, soprattutto a fronte

della sua tendenza antimitologica e della coincidenza fra verità e sistema scientifico.

 

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• Odissea: Ulisse viene riconosciuto «uno dei primi rappresentanti della civiltà borghese occidentale».

• Rinuncia e negazione del proprio “io”: Polifemo e l’incontro con le sirene • Ulisse «ode, ma impotente, è legato all’albero della nave, e più la tentazione diventa forte, e

più strettamente si fa legare, così come, più tardi, anche i borghesi si negheranno più tenacemente la felicità quanto più – crescendo la loro potenza – l’avranno a portata di mano».

• Società occidentale borghese caratterizzata dall’«umiliazione dell’impulso alla felicità intera, universale, indivisa».

• Sacrificio di tutto ciò che è vitale a favore della costruzione di un io irrigidito: alienazione

• l’antisemitismo viene concepito in rapporto dialettico con la natura, la felicità, la civiltà e la

ragione.

• “Nelle grandi svolte della civiltà occidentale, dall’avvento della religione olimpica fino al Rinascimento, alla Riforma e all’ateismo borghese, ogni volta che nuovi popoli e ceti soppiantano più decisamente il mito, il timore della natura minacciosa e incontrollata, conseguenza della sua stessa materializzazione e oggettivazione, fu abbassato a superstizione animistica, e il dominio della natura interna e esterna a scopo assoluto della vita”

• Fallimento della civiltà occidentale:

1. «il processo di disincanto, razionalizzazione, rischiaramento, civilizzazione, non si è svolto

sotto il segno della realizzazione di quella felicità che, vista retrospettivamente, sembrava caratterizzare il mondo primitivo».

2. progressiva distruzione di qualsiasi forma di felicità e angoscia che ricordasse all’uomo moderno il mondo primitivo e non civilizzato.

• “I segni dell’impotenza, i movimenti ansiosi e scomposti, l’angoscia della creatura,

l’agitazione, provocano la voglia di uccidere. La dichiarazione di odio contro la donna come creatura spiritualmente e fisicamente più debole, che reca in fronte il marchio del dominio, è la stessa dell’odio contro l’ebreo. […] Vivono, mentre sarebbe possibile eliminarli, e la loro angoscia e debolezza, la loro maggiore affinità alla natura per la continua pressione a cui sono sottoposti, è il loro elemento vitale. Ciò suscita il furore cieco dell’uomo forte, il quale paga la propria forza con la tensione del distacco dalla natura, e non può mai permettersi l’angoscia. Egli si identifica con la natura, moltiplicando per mille nelle sue vittime il grido che non gli è dato di emettere”.

• Relazione fra antisemitismo e impulsi umani originari, dei quali gli ebrei sarebbero fra gli

ultimi depositari nell’epoca della “riproducibilità tecnica”. • Questa relazione si esplicita attraverso una mimica che, all’uomo occidentale votatosi al

culto della ragione, «suscita furore, poiché ostenta, nei nuovi rapporti di produzione, l’antica paura, che si è dovuta dimenticare per sopravvivere in essi».

 

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• Una direttrice critica sviluppa argomentazioni contenute in Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit (L’Opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1935) di Walter Benjamin: L’arte, la perdita di unicità dei prodotti artistici, ciò che Benjamin definisce “aura”, la cultura di massa sono gli obiettivi polemici del pensiero critico dei francofortesi che si confrontano con la sfera del consumo, il feticismo delle merci e le loro ricadute sull’alienazione e la libertà dell’individuo. Da questo bacino critico nascerà nel dopoguerra il concetto di “industria culturale”, frequentemente problematizzato da Adorno e punto di partenza per la critica ai mezzi di comunicazione di Hans Magnus Enzensberger (“Industria della coscienza”).

• «Industria culturale»: la cultura standardizzante che proviene da Hollywood e attraverso i nuovi mass media si è fatta strada nel mondo.

• «industria culturale»: atteggiamento passivo del consumatore nel processo di

industrializzazione e standardizzazione della conoscenza attraverso «l’impero dei mass media», il quale rappresenta il più subdolo strumento di manipolazione delle coscienze, perché è impiegato da qualsiasi sistema di potere con l’intento di conservare se stesso e tenere sottomessi gli individui.

