Claude Lévi-Strauss PRIMITIVI E CIVILIZZATI · PDF file5 Anche Claude...
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Claude Lvi-Strauss
PRIMITIVI E CIVILIZZATI
Conversazioni con Georges Charbonnier
2
Queste conversazioni sono state trasmesse dalla R.T.F. (France
Trois) nellottobre, novembre e dicembre del 1959 con il titolo
Entretiens avec Claude Lvi-Strauss, une mission de Georges
Charbonnier1.
INTRODUZIONE
Alfredo Cattabiani
Or non molto, parevano dogmi indiscutibili alcuni pregiudizi
ereditati dal secolo diciannovesimo, e cio la superiorit della societ
tecnologica moderna rispetto a quelle non basate sullo sfruttamento
intensivo della natura, e il mito di un progresso dellumanit determinato
semplicemente dal fluire del tempo, malgrado qualche periodo di
temporaneo regresso o di stasi, definito senza una ombra di ironia pausa
conservatrice o crisi di crescenza.
Quei pregiudizi presentavano lumanit come una folla che sale
lungo i fianchi di una montagna e in cui ogni generazione, fermandosi
esausta ai margini della strada, consegna alla successiva la fiaccola del
Progresso. Agli inizi questa Umanit sarebbe stata feroce e illetterata; poi, a
poco a poco, riempiendo le bisacce del nettare della Cultura e della Civilt,
sarebbe cresciuta come il frutto dal seme, in attesa di giungere alla suprema
maturazione sul pianoro finale, chiamato in vari modi, fra i quali il pi
patetico forse quello che un esponente della fantateologia defin punto
Omega. Ma non tutta lUmanit sarebbe riuscita a seguire il passo delle
avanguardie pi vive: cosicch, a colui che percorresse a ritroso la via della
1 Milano: Rusconi Editore, 1970; traduzione di Anna Rosso Cattabiani. Titolo originale dellopera: Entretiens avec Lvi-Strauss par Georges Charbonnier. Copyright 1961 Ren Julliard et Librairie Plon - Union Gnrale dEditions, Paris.
3
Montagna si presenterebbe uno spettacolo simile a quello di una maratona
olimpica; incontrerebbe gruppi di uomini sparsi, chi pi chi meno evoluto,
esseri inferiori che arrancano faticosamente come gli Ottentotti
dellEnciclopedia illuminista, per raggiungere le razze e i popoli eletti, cio
quelli che oggi vivono nella civilt tecnologica.
Queste favole confortevoli, sorte dalla psiche dilatata di intellettuali
la cui esistenza si dipanava fuori dei ritmi sacri che scandiscono il tempo,
hanno rivelato ormai la loro inconsistenza. Per chi sappia semplicemente
vedere e sentire, la nostra civilt non si rivela di certo migliore delle altre,
anzi da alcuni segni, come la progressiva distruzione della natura e la
nevrosi collettiva, mostra una luce sinistra.
E ovvio che le gazzette della tecnocrazia continuino a ripetere con
disgustante monotonia il ritornello dei santi positivisti: la produzione di
oggetti inutili deve pur continuare per soddisfare i bisogni creati
artificialmente da una societ in cui linteresse privato o pubblico non
subordinato a quello che la tradizione cristiana ha definito il bene comune.
Ma ormai quel ritornello comincia a suonare desueto alle orecchie
di chi giorno per giorno deve subire in Occidente e in Oriente le
conseguenze di una logica impazzita, secondo la quale il massimo di
giustizia possibile sarebbe quello di offrire a tutti una casa colma di oggetti
superflui e costruita in un ambiente avvelenato e inospitale.
Anche il pregiudizio del Progresso nelle sue varie versioni, dalle
estremiste alle moderate, pare ormai stinto e improponibile. Nessuno
ormai, tranne qualche misero teologo neomodernista o qualche patetico e
attardato nipotino dellEnciclopedia, osa pi sostenerlo dopo i documenti
che ci hanno offerto gli etnologi del Novecento o addirittura, come nel caso
di Alce Nero2, i rappresentanti di tradizioni non occidentali.
2 Confronta Alce Nero parla, vita di uno stregone dei Sioux Oglala messa per iscritto da John G. Neihardt, illustrata da Orso in Piedi, Adelphi, Milano 1968.
4
Marcel Griaule, Jean Servier, J. E. Brown, Germaine Diterlen,
Dominique Zahan, Marius Schneider, Mircea Eliade3, per citare gli
esponenti pi rilevanti della nuova etnologia, hanno scandagliato nella
mentalit dei popoli cosiddetti primitivi, rivelandoci che le loro culture non
soltanto non sono prelogiche, come si affermava non molti decenni or
sono con un razzismo inconsapevole - poich il mito e il simbolo, di cui
sono maestre, sono altrettanto logici della metafisica occidentale moderna,
additando alle verit prime con eguale se non maggiore efficacia - ma si
presentano altres come sistemi complessi e difficili da decifrarsi da parte
di chi vive confortevolmente nel reticolo di una ratio che spesso mostra
di aver perduto il lume della Tradizione.