• «L’industria culturale, la società ultraorganizzata, l’economia pianificata hanno beffardamente realizzato l’uomo come essere generico: privo di coscienza individuale, di iniziativa morale autonoma, manipolato a piacere, […] la forma massificata ha trattenuto tutti nello stadio della mera essenza generica».

• Risultato è l’alienazione dell’individuo nel lavoro • Enzensberger:

1. Bewußtseins-Industrie (1962) 2. Gli elisir della scienza (2002) 3. Ah, Europa! Rilevazioni da sette paesi (1987) 4. Eurocentrismo controvoglia (1980) 5. Periferia europea (1965) 6. La lista eurocentrica (2001) 7. Europa in macerie (1990) 8. I revenant di Hitler (1997)

Minima moralia (1951)

• Non è opera di etica filosofica: impossibile elaborare una dottrina etica dopo la seconda guerra mondiale, poiché nella civiltà contemporanea è ormai irrimediabilmente iscritta la traumatica cesura che Adorno riassume nella cifra di «Auschwitz», luogo che nella sua riflessione diviene sinonimo di Shoah.

• In seguito alla lacerazione nazista, l’uomo ha definitivamente perso ogni forma di

autonomia e «la vita è diventata apparenza», mentre «la nullità dimostrata ai soggetti nei campi di concentramento investe ormai la forma stessa della soggettività».

 

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• Minima: occupazioni e oggetti banali della vita quotidiana che esprimono lo spirito di un’età totalitaristica, organizzata e globale, dove regna l’incapacità dell’individuo di servirsi del proprio intelletto in autonomina.

• Moralia: Con quest’opera Adorno mosta le strategie di penetrazione del capitalismo nelle

sfere più intime della vita quotidiana, laddove l’uomo e la macchina si incontrano e i confini fra i due diventano a tal punto labili che persino la morale – i moralia – finisce per ricadere nelle questioni industriali che concernono la «produzione del mondo».

• Utopia: liberare gli uomini e gli oggetti dal dominio contemporaneo della tecnologia e della

ragione. • Nelle forme estetiche tradizionali, nella lingua tradizionale, nel materiale tramandato della

musica, ma anche nello stesso universo concettuale filosofico del periodo compreso fra le due guerre, non risiede più alcuna forza autentica. Diventano tutte menzogne condannate dalla catastrofe di quella società da cui sono provenute.

(T. W. Adorno, Die auferstandene Kultur, 1949). • Was bedeutet: Aufarbeitung der Vergangenheit (Che cosa significa elaborazione del passato,

1959): «se la tanto menzionata elaborazione del passato non è fino ad oggi avvenuta, ma si è tramutata nella sua caricatura, il vuoto e freddo oblio, è perché continuano a sussistere le oggettive premesse sociali che generarono il fascismo».

• «l’affermazione che Hitler avrebbe distrutto la cultura tedesca non è che un trucco

reclamistico di coloro che vorrebbero ricostruirla dai telefoni dei loro uffici» (Th. W. Adorno, Ritorno alla cultura, in Minima moralia)

• «Uno sguardo alla produzione letteraria di quegli emigrati che – attraverso una severa

disciplina e una rigida suddivisione - sono riusciti a “rappresentare” lo spirito tedesco, dice tutto su quello che dobbiamo aspettarci da un’allegra ricostruzione: l’introduzione dei metodi di Broadway sul Kurfürstendamm, che fin dagli anni ’20 se ne distingueva solo per l’inferiorità dei mezzi, ma non per la superiorità degli scopi» (Th. W. Adorno, Ritorno alla cultura, in Minima moralia)

• “L’idea che, dopo questa guerra la vita potrà riprendere «normalmente» o la cultura

«ricostruita» – come se la ricostruzione della cultura non fosse già la sua negazione – è semplicemente «idiota». Milioni di ebrei sono stati assassinati. E questo dovrebbe essere un semplice intermezzo, e non la catastrofe stessa. Che cosa aspetta ancora questa cultura?” (Adorno, Minima moralia).

• «la vita si è trasformata in una successione atemporale di chochs, separati da intervalli vuoti,

paralizzati» (Ibidem). • “Nach Auschwitz ein Gedicht zu schreiben, ist barbarisch”(«Scrivere una poesia dopo

Auschwitz è un atto di barbarie», T. W. Adorno, Critica della cultura e società, in Prismi. Saggi sulla critica della cultura, trad. it. di C. Mainoldi, Einaudi, Torino 1972, p. 22).

• T. W. Adorno, Erziehung nach Auschwitz, in Id., Gesammelte Schriften, Vol. X, 2

(Kulturkritik und Gesellschaft II), op. cit.; T. W. Adorno, , Erziehung zur Mündigkeit.

 

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Vorträge und Gespräche mit Hellmut Becker 1959-1969, a cura di G. Kadelbach, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1971.

5. L’eredità culturale della Repubblica di Weimar. Gottfried Benn, Bertolt Brecht, Alfred Döblin, Thomas Mann e Ernst Jünger dopo il 1945

• Durante il dodicennio nero, agli scrittori che non si allinearono al regime si prospettavano

due sole alternative:

1. l’esilio: Letterati intellettuali, artisti, pensatori di origine ebraica (Döblin, Peter Weiss, Adorno, Horkheimer) e politicamente impegnati contro il regime (Thomas e Heinrich Mann, Bertolt Brecht)

2. l’emigrazione interna: Gottfried Benn, Ernst Jünger, Frank Thiess e Arno Schmidt.

• “Là, dove si bruciano i libri, si finisce col bruciare anche gli uomini” [Heinrich Heine, Almansor (1821), monumento al rogo del 10 maggio 1933 sul Bebelplatz a Berlino]

• Fine della guerra : le voci dell’esilio, dell’emigrazione interna e dell’opposizione cifrata al

regime dettero un impulso decisivo alla rinascita della letteratura tedesca dell’età contemporanea.

• Obiettivo: ricostruire dalle fondamenta una cultura irrimediabilmente danneggiata dalla

cesura nazista. A questo progetto contribuirono anche autori più giovani, come Wolfgang Borchert (1921-1947) e Heinrich Böll (1917-1985), che avevano avuto esperienza diretta della guerra al fronte e si sarebbero imposti come voci della «letteratura delle macerie».

• “Nel 1945, […] in una situazione di tabula rasa, si era letteralmente abbandonati a se stessi:

non c’era assolutamente più nulla di positivo, nessun valore da rigettare – persino il linguaggio era profanato. In tale situazione, la posa avanguardistica poteva apparire, tutt’al più, una mascherata inoffensiva, un cinismo da burattino. Dov’era, ormai, il borghese contro cui si potesse scendere in campo, dove si erano rifugiati i padri, di fronte ai quali si dovesse propugnare la causa dei figli? Invece di misurarsi con gli avi, si cercava il loro aiuto e il loro appoggio; sintesi, sembrava la grande parola del tempo; che rimaneva da fare, del resto, poiché le mani erano vuote , se non andare a scuola dai maestri, imparare dall’estero, fare propria la posizione degli emigrati?” (Walter Jens, Quattro tesi sulla letteratura tedesca oggi, 1961).

• Gottfried Benn

• Morgue, 1910 • 1933-1934: Presidenza della sezione poesia dell’Accademia Prussiana delle Arti

• 1935 -1945: medico fra le fila dell’«esercito», dove trovò la «forma aristocratica

dell’emigrazione» (G. Benn, Doppia vita, 1950).

• «Poesia assoluta»: l’artista «vive solo per la sua sostanza interiore, è freddo, la sua materia deve essere mantenuta fredda, egli infatti deve dare forma all'idea, alle ebbrezze cui gli altri possono umanamente abbandonarsi [...]. È cinico e sostiene di non essere altro, mentre gli

 

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idealisti siedono fra gli uomini di cultura e le classi produttive». (G. Benn, Doppia vita, 1950).

• Statische Gedichte (Poesie statiche, 1948) • Trunkende Flut (Flutto ebbro, 1949) • Fragmente (Frammenti, 1951) • Distillationen (Distillazioni, 1953) • Aprèslude (1955) • Probleme der Lyrik (Problemi della lirica, 1951): «la poesia senza fede, la poesia senza

speranza, la poesia non diretta ad alcuno, la poesia fatta di parole che voi montate in maniera affascinante».