Mircea Eliade ha dimostrato fra laltro che, se i primitivi cadevano
talvolta in commistioni illegittime fra sacro e profano e si lasciavano
abbindolare da falsi sacerdoti, altrettanto succede ai logici moderni, che
cedono pateticamente alle nuove fattucchiere della societ tecnocratica o si
illudono che il Sacro sia unillusione di chi ancora non abbia scoperto il
verbo della secolarizzazione4. E che dire delle antiche conoscenze
cosmologiche, di cui ha scritto con tanta intelligenza Giorgio de
Santillana5, e che sono oggi completamente perdute da chi soggetto alle
droghe confortevoli della scienza del misurabile, dedicando ad essa una
venerazione che lascerebbe interdetto un visitatore salito dal medioevo o
dalle terre del Tibet per studiare i nostri bizzarri (e spesso mostruosi) usi e
costumi?
3 Confronta a questo proposito e per una prima informazione: MARCEL GRIAULE, Dio dacqua, Bompiani, Milano 1968; JEAN SERVIER, Luomo e linvisibile, Rusconi, Milano 1973; ALCE NERO, La Sacra Pipa, Rusconi, Milano 1975 (versione Il Bivacco); MIRCEA ELIADE, Mito e realt, Rusconi, Milano 1974; ID., Il mito delleterno ritorno, Rusconi, Milano 1975; MARIUS SCHNEIDER, Il significato della musica, Rusconi, Milano 1970; e infine la rivista Conoscenza religiosa, La Nuova Italia, Firenze, annate 1969 e 1970. 4 Confronta Il sacro e il profano, Boringhieri, Torino 1967. 5 Confronta Le origini del pensiero scientifico, Sansoni, Firenze 1966. Sui rapporti tra scienza antica e scienza moderna confronta TITUS BURCKARDT, Scienza
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Anche Claude Lvi-Strauss, pur essendo un esponente di quella
dialettica dellilluminismo che la struttura della civilt tecnologica, ha
osservato nelle sue missioni di etnologo e poi nei suoi libri linconsistenza
delletnocentrismo e del pregiudizio del progresso. La sua fama per non
dovuta tanto a queste sue affermazioni, quanto al fatto di essere un
esponente della corrente strutturalista, di moda sul finire degli anni
sessanta. Egli infatti ha descritto le societ primitive in termini matematici,
cio ha ridotto i fenomeni sociali a rapporti quantitativi. Descrizione
commendevole se non avesse il difetto, come stato osservato, di ridurre la
struttura delle societ ai loro rapporti di scambio e di comunicazione,
dimenticando di esaminarne la struttura che fonda tutte le altre, cio i loro
rapporti con lInvisibile. Malgrado questi limiti, egli ha dimostrato che non
possibile giudicare una civilt diversa dalla nostra con i nostri criteri,
perch essa sorta e si regge su criteri diversi: La civilt occidentale, ha
scritto, si interamente orientata, da due o tre secoli a questa parte, nel
senso di mettere a disposizione delluomo mezzi meccanici sempre pi
potenti. Se adottiamo questo criterio considereremo la quantit di energia
disponibile pro capite come lespressione del pi o meno elevato grado di
sviluppo delle societ umane6; ed ha aggiunto: LOccidente, signore delle
macchine, ha conoscenze molto elementari sullutilizzazione e sulle risorse
di quella macchina suprema che il corpo umano. In questo campo invece,
come in quello connesso, dei rapporti fra fisico e morale, lOriente e
lEstremo Oriente lo hanno anticipato di parecchi millenni; hanno prodotto
quelle vaste summae teoriche e pratiche che sono lo yoga dellIndia, le
tecniche del respiro cinesi o la ginnastica viscerale degli antichi Maori7.
Levoluzione sociale ha tentato di sottovalutare questa diversit di
moderna e saggezza tradizionale, Borla, Torino 1968. 6 Confronta Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi Torino 1967, p. 120. 7 Ivi, p. 121.
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culture, sostenendo che le varie civilt non sarebbero altro che stadi o tappe
di un unico svolgimento destinato a convergere in un punto determinato.
Anche su questo punto Lvi-Strauss ha affermato che nulla ci permette di
dire che esista una continuit e uno sviluppo predeterminato e necessario
nella storia della umanit, e ha aggiunto che levoluzione sociale si riduce
troppo spesso a una mascherata pseudo-scientifica di un vecchio problema
filosofico di cui non affatto certo che losservatore e linduzione possano
un giorno fornire la chiave8.
Le conversazioni fra letnologo belga e il giornalista Georges
Charbonnier, che qui presentiamo, ripropongon