G. Benn Poesia statica, “smalto del nulla”

Staticità è la profondità del saggio, i figli e i figli dei figli non lo toccano, non possono turbarlo. Professare opinioni, agire, arrivare e partire sono il segno di un mondo che non ha idee chiare. Davanti alla mia finestra – così dice il saggio – c'è una valle in cui si raccolgono le ombre, due pioppi segnano la strada tu sai – per dove. Prospettivismo è un'altra parola per la sua statica: porre alcune linee, continuarle secondo legge di tralci – sprizzare tralci –, e stormi e corvi gettare nel primo rosso di cieli di inverno, e lasciar tutto cadere – tu sai – per chi.

• “Artistik” di Benn: «il tentativo dell'arte, in mezzo alla generale decadenza dei contenuti, di

vivere se stessa come contenuto e di formare da questa esperienza un nuovo stile; è il tentativo di contrapporre al generale nichilismo dei valori una nuova trascendenza: la trascendenza del piacere creativo». (Benn, Problemi della lirica)

• Scrittori provenienti dall’esilio si insediarono nel settore orientale (Johannes R. Becher,

Anna Seghers e Arnold Zweig), quando non decisero di vivere in Svizzera come Th. Mann.

 

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• Esponenti dell’emigrazione interna nella parte occidentale (Weinheber, Benn, Carossa, Britting, Bergengruen, Schröder, Seidel e Jünger).

6. Il Kahlschlag

• Kahlschlag, ovvero «disboscamento» della lingua tedesca dalla pompa retorica del nazismo. • Wolfgang Weyrauch (1904-1980) si avvalse per primo dell’ideale del Kahlschlag

applicandolo alla letteratura del dopoguerra nella postfazione all’antologia Tausend Gramm (Cento grammi, 1949).

• L’ideale del «disboscamento» aveva già trovato con la lirica di Günther Eich un modello da seguire: Inventur (Inventario, 1948) apparsa per la prima volta nell’antologia Deine Söhne, Europa (I tuoi figli, Europa) dedicata da Hans Werner Richter (1908-1993) alla poesia dei detenuti nei campi di prigionia alleati. Dies ist meine Mütze, dies ist mein Mantel hier mein Rasierzeug im Beutel aus Leinen. Konservenbüchse: Mein Teller, mein Becher, ich hab in das Weißblech den Namen geritzt. Geritzt hier mit diesem kostbaren Nagel, den vor begehrlichen Augen ich berge. Im Brotbeutel sind ein Paar wollene Socken und einiges, was ich niemand verrate, so dient er als Kissen nachts meinem Kopf. Die Pappe hier liegt zwischen mir und der Erde. Die Bleichstiftmine lieb ich am meisten: Tags schreibt sie mir Verse, die nachts ich erdacht. Dies ist mein Notizbuch, dies meine Zeltbahn, dies ist mein Handtuch, dies ist mein Zwirn.

Questo è il mio berretto, questo è il mio cappotto qui le mie cose per fare la barba nel sacco di lino. Scatola di latta: Il mio piatto, il mio bicchiere, ho inciso sulla latta il nome. Inciso con questo prezioso chiodo che nascondo agli occhi invidiosi. Nel mio sacco ci sono delle calze di lana e altre cose che non dico a nessuno, di notte fa da cuscino alla mia testa. Questo cartone sta tra me e la terra. Ciò che amo di più è la mina della matita: di giorno mi scrive i versi che ho pensato di notte. Questo è il mio quaderno Questa la mia tela, questo il mio asciugamano, questo è il mio refe.

7. Poesia della natura e dell’impegno politico

 

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• Bertolt Brecht • Svendborger Gedichte (Poesie di Svendborg, 1934) • Finnische Epigramme (Epigrammi finlandesi, 1941). • Bertolt Brecht: Buckower Elegien (Elegie di Buckow, 1953). • Schlechte Zeiten für Lyrik (Tempi grami per la lirica), composta in Danimarca nel 1938:

Lo so bene: solo chi è felice è amato. La sua voce la si ascolta volentieri. Il suo volto è bello. L’albero tutto storto nel cortile addita il suolo cattivo, ma i passanti gli danno dello storpio e hanno ragione. I battelli verdi e le allegre vele del Sund non vedo. Di tutto vedo soltanto la rete sdrucita dei pescatori. Perché parlo solo di questo: della bracciante che a quarant'anni cammina tutta curva? I seni delle ragazze sono caldi come una volta. Nel mio canto una rima mi parrebbe quasi un atto protervo. Dentro di me si affrontano l'entusiasmo per il melo in fiore e l'orrore per i discorsi dell'imbianchino. Ma solo il secondo impulso mi spinge alla scrivania.

• Lirica di Brecht testimonia le due tendenze della poesia dopo Auschwitz: poesia della natura e dell’impegno politico

• Günter Kunert • Scetticismo nei confronti della possibilità dell’uomo di imparare dal passato. • Immagini apocalittiche tipiche della produzione del poeta: • Wegschilder und Mauerinschriften (Segnaletica e Scritte murali, 1950) • Warnung vor Spiegeln (Attenzione agli specchi, 1969). • La lirica di Kunert, cifrata e intellettuale, elegge in modo definitivo a proprio tema

dominante le minacce insite nella storia e nel progresso con la raccolta Verkündigung des Wetters (Annuncio del tempo, 1966), come testimonia Die niedrigen grünen Hügel:

Nel vento, cui nessuno porge ascolto, bisbigliano le grida degli uccisi. Nel forno sussurrano voci tanto atrocemente note quanto sconosciute. Sulla città si raccoglie una nuvola: il Passato…

• Peter Huchel

• Raccolta di liriche magico-naturalistiche Gedichte (Poesie, 1948) • Chaussen, Chaussen (Strade, strade, 1963) • Gezählte Tage (Giorni contati, 1972) • Die neunte Stunde (La nona ora, 1979)

A sera si appressan gli amici, le ombre delle colline.

 

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Incedono lente oltre la soglia, oscurano il sale, oscurano il pane, e tengon discorsi col mio silenzio. Fuori nell’acero si muove il vento: mia sorella, l’acqua piovana nella conca calcarea, imprigionata insegue con gli occhi le nuvole. Va con il vento, dicon le ombre. L’estate ti punta la falce di ferro sul cuore. va via, prima che nella foglia dell’acero brucino le stimmate dell’autunno. Sii fedele, dice la pietra. Il mattino albeggiante si alza, dove luce e fogliame abitano l’un dentro l’altro ed il viso svanisce in una fiamma.

9. Schreiben nach Auschwitz

• “Tutti noi, allora giovani poeti negli anni Cinquanta – ricordo qui a titolo esemplificativo

Peter Rühmkorf, Hans Magnus Enzensberger, anche Ingeborg Bachmann – eravamo consci, al punto di esserne confusi, di non appartenere affatto come colpevoli alla ‘generazione di Auschwitz’, ma di farne parte nelle circostanze dei colpevoli […]; ma di tanto eravamo anche consci: che il precetto di Adorno – se mai – doveva essere confutato scrivendo”. (G. Grass, Scrivere dopo Auschwitz, 1990).

• Nelly Sachs (1891-1970) • In den Wohnungen des Todes (Nelle dimore della morte, 1947) • Sternverdunkelung (Oscuramento siderale, 1949) • Flucht und Verwandlung (Fuga e metamorfosi, 1959) • Fahrt ins Staublose. Gedichte (Al di là della polvere, 1961) • Zeichen im Sand (Segni sulla sabbia, 1962) • Chor der Geretteten (Coro dei superstiti) in Al di là della polvere:

Noi superstiti, dalle nostre ossa la morte ha già intagliato i suoi flauti, sui nostri tendini ha già passato il suo archetto – I nostri corpi ancora si lamentano Col loro canto mozzato. Noi superstiti, davanti a noi, nell’azzurra aria, pendono ancora i lacci attorti per i nostri colli – le clessidre si riempiono ancora del nostro sangue.

 

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Noi superstiti, ancora divorati dai vermi dell’angoscia – la nostra stella è sepolta nella polvere. Noi superstiti Vi preghiamo: mostrateci lentamente il vostro sole. Guidateci piano di stella in stella. Fateci di nuovo imparare la vita. Altrimenti il canto di un uccello, il secchio che si colma alla fontana potrebbero far prorompere il dolore a stenti sigillato e farci schiumar via – Vi preghiamo: non mostrateci ancora un cane che morde potrebbe darsi, potrebbe darsi che disfiamo in polvere davanti ai nostri occhi. Ma cosa tiene unita la nostra trama? Noi, ormai senza respiro, la nostra anima è volata a lui a mezzanotte molto prima che il nostro corpo si salvasse nell’arca dell’istante. Noi superstiti, stringiamo la vostra mano, riconosciamo i vostri occhi – ma solo l’addio ci tiene ancora uniti, l’addio nella polvere ci tiene uniti a voi.

• Paul Celan (1920-1970)

• Der Sand aus den Urnen (La sabbia dalla urne, 1948). • Mohn und Gedächtnis (Papavero e memoria, 1952) • Todesfuge in Papavero e memoria.

 

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Paul Celan - Todesfuge Schwarze Milch der Frühe wir trinken sie abends wir trinken sie mittags und morgens wir trinken sie nachts wir trinken und trinken wir schaufeln ein Grab in den Lüften da liegt man nicht eng Ein Mann wohnt im Haus der spielt mit den Schlangen der schreibt der schreibt wenn es dunkelt nach Deutschland dein goldenes Haar Margarete er schreibt es und tritt vor das Haus und es blitzen die Sterne er pfeift seine Rüden herbei er pfeift seine Juden hervor läßt schaufeln ein Grab in der Erde er befiehlt uns spielt auf nun zum Tanz

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts wir trinken dich morgens und mittags wir trinken dich abends wir trinken und trinken Ein Mann wohnt im Haus der spielt mit den Schlangen der schreibt der schreibt wenn es dunkelt nach Deutschland dein goldenes Haar Margarete Dein aschenes Haar Sulamith wir schaufeln ein Grab in den Lüften da liegt man nicht eng

Er ruft stecht tiefer ins Erdreich ihr einen ihr andern singet und spielt er greift nach dem Eisen im Gurt er schwingts seine Augen sind blau stecht tiefer die Spaten ihr einen ihr andern spielt weiter zum Tanz auf

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts wir trinken dich mittags und morgens wir trinken dich abends wir trinken und trinken ein Mann wohnt im Haus dein goldenes Haar Margarete dein aschenes Haar Sulamith er spielt mit den Schlangen Er ruft spielt süßer den Tod der Tod ist ein Meister aus Deutschland er ruft streicht dunkler die Geigen dann steigt ihr als Rauch in die Luft dann habt ihr ein Grab in den Wolken da liegt man nicht eng

Schwarze Milch der Frühe wir trinken dich nachts wir trinken dich mittags der Tod ist ein Meister aus Deutschland wir trinken dich abends und morgens wir trinken und trinken der Tod ist ein Meister aus Deutschland sein Auge ist blau er trifft dich mit bleierner Kugel er trifft dich genau ein Mann wohnt im Haus dein goldenes Haar Margarete er hetzt seine Rüden auf uns er schenkt uns ein Grab in der Luft er spielt mit den Schlangen und träumet der Tod ist ein Meister aus Deutschland

dein goldenes Haar Margarete dein aschenes Haar Sulamith

Nero latte dell’alba lo beviamo la sera lo beviamo al meriggio e mattino lo beviamo la notte beviamo e beviamo scaviamo una tomba nell’aria nessuno sta stretto un uomo abita la casa gioca con le serpi scrive scrive appena fa buio in Germania d’oro i capelli Margaréte lo scrive e cammina di fronte alla casa lo dicono a lampi le stelle comanda col fischio i suoi lupi stana col fischio gli ebrei a scavare una tomba nella terra ordina adesso suonate adesso si balla Nero latte dell’alba ti beviamo alla sera ti beviamo al meriggio e mattino ti beviamo la notte beviamo e beviamo un uomo abita la casa gioca con le serpi scrive scrive appena fa buio in Germania d’oro i capelli Margaréte di cenere i tuoi Sulamìt scaviamo una tomba nell’aria nessuno sta stretto Grida più giù nella terra voi e voi cantate suonate estrae dal fianco la spada la leva celesti i suoi occhi più giù quelle zappe e voi e voi ancora suonate si balla Nero latte dell’alba ti beviamo la notte ti beviamo al meriggio e mattino ti beviamo la sera beviamo e beviamo un uomo abita la casa d’oro i capelli Margarete di cenere i tuoi Sulamìt gioca con le serpi grida suonate più dolce la morte e la morte è Maestro Tedesco grida più a fondo i violini ché andate nel fumo nell’aria ché avrete una tomba per voi tra le nubi nessuno sta stretto Nero latte dell’alba ti beviamo la notte beviamo al meriggio la morte è Maestro Tedesco beviamo la sera e mattino beviamo e beviamo la morte è Maestro Tedesco celesti i suoi occhi ti coglie con palle di piombo preciso ti coglie un uomo abita la casa d’oro i capelli Margaréte aizza i suoi lupi su noi ci dona una tomba nell’aria gioca con le serpi e sogna la morte è Maestro Tedesco D’oro i capelli Margaréte di cenere i tuoi Sulamìt1

                                                            1 Paul Celan, Fuga della morte, in Papavero e memoria, in Poesie, a cura e con un saggio introduttivo di Giuseppe Bevilacqua, Mondadori, Milano 1998, pp. 62-65.

 

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• “Ammetterei volentieri, quasi come ho detto, che dopo Auschwitz non si possa più scrivere alcuna poesia – frase con cui ho voluto indicare il vuoto della cultura risorta –, d'altra parte, si debbono però ancora scrivere delle poesie, […] finché tra gli uomini c'è una coscienza del dolore, ci deve essere appunto anche l'arte come forma oggettiva di questa coscienza”. (Theodor W. Adorno, Metafisica. Concetto e Problemi). • «Il dire che dopo Auschwitz non si possono scrivere più poesie non ha validità assoluta, è però certo che dopo Auschwitz, poiché esso è stato e resta possibile per un tempo imprevedibile, non ci si può più immaginare un’arte serena» (Theodor W. Adorno, Note sulla letteratura 1961-1968).

• «il dolore che si perpetua ha lo stesso diritto a esprimersi che ha il martoriato a urlare; può dunque essere sbagliato affermare che dopo Auschwitz non si potrebbero più scrivere poesie», Theodor W. Adorno, Dialettica negativa)

• Von Schwelle zu Schwelle (Di soglia in soglia, 1955). • Sprachgitter (Grata di parole, 1959), • Niemandsrose (La rosa di nessuno, 1963) • Atemwende (Svolta del respiro, 1967) • Weggebeizt (Corrosa e scancellata, 1967) di Svolta del respiro:

In fondo al crepaccio del tempo,

presso il favo di ghiaccio, attende, cristallo di respiro, la tua irrefutabile testimonianza.

• «cristallini angeli di lettere» (Così Nelly Sachs, si riferì in una lettera a Celan del 3.9.1959 al linguaggio di Grata di Parola)

• «le mille e mille tenebre di un discorso gravido di morte» (Celan, Il meridiano, 1960) • “il Lenz büchneriano, la büchneriana figura, la persona che avevamo avuto modi di

conoscere nella prima pagina del racconto, il Lenz che «al 20 di gennaio andava attraverso i monti», egli – non l’artista, non il disputante su cose dell’Arte, egli in quanto un io” (Celan, Il meridiano, 1960) .

• Tübingen, Jänner (Tubinga, Gennaio, 1961), apparsa ne La rosa di nessuno, in cui Celan si riferisce a Friedrich Hölderlin:

 

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Tübingen, Jänner

Zur Blindheit über redete Augen. Ihre - ‘ein Rätsel ist Rein- entsprungenes’–, ihre Erinnerung an schwimmende Hölderlintürme, möwen- umschwirrt. Besuche ertrunkener Schreiner bei diesen tauchenden Worten: Käme, käme ein Mensch, käme ein Mensch zur Welt, heute, mit dem Lichtbart der Patriarchen: er dürfte, spräch er von dieser Zeit, er dürfte nur lallen und lallen, immer-, immerzuzu. (‘Pallaksch. Pallaksch.’)

A cecità con- vinti occhi. Il loro – “enigma è un’origine pura” – , il loro ricordo di torri Hölderlin riflesse, tra gabbiani sfreccianti. Visite di marangoni affogati con queste inabissanti parole: Venisse, venisse un uomo, venisse al mondo un uomo al mondo, oggi, con la barba di luce che fu dei patriarchi: potrebbe, se parlasse di questo tempo, solamente bal- balbettare conti-, conti-, nuamente, mente. (“Pallaksch. Pallaksch.”)

• « sono incontri, vie che una voce percorre incontro a un tu che la percepisce, vie creaturali,

forse progetti di esistenza, un proiettarsi oltre di sé per trovare se stessi, una ricerca di se stessi … un rimpatrio» (Celan, Il meridiano, 1960